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CHAPECOENSE: LA CATENA DI ERRORI CHE HA PROVOCATO IL DISASTRO

Tra quella pericolosissima prassi dei viaggi al limite di carburante e i guasti elettrici, ecco che

cominciano a emergere le prime teorie sui motivi della tragedia.

Sono sconcertanti le notizie che arrivano direttamente dal Brasile, secondo le quali il disastro aereo

che ha portato alla morte di 71 persone, tra cui praticamente l'intera squadra brasiliana della

Chapacoense, si sarebbe potuto evitare. Ma andiamo per gradi: tutto è cominciato già al momento

della partenza da San Paolo, quando l'Agenzia di Aviazione Civile (Anac), cioè la principale autorità

aeronautica locale, non ha autorizzato il volo diretto dell'Airbus 320 (aereo quasi sempre destinato a

spostamenti di selezioni calcistiche) fino a Medellín, dal momento che quel tipo velivolo ha un

autonomia di non più di 7 ore di volo. Così, dopo questo divieto, la squadra è salita comunque su

quell'aereo, ma in direzione di Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia.

DALLA BOLIVIA

Arrivati all'Aeropuerto Internacional "Viru Viru", è stato cambiato anche il volo e l'intero gruppo si è

trasferito su quel maledetto charter RJ85 della compagnia Línea Aérea Mérida Internacional de

Aviación (Lamia), che avrebbe dovuto portarli da Santa Cruz a Medellín in 4 ore. Nel corso di

questo secondo viaggio, però, si è venuta a creare un'altra concomitante emergenza aerea,

riguardante l'atterraggio d'emergenza richiesto di un airbus 320 della compagnia Viva Colombia

proveniente da Panama, con la motivazione di una perdita di combustibile. A quel punto altri quattro

velivoli sono rimasti in volo sopra i cieli di Medellín a varie altezze per seguire il protocollo di

sicurezza e lasciare campo libero al Viva Colombia. Al mezzo della Lamia con a bordo la squadra

della Chapacoense era stata affidata l'altitudine di 21mila piedi e secondo l'ordine stabilito sarebbe

stato il terzo o il quarto a poter usufruire della pista d'atterraggio.


COMUNICAZIONE TARDIVA

Fino a che - dopo pochi minuti - anche i piloti di quel volo hanno chiesto alla torre di controllo di

Medellín la procedura d'emergenza. Secondo le prime ricostruzioni l'autorizzazione è stata concessa

poco dopo, ma non è stata consegnata per via di una falla elettrica e l'aereo si è andato a schiantare.

Sul luogo dell'impatto, successivamente, non è stato rinvenuto alcun segno di incendio, sintomo

evidente dell'esaurimento totale del carburante. Ma perché allora la richiesta del Lamia è arrivata

così in ritardo se la situazione era così disperata? In attesa di analizzare la scatola nera, tra le teorie

più accreditate in questo momento c'è quella secondo la quale il pilota avrebbe evitato fino all'ultimo

di comunicare come motivazione la mancanza di carburante, perché quando si verificano queste

situazioni si va incontro a una multa milionaria.

CARBURANTE AL LIMITE

Sotto la lente d'ingrandimento anche la scelta delle autorità boliviane che hanno autorizzato il volo,

dal momento che l'aereo aveva un'autonomia fino a 2965 chilometri contro i poco più di 3000 che

separano la Bolivia dalla Colombia: in questo caso c'è chi ipotizza che il capitano abbia mentito sul

volo indicando nel tragitto un atterraggio tecnico per il rifornimento, per arrivare all'aeroporto,

richiedere la priorità di atterraggio e consumare così meno carburante possibile eludendo il traffico

aereo nell'aeroporto di destinazione. Purtroppo una sorta di prassi delle compagnie aeree medio

piccole. È doveroso sottolineare che al momento si tratta solo di ipotesi da parte dei media brasiliani,

solo la scatola nera (forse) chiarirà una volta per tutte i motivi della tragedia.

(http://www.foxsports.it/2016/11/30/chapecoense-catena-errori-che-ha-provocato-disastro/)

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