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Meetup Polis Oristano a 5 Stelle “20 luglio 2013

Destinazione paradiso

Le idee si fanno Progetto

A cura di

Sebastiano
Chighini
Destinazione Paradiso Meet up Polis Oristano giugno luglio 2013 [(by seb)]

DESTINAZIONE PARADISO

Uno .............................................................................................................................................. 7

Due .............................................................................................................................................. 7

Tre ............................................................................................................................................... 9

Quattro ...................................................................................................................................... 13

Cinque ....................................................................................................................................... 15

Sei.............................................................................................................................................. 16

Sette .......................................................................................................................................... 18

Otto ........................................................................................................................................... 22

Nove .......................................................................................................................................... 23

Dieci .......................................................................................................................................... 24

Andiamo avanti .......................................................................................................................... 24

Verso la nuova politica ............................................................................................................... 25

Nota bibliografica - ................................................................................................................... 27

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Destinazione Paradiso Meet up Polis Oristano giugno luglio 2013 [(by seb)]

La comparsa del MoVimento 5 Stelle, sulla scena politica regionale della Sardegna, mi ha spinto a
scrivere questi appunti. L’ho fatto per promuovere un dibattito e, soprattutto, un confronto approfondito sui
temi e sulle modalità politiche e organizzative che vanno definendosi.

Emerge in Sardegna, e nelle iniziative del MoVimento, una novità qualificata, che cresce giorno per
giorno. Temi e situazioni interne ai meet up, alle associazioni, ai singoli, fino all’Assemblea Regionale ecc.,
improvvisamente hanno preso a correre. Un mutamento ha avviato i processi innovativi della politica e ora
questi si alimentano di un differente modo di percepire e di valutare molti aspetti della partecipazione.

Non si tratta soltanto della ciclica ripresa di vigore su questo tema, né tanto meno di recuperare o di
rianimare la rappresentanza della politica; indica invece - se ci fossero ancora dei dubbi - la fine di una
sudditanza nei confronti di una fase, cui è giunta la condizione della rappresentanza.

Quel che il risultato elettorale ha consegnato, con tutte le mutazioni che ha rivelato, è divenuto, nello
stesso tempo, fonte di fiducia e di grande preoccupazione. Avvertiamo la percezione diffusa di vivere tutti un
momento di rilevante responsabilità. C’è, cioè, un’autostrada, tracciata dall’affievolirsi della delega delle
passioni e delle visioni degli insediamenti partitici. Così com’è, c’è anche una grande mobilitazione dovuta
alla potenza della volontà, per cui sia il risultato del voto che l’influenza delle varie iniziative del M5S hanno
riaperto una stagione capace di “accreditare una speranza collettiva”.

Queste sono divenute condizioni non più vaghe, bensì capaci di qualificare la presenza dei 5 Stelle
nella nostra Isola. Ciò consolida quegli andamenti che nella società contemporanea erano già in atto e che
una radicale trasformazione ha reso decisivi: i processi di globalizzazione, di innovazione tecnologica, di
innovazione politica.

La crisi ha drammaticamente moltiplicato le implosioni. Ha fatto entrare molte questioni nell’agenda


politica, incrementando davvero un vorticoso giro di cambiamenti. Una più generale e convulsa
accelerazione ha portato a maturazione diverse trasformazioni culturali. La rapida evoluzione della scienza,
della tecnica e dei sistemi di comunicazione legati ad internet han fatto il resto. Preparati alchemici
contengono un sorprendente complesso di mutamenti, non semplicemente riassumibili. E certamente non
si è vista solo nel risultato elettorale, l’azione di quella che è stata definita una “macchina politica costruita
mixando reti di prossimità, territorio e simultaneità della rete”. C’è, ed è un fatto ben rilevante, una nuova
cornice di imprevedibilità.

Tuttavia, malgrado tutta questa consapevolezza, non si va oltre lo stupore e si procede solo a piccoli
passi. Una lunga discussione ha impegnato il MoVimento relativamente al Regolamento dell’assemblea
regionale, il quale non sembra abbia chiarito con estrema precisione quanto sia ampio il mare in cui
dobbiamo nuotare.

Mentre un modello sociale, caratterizzato dall’unità, dalla generalità degli scambi, dalla uniformità
delle merci e da un mercato dell’informazione ormai planetario, ha reso espliciti e comuni i fenomeni che in
questi ultimi anni hanno avuto come protagonisti le transazioni finanziarie, fatte di disparità abissali, e,
ancora, di distorsioni economiche locali e poi globali. Concatenazioni europee, non solo nei sistemi
finanziari, anche in quelli di produzione e di scambio, ma soprattutto nelle dinamiche produttive, hanno
agito in modo incontrastato nella vita più generale delle persone.

Figlia di rivolgimenti diffusi, si è evidenziata, finalmente, la reazione a questo stato di cose, mentre si
presentava una grande forza di discontinuità, che anche da noi ha mosso i primi passi, vale a dire il
MoVimento 5 Stelle.

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Le tecnologie che, fin qui, hanno avuto una loro storia pluralistica e disseminativa, nonché dispersiva,
delle condivisioni, improvvisamente si sono messe a moltiplicare le relazioni, ricompattando singolarità
sparse e unificando fenomeni non riconducibili a modelli di modernizzazione del passato. Esse hanno
intavolato processi politici prima incredibili e hanno innescato sommovimenti, denunciando le
trasformazioni economiche latrici di disparità e promuovendo evoluzioni degli stili di vita, mobilitazioni delle
culture locali, fino a quel momento vigenti solo in “atomizzate” solitudini. Hanno ricevuto ed impresso alle
cose un incitamento, che ormai tocca le dimensioni quotidiane. Preannuncio di evoluzioni sconosciute, nel
breve quanto nel lungo periodo, si tratta di novità che impongono soprattutto, una frettolosa ridefinizione di
molte categorie della politica. Capaci di mettere in relazione saperi, vicinanze, competenze, amicizie,
territori per agire da moltiplicatore di unità.

Protagonista e soggetto di questa accelerazione politica, il MoVimento 5S, quale frutto di innovazioni
incrementali, in Sardegna si aggira da solo intorno alla rottura del paradigma precedente. Sebbene abbia
alimentato, sul territorio, la rivoluzione sistemica del consenso politico e abbia svolto diverse assemblee
regionali, mostrando con un abbrivio, su di un terreno già fertile, la consapevolezza dell’irruzione di internet
nel modo di creare comunanze politiche e digitali. Per la Sardegna, dobbiamo dirlo, tutto ciò non ha
precedenti. Altri, in questi giorni molto agitati, si dimenano nel tentativo di scansare il tempo delle
responsabilità amministrative, politiche e morali.

Proprio nel tentativo di dare coerenza ad alcune riflessioni, ho espresso il desiderio di dar corpo ad
uno scritto, spero per rappresentare quello che appare necessario, per rimarcare quello che ancora non si
rende possibile e per individuare, quindi, alcuni elementi di chiarezza sulla domanda e le forme di una
democrazia partecipativa che nei prossimi mesi e prossimi anni deciderà molte cose.

Cogliere, nel dibattito interno al MoVimento, una attenzione rivolta più alla generale condizione di
superamento epocale che stiamo vivendo, propone paradossalmente un ruolo irrinunciabile che tuttavia la
politica sembra impersonare nuovamente. In questo momento, nel mettersi in comune, non semplicemente
connettersi, c’è un terreno nuovo e praticabile, il terreno dei protocolli condivisi, che vuol dire convergere su
di un forte impegno diffuso e capillare di una progettazione, nella costruzione politica di nuovi valori, e
utilizzare piattaforme comuni e farne strumenti - come sono sempre state - per accelerare la nostra visibilità,
i nostri ragionamenti. Tutto ciò riflette le tante culture moderne, rende evidenti le istanze di convivenza
sociale, spinge per l’affermazione di archetipi qualitativi, includendo - spero tracciando - definitivamente un
incontro progettuale per una Sardegna Nuova.

Un processo, quindi, che ci propone di vagliare fonti, dati e letterature, verificando luoghi comuni
desueti e convinzioni implicite. Soprattutto guadagnando una prospettiva per l’Isola.

La certezza della fuoriuscita da una crisi economica, sociale e politica. E’ questa la priorità, non ci può
sovrastare solo il bisogno di vedersi attraverso una nuova rappresentanza. Mi pare sia questa l’urgenza con
la quale confrontarsi, assemblando una babele di linguaggi e di esperienze politiche e culturali.

L’apprezzamento democratico, per forme ed esigenze partecipate personali e collettive, si è fatto


davvero significativo, e il MoVimento potrebbe accrescere la sinergia tra i singoli ed i gruppi, e irradiare il
suo agire politico su temi ampi, culture, vicende e singoli argomenti.

Nell’interpretare una decisiva risposta ad una così ampia varietà di domande, pressanti ed affatto
anomale, è utile accrescere le iniziative lanciate, ora non più all’esordio ma verso le azioni vitali, per un
soggetto politico. Bisogna uscire dalle “biopolitiche” (dalle pratiche con le quali la rete di poteri gestisce le

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discipline del corpo e le regolazioni più diverse per le popolazioni), ricondurle verso una comunità nuova e
ciò non può avvenire se ci si rifà alla collocazione frammentaria, del pre-elezioni.

Una maturazione è avvenuta: il protagonismo, che si vedeva – negli hackers, nei media - attivisti,
sostenitori dei diritti in rete (cyberights), nelle reti civiche comunitarie – si è moltiplicato e reso consapevole.
Hanno assunto davvero una preponderanza. In un battibaleno il lavoro di anni è passato dalla realtà virtuale
alla realtà fisica. Ora gruppi di persone hanno posto in essere, rappresentato e stanno rappresentando il
grandissimo valore straordinariamente paradigmatico che è il MoVimento rispetto al panorama dei
protagonisti della trasformazione sociale del preelezioni.

Quelle realtà, quelle virtuali. Sul web si potevano vedere e costruire in comode identità alternative,
comunità di interesse, slegate tra loro e unite dall’ancoraggio dello spazio di azione locale. Ora, con la
reazione di un voto incredibile, hanno preso a orientare la individuazione dei nuovi e diversificati bisogni,
mettendo in scena nuove persone, competenze, spazi.

Nel far cadere l’idea non più risibile, ma nutrita da molti come insospettabile. Quale quelle che il
MoVimento ha invertito e irrobustito con la sua protesta. Si è evidenziato come sia finito il modo in cui si
vedeva la piazza, un luogo desueto, sterile per la politica. Ha invertito l’opinione che nelle strade invece non
c’è più il «capitale morto», e non più isolate, sono divenute le manifestazioni di attacchi al sistema compiuto
da anonimi hacker, ed altre vicende frustranti.

In Sardegna, invece, come pure in Italia, un movimento vasto di persone, nell’accentuarsi della crisi,
non vuole essere il terminale avvilito della grande depressione. Sempre più organizzato, esso si fa avanti
nella ridefinizione di molte formulazioni e iniziative potenziali. “Dentro la forgia della crisi”, è vero, c’è però
un profondo processo di modernizzazione, che parte dalla base collettiva. Favorito da un impoverimento
diffuso e da una determinazione decisiva, esso ha finito per rendere esplicito il rifiuto. Tuttavia, oltre la
lacerante configurazione, c’è una fase successiva, più impegnativa, frenetica, ma anche provvista della
lucidità necessaria ad assicurare ai cittadini la creazione di un convincente riferimento di competenze
dell’agire politico.

L’etica dell’agire per incidere, ora ha una gamma di alternative, sebbene poggi su una società ormai
destrutturata. Oltre alla determinazione, richiede competenza e chiarezza, ma soprattutto intensità. La
capacità del MoVimento ora diviene decisiva nel combinare i sistemi partecipativi, nel rifarsi a praticabili
piattaforme tecnologiche e a processualità analitiche nuove. Indirizzi e collocazioni, rese attuali nel
Mediterraneo, anche qua dove si ritenevano impossibili. Possono avere come obbiettivo la intercettazione
dei bisogni di conoscenza, di multiculturalità e di innovazione. Progressivamente, possiamo passare dalla
banda del desiderio di apprendere e soprattutto di dare un inquadramento necessario ad una nuova
uguaglianza, a quella di prospettare la configurazione urgente di una nuova giustizia sociale.

Finiti dentro l’iter di una conoscenza permanentemente rinnovata, al nanosecondo, repentinamente


innestata di preoccupazioni, ci si trova in questa costante ed avvolgente immersione conoscitiva. Questa
frenetica capillarità cognitiva sta facilitando la costruzione di un nuovo processo culturale, che è tumultuoso
e convulso, e non risponde a logiche immediate di razionalità o di una qualche prevista modernità e, nella
società sarda, incita tutti a trovare un senso, un ordine, ed una nuova razionalità. Non molto persuasivo nel
creare una dimensione analitica, tuttavia il MoVimento esprime da solo tutte le possibilità, le uniche, di un
progetto attraente. Un accumulo di sedimenti magmatici e comunicativi provvisti di seduzione, ora
traducono via dal lungo baliatico del MoVimento in fasce, in poco tempo deve conquistare una rapida
maturità.

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Il suo senso di appartenenza però è una forza straordinaria. Travolgere e ridefinire completamente le
categorie politiche del presente non è il suo solo traguardo.

Al MoVimento si addice il proposito di allargare la consapevolezza di queste dinamiche, che stanno


proprio tra noi, dentro cioè le vicende della nostra terra, e offre davvero molte possibilità per individuare
categorie decisive per l’identità del nuovo soggetto. Tardiamo, però, a capirne le vie di fuga, osservare le sue
mete, estrarre i suoi caratteri fondanti e i numerosi contributi dalla presenza di tanti Sardi.

Nel suo percorso, allora, tutti abbiamo bisogno che si faccia un debito passo successivo. Il nostro
orizzonte non è limitato, e non può essere soltanto quello del presente, ma è quello in cui si sono sentite
coinvolte le tante persone attivatesi. Sta tutto nell’immensità di quel voto, che ci ha impressionato e ora,
davvero, non lo possiamo deludere.

Quanto abbiamo visto, in questi mesi, rimbalzare dentro una vasta combinazione, spinge i tanti
elementi della miscela di quel che oggi è il MoVimento, a mescolarsi proficuamente. Un microcosmo ed un
macrocosmo divenuto sistema comunicativo, animato da un desiderio multiforme, con cui deve
argomentare una richiesta divenuta urgente.

Bisogna mettere in vista sulla scena politica, non solo sarda, una nuova comunità aperta. L’essere
Sardi, oggi, ha declinazioni davvero vaste e comuni, noi dobbiamo procedere mediante un nuovo progetto di
comunità economica, sociale e culturale.

Lo scenario, in cui si vanno costituendo e delineando molti elementi di chiarezza, finora ha avuto
troppe esitazioni, e sebbene sia abilitato da una comunicazione fitta di tanti sviluppi semplificativi, è anche
costituito sempre più di una maggiore complessificazione formale.

Se esso rappresenti lo stato delle cose in cui la politica ha lasciato la realtà sociale della nostra Isola e
se mostri quel che dietro la crisi anche in Sardegna, sta venendo fuori, noi dobbiamo subito capirlo. Non si
tratta, banalmente, né semplicemente, di assistere all’opera delle componenti interclassiste, né, tanto
meno, della versione sarda della triade costituita da precariato, partite iva e protesta popolare.

Quel che improvvisamente col MoVimento si è messo in cammino, non sono solo le tecniche con cui
intimare la composizione o l’omogeneità da offrire a una varietà di linguaggi formali, lessicali e sintattici, ma
anche quelli della emersione di una semantica condivisa. Né ci si può limitare ad intercettare provenienze
barocche, celebrate in identità e linguaggi nostalgici, mentre si deve oltrepassare figurativamente la forma e
i temi fondamentali che portano ad una nuova comunità.

C’è una pressante esigenza di trovare nel MoVimento, finora riassunto, le linee di fondo, l’unità di
sviluppi, la coesione delle conseguenti compagini organizzate e capillari. La personificazione delle tante
istanze sulle questioni del lavoro, della scuola, del welfare, della nuova politica, illustra il bisogno di un nuovo
paradigma economico e politico regionale. C’è, quindi, la necessità di porre in evidenza la stesura di una
convincente proposta programmatica culturale.

Il nostro è un MoVimento in cui tutti dobbiamo mobilitarci per vedere meglio noi stessi. Se non è la
moltitudine a farlo, esso deve provare a rappresentare una sua proposta diffusa, dispiegare finalmente le
sue scelte su tutti gli aspetti della crisi. Soprattutto, a noi chiede espliciti obbiettivi e metodi qualificati,
adeguati ed opportuni per una realtà drammatica.

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Uno
In tutte le istanze, ascoltate in varie occasioni degli incontri regionali, c’è un’enorme domanda di
vicinanza. La sua maturazione soprattutto proviene dalla fuga dall’estraneità e questo è il dato straordinario
con cui tutti vogliamo veder accrescere le nostre implicazioni nei suoi sviluppi.

Partendo, ad esempio, dalle nuove relazioni di cittadinanza, quelle in cui l’individuo è incluso e
include, esprimendosi in tutte le sue forme, e proseguendo, poi, verso le tante iniziative in cui si propone di
essere la casa di un sentire condiviso e associato, espresso da una volontà partecipata e democratica, che
guarda alla dignità, alla responsabilità di legami territoriali, di un destino comune.

Nella socialità di gruppo e dei singoli, si vive una tensione affettiva, fatta di relazioni sociali e
produttive, oltre che amicali. Esse hanno, nel rispetto dei luoghi, dei diritti delle persone, dell’ambiente,
degli animali, dei beni comuni, una nuova e decisiva ma impaziente attesa.

Essendo molteplice la sua azione, deve assumere ora i compiti di comunità fondativa di una nuova
sensibilità culturale. Spetta a noi, affrescare in una cornice spero qualificata, soprattutto rappresentativa dei
difficilissimi problemi sociali della nostra Isola, le incrementali (Virtuali+reali) questioni, nel tempo
sedimentatisi, riguardanti l’industria, l’agricoltura e i servizi. Per chi si accinge a impegnarsi nei prossimi
processi istituzionali, economici e culturali, dei territori, sono tutti da cogliere nella loro gravità, specie nella
distanza enorme tra i bisogni diffusi e le scelte improrogabili.

Occorre far presto, poiché non si può prescindere dal sistema valido di decisioni e deliberazioni. Ma
questo non può avvenire a discapito dell’unità e della determinazione a fare. Allo stesso modo, io ritengo,
più di tutto, e disperatamente, che non si debba evadere la scelta dei contenuti. Le sole ragioni capaci di una
darci una presenza visibile e matura sullo scenario del cambiamento.

È necessario dare sponda ad un così articolato contesto, in cui tutti abbiano e prendano la parola,
sebbene avvertiti dell’estrema rapidità di obsolescenza delle conoscenze e delle sollecitazioni tecnologiche,
a causa della accelerazione subita da molte vicende politiche.

Se non colti a dovere, questi imperativi rischiamo di avvitarci in dibattiti su sistemi formali, a se stanti,
complessi, non più riconducibili a riferimenti predefiniti o assembleari. Sebbene determinati inevitabilmente
dai parametri collaterali e frontali dei regolamenti. Si rischia, perciò, prima ancora di discutere dei contenuti,
di essere vittime e preda dei modi con cui contarsi.

Tutto ciò, dunque, sollecita il MoVimento a una verifica degli stessi limiti della nostra pur aggiornata
razionalità organizzativa. Se le piattaforme e non i regolamenti ci fanno scoprire funzionalità nuove della
partecipazione, allora è facile capire come dobbiamo muoverci in questa complessità.

Dobbiamo sviluppare un metodo e delle competenze specifiche, fiducie chiare, e queste, prima
ancora che sui temi formali, occorre averle su quelle più qualificanti del lavoro, dell’ambiente ecc. Dobbiamo
dipanare precise influenze tra gli elementi caotici che costringono l’iniziativa politica e individuare presto le
forze e, soprattutto, le rotte di navigazione, per una direzione decisiva da dare alle scelte del MoVimento.

Due
Messo in luce quanto sia cumulativo l’intreccio elencabile degli aspetti e delle culture prescrittive,
che avvolgono le persone e gli orientamenti che attualmente dominano la scena del MoVimento politico in
Sardegna, dobbiamo vedere come ha mosso i suoi primi vagiti un dibattito soprattutto durante la
costituzione dei tavoli tematici (alla fine molto numerosi).
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In esso, la specializzazione e soprattutto l’argomentazione qualificata, necessaria e improrogabile,


sono un primo dato che ci rincorre tutti, a cui fa seguito il dato enorme dello sviluppo della conoscenza e del
repentino progresso delle competenze: Ambiti nei quali la passione delle coscienze rischia però la delega
verso il più esperto o a favore del sistema tecnico più soddisfacente, ai quali talvolta si affidano, con enfasi,
capacità organizzative versatili e qualificanti, che, non dimentichiamoci, non stanno nei social network, ma
nelle persone e soprattutto nella loro vita.

L’altro dato è invece la frammentazione dannosa, che in Sardegna assale puntualmente ogni forza
politica, che cerca di mettere insieme i territori. Un’ancora radicata geografia di campanili e di primazie, in
quanto produttrice di una molteplicità di dati, di conoscenze, situazioni, incespica, staziona, barcolla, senza
riuscire a definire ed elaborare una visione unitaria, vivendo al suo interno ciò che l’Isola sta attraversando.
Ciò accentua una caotica difesa del particolare, timorosa del pericoloso abbrivio della delega, poi ritarda la
condivisione e, soprattutto, debilita il potere enorme dello stare uniti, della ricchezza del confronto.

Un altro aspetto che ancora blocca è il livello che deve correre nelle questioni tematiche, tra “uno
vale uno” e “nessuno deve essere lasciato indietro”. È il presunto scontro tra universalismi e particolarismi
di indirizzo, che non ci possono offuscare, né confondere, facendo risaltare il momento che viviamo, la
transizione sulla quale insiste il limite dei contenuti indefiniti e non dei contenuti delimitati.

Più che di interne coerenze forzose, allora è tempo di elaborazioni. Sottesi a questi tre punti, c’è un
radicale processo di modernizzazione, da compiersi per individuare le tendenze decisive di una nuova
razionalità.

Acerba, insiste un’aspirazione che vaga in solitudini, senza vedere una nuova Governance per la
Sardegna. Non c’è in tutto questo la tensione giusta che va crescendo, nella quale il vecchio modo di
affidarsi o affidare la rappresentanza, oggi mette in luce il mare di problemi. C’è il bisogno, invece, che si
costituisca non un vantaggio qualsiasi, ma il vantaggio di una nuova discontinuità o dell’operatività di un
MoVimento che decida il meglio per tutti.

La difficoltà c’è e si vede, e sta nel rifondare un rapporto con la conoscenza. C’è la necessità di far
crescere un patrimonio di speranza smarrito e di mettere in luce una nuova visione politica, in linea con la
complessità costitutiva non solo contro la crisi, ma coerentemente con la nostra ricerca, individuando ciò che
dentro il MoVimento non riesce ad articolarsi.

Ci dobbiamo chiedere cosa sia il vorticoso movimento delle stelle, cosa porti nella chimica e nella
elettricità della politica a incamminarsi su un sentiero che ha permesso di fronteggiare con successo una
campagna elettorale spaventosa! Convinti della correttezza delle scelte, sicuri che in quest’epoca di
cambiamenti abbiano luogo improvvise discontinuità, vogliamo contare, tornando a pensare che non è
fondamentale l’esserci, ma lo scegliere dove essere e dove stare.

Il MoVimento 5S sardo appena affacciatosi, io credo che non possa rischiare di restare sospeso,
dentro la diatriba dei numeri validi o formali delle sue decisioni, del titolo consultivo o deliberativo. Ma deve
evolversi, sottrarsi da presenze locali, che tra le molte congiunture attuali, si percepiscono solo in parte,
lucide. Se si saprà individuare l’esistenza del MoVimento, dentro i flutti in cui si trova. Allora esso - io ne
sono convinto - potrà elevare la sua iniziativa politica oltre l’identità e oltre gli interessi.

ll tempo delle nostre persuasive certezze ed anche quelle degli elettori non cadono sotto la data delle
elezioni, non nel 2014. Bensì nei mesi che precedono la data delle elezioni. Non sono solo le drammatiche
limitazioni dei nostri territori, al centro del Mediterraneo, figlie di vecchi e recenti naufragi politici, che

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rendono il dibattito avulso, ma anche le tante azioni e le scelte necessarie che oggi non si nutrono, dico oggi,
di quella visibilità necessaria, soprattutto quando si agisce dentro un panorama sociale disarticolato da tagli
e crisi economica.

Lo dobbiamo fare e presto. Con la presenza del MoVimento, sarà comunque difficile dare una luce e
una speranza allo scoramento economico che brucia sulla carne viva dei singoli e delle famiglie, in un mondo
in cui l’industria è scomparsa, il terziario precipita e il turismo è davvero naufragato sonoramente, e non per
incapacità imprenditoriale, ma per quelle politiche, in una realtà che vede la piccola e media impresa e il
piccolo commercio ormai travolti da dinamiche strutturali, (effetti di una scarsa modernizzazione, il fisco, la
burocrazia etc.), che non possiamo stare a guardare inabissarsi definitivamente.

Elementi contingenti e strutturali che, come si può vedere, presentano uno scenario in cui la crisi ha
portato al pettine i nodi su cui non è in atto alcuna sintesi. I dati drammatici dei rapporti socio economici
sulla crisi stanno riportando indietro il tempo del lavoro e del reddito di tutta la società sarda.

Non c’è ancora una ritrovata condivisione, e non possiamo pensare di intercettare la ricercata
cooperazione guardando solo al nostro bacino sociale di riferimento. Isolando le istanze fondanti, si deve
rivolgere lo sguardo con coraggio ai diversi percorsi e ambiti conoscitivi tematici, cosicché le indicazioni
generali programmatiche provengano da una compiuta valutazione dello stato delle cose, su cui collocare il
percorso politico del MoVimento. Dunque, è il contesto, non l’arbitrio, che ci deve vedere vitali protagonisti
di un riscatto drammatico.

Tre

Nel risultato elettorale del MoVimento, c’è la sorpresa di non avere gli stessi connotati di Occupy
Wall Street, degli Indignados spagnoli o di Syriza, (la coalizione della sinistra radicale greca), forse neanche
dei Brasiliani (i manifestanti che hanno tentato di interrompere la Confederation cup). Intorno al
MoVimento c’è un vorticoso roteare di interpretazioni. Sono rimbalzati e attribuiti agli stati della sua
condizione, l’appropriarsi delle potenzialità del precariato cognitivo e del suo reindirizzamento in chiave
messianica, rancorosa e reattiva; il tema dell’insolvenza verso lo Stato; dell’antieuropeismo o delle politiche
bucoliche della de-crescita; il populismo mediatico web based ecc. Tante le definizioni, ad indicare, durante
e soprattutto dopo, le elezioni politiche di febbraio, i dispregiativi mutamenti radicali avvenuti, nell’ambito
della condotta politica. Soprattutto, rivelatori delle concezioni che stanno alla base dell’elaborazione
culturale del MoVimento. Si è resa visibile una ricerca, e quindi si è fatta strada una interpretazione
conoscitiva delle sue culture politiche, quelle che hanno sostenuto il risultato elettorale.
La formula, rivoluzione Francese, la straordinaria voglia di Cambiamento, o una discontinuità
profonda. La prima, impiegata dallo stesso B. Grillo, allo scopo di sottolineare i fattori dirompenti di una
nuova concezione, rispetto al pensiero precedente, rinvia a una sostituzione, senza l’uso della violenza del
passato paradigma. Oltre che alla puntuale comprensione di questo vocabolo e dell’allergia di questo Paese
a cambiamenti epocali e soprattutto dei Mass media, nei fatti però anche gli altri due termini hanno
delineato i diversi appellativi dati alla comparsa del MoVimento. L’uso e la presenza costante del computer,
la non banale e formidabile diffusione di Face-book, l’adozione di piattaforme partecipative come i Meet up
e i molti altri strumenti per la gestione e la valorizzazione delle diversità, nel MoVimento costituiscono un
patrimonio enorme. Sta a noi permettere che non siano solo scarne bacheche su cui riversare ogni
frustrazione, e permettere alle nuove tecnologie, e ai nuovi media, tutte quelle forme di comunicazione
interna, che gli strumenti web hanno accresciuto. Quelle che Grillo e il MoVimento hanno unificato, nella
loro versatilità nelle piazze. E tutto ciò può essere ancor più foriero di nuove eccezionalità. Non si può
irretire un dibattito, occorre invece procedere e sta a noi leggere le capacità intrinseche delle vecchie come

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delle nuove piattaforme. Soprattutto, rispetto alla condizione della nostra Isola, farne il terreno delle nostre
battaglie.

Le potenzialità, l’apporto dal valore inaspettato delle relazioni create, il loro carattere multiculturale,
concretizzato dalle persone, hanno messo insieme una marea, una moltitudine non eguale. Per decifrarla, è
stato persino coniato un vero e proprio campo di ricerca fenomenologica per il MoVimento. Si è evidenziato
cioè, in dibattiti diversi, quale sia la ricomposizione sociale che il MoVimento ha favorito, e che vi siano
categorie numerose di analisi. Risulta che davvero rappresenti la varietà di esperienze che ha messo insieme
“con le altre frazioni di classe, i nuovi e vecchi operai nel ciclo della manifattura, nel terziario non knowledge,
nella logistica; con gli esclusi e i non garantiti, con i “precari di nuova generazione” che non rimpiangono le
opportunità perse, perché mai ne hanno avute e da vent’anni hanno respirato solo crisi”.

È solo il MoVimento che ha questo lievito, e a noi compete la modellazione di un nuovo soggetto. È
l’amalgama di una aggregazione drammatica dei più e noi dobbiamo esserne consapevoli. Temi unificanti
conglobati come il reddito di cittadinanza, come un nuovo Welfare State, il rifiuto del saccheggio dei
territori, l’inutilità delle spese militari e della guerra1, sono microorganismi che hanno dato omogeneità mai
raggiunte. Soprattutto, all’ombra, o in completa estraneità, del grande media televisivo (la TV) e/o del
partito giornale di turno, come Repubblica, tanto per fare un esempio. Distante dai vari Talk show, questi
fatti segnalano, se ce ne fosse ancora bisogno, quale valore una o più generazioni attribuiscano ad un media
freddo, di cui essa non fa largamente uso (nella versione Rai, Mediaset, La7 ecc.), smentendo le previsioni di
tanta propaganda. Il nostro cibo, passivamente o attivamente, nella socializzazione e nella sfilza dei tanti
processi iterativi, capace di renderli persuasivi, è invece Internet. Il cibo di cui si è nutrito, e lo potrà fare
ancora, se vuole un potenziale straordinario di partecipazione e di coinvolgimento sorprendente.

Nelle sue pratiche quotidiane, nelle metodologie partecipative nuove, il MoVimento ha evidenziato
quanto aneli a forme dirette di democrazia, a partire dalle modalità della partecipazione fino alle
consultazioni WEB compiute e permanenti. Ecco come vuole dare radicale conclusione a quella
insopportabile dimensione della rappresentanza dei partiti, che hanno allungato, nella libertà totale del
mandato, la distanza dalla realtà!

Offerta da piattaforme e processori, c’è una moltitudine di persone chiamata MoVimento e questo
ha reso visibile ciò che in questi anni pareva impossibile. È questo, più degli articoli del non statuto, che
andrebbe indagato: come si possono sommare i raggiungimenti; come, a ogni ciclo del calcolo immesso, si
sviluppa nei cicli successivi, in più vasti processi identici e diversi dai precedenti; quali leve agiscano sulle
volontà, sulle mai viste pluralità ed espansioni. È un primato ambivalente, ma di incredibile rapidità, che può
rendere ipertrofici i passaggi, tanto quanto ha reso obsolete le modalità della politica precedente, nella sua
non linearità e autoreferenzialità.

Con la sua veemente crescita, il MoVimento ha mostrato, nell’intensità, anche di privilegiare la


proposta schematica e la precisione di un disegno impensabile in passato. Ha reso credibile la tempestività
raggiunta e la forza moltiplicativa nei tempi cosiddetti reali, aprendo la profondissima distanza dalla vecchia
politica, a sua volta incapace di colmare, con soluzioni concrete, la difficile situazione nella quale ci troviamo.

Nel dare speranze decisive, il MoVimento ora deve anche completare il vuoto di proposta sui
tantissimi problemi, che attanagliano l’Isola, sia le tante e numerose cesure decisive, di coinvolgenti, quanto
le ignorate fasi dei processi a cui stiamo assistendo. Processi giganteschi di deindustrializzazione, di
disfacimento del settore edilizio, di aggressione del settore agricolo, a cui si aggiunge il turismo che non può,

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Cfr. Uninomade.org
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Destinazione Paradiso Meet up Polis Oristano giugno luglio 2013 [(by seb)]

malgrado tanti problemi, essere cancellato, poiché è il settore forse più organico e rappresenta il nostro vero
vantaggio competitivo con le altre economie regionali, finito dobbiamo dirlo come ostaggio del monopolio
dei trasporti.

Tutte queste intense questioni compongono il dolore di una comunità, anche se certo non si tratta
della Grande Guerra con cui ci siamo affacciati al mondo, non è la Rinascita o il ’68. Ha tuttavia le
caratteristiche fondamentali per far dire che c’è, ed è forte, il bisogno di un richiamo comunitario. Ha usato
toni simili Beppe Grillo, quando ha parlato di una comunità di gente che si conosce, che cresce nella
collaborazione e nella solidarietà. Noi possiamo voltare lo sguardo ora che c’è la richiesta di un nuovo
legame sociale, con cui si esprime una rivoluzione non solo politica e culturale, ma che ha con risvolti e radici
remote di una realtà resa crudele a cui è stata sottrata la speranza, soprattutto, della ricerca scientifica e in
quella maturità culturale dovuta precarizzazione. Condizione di quelle persone che si credevano inglobati dai
tradizionali conflitti. Convinti terminassero la loro esistenza nella innovazione ciclica, fisiologica di un
ricambio generazionale.

Non è stato considerato cosa, e quanto, abbia generato lo smacco delle politiche di austerity, quanto
la fine di un’accettazione passiva e progressiva della rappresentanza, sia andata frantumandosi nella
pochezza dell’intangibilità di una classe politica di casta.

Per questo oltre che sulla funzione maieutica di Beppe Grillo (pastore o non pastore populista, non
interessa), metto l’accento su queste categorie. A fronte di questi processi, il MoVimento ha in sé le i
dinamismi e le potenzialità per indicare le direzioni dei mutamenti in atto ed ha chiaro quale sia il
cambiamento radicale nel modo di concepire la realtà stessa, e quindi anche la politica, che incombe
soprattutto in Sardegna.

In quegli ambiti vi sono le novità che ora devono proporsi e, attraverso essi, bisogna vedere meglio le
cose e le metamorfosi, di cui non pochi sono consapevoli, e bisogna valutare come le dobbiamo indicare.

Un metodo politico fortemente intriso, di informatica o, almeno, caratterizzato da molti aspetti


fondamentali, strettamente connessi agli usi ed alle pratiche degli strumenti digitali – quale il MoVimento
innesca – ancora non coglie abbastanza ciò che è racchiuso nel dispiegamento capillare, di una presenza
militante.

Quanto esso qualifichi con la duttilità degli elementi operanti nel presente della vita di tante persone
dell’Isola. Soprattutto alla luce cioè del risultato elettorale, siamo sicuri che la politica, con la paura che ha
gettato, sui tanti accadimenti finora disattesi nei suoi linguaggi, possa restare avulsa, lontana dal un presente
inedito?

C’è infatti una domanda, se si stesse delineando una nuova teoria culturale della conoscenza? Può il
movimento nei suoi dibattiti continuare ad essere estraneo alle novità che stanno investendo numerose
discipline scientifiche. La prassi di tante altre scienze, può informare la sua azione a comportamenti istintivi?
Possiamo chiederci, quanto, queste pratiche possono evidenziare l’annuncio di un nuovo spazio e di un
nuovo tempo comunicativo ?

Oggi quanto sono presenti queste novità, e in che misura, nell’azione e nelle voci del MoVimento, si
possono raccogliere questi riferimenti? Portati da persone qualificate, esse più spesso lasciano intendere che
si parla, con un linguaggio meno tecnico, della sfera di problemi che sono legati alla complessità dei sistemi
studiati e alla caoticità della loro gestione. Alla impredicibilità, alla mancata previsione di certi

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Destinazione Paradiso Meet up Polis Oristano giugno luglio 2013 [(by seb)]

comportamenti, diffusi non solo in natura, c’è però tutta la nostra misura, e il grado che dobbiamo cogliere
dei fenomeni e delle scelte che il movimento deve compiere.

In questo desiderio di vedersi uniti, è apparso nel dibattito un’eco preoccupato, abbastanza
sostenuto da più punti di vista. Quanto e dove le diversità culturali, ricchezze di impostazione, oggi mappano
il MoVimento? Spesso le si è viste aleggiare, incerte, e non le si è sostenute, e tutti ci chiediamo quando e in
che modo devono ritrovarsi dentro un disegno unitario. Può bastare questo insistito dibattito sul
regolamento? Io penso di no!

Per questo, durante i giorni successivi alle elezioni, mi sono chiesto, in modo spero franco, se non stia
avvenendo uno spostamento della visione politica e culturale. Potremo riassumerla schematicamente come
un cammino dal platonismo verso l’aristotelismo? O, ancora, ci si discosta dall’illusione, dalle retoriche del
mito della caverna, i cui riflessi umbratili del passato non hanno ancora maturato consapevolezza, mentre
diventa, però, sempre più latitante il passare a una ridefinizione della forma e della materia concreta di una
nuova società, che pure va annunciandosi? Che ci sia in atto un cambiamento nel rapporto tra
organizzazione scientifica e organizzazione sociale, tra soggetto conoscente e società? Io credo di sì .

C’è una osmosi tra ricerca scientifica ed esperienze politiche, ormai impersonate dalla comparsa del
MoVimento. Se si crede a tutto ciò, non si può esitare a chiamare questa rivoluzione una “rivoluzione
epistemologica”, in quanto è coinvolto un cambiamento nel modo stesso di intendere il metodo della
politica, la sua natura sostanziale.

Con la frammentazione della precarietà è finita una stagione della estraneità, ed è divenuta oggi
costituente l’aggregazione. Consegna a noi un fenomeno originale, che non deve diventare oggetto di vanto
nel contesto globale, ma deve avere davanti a noi sempre come una meta, una destinazione. Se si pensa alla
versione semplificata di questi processi, se si può emulare il passato di molti movimenti, scomponendo in
frantumi segmenti l’insieme. Così, almeno, in passato faceva la politica, contando sul combinarsi e
scombinarsi a piacere solo delle dirigenze di gruppi e alleanze.

Al contrario, nel MoVimento il dibattito deve assumere una forma nuova, e la chiarezza del
contributo dei singoli al MoVimento può dare un risultato maggiore della somma delle tante sue parti, e
sono convinto che si possa, dunque, procedere da una logica quantitativa e definitoria, per passare a una
qualitativa e moltiplicativa di chiarezze, complicità e condivisione.

Tutto questo è presente in ogni forma di rappresentanza nel MoVimento, cioè in tutti i momenti e in
tutti i passaggi dati dall’incedere dell’analogia. Questa non una sola figura retorica, in altri termini, si ripete
nei livelli diversificati e irriducibili nelle strutture che si apprestano, la continua comparazione con il passato.
Fattezze e somiglianze non riconducibili ad un’identità, figure analoghe ad altre rappresentazioni, come
quelle partitiche. Non si considerano differenti rispetto a quelle a cui abbiamo assistito, sebbene non siano
delle complete negazioni. Non riusciamo a sottrarci dalla comparazione.

Invece il concetto stesso previsivo dei meet up, quali strumenti di tessitura di relazioni, intesi come
pura e non contraddittoria forma delle adesioni. Non sembrano idonei a essere ritenuti una cellula base o la
sommatoria generale dell’assemblea regionale e non impediscono, soprattutto, l’affacciarsi pericoloso di
quanto affascinante possa essere la smentita. Per la nozione di ente analogo (il partito), provvisto com’è di
una direzione regionale. Dunque non si può procedere a una equivalente sommatoria delle tante aspettative
insorte, semmai si deve dare a tutto ciò una luce diversa.

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Per questo, e per molte altre cose, il MoVimento 5 Stelle sardo dovrebbe narrare alla politica quanto
sia utile la non univocità e quale ricchezza e gerarchia dei livelli della realtà e quale rappresentazione formale
sia presente nella diversità delle opinioni, e dovrebbe mostrare verso quale palingenetica novità della nostra
politica, si debba concentrare l’interesse ovvero per i processi di integrazione e di inclusione. Ora è il
momento di fare largo e proficuo uso della volontà di procedere, per quanto inusuale sia, verso il rispetto del
patto che ci siamo dati.

Accordo non privo di concretezza, attenzione! Al MoVimento spetta non semplicemente delineare i
suoi temi fondanti, ma soprattutto, ma acquisire una nuova abilità, nel tentativo di predire, saper
comprendere, valutare gli sviluppi, in modo che non si debba, temere lo scenario di una società sarda che
non cammina più.

Se invece il MoVimento continua a ritenere incombente l’analogia, a vedere in ogni gruppo solitario
una sua analoga rappresentazione, si corrono dei rischi, soprattutto continuando a ignorare ciò che invece si
dovrebbe compiere. Non basta il formale o spontaneo incontro delle persone in uno stesso luogo politico di
incontro, in territori in cui le istituzioni esistenti hanno cessato di fornire la risposta adeguata ai problemi
creati da una situazione difficilissima. Nella comprensione della realtà, il MoVimento deve coronare una sua
presenza, fatta di contenuti.

Chiedo a tutti: «Quando il MoVimento saprà comprendere quale materiale politico e culturale esso
stia maneggiando? Quando avrà ben chiaro quale sia l’originalità della sua modalità di rappresentanza? In
che modo saprà evitare che “il tumulto” possa ritenersi riassumibile nella cosiddetta fase ciclica innovativa o
di ringiovanimento?». Qui, per rispondere, dobbiamo capire in che modo laicità e chiarezza debbono
marciare assieme.

In sintesi, a me pare che dal dibattito delle assemblee regionali e dai conseguenti ragionamenti si
possa uscire più forti, con una riflessione adeguata. Il tracollo e la crisi del politicismo, a volte si presentato
come un dato a sé stante, oppure legato alla volgarizzazione politica della biologia e alla sociologia ed alle
scienze dei complessi sistemi viventi. Se siano questi individui singoli o popolazioni, danno conto, solo in
parte, di quel che aleggiava dentro le voci udite. Qualsiasi forma organizzativa e questa è la grandezza del
movimento deve guardare alla condivisione e alla diversità. Oltre il sistema organizzativo che sostituisca la
gerarchia con il principio dell’“uno vale uno”, cioè con la rilassatezza della conta o della cooptazione, mi pare
che scelga una scorciatoia tiepida.

Quattro
Le radici ultime di questa crisi economica e politica non offrono, semplicemente, l’occasione per il
diffondersi di un senso nuovo del presente, una riallocazione generale e sociale di molte categorie politiche.
Io penso siano soprattutto le categorie analitiche, quelle maggiormente coinvolte, e vorrei che rifletteste su
precisi fatti di cronaca fatti quotidiani, quelle legati alla crisi e, in particolare, come gli ultimi i suicidi.

Ci siamo chiesti quanto incida, lo sconvolgimento traumatico nella vita diretta e indiretta delle
persone, cosa alberghi nella chiusura delle loro piccole e medie imprese e nella fine delle tantissime
esperienze produttive familiari o comunitarie. Questi fatti non possono più essere visti come un dato
contenibile di trasformazioni congiunturali o di restyling degli effetti della crisi. Ancor più non possiamo
beatamente celebrarli , solo con i post su facebook.

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Destinazione Paradiso Meet up Polis Oristano giugno luglio 2013 [(by seb)]

Cosa può voler dire oggi, la restituzione dei soldi pubblici sottratti alla scuola e alla università, se non
che devono offrirsi come i contenuti di un progetto di ripresa della vitalità della formazione, dell’innovazione
e della ricerca? Non si deve avere esitazioni, a investire sul sapere, che è il nostro futuro.

Non bastano le parole d’ordine, non c’è solo un problema di sottovalutazione delle categorie
analitiche, talvolta sono fortemente coinvolte. E’ l’assenza di temi che qualificano l’iniziativa politica, quello
che scredita. C’è un problema invece più generale dell’apprendimento, in ordine all’intelligenza oggi
formalizzata e non formalizzata delle esperienze politiche. Esse non sono sovrapponibili, come in passato, al
problema della conoscenza. Oggi sono tantissimi i linguaggi che si accavallano, i saperi disciplinari che
trasmigrano ecc. Non credo che basterebbero altre scorciatoie o, peggio, un populismo camaleontico, per
capire che è fondamentale contagiarci, studiare, diffondere idee e opinioni, consolidare progetti.

Non vi propongo uno sforzo neopositivistico, per farci risalire alle leggi scientifiche del cambiamento
politico e tanto meno alle sue sintetiche vulgate, perché è la realtà che ha bisogno di uno sguardo bifocale o
plurifocale. Nel ricostruire il significato complesso della visione, occorre indagare ogni particella di quel che
ha precipitato le domande nuove, stratificato i piani estetici e formali.

Per voi, per me, cosa significa abitare un’esperienza politica?

Come dare risposta agli atteggiamenti di iniziativa e di apprendimento non strettamente


organizzative che si dà il MoVimento? In quale forma cognitiva ed epistemologica hanno lo spazio ed i luoghi
politici istituzionali e come ospitare il discorso politico e legittimarlo?

Cosa significa essere interni ed esterni alle pratiche politiche che critichiamo, quelle relative ai
linguaggi e quelle relative alle stesse strutture espressive, con cui organizziamo il nostro orientamento?

Nell’iniziativa politica, dobbiamo incentrare il nostro cammino sulla discontinuità e non possiamo
dichiararci “evoluzioni del passato”. Non è una domanda inutile interrogarsi su quali e quanti codici nuovi
della politica abitino e siano contenuti nel MoVimento.

Se proviamo a rispondere, ognuno nel suo piccolo, troveremo risposta all’oggi e ne verranno fuori
novità, da non affogare, però, dentro gli articoli di regolamenti organizzativi ed emergenziali.

Da questo e da altre domande dipendono i nuovi sviluppi che riguardano tutti noi, e così pure dal
modo in cui le nostre risposte potranno influenzare la decisione della gente di votarci.

Questo è uno dei temi che la politica e l’iniziativa politica del MoVimento deve contemplare,
finalmente, come un impegno doveroso che deve mettere in scena la scelta dei Sardi della ricerca di nuove
forme e, soprattutto, nuovi contenuti politici, per dare una soluzione duratura ai dati drammatici di uno
sfascio.

Tutto ciò sta nella presenza di una nuova epistemologia, che ci deve sostenere, in una nuova visione
complessiva della Sardegna di domani. Vanno riconsiderate le politiche dell’acqua, del welfare e, dunque,
della cittadinanza, della sostenibilità ambientale, dell’agricoltura, dei saperi tradizionali, dei diritti civili, della
burocrazia ecc., tutti gli ambiti di intervento che sono sotto gli occhi di tutti.

Non sottovalutiamoli né confiniamoli nell’ambito del diritto amministrativo, o di reingegnerizzazoni


istituzionali, dato che essi richiedono sintesi davvero nuove, approfondimenti che dimostrano tutti i giorni
cosa voglia una Sardegna del cambiamento. E i vecchi partiti? Non sono forse loro che hanno sottovalutato
le problematiche della interculturalità e della migrazione della conoscenza, del mutamento e della

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Destinazione Paradiso Meet up Polis Oristano giugno luglio 2013 [(by seb)]

complessità? Il MoVimento può trovare migliori e nuove sintesi dei rapporti disciplinari tra le varie
esperienze politiche. Dobbiamo sbrigarci nel rendere evidente una iniziativa politica “incredibile”.

E poi, concorrere a creare su ogni singolo tema, parole schematiche ma chiare, guardare proprio ai
mutamenti culturali e scientifici e giungere a sintesi che meglio permettono di leggere costruttivamente la
voglia di cambiamento in atto, dando così, alla visione nuova, un metodo e un iniziativa, per saldare tutte le
nostre ispirazioni politiche, quelle, per intenderci, adatte alla gestione del patrimonio pubblico, delle risorse
umane, della piccola e media impresa, insomma idonee alle novità politiche.

Se è la globalizzazione a proporre, di per sé, approcci tematici che consentono di ampliare i criteri di
valutazione della politica, con particolare riferimento alla interdisciplinarità, allora essa implicitamente ci
rimanda anche alle numerose discontinuità attive e presenti in tante esperienze che il MoVimento evidenzia.

Ora che i tavoli tematici decolleranno, vedremo tutte queste abilità sforzarsi di vedere le questioni
dell’attraversamento dei terreni aridi. Non pretendo che questi siano resi coltivabili. Perlomeno che si possa
attraversarli servendoci non solo dalla gestione politica in sé, ma da quelli provenienti dal consolidarsi di una
propria consapevolezza etica (del sé e del pubblico), interdisciplinare per definizione.

Vorrei un MoVimento che rifletta sui saperi attuali della conoscenza del mondo, operando fuori dai
compartimenti stagni, scelte decisive.

Cinque
Nel cogliere i diversi contributi ed esperienze, di pratica politica e del lavoro, si debbono trovare le
sintesi, le reti cooperative della cross culture, l’attraversamento dei saperi. C’è quel filone che alcuni hanno
definito il Reinventing government, che non è solo un approccio minoritario o semplicemente approccio
estemporaneo e hobbistico alle nuove politiche pubbliche.

Un soggetto politico si occupa della società, trasformando e trasformandosi, ma esso non è solo
un’autorità legittimata sul piano della iniziativa politica. È una presenza fisica e il materializzarsi della
iniziativa; è il partner con cui convieni, l’interlocutore con cui dialoghi e, con lui gli obiettivi che condividi, che
qualificano la cultura delle scelte, che divengono forza aggregante del pubblico e del privato. Un soggetto
politico non è più o non è soltanto l’osservatore e il vigile assertore delle regole formali, quanto invece
l’incoraggiante riformatore dei processi deliberativi di più autorità, di più livelli istituzionali, quali quelli – per
esempio - della restituzione dei costi della politica.

C’è un mandato e una rappresentanza che torna tra i cittadini - noi potremmo dire - attivando tutte le
concertazioni, i parternariati, le consultazioni, le negoziazioni, gli accordi, le intese, le convenzioni, i patti, la
solidarietà, i contratti di rete ecc., in cui concorrere a ridefinire lo spazio del pubblico e della politica.

Il soggetto politico, ma soprattutto il perseguimento dell’interesse pubblico, non si limita più a


svolgere una funzione catalitica. Non fa e basta, più che altro, crea l’onda, spinge e favorisce che venga fatto
ciò che va fatto, curandosi poco del teatrino. La politica, come pratica collettiva e di ricerca culturale, come
tecnica condivisa, imprime ed esercita la funzione di determinazione degli obiettivi, e di controllo
sull’esecuzione.

Pratiche di democrazia deliberativa richiedono il salto del paradigma. Si giunge a capisaldi, solo in
dibattiti che vedono davvero il futuro. Proprio perché sono ancora azioni implicite, mente al momento non
vediamo la fine del darwinismo sociale, la fine dell’individualismo possessivo che si incardina nella metafora
bellica della selezione attraverso la competizione. Si deve far cessare l’egoismo accaparrativo come unico
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motore del progresso. Il nuovo non sta più in quell’assioma della competizione che distrugge il bene più
prezioso, ma in quello insito nel collettivo, quale oggi è la fiducia, la cooperazione, la solidarietà, quel
capitale sociale immenso che sono LE RELAZIONI.

Ad esse occorre dare luce diversa. Tanti interventi, negli incontri a cui ho partecipato, sottolineano
implicitamente questo, come cioè non si possa più evitare la messa in relazione della politica, prima di tutto,
con gli altri e con gli altri saperi.

Prima che sia troppo tardi, mi rivolgo alle parti più avanzate (che saremo tutti), del MoVimento, dato
che esse dovrebbero tradurre e semplificare la presentazione di una nuova topologia dell’interdisciplinarietà
della politica, e dovrebbero dedicare energie alle declinazioni di una politica che, nella produzione del sapere
diffuso, può delineare davvero una sua nuova pratica cooperativa, ricorrendo alle piattaforme non solo
orizzontali del Networking, ma anche a quelle verticali, che non permettono che nessuno rimanga indietro,
chiedo di inserire tutti dentro i processi partecipativi.

Il concetto di partecipazione, il concetto di elaborazione, si pongono adesso come attraversamento


culturale, individuando la verticalità del coinvolgimento.

Affidano alla politica una duplice funzione: l’accordo degli strumenti di automazione e dei software
che facilitano la comprensione “linguistica” e dunque relazionali delle culture diverse dalla propria, e il
rispetto di tutti quegli accorgimenti di gestione di layout e, soprattutto, la forma dei contenuti utili.
Presentano e offrono a tutti noi occasioni per soluzioni affatto automatizzate, che non vanno prese soltanto
come soluzioni ideali per il superamento delle barriere tecniche, ma anche come quelle che hanno luogo
quando, tutti noi procediamo verso la qualità delle condivisioni, migliorando l’intesa e, soprattutto, la qualità
della partecipazione.

Si tratta, in sostanza, di cogliere, le diverse soluzioni euristiche, che voci diverse hanno evidenziato,
vedere, poi, in positivo e, soprattutto, pensare alle differenze di percezione e, ancora, privilegiare le abilità di
chi pratica il mapping, cioè quella procedura di creazione e organizzazione di un quadro analitico e formale
su ogni singolo tema. Cosa dire poi delle sintesi, dei colori, dei volumi, come procedere dai volti, dai
temperamenti, dai localismi?

Sei

Mettersi in gioco, per una politica del MoVimento, non significa più che la comunicazione politica
digitale, che pure si è contribuito ad innovare, possa dominare una scena inanimata. Non si tratta di
idolatrarla freddamente, ma di vestire i panni culturali e linguistici altrui. Magari cercare di intuirne le
esigenze, favorirne gli approcci, moltiplicare gli indirizzi. Contemplare e dare un governo a metafore e
simboli fisici, ai tanti significati gergali, che magari possono essere utilizzati in modo diverso anche da
persone che parlano la medesima lingua. Chi e che cosa decide dove comincia e dove finisce la politica, deve
sapere che forma hanno i luoghi istituzionali che ospitano il nostro discorso e lo legittimano e quale rapporto
si instaura fra queste forme di legittimazione e il nostro gesto partecipativo.

Dobbiamo essere consapevoli di come si diffonda, quanto cresca ed educhi, nelle stesse strutture
discorsive nelle stesse strutture di comunicazione il MoVimento. Del modo in cui noi e non altri
organizziamo la nostra presa di posizione epistemologica. Dobbiamo essere consapevoli che l’abitare
l’interdisciplinarietà nei movimenti implica l’ethos, la progettualità, i valori, le differenze.

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La politica, nel suo pregnante significato di esperienza relativa alla territorialità, come la conosciamo
in Sardegna, attiene anche ai modi e alle forme con cui pensiamo i tempi, al modo in cui noi seguiamo,
partecipiamo, rappresentiamo e compiamo scelte per le nostre città e paesi.

Si tratta allora di fare una puntualizzazione più efficace, per dire come il MoVimento 5 stelle, che si
vuole plurale, amministri e costituisca un insieme complesso e reticolare di persone che ancora non hanno
espresso saperi, oggetti e metodologie identificabili. Assumendo e indicando la politica come sapere
paradigmatico, il MoVimento fornisce conoscenze nuove, fa divenire, cioè, un significato più ampio del
termine finora coniugato, come è stato in questi anni.

Vogliamo dire che essa è di più di una conoscenza che organizza la vita sociale e l’immaginario, oltre
che la comunicazione. In questo non si colga la sua banalità, dato che, in senso figurato, potremmo dire che
sia questo il momento di passare dal forum alla community. La mancanza di un’adeguata ricognizione della
valenza epistemologica della politica, in quanto disciplina con un proprio campo di preoccupazioni, oggetti,
metodologie e storia, segnala piuttosto l’urgenza di veder riconosciuta la sua rilevanza rappresentativa, nei
comportamenti, negli ambiti del sapere e dei saperi, ma soprattutto del percorso politico.

Credo che chiunque intenda renderla attuale questa nostra esperienza, coltivandola, andando oltre
ad un intervento urgente sulla realtà, non debba farsi soggiogare, né vestire panni funerei, né ossequiare i
peana lusinghieri. La babele di voci udite rimanda alla percezione della fatica primaria della politica di oggi,
che consiste nel ricondurre a forme nuove di visibilità, nell’impedire al mondo di sfuggire maldestramente
alla sua presa, come il presidenzialismo alla nostra Costituzione.

Cioè porsi oltre quelli che Calamandrei definiva gli atteggiamenti di reazione e restaurazione del
passato, (…) il procedere dello smantellamento e il sottrarsi alla macerazione con cui gli atteggiamenti erosivi
e lenti dello svuotamento della Costituzione, già allora in atto, si presentano ancora oggi. Fatti di intenti
dilatori, capaci di una estenuazione progressiva, della carta fondamentale e non solo, rilanciano la
maturazione di una situazione in cui una politica, immersa in quel clima, non crede più al confronto sui
contenuti delle riforme economico sociali, preferendo di gran lunga, al rinnovamento, il differimento della
richiesta di cambiamento.

A noi serve una politica, invece, che da un lato medi e storicizzi i rapporti sociali, e
contemporaneamente alimenti e condizioni in avanti la soggettività con i suoi simbolismi, le sue
antropologie; dall’altro lato, che debba continuare a svolgere un ruolo insostituibile della ricerca della
conoscenza del mondo. C’è il bisogno di una nuova concezione antropologica della politica, di riti di
passaggio e maturazioni consapevoli, di una cultura politica diversa. Che abbia il coraggio di sé.

Senza un allargamento dell’analisi, rivolgendosi ad una piena comprensione interdisciplinare della


nuova ed urgente rappresentazione, la politica deve promuovere anche una comprensione, non parziale o
viziata da una troppo rigida limitazione del proprio campo di intervento. Rivolgendosi alla pura dinamica
testuale (o verbale), ignorando sottostanti strutture, presupposti conoscitivi, pragmatiche decisionalità
retoriche della contestualizzazione, particolarmente importanti e soprattutto concrete, essa deve
soprattutto liberarsi delle rendite e fare passi avanti.

Bisogna immergersi nelle abilità amministrative durature, nella costruzione delle reti fra persone e fra
operatori economici e affidare all’interdisciplinarietà, il nuovo approccio politico culturale, per farne una
realtà consolidata.

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Destinazione Paradiso Meet up Polis Oristano giugno luglio 2013 [(by seb)]

Deve evidenziare, quindi, quanto sia stata rilevante, per la ricerca comune, la collaborazione tra
tecnologia e discipline diverse, come la nuova euristica della politica si sia cibata proprio del contributo
multidisciplinare. Condizione sempre più necessaria, perché non solo la politica possa affrontare le sfide del
presente e del futuro, ma possa raggiungere ed alla fine, definire la necessità di nuove metodologie
dell’agire politico. Compete alla politica, affrontare il problema dell’unità e della diversità del pensiero. In
questo quadro dei rapporti plurali, non semplicemente istituzionali, ad essa le si impone di cercare di
delineare una mappa. Tentare di cogliere alcuni nodi fondamentali delle relazioni tra alcune isole
dell’insidioso arcipelago interno al MoVimento.

Davanti a tutto ciò, io credo che dobbiamo avere l’ambizione di provarci. Si deve partire dall’idea di
politica, contempli i rapporti tra le differenti voci e professionalità udite, mettendo in scena l’unità, non solo
come questione di fatto, ma soprattutto come potenziale progetto che assume valore, nella sua pluralità.
Oltre a rivelare l’esistenza delle differenze cognitive, bisogna favorire una distanza critica da parte di
ciascuno. Nei modi finora consolidati della rappresentazione del reale, costringere tutti a mettersi in
cammino.

E così, trovare un equilibrio necessario che respinga le divisioni, che definisca modalità e scelte
politiche dell’iniziativa regionale, affidando ai contenuti e alle culture la selezione dei propri rappresentanti.

Si dovrebbe partire piuttosto dai meet up tematici, che debbono essere convocati rapidamente per
tavolo territoriale e poi regionale, mettendo i rete i frutti e trovando forme di coordinamento e soprattutto
contenuti significativi. Per tutto questo servono competenze e partecipazioni qualificate. Dunque, occorre
superare la questione della assemblea regionale, con una formula che faccia tutti rappresentati e organizzati
entro incontri improduttivi.

Ancora, occorre porre una parola ultimativa sulla rappresentanza, stabilendo una equivalenza o
rappresentanza paritaria dei meet up, delle associazioni, delle liste, per chiudere con una varietà di
conflittualità, eclatanti e polarizzanti; mentre si deve perseguire l’unità e la determinazione su questioni
politiche, quali le vertenze industriali, il problemi del comparto trasporti ecc.

Un progetto di cambiamento non può arenarsi per una bega o una diatriba, per quanto tecnica, di
due o tre persone. Dobbiamo essere consapevoli che se non parliamo e costruiamo assieme una adeguata
rappresentanza del MoVimento, si pregiudica un processo importante, e perciò l’augurio è che si abbia
l’accortezza di trovare sempre un modo ed una via d’uscita ai conflitti.

Sette
Il ruolo strategico nella comunicazione diversificata della politica, è valido solo se contribuisce a
moltiplicare gli sguardi sul mondo, a porre domande sulle categorie mentali ricevute, sulle tradizioni
storiche, a spalancare alcune prigioni etiche e culturali di lungo corso, tutte azioni che possono far maturare
credibilità.

Sono questi aspetti che ostacolano i meccanismi e le possibilità di innovazione, non solo nella
produzione di sapere, negli orientamenti sociali, ma anche nella dimensione stessa della comunicazione
politica, ben oltre le pratiche di cooptazione politica, conservativa e antidiluviana, di ere geologiche del
passato.

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Destinazione Paradiso Meet up Polis Oristano giugno luglio 2013 [(by seb)]

L’arcipelago comunitario del MoVimento 5 stelle dovrebbe riconoscersi, a sua volta, in isole che
potrebbero fondare la sua autonomia. Ciò accadrà se scopriamo, nella nostra condizione di arcipelago,
qualcosa di comune che unisce “le isole” e insieme le differenzia dalle altre.

Se non si colgono, in termini intuitivi, quanto siano utili i nostri reciproci rapporti di accezioni
politiche diverse, rischiamo di apparire come delle figure la cui forma non può variare topologicamente,
poiché composte non semplicemente nel contrasto, ma fatte di percezioni, ipotesi, oggetti, metodi,
interpretazioni. Insomma, fatte di materiali organizzativi euristici, trasformati e cresciuti nel corso di questi
anni, frutto della elaborazione culturale dei partecipanti, anche se ancora non contengono in sé la soluzione
organizzativa che il MoVimento si sta dando.

Il desiderio di vedersi fisicamente moltitudine non solo virtuale, impone cambiamenti teorici, di
risultanze empiriche impreviste, per fondare mutamenti culturali profondi. Essi non debbono avere solo una
natura combinatoria, ma fatti e contenuti devono mantenersi assolutamente innovativi. Sta qui la
discontinuità che io chiedo, e nella rappresentanza si debbono trovare azioni pratiche condivise, che
continuino direttamente l’eliminazione della distanza dalle soluzioni, componendo equilibri nuovi tra
rappresentanti e rappresentati.

Si deve dare evidenza al piano della interpretazione dei fenomeni e alla formulazione di politiche
economiche per il superamento della crisi, con modellazioni inedite e soprattutto mediante una nuova
progettualità.

La politica, i recitativi istituzionali, per quanto stentino ad abbandonare l’idea che non gli spetti il
compito di istituire una nuova gerarchia interdisciplinare dei contenuti, non deve ridursi, nel naufragio a cui
è stata a sua volta ridotta, ad una disciplina come le altre.

Non contaminata pratica, essa è divenuta accademia non neutrale. Per questo non può più
legittimare freddamente poteri che fanno riferimento esclusivamente a sé stessa o ai propri bisogni, non
curandosi d'altri o d'altri strumenti di potere.

Non si può ipotizzare oggi una politica qualsiasi, rispettosa delle competenze giurisdizionali di ogni
altra disciplina, poiché vederla come una sentinella, per sorvegliare supposti sconfinamenti di campo, è
illusorio. Ciò contrasta almeno col movimento reale dei rapporti di forza, tra sfere disciplinari, intese come
luoghi nuovi, alti per la sistemazioni della ricerca culturale, e per la declinazione di istituzioni politiche nuove.

Insomma, pur essendo reale la questione dei confini istituzionali della politica, il problema non è
quello di renderli più labili, più morbidi e osmotici, né, tanto meno, accostarvi il banale ringiovanimento di
Letta o di Renzi.

Ma quello di avviarsi verso una differenziata articolazione tra democrazia diretta e rappresentativa,
che può ridefinire la ricerca politica del MoVimento, non è un vecchio bivio, sta qui una nuova politica che si
assume ogni responsabilità.

Nell’ individuare alcuni lineamenti di una possibile interdisciplinarità topologica. Sta ciò che serve,
come pure il consentire il passaggio da una concezione normativa del disciplinamento, che stabilisca un
ordine attraverso delimitazioni, perimetrazioni. Un ordine precettistico, non può ridursi alle fluttuazioni e
alle sostituzioni anagrafiche, questo davvero conta poco.

Noi crediamo che la concezione che disegna irriflessivamente i confini, invece attribuendo oggetti e
metodi alle differenti esperienze, produce in ciascuna di esse forme di autoriconoscimento. Si fonda su una
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Destinazione Paradiso Meet up Polis Oristano giugno luglio 2013 [(by seb)]

norma e non un precetto, la stipulazione di un accordo comunitario (come l’assemblea regionale) come
sequenza di stati da tenere in equilibrio. È una sintonia che dobbiamo trovare. Sui temi, sui tanti temi
fondamentali per il MoVimento.

Non possiamo evitare la nostra proposta per l’Isola, su : lavoro, turismo, ambiente, cultura, servizi.

La capacità di riferirsi circolarmente a se stessi, si rafforza perseverando su un’identità nominale, il


cui fondamento sta dentro una prassi, quella che ci ha portato sin qui, ossia al dato frustrante di una visibilità
mancata. Cosi rischiano di diventare ininfluenti, rispetto alla realtà, e assolutamente non armonici, il modello
d’ordine e, dunque, i rispettivi animatori, impegnati a difendersi dalle perturbazioni esterne provenienti
dagli altri disciplinamenti, non resisteranno a lungo in piedi.

All’interno del MoVimento, compartimenti stagni irriformabili, che respingono le sollecitazioni


esterne, non possono che essere di tipo politico e dotati di una consapevolezza di tipo scientifico o culturale,
come sarebbe auspicabile. Invece, per fare solo un esempio, dovrebbero aiutare e far concepire il
MoVimento non solo come scompiglio. Non ci porta da nessuna parte. Tanto meno, quando noi facciamo
convivere disciplinamenti forti e disciplinamenti deboli, ci si dimentica di come si possano riformare dal
basso le questioni di fondo.

L’asservire i tavoli tematici del MoVimento all’ordine divisionale delle commissioni parlamentari o
agli assessorati regionali, mi prendo la responsabilità di dire che è un errore. Sul piano degli statuti della
pratica politica, soprattutto sul piano della ricerca culturale. Questo obiettivo parlamentare, annulla le
topologie provenienti dalla interdisciplinarietà e dagli apporti transdisciplinari, come stanno mostrando le
sensibilità sull’innovazione tecnologica, sulla materia energia o sull’acqua, in agricoltura, nelle implicazioni
durature delle trivellazioni. E’ la realtà a rendere obsoleti queste antiche visioni organizzative, semmai
integrando, diversificando, scomponendo.

Oggi, la dimensione geriatrica dell’attuale politica, come si sa, prevede stati di equilibrio, interni alle
analisi dei tavoli tematici, equilibri datati che debbono considerarsi nella loro equiparabilità. Essi si
succedono l’uno all’altro, all’interno dei quali sta una multistabilità strutturale, in cui tutto si tiene, con una
sinergia dei gruppi di potere, nella politica, come nei mass media, cinema, musica, teatro, ecc. Tutte, o
meglio molte realtà, si raggruppano le une con le altre tramite pletore di vegliardi.

I confini tra disciplinamenti diversi si spostano, e le trasversalità diverse, secondo la capacità di


ognuno di questi tavoli di occuparsi di cose che viceversa, grazie alle stipule normative interne, invece non
dovrebbero spettare a questo o quel disciplinamento particolare.

Un’impostazione simile ravvisa, allora, proprio la relativa debolezza degli statuti epistemologici
disciplinari della politica come scienza umana e sociale, che hanno permesso di configurare tematizzazioni
diverse basate su obiettivi di scambiabilità dei risultati raggiunti, e c’è, in questo modello proposto della
ripartizione amministrativa e fordista, la trappola della vecchia politica.

Riconosciuta la plausibilità euristica di questo orizzonte interpretativo limitato, credo che anzitutto
dovremmo avere enorme riguardo per l’incerta fase attraversata dalla politica negli ultimi decenni. Oggi
appare nondimeno fondata una preoccupazione espressa da più parti e manifestata anche recentemente in
uno degli appuntamenti istituzionali più importanti per la politica.

Nelle elezioni dei presidenti di Camera e Senato e soprattutto del Presidente della Repubblica, a cui si
fa riferimenti, non è la persona, ma i contenuti e le modalità che segnano il passo alla prospettiva (i

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Destinazione Paradiso Meet up Polis Oristano giugno luglio 2013 [(by seb)]

candidati del MoVimento erano soprattutto rappresentazione di contenuti costituzionali e simbolici del
nuovo).

Per questo, occorre, invece, favorire indirizzi di ricerca non piegati a soluzioni asfittiche, alle quali si
conferisce una dignità di progetto spesso non programmato, il cui prodotto politico sia immediatamente
spendibile nel circuito della comunicazione interdisciplinare. A ben vedere, se non sono tenute
adeguatamente a bada, le suggestioni del risultato ad ogni costo, quelle basate sulla prassi, possono nel
lungo periodo condurre all’indifferenziazione e all’omologazione. Bisogna esaltare la molteplicità dei punti di
vista e l’originalità delle interpretazioni e procedere sul versante interdisciplinare dell’osservazione critica,
anche attraverso percorsi diversi da quelli che la politica in questi anni ha suggerito.

Diciamolo: la politica, ma anche certo modo di intendere la ricerca politica e culturale in questi anni,
è stata trasmessa secondo improvvisazioni, fatta di percorsi formativi miranti a favorire certe prassi e certe
repliche specifiche. Circolarmente, nel tempo hanno riprodotto le condizioni oggettive o, secondo il principio
generativo, liberato un apprendimento per cooptazione e ripetizione, con cui la vecchia politica si è sempre
alimentata.

Ciò che allora il MoVimento dovrebbe fare è spostare il centro dell’attenzione sui programmi di
ricerca dal basso, che riflette preoccupazioni relative ai temi e ai metodi che praticano concretamente sul
campo l’iniziativa culturale.

Infatti, in un tempo contrassegnato dalla crisi della ragione, né l’oggettività, né la razionalità, né i


paradigmi metateorici bastano a spiegare perché la politica italiana sia quella che è, o perché i politici
italiani facciano quello che fanno, quando sono invece rimossi gli interrogativi di fondo, ai quali si deve
ancora in qualche modo rispondere. È opportuno, quindi, riflettere sui criteri che sono serviti a identificare
la politica e a distinguerla dalle altre attività.

Vorrei richiamare l’attenzione di tutti, perché si tratta piuttosto di analizzare, approfondire e capire,
nella specificità dei differenti ambiti, quale peso abbiano e in che modo intervengano su di essi, i soggetti
dell’attività politica, riservando, diversamente dal passato, importanza ai contenuti reali, individuali e
collettivi, che nella pratica della politica sono impegnativi. I quali nella loro eterogena commistione possono
mettere ordine alle proposte, specie in Sardegna.

Faccio solo l’esempio delle royalties che vengono riscosse a prescindere da tutto (sui giacimenti
geologici), o al perenne ricatto salute o lavoro, con il quale tante chiusure sono state ottemperate in questi
anni.

Il problema del soggetto politico, allora, non è la politica in sé, ma è quello di acquisire, - mentre la
pratica - un suo sapere disciplinato, una propria etica, prima ancora che un’etica della politica, ed un’etica
epistemologica, che è anche una didattica permanente.

Tutti dobbiamo essere consapevoli che ciò compete al coordinatore del MoVimento, al deputato, alla
coscienza assembleare, ai singoli iscritti, ai simpatizzanti che a tutti, insomma, spetta la costruzione di nuovi
disegni di sintesi, la verifica delle teorie interpretative, l’utilità dei modelli euristici.

Nel quadro di questa epistemologia dell’applicazione, l’apprendista non può continuare in quel che
finora aveva appreso per tentativi empirici.

Questo non può più accadere, perché il risultato deve giungere alla confutazione di galileiana o
popperiana memoria, cioè deve vivere la dimostrazione convincente delle proprie idee e riflessioni.
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Dobbiamo, come MoVimento, allontanarci dal pieno esercizio di conformazione. Nella migliore delle
ipotesi, in questi anni, è questo che ha condotto il singolo a coltivare un qualche precostituito modello di
politica ideale, mentre, in quella peggiore, spinge la giovane intelligenza verso un universo di certezze che
appaiono legittime soltanto perché condivise da tutti i membri della fazione o della componente.

Così, la formazione sfocia in quel particolare tipo di deformazione comune a tanti. È seria solo se
colloca il cittadino militante all’interno di una specifica forma mentis, e fa coincidere la politica con la fine,
pura e semplice di una plasticità intellettuale, ovvero un supino modellarsi su un calco fin troppo abusato.

In questo processo, se la si vuole cercare e trovare, la replica davvero politica consiste proprio nella
transizione del soggetto che si sta formando, nel riuscire a condurlo al metodo. Non deve passare da regimi
caotici a variabilità selvagge e imprevedibili, magari ai regimi stocastici a variabilità domestica soprattutto
della vecchia politica, ma a quelli in cui si riproduce il quadro e i percorsi presenti, diciamolo pure, sotto gli
occhi di tutti.

Condensare opinioni politiche che appaiono figlie di un’appartenenza, non ci serve a innovare la
ricerca politica né il modello conoscitivo, e nemmeno a consolidare l’una o a corroborare l’altro, e mostrare
che una riflessione politica esiste, in quanto appartiene. Non può essere una citazione che fa scuola, né
significa mettere involontariamente, sul proscenio, la parodia di sé.

Otto
Al MoVimento compete riflettere sul disagio che non è il nucleo delle ricorrenti crisi dei
disciplinamenti organizzati, ma è la condizione drammatica costante, ad esso occorre rifarsi con la sua
iniziativa, al fine di poterlo contrastare.

Se il luogo del nostro chiedere è a sua volta un luogo disciplinato, di cui si deve dare conto, all’interno
della politica come nel sapere culturale, di ciò che sta all’esterno dei rapporti, come anche delle relazioni
tout court. Ci deve essere una sintesi e una realizzazione delle misure socialmente opportune, e ciò
dovrebbe essere la priorità e il dovere della Politica, più che mai un‘arte che non può prescindere da una
solida base etica ed antropologica, proprio nel regolare le procedure.

Lasciamo il campo ai metodi e alle retoriche imposte dalla logica della disciplina partitica, discioltasi
in imitazioni ormai abuliche, nella quale si lavora a priori sulla gamma non delle opzioni teoriche, ma per lo
meno sulla gamma dei modi del fare teoria o del fare ricerca empirica della politica. Al più presto, invece, noi
dobbiamo prendere atto quanto, per chiunque intenda operare criticamente, collocarsi all’interno di un
nuovo modello culturale, sia necessario e cruciale disporsi al contagio, alle ibridazioni, non c’è altra via.

La lentissima guarigione dalla malattia dell’appartenenza a paradigmi, a scuole o a apparati anche


inconsci, che è ancora in corso, dentro il MoVimento, produce in sé un perdurante rischio, e può ostacolare
anche l’innovazione, non fidandosi di quei processi innovativi, che tutto ciò invece nega.

Al MoVimento serve conseguire una vicenda politica come apprendimento, e il dare corso ad un
processo di appropriazione del mondo, in modo esperienziale, costituisce la sua bussola. Nel MoVimento,
oggi, chi si affaccia repentinamente e in modo dirompente alla politica, deve farlo compiendo un salto
qualitativo sul piano organizzativo e, ribadisco, soprattutto sul piano dei contenuti.

Distaccandosi in modo definitivo da fenomeni quali emulazioni fredde che media e banalizzazioni
propongono, suggestioni varie, di commenti, post, popolo dei fax ecc., oltre che dalla famosa Doxa
platonica. Il MoVimento dovrebbe entrare nel campo del simbolico, dall’intuizione significante, di una nuova
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narrazione. Praticare esperienze politiche nell’oggi, dopo il crollo del muro di Berlino, e soprattutto dopo i
fenomeni di globalizzazione culturali e delle comunicazioni, e dopo la crisi della finanza e dei costumi, avanza
la indispensabilità di nuovi scenari.

Dare corpo e sostenere l’esercizio di ogni essere umano, coinvolto nel ristrutturare le proprie
rappresentazioni, e sceneggiare una nuova esperienza individuale, vuol dire dare un’anima collettiva al
MoVimento. Oltrepassando il già dato, bisogna introdursi nel possibile. Oggi questo non può che essere un
atto di ri-creazione del mondo, il ricordo ai sistemi neuronali in grado di rielaborare l’informazione di
microprocessori specializzati, di unità computanti, ma adottando politiche fatte di pratiche inclusive, che
aspettano solo di essere accese, stimolate, e dando vita ad elaborazioni altamente qualificate e creative.

Soluzione e ricerche che non si alimentano purtroppo solo con l’adozione di piattaforme e social
Network, e, sebbene straordinarie nell’incedere, oggi non ci possono bastare le app (non tutte a pagamento)
che possono, comunque, ridare vita e vitalità alla partecipazione politica. È importante l’ascolto dei
numerosi interventi, che da punti di vista diversi, in questi incontri, hanno indirizzato il dibattito e delineano
non solo le diverse inclinazioni professionali (ingegneri, sociologi, formatori, economisti, comunicatori,
medici) di pur belle assemblee regionali, ma illustrano quali strutture animino i sottostanti processi mentali e
culturali, che oggi veleggiano insieme verso la partecipazione politica in Sardegna.

Nove
Il concetto apprendimento associativo o meccanico, basato sulle pratiche pedagogiche che ogni
azioni politica sottintende, a cui sono seguiti i contributi diversi che enucleano la varietà degli
apprendimento cognitivi nel MoVimento, deve davvero liberare nuovi e forti incidenze.

Aldilà delle bibliografie, dobbiamo essere costitutivamente consapevoli delle nuove biografie
tematiche che tutti dobbiamo costruire, di quanta riflessione si sia compiuta sul pensiero strategico e le sue
categorie, di cosa abbia oggi lasciato lo strutturalismo e il decostruttivismo, che ci hanno portato sin qui.
Dobbiamo aver chiaro quale contributo portino le intelligenze multiple, non in senso cumulativo, si intende,
e quanto e di cosa sia capace l’intelligenza emotiva, l’apprendimento cooperativo, e quale sia l’intelligenza
capace di fornire un contributo significativo ai percorsi di miglioramento complessivo dell’esistenza. In
sostanza, tutte le implicanze della realtà aumentata nel disegnare nuovi equilibri individuali e collettivi.

Insomma, da questo retroterra tematico, diversificato, assolutamente non scontato, si deve cogliere
una varietà di approcci, che devono lasciare costitutivamente percorsi certi ai singoli e alla collettività del
MoVimento. Di fronte ai quali, la scelta ripartizionale dei tavoli tematici della vecchia organizzazione
industriale divisionale, avrebbe dovuto lasciar libera di consolidarsi una tipologia organizzativa differente
dalla vetusta line, che la stessa Total quality aveva detronizzato.

Line scarsamente performativa proprio sul piano organizzativo, rispetto alla rivoluzione e alla voglia di
cambiamento in corso. Le tante esperienze vissute nel MoVimento rilanciano, invece, quanto internet e i
suoi figli lasciano non solo nei social network tanto apprezzati e vituperati, ma anche nel disporre modalità
testate repentinamente anche da migliaia di persone. Quelle esperienze cioè che ripropongono quel che
Internet ha ricevuto da tante discipline, e chiariscono come le sue pagine siano il frutto del contributo di
logica, marketing, psicologia, sociologia, matematica, fisica elettronica, antropologia ecc. Un quadro nuovo
e, davvero multidisciplinare pone nella velocità e nella intensità dei nuovi racconti, una letteratura
sconosciuta e senza precedenti. Ritenere l’ordine del mondo identico alla ripartizione degli assessorati
regionali, ci mette out.

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Dieci
Il MoVimento, promuovendo il disegno delle intelligenze future, non può trascurare, relativamente a
queste novità, la crisi del modo di trasmettere i contenuti, ma anche la discussione sulla forma di direzione
dell’azione collettiva. Con queste morfologie, il MoVimento deve incontrarsi e non può ritrarsi semplificando
l’enorme laboratorio della complessità sociale. Sperimentare quotidianamente i grandi flussi migratori dei
linguaggi, i cambiamenti degli stili cognitivi, le incertezze del futuro, le trasformazioni etiche e motivazionali,
queste azioni dovrebbero essere il motore, non le sue paure.

E poi, disegnare una visione della Sardegna migliore, ignorare che ogni esperienza politica sia una
esperienza di apprendimento culturale, significa rinserrare il dibattito entro categorie che si attardano. Ogni
apprendimento sottopone gli esseri umani a realizzare un rapporto che non deve dimenticare l’umanità. In
quella sede riflessiva è avvenuto, in maniera tutto sommato davvero dignitosa e matura, l’incontro
dell’assemblea regionale. Mettere insieme qualche centinaio di persone, che non si sono mai incontrate, è
un evento democratico. Dobbiamo essere consapevoli del fatto che nessun sapere si consolida senza
motivazione. E ogni apprendimento, consapevole o no, si manifesta come una grande rappresentazione
soggettiva, che implica legami e rotture con la propria comunicazione, impostando condivisioni ed
esperienze pregresse, ma soprattutto focalizzando progetti futuri, speranze, scenari credibili per tutti.

Il MoVimento, quale moltitudine con cui io l’ho visto affermarsi, è un luogo informale, assembleare
ma istituzionale, e rilancia la verità di una teoria antropologica di riferimento, in cui gli slogan illustrano e
danno corpo. Si struttura in culture, che si aggregano e scoprono il modellarsi di un dibattito, non più
cantonale e neanche monocratico, nel quale Internet ci può aiutare a consolidare sempre più il mezzo di
tessitura delle nostre interazioni quotidiane.

Esso ha pure qualche pausa nel procedere, però vive intensamente la fase in cui l’apprendimento
latente codifica comportamenti, ed esegue operazioni, tutela la rottura, ma elabora forme anche complesse
di direzione e rappresentanza politica.

Deve, però, scoprire come difendersi dalla distruttività della politica e dalla capacità annichilente del
potere e come tutelarsi dai suoi vischiosi e narcisistici appagamenti. Può considerarsi un sistema di
potenzialità nuove tra il mondo virtuale e il mondo reale. Nella realtà aumentata, soltanto se salva l’idea di
un MoVimento come un apprendimento, allora consegna a noi e alle generazioni future il cambiamento in
atto, tra esperienza di località e di partecipazione.

Si genera una vaccinazione, una tecné indispensabile, oggi, facendo dell’on line un luogo nuovo per
raggiungere le persone, per declinare una nuova sovranità, per la sopravvivenza delle imperiose istanze di
cambiamento, per la strutturazione di forme nuove del fare politica. La ricerca del minimo garantito per
tutti, non è una categorie distruttiva della politica, né il ribasso del controllo democratico. E’ soprattutto il
concreto appellarsi alla Costituzione, per difendere la dignità collettiva, riflessa nei singoli.

Andiamo avanti
Se in questo momento, le raffigurazioni evidenziano i pregiudizi, che non sono altro che meccanismi
difensivi, correttivi e appunto regolamentari, allora l’appellarsi, continuo e radicale, alla regola, non è in sé
pregiudizievole. Se questo diviene l’affermarsi unico del contingente rispetto al progettuale, o del formale
contro ogni organizzazione, in cui formule ritualistiche e esoteriche tendono alla riproduzione e alla
ripetitività di schemi noti e conosciuti, storicamente, dai gruppi dirigenti in Sardegna, dovremmo allora
preoccuparci.

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Il MoVimento, considerando invece proprio un punto di vista epistemologico nuovo, può intendere
meglio ciò da cui si può partire: far nascere la capacità di progredire il contesto, contemplare un diverso
apprendimento, gettare i presupposti di nuove acquisizioni politiche e culturali. Le questioni segnalate,
perciò, per i tavoli tematici, pur raggruppate in disciplinati schemi formali, devono esplicitare al contrario
interne coerenze logiche non lineari, ma soprattutto un forte carattere multidisciplinare, con cui scardinare
le retoriche del passato, come il populismo di chi vuole mischiare le carte della responsabilità.

Con questi criteri, si trovano equilibri originali da non sottovalutare, elementi nuovi presenti cioè
nella flessibilità del pensiero, all’interno di una consapevolezza dell’ambiguità della politica che riflette le sue
stesse acquisizioni, più di quanto non mostri la sua una enorme capacità di falsificarle. Lo dobbiamo fare
senza volgere lo sguardo a ciò che essa si reinventa di continuo per sottrarsi alla realtà.

Dobbiamo avere in mano la partecipazione di quel procedere. Il suo nucleo costitutivo non può
essere solo una nozione, ma una aspirazione critica allertata.

Non il concretizzarsi di un programma minoritario, bensì una decisiva acquisizione di strutture


cognitive, di stili particolari di riflessione e di dibattito, che impediscano e rimandino la palla nel campo
avversario della staticità e del dogmatismo, lontano dalla ricerca della felicità e da un programma per il
paradiso.

Non si deve rendere, cioè, immanente o ossessivo il senso della autodisciplina e delle forme della
democrazia diretta, ma affiancarle a temi ed elaborazioni puntuali, costruendo così la sintesi di un percorso
culturale storico e cognitivo, in cui votare l’espressione della libertà di pensiero.

Il MoVimento può trovare questo modo di produrre rappresentanze e decisioni collegiali. Se ci sono
volontà espresse da legittimare, esse devono vedersi come ogni nuovo apprendimento collettivo. Sono
molto più convincenti quando si nutrono di curiosità, di interrogativi spontanei, conseguimenti assembleari.
Dovremo segnare un cammino, quale luogo di esercitazioni, di ordine mentale, di tempi ravvicinati, per
l’appropriarci della consapevolezza del soggetto in Sardegna, e superare ogni percezione e osservazione
impulsiva, per pervenire oltre “le sensate esperienze”, come dice Galileo, approssimandoci alle certezze
necessarie con credibili dimostrazioni, a cui ci portano studio e applicazione e non le velleità.

Se non si coltivano le aggiuntive analisi, rivolte ai sensi e all’intelletto, ovvero se non si coglie la
necessità di una dimensione interiore di armonia da perseguire, allora bisogna affermare che ogni
apprendimento non può essere valido, se non è decisivo. Ai tavoli tematici, riemergeranno i limiti. Gli
argomenti e le elaborazioni debbono tener conto che l’oggetto deve essere rivisitato per intero, non
frammentato. L’estensibilità dell’oggetto significa farlo cadere dentro una mappa cognitiva e una
consapevolezza che ognuno deve scoprire, con l’aiuto di tutti.

Aggredito da più parti, ogni apprendimento trova punti di vista diversi e fuochi di osservazione
inusuali, se compresi nella loro totalità e nella loro funzionalità (interdisciplinare). Faremo - ne sono sicuro -
di questa esperienza politica, un percorso che non lascia lacune né si perde nelle vastità altrettanto plagale
dell’onnicomprensività. Tutti i processi di apprendimento, con esso la definizione della nostra identità,
dobbiamo saperlo senza pregiudizi né luoghi comuni, troverà le nostre “narrazioni” biografiche.

Verso la nuova politica


In questo senso, qualcuno ha evocato l'Europa e il mondo, globali e contemporanei laboratori di
costruzione e di trasformazione delle identità. Credo sia importante guardare alle modalità nostre, per la

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costruzione di una cittadinanza europea e planetaria. Quando noi trattiamo della pludisciplinarità in
Sardegna, facciamo l’esempio dei significati e dei valori che possono rientrare, per esempio, nella definizione
d’uso dei cosiddetti progettati spazi urbani, aree metropolitane, o aree rurali, spesso pensati per la loro
estetica e per la loro funzionalità urbanistica, identitaria, mentre poco vengono considerate come luogo di
interazione, integrazione e rivelazione del conflitto.

Le culture e le identità umane sono autonome, si evolvono costantemente in una rete di


comunicazioni, di interazioni e di ibridazioni, in una tensione dinamica e costante di aperture e chiusure.
Nella storia delle idee, le operazioni di traduzione e di reinterpretazione fra culture e identità differenti sono
alla radice di innovazioni scientifiche, tecnologiche, spirituali... I problemi posti dallo sguardo diverso degli
“altri” hanno spesso stimolato la costruzione e l’evoluzione del “noi”, noi come movimento lo dobbiamo
garantire in questo pluralismo, perché così avremo una cifra superiore nella socialità politica.

Ecco la novità antropologica della politica, con sguardi disciplinari visti principalmente per la loro
epistemologia della complessità. Una epistemologia evolutiva, considerando, quanta influenza essa abbia
per le Tecnologie dell'informazione e per quel che esse stanno producendo sui cambiamenti, non potrà che
essere un’esperienza proficua.

Quelle tecnologie che oggi, non tanto vengono considerate per quel che compiono, quali pratiche
della alterazione della località e della antropologia della visione, quanto per come producono cambiamenti
sulle cose e sulla socialità, e perciò noi dobbiamo ancora capire in che modo disegnino il presente in
Sardegna.

Ovvero, si tratta di molteplici modalità con cui le tecnologie informatiche ci coinvolgono, guardando
ad esse per il modo in cui offrono una rappresentazione digitale dell’informazione storica e geografica, e
della comunicazione ipermediale.

Contribuire a rifondare un’antropologia del sacro delle istituzioni, come della politica, credo possa
avvenire, se si ridà significato e senso al linguaggio, ai comportamenti complessivi.

La transdisciplinarietà, quale tensione culturale, che si approccia davvero ad una odierna leggerezza
con cui far diminuire al massimo i costi della struttura; se invece si mette a condividere una flessibilità per
rispondere ai cambiamenti continui dei territori e delle forze economiche, insiti nel processo di sviluppo, non
resterà solo una scelta economica.

Molteplicità di competenze, allora, spiegano perché quello che si fa avrà successo solo se fatto con
metodi e conoscenze adeguate; la rapidità d’azione rivela come le cose si possano fare in fretta e bene, così
come possono nascondere le insidie. Fanno scorgere, però la possibilità che noi abbiamo nella capacità di
catalizzare energie, come nell’attivare valore nei territori. Si deve essere capaci di avvicinare a sé chi ha le
competenze per rendere operativi i progetti e liberare l’Isola.

Svolgere modalità con cui varie scienze mettono in comune tutti i loro principi di base per ritrovarne
il fondamento unificante, la transdisciplinarietà non sovrasta soltanto il limite stesso di una singola disciplina,
ma diviene appunto valore. Diverse e distinte istanze si aggregano e si integrano in un nuovo sistema di
quadri concettuali e di saperi, fino a perdere l’originaria identità del passato per crearne una nuova.

Occorre lucidità, idee, creatività, occorre aggressività giovanile, fuoco interiore, per ritrovare il
bandolo a tutte queste cose. Serve riflettere sull’impegno profuso nella seconda metà del secolo scorso,
teso a tracciare linee di convergenza tra i vari saperi, cioè dalla multidisciplinarietà alla transdisciplinarietà.

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Vale la pena approfondire e riflettere sul concetto di meta-disciplinarietà, ovvero più sulla filosofia delle
varie discipline, piuttosto che sulle isolate discipline stesse, sulle tecniche contigue.

Guardare al piano dei dispositivi, metacognitivi e interpretativi, che orientano la ricerca, la


riorganizzano, la strutturano in modo univoco, mostrandone le simmetrie, le convergenze, gli annodamenti e
le sinergie. Facendo emergere quali dispositivi chiave della complessità e della narratività si vadano
affermando. Facendone un uso davvero nuovo, si dovrà fornire la consapevolezza che i grandi quadri di
riferimento si sono ormai consumati, e la loro sostituzione, con costruzioni altrettanto forti e unitarie, è un
dovere a cui deve volgere lo sguardo il MoVimento.

Con la fine del pensiero totalizzante, si è aperto il problema di reperire criteri di giudizio e di
legittimazione di pratiche e saperi dal valore locale e universale. Tutto ciò emerge dalla pluralità, dalle
differenze. La sua caduta sul terreno ha moltiplicato le forme del sapere, ma anche questa difficoltà che oggi
stiamo vivendo.

Non dobbiamo avere paura della complessità: così com’è, cioè ancora disorganica, polimorfa e senza
centro, come quella disseminativa, essa ha i suoi oppositori. Sta al MoVimento trovare ciò che i saperi
vivono nella tensione continua, nel proliferare dei modelli della ricerca, come fuoriescono decisivi,
consapevoli quelli capaci di trovare una condizione, dove essi sono direttamente lo specchio del presente in
cui si agita il MoVimento 5 Stelle sardo.

Nota bibliografica - Per scrivere questi appunti ho letto numerose riviste e libri, La Costituzione e
La repubblica di V. Onida, in cui sono contenuti i discorsi di Terracini e Calamandrei, gli articoli sul
MoVimento su uninomade.org, il numero mensile di Alfa beta Dalle stalle alle stelle aprile 2013
(Dedicato a Maria Lai), Gerbaudo P. Social media e la coreografia del raduno alfabeta Alfa BioIper
media 2.0 maggio 2013 l’articolo di P. Pellizzetti Il collettivo: spunti per l’altrapolitica dall’atlante
di economia di Micromega n. 3/2013 Il ritorno dell’eguaglianza, il Grillo canta sempre al tramonto
di Fo, Casaleggio, Grillo, AA. VV. Ciclone Grillo genesi e ascesa di un MoVimento del Corriere della
sera. Oltre ai tanti post su BeppeGrillo.it,. Ho partecipato alle assemblee regionali di Cirras di
maggio, ho ascoltato l’incontro (assemblea regionale) con rappresentanti Meet Up Sulle
piattaforme digitali a Oristano, sono stato a Nuoro assemblea di giugno del MoVimento 5 stelle
Sardegna, ho partecipato a numerosi Meet up tematici di Polis Oristano. Ho letto anche numerosi
altri testi di cui trovate riferimento tra le righe. Mi scuso per le citazioni di cui non ricordo i
riferimenti. Molto è dovuto alla riscrittura di concetti miei e di altri, espressi da tutti questi autori.
Tutto quello che avete letto è dovuto alla mia responsabilità. Sebastiano Chighini (per
osservazioni critiche sebastianochi@gmail.com)

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