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Io, Europa

2010 Daniele Gatti

Indice
Nota dellautore Estate 2008. Norvegia Svezia Finlandia Estate 2009. Francia Belgio Paesi Bassi Estate 2010. Islanda Tabelle di marcia di ciascun viaggio 3 4 104 182 259

Nota dellautore
Il momento in cui inizia la preparazione di un viaggio cruciale. Un giorno scatta la scintilla, si consulta la carta geografica e si dice: questa sar la mia meta, stavolta. E cos, animati da una nuova forza, si comincia a informarsi, a procurarsi tutto ci che serve, a consultare le guide turistiche, fantasticando su quello che si trover allarrivo. Poco alla volta il viaggio prende forma, e non si sta pi nella pelle dalla voglia di partire, di conoscere e di scoprire un angolo di mondo mai battuto. Dopo unestenuante e febbrile attesa, arriva finalmente il momento di partire. Lesaltazione ai massimi livelli, ma dopo pochi giorni iniziano i problemi. Stanchezza cronica, spostamenti difficoltosi, situazioni spesso disagevoli, meteo implacabile. Sempre in giro con lo zaino in spalla, pesante e ingombrante; sempre attenti a non perdere il treno per non sballare la tabella di marcia; sempre qualche piccolo malanno in agguato. Ci si stanzia in un luogo e dopo un giorno o due gi ora di ripartire: non si dorme mai abbastanza, si mangia male, ci si deve arrangiare come si pu, perch si soli. La domanda che prima o poi tutti i viaggiatori indipendenti si fanno Ma chi me lha fatto fare?. Infine, dopo un periodo che inizialmente pareva lunghissimo e interminabile, giunge inaspettato il momento di tornare a casa. Ed qui che il viaggio inizia a vivere veramente: ricordando tutto ci che si passato, riguardando le fotografie, metabolizzando le esperienze, rileggendo gli appunti scritti su un vecchio e logoro taccuino. E improvvisamente ci si rende conto che stato s difficile, ma ne valeva assolutamente la pena. Tutte le fatiche sono state ripagate da esperienze indimenticabili e luoghi meravigliosi. E qualche volta si decide di trasformare quegli appunti, frettolosi e incerti, in un vero e proprio racconto, per poter rivivere i viaggi ogni volta che si desidera, e per non permettere ai ricordi di perdersi nelloblio. Ora avete capito come nato questo libro, e per quale scopo: raccontare le esperienze di due giovani viaggiatori alle prime armi con il mondo esterno, con semplicit e schiettezza. E magari infondere a qualcun altro la voglia di riprendere in mano latlante e cominciare a programmare un nuovo viaggio. Buona lettura e buon divertimento!
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Estate 2008
Norvegia Svezia Finlandia
Partenza il 28/07/2008 Ritorno il 19/08/2008 23 giorni totali di viaggio

Sogno nordico Il Grande Nord terra di leggende. Chi non ha mai sentito parlare delle epiche battaglie combattute dai Vichinghi, abili navigatori e mercanti oltre che spietate macchine da guerra? Chi non rimasto affascinato ascoltando le storie dei mostruosi Kraken marini, mastodontici esseri capaci di sbriciolare ed affondare in un attimo qualsiasi nave con la forza dei loro devastanti tentacoli? Chi non ha visto una minacciosa profezia nel Fimbulwinter, il lunghissimo inverno che presagisce al Ragnark, l'ultima battaglia degli Dei che porr la parola fine al mondo terreno? Oltre il circolo polare, per alcuni mesi lanno il sole non tramonta mai, risalendo beffardo prima di toccare lorizzonte ed illuminando costantemente rocce che si tuffano vertiginosamente in mare, scavate dallacqua nel corso dei millenni. Ma nei mesi pi freddi il volubile astro cambia idea e decide di non mostrarsi mai, preferendo rimanere nascosto sotto lorizzonte, inviando solo qualche flebile raggio di luce come messaggero. E chiss quante altre sorprese pronto a riservarci il Grande Nord, ora che muniti di biglietto Interrail stiamo per intraprendere un viaggio che lo esplorer da cima a fondo. A lungo abbiamo atteso la possibilit di vedere queste terre, ed ora che ne abbiamo la reale possibilit stentiamo a credere che un desiderio possa a volte diventare realt cos facilmente. Fuori dalle ampie finestre possiamo scorgere le centinaia, forse migliaia di automobili parcheggiate poco fa dai viaggiatori, i quali stanno ora trascinando i loro bagagli su pratici carrellini a rotelle, mettendoli poi ad uno ad uno su un nastro trasportatore che li inghiotte inesorabilmente dietro delle bande di plastica flessibile. Mi sento legato a loro da un invisibile ma potente filo conduttore. Insieme a loro, stiamo lasciando la sicurezza della vita ordinaria al fine di metterci in qualche modo in gioco, scegliendo ognuno la propria sfida personale da vincere. Mi diverto ad osservare le persone che mi passano davanti indaffarate come formiche, cercando di immaginarmi cosa celino in quel bagaglio cos ingombrante che non passa dal check in ordinario e deve essere incanalato nel trasporto apposito, oppure in quella borsa cos piccola che sembra poter contenere al massimo i vestiti per due giorni. Nonostante le diverse ore di attesa che abbiamo ancora davanti, non ho voglia di mettermi a passeggiare per i saloni
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dell'aeroporto. Preferisco rimanere stravaccato sulla poltroncina, aspettando che il luogo mi fornisca qualche stimolo per alzarmi. Per scaramanzia, non voglio immaginarmi nulla della nostra prima destinazione. Le domande che mi frullano in testa su ci che trover una volta arrivato vengono temporaneamente accantonate, lasciando spazio ad una marcata ansia che mi prende ogni volta che devo salire su un mezzo volante. Una tensione generale che decido di curare da solo, basandomi unicamente sulle mie forze e senza affidarmi a pericolosi sedativi, che non si sa mai quali strani effetti possano sortire. La sensazione altalenante: per qualche minuto credo di essermi tranquillizzato definitivamente, per poi sentire all'improvviso una lieve fitta all'epigastrio che mi ricorda inesorabilmente di essere ancora a terra. Tuttavia, senza che abbia il tempo di accorgermene, gi dopo qualche ora siamo in volo a svariati chilometri di altitudine. La metropoli milanese si fatta sempre pi piccola fino a diventare quasi indistinguibile dal paesaggio, e ora la visuale esterna comincia ad annebbiarsi a intermittenza mentre laereo attraversa numerosi banchi di minutissime goccioline sospese. Nel momento del passaggio oltre le nuvole, saettano velocissimi alcuni lampi di condensa lattiginosa, scomparendo dopo pochi centesimi di secondo, finch emergiamo dallo strato di nubi e arriviamo nellaria pura, dove la visuale si riapre. Il pavimento sottostante ora costituito esclusivamente da nuvole. Ormai dubbi e pentimenti non hanno pi senso, vengono inghiottiti dal veloce sfrecciare dell'aereo che ci porta sempre pi lontano da casa, alla velocit di ottocento chilometri orari. Dopo aver sorvolato le maestose Alpi, gli innumerevoli campi coltivati francesi e lo splendido stretto della Manica, inizia la discesa verso Londra per effettuare il primo scalo. Heathrow Lenorme aeroporto londinese affollatissimo e vivacizzato ovunque da pannelli luminosi di un giallo sgargiante. Ogni angolo ospita boutique e negozi, tanto da farlo sembrare pi un centro commerciale che un aeroporto. La scena di poche ore fa si ripete, ma con qualche lieve differenza: la tensione che mi attanagliava le viscere ora completamente svanita, e mi sento praticamente gi arrivato a destinazione. Quasi non penso al secondo aereo che mi
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aspetta di qui a poco. Se sono sopravvissuto al primo, non potr pi succedere nulla di male. Pigramente seduti su una panchina di legno, inganniamo il tempo osservando un padre che rincorre lentamente il figlioletto di pochi anni, il quale si nasconde continuamente dietro le colonne, ingenuamente convinto di non esser visto. Padre e figlio paiono proprio divertirsi e non si curano di nulla di ci che hanno attorno, n di noi che li fissiamo, n delle donne delle pulizie che a pochi passi stanno svuotando i cestini della spazzatura, n degli altri passeggeri che a volte devono scansarsi leggermente per non essere investiti dal vivace marmocchio. Sto cominciando a ciondolare di lato con la testa. La soporifera attesa, unita alla monotonia dell'atmosfera aeroportuale, mi sta leggermente snervando, ma mi distraggo nuovamente ascoltando un po' di musica. Le rabbiose ed intense melodie di chitarra che scaturiscono dagli auricolari accelerano notevolmente il trascorrere del tempo, e presto siamo nuovamente allacciati alle poltrone di un aereo. Accelerando vertiginosamente e librandoci ancora una volta nell'aria, puntiamo infine alla Norvegia. Gli utili schermi di bordo tracciano la posizione dellaereo minuto per minuto, mentre due fantastici tramezzini farciti di ogni leccornia condiscono il viaggio nel migliore dei modi. Presto iniziano ad essere visibili i primi accenni della frastagliata costa norvegese. Osservandoli, si ha limpressione che qualcuno si sia divertito a sbriciolare unenorme torta di terra, lasciando i rimasugli sul bordo a formare una cortina che avvolge la costa rimasta intera. Tantissime minuscole isolette, intervallate ad altre pi estese, non lasciano nemmeno un pezzettino di litorale diritto e regolare. Osservarle un piacere, mentre l'aereo scende al ritmo di dieci metri al secondo, definendo sempre pi i particolari alla nostra vista. Intravedendo i primi sprazzi di citt, la curiosit sale. Ora tempo di farmi la domanda che a Malpensa ho temporaneamente accantonato. Come si presenter Oslo? Sar una meraviglia di architettura nordica da togliere il fiato, oppure un'ordinaria citt europea senza arte n parte? Prime impressioni Le sorprese non mancano in questa citt, a cominciare dall'aeroporto. La prima cosa che colpisce la nostra attenzione un
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interminabile corridoio, stretto nella morsa di un calore asfissiante. La mancanza di ricambio d'aria e gli energici raggi del sole, che da parecchie ore trafiggono implacabilmente i vetri, hanno creato un ambiente infernale. Nelle poche centinaia di metri che ci separano dall'ambiente climatizzato, cominciamo subito a sudare abbondantemente sotto le nostre felpe pesanti. Arrivati a un passo dalluscita, i problemi non sono per finiti: nella fila ci precede una popolosa famiglia di colore, e limpiegato addetto al check out deve chiamare tutti i membri per nome, tra tentativi esilaranti. Quando infine, dopo parecchi minuti, termina la conta degli impronunciabili nomi, possiamo finalmente uscire allaria aperta. Non abbiamo quasi il tempo di ossigenarci il sangue come vorremmo, poich ci tocca gi correre per prendere il primo treno, istituito per fare spola tra l'aeroporto e la citt. Non abbiamo nessuna intenzione di perdere gi il primo treno, avendo programmato un percorso composto in gran parte da spostamenti su binari. Corriamo dunque a perdifiato, ricominciando a sudare profusamente. La fortuna dalla nostra parte: un attimo prima che le porte si chiudano, poggiamo i piedi sul pavimento della carrozza. Ce labbiamo fatta. Una prima occhiata veloce al nostro mezzo sufficiente per inquadrare il livello di civilt di questa nazione: la carrozza spaziosa, vetri e sedili sono perfettamente puliti, le indicazioni sono chiarissime. Non c' possibilit di sbagliare nemmeno volendo, poich ogni fermata segnalata sia a voce sia a video in pi lingue, e sugli schermi scorrono continuamente informazioni supplementari. Faticosamente incastrati i nostri ingombranti bagagli tra i sedili, quasi tutti vuoti, riprendiamo fiato e possiamo finalmente rilassarci un po, godendoci dal finestrino il primo accenno del panorama norvegese. Campi brulli e sterminati, qualche rara casetta rossa sperduta in cima ad una collinetta, mandrie di mucche che pascolano liberamente con il sole che accenna appena un tramonto sull'orizzonte. Un primo momento di serafica curiosit e contatto con la natura che ci ristora un po' dalla stancante trasvolata ed eleva notevolmente il tono dellumore. Osservo curiosamente tutto ci che appare dal finestrino: voglio assimilare fin da subito il pi possibile della Norvegia, stampandomi in mente le prime decisive immagini, che saranno quelle che ricorder in modo particolare quando sar tornato a casa.
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Non appena usciamo dallordinata e pulitissima stazione centrale di Oslo, la citt ci colpisce con impressioni contrastanti. Ad una prima occhiata superficiale, non pare molto diversa da una normale capitale europea. Sono poche le costruzioni di fattura chiaramente nordica, e la maggior parte degli edifici squadrata ed ordinaria. Gli ubiquitari cantieri, coronati da buche aperte e montagne di ghiaia, rendono un po difficoltoso percorrere le strade e ci costringono spesso a noiose deviazioni. Vicino ad uno di questi cantieri, un uomo pi morto che vivo appena finito dentro un cassonetto e la polizia sta cercando di tirarlo fuori con vani tentativi, fermandosi spesso per valutare le sue condizioni psicofisiche. Non ti curar di loro, ma guarda e continua a cercare lostello. Il nostro primo dormitorio si rivela abbastanza spartano, ma accogliente. I nostri compagni di stanza sono tre viaggiatori indipendenti come noi: un cipriota, un indiano e un tedesco. Il cipriota, dai capelli molto corti e dallespressione curiosa, si rivela subito molto cordiale e loquace, perci iniziamo subito a raccontarci un po le nostre aspettative, scoprendo molte analogie tra i nostri programmi di viaggio. Chiacchierando con lui il tempo passa in fretta, e ormai sono quasi le undici di sera. Ci sorprendiamo non poco quando leggiamo il quadrante dellorologio, poich il cielo ancora chiaro come se fosse giorno. Se Oslo finora c' sembrata una normalissima citt, questa la prima reale prova che siamo arrivati nel Grande Nord. La stanchezza tuttavia notevole, dunque non facciamo fatica a prendere sonno nonostante leccesso di luce, filtrata a malapena dalle tende quasi trasparenti. Oslo Dopo aver dormito ben poco a causa del nostro compagno di stanza tedesco, che ha russato allegramente tutta la notte, ci vestiamo e usciamo allaria aperta, curiosi di esplorare la citt. Nella zona del porto si erge una strana costruzione, interamente rivestita di blocchi di granito bianco e lucente: si tratta del prestigioso Teatro dell'Opera, lunico edificio che colpisce seriamente il nostro sguardo. Le rampe esterne delleccentrica costruzione sono percorse da gradini dalle forme volutamente irregolari. Lintera costruzione domina fieramente la scena marittima, arricchita nella sua spettacolarit da numerosi promontori naturali e rientranze create
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dallirregolare costa. Il sole cocente: i suoi raggi, seppur leggermente pi inclinati a causa del cambio di latitudine, sono ugualmente molto carichi di energia. Dallalto del teatro si vede bene la citt e la sua organizzazione: le strade sono ben fornite di piste ciclabili munite di semaforo regolatore, sottopassaggi e sovrapassaggi, e il tutto ha un'aria di funzionalit e di sicurezza. Il traffico perfettamente scorrevole e non ci sono ingorghi di alcun tipo; i semafori per l'attraversamento pedonale sono tutti muniti di segnale acustico per i non vedenti; non c' automobilista che non si fermi per lasciarci passare sulle strisce zebrate. Non uno. Abituati agli attraversamenti pedonali allitaliana, non riusciamo quasi a credere a ci che vediamo, vale a dire automobilisti che rallentano e si arrestano prontamente, quando diamo anche solo limpressione di voler tentare un attraversamento. Quando li ringraziamo, agitando la mano ed affrettando il passo come siamo abituati a fare in Italia, notiamo una certa sorpresa nelle loro espressioni. Probabilmente pensano: Perch mi stanno ringraziando, quando ho solo fatto il mio dovere?. Domanda legittima per chi non mai stato in Italia. La prima delle numerose mete culturali che abbiamo programmato di vedere un museo che ospita residuati bellici. Una lunga fila di cannoni e bombarde, ancora inquietanti nonostante non sparino pi da parecchi decenni, campeggia in bella vista nel cortile dellentrata. Queste possenti armi fanno da contorno a due impressionanti carri armati, un po arrugginiti ma ancora integri, pesanti quasi cinquanta tonnellate l'uno. All'interno del museo invece c' ogni tipo d'arma da guerra esistente, dalle umili baionette fino ai potenti siluri da sottomarino, uno dei quali misura oltre sette metri di lunghezza per trecento chilogrammi di peso. Un mostro di latta grigiastra e liscia dalla potenza distruttiva grande quanto la sua insensatezza e la scelleratezza di chi l'ha progettato e costruito. Le armi non possono non lasciare un vago senso di malessere, per quanto dismesse e inattive siano. Le armi servono per uccidere. Si cambia decisamente registro con un castello di epoca medioevale dagli enormi e luminosi saloni e dalle suggestive viuzze lastricate. Sul lato rivolto verso il centro cittadino si stagliano fieramente altri cannoni, di colore verdognolo, che sembrano puntare direttamente al porto per distruggerlo. L'effetto molto realistico, nonostante le vetuste armi siano ovviamente solo ornamentali. Dopo aver camminato su ogni bastione e visitato tutto questo gioiello
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architettonico da cima a fondo, possiamo darci all'ozio in una delle numerose panchine nelle vicinanze, trovando anche un po di ombra stabile. Siamo appena all'inizio delle scarpinate che ci attendono, tuttavia i nostri piedi, fin troppo lisci e disabituati alle camminate, iniziano gi a soffrire. Le vesciche stanno solamente aspettando il momento giusto per comparire e rovinarci le giornate. Escogito subito un sistema molto artigianale per eliminare il problema: il cerotto di tela bianca rimastomi nelle tasche dopo l'ultimo tirocinio in ospedale si rivela eccezionale per ridurre gli attriti sulle parti pi sensibili della pianta del piede e risolvere quasi radicalmente il problema. Devo per stare attento a sistemarlo senza formare pieghe, o le grinze potrebbero peggiorare gli strofinii e causare lesioni anche pi fastidiose. Ma faccio un lavoro perfetto, da vero infermiere. Presto il problema dimenticato e siamo nuovamente pronti per affrontare lunghe camminate, che nelle prossime settimane non mancheranno di certo. Passeggiando per il lungomare, troviamo lo squadrato ed altissimo municipio di mattoni rossi, e poco pi in l il palazzo dove avviene la consegna del premio Nobl per la pace. Il viale decorato da lunghe file di fiori colorati, mentre qualche barca a vela ormeggiata mostra i suoi alberi maestri spogli da vele. Presto ci troviamo a camminare sul conosciuto Karl Johans Gate, il principale viale della citt, nel quale si trovano la gran parte degli edifici storici: il Palazzo Reale e lUniversit, entrambi ottocenteschi, e qualche centinaio di metri pi avanti il Parlamento, molto sfarzoso e barocco. Il vialone lungo in totale pi di un chilometro e mezzo, e la vista dall'estremit in rilievo semplicemente splendida. Sul lato destro, quasi del tutto sgombro da edifici e palazzine, vi sono fontane dalle forme bizzarre, aiuole di fiori variopinti e statue intervallate da chioschi gastronomici, che vendono piatti tipici con ottimi profitti. Se non fossero cos costosi ne prenderemmo qualcuno anche noi. Il viavai di persone continuo e la strada non si svuota mai, anche perch lora di punta. I numerosi alberi e le panchine disposte strategicamente sotto di essi ci riservano un po di ombra e riposo, necessari periodicamente per riportarci in temperatura, visto che il sole che si sta facendo sempre pi implacabile. La gente che si incontra passeggiando per questo brulicante viale appartiene a tutte le etnie: i norvegesi si riconoscono subito dai capelli biondissimi e dalla corporatura piuttosto robusta, ma sono numerose anche le
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persone di carnagione scura, musulmani in quantit, frotte di giapponesi e soprattutto di italiani. Come una maledizione strisciante, infatti, sentiamo parlare il nostro idioma da qualunque parte ci giriamo. La nostra nazionalit non ci permette di lamentarci, ma arrivare in un posto distante diverse migliaia di chilometri da casa e sentire ancora parlare nella propria lingua pu essere veramente seccante. In ogni caso gli italiani allestero sono l'ultimo dei problemi: le voci dei nostri connazionali passano progressivamente in secondo piano, mentre percorriamo questo ricchissimo viale lungo il quale ad ogni metro c' una sorpresa nuova. Dopo tutto questo sole e questincessante camminare, abbiamo proprio voglia di fermarci, ma non c nessun posto che non appaia costosissimo. Ad un passo dal vaneggiamento, mentre giungiamo in una confluenza con densit di passanti e di venditori ambulanti elevatissima, scorgiamo per miracolo un fast food nel quale ci fermiamo per un'oretta. Non sar la soluzione pi sana, ma certamente la pi economica, e il nostro budget non ci permette molto di pi. Riempito lo stomaco, ripartiamo cercando il Munch Museum, dedicato al grande pittore nato a Lten, nel sud della Norvegia. Tale museo, tuttavia, contiene solo le copie dei dipinti pi famosi, come l'Urlo e la Madonna. I veri dipinti sono in un altro museo di Oslo. Non essendo un grande appassionato d'arte, i musei non sono il mio pane, ma non possiamo tralasciare una delle attrazioni pi famose della citt. La visita passa veloce, tra i miei sguardi distratti e sfuggenti che si soffermano solo su ci che appare straordinario a prima vista, contrapposti a quelli pi attenti e prolungati del mio compagno, maggiormente avvezzo ai musei pittorici e ben pi ferrato di me in materia artistica. Esauriti i quadri da ammirare, passiamo il resto del pomeriggio stesi sull'erba del parchetto appena l fuori, a respirare aria pulita sotto qualche frondoso albero, giocando a briscola per ingannare il tempo. Obblighi e doveri sono temporaneamente inesistenti. Una condizione che nella vita moderna ormai riscontrabile solo di rado. Pochi minuti dopo il nostro ritorno allovile, il tedesco varca la soglia della camera con fare gongolante, declamando in inglese "Sono ubriaco e felice!". Subito dopo, inizia a discutere animatamente con il mite cipriota: sembra che lamico etilista abbia
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qualcosa da ridire sul nostro compagno di stanza indiano, che lascia sempre tutte le finestre chiuse e con le tende alzate quando esce per ultimo dalla camera. Come ci si poteva aspettare, nel corso dellinfuocato pomeriggio la stanza si trasformata in un forno crematorio. La battuta del tedesco esilarante: "Ma dove abita questo, all'Inferno?". Dopo una grassa risata generale, ognuno riprende ad occuparsi dei fatti suoi e dopo una mezzoretta ci troviamo a chiacchierare con il cipriota a proposito della politica italiana. Vuole sapere qualcosa di questa famosa Mafia, che tipo di organizzazione , dove stanno le mele marce in Italia, quante ce ne sono. Pare incredulo, quando gli raccontiamo le cose come stanno, ma purtroppo non inventiamo niente. Allestero facciamo inevitabilmente una figura poco onorevole, con la nostra tradizione corrotta e mafiosa. Tuttavia, lamico cipriota sufficientemente intelligente per capire che italiano non significa necessariamente corrotto e mafioso, cos come islamico non significa necessariamente terrorista e americano non significa necessariamente ignorante. Dopo cena, doverosa unaltra camminata nell'arteria principale della citt, stavolta dotata di un'atmosfera tutta particolare. In cielo dominano dei nuvoloni neri, solcati da qualche raro fulmine, ma non cade una sola goccia di pioggia. La luce quasi irreale: sembra un'alba, ma senza sole. Seduti di spalle al Palazzo dei Congressi, con tutto il viale illuminato che si estende a perdita d'occhio dinanzi a noi, rimaniamo fermi ad osservare senza pronunciar parola, affascinati da questatmosfera. Tuttavia, un tuono un po troppo forte ci spinge a muoverci per tornare al coperto, ma ci perdiamo nelle intricate vie del centro proprio mentre inizia ad infuriare un acquazzone, che ci infradicia impietosamente nonostante gli ombrelli. Ritrovata la via giusta, rientriamo bagnati come pulcini e altrettanto sudati, crollando sui letti vergognosamente sfatti. Nessuno ha voglia di sistemarli, dovranno rimanere cos solo per poco ancora Opere darte In un orario imprecisato oltre la mezzanotte, vorrei seriamente alzarmi per soffocare nel sonno il tedesco. Ha addirittura raddoppiato lintensit del russamento rispetto a ieri notte. Fargli il
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classico pissi pissi non serve a nulla, anzi peggiora la situazione. Di conseguenza, passo unaltra notte disturbata. Per fortuna lultima volta che ci dormo assieme: il tempo per il check out ormai agli sgoccioli e dobbiamo sloggiare dallostello. Il cipriota ci saluta amichevolmente declamando "Italian Mafia is leaving!. Ricambiamo il saluto, divertiti, e riprendiamo la via per la stazione. Una volta depositati i bagagli nei lockers della stazione, prendiamo la strada per un altro importante museo d'arte, una delle ultime tappe programmate per sfruttare appieno la giornata che rimane. In questo museo si trova il vero Urlo di Munch, recuperato per l'ennesima volta dopo l'ennesimo furto. In effetti, non devessere stato troppo difficile rubarlo, poich apparentemente non protetto da alcun sistema di sicurezza. semplicemente appeso come tutti gli altri quadri, solo in una posizione un po pi appartata. Trovarmi davanti a questo quadro cos famoso, presente su tutti i libri darte del mondo, non mi riempie di particolare ammirazione, ma in compenso non posso fare a meno di esaltarmi trovando casualmente su una parete lenorme Caccia Selvaggia di Odino, quadro cui si ispirato il musicista svedese Quorthon per la copertina di uno degli album cardine della discografia metal nordica. Lorda divina rappresentata trasuda epicit da ogni pennellata, la stessa epicit che impregna ogni composizione artistica partorita in queste terre. In particolare, essa evidente in una serie di quadri naturalistici che raffigurano paesaggi pi o meno inventati dell'estremo Nord. Saranno un preludio di ci che ci aspetta, oppure semplice fantasia degli artisti? Dovremo attendere solo qualche giorno per scoprirlo, quando aumenteremo ancora la nostra distanza dallEquatore. Il villaggio Finiti i quadri, tempo di un deciso cambiamento di programma: poco distante c un antico villaggio rurale, ora riadattato a museo. Casette di legno a tetto spiovente, verniciate con colori che spaziano dal giallo al rosso vivo fino all'azzurrino; piccoli cortili circondati da bianche staccionate; minuscole finestrelle munite di tripli vetri, per isolare meglio dalle rigide temperature dei mesi invernali; interni cos angusti e raccolti da lasciare a malapena lo spazio per muoversi. Questi ambientini fanno venire una voglia incredibile di abitarci, per
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la loro atmosfera cos antica e suggestiva e gli spazi cos piccoli che ispirano protezione e riservatezza. Cos vivevano i norvegesi un tempo, e nonostante si tratti di comuni abitazioni non si pu non notarne il carattere fiabesco. Una bambina vestita in abiti tradizionali sta preparando un caff in una delle stamberghe, con la madre che stende i panni fuori, anchessa vestita come una donna vichinga. Nei loro occhi chiari si legge la fierezza e l'attaccamento alla propria cultura. La riproduzione del villaggio organizzata ed inscenata alla perfezione: c da domandarsi se queste persone non vivano davvero qui tutto lanno. Proseguendo, camminiamo in mezzo a capanne su palafitte, dalle strane forme oblunghe o irregolari, costruite in legno scuro e non verniciato. Alcune di esse hanno l'erba che cresce sul tetto e sembrano emerse direttamente dal bosco selvaggio. Daltra parte, questa piccola bizzarria ha un risvolto ecologico non indifferente: se tutte le case al mondo avessero lerba che cresce sul tetto, chiss quanta anidride carbonica in meno ci sarebbe nellatmosfera! Proseguendo ancora oltre, le casette si fanno sempre pi povere e somiglianti a stalle, finch troviamo le stalle vere, con tanto di maiali che grufolano e si rotolano allegramente nel fango. Un socievole gatto si avvicina a noi e si lascia accarezzare fiducioso, strusciandosi sulle nostre gambe come fanno tutti i gatti per salutare gli esseri umani di cui ritengono di potersi fidare. Le nostre gambe stanno iniziando a dare segni di cedimento dopo tutto questo camminare senza soste, perci ci fermiamo allombra di qualche albero per mettere qualcosa sotto i denti, osservando nel contempo alcuni bambini alle prese con i loro trampoli. Rimaniamo pigramente seduti in panchina per circa unora, prima di partire per la prossima ed ultima attrazione, il museo delle navi vichinghe. In realt, pi che un museo uno stanzone spoglio nel quale si trovano tre relitti di drakkar. La loro caratteristica prua a spirale talvolta modellata per assumere la forma d'animali mostruosi come serpenti marini e draghi, necessari per incutere timore al nemico e proteggersi dalla malvagit delle mitiche creature marittime. Pur belle che siano le navi, nel piccolo museo non c' altro, perci usciamo presto per darci nuovamente al relax sull'erba, lasciando ancora una volta alla musica il compito di creare degli spettacolari ricordi di questi minuti.
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Non ce ne siamo nemmeno accorti, ma gi ora di ripartire. Verso tarda sera ci aspetta il treno per Stavanger, qualche centinaio di chilometri pi ad ovest. Mancano cinque ore prima della partenza del treno notturno, e ormai non abbiamo pi un posto dove andare. La nostra casa la stazione ferroviaria. Per far trascorrere un po pi in fretta il tempo, risaliamo in cima al Teatro d'Opera, rischiando costantemente di inciampare negli insidiosi gradini. Dalla piattaforma superiore ci godiamo un nuvoloso tramonto, che infiamma debolmente il cielo. Presto per cade qualche goccia di pioggia e la lieve brezza si fa sempre pi tesa. meglio ripararsi al caldo, prima di farci sorprendere da un altro temporale mostruoso. Prima notte in treno La notte da passare in treno mi preoccupa, viste le grosse difficolt che ho nel dormire seduto. Non mi riesce assolutamente di addormentarmi in quella posizione, nemmeno dopo ore di tentativi. Lho gi sperimentato in passato e so gi cosa mi aspetta. In ogni caso, i treni notturni ci sono molto utili e non possiamo lesinare su di essi. Il risparmio che ci garantiscono in termini di tempo e soldi notevole. Sui nostri sedili, reclinabili ma non troppo, gli inservienti hanno gentilmente lasciato una mascherina per gli occhi, una coperta e due paia di tappi per le orecchie. I regalini per la notte potrebbero aiutarmi a prendere sonno, ma so che saranno comunque inutili. Ma forse non dovrei lamentarmi, poich poteva andarmi molto peggio: nei posti immediatamente dietro di noi, gli schienali dei sedili non si possono abbassare nemmeno di un millimetro, essendo a contrasto direttamente con la parete posteriore della cabina. L sarei sicuro al cento per cento di non chiudere occhio, qui mi rimane qualche flebile possibilit. Il controllore passa tra i sedili subito dopo la partenza, cercando eventuali passeggeri abusivi, ma non ne trova nessuno. Tutti sanno che qui non si scherza e le multe per i furbi sono molto pesanti. Una volta finito il giro di controllo, le luci vengono abbassate notevolmente per permettere ai viaggiatori di prendere sonno. Mi sento escluso dal resto dei passeggeri: dopo due ore dalla partenza, infatti, sono ancora al punto di partenza. Ho molto sonno, ma non posso dormire se non mi sdraio. Continuo a rigirarmi nel sedile in cerca di una posizione comoda per addormentarmi, ma senza il
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bench minimo risultato. Il massimo che riesco ad ottenere distruggermi qualche vertebra del collo, per aver tenuto la testa piegata di lato per troppo tempo senza accorgermene. Comincio ad irritarmi per la mia incapacit di addormentarmi, ma purtroppo non ci posso fare niente. A volte non si pu fare altro che lasciar passare il tempo. Il mio compagno si gi addormentato da un pezzo, fortunato lui. Io mi rassegno a passare la notte in bianco, ma non tutto il male viene per nuocere. Guardando fuori dal finestrino, infatti, posso intravedere la luce del sole sotto l'orizzonte. Considerato che sono quasi le tre di notte, posso ritenermi fortunato ad essere sveglio per ammirare questo spettacolo. Di colpo la situazione si ribalta. Ora non voglio pi dormire, ma solo gustarmi quest'insolito fenomeno che la natura norvegese mi sta regalando. La nostra stella si nasconde bene dietro le montagne, ma non poi cos lontana come potrebbe sembrare. I tenui e appena accennati raggi creano unaura di colori sbiaditi attorno alle creste delle montagne, mentre il treno prosegue indifferente la sua corsa. Unesperienza quasi metafisica. Mentre mi perdo nei meditabondi meandri della mia mente, stimolata da questi paesaggi cos surreali, comincia a farsi mattina. Il sonno mi torna e si fa sempre pi violento, ma non c verso che mi addormenti. La posizione semiseduta rovina tutti i miei sforzi. Riesco solo a cadere in uno stato di trance che potrei definire dormiveglia profondo, ma che non diventa mai sonno vero se non per pochissimi ed insignificanti minuti, dei quali non ho memoria n certezza. Il tempo lento ma non si ferma mai, e so che anche questa notte prima o poi finir, cos come finiscono le lunghe ed apparentemente interminabili notti di turno in ospedale. Alle sette di mattina lagonia termina definitivamente, e il sole stavolta sorge per davvero. Siamo arrivati a Stavanger. Stavanger Scendiamo dal treno assonnati e rimbecilliti, ma laria frizzante della mattina norvegese ci ringalluzzisce e ci fa riacquistare un filo di lucidit mentale. Ci troviamo in una cittadina che conta oltre centomila abitanti ed famosa per la fiorente industria petrolifera che ospita, ma che non offre alcuna attrazione turistica di rilievo. Lunica cosa che ha una parvenza artistica un simpatico laghetto
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circolare, posto proprio di fronte alluscita della stazione. Una fontanella al centro del laghetto spruzza costantemente acqua in ogni direzione, ma non abbiamo tempo di osservarla. Dobbiamo muoverci e trovare in fretta un ufficio informazioni. Solo l, infatti, ci potranno dire dove si trova lostello e soprattutto come dobbiamo fare per effettuare il trekking sul Preikestolen. Questo nome significa Roccia Pulpito, e identifica una mastodontica roccia a forma di parallelepipedo, situata lungo un fiordo e strapiombante per seicento metri sulloceano Atlantico. Una meraviglia d'architettura naturale, ed una tappa irrinunciabile per qualsiasi viaggiatore che approda in Norvegia. La febbre della conquista brucia in noi, ansiosi come siamo di raggiungere questa succulenta meta, ma le cose iniziano ad andare storte. Orientarsi a Stavanger non facile e il tempo a nostra disposizione molto scarso. Non abbiamo assolutamente intenzione di tentare la salita alla Roccia con gli zaini pesanti sulle spalle, nemmeno nel pi sconsiderato impeto di spirito d'avventura estrema: probabilmente non arriveremmo in cima vivi. Dobbiamo perci depositare i bagagli in ostello, o in alternativa nelle casseforti della stazione dei traghetti, della quale per ignoriamo lubicazione. Calcolando male i rischi, optiamo per il deposito in ostello, molto lontano e irraggiungibile a piedi dalla stazione. Per arrivarci bisogna prendere uno dei numerosi bus urbani che servono il paese in ogni angolo, per poi riprendere lo stesso bus e tornare indietro. Un piano azzardato, visto il poco tempo a nostra disposizione, ma presi dallimpeto decidiamo di provarci ugualmente. Con laiuto dellufficio informazioni e di un autista di pullman, riusciamo infine a trovare la fermata giusta dove aspettare il nostro autobus. Qui incontriamo una signora che parla italiano! Ella infatti originaria di Chiasso, cittadina vicinissima al confine svizzero e a due passi da casa nostra. Il mondo davvero piccolo! Dopo averci parlato dei suoi parenti che abitano all'isola d'Elba, la signora ci aiuta nella nostra ricerca, spiegandoci dove dobbiamo scendere. La ringraziamo moltissimo per il vitale aiuto e scendiamo alla fermata da lei indicata, mentre il tempo inizia gi a stringere. Il problema che di quest'ostello non v' nemmeno l'ombra. Nei dintorni c solo un campeggio, coperto in ogni centimetro quadrato da tende e roulotte. Edifici, quasi nessuno. La reception chiusa e aprir tra cinque minuti, stando a ci che recita il cartello
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affisso sullentrata. Ci sono un po di persone che stanno aspettando fuori, con aria seccata. Staranno anche loro cercando lostello? Questa sar veramente la reception? Non possiamo saperlo finch non apre, e il tempo utile per prendere il traghetto sempre pi scarso. Non sappiamo assolutamente cosa fare e ci sta prendendo una spiacevole ansia. meglio rimanere ad aspettare, oppure conviene tornare immediatamente indietro, sperando di trovare un deposito bagagli nella stazione dei traghetti? Tentiamo la fortuna scegliendo la soluzione pi immediata, cio ripartire subito. Il bus dal quale siamo scesi poco prima tarda solo qualche minuto ad arrivare, ma quei minuti potrebbero fare la differenza tra il salire sul traghetto e il vederselo passare davanti. Quando finalmente scorgiamo lautobus che percorre senza troppa fretta le curve in cima alla strada, dirigendosi verso di noi col motore che ansima e borbotta, saliamo e ritroviamo la stessa signora di prima. strano, pensavamo fosse gi scesa da un pezzo. Vedendoci in evidente difficolt, la donna si offre di portarci i bagagli nellalbergo dove lavora. Lofferta allettante, ma uno sguardo diffidente di Davide mi convince che per quanto l'anziana signora si mostri gentile e disponibile ad aiutarci, non possiamo lasciare in mano i nostri bagagli a quella che pur sempre un'estranea. Rifiutiamo dunque gentilmente la proposta. Una volta scesi dal bus, iniziamo una corsa folle per raggiungere la stazione navale, fortunatamente poco distante da quella ferroviaria. La raggiungiamo in un lampo. Stocchiamo i bagagli in fretta e furia, contando le monetine necessarie con le mani che quasi tremano, dopodich ripartiamo a razzo verso la biglietteria. Siamo gi convinti di essere arrivati troppo tardi, ma c ancora una piccola speranza... ed ecco la sorpresa! Il nostro traghetto arriver tra ben tre quarti d'ora, e non tra pochi minuti. Il traghetto che parte alle nove in punto appartiene ad un'altra compagnia navale. Accidenti alle informazioni sbagliate! Tanta fatica e apprensione per nulla, ma almeno possiamo tirare un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo, e nondimeno fare colazione. Purtroppo, il succo di frutta che abbiamo comprato si rivela disgustoso, e dopo qualche sorso finisce allegramente nel cestino. Rimpiango il cibo italiano, universalmente conosciuto ed apprezzato, ma si sa, in viaggio occorre fare qualche rinuncia.
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Consumata anche questa poco appetibile colazione, sono finalmente arrivate le nove e tre quarti ed tempo di partire per la Roccia. Il sole picchia forte anche oggi, ed una bellissima giornata, ideale per un itinerario di trekking avventuroso. Lenergia salita di nuovo a livelli stellari e siamo pronti ad affrontare le due ore e mezzo di salita, necessarie per posare i piedi sulla rude roccia granitica che regna incontrastata sul Lysefjord. Lascesa Armati di scarpe da trekking e di spirito di conquista, iniziamo ad inerpicarci su questo sentiero, che sembra ben tracciato e livellato. Presumiamo che sar una salita tranquilla e panoramica, nella quale fare affidamento soltanto sul fiato e sulla buona volont di arrivare presto in cima, ma non abbiamo unidea precisa di quale sia la reale natura di questo percorso. Alla nostra destra possiamo scorgere gli ultimi lembi di oceano, che sono penetrati fino a qui serpeggiando in mezzo alle montagne, ed veramente paradossale vedere il mare confinare direttamente con esse. Dobbiamo ancora abituare gli occhi a questinsolito paesaggio. Nei primi dieci minuti di camminata, tutto fila liscio come lolio, ma il nostro ottimismo presto intaccato da una poco incoraggiante rivelazione: il sentiero ha mutato radicalmente la sua morfologia ed ora consiste quasi interamente in massi e rocce irregolari, che tappezzano completamente la strada. Tutte le rocce vanno ovviamente scavalcate o aggirate, poggiando il piede nel posto giusto, stando attenti a non sbilanciarsi e a non caricare il peso su una lastra instabile, e soprattutto a non causarsi qualche fatale distorsione alla caviglia. I piedi iniziano subito a soffrire per via del sentiero, cos aspro ed irregolare; il fiato per fortuna non ci manca, ma la natura della strada ci rende la vita difficile. Come se non bastasse, il percorso popolato da centinaia di persone che intralciano il passaggio, cos come noi lo intralciamo a loro, ma la convivenza non crea troppi problemi, poich siamo tutti concentrati solo nel mettere un piede davanti allaltro. Alterniamo momenti d'accelerazioni furiose a testa bassa, stufi di non vedere mai un punto d'arrivo, ad altri di camminata enormemente rallentata a causa di un colpo di fatica. Ogni crinale roccioso sembra l'ultimo, ma poi si scopre che ce n' ancora un
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altro identico da raggiungere prima di arrivare in cima. La montagna sa essere atroce! La strada, inoltre, non una salita uniforme, bens un continuo ed imprevedibile saliscendi che mette a dura prova i piedi, costretti prima a volgersi in un senso e poi nell'altro, senza mai potersi abituare ad un'andatura regolare. Passo dopo passo, un'imprecazione dietro l'altra, il tremendo sentiero pietroso finalmente finisce. Ora non c' pi nemmeno un vero e proprio sentiero, bens solo delle rocce larghissime e piatte dalle quali bisogna continuamente scendere e salire. Tali lastre sono quasi tutte irregolari ed inclinate, cosicch il piede non si trova mai dritto, ma si flette costantemente, ora a destra ora a sinistra. Il rischio di distorsioni molto alto, e se non ci pensano le distorsioni a rovinarci la festa, di sicuro ci pensa il dolore alle caviglie, irritate dal basso bordo della scarpa. Avrei dovuto scegliere una calzatura dal bordo pi alto! Nessuno attorno ha un'idea precisa di dove sia il sentiero giusto, e la massa di persone si apre a ventaglio per cercare la via pi facile. L'intera scena montana condita da limpidi laghetti, nei quali alcuni temerari stanno facendo dei rigeneranti pediluvi alla temperatura di forse tre o quattro gradi centigradi. Sulle montagne circostanti, altri isolati specchi dacqua sono circondati su ogni lato dalle foreste di pini, che paiono delle minacciose squadre dassalto, armate di spine e frasche. Linsolito paesaggio contribuisce a lenire un po la fatica dell'ascesa, esacerbata dalla scarsit d'acqua che ci costringe ad un razionamento severo. Passiamo continuamente da vaste zone completamente in ombra, nelle quali si patisce un freddo intenso, a zone esposte al sole cocente, quasi per nulla ostacolato da un cielo terso e pennellato solo qua e l da qualche cirro isolato. La faccenda inizia a farsi stressante e ci stiamo preoccupando seriamente sulla distanza che ci rimane da percorrere: ogni volta che troviamo un cartello indicativo scopriamo di essere ben pi indietro del previsto, traditi dallingannevole morfologia del percorso. Tuttad un tratto, passiamo sul fianco della montagna, dove ci sono tanti ponticelli di legno collegati tra loro ed intervallati a rocce sporgenti, nelle quali si incastonano magistralmente. Da qui si inizia ad intravedere in lontananza la fine della montagna, e questa visione ci d nuova forza per continuare. Non possiamo mollare, ora che siamo cos vicini!
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Dopo altri trenta minuti di scarpinata, coi piedi sempre pi doloranti e macerati nel sudore, raggiungiamo senza quasi accorgercene il primo punto in cui la montagna d a picco sul mare. Impossibile esprimere a parole la magnificenza del luogo. Lo strettissimo sentiero ora fiancheggiato da roccia solo da una parte, mentre dallaltra cade un vertiginoso strapiombo, protetto solo da qualche ciuffo derba che funge da ciglio. Stranamente, la paura di ruzzolare di sotto non mi sfiora nemmeno per un istante, cos come non accuso vertigini. La bellezza del panorama e l'emozione di essere qui sovrastano qualsiasi paura e sensazione fisica sgradevole. La stanchezza e i dolori ai piedi hanno cessato di esistere, come temporaneamente svaniti. Rallentiamo il passo per goderci meglio questi spettacolari paesaggi e per assaporare fino in fondo il brivido dellemozione. Distogliendo lo sguardo dalloceano sottostante e rivolgendo gli occhi verso lorizzonte, le catene montuose del fiordo si estendono a perdita docchio, magnificate da unatmosfera secca e limpida. Man mano che ci avviciniamo alla meta vera e propria, distante ormai solo poche decine di metri, gli strapiombi si fanno sempre pi netti e paurosi. Improvvisamente, il sentiero si appiattisce e ci rendiamo conto di essere arrivati sullo spiazzo finale, un quadrato roccioso di circa venti metri di lato. La Roccia Pulpito finalmente conquistata. Sulla Roccia Ci fermiamo per qualche secondo, tentando di digerire questa strana e quasi irreale situazione. Siamo in piedi su un blocco di granito, quasi perfettamente liscio e verticale, che si getta a precipizio in quello che sembra un grosso fiume, ma che in realt lOceano Atlantico. Le sue acque serpeggiano tra le due catene montuose che si fronteggiano fieramente, dividendole in due e riempiendo le vallate, che migliaia o forse milioni d'anni fa erano completamente asciutte. Le pareti laterali della Roccia sono del tutto sgombre da vegetazione, e alcuni irregolari contrafforti rocciosi contornano il monolite. Un limite nettissimo divide la fine della montagna dallinizio dellacqua, ben seicento metri pi in basso, limite al quale bene avvicinarsi sdraiati bocconi onde evitare una fatale sincope. Qualche solitario traghetto carico di turisti solca lentamente le acque, lasciando un'appena visibile scia di schiuma bianca dietro di
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s. Sembra cos piccolo a guardarlo da cos in alto, e anche il resto del mondo sembra cos infimo ed insignificante. Sporgendo la testa dal bordo della Roccia, lemozione raggiunge il climax. La mancanza assoluta di protezioni e la visuale diretta sul fiordo lasciano sensazioni indescrivibili. Pu tutto questo essere unicamente un effetto dell'erosione dell'acqua scioltasi nei ghiacciai, la quale poi andata a riempire le vallate sottostanti, millennio dopo millennio? Si stenta a crederlo, pare invece che sia tutta opera di pazienti scalpellini umani che per lo stesso lasso di tempo hanno modellato e plasmato questo colosso. Le persone attorno a noi non fanno che vociare concitatamente in tutte le lingue possibili e immaginabili, ma non c tempo per badare a cosa fanno gli altri n per lamentarsi della loro rumorosit. Mi siedo sul bordo laterale della Roccia, ammirando uno dei pietrosi contrafforti che mi sovrastano sulla destra e lasciandomi cullare dai riflessi del sole sullacqua. In certi punti, la luce forma strane figure, che sembrano veri e propri disegni impressi sulla superficie delloceano. Guardando gi mi sento come invulnerabile: io sono qui e il resto del mondo l in basso. La discesa In mezzo al quadrato roccioso consumiamo uno spuntino molto spartano, condito da qualche barretta energetica per affrontare al meglio la discesa, che immaginiamo non sar pi semplice della salita. Rifare al contrario tutti quegli improbabili sentieri, con la stanchezza accumulata e non del tutto smaltita dal breve riposo, non si prospetta un gioco da ragazzi. Diverse persone si stanno togliendo le calze per mettere i cerotti antivescica sulle piante dei piedi, esattamente come ho fatto io prima di partire. Per chi ha i piedi che tendono a ferirsi e vescicarsi facilmente, il sentiero non perdona. Oltretutto, lacqua agli sgoccioli e dobbiamo usarla con parsimonia, per evitare di trovarci a met sentiero con la gola arsa e poche inservibili gocce sul fondo della bottiglietta. Cominciamo a scendere con un passo molto lento, tastando prudentemente ogni roccia per evitare di esacerbare l'ingravescente dolore ai lati del piede. Ora che non c pi febbre della conquista a infiammarci, sopportare fatiche e dolori meno facile. Ripercorriamo lo stesso sentiero al contrario, fermandoci spesso per bere, e constatiamo che
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probabilmente lacqua non baster fino alla fine. In un tratto boscoso, dove la sete di nuovo incoercibile, ci consultiamo per un attimo su cosa sia meglio fare: vuotare subito quel che rimane della bottiglia, facendo durare il pi possibile gli ultimi sorsi, o tenere il fondo per emergenza? La mente direbbe di scegliere la seconda opzione, ma il corpo non daccordo e cos scegliamo la prima. Vuotiamo la bottiglietta in pochi sorsi, e da questo momento in poi non parliamo pi per risparmiare le energie e non far inaridire la gola, respiriamo solo col naso e soffriamo in silenzio sulle rocce aguzze. Il silenzio rotto solo da qualche rara imprecazione, proferita dopo essere incappati nel classico masso traditore che fa cadere col sedere per terra. Per scendere impieghiamo quasi lo stesso tempo che abbiamo speso per salire. Ci aiuta la consapevolezza che ogni passo ci porta pi vicino alla salvezza, ma ad un certo punto daremmo tutto quello che possediamo pur di essere gi in fondo al percorso. Dopo qualche ora di dolori, tastiamo di nuovo con i piedi il suolo asfaltato. Completamente senza forze, e con le caviglie ormai distrutte, ci stravacchiamo sui sedili dellautobus e vorremmo rimanere l in eterno. Ma in fondo siamo indescrivibilmente felici per ci che siamo appena riusciti a compiere, trovando anche una giornata perfetta che ci ha permesso di ammirare appieno uno spettacolo che la natura regala solo di rado. Nel traghetto disponiamo finalmente di un sedile abbastanza comodo, e badando a non sprecare altre energie sistemiamo come possibile zaini e scarpe. Togliendole, scopro un piede semidistrutto e che nelle parti pi massacrate mi duole solo al tocco. Davide cede al sonno e si addormenta ancora seduto dritto, mentre io resto sveglio, ma sono cos rallentato e privo di forze che potrei cascare a terra da un momento all'altro, semplicemente scivolando gi dal sedile. La forza di volont, cos necessaria sullaspro sentiero, ora svanita completamente, e mi rimane giusto quella necessaria per continuare a respirare. Rimaniamo in questo stato di dormiveglia apatico fino alla fine dellora di traversata, recuperando appena quel briciolo di energia che ci servir per raggiungere lostello, dove potremo finalmente recuperare tutte le forze perdute con una sana dormita, che ormai manca da troppe ore.

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Con il solito autobus, arriviamo nella gi conosciuta zona campeggio, sperando di trovare finalmente il fantomatico ostello. Non c nessuno in giro, tranne una ragazza che sta pitturando con molta solerzia e pazienza la facciata di un bungalow. Nel vederla ci rinfranchiamo, pensando che deve per forza essere una dipendente del campeggio. Grazie al suo aiuto, finalmente troviamo lostello, seminascosto dietro alcune frondose piante. Ecco perch stamattina non labbiamo nemmeno visto, ma forse hanno giocato a nostro sfavore anche la fretta e ladrenalina accumulata. Dopo le solite formalit burocratiche, accogliamo con enorme gioia la nostra camera doppia. Una camerata sarebbe stata pi economica, ma ora come ora i soldi sono lultimo problema, e la priorit riposare tranquilli senza avere a che fare con nessuno. Non appena recuperiamo sufficienti forze per avventurarci al supermercato, lo saccheggiamo (in senso metaforico). I nostri stomaci, e soprattutto i muscoli, reclamano cibo a volont per riparare tutti i microtraumi prodotti dalla salita e soprattutto dalla discesa, per non parlare dei piedi, profondamente segnati di rosso nelle zone corrispondenti agli attriti con la parte dura delle scarpe. Ripensando a cosa abbiamo appena passato sul duro sentiero, ci sentiamo veramente dei pasci in riposo serale. Dopo quaranta ore ininterrotte di veglia, finalmente posso dormire come si deve, in conclusione di una giornata passata sognando ad occhi aperti. Bergen La mattina ripartiamo di buonora. La Norvegia ci regala unaltra esperienza panoramica indimenticabile: per raggiungere Bergen percorriamo un tratto della spettacolare Strada Atlantica, macinata per met in autobus e per met in traghetto. Ma noi non scendiamo mai dal pullman: esso, semplicemente, sale sulla nave e viene trasportato per qualche chilometro, poi ridiscende e ricomincia a camminare per conto suo, in un continuo intercambiarsi. Ad ovest appare direttamente limmenso oceano, e stavolta non seicento metri pi in basso, ma a pochi passi. Lautobus supera numerosi ponti a campana e costoni rocciosi che delimitano le strade serpeggianti sullacqua, cespugli di fiori viola intenso che danno un tocco di colore al fiabesco paesaggio, mandrie di mucche e pecore che pascolano tranquille sapendo che nessuno
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le disturber. Ancora una volta, la musica stuzzica la fantasia e rende molto coinvolgente il susseguirsi dei paesaggi. Un fraseggio di chitarra impetuoso corrisponde ad una violenta discesa, un arpeggio pi delicato invece si sposa con una curva stretta lambita dalle acque tranquille. Il sole ci regala anche oggi tutta la potenza dei suoi raggi, illuminando scogli solitari ed acque increspate da una lieve brezza. Per ore non facciamo che passare da un'isoletta all'altra, in una strada complicata e tortuosa, costantemente sospesa fra la terra e l'acqua. Nel primo pomeriggio raggiungiamo finalmente Bergen, importante citt portuale. Un laghetto ci d il benvenuto non appena usciamo dalla stazione centrale, proprio come a Stavanger. Alcune curiose fontane, situate proprio in mezzo allo specchio dacqua, zampillano incessantemente formando nubi di goccioline ed onde, che non permettono mai allacqua di riposarsi. Alcune sculture di legno, raffiguranti triangoli impossibili, decorano il viale che costeggia il lago, e percorrendo tale strada raggiungiamo subito il cuore della citt, direttamente affacciato sulla baia di Vagen. Qui si trova il famoso quartiere di Bryggen. Caratteristica attrazione di questa citt, classificato dall'organo dellUnesco come patrimonio dell'umanit. Si tratta di un intero villaggio di ben 280 casette di legno, quasi tutte uguali, ma verniciate con colori differenti. Le strette finestrelle sono sviluppate in verticale pi che in orizzontale e sembrano derivate dallarchitettura gotica. Queste casette sono attaccate l'una all'altra come delle villette a schiera, e la fine di ciascun tetto coincide con linizio del successivo. Mi chiedo cosa succeda in inverno: la neve andr ad accumularsi tutta nelle concavit? I canali di drenaggio dove sono? Non riusciamo a capirlo, ma di sicuro gli abitanti sanno il fatto loro e sono attrezzati con loccorrente per tutte le eventualit climatiche. Indispensabile essere preparati quando si abita oltre una certa latitudine, e soprattutto qui a Bergen, dove le precipitazioni sono tra le pi abbondanti dEuropa. Le casette del Bryggen sono ormai in buona parte riadattate a negozi di souvenir, ristoranti e musei, sempre in grande attivit data lingente mole di turisti che visita ogni anno la citt. Bergen molto pi nordica di Oslo: si nota dovunque il classico stile di costruzione locale, con i tetti molto spioventi. Finalmente ci sentiamo davvero ospiti di una citt nordica. Non mancano i soliti mercatini del pesce, intervallati a tanti pittoreschi e strettissimi viottoli che sfociano al
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molo. La baia letteralmente invasa da barche, in massima parte pescherecci, costantemente all'opera per pescare il merluzzo che da sempre fa la fortuna economica di questa nazione. La citt appare fin da subito ricca di fascino e di sorprese, ma siamo comunque piuttosto stanchi, e prima di perderci a visitarla dobbiamo trovare un ostello per tranquillizzarci sulla nostra sistemazione e poterci organizzare al meglio. Stavolta, per, non abbiamo prenotato niente e dobbiamo basarci un po sulla fortuna. Uno dopo laltro troviamo gli alloggi tutti gi occupati, ma fortunatamente le ben informate ragazze dell'ufficio turistico ci parlano di un dormitorio non lontano da noi e che non figura in nessuna guida o carta ostelli di cui disponiamo. la nostra salvezza: ha giusto due posti liberi per stanotte, ma poi ci dovremo arrangiare e cercare unaltra sistemazione poich per le notti successive tutto prenotato. Per ora va bene cos, poteva andare molto peggio. La camera un dormitorio da otto posti, molto spartano e minimale. I letti a castello, dalla sottilissima struttura, sono verniciati di nero e hanno un aspetto veramente povero. La prima persona con cui veniamo in contatto nella camera un inquietante rastafariano di colore, con le classiche treccine e lo sguardo truce, che sta dormicchiando sul letto a castello proprio di fronte alla porta. Dopo un primo e biascicato Whats up?, cui rispondiamo farfugliando timidamente qualcosa, ci chiede con una voce da oltretomba la nostra nazionalit, senza nemmeno girare la testa. Una volta che lha scoperta emette un laconico verso di intendimento, smettendo definitivamente di parlare. Si limiter successivamente a squadrarci con sguardi obliqui, che eviteremo il pi possibile. Questa volta la compagnia non il massimo: il resto dei vicini di dormitorio costituito in buona parte da debosciati puzzolenti ed alcolisti, che per fortuna ci ignorano. Le porte della camera si aprono con le inaffidabili chiavi magnetiche, che tendono a guastarsi e smagnetizzarsi con estrema facilit. Pi volte dobbiamo litigare con le chiavi per entrare in camera. L'armadio nel quale dovremmo chiudere a chiave i nostri bagagli difettoso, completamente scardinato nella parte inferiore. Lo chiudiamo solo dopo non pochi sforzi e imprecazioni, producendo molto rumore che potrebbe turbare i sonni dei nostri inquietanti vicini di letto con chiss quali conseguenzema nessuno si sveglia. Dopo aver riposato qualche minuto, partiamo finalmente con lesplorazione
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della citt, nuovamente carichi di energie e felici di abbandonare la camera, invasa dalla puzza di piedi mai lavati. Il centro di Bergen un fermento d'attivit, popolato da numerosissime bancarelle che vendono ogni bene possibile e immaginabile. Gli immancabili negozi italiani offrono gelati alla panna cotta e al lampone, mentre i bar locali servono birra a quasi otto euro al boccale. Otto! Un prezzo proibitivo, al quale non cediamo, nonostante la tentazione di farci una birretta al tramonto sia forte. Dalla piazza si nota anche la funivia panoramica che percorre la montagna sopra di noi. I viottoli della cittadina sono una goduria da esplorare: ce ne sono alcuni cos stretti e pittoreschi da sembrare di essere in una favola. Le case sono tutte di colori diversissimi tra loro, anche se il bianco predomina; alcune abitazioni hanno perfino l'asta per la bandiera incorporata nell'architettura. Non ci sono costruzioni particolarmente alte nel quartiere residenziale: predomina l'architettura tipica, che bassa, squadrata e spigolosa. Camminando per uno dei vicoli, notiamo un inflessibile vigile che sta multando un'automobile parcheggiata appena fuori dal limite delle strisce, di fronte ad una chiesa dalle porte pesantemente serrate. Viene da sorridere, pensando a certi parcheggi selvaggi in terza fila che si vedono a casa nostra, totalmente impuniti. A furia di girare per le strade, si ormai fatto tardi e optiamo per il ritorno alla base. Sulla strada del ritorno intercettiamo per unesercitazione di canto che si sta tenendo in una chiesa. Incuriositi, facciamo una piccola deviazione. Il coro intona serie di note sempre pi complesse e articolate, ma non inizia mai a cantare sul serio. Lo spettacolo inizier solo dopo diverse ore, come apprendiamo da un cartello affisso al muro, perci dopo qualche minuto accantoniamo il proposito di assistervi e ce ne andiamo a dormire. Musei e acquario Le mete di oggi sono il castello di re Hakon, ledificio laico pi grande dellintera Norvegia, e successivamente il museo della pesca, situato vicino al quartiere industriale. L'interno del castello realmente angosciante, e in modo particolare lo sono i sotterranei, che anticamente erano delle prigioni. Le finestre sono minuscole e claustrofobiche, cos come le stanze, grandi quel tanto che basta per
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sopravvivere ma non di pi. Scale e porte sono estremamente strette, e talvolta quasi ci incastriamo per passare, nonostante le nostre dimensioni ridotte. In compenso, la sala cerimoniale enorme. Non c quasi niente al suo interno, solo il pavimento in legno un po scricchiolante e un tavolo ricoperto da un decoratissimo arazzo giallo. Si respira aria di medioevo, specialmente visitando i bastioni e i punti pi alti di questo mostro di pietra, dai quali si ha una visuale della citt veramente notevole. Il biglietto dentrata ci d diritto ad un caff gratuito nel vicino bar, e approfittiamo volentieri di quest'insperato e corroborante spuntino, poich qualsiasi cosa venga offerta in viaggio sempre una manna dal cielo. I soldi non bastano mai, e il cibo una di quelle cose che bisogna sfruttare al massimo per risparmiare. Riprendiamo quindi la strada per il museo della pesca, che ospita una carrellata di tutti gli arnesi del mestiere. Gli enormi arpioni usati per la caccia alle balene sono lunghi diversi metri e terribilmente potenti: con un colpo solo squarterebbero un essere umano e lo ridurrebbero in mille brandelli di carne sanguinante. Non vorrei certo essere al posto delle sventurate balene, che la Norvegia caccia ancora, indifferente alle pressioni internazionali. L'atmosfera del museo mi ricorda molto Capitani Coraggiosi, un libro sempreverde riletto infinite volte. Non riusciamo nemmeno ad immaginare a cosa serva la gran parte degli utensili esposti, e anche le reti da pesca costituiscono una rivelazione: grazie ad alcune riproduzioni in scala, scopriamo che vengono posizionate sott'acqua a grande profondit, enormemente di pi di quello che pensavamo, cos da catturare la maggior quantit possibile di prede in una singola pescata. Come doveva essere difficile fare il pescatore qualche secolo fa, senza le moderne navi accessoriate con ogni comfort e dotate di tutti gli attrezzi da pesca intensiva e automatizzata! Dopo aver visitato il museo della pesca, siamo costretti a cambiare ostello. una necessit tremendamente noiosa ma indispensabile. Lasciamo dunque un dormitorio da otto persone, per approdare in uno da dodici. Anche qui le porte si aprono con la tessera magnetica, e funzionano malissimo, bloccandosi ed inceppandosi ogni due per tre. Gli inservienti stanno disinfettando le stanze, passando insistentemente lo straccio sotto i letti dopo averlo imbevuto e strizzato nel secchio della candeggina. Non c nessuno nelle camere e non ci sono nemmeno le lenzuola posate sui
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materassi. Sembra che per ora siamo gli unici occupanti. Capiamo per che dobbiamo levarci dalle scatole, per non intralciare le operazioni di pulizia. Dopo aver lasciato gli zaini in camera, ci dirigiamo a visitare lantica Bergen, un villaggio ora tramutato in esposizione. Superando ci che assomiglia vagamente ad un arco di trionfo romano, entriamo in questo piccolo agglomerato di casette a punta, sviluppato lungo una forte pendenza. Ormai iniziamo a conoscere l'architettura delle case norvegesi, dunque non c pi molto di nuovo da vedere, a parte alcuni sentieri davvero piacevoli, inaugurati da staccionate bianche disposte a ventaglio e muniti di siepi che li costeggiano da ogni lato. A fianco del piccolo laghetto centrale c uno stormo misto di piccioni, gabbiani e anatre, che coesistono pacificamente camminando gli uni in mezzo agli altri, senza mai battibeccare per accaparrarsi le briciole di pane lasciate dai visitatori. Non avevamo mai visto tutti questi uccelli di specie diverse andare cos daccordo! Vederli mangiare ci ricorda che anche il nostro stomaco va riempito, cos troviamo un posto riparato per consumare il nostro fugace pranzo, proprio mentre comincia a piovere. Le pietanze sono penose ma sazianti. Al ritorno optiamo per qualcosa da vedere al chiuso, evitando cos la pioggia, che sta diventando sempre pi fitta ed insistente. La scelta cade sull'acquario, raggiungibile a piedi dal centro. Tornati al porto, assistiamo ad una scenetta davvero comica: un tale si lanciato in acqua, avvolto da capo a piedi in una rete da pesca imbottita all'inverosimile di pop corn. Ora sta lentamente nuotando verso la riva, gettando a manciate i pop corn, che vengono prontamente raccolti dagli uccelli. Chiede anche a tutti i curiosi ammassati a riva, tra cui noi due, se ne vogliano qualcuno, con un'espressione gioviale ed evidentemente compiaciuta dalla sua eccentrica prestazione. Dopo averlo osservato per un po mentre cerca di togliersi di dosso lingombrante rete, passiamo oltre verso la nostra destinazione. Ce n di gente strana in giro Nell'acquario troviamo ogni genere d'animale pensabile, tranne i pesci di taglia enorme. Nelle vasche all'aperto ci sono i pinguini, esserini curiosamente bassi che paiono avere perennemente freddo da come tengono le pinne raccolte attorno al corpo. I maschi sono impegnati nella cova delle uova, e le femmine zampettano
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lentamente, con la loro caratteristica andatura incerta e goffa. Da dietro i vetri mi diverto un po a far impazzire uno sventurato esemplare, sventolandogli velocemente la macchina fotografica di fronte al becco, ed osservando la sua reazione mentre tenta freneticamente di seguirne il movimento. Poi il turno d'alcune grasse foche, un po pigre ma molto simpatiche. All'interno invece, in un afoso clima tropicale riprodotto artificialmente, abitano i coccodrilli, i varani e tutti gli animali amazzonici. I coccodrilli sono molto pigri ed difficile convincerli a fare qualcosa, tanto meno a farsi fotografare. Alcune piccolissime scimmiette, dagli occhi curiosi e attenti, sono chiuse in gabbia assieme ad un'iguana abilissima nel mimetizzarsi sui rami. Nella zona delle vaschette c unaltra serie impressionante di pesci diversi, inclusi ragni e stelle marine, ognuno con relativo commento scritto e proiettato su un video. Alcuni hanno forme davvero curiose che attirano lattenzione, altri si nascondono timorosi di essere visti. Vita cittadina Rientriamo velocemente, facendo tappa ad ogni panchina pubblica per far riposare le gambe, ampiamente massacrate da tutto il tempo passato in piedi. Nel nuovo dormitorio conosciamo un po di gente nuova: i primi sono due inquietanti signori giapponesi, uno dei quali si siede per terra proprio di fianco al mio letto a tagliarsi le unghie dei piedi, spargendone i pezzi in giro, sotto il nostro sguardo un po divertito e un po infastidito. Poi un gruppo di nordici biondissimi, e infine due ragazze bolognesi della nostra et, anche loro munite di biglietto Interrail, ma che si limiteranno ad una vacanza di sedici giorni. Una di loro abbastanza simpatica, ma laltra pi ritrosa e non si dimostra molto loquace. Chiacchierando un po, scopriamo che hanno intenzione di esplorare la Norvegia da cima a fondo, incluse le tappe di Troms e Capo Nord, che noi invece salteremo per motivi di tempistica. Purtroppo, non siamo riusciti ad estendere il viaggio d'altri due giorni, che sarebbero serviti per includere anche quelle due tappe, ma ci siamo presto consolati, quando una nostra amica ci ha assicurato che non sono posti irrinunciabili. Scambiamo un po di opinioni con loro a proposito di programmi di viaggio e ostelli visitati, dopodich si mettono a programmare le loro faccende, cos le salutiamo e usciamo nuovamente.
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Stavolta siamo fermamente intenzionati a provare qualche piatto tipico norvegese, poich scandaloso mangiare sempre cibo in scatola. Passando per la solita viuzza che conduce al centro, ci giunge dal cielo l'ispirazione: un chioschetto poco lontano dal porto sta vendendo degli hot dog con la carne di renna! semplicemente squisita: ha un sapore indefinibile se confrontato alla carne d'altri animali. Finalmente soddisfatti dal punto di vista alimentare, riprendiamo a girare in maniera molto disimpegnata per i negozi della zona, specialmente all'alimentari, nel quale contiamo di rifornirci. Una volta che abbiamo provveduto ai generi di prima necessit, la nostra attenzione si rivolge ai frigoriferi che stoccano la birra. Ce n' di ogni tipo, da quella che si trova in qualsiasi supermercato europeo fino a quella tipicamente nordica, riconoscibile dalle effigi vichinghe che reca sull'alluminio. Il prezzo circa tre euro per una lattina da mezzo litro, molto economico. Mentre stiamo valutando se sia il caso di comprarla o no, allungando la mano per aprire il frigorifero cos da guardare meglio, Davide si accorge tutt'ad un tratto che la maniglia legata strettamente con un robusto fazzoletto di cotone bianco, e quindi impossibile da aprire. Tentiamo dunque col secondo frigorifero, pensando che il primo sia guasto o chiuso temporaneamente, ma dopo aver guardato meglio le nostre speranze crollano: tutti i quattro frigoriferi sono chiusi col lucchetto! In Norvegia, infatti, il commercio dellalcool soggetto a severe limitazioni, essendo il suo abuso un problema di rilevante gravit sociale. Si possono comprare alcolici solo una volta raggiunta la maggiore et, obbligatoriamente esibendo un documento d'identit, e let da raggiungere direttamente proporzionale alla gradazione. Ci sono pochi negozi, tutti di monopolio statale, dedicati alle bevande alcoliche, ma anch'essi sono soggetti a limitazioni, e il limite di legge d'alcolemia alla guida tale che con nemmeno mezzo bicchiere di vino si gi quasi certamente fuorilegge. Essere sorpresi ubriachi al volante significa come minimo beccarsi ventuno giorni di carcere senza condizionale, oltre ad una salatissima multa! La legge norvegese molto severa e non concede scappatoie. A noi potr sembrare esagerato, ma sono sicuro che ci diminuisce significativamente le morti su strada causate dallalcool. Oltretutto, gli alcolici comprati in bottiglia sono

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gravati da una tassa supplementare, che verr restituita solo riportando il vuoto al negozio. Non abbiamo voglia di trafficare con documenti didentit per berci una misera lattina di birra, n abbiamo voglia di tornare poi a riportare il vuoto, dunque rinunciamo al nostro proposito. Tuttavia, non resisto alla tentazione di comprare delle caramelle, che per si rivelano cos disgustose da doverle sputare subito in preda alla nausea. Hanno un sapore terribile, un misto tra salato e dolce. Che robaccia! Tornati in centro, un vento insistente inizia a spirare con parecchia forza, perci ci mettiamo addosso anche i kee-way. Quel che rimane della serata lo passiamo su una panchina, osservando un bellissimo tramonto che tinge di rosso e giallino le numerosissime nuvole all'orizzonte. Le persone abbandonano pian piano le loro barche, ma le strade invece di svuotarsi si riempiono sempre di pi di gente che adora la vita notturna. Noi per sappiamo di doverci alzare presto lindomani, quindi non tiriamo troppo la corda e ritorniamo al nostro ovile. Se stessimo sempre nella stessa citt potremmo anche stare fuori pi a lungo, ma spostandoci continuamente non possiamo dedicare troppe energie ad un singolo posto, o non ne rimarrebbero pi per i successivi. In ostello ci irritiamo non poco, poich le nostre tessere magnetiche non funzionano pi e la porta non si apre. Praticamente siamo chiusi fuori e nessuno risponde al campanello. Rimaniamo bloccati allesterno per una decina di minuti, e possiamo finalmente entrare solo grazie ad altri occupanti che ci salvano con la loro tessera. Una volta dentro, i problemi non sono per finiti: la porta della camera si blocca automaticamente qualche minuto dopo che stata chiusa dallinterno, costringendoci a rimanere sempre almeno in uno in stanza per aprire all'altro che rimasto fuori. Per rendere pi vivace la serata, uno dei giapponesi si addormenta con il computer portatile acceso, e dalle sue cuffie si sente costantemente una fastidiosissima musica da film, sempre uguale, tremolante ed ossessiva. Linsopportabile litania dura tutta la notte. Commento rumorosamente questo fracassone, sicuro di non essere capito, finch dopo diverse ore non cedo al sonno. Quando poi ci svegliamo la mattina seguente, il giapponese ancora nella stessa

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posizione, con le cuffie ancora sulle orecchie, e la musica ancora identica. Sulla Flmsbana La giornata di oggi dedicata allesplorazione della natura delle zone limitrofe. Dalla stazione centrale parte un treno diretto a Myrdal, piccola cittadina dalla quale ha inizio (o fine) la linea Flmsbana, descritta come il pi bel tratto ferroviario panoramico dellintera nazione. Questa breve ferrovia collega Myrdal con il minuscolo villaggio di Flm, dal quale si pu prendere il traghetto ed effettuare una crociera lungo il fiordo, riapprodando poi a Bergen. Il viaggio in treno si compie in poco meno di un'ora, superando un dislivello di quasi novecento metri in soli venti chilometri di binari. Si tratta della linea ferroviaria pi ripida dEuropa che non faccia uso della cremagliera, e un indiscusso capolavoro d'ingegneria, con tutte le sue curve incastonate perfettamente nel coriaceo granito. Il nostro treno arriva ancora una volta in orario, com' la regola per i treni nordici, e attraversiamo velocemente le nude montagne, sovrastate da un debole sole. Giungiamo a Myrdal in poco pi di tre quarti dora. Abbiamo scelto di partire da qui e di percorrere la linea in discesa, per poterci godere un panorama pi ampio ed una pendenza vertiginosa. Unaltra volta dopo quasi settantanni di onorato e ininterrotto servizio, il treno parte dalla minuscola stazione e comincia la discesa, tenendo i freni sempre tirati data la notevole ripidezza dei binari. Siamo circondati da cascate su ogni lato: dalle alte montagne che ci sovrastano scendono in numerosi punti dei rivoli dacqua a strapiombo, disposti quasi regolarmente sulle creste rocciose. Dividono in pi parti le montagne come una riga tirata a pennarello. Sembra lopera di un geometra. La prospettiva dalla quale li osserviamo li fa sembrare ancora pi alti e minacciosi: lacqua scende velocissima e sembra che sia in grado di tagliare in due qualsiasi ostacolo si presenti lungo il suo percorso. I freni di questo vecchio treno stridono in modo lancinante, a volte quasi assordandoci, mentre la locomotiva incespica e contrasta a fatica limperiosa forza di gravit che tende a trascinare i vagoni verso il basso. In alcuni punti vi sono delle gallerie scavate nella montagna e si aprono delle finestre naturali in mezzo ad esse, rinforzate da travi di legno incrociate a mo di grata. Passandoci in
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mezzo, sembra quasi di essere imprigionati dentro la roccia. Dopo qualche minuto, raggiungiamo una piccola piattaforma panoramica in legno, davanti alla quale il treno si ferma del tutto e lascia scendere i passeggeri, per permettere loro di ammirare la solenne cascata di Kjosfossen. Essa sgorga furibonda da un crinale distante meno di un centinaio di metri da noi, ed una vera cascata, molto pi larga degli altri rivoli. Un vero e proprio fiume in piena che scende impetuoso, cambiando pi volte direzione quando incontra gli scogli indifferenti. Di per s gi emozionante vedere cos da vicino questenorme massa dacqua in movimento, ma lemozione aumenta ancora quando, da alcuni altoparlanti abilmente nascosti dietro le rocce, si sprigiona una musica molto evocativa e celestiale, sulla quale ballano due biondissime ragazze, apparse dal nulla in mezzo ai sassi. Indossano vesti tradizionali vichinghe e danzano leggiadramente tra un masso e laltro, appena davanti alla cascata, avvolte dalle nubi di spruzzi e dal fragoroso rumore dell'acqua, che si frange in migliaia di flutti e scivola sulle rocce, erodendole nel corso dei secoli con leggendaria perseveranza. Nessuno si aspettava un simile spettacolo, e rimaniamo tutti a bocca aperta. Quando la musica finisce, le danzatrici spariscono improvvisamente, lasciandosi cadere apparentemente a peso morto al di l di un masso. Prima di poter dire qualcosa, limperioso fischio del ferroviere rompe la magia e ci richiama sulle carrozze: il viaggio deve proseguire. Siamo finalmente riemersi dalla stretta gola rocciosa ed ora possiamo vedere molto meglio la ripida vallata sotto di noi. Gli stretti fiumi dacqua in caduta libera si raccolgono a valle scavando una conca, che va poi a formare degli eleganti laghetti. Alcune fattorie, quasi appese sulle montagne, fanno da contorno al magico scenario. In men che non si dica siamo a Flm, un minuscolo borgo portuale e commerciale dal quale presto partir il battello che solcher tutti i quaranta chilometri del Sognefjord, il maggiore della Norvegia. Sul Sognefjord In attesa del traghetto, che arriver solo tra qualche ora, camminiamo spassionatamente attorno alle poche costruzioni portuali, circondate sui tre lati da montagne dal vago aspetto
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dolomitico. Non mancano le zone per sedersi, ma preferiamo camminare un po per sgranchirci le gambe. Le montagne del versante opposto a quello del porto sono molto vicine a noi, e si gettano quasi a perpendicolo in acqua. Sembra che ne manchi la parte inferiore, come se fosse stata tagliata di netto. In realt, tale parte semplicemente sommersa dallacqua oceanica, che si insinuata fino a questo punto dellentroterra. Mentre aspettiamo, seduti in riva al golfo in una consueta pausa meditativa, due bambine norvegesi bionde come il sole e munite solo di costume leggero si tuffano in acqua, che deve essere gelida, senza provare il minimo brivido o collasso. Rimaniamo allibiti: se ci provassimo noi probabilmente andremmo a fondo privi di sensi. Anche le persone che incrociamo sono spesso coperte solo da magliette a maniche corte, al massimo da giacchette leggere, mentre noi abbiamo freddo pur con addosso vari strati di indumenti pesanti. Guardiamo con crescente irritazione questi individui quasi insensibili al freddo, a mano a mano che se ne presentano altri. Com possibile che loro non soffrano minimamente, mentre noi non possiamo tirare gi la cerniera della giacca senza congelare dopo pochi minuti? Forza dell'abitudine a vivere in paesi freddi e a passarvi i mesi invernali, nei quali il sole sorge per pochi minuti al giorno, o addirittura non sorge affatto. Il cielo, discretamente nuvoloso fino a poco fa, inizia ora a scurirsi e a coprirsi di nuvole nerastre. Non passer molto tempo, prima che si metta a piovere. Riusciamo a mangiare tranquilli su una panchina le nostre poco invitanti cibarie, e non appena finito iniziano a cadere i primi goccioloni. Riparatici in qualche modo, dopo mezzora arriva il nostro battello a prelevarci. La traversata dura circa quattro ore, ed un vero peccato che il tempo sia cos brutto, ma la gita si rivela comunque piacevole: i fiordi hanno il loro fascino anche se avvolti da nuvole e nebbia. Nell'ultima parte, per, diventano un po monotoni: dopo qualche ora l'occhio si abituato al paesaggio e non reagisce pi, se non nei punti in cui veramente impossibile non stupirsi delle curve formate dallacqua e dalle montagne insieme. Poco prima del ritorno a Bergen, il comandante supera se stesso con un divertente annuncio: "Vi ringraziamo per essere stati a bordo con noi. Tra poco saremo arrivati e potrete scendere. Ma se
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le ragazze vorranno trattenersi di pi, saranno ben accette!". Tra le risate generali, la piccola nave si ormeggia lentamente nel porto, e non appena scendiamo a terra puntiamo spediti verso lostello. Anche se oggi non stata una giornata molto faticosa, non abbiamo voglia di fare altro che dormire. Ape assassina La mattina lasciamo il dormitorio, mentre stanno ancora quasi tutti ronfando beatamente. Abbiamo cos voglia di andarcene e ripartire che non facciamo nemmeno colazione. Buttiamo in qualche modo le lenzuola sporche in fondo al sacco di recupero e abbandoniamo il campo senza far rumore. In questa fredda mattinata finiamo di visitare Bergen, iniziando con la chiesa di San Giovanni, rossa e fiera costruzione in pietra che si staglia in fondo ad un viale in pendenza. Lungo la ripida strada sono parcheggiate numerose automobili, talmente inclinate da stupirsi che non rotolino gi per la forza di gravit. La chiesa altissima, di forma appuntita, con le guglie verdi e l'onnipresente arco a sesto acuto, richiamante dinamismo ed incisivit. Purtroppo il suo giorno settimanale di chiusura. Dopo questa piccola interruzione nella nostra fortunata serie, ci facciamo un altro giretto nella zona pi elevata della citt, per fermarci poi di fronte ad uno stagno pieno d'anatre e ninfee, divertendoci ad osservarle mentre galleggiano beate in acqua senza alcuna preoccupazione. Loro non devono pensare a dove dormire, n ai posti da prenotare in ostello, n alle coincidenze perse, tutte cose con cui noi abbiamo a che fare quasi quotidianamente da una settimana, abbastanza stressanti perch non finiscono mai, ma allo stesso momento piacevoli e coinvolgenti. Tutto ci trasuda un fantastico spirito d'avventura e di piacevole precariet. Ormai il tempo agli sgoccioli, da cui lasciamo quest'affascinante citt e ritorniamo alla stazione ad attendere il treno che ci riporter ad Oslo, dove poi prenderemo la coincidenza per Trondheim. Purtroppo, non c un treno diretto che colleghi le due citt. Lalternativa pi rapida sarebbe il traghetto, che per costa troppo. Ci sediamo sulle non troppo comode panchine di legno della stazione, in paziente attesa. Ognuno immerso nei propri pensieri. La gente si muove senza sosta da una piattaforma all'altra, e tutti posano una parte della loro vita sulle fredde pietre del pavimento
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della stazione, erodendo impercettibilmente questo suolo cos vissuto. Anche noi ora siamo parte di tutto questo, orgogliosi di poter dare il nostro contributo a questo eterno viavai. Lattesa stimola la fantasia e aiuta a riflettere su come il tempo pian piano stia passando e stia divorando una tappa dietro l'altra, lasciandoci interdetti per la sua velocit. Sembra cos lungo un viaggio, quando appena cominciato, e poi un giorno improvvisamente gi tutto finito. Ci pensa un'ape a risvegliarci dai nostri pensieri e a riportarci nel mondo reale: il temerario insetto, infatti, ha appena punto l'orecchio di Davide, nonostante lui non abbia fatto il bench minimo movimento che potesse anche solo lontanamente innervosirla. Sappiamo che un'ape e non una vespa, poich il pungiglione, ancora infisso nella carne molle del padiglione auricolare, si trascinato dietro anche le interiora del temerario insetto. La zona offesa diventa subito gonfia e dolorante, e ci vorrebbe del ghiaccio per lenire gli effetti spiacevoli, ma non abbiamo granch sottomano. Lunica idea che mi viene di mettere sulla parte offesa la confezione metallica degli sgombri al pomodoro, cos da dare un po di refrigerio. Non propriamente un metodo scientifico, ma funziona. Facciamo quattro passi per calmare le acque, agitate dalla spiacevole puntura, e per rinfrescare la parte dolorante con un po di vento, passando per alcune vie cittadine non ancora battute, che per non rivelano nulla di interessante. Poco prima che il treno si presenti al capolinea, recuperiamo i bagagli dagli indistruttibili cassetti metallici e ci troviamo a lottare ancora una volta con la massiccia presenza di vespe assassine. Sembra proprio che ce l'abbiano con noi e noi soltanto. Riusciamo a scacciarle solo dopo numerose sventolate di berretti e di mani. Forse i nostri movimenti non fanno altro che innervosirle di pi, ma ormai la guerra ingaggiata e non pu interrompersi, finch finalmente il treno arriva e ci libera dalla presenza dei molesti insetti. Seconda notte in treno Ci aspettano sedici ore complessive da passare in carrozza, spezzate solo dal breve cambio che ci aspetta prima di mezzanotte. Lungo la strada vediamo ancora tante impetuose cascate e assistiamo ad un violento temporale, seguito da uno stupendo arcobaleno che taglia
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in due le montagne rocciose ed irregolari. Un altro regalo di una natura veramente generosa nei nostri confronti. Forse segretamente sensibile al nostro desiderio di vedere le meraviglie che riesce a creare gratuitamente, ed disposta a regalarci un po della sua ricchezza. La vista dellarcobaleno ci fa dimenticare per un attimo di tutti i problemi, della dolorosa puntura e della noia del lungo viaggio. Siamo tuttavia un po preoccupati per la coincidenza che dovremo prendere ad Oslo, dato che il treno in leggero ritardo e abbiamo poco margine, ma ancora una volta non abbiamo ragione di angustiarci troppo. Sfrecciando velocemente e senza mai fermarsi, la scatola di latta semovente recupera totalmente i minuti perduti, e presto teniamo saldamente in pugno i biglietti per Trondheim. Tuttavia, grazie ad un provvidenziale scrupolo di pignoleria di Davide, ci accorgiamo che segnano un orario sbagliato! Tra le mille scuse del gentile commesso, ci vengono cambiati immediatamente, e per fortuna che ce ne siamo accorti in tempo. Mai dare niente per scontato! Saliamo sul treno con una certa fretta, che come si sa una cattiva consigliera: infatti sbagliamo la carrozza, entrando in quella dei vagoni cuccetta. Purtroppo, per raggiungere la carrozza giusta dobbiamo obbligatoriamente ritornare da dove siamo venuti, e dobbiamo quindi scavalcare tutte le persone e i bagagli che nel frattempo si sono ammucchiati tra noi e luscita. Dopo non pochi sforzi e contorsioni negli stretti passaggi dei vagoni, ci liberiamo dalla folla e dalle borse, guadagnando finalmente il possesso dei nostri posti. I gentili regali per aiutarci a dormire meglio ci sono anche stavolta. Dopo la precedente esperienza, mi sono preparato al peggio: stavolta non voglio nemmeno tentare di addormentarmi, vada come vada. Se mi addormenter sar tanto di guadagnato, altrimenti preferisco rimanere sveglio. Tollererei di pi una notte completamente in bianco, piuttosto di una dormita pochissimo e malissimo. Effettivamente, le cose non vanno molto bene nemmeno stavolta. Dormo complessivamente solo un'ora. Gi meglio di niente, in ogni caso. Inoltre, restare sveglio mi offre ancora una volta una cospicua ricompensa: intorno alle cinque e mezza, mentre il mio compagno tranquillamente appisolato, assisto ad una spettacolare alba che mi meraviglia ancora una volta per le incredibili sfumature di colore che riesce a creare.

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Trondheim Ci risvegliamo pochi minuti prima dellarrivo a Trondheim. Siamo piuttosto rimbecilliti e abbiamo ben poca voglia di passare un'altra giornata a girare per una citt, ma dobbiamo farcela lo stesso. A Trondheim contiamo di dedicare solo una giornata, prima di ripartire alla volta di Bod. Arriviamo in stazione verso le sette e mezza, con la luce del sole ormai piuttosto forte. Il clima ora molto pi rigido ed assolutamente necessario mettersi anche il secondo maglione e la giacca. Frugando nello zaino, mi accorgo che il boccettone di sapone liquido si rotto e sta impiastricciando tutto. Fortunatamente, non ha rovinato niente di importante. Imprecando, butto via il traditore e mi libero di un buon mezzo chilo di peso. Non abbiamo molta fretta di gettarci nellesplorazione della citt, quindi individuo subito una panchina libera e mi sdraio, tentando di dormire ancora un po. Il mio tentativo, tuttavia, non va a buon fine: la panca troppo rigida e i miei ritmi sono troppo scombussolati per riuscire a prendere sonno, e anche se ci riuscissi probabilmente dormirei solo pochi minuti, svegliandomi ancora pi imbesuito. Consumiamo una spartana colazione con quel che rimasto dei biscotti e del succo di frutta, poi rimaniamo un po seduti, in attesa di riscuoterci dalla momentanea mancanza di energie e lucidit mentale. Quando finalmente ci decidiamo ad uscire, puntiamo subito alla stupenda cattedrale Nidarosdomen, la pi grande della nazione. Lo stile un misto tra il romanico e il gotico, le dimensioni sono enormi. Allesterno, le sue svettanti guglie e le decine di statue ci osservano dall'alto, e linterno ancor pi magnificente, con il suo rosone di vetro sapientemente colorato da mani esperte e devote. Costruire questo mostro di pietra avr richiesto un lavoro titanico, coronato da decenni di sudore e tenacia. Impossibile non provare un senso di riverenza per chi ha dedicato la sua vita alla costruzione di questo colossale monumento, che ora crea meraviglia in chi lo osserva. E chiss quante persone hanno perso la vita durante la sua costruzione, persone di cui ormai non si ricorda pi nessuno. Allinterno c addirittura un set cinematografico: apprendiamo presto che si sta preparando una grande recita tradizionale in nome di una ricorrenza storica della citt che cade proprio oggi. Due attori
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vestiti in abiti tradizionali stanno incrociando le loro spade di legno con disinvoltura, provando e riprovando finch le loro mosse non saranno perfette. Dopo averli osservati per un po, scopriamo che la recita inizier solo in tarda serata, dunque usciamo dalla cattedrale per una giusta pausa di riposo atta a rifocillarci. Siamo assediati dalla fame, ma soprattutto dalle vespe, che non ne vogliono proprio sapere di lasciarci in pace. Sembra che ci abbiano innaffiato di resina concentrata, da come le attiriamo. Dopo uno spuntino veloce e approssimativo, durante il quale passiamo pi tempo a scacciare le vespe che a mangiare, raggiungiamo il centro. Lattrazione della giornata una fiera medioevale, popolata da suonatori ambulanti di viola e perfino da un giovane fabbro, che sta dando una dimostrazione di come si forgia una spada. La batte infinite volte col suo martello, per rimuovere pi impurit possibili, mettendo poi la punta incandescente a raffreddare in acqua e producendo la classica fumata bianca. Quando la punta tocca una superficie con troppa violenza, centinaia di piccole scintille esplodono come fuochi dartificio e vanno a spegnersi spontaneamente nellaria, senza pi lasciare traccia. Pura tradizione che si assimila attraverso i sensi, col clangore ossessionante del martello che stanca le delicate ossa dellorecchio, l'odore del pesce fresco che stuzzica insistentemente i recettori olfattivi, i colori sgargianti degli abiti tradizionali che colpiscono subito locchio. Dopo esserci persi in questatmosfera festaiola, ci incamminiamo verso la fortezza, che dalla sua posizione sopraelevata domina tutto il paesaggio sottostante. Uno stretto sentiero, che si snoda in mezzo a verdi boschetti, ci porta in uno spiazzo erboso molto ampio, che circonda il vecchio castello. Entro le spesse mura, troviamo ancora cannoni ornamentali, ammassi di roccia non meglio identificabili, strapiombi senza protezioni e qualche panchina su cui sedersi ad ammirare lintera citt dallalto, con il mare e le onnipresenti montagne sullo sfondo. Acqua e montagne, qui, vanno sempre a braccetto. Tornando indietro, in fondo ad una discesa notiamo un congegno a dir poco insolito: sembra una specie di binario metallico che percorre tutto il dislivello. Scopriamo subito dal cartello indicativo di cosa si tratta: un montacarichi per le biciclette! Le medesime vanno semplicemente incastrate nei supporti, e il macchinario le porta in un attimo fino in cima alla salita, per non
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doversela fare in sella a morire di fatica. Un ottimo aiuto per i ciclisti pi pigri, ma specialmente per gli anziani! Ritornando indietro, passiamo attraverso il quartiere pescatori, molto simile al Bryggen. Esso conta due file di case bianche, rosse, azzurre, gialle e verdi che si estendono a perdita docchio, separate da un serpente dacqua che si insinua sotto le case, rigorosamente erte su palafitte. Unaltra scena difficilmente visibile a casa nostra. Dopo questultima perla, Trondheim non offre pi nulla da vedere, perci ci ritiriamo in stazione, stanchissimi ma soddisfatti. Aspettiamo con fiducia il treno per Bod, localit che ha costruito la sua fortuna sul sole di mezzanotte, curioso e spettacolare scherzo della natura che si dice causi anche molti suicidi e malattie mentali. Bod situato in una delle posizioni migliori per assistere allo spettacolo, ma con nostro grande rammarico noi non potremo vederlo: la stagione gi troppo inoltrata. Non ci fermeremo dunque in citt: ci passeremo solo per prendere il traghetto per le celebri isole Lofoten, universalmente descritte come un piccolo paradiso naturale. Terza notte in treno Ormai si sta facendo sera e presto arriver il nostro treno. Mi attende un'altra notte in bianco? Questa volta no. Nonostante non ci diano coperte n mascherine n tappi per le orecchie, dormo quasi bene, poich il sedile si pu reclinare allindietro fino a renderlo quasi orizzontale. Non mi sono perso, tuttavia, lormai consueto spettacolo dellalone solare visibile anche in piena notte, intravisto in un momento di temporanea veglia. Sono le nubi nottilucenti, che riflettono la luce solare e creano lillusione di essere ancora in un crepuscolo inoltrato. Sono questi i momenti in cui non mi pento di aver voluto venire qua. La mattina ci destiamo con largo anticipo, per essere pronti a scattare verso il porto non appena messo piede a terra. Gli altri passeggeri dormono ancora tutti. Estesi boschi circondano la ferrovia da ambo le parti, nascondendo ogni cosa, e la luce gi forte, nonostante siano solo le sei e mezza. Il treno supera silenziosamente il limite del Circolo Polare Artico, senza che ci venga annunciato da alcun altoparlante, rispettoso del sonno dei viaggiatori. Siamo ora nella magica terra del sole di mezzanotte e della notte polare, e superare questo confine invisibile
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non pu non riempirci di soggezione. Essere oltre un Circolo Polare un po come superare una linea di demarcazione mistica. Qui si trovano alcuni tra gli ultimi avamposti umani prima delle gelide terre polari, e poterli raggiungere una fantastica opportunit che siamo pi che grati di avere ricevuto. Tuttavia, non siamo ancora arrivati a Bod e non c ancora nulla di certo, perci ci conviene non farci trasportare troppo dal romanticismo. Non conosciamo nulla di questa citt, n dell'ubicazione della sua stazione navale, e andiamo praticamente alla cieca, sperando di avere fortuna e di trovare il traghetto della mattina. In caso contrario, ci toccher quello del primo pomeriggio, che ci farebbe perdere un sacco di tempo inutilmente. Oltretutto, siamo in ritardo di quasi unora rispetto agli orari previsti, e stavolta il treno non ha recuperato il tempo perduto. Ci significa che arriviamo a Bod proprio in coincidenza con lorario di partenza del traghetto. Mentre il treno si sta lentamente arrestando al capolinea assoluto delle ferrovie norvegesi, noi siamo gi in piedi con gli zaini in spalla, allacciati sotto la vita per scaricare meglio il peso sui muscoli lombari. L'adrenalina gi in corpo a dosi massicce, sapendo che abbiamo solo pochi minuti a disposizione. Bod Appena scesi, non perdiamo un secondo. Chiediamo il pi velocemente possibile alcune informazioni alla bigliettaia della stazione, dopodich ci dirigiamo speditamente nella direzione da lei indicata. Non sentiamo nemmeno il freddo pungente della mattina artica. Intravedo in lontananza dell'acqua e deduco che da quella parte ci deve essere il porto. Una volta arrivati in zona, per, non vediamo in giro anima viva. C' soltanto un singolo traghetto attraccato, che sembra in procinto di partire, ma non ha scritto niente sulle sue fiancate o da altre parti, da cui non possiamo sapere dove sia diretto. Per giunta non c' nemmeno l'accenno di una biglietteria. La brutta sensazione di essere rimasti a terra si impadronisce di noi, ma non demordiamo. Rischiando di farci investire dalle automobili che passano veloci lungo il curvone, attraversiamo la strada e troviamo casualmente due ragazzi in motocicletta, fermi davanti al traghetto. Sono gli unici esseri umani rintracciabili nel raggio di un
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chilometro quadrato. Gli chiediamo dove possiamo fare i biglietti, e loro rispondono indicandoci vagamente una costruzione distante circa cento metri. Corriamo ancora pi veloci per fare questi fantomatici biglietti, ma la mia cintura non tiene e i pantaloni quasi mi cadono a terra. Devo rallentare per sistemarla, perdendo altro tempo. Arriviamo trafelati in questo complesso di baracche bianche con il tetto grigio, adibite a bar e servizi igienici, ma di biglietterie non c nemmeno unombra sbiadita. Ormai disperati, torniamo altrettanto velocemente al traghetto ormeggiato, sperando di poter fare i biglietti direttamente a bordo. Questo, ovviamente, ammettendo che tale nave sia effettivamente diretta a Moskenes, il paesino a sud dellarcipelago Lofoten. Magari il nostro traghetto gi partito da un pezzo e stiamo correndo per niente. La moto dei due ragazzi si appena accesa e sta entrando nel vano veicoli, mentre il controllore sta per chiudere il passaggio. Riusciamo ad entrare nel traghetto per un pelo e a comprare i due biglietti direttamente dal controllore, dopo aver ricevuto la conferma che la destinazione quella che cerchiamo. Mentre stiamo ancora cercando le monetine di calibro pi piccolo per pagare esattamente la cifra dovuta, la piattaforma di metallo si rialza velocemente e chiude l'entrata a qualsiasi veicolo o persona che volesse salire. Isole Lofoten Ancora totalmente increduli per essere veramente riusciti a salire sul traghetto, individuiamo i primi posti a sedere disponibili e ci lasciamo cadere quasi a peso morto sulla morbida tela violacea che li ricopre, con gli zaini ancora allacciati in ogni punto. Col fiatone, ci guardiamo con aria stralunata ma indescrivibilmente felice. Non so come avremmo potuto reagire, vedendo il traghetto partire proprio sotto i nostri occhi e condannandoci a cinque ore di inutile attesa. Il computer di bordo sopra le nostre teste ci informa che la traversata durer in totale un paio d'ore. Sul piccolo schermo appare di tutto: la velocit della nave, quella del vento e la direzione in cui spira, la posizione geografica che stiamo occupando, la forma dell'itinerario percorso. Anche qui c la striscia colorata che si allunga a mano a mano che la nave prosegue nella sua traversata.

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Inizialmente non mi accorgo nemmeno che siamo in movimento, poich sono troppo concentrato sul colpo di fortuna assurdo che c' appena capitato. Quando Davide esce per fare delle riprese con la videocamera, io non ho nemmeno la forza di alzarmi per seguirlo: preferisco rimanere seduto a lasciar scaricare l'adrenalina, con le gambe che mi tremano ancora leggermente. Un po di succo di frutta toglie l'aridit della gola e la barretta di cioccolato mi dona nuova forza, e dopo qualche minuto mi avventuro fuori anchio. Solo ora, dopo parecchi minuti, mi accorgo che Bod si sta allontanando e le creste rocciose delle Lofoten si avvicinano. Il forte vento mi convince a rientrare presto: per ora ho solo voglia di starmene tranquillo e rilassato in un ambiente caldo, finch non mi sar completamente rimesso in sesto. Quando per le isole sono molto vicine, non posso esimermi dal tornar fuori a vederle. Pu anche tirare un vento gioviano, ma non posso perdermi lo spettacolo. Gi da lontano, si nota che le montagne dellarcipelago hanno qualcosa di strano. Sembrano dei grossi denti che spuntano direttamente dall'acqua, in gran parte irregolarmente frastagliati e aguzzi, e quasi tutti piegati in ununica direzione. Sembra che vi sia un dente del giudizio che li costringe a spostarsi lateralmente, accalcandoli gli uni contro gli altri. Oppure potrebbe essere merito di una strana forza invisibile che aleggia sopra l'isola e attira irresistibilmente le cime delle montagne tutte da una parte. Ci avviciniamo sempre di pi al punto d'attracco, osservando molto intensamente queste strane rocce e il paesino che sta ai loro piedi. La curiosit sale a mille. i Lofoten Il villaggio di Moskenes, situato nella punta meridionale dellarcipelago, il nostro primo punto d'arrivo. Non appena messo piede a terra, lo sbalordimento non fa che aumentare: le montagne sono quasi identiche alle nostre Dolomiti, vale a dire rocciose e totalmente spoglie di vegetazione arborea o arbustiva, ma la differenza che si stagliano direttamente sull'oceano, quasi senza soluzione di continuit, e sono tutte cos curiosamente inclinate. Moskenes un borgo piccolissimo ed insignificante, ma ha un ottimo ufficio turistico: per il sostentamento di queste isolette
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dimenticate dal mondo, la pesca e il turismo significano tutto. Apprendiamo che presto passer un pullman che ci porter ad i Lofoten, il paese monolettera che un po il punto di riferimento delle Lofoten meridionali. Ancora con gli occhi non abituati a questo ben poco comune panorama insulare, ci sediamo pazientemente ad aspettare questo fantomatico bus, ma non si vede nulla arrivare. Siamo in pochissimi e la zona di un silenzio quasi totale. Alcune automobili sono ferme e aspettano di entrare nel prossimo traghetto, ma nulla si muove. Dopo qualche minuto, arriva da lontano un anonimo furgoncino che supera la piccola chiesetta bianca del paese, passa oltre a noi senza fermarsi e parcheggia dietro il centro informazioni, sparendo dalla nostra vista. Non ci facciamo molto caso, finch Davide avanza un'ipotesi audace. Non sar mica quello il nostro pullman? Presi dalla curiosit andiamo a controllare, e lintuizione si rivela azzeccata: grande poco pi di un furgoncino dei gelati, conta solo quattordici posti a sedere. Questo il mezzo che ci porter fino ad i Lofoten. Saliamo divertiti su questo trabiccolo e ci godiamo dieci minuti di strada assolutamente indimenticabili: lo spettacolo che offrono queste isolette impareggiabile. Ovunque ci giriamo ci sono baie, casette rosse su palafitte, piccole costruzioni incastrate in mezzo alle rocce costiere. Su tali rocce cresce solo della fragile erbetta o qualche raro arbusto abbarbicato su se stesso e piantato saldamente nella poca terra presente. Ci sono innumerevoli barchette da pesca ormeggiate sotto le case, cespugli di fiori circondati da piccoli laghetti, golfi che penetrano fin nei villaggi grazie a strettissime aperture nelle coste rocciose, montagne di nuda roccia appuntite e arzigogolate che ci sovrastano incastonandosi perfettamente con la geometria dei villaggi e strapiombando sull'oceano immenso. Un paesaggio che sembra uscito dalla penna del pi fantasioso scrittore di favole mai esistito a questo mondo. Mentre il furgoncino borbotta e sbuffa lungo le strette stradine, ci viene quasi il torcicollo a furia di girarci indietro e voltare la testa di qua e di l, irrimediabilmente rapiti dal meraviglioso panorama. I quadri nel museo di Oslo non erano semplice fantasia. Il villaggio di i Lofoten altrettanto splendido: ci vive meno di un centinaio di persone, ed quanto di pi appartato e rustico si possa
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pensare. Questo vecchio e fiero borgo di casette rosse, abitate da pescatori e da innumerevoli gabbiani, resiste al passare del tempo senza abbandonare le sue tradizioni n un briciolo della sua piccola ma significativa storia. Ci non toglie che gli abitanti si concedano qualche modernit: laccesso a Internet arrivato anche in questo paesino sperduto, tuttavia nessuno ha appeso al chiodo le reti da pesca. Ogni singolo angolo di strada veramente pittoresco. C' un unico negozio di cibarie, dotato di registratore di cassa manuale e di etichette sulle quali segnare i prezzi delle merci, come si faceva una volta. Un solitario ristorante si affaccia direttamente sul mare in una posizione strategica, circondato da baracche di legno che fungono da officine attrezzi, ormai trasformate in musei. Il tutto condito da innumerevoli tralicci di legno, usati da secoli per appendere gli stoccafissi a seccare durante i mesi primaverili e per far asciugare le reti da pesca al sole. Ancora piacevolmente frastornati dall'impatto con questo ridente paesino, troviamo immediatamente l'ostello: lautobus ci ha lasciato esattamente di fronte ad esso, ma in ogni caso il luogo cos piccolo che impossibile avere problemi di orientamento. All'ufficio turistico, anche qui presente ed efficiente, non ci danno la piantina del paese, bens direttamente una fotografia scattata da poche decine di metri d'altezza, sufficiente a comprendere in un colpo solo tutto quello che c' da vedere. Alloggiamo in un carinissimo rettangolino di legno con quattro letti, finestrelle quadrate, stufa elettrica per le evenienze e pochissima polvere. Un ottimo regalo per noi allergici agli acari. La camera ancora completamente libera, ma dovremo aspettare la sera per scoprire se avremo compagnia. Ci concediamo un'ottima birra comprata all'alimentari, questa volta senza limitazioni d'alcun genere, gustandocene ogni sorso come simbolo di ritrovata libert. Duecento chilometri a nord del Circolo Polare Artico, ora siamo proprio in un altro mondo. Le botteghe Non possiamo non esplorare ogni angolo del paese, e cominciamo subito dopo aver bevuto lultimo sorso di birra. Una mezzoretta prima che chiudano, riusciamo a visitare tutti i musei del posto, se
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cos si possono chiamare, viste le loro dimensioni. Ognuno in passato era adibito ad una funzione diversa. La casa del pescatore talmente piccola che si fa fatica a muoversi. Le scale sono conformate nel modo usuale, ma sono talmente ripide da risultare quasi verticali, come una scala a pioli. I soffitti sono bassissimi per una persona di normale statura, figuriamoci per i nordici che sono notoriamente pi alti di noi. Tutto rispecchia pienamente la dura vita dei pescatori, abituati alle poche comodit e al lavoro pesante. Su ogni comodino si trovano soprammobili di porcellana, vecchissimi vasi di ceramica e molte fotografie ricordo delle famiglie del paese; sul tavolo della minuscola cucina sono allineate diverse bottiglie di vino, molto impolverate, che si possono solamente annusare. La tentazione di rimanere ad abitare per un po in questi piccoli gioiellini dismessi e provare com'era la vita dei pescatori veramente forte, ma dobbiamo accontentarci della camera del nostro ostello, che tuttavia non molto diversa. La prossima stamberga la rimessa delle imbarcazioni e degli attrezzi da pesca, tutti abbondantemente arrugginiti. Sempre qui si trovano delle impressionanti e autentiche ossa d'animali acquatici, in particolare una vertebra di balena. identica nella forma a quelle umane, ma grossa come un televisore. Impressionante! Sapevo che la balenottera azzurra pu raggiungere i trenta metri di lunghezza, ma vedere di persona una sua parte, grossa almeno cinquanta volte la corrispondente umana, tutta unaltra cosa. Tocca ora alla fabbrica di olio di fegato di merluzzo, la pi antica dell'intera Europa. Le capsule che ingoiamo oggi per ridurre il colesterolo arrivano da posti come questo. A pensarci bene, strano: ci fa capire come tutto il mondo sia collegato insieme da una rete invisibile, di cui purtroppo spesso non ci rendiamo nemmeno conto, credendo di bastare a noi stessi e di non aver bisogno di nient'altro, di nessun'altra cultura diversa dalla nostra, mentre ogni singola parte del mondo importante per dare il suo contributo al massiccio e poliedrico ingranaggio della vita. Poco distante c' la vecchia fucina del fabbro, con le sue morse arrugginite ma ancora funzionanti e i suoi utensili di ogni forma e dimensione. Qui si fabbricavano gli strani coltelli per sventrare i pesci, oltre alle lampade ad olio necessarie per illuminare le abitazioni nei duri mesi invernali.
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Infine, chiude il cerchio il panificio, col suo enorme forno annerito. Ora freddo da anni, ma chiss in passato quanti sacchi di farina sono finiti in quella piccola grotta rovente. Questa era la vita che si faceva ad : semplice, tranquilla, di pochissime pretese e altrettante poche aspettative, atta solo a guadagnarsi da vivere onestamente senza dare fastidio a nessuno, e soprattutto senza distruggere l'ambiente. Una vita che pu apparire invidiabile o detestabile, ma indiscutibilmente autentica. Se penso che anche questi gioiellini di isolette sono state coinvolte loro malgrado nella seconda guerra mondiale, in cui l'unico obiettivo era distruggere il pi possibile per accaparrarsi una supremazia territoriale ed economica, mi chiedo veramente a che livello possa arrivare l'idiozia d'alcuni esseri umani, sempre che si possano definire propriamente tali. Come coronamento finale, tentiamo anche di visitare il museo dello stoccafisso, vero motore dell'economia locale. Il famoso pesce delle Lofoten viene periodicamente esportato nel Vicentino, grazie ad un gemellaggio collettivo che garantisce continui scambi sia commerciali sia culturali. In quel di Vicenza, lo stoccafisso viene poi cucinato con la ricetta locale, alla Festa del Baccal. Come per confermare questa lunga e fruttuosa collaborazione, sulla porta troneggia un cartello che recita orgogliosamente "Noi parliamo italiano!". Purtroppo, prima di riuscire ad entrare veniamo bloccati dal gestore, il quale ci comunica in perfetto italiano che il museo in chiusura. Non abbiamo nemmeno aperto bocca: sa solo lui come abbia fatto a capire che siamo italiani. Per caso ce labbiamo scritto in fronte? Oceano Esaurita la parte culturale, il momento di dedicarsi alla natura, che non ha orari di chiusura. La baia del paese una porta aperta sullimmenso Oceano Atlantico. Seduto sullultimo spruzzo di roccia prima del mare, osservo lorizzonte in uno stato di pace mentale assoluta. Il mare, piatto quasi come una tavola, elimina qualsiasi brutto pensiero. Guardando il cielo sgombro mentre si fonde con loceano allorizzonte, mi sento quasi trasportato in quella zona con la mente, mentre il corpo rimane fermo seduto sulla roccia. Il ritmico alternarsi delle debolissime onde amplifica questa sensazione e provo una forte attrazione per quella sconfinata distesa
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dacqua, nonostante non sappia nemmeno nuotare. Non un rumore, n tanto meno quello delle nostre voci, che stanno perfettamente zitte lasciandoci ascoltare lassordante silenzio della natura. Quando ci siamo lasciati sufficientemente ipnotizzare dalle onde, tempo di cercare nuove visuali: dalle collinette di sassi e muschio che sovrastano il borgo si pu godere di una vista davvero emozionante. Di fronte a noi il minuscolo paese, alla nostra sinistra le imponenti montagne che lasciano in ombra buona parte della zona, mentre sulla destra appena visibile un campeggio in riva al mare. Dietro di noi c un verdognolo lago circondato da montagne, e sulle cui rive due persone stanno campeggiando liberamente, non senza suscitarci una punta d'invidia. Pavel Torniamo in ostello gi rimpiangendo gli stupendi momenti appena vissuti, e facciamo conoscenza con il nostro nuovo compagno di stanza, un ventiseienne israeliano di nome Pavel. Si rivela subito estremamente loquace, a volte perfino invadente. Non la smette nemmeno per un secondo di farci domande di ogni tipo. Dopo un po scopriamo che s intrufolato in ostello senza pagare, e per giunta sta usando il sacco a pelo, che severamente proibito onde evitare infestazioni di pidocchi. Facciamo finta di niente e aspettiamo che esca per riguadagnare qualche minuto di tranquillit, ma dopo poco il richiamo serale di i Lofoten si fa sentire anche per noi. Non possiamo certo perderci latmosfera di questo piccolo capolavoro, mentre il sole inizia lentamente a scendere sotto lorizzonte. Solo un mese fa non sarebbe tramontato affatto. Appena usciti dalledificio, ritroviamo subito il nostro compare. molto difficile non incontrarsi in un paese abitato pi da gabbiani che da esseri umani. Pavel formalmente ci invita a fare una passeggiata, ma praticamente ci costringe ad andare con lui. Inizia dunque a raccontarci le sue imprese di free climber, indicandoci la montagna di fronte a noi e sostenendo di essere in grado di scalarla in venti minuti senza aiuti d'alcuna sorta. Siamo abbastanza scettici a proposito di questaffermazione, nonostante il suo fisico robusto e muscoloso parli chiaro, ma non lo contraddiciamo per puro istinto di conservazione. Il suo argomento successivo il confronto tra le temperature locali e quelle israeliane, esposto con dovizia di
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particolari. Infine, non poteva mancare un accenno agli italiani: afferma di averne incontrati praticamente ovunque, veri infestatori di ostelli (in senso positivo). Tutto sommato il ragazzone simpatico, peccato che sia tremendamente logorroico e non ci lasci nemmeno il tempo di replicare qualcosa alle sue affermazioni. Continuiamo quindi a camminare verso il promontorio, sempre incalzati dalla sua parlantina inarrestabile, sperando che la bellezza del posto alla fine azzittisca anche lui. Sono quasi le undici di sera, ma la luce ancora praticamente diurna. Il mare incontra dolcemente il cielo rosato, mentre qualche gabbiano lancia il suo grido in mezzo al mare. La maggior parte degli uccelli si ormai ritirata sotto i tetti delle case, dove se ne possono vedere a centinaia, e tutti non smettono un solo secondo di garrire. Beati loro che si godono questa meraviglia gratuitamente per tutto l'anno. Nonostante il terzo incomodo, si viene a creare un altro momento meditativo di grande intensit: i colori del tramonto amplificano la perenne sensazione di meraviglia che ci ha presi non appena abbiamo messo piede alle Lofoten. Tuttavia Pavel non vuole proprio saperne di stare zitto e cos accampiamo una scusa per tornarcene in ostello, unicamente per liberarcene. Tuttavia, ci dormiamo assieme, quindi non possiamo scappare molto a lungo. Passiamo la serata a chiacchierare del pi e del meno, e solo in ora molto tarda il grosso Pavel ci permette di infilarci sotto le coperte per dormire. Domani ci aspetta una giornata molto intensa e dobbiamo recuperare le energie Pedalando L'ostello propone un servizio di noleggio biciclette per ventiquattro ore, pi che sufficienti per effettuare un giro panoramico eccezionale. Quale mezzo migliore di una bicicletta per esplorare nei dettagli quest'angolo di paradiso terrestre? Con una tariffa piuttosto salata, ma non trattabile, la ragazza della reception ci porta a scegliere i nostri mezzi. Sono tutte delle scassate ed apparentemente poco affidabili biciclette da citt, che probabilmente hanno molte migliaia di chilometri alle spalle, ma non possiamo pretendere troppo. La selezione dei mezzi accurata: scartiamo le bici che frenano poco, quelle con i cambi di velocit troppo arrugginiti e quelle apparentemente un po sbilanciate. Alla
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fine, non resta di meglio che due biciclette costruite assemblando parti d'altre bici diverse tra loro, come testimonia il cambio di velocit, la cui levetta segna ben sette rapporti, quando in realt le ruote dentate sono solo tre. Io non monto su una bicicletta da parecchi anni e non sono mai stato una cima del ciclismo, mentre Davide un po pi abituato a pedalare, ma anche lui a corto d'allenamento da qualche anno, perci possiamo dire che entrambi siamo assolutamente fuori forma. Dopo un periodo di inattivit totale, riprendiamo entrambi ad andare in bici nell'ultimo posto al mondo che ci saremmo aspettati. Partiamo lentamente, ancora ignari di ci che ci aspetta. Siamo freschi di energie, ma solo per i primi cinque minuti. Le strade delle Lofoten, seppur ottimamente asfaltate e prive di buche, sono infatti estremamente tortuose, e se possono apparire affascinanti e divertenti quando si percorrono in autobus o in macchina, in bicicletta sono odiose. Si tratta, infatti, di superare continui e ripidi saliscendi, distruttivi per gambe non allenate. Ripercorrendo la strada che ci porta a Moskenes, rivediamo ancora tutti i meravigliosi paesaggi dell'andata, ma la differenza che stavolta stiamo soffrendo non poco per far camminare questi rottami, totalmente inadatti ad un percorso simile. La fine delle salite un miraggio che non arriva mai, e in compenso le discese finiscono sempre in un attimo. Il percorso veramente massacrante e mi sto leggermente pentendo di aver voluto a tutti i costi fare questa gita, ma poi penso che in caso contrario lavremmo rimpianta troppo. Cos stringo i denti e continuo a faticare sulla bicicletta con la mia penosa andatura, maledicendo ogni salita e benedicendo ogni discesa, consapevole che prima o poi arriver in un qualche posto. Nonostante la fatica e landatura a dir poco stentata, percorriamo abbastanza velocemente i quattro chilometri e mezzo che ci separano da Moskenes. Ora il momento di proseguire ancora oltre, verso altre mete ed altre presumibili meraviglie naturali e artificiali. Presto incontriamo una galleria lunga esattamente un chilometro, come segnala il cartello posto allentrata. A nessuno di noi mai capitato di percorrerne una in bici, ma la imbocchiamo senza pensarci troppo a lungo. Le automobili che sfrecciano in galleria vengono preannunciate da un rombo fragoroso, come se stesse atterrando un aereo di linea proprio di fianco a noi, ma quasi sempre il tremendo rombo rivela poi una banale utilitaria, lanciata
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alla folle velocit di cinquanta chilometri l'ora. Abbiamo un po paura di sbandare per gli spostamenti d'aria dei mezzi che ci passano di fianco, visto anche il bordo della strada molto irregolare e ciottolato, ma presto usciamo dal tunnel, indenni. Quando rivediamo la luce del sole e abituiamo le pupille al cambio di luminosit, abbiamo davanti un'altra scena mirabolante. Il calmissimo mare in un bagno di sole, e davanti a noi ben visibile laggraziato dosso di uno degli innumerevoli ponti che collegano tra loro le decine di isolette. Le catene montuose si estendono a perdita docchio, affiancate come decine di mostri marini, emersi per fare a pezzi gli sparuti agglomerati residenziali che ogni tanto si scorgono ai piedi di questi ammassi di roccia aguzza ed irregolare. Siamo fortunati ad aver trovato delle giornate cos belle, poich meteorologicamente parlando le Lofoten sono famose per essere capricciose e volubili. Ci accorgiamo solo ora della presenza di una pista ciclabile, costruita apposta per non dover attraversare direttamente la galleria. Fosse stata segnalata un po meglio, magari lavremmo anche vista. Tutto sommato, per, ci siamo divertiti molto di pi a passare in mezzo alla galleria! Con rinfrancato spirito, prendiamo stavolta la pista ciclabile ed imbocchiamo il primo ponte sospeso, con la sua curva sinuosa che aspetta solo di essere solcata dal nostro consumato battistrada. Le isolette sono unite tra loro in modo cos apparentemente precario da sembrare catene umane, e alcune possono a malapena dirsi isole in quanto sono poco pi che scogli, sui quali i ponti fanno presa da un lato per poi ripartire dallaltro entro poche decine di metri, unendosi ad uno scoglio pi grande. Solo in pochi punti c qualche sparuta collinetta vagamente erbosa, in mezzo alla rocciosit generale. Appare ora la cittadina di Reine, sorta sul pi grande degli isolotti. Le biciclette scendono veloci per l'inerzia della discesa, concedendoci un breve riposo dopo una prolungata salita. Anche qui dimorano poche centinaia d'abitanti, ma le strade sono notevolmente pi larghe, c un piccolo supermercato e addirittura uno sportello bancomat. Dopo una breve sosta per riprendere fiato, ripartiamo alla volta della prossima cittadina, Hamnoy. Lungo la strada ci godiamo lo scenario pi bello dellintero arcipelago. I ponticelli sono sempre pi suggestivi: alcuni hanno diverse campate di cemento, mentre altri sono solo dei semplici
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ammassi di roccia, levigata sulla cima per permettere alle auto di passare, ma lasciata grezza ed irregolare sulle pareti laterali. Non sono ovviamente disposti su una linea retta, bens a zig zag, e non potrebbe essere altrimenti data la geografia tremendamente frastagliata delle isole. In corrispondenza dei ponti, capita spesso che le automobili che si incrociano debbano alternarsi per poter passare entrambe, e perci le imboccature sono quasi sempre regolate da semaforo. Nonostante lo scarsissimo traffico, ci pu significare attese anche molto lunghe per passare da un appezzamento di terra allaltro. Il dedalo di vie di comunicazione creato dai ponti piacevolissimo da percorrere, e la fatica di pedalare si attenua notevolmente, schiacciata dal fascino di questi sputi di terra e roccia sparsi in mezzo allacqua. In mezzo allacqua si ergono degli strani recinti circolari di ferro verniciato, che assomigliano a piccole arene, apparentemente sospese sulloceano. Non hanno un pavimento: c unicamente la ringhiera, la quale circonda solo altra acqua. Non si capisce bene come possa stare in piedi una struttura simile, n tanto meno riusciamo ad immaginare a cosa serva: forse sono punti d'attacco delle reti da pesca, o chiss cos'altro. Non mancano nemmeno i numerosissimi tralicci di legno infissi nei rari punti dove il suolo erboso. Le montagne circostanti, nude o al massimo popolate da pochi fili derba rachitici, formano delle strette gole ed insenature, nelle quali lacqua si insinua con grazia. Solo in alcuni punti le pareti rocciose degradano in una gola a forma di U, che per quanto bassa non lascia per intravedere nulla al di l di essa. Alcune montagne hanno persino delle tracce di neve nelle zone che rimangono perennemente in ombra. Vedere della neve estiva su una montagna sorta al livello del mare uno spettacolo decisamente inusuale! A mano a mano che passiamo da un ponte all'altro, fermandoci sempre pi spesso per via della stanchezza che ormai la bellezza dei paesaggi non mitiga pi a sufficienza, arriviamo alla cittadina di Hamnoy, dislocata in modo a dir poco bizzarro sugli scogli. I nostri stomaci reclamano qualcosa di commestibile, perci cerchiamo un posto tranquillo dove poterci stravaccare in pace. Ci fermiamo su una spiaggia isolata e rocciosa, lungo la quale sorge una serie di case su palafitte, elegantemente alternate alle rocce lambite dal mare. Le
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case sembrano momentaneamente disabitate, perci possiamo intrufolarci nei cortili e usufruire delle panchine senza il timore di essere scacciati. Le alghe e i coralli che intravediamo nell'acqua bassa sono un'infinit, cos come sono numerosissimi gli uccelli che vociferano continuamente, dicendosi chiss che cosa nel loro linguaggio a noi incomprensibile. Magari si stanno insultando e cercano di cacciarsi via vicendevolmente dalla propria zona, mentre a noi sembra che stiano semplicemente cantando. Il sole quasi a perpendicolo sopra di noi, e mi viene quasi la tentazione di fare un bagno in mare per rinfrescarmi un po, ma accantono lidea quasi subito. Non tanto per la mancanza del costume, ma piuttosto per la paura di cosa mi potrebbe succedere una volta uscito ed esposto al vento fresco ed incessante, che da ore ci sferza vigoroso. Mi limito dunque a lavarmi le mani, per togliere dai palmi la sostanza appiccicaticcia che ricopre il manubrio della bicicletta. Moskenes Ormai ripresici dalla fatica, ma non dai dolori alle gambe, iniziamo a tornare indietro. Anche stavolta, come successe al Preikestolen, il ritorno si rivela duro tanto quanto l'andata. Tutti i saliscendi si sono semplicemente invertiti e conservano intatta la loro difficolt. Sono cos stanco che percorro praticamente tutte le salite spingendo la bicicletta a piedi. Questa volta evitiamo la galleria, preferendo le sterrate strade alternative, fiancheggiate da alberelli e percorse solo da qualche raro turista appiedato, per poi arrivare nuovamente a Moskenes. La chiesetta bianca, posta su una piccola altura, ci d il benvenuto, mentre l'ufficio informazioni vende magliette delle Lofoten raffiguranti il sole di mezzanotte, tazze souvenir e perfino delle bustine di stoccafisso, rigido come il legno e talmente disidratato da contenere ben ottanta grammi su cento di proteine. Passiamo lentamente in mezzo alle onnipresenti e fittamente intrecciate travi di legno, alcune delle quali recano stesa qualche malandata rete da pesca strappata in alcuni punti e probabilmente inutilizzabile. Non c anima viva in giro per il paese e ormai siamo molto stanchi, dunque meglio far rotta subito verso i Lofoten. Mentre Davide ha ancora una certa energia nelle gambe, io ormai continuo a spingere sui pedali per forza d'inerzia. Vale la pena di
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riportare un memorabile scambio di battute, proferito a stento durante una difficile salita: Daniele: "Ma come fanno quelli che fanno il giro d'Italia?" Davide: "Si dopano" Daniele: "E quelli che non si dopano?" Davide: "Arrivano ultimi!" Si prepara una missione Alle cinque di pomeriggio, raggiungiamo finalmente i Lofoten, fermandoci direttamente nei sostegni delle biciclette. Non vogliamo pi avere a che fare con quegli orrendi velocipedi, nemmeno per un istante. Siamo distrutti dalla fatica, ma anche molto soddisfatti. Per esigenze di servizio dobbiamo cambiare ostello, approdando in una camera quadrupla ma disabitata. Siamo riusciti a sfuggire alla logorrea di Pavel, se non altro. La sera siamo troppo stanchi per uscire, cos passiamo il tempo cercando di calcolare il calore irradiato dalla lampadina appesa al soffitto. Una volta trovata la metratura cubica della stanza, calcolata partendo dalla capacit dei nostri zaini, e trovato il calore specifico prodotto dalla lampadina, possiamo dedurre che a livello teorico la nostra lampadina scalda di sei gradi la temperatura della stanza ogni ora! Insomma un ottimo modo per far passare il tempo fondendosi il cervello inutilmente. Prenotiamo inoltre un ostello nella piccola cittadina di Svolvr, trovato allultimo minuto dopo una lunga ricerca. La citt la capitale amministrativa delle Lofoten, nonch la pi antica dellintero Circolo Polare Artico: risale allepoca dei primi Vichinghi. Situata nella parte centrale della catena insulare e curiosamente gemellata con la nostrana citt di Ancona, sar la nostra prossima meta. La ragione per cui non scegliamo la ben pi visitata Stamsund che a pochi chilometri da Svolvr si trova un piccolo ed insignificante villaggio, Kabelvg, nel quale vive (o dovrebbe vivere) Lalla, una vecchia amica di mio padre. Purtroppo, i due hanno perso i contatti da pi di trentanni ormai, ma adesso ho lopportunit di ricucire questo strappo, e non voglio certo

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farmela scappare. Non sar tuttavia unimpresa facile: sicuramente in quel paesino ormai sar cambiato tutto, geografia e persone. Svolvr Dopo una buona dormita, ci svegliamo presto e abbandoniamo i Lofoten. Il nostro pullman impiegher circa tre ore e mezza per raggiungere la capitale amministrativa delle isole, che conta solamente quattromila abitanti, ma possiede addirittura un aeroporto. Un sacco della spazzatura smembrato, probabilmente opera di qualche cane o gatto in cerca di cibo, ha riversato tutto il suo contenuto sulla pensilina del bus, ma nessuno dei pochi presenti si cura di raccogliere i rifiuti. Tutti si preoccupano unicamente di ripararsi dal penetrante freddo che si insinua sotto le giacche. Il cielo oggi molto nuvoloso e renderebbe impraticabili le gite in bicicletta: troppo alto il rischio di pioggia e soprattutto troppo intenso il freddo, senza lausilio del prezioso sole. Siamo stati pi che fortunati. Ripercorrendo per l'ennesima volta la strada per Moskenes, che ormai conosciamo a memoria, il paese delle meraviglie si allontana sempre di pi e salutiamo malinconicamente questi luoghi incantati, che la nebbia fa sembrare ancora pi effimeri e inconsistenti. Costeggiando loceano, appaiono altre decine di ringhiere circolari perfettamente allineate tra loro, sospese come per magia in mezzo al mare. Con laumentare dei chilometri percorsi, l'aspetto delle isole cambia radicalmente. Le montagne cominciano a riempirsi di vegetazione arborea ed arbustiva, il paesaggio da fiabesco si fa sempre pi ordinario, specialmente una volta raggiunto lentroterra. Sembra tuttavia di viaggiare in alta montagna e non certo poco sopra il livello del mare. Aiuto il tempo a passare pi in fretta, rimettendo ancora una volta gli auricolari e facendo scorrere un po di tracce nel lettore. Cerco sempre di conciliarle col paesaggio, scegliendo solo quelle pi malinconiche ed evocative per accoppiarle alla perfezione con la natura e le condizioni atmosferiche. Alcune chitarre dal sapore decadente e triste mi fanno tornare un po di nostalgia per il ridente paesino appena abbandonato, finch un brano pi deciso e potente mi risolleva il morale e mi ricorda che sto andando in missione, a cercare come un segugio questa vecchia amica di famiglia. Quando mai mi ricapiter di viaggiare in un luogo
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cos remoto e di trovare una persona che tanto tempo fa ha avuto contatti con la mia famiglia? La piccola cittadina di Svolvr, situata in uninsenatura della costa circondata da montagne verdi, ormai segnalata come prossima. Per raggiungerla attraversiamo proprio Kabelvg, che si trova esattamente sulla strada principale. Cerchiamo di carpire gi qualche informazione sul paese, ma l'autobus passa senza fermarsi e non abbiamo modo di vedere quasi nulla, se non alcuni cespugli di fiori viola che riempiono ogni angolo libero di entrambi i lati della strada. L'arrivo a Svolvr un po approssimativo: dopo una mezzoretta di vagabondaggio nelle sue larghe e poco popolate strade, finalmente troviamo un ufficio informazioni, situato in una piazza affacciata direttamente sul mare. Accanto c il punto di partenza dei traghetti, presidiato da alcune giovani bigliettaie in borghese che si guardano attorno, cercando di catturare qualche nuovo cliente. Le bancarelle sono anche qui onnipresenti, mentre i numerosi uffici di cambio ci ricordano che siamo in una piccola capitale. La ragazza dell'ufficio informazioni ci spiega subito dove dobbiamo andare per raggiungere lalloggio, che come volevasi dimostrare lontanissimo. Un interminabile vialone da percorrere a piedi, poi un chilometrico ponte curvo, curiosamente piegato a forma di volta. Questenorme ed altissima lingua d'asfalto, che assicura vertigini ai deboli dorecchio, sovrasta i moli nei quali le navi da container aspettano di essere varate. Si intravedono in lontananza le numerose industrie ittiche che sostengono leconomia locale, e le montagne stavolta lasciano un po di terra tra s e il mare, non gettandosi pi a capofitto in acqua. Il ponte d lillusione di essere infinito: camminiamo e camminiamo, ma le distanze paiono sempre uguali. Quando finalmente il ponte termina, scopriamo che la piccola isola sulla quale siamo arrivati la zona industriale del paese. Le costruzioni pi frequenti sono i serbatoi per la benzina e il gasolio, mentre decine di pescherecci e qualche nave mercantile galleggiano pigramente in acqua. Lambiente intriso di un penetrante olezzo di pesce che si sente dappertutto. Recuperate le chiavi del nostro alloggio, camminiamo ancora per qualche centinaio di metri verso il limite del molo, fino ad arrivare ad un malandato edificio squadrato e scrostato. Alloggeremo qui. Lunica cosa positiva che la camera una doppia: per il resto, il panorama che si vede dalla finestra orrendo (in primissimo piano c' una cisterna di benzina) e non
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possiamo aprire la finestra senza che la stanza venga istantaneamente invasa dalla puzza, un insolito misto tra pesce fresco e gasolio bruciato. I letti sono ai limiti dell'igiene, cosparsi di peli, capelli e forfora, o chiss quale altra sporcizia non meglio identificabile. La stanza doccia e la stanza servizi hanno ingresso unico, e le docce sono la prima delle due stanze, cosicch se qualcuno si sta lavando tutti gli altri devono aspettare che finisca. Per fortuna dobbiamo rimanere qui solo due notti. Dopo aver coperto la sozzura dei letti con due lenzuola pulite, lasciamo la stanza e prendiamo lautobus per Kabelvg, che impiega solo dieci minuti per percorrere la strada che separa le due cittadine. Kabelvg Il paese piccolissimo e non sembra disporre di edifici pubblici significativi, a parte un ufficio informazioni dipinto di giallino sbiadito, che reca appese allesterno numerose bandiere di varie nazioni. Nonostante sia un luogo insignificante e poco popolato, il borgo ha un aspetto moderno e ben curato. C un ristorante e addirittura una banca. Prima di raggiungere il centro vero e proprio, cerchiamo il cognome della donna sui campanelli e sulle cassette della posta delle case che incontriamo, tutte rigorosamente di legno e verniciate con colori vivaci. Nessun nome corrisponde a quello di Lalla. Oltretutto, mio padre non si ricorda nulla n della via in cui si trovava la casa n tanto meno della casa stessa, dimenticanza pi che comprensibile dopo tutti questi anni, quindi siamo completamente soli nella nostra ricerca. Arrivati in centro, proviamo per prima cosa a chiedere all'ufficio informazioni dove sia il municipio, cos da trovare l'elenco dei residenti. Il giovane commesso non sa aiutarci nella nostra richiesta, forse un po azzardata. Sembra che non ne sappia nulla, o forse non c nemmeno un municipio a Kabelvg, perci desistiamo e tentiamo la fortuna nel ristorante. Essendo l'unico in tutto il paese, sar sicuramente frequentato da tutti e sar quindi probabile trovare qualcuno che abbia almeno sentito parlare di lei, o che addirittura la conosca di persona. Il locale ottimamente arredato e nulla lascia intendere che ci troviamo in uno sperduto paesino delle Lofoten. Chiediamo informazioni al barista, che si mostra subito molto gentile ed interessato al nostro caso. In un baleno, luomo chiama a
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raduno tutto il personale, cercando qualcuno a cui quel nome sia familiare. Le voci dei ristoratori si alternano incerte, e le poche informazioni che riceviamo sono approssimative e contraddittorie. L'unica che troviamo incoraggiante che vent'anni fa la donna dovrebbe essersi trasferita nella vicina isoletta di Skrova, ma non possono assicurarcelo, poich nessuno la conosce direttamente. Parlano solo in base a reminescenze. Lisola non lontana e si pu raggiungere in tre quarti dora col traghetto che parte da Svolvr. Potremmo farcela. Ringraziamo tutti per la cortesia e disponibilit che ci hanno dimostrato, e usciamo dal ristorante un po scoraggiati, ma decisi a non mollare. Per cercare di ottenere informazioni pi precise, entriamo in quello che sembra un piccolo museo. Proviamo a chiedere al bigliettaio se conosca l'ubicazione del municipio del paese, ma anche lui ci rimanda indietro allufficio informazioni. In questo paesino, evidentemente, non c altro di importante. Decidiamo di ritentare nuovamente l. Il commesso stavolta ci invita a tornare dopo un'ora, quando gli dar il cambio un uomo pi anziano che potrebbe esserci di maggiore aiuto. La proposta ragionevole. Nell'oretta che abbiamo da aspettare, andiamo a visitare la chiesa intravista durante il tragitto in pullman, che scopriamo essere la seconda chiesa in legno pi grande della Norvegia. Esternamente colpisce molto lo sguardo con la sua verniciatura giallina e marrone scuro, che dona alla chiesa unaria austera. Lintero edificio sorge su unaltura che domina una vecchia baia ormai prosciugata, tappezzata dagli strani fiori viola che qui sono particolarmente numerosi. L'ingresso costa venti corone, ma non le vale. Dentro c' ben poco da vedere. Usciamo presto, e Davide propone di cercare il camposanto: non detto che la nostra Lalla non si trovi l. Troviamo subito le lapidi, in mezzo ad un boschetto a pochi metri dalla chiesa. Come cimitero decisamente grande per un paese cos piccolo. Ci dividiamo per cercare meglio, ma pur setacciando lintera area da cima a fondo, troviamo solo un'omonimia di cognome. Meglio cos, almeno significa che la signora, seppur irreperibile, viva. O forse sepolta altrovechiss. Torniamo in paese, poich ormai passata quasi unora. Questa volta nellufficio ci sono due uomini. Uno ha laspetto pi vissuto, con la pelle rugosa e i ricciolini a cascata su tutto il capo, l'altro pi giovanile, anche se quest'ultimo che ci viene presentato come l'esperto del luogo.
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Purtroppo, nessuno dei due pare conoscere la signora Lalla. L'uomo apparentemente pi giovane prova anche con una telefonata, presumibilmente ad un ufficio informazioni di qualche altro posto vicino, o forse al municipio di Svolvr. Dopo qualche minuto di speranza, il ricevitore torna al suo posto. Nessuna informazione, nessun ricordo. Ci rassegniamo temporaneamente e ci sediamo in mezzo alla piazza a mangiare qualcosa, guardandoci attorno per scorgere qualche eventuale anziano vagante a cui possiamo fare qualche domanda, confidando in qualche suo ricordo di tanti anni fa. Purtroppo non abbiamo fortuna nemmeno qui. Non passa nessuno che possa aiutarci, solo qualche turista dall'aria distratta che passeggia attorno alle case. Oggi la fortuna ci ha proprio voltato le spalle. Attacco aereo Per calmare gli stomaci, ci sediamo su una panchina in mezzo alla piazza e tiriamo fuori i nostri ormai insopportabili panini con la mortadella, nauseante ma indispensabile componente dei nostri pasti. Frugando nello zaino, mi accorgo di avere ancora tre pacchetti di cracker italiani, ormai completamente sbriciolati. Dopo aver mangiato i panini, mi viene la buona idea di offrire i cracker agli uccelli che passeggiano per la piazza lastricata, perennemente in cerca di briciole dimenticate dagli umani. Apro un pacchetto, stritolandolo prima tra le mani per polverizzare bene il contenuto, ed incautamente ne getto un po ad un paio di piccioni che mi stanno passando proprio ora vicino alle gambe. Ma non affatto una buona idea. Nel giro di pochi secondi attiro una quantit impressionante di pennuti di ogni tipo, inclusi gli onnipresenti gabbiani, che arrivano in massa e si fiondano sul cibo, litigando e beccandosi tra loro. I volatili, presi da frenesia alimentare, si ammassano attorno al tavolo e alcuni ci salgono temerariamente sopra, scatenando le mie risate e l'ira del mio compagno di merende, che tocca lapice quando un gabbiano rapace, ingolosito da un sacchetto di biscotti lasciato imprudentemente aperto, scende in picchiata e fa razzia del cibo prima che possiamo avvicinarci per recuperarlo. Ma da dove sono saltati fuori tutti questi uccelli? Il nostro tavolo diventato una voliera. Davide mi guarda con aria indescrivibilmente seccata e mi odia per quello che ho combinato,
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ma io non riesco a far altro che ridere. Non riusciamo a scacciare tutti questi uccelli: hanno troppa fame per andarsene, e anche quando hanno finito di beccare l'ultima briciola non ne vogliono sapere di lasciarci in pace. Ormai sanno che gli ho dato da mangiare, e mi seguono nei miei spostamenti ovunque mi trasferisca. Siamo quindi costretti a traslocare di tavolo, mentre io uso gli altri pacchetti di cracker come esca, lanciando briciole sempre pi lontano per attirare i frenetici pennuti nella parte opposta della piazza. Con questo simpatico diversivo si conclude la nostra infruttuosa missione a Kabelvg, che abbandoniamo pochi minuti dopo. Rinnovata speranza Un po delusi dal fallimento della spedizione, ritentiamo il giorno seguente con lisola di Skrova. Anche se non troveremo Lalla, lufficio informazioni ci assicura che un bel posto dove passare un pomeriggio in pace, quindi pare la scelta pi azzeccata. La ricerca dunque non ancora finita, e qualche tenue speranza si sta riaccendendo, ultima fiammella superstite prima delleventuale soffio definitivo. La mattina ci alziamo molto presto per prendere il traghetto, che in tre quarti dora dovrebbe recapitarci su questo minuscolo appezzamento di terra e roccia, famoso per essere un centro baleniero. Nello spiazzo portuale non c come al solito anima viva, ma il traghetto dovrebbe partire proprio da qui. Cominciamo a preoccuparci, pensando di aver sbagliato qualcosa, ma quando una nave lentamente si accosta e si apre per lasciar salire inesistenti veicoli e passeggeri, la verit presto svelata. Siamo gli unici due temerari che stamattina vanno a Skrova. Senza di noi, il traghetto partirebbe vuoto. Una situazione lievemente imbarazzante, ma tutto sommato divertente avere una nave tutta per noi, con i bigliettai e manovratori che ci guardano come bestie rare. Probabilmente non ne vedono molti salpare a quest'ora per raggiungere un posto cos deserto. Dopo queste premesse, non possiamo fare a meno di chiederci che razza di isola misteriosa sia questa. Speriamo per i marinai e i macchinisti che almeno ci sia qualcun altro da caricare pi avanti, poich far partire dei traghetti completamente vuoti non devessere molto soddisfacente, anche se si pagati per farlo.
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Skrova Il minuscolo porto di Skrova anchesso completamente deserto. C un singolo punto d'attracco per le navi ed unaltrettanto singola corsia per il carico dei veicoli. Appena messo piede a terra e lanciata un'occhiata circolare a quel che vediamo del paese, capiamo subito di essere finiti in un vero e proprio villaggio fantasma. Nessuno in giro, un silenzio di tomba, tranquille casette con giardini ben tenuti, due panchine dalla curiosa forma a stella, e infine un unico negozio di generi alimentari, col marchio della catena Coop infisso sopra l'entrata. Detto cos, potrebbe far pensare ad un grande magazzino, ma il suddetto mercato non un grosso parallelepipedo bianco come siamo abituati a vedere, bens un minuscolo quadratino di nemmeno cinque metri di lato. Non possiamo fare a meno di sorridere, osservando questo buffo supermercato in miniatura. La globalizzazione arrivata anche qui. Nonostante la desolazione che si avverte nell'aria, lisola ha tuttavia una sua forte attrattiva: mi affascinano sempre questi luoghi cos dimenticati e fuori dal mondo. Skrova inoltre popolata da tantissimi gatti, notevolmente pelosi. Per questi animali, lisola devessere un paradiso. Qui hanno tutto il pesce che vogliono, e la probabilit di essere investiti da un'automobile, loro acerrima nemica senza odore n respiro, prossima allo zero. Non mi stupirei se tutti questi gatti avessero ventanni e pi. Una delle poche persone che incrociamo per le polverose stradine una simpatica signora con gli occhiali da sole, la quale ci riconosce subito come viaggiatori spaesati. Vedendoci vagare senza meta, girando la testa qua e l in preda alla disperazione, si avvicina a noi e gentilmente ci offre il suo aiuto. Approfittiamo per spiegarle che stiamo cercando lintrovabile signora Lalla, che secondo le nostre poche informazioni dovrebbe essersi trasferita qui, ma lei scuote il capo. Non si d tuttavia per vinta, offrendosi di provare a chiedere alla gente del posto. Su una delle panchine si appena seduta una signora attempata, con una rosa di capelli grigi. Le due donne si parlano un po nella loro lingua, ma niente: l'anziana donna vive qui da sempre e non ha mai conosciuto n sentito parlare di nessuno con quel nome. Oltre a lei non c nessun altro a cui chiedere. La ricerca finisce qui, ormai chiaro che non la troveremo mai.

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Cosa ci rimane da fare? Semplice: esplorare in ogni angolo quest'avamposto selvaggio. Alcune banderuole rosse, infisse nel terreno ad intervalli regolari, indicano la strada da seguire in mezzo alla vegetazione, per chi volesse fare il giro dellisola. In un tratto ci troviamo nel sottobosco, tra gli alberi che ci coprono come in un tunnel, poi siamo sulle rocce ricoperte interamente da muschi, licheni e cardi che crescono invadendo ogni spazio disponibile, poi siamo su massi enormi e lastricati di conchigliette, portate dalle onde che da millenni bagnano queste coste. Il silenzio completo, rotto solo dall'incespicare dei nostri passi su una roccia un po scivolosa e instabile, oppure dalle eriche e dal muschio secco, che crepitano quando sono calpestati e ci riempiono le scarpe di fastidiose spine. Ogni tanto mi devo fermare a toglierle, poich mi sembra di camminare su un letto di chiodi. Sul suolo crescono innumerevoli mirtilli e bacche rosse opache non meglio identificabili, forse ribes ancora immaturi. Alcune particolari sostanze nutritive, depositate qui dall'acqua delloceano, creano un ambiente in cui riescono a vivere delle specie di piante che alle nostre latitudini crescono solo in alta montagna. Un altro aspetto delle sfaccettate Lofoten. Cespugli di splendidi fiori, molto simili ad azalee, spuntano ogni tanto da qualche avvallamento nel terreno, insieme ad arbusti dalle foglie rosse ed arancione, che costeggiano intere parti di sentiero. Ogni tanto c qualche buca piuttosto profonda, coperta da lunghi fili derba che si piegano su di essa come a proteggerne lentrata, e pi volte rischio di posarci il piede sopra. Se non si sta attenti facile sprofondare ed insozzarsi col fango dei torrentelli nascosti. L'unico rumore percepibile quello del vento oceanico e delle risacche che non producono mai due volte lo stesso suono in milioni di anni, in un avanti e indietro che sempre stato e sempre sar. Per il resto, tutto tace. Proseguendo lungo la costa della collina, sbarrata dalle rocce e impossibile da percorrere ulteriormente, il sentiero vira verso lalto e muta bruscamente in roccioso e tortuoso. Ora la strada decisamente ripida. Pi volte perdiamo il sentiero e finiamo dentro i cespugli spinosi, che scricchiolano sotto i nostri piedi come il vetro sottile di lampadine infrante, facendoci sprofondare in un equilibrio costantemente instabile. Dobbiamo inerpicarci per molti gradini scavati nella roccia, decisamente faticosi da superare. Alcuni di essi
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creano delle piccole grotte, nelle quali un esploratore in difficolt potrebbe passare una notte al riparo. Finalmente, dalla cima si riapre la visuale sulla vallata sottostante. Il paese appare cos piccolo e insignificante da quass. Una bianchissima spiaggia sulla destra unisce come un ponte naturale l'isola su cui poggiamo i piedi con un'altra pi piccola, sulla quale spiccano due solitarie casette bianche. Sullo sfondo vi una lunga catena di montagne quasi esclusivamente rocciose, che solo in pochi punti degradano per consentirci la vista del mare che si estende oltre. Nuvoloni grigi avvolgono le cime in una densa cappa, che per non riversa nemmeno una goccia dacqua. Dopo una breve sosta sul crinale, ridiscendiamo per un sentiero ancora pi difficile, composto da continui salti tra una roccia e quella sottostante, abbastanza bassi da poterli superare con un balzo, ma abbastanza alti da farci male ai piedi se atterriamo con tutto il peso in una volta sola. Scivolando ed incespicando, raggiungiamo di nuovo il sentiero battuto, fiancheggiato dallonnipresente vegetazione del sottobosco. Felidi Ritornando nella deserta piazza, troviamo un bellissimo ma poco socievole gatto norvegese delle foreste, talmente peloso da sembrare un peluche fuori misura. In un impeto di sconsiderato ottimismo lo sollevo, esponendomi al rischio di graffiate, ma il bestione sembra starsene tranquillo. Pesa parecchio! Dopo molte insistenze, Davide mi scatta una foto mentre lo tengo saldamente tra le braccia, e un attimo dopo che la foto stata impressa sul rullino il gatto si libera dalla presa e scappa come un fulmine. Dato che il felino non offre molte soddisfazioni, ci avventuriamo in unaltra zona dellisola. L troviamo solamente quello che sembra un faro, ma che poi si rivela essere un centro di controllo per i cavi dell'alta tensione, che qui scorrono in parte appesi ai tralicci e in parte a terra, ben isolati ai lati del sentiero battuto. Lungo la strada non resisto al fascino di uno scivolo e di un'altalena, tra la disapprovazione del mio compare, che si rifiuta categoricamente di salirci. Tornando nella piazza principale, nella quale fa la sua comparsa anche qualche essere umano, ci sediamo involontariamente a fianco di un grosso nido di vespe. Ce ne accorgiamo solo dopo svariati minuti, quando dei bambini incoscienti iniziano a bombardarlo con numerosi
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sassolini. Gli insetti, visibilmente innervositi, cominciano ad uscire uno dopo laltro vorticando rabbiosamente attorno al nido, cos ce ne andiamo prima che inizino a prendersela con noi. Facciamo un giro anche nellultima parte del paese, seguendo la costa. Unaltra zona vuota e smorta che sembra proprio un villaggio abbandonato da Far West americano, se non fosse per alcuni simpaticissimi gattini di pochi mesi che hanno voglia di giocare. Si fanno anche prendere in braccio, da bravi cuccioli che ancora si fidano di tutti. Quando iniziano a rincorrersi tra loro infilandosi nelle siepi e nelle pallide staccionate, li lasciamo divertire e proseguiamo per il polveroso viale. Troviamo numerose automobili, vecchie di almeno trenta o quarant'anni, parcheggiate a fianco d'alcuni grossi blocchi di cemento abbandonati sulla riva. Probabilmente sono destinati alla costruzione o alla riparazione delle navi baleniere, che partendo da qui uccidono ogni anno centinaia di questi animali, tingendo di rosso gli oceani. Torniamo per lultima volta nelle vicinanze del molo, e assistiamo ad alcune animate lotte di territorio ingaggiate da tre felini autoctoni, che si rincorrono e si punzecchiano per decidere chi tra loro avr il dominio di quella zona. Ci divertiamo ad osservarli, mentre si scrutano prudentemente dalle loro posizioni di guardia. Ogni tanto fanno qualche piccolo scatto, per poi muoversi in tuttaltra direzione, ma la situazione non si risolve mai. Strano individuo Questa volta ci sono diverse persone sul traghetto e i posti disponibili sono pochi, perci ce ne accaparriamo velocemente due. Appena sbarcati, facciamo la spesa in un grande magazzino, dato che per qualche giorno non vedremo pi un ostello o un locale dove mangiare. Arriviamo proprio mentre stanno chiudendo e riusciamo a fare la spesa praticamente al volo. Mi metto a cercare febbrilmente le bustine di stoccafisso, poich presto usciremo dalla Norvegia e probabilmente non ne trover pi. Questa lultima occasione di provare questo tipicissimo prodotto. Sfortunatamente, per quanto giri il supermercato non riesco a trovarle, e inoltre veniamo pi volte in contatto con un essere umano di dubbia provenienza, coi capelli neri lunghi che paiono sottolio, i vestiti stracciati e una bottiglia vuota in mano. Il figuro si aggira per il
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supermercato sbuffando e facendo strani versi a chiunque involontariamente gli si pari davanti. Sembra che sia convinto di essere su un altro pianeta dallespressione che ha negli occhi, pericolosamente infossati. Dimostra settantanni, ma forse non raggiunge nemmeno i cinquanta. Mi inquieta un po, continuando ad andare avanti e indietro proprio a fianco a me, anche se dopo i primi versi che mi ha buttato in faccia sembra non curarsi pi della mia presenza. Affrettandoci a finire la spesa per liberarci il prima possibile del curioso personaggio, all'ultimo riesco a trovare le bustine di stoccafisso, seminascoste in un angolo. Non appena abbiamo finito di pagare dobbiamo subito uscire in fretta e furia, incalzati dagli inflessibili commessi, che non possono ritardare nemmeno di un minuto a chiudere il negozio. Quasi ci spingono allesterno, sotto la pioggia che sta iniziando a cadere proprio ora. Dello strano personaggio, fortunatamente, non v pi alcuna traccia. Per cena tento di mangiare lo stoccafisso cos come lho comprato, peccato che non riesco nemmeno a staccarne un pezzettino minuscolo da quanto duro! Ha la consistenza di un pezzo di legno, e va cucinato a dovere prima di poter essere commestibile. Domani si riparte alla volta di Narvik, uscendo definitivamente dalle terre norvegesi per non pi ritornarvi. Terre che ci hanno regalato grandi emozioni e splendidi ricordi, che ci accompagneranno per sempre. Narvik Ci attende una giornata intera in movimento, prima di raggiungere il nostro punto di riferimento in Svezia, la cittadina di Lule. Non riusciamo a contattare telefonicamente lunico ostello che abbiamo trovato, e non ne conosciamo nemmeno lindirizzo, quindi larrivo in citt sar piuttosto approssimativo. La mattina ci alziamo fin troppo presto, abbandonando con soddisfazione il puzzolente ostello, e saliamo sul bus che ci riporter sul continente. La prima destinazione Narvik, distante qualche centinaio di chilometri. Essendo domenica, non c' assolutamente nessuno in giro n niente d'aperto, nemmeno il pi grande dei supermercati. La luce gi forte, ma la cittadina dorme ancora e sembra proprio che non si voglia svegliare. Le uniche cose che si vedono muoversi sono le cartacce per terra, sospinte dal vento.
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Quando lautobus arriva, ci mettiamo comodi per affrontare il lungo tragitto che ci aspetta: arriveremo nel primo pomeriggio. Il paesaggio della parte pi settentrionale delle Lofoten abbastanza piatto. Le montagne sono simili a quelle nostrane, vi sono pochi tratti sull'acqua, e tanti anonimi svincoli stradali. Queste sono alcune delle nostre ultime immagini della Norvegia. Dopo sei ore di pullman, siamo nuovamente rientrati nella Norvegia continentale, grazie ai lunghissimi ponti che uniscono le Lofoten alla terraferma e ci permettono di non dover pi prendere mezzi navali. La cittadina di Narvik famosa per essere stata pesantemente bombardata dalle truppe tedesche durante la seconda guerra mondiale, cos da accaparrarsi il ferro ivi prodotto, tanto caro all'industria bellica nazista. Nonostante limportanza storica, la sua stazione letteralmente un buco. Piccolissima, deserta e ridotta al minimo indispensabile. Le serrande della biglietteria sono chiuse e non sembra che apriranno nel pomeriggio, ma fortunatamente lInterrail ci salva anche da questa situazione. Abbiamo gi il biglietto in mano per ogni evenienza, anche se per salire su alcune tipologie di treni occorre comunque prenotare. Il tabellone delle partenze decisamente mal progettato, dato che mostra gli orari in modo confuso e per meno di dieci secondi alla volta, lasciando poi il posto a minuti e minuti di informazioni pubblicitarie che non servono a nessuno. Mentre mi guardo intorno, seduto su una delle panche all'interno, un viaggiatore confuso dall'ambiguo tabellone mi si avvicina timidamente per chiedermi qualche informazione su come potr arrivare a Stoccolma in giornata. Dopo aver decifrato assieme le partenze, sono costretto a informarlo che il suo treno gi partito la mattina, e che dovr accontentarsi di fare tappa intermedia un po pi a nord. Dalla sua espressione capisco che c chi sta peggio di noi in quanto a spostamenti, ma non siamo comunque molto pi fortunati di lui: abbiamo s il treno pronto, ma niente di pi. Nessuna informazione sulla destinazione e tanto meno un posto per dormire prenotato. Davide trova un elenco telefonico abbandonato sul bancone, e gli balena l'idea di cercare l la nostra introvabile signora Lalla. Una minuscola speranza si riaccende. Troviamo due omonimie esatte, ma dopo aver telefonato scopriamo che sono abitanti di Narvik, che non hanno nulla a che fare con le persone che stiamo cercando. Le
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speranze di trovarle, distrutte e ridestate tante volte, crollano ora definitivamente. Svezia Il nostro treno composto da carrozze specificatamente divise per destinazione. Alcune si staccheranno a met strada e proseguiranno in un'altra direzione, mentre una sola di esse ferma a Lule. Per raggiungere la Svezia ripasseremo di nuovo dal Circolo Polare Artico, abbandonando le terre del sole perenne per non tornarvi pi. Prendiamo posto liberamente sulla carrozza, mentre il controllore vidima i nostri biglietti, stupendosi che non parliamo svedese (non si nota che siamo italiani?). Possiamo finalmente dare l'ultimo vero saluto alla Norvegia. Dopo una mezzoretta dalla partenza, la voce del capotreno si fa sentire imperiosa, amplificata dallaltoparlante. Abbiamo oltrepassato il confine e stiamo entrando nella vasta Svezia. Il paesaggio decisamente diverso da quello norvegese: fiordi e maestose montagne ora lasciano spazio ad interminabili foreste di conifere e betulle nane, poste ad intervalli talmente regolari da sembrare una piantagione. Ogni tanto si intravede qualche grossa montagna rocciosa, raramente qualche palude e fiumiciattolo, e come ciliegina sulla torta un paio di splendidi arcobaleni. Ora la campagna a fare da padrona. Allorizzonte stanno girando stancamente alcune pale eoliche, con un variopinto tramonto sullo sfondo che non pu non emozionare anche il pi insensibile dei viaggiatori. Per vederlo dobbiamo girarci continuamente, ma a costo di farci venire il torcicollo non possiamo perderci lo spettacolo. Stento a credere che quel gioco di colori sia dovuto unicamente al pulviscolo atmosferico che devia i raggi solari, tingendo il cielo di rosso ed arancione. Probabilmente c dietro qualcosa di pi. Incrociamo poi un'industria di legname, motore trainante delleconomia scandinava. Nel suo enorme cortile giacciono centinaia di tronchi grezzi, ammassati in attesa di essere lavorati e trasformati ora in una sedia, ora in una scarpiera, ora in una scrivania. Probabilmente, tutti abbiamo in casa qualcosa che proviene dalle foreste nordiche, dato l'enorme sfruttamento delle zone boschive.

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Treni merci interminabili solcano lentamente le rotaie in direzione opposta alla nostra, e ci divertiamo a contare il numero dei vagoni: il pi lungo ne ha ben sessantotto, di forma triangolare. La disarmante ma allo stesso tempo affascinante monotonia del paesaggio rallenta l'incedere del tempo, nonostante il treno stia sfrecciando velocemente sulle rotaie. Lule Arriviamo a destinazione alle undici di sera. C' ancora una discreta luce nel cielo, ma la stazione ferroviaria gi chiusa. La poca gente scesa insieme a noi si allontana in tutte le direzioni, disperdendosi nelle strade. Nei pressi della stazione rimaniamo solo noi due, probabilmente gli unici senza una sistemazione. Riponiamo una flebile speranza nella stazione degli autobus, ma purtroppo anchessa ha le porte bloccate da robuste serrature, e riaprir solo la mattina seguente alle sei e mezza. Linterno molto ben illuminato, con numerose panche di legno vermiglie, che stranamente sono divise dal bracciolo sulla due terzi, invece che a met. Attorno alle panche ci sono delle verdissime piante ornamentali che fanno la loro bella figura, e alcuni tabelloni che indicano solo un paio d'autobus, per giunta in arrivo e non in partenza. Intuendo che sar difficile trovare un autobus notturno che ci possa portare subito in Finlandia, comincio a preparare la panca per il pernottamento in stazione. Allestisco solo un posto, poich uno di noi rimarr sveglio a turno per fare la guardia: nonostante vi sia la stazione della polizia dall'altra parte della strada, meglio essere prudenti. Stendo asciugamani, giacche, vestiti inutilizzati e qualsiasi cosa che possa rendere pi morbida la panca, ma con scarsi risultati: scomodissima e troppo stretta. Per giunta, sono tutte conformate in questo modo, dunque inutile provarne unaltra. Mi sdraio cercando una posizione comoda, e quasi la trovo, finch un paio di sbandati passano davanti alla stazione a bordo di un rumorosissimo motorino, urlando come ossessi. Dopo pochi secondi spariscono lungo una strada secondaria, ma hanno fatto in tempo a svegliarmi mentre quasi mi stavo addormentando. Ora ho perso il sonno, ma in compenso sta arrivando il primo autobus. Davide corre subito a chiedere informazioni allautista, che per non dispone di tutti gli orari degli autobus internazionali, e ci
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invita ad aspettare il mezzo successivo. Cos attendiamo altri venti minuti, meditando nel frattempo sulle possibili soluzioni per dormire, ma non trovando nessuna opzione soddisfacente. A quest'ora le chiese sono tutte chiuse, la stazione inaccessibile e protetta da efficienti sistemi d'allarme, non ci sono bagni pubblici aperti. La temperatura non nemmeno troppo bassa, perci pensiamo di poter resistere tranquillamente per una notte allaperto. In fondo, che sar mai di cos terribile? Il secondo ed ultimo autista arriva col suo mezzo e ci informa che per questa notte siamo a piedi: fino a domani mattina non ci sono autobus per Haparanda. Ci consiglia un piccolo hotel nelle vicinanze, ma chiuso e si pu aprire solo con un codice numerico, che logicamente non conosciamo. Decidiamo dunque di terminare le ricerche e di dormire fuori. Delusi dalle scomode panchine, scegliamo come giaciglio notturno la collinetta erbosa che domina la piazza della stazione. decisamente pi comoda, anche se molto pi umida. Il freddo inizia ad aumentare, perci ci copriamo con tutti i vestiti che abbiamo a disposizione, incluso il kee-way. Due asciugamani, stesi sull'erba fradicia di condensa, fungono da materassi vagamente isolanti. Tocca a me tentare di dormire per primo. Circondo la zona della testa con gli zaini, cos da isolarla il pi possibile dal vento, e infilo i piedi in un sacchetto di plastica per ridurre al minimo la dispersione del calore. Tuttavia, di dormire non se ne parla proprio. Il poco sonno residuo ora mi passato completamente, e sono nella fase in cui darei qualsiasi cosa per scivolare nel sonno, ma il corpo non collabora. Capisco che di questo passo non riuscir mai a dormire, cos cedo il mio posto a Davide e vado a farmi un giro nella vicina pista ciclabile. Dalla posizione sopraelevata ben visibile il riscaldato ed illuminato ambiente della stazione, terribilmente invitante eppur inaccessibile. Solo per un attimo una persona si avvicina alle pesanti porte a vetri: un addetto alla vigilanza. Dopo aver controllato che gli allarmi siano in funzione, sparisce nel nulla. Anche un paio di tassisti rimangono in zona per qualche minuto, nella loro macchina riscaldata, poi ricevono una telefonata e ripartono, senza pi tornare. La fioca e rossastra luce del sole si intravede sopra un enorme centro commerciale, come un'alba dormiente che non si risveglia mai. Un momento intenso: nonostante la situazione sia disagevole, mentre osservo nuovamente quei ben conosciuti colori
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ci passa in secondo piano. la notte di San Lorenzo: sarebbe veramente un bel colpo riuscire a vedere una stella cadente, cos rivolgo gli occhi al cielo. Lassenza di nubi lascia intravedere centinaia di stelle. Osservandole mi pare che si muovano, ma in realt sono ingannato dal loro costante tremolio e dal freddo intenso, che altera le mie percezioni. Il mistero che racchiudono queste stelle cos infinitamente lontane ed immense mi fa ancora una volta riflettere e rimango ad osservarle a lungo. Proprio mentre sto desistendo per la troppa immobilit e i dolori al collo, finalmente vedo una stella cadente! Velocissima, percorre circa met cielo in meno di un secondo, per poi sparire in un lampo, cos com' apparsa. Il meteoroide si completamente vaporizzato al contatto con latmosfera terrestre, lasciandomi un piccolo regalo che mi allieta per qualche secondo la difficile permanenza nella morsa del freddo. Notte gelida Dopo le due di notte, i minuti sembrano ore. Ogni tanto controllo l'orologio, pensando che sia passato ormai parecchio tempo, quando in realt le lancette si sono spostate avanti solo di una decina di minuti. Talvolta passano delle persone in bicicletta, proprio davanti alla nostra aiuola. Hanno meno della met dei nostri vestiti, ma non appaiono per nulla sofferenti. Cosa ci facciano in giro in bicicletta, alle due di notte passate, non riesco veramente a spiegarmelo. Forse hanno una percezione del freddo simile a quella della piccola statua di bronzo che si regge tranquillamente in piedi in mezzo allerba. A differenza della statua, io sono costretto a camminare avanti e indietro senza sosta, saltellando per non congelarmi i piedi, che stanno gi perdendo un po di sensibilit. Tiro fino in cima la cerniera lampo della giacca, alitando nel colletto per tentare di riscaldarmi, ma ottengo solo di infradiciare la giacca di vapore acqueo. Davide si sveglia e ormai tocca a me cercare di dormire, anche perch non ne posso pi di stare in piedi. Mi sdraio al suo posto, cercando di addormentarmi il prima possibile per sottrarre i miei sensi all'ambiente. Tuttad un tratto, mi accorgo di tremare come una foglia, cos cerco di sistemarmi in modo da sentire meno freddo, e pian piano mi calmo riuscendo a prendere sonno.
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Forse dormo venti minuti. Alle tre e mezza sono di nuovo in piedi, con i sensi ottusi e il dubbio di non aver realmente dormito, ma solo dormivegliato. Tuttavia, ho qualche debole ricordo di aver sognato, quindi almeno un po ho dormito di sicuro. In questi venti minuti il freddo si fatto insopportabile: stare fermi ora impossibile. Guardo nuovamente il cielo in corrispondenza della decisa sfumatura rosata all'orizzonte, sperando di vedere il sole comparire, ma un inganno. La luce non prelude all'alba, rimanendo sempre beffardamente uguale e solo accennata, senza riscaldare minimamente l'atmosfera. Iniziamo a vagare insieme senza meta, cercando di riscaldarci camminando. Il tempo si enormemente dilatato e passa con una lentezza ancora pi insostenibile di prima. Darei qualsiasi cosa per poter entrare in un ambiente caldo. Ci aggiriamo per le strade della citt, cercando qualche locale aperto dove poterci rifugiare, ma non c' niente di niente. Tutti i negozi sono perfettamente chiusi dai loro lucchetti. Alcuni hanno le luci interne di guardia ancora accese, altri sono completamente bui. Sulle mura d'alcune case ci sono dei bocchettoni che sputano aria: proviamo a scaldarci con quelli, ma laria fredda e non ci di nessun aiuto. I sei o sette strati di vestiti che portiamo addosso sembrano non riscaldarci affatto, quasi come non averli. I minuti per passano, anche se lentamente. Noi non ce ne accorgiamo, ma lentamente arrivano le quattro, poi le quattro e un quarto, poi le quattro e tre quarti, finch fanno capolino i primi tenui accenni di una vera alba. Dopo ore passate a gelare, allo scoccare delle cinque siamo finalmente investiti dalla prima luce del sole. Mentre lastro sale lentamente nel cielo, ricominciamo a scaldarci. Il sangue riprende a circolare nelle arterie periferiche con decrescente difficolt, la mente si risveglia dall'ottundimento. Lentamente, i nostri corpi tornano in temperatura, immobili di fronte alla luce per assorbire tutto il calore possibile. Ci spostiamo solo per essere investiti meglio dai raggi, quando le fronde degli alberi li attenuano. Ora non serve pi la camminata forzata per non fare la fine dello stoccafisso, che giace ancora intonso nella tasca inferiore del mio zaino. Dopo non molto, per, alcune perfide nuvole nerastre mandate da un diavoletto dispettoso oscurano completamente il sole, riportandoci in un attimo al gelo. Dopo pochissimi secondi, ricominciamo ad avere freddo esattamente come prima. Ritorniamo quindi a camminare
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per le vie della cittadina, maledicendo le nubi. Quando vediamo i vetri delle automobili completamente coperti di ghiaccio, capiamo che stanotte deve aver fatto proprio un bel freddo! Con una lentezza davvero esasperante, arrivano le sei di mattina. Ancora mezzora e potremo finalmente entrare nella stazione, per rimetterci un po in sesto e successivamente prendere il nostro autobus, che arriver dopo altre due ore. Il sole improvvisamente rif capolino, illuminando un tratto di strada verso il quale ci spostiamo nel tempo di un battito di ciglia. I minuti passano ora un po pi in fretta. Finalmente una donna, vestita solo con una giacchetta leggera, si avvicina ad unentrata secondaria del negozietto di dolciumi annesso alla stazione. Deve per forza essere la commessa che prepara il negozio per aprirlo. enorme il sollievo quando, dopo aver armeggiato un po all'interno ed aver acceso qualche luce in pi, la vediamo uscire dalla porta d'ingresso per sistemare i quotidiani nuovi sui supporti, muovendosi in fretta per non subire il freddo che ci tormenta da ieri sera. Appena possiamo, spingiamo finalmente quella porta ed entriamo. Siamo i primi, intirizziti clienti della giornata, con lo stomaco vuoto da troppe ore. Ora che siamo al caldo, anchesso ha iniziato a lamentarsi. Ci dirigiamo immediatamente verso la macchinetta del caff, preparandoci una colazione megagalattica. Ci prepariamo due enormi cappuccini bollenti, con limmancabile croissant di contorno, e completiamo la mangiata con innumerevoli biscotti, prelevati direttamente dagli zaini. Il liquido caldissimo scende gi nello stomaco, bruciando piacevolmente al suo passaggio nellesofago, e poco alla volta ci rimettiamo in sesto. L'indaffarata ma gentile commessa continua a sistemare il negozio, indifferente alle nostre vicende. Di sicuro non ha la minima idea della notte che abbiamo appena passato. Ci sediamo infine sulle panche che abbiamo visto per tutta la notte da dietro i vetri, finalmente accessibili. Stravaccati sul legno rosso, nel caldo ambiente della piccola stazione, il gelo ormai un ricordo lontano. Malessere Mi sto quasi addormentando sulla strana panca. Sono ormai entrato in un dormiveglia profondissimo, e se mi dicessero qualcosa sentirei le parole, ma probabilmente non intenderei niente. quello stato di
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trance in cui i pensieri e le immagini mentali si fondono con la realt, nel quale ci si trova ad immaginare ed abbinare cose e situazioni assurde, senza alcuna logica. Non piacevole, preferirei un buon sonno invece che questo stato di ottundimento che non d riposo. Ci pensa per Davide a riscuotermi, quando il momento di prendere l'autobus. Alle otto e venti arriva finalmente questo mezzo che ci porter a Haparanda, al limite del confine svedese. Da l entreremo in Finlandia, nella cittadina dal buffo nome di Tornio. Molto svogliatamente, abbandono il mio giaciglio e usciamo di nuovo alla fredda aria di Lule. Fuori non fa certamente caldo, ma la temperatura decisamente pi sopportabile di quella di stanotte. Viene a prelevarci un autobus a due piani, tardando per a posizionarsi correttamente nella sua fermata. In questo momento odio profondamente l'autista che se la sta prendendo comoda con le manovre, poich il mio intestino sta malissimo dopo tutto il freddo che ho preso, e ho assolutamente bisogno di un gabinetto. Prego con tutte le mie forze che su quellautobus ce ne sia uno. Vivo degli attimi d'autentico terrore quando salgo e non lo trovo subito, ma cercando meglio fortunatamente appare, dietro una porta a vetri dallapertura automatica. Sistemo frettolosamente le mie cose sul sedile e mi ci reco all'istante, trovandolo libero. Lass qualcuno mi ama: in vita mia avr visto forse uno o due autobus con bagno incorporato, e questo un vero colpo di fortuna. Nelle due ore di strada che ci separano da Tornio, visito il piccolo stanzino ben cinque volte, battendo sempre la testa contro le bassissime porte degli scompartimenti, a causa della troppa fretta. Come se non bastasse, la luce nel gabinetto continua a spegnersi per un malfunzionamento della fotocellula, e ogni tanto devo anche preoccuparmi di ondeggiare un po, per ricordare alla gentile scatola di latta che sono ancora dentro e mi serve luce. In ogni caso non solo il mio intestino a soffrire, poich non mi sento per niente bene in generale. Mi salita una lieve febbricola e ho i brividi. Mi schianterei volentieri a letto a dormire, e invece mi tocca cambiare due autobus, per poi prendere immediatamente un treno che arriver a destinazione solo in tarda serata. Non avendo vie di uscita, cerco di riprendermi il pi possibile. Non posso concedermi il lusso di stare male. Il mio impegno ha successo: evitando di addormentarmi e tenendomi sveglio mentalmente, all'arrivo a Haparanda sto quasi
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bene. Anche stavolta ho vinto io contro il freddo e le piccole avversit del cammino. Finlandia Il confine tra le due nazioni ci stato descritto come un ponte in mezzo al quale passa esattamente la linea divisoria, dunque ci aspettiamo una degna e trionfale segnalazione. Niente di tutto questo. Entriamo a Tornio senza nemmeno accorgercene. Il ponte unanonima ed insignificante striscia di pietra, senza uno straccio di indicazione. Forse siamo troppo stanchi per vederla. Ma anche senza le segnalazioni, ce labbiamo fatta a raggiungere la Finlandia. I nostri euro, a lungo nascosti nella parte pi remota del portafogli, hanno finalmente riacquistato valore. Il bus per Kemi parte tra pochi minuti e dobbiamo sbrigarci a prenderlo: come di consueto, lo raggiungiamo all'ultimo secondo. Un altro colpo di fortuna sfacciata. Sembra che le cose abbiano ripreso a girare per il verso giusto. Sullautomezzo vediamo subito persone di fattura diversa da com'eravamo abituati a vedere solo qualche ora prima: i finlandesi, cos bianchi di pelle e platinati di capelli, sono inconfondibili. Anche la loro lingua un idioma a s, non cos influenzato dallinglese come lo sono il norvegese e lo svedese. L'autista cambia i soldi ai viaggiatori usando una macchinetta ingegnosa: basta schiacciare dei pulsanti, ognuno abbinato ad un differente calibro, per trovarsi direttamente in mano le monete del giusto valore. Tutte piccole migliorie che aiutano a semplificare la vita. Il viaggio per Kemi dura solo un'ora, ma non mancano le sorprese. Ci accorgiamo presto che la guida in Finlandia segue regole diverse dalle nostre. In pratica non esistono gli incroci con lo stop, e chi arriva da destra ha sempre e comunque la precedenza, anche se proviene da una strada secondaria. Per un turista automunito, senza unadeguata preparazione, gli incidenti sono quasi assicurati. Fortunatamente, viaggiando in treno non si hanno problemi di questo genere. Le rotaie sono molto meno interpretabili e pi sicure rispetto alle strisce dasfalto. Kemi solo una breve tappa di passaggio, necessaria per arrivare a Kuopio, nel cuore della Finlandia. Tutto ci che facciamo qui camminare per chilometri prima di trovare un supermercato in cui
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rifornirci di cibarie. Ci sono negozi di ogni tipo in tutta la citt, ma stranamente gli alimentari scarseggiano. I finlandesi non mangiano? Scovato allultimo un supermercato, ci riforniamo e saliamo sul treno per Kuopio. Finalmente ci possiamo rilassare, avendo davanti una sferragliata di diverse ore senza soste n cambi. Foreste Il paesaggio finlandese quanto di pi monotono mi sia capitato di vedere in vita mia. Foreste di abeti rossi e betulle, e null'altro. Le distese di alberi sono cos sterminate da sembrare infinite. Per ore e ore mai un cambiamento. Il legname di questi alberi adatto per produrre fogli di carta e per costruire mobili e abitazioni, ma la coltura intensiva dei medesimi rappresenta un pericolo per l'ambiente: coltivare sempre e solo una o due specie d'alberi porta a sconvolgimenti dell'ecosistema, che ha bisogno di biodiversit per garantirsi la sopravvivenza. Le industrie cartiere finlandesi inquinano i fiumi e i 188.000 laghi della nazione, rendendoli tra i pi sporchi dell'intera Europa nonostante la loro apparente purezza. Forniscono pur sempre lavoro ad unenorme parte della popolazione finlandese, e non potrebbe essere altrimenti, dato che i tre quarti della Finlandia sono coperti da boschi. La situazione crea un dilemma: come fare per continuare a produrre e sostentare adeguatamente gli abitanti, ma senza danneggiare lambiente? Per ora, della questione ambientale vediamo solo il risvolto paesaggistico, cio un tedio unico. Una noia strana, a met tra lammirato e lapatico. Vedere i boschi finlandesi potrebbe far sorgere qualche dubbio sulleffettiva entit della deforestazione mondiale. Solo rarissimamente le foreste si aprono per lasciare spazio a qualche pianura, oppure a quattro timorose case raggruppate assieme per non farsi inghiottire dalla selva, oppure ad un'industria di legname o una cartiera. Cosa succederebbe se il treno si guastasse in mezzo a queste sconfinate distese di niente? Sicuramente i soccorsi sarebbero ben organizzati, ma non sarebbe comunque una bella cosa. In qualche modo passa anche questestenuante viaggio e giungiamo alla stazione di Kuopio. di nuovo il momento di drizzare le antenne e darci da fare per trovare l'ostello, situato in cima ad una collina raggiungibile solo a piedi. Abbiamo davanti due chilometri di
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salita, di cui uno e mezzo decisamente ripido, che sembra non finire mai. Per di pi, una densa nebbia rende impossibile capire quanta strada ci rimanga effettivamente da percorrere. Gli zaini pesanti ci costringono a fermarci spesso, per riportare i battiti del nostro cuore alla normalit e lasciar smaltire l'acido lattico agli affaticati muscoli delle gambe. Ogni volta che pensiamo che la curva che abbiamo davanti sia l'ultima, scopriamo che c' ancora un po di strada da fare. Non pensavo davvero che due chilometri potessero essere cos lunghi! Oltretutto, la reception presto chiuder e non possiamo prendercela tanto comoda, o rischiamo di rimanere fuori! Pezzati di sudore da capo a piedi, con la gola riarsa, finalmente arriviamo in cima, circa venti minuti prima dellorario di chiusura. Riceviamo le chiavi ed immediatamente puntiamo verso la camera, ma la dannata porta non si apre. La chiave si incastra nella toppa, non gira. Ormai siamo ad un passo dalla salvezza, ma dobbiamo nostro malgrado tornare indietro a chiedere un passepartout per entrare. Lidea ci riempie di indolenza, ma sembra che non ci sia alternativa: la porta non ne vuole proprio sapere di aprirsi. Con un gesto di rabbia, giro la chiave pi violentemente, e come per magia la serratura finalmente scatta e la porta si apre, permettendoci di posare a terra i maledetti zaini. Sorpresa: la camera una doppia, con tanto di bagno e doccia incorporati. Una bella lavata proprio quello che ci vuole per far scivolare via la stanchezza e il sudore, che ormai non sopportiamo pi. Dopo la doccia ci sentiamo meravigliosamente bene e mangiamo con notevole appetito le vivande procurateci al supermercato, facendo il bis pi volte. Non c pi traccia del malessere di stamattina. Linaugurazione della scatoletta di tonno, priva d'apertura a strappo, tragicomica. Il coltello non riesce a penetrare il metallo, e non ci riesce nemmeno la lama del coltellino svizzero. Il tonno ormai ci d la nausea, ma se vogliamo stare in piedi dobbiamo mangiarlo. Non sappiamo pi come fare per aprire la scatola, ma infine ci riusciamo grazie alle forbicine per le unghie (lavate prima!). Dopo aver riempito gli stomaci, ci addormentiamo quasi subito, senza nemmeno aspettare la canonica mezzora per la digestione. Domani ci aspetta Jtknkmpp, la sauna pi grande del mondo. Dove poteva essere, se non in Finlandia, patria che ha dato i natali a
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questa pratica? La cosa divertente che potremo visitarla grazie allennesima coincidenza fortunata: la sauna aperta solo due giorni alla settimana, marted e venerd. Casualmente, domani sar proprio marted. Non avendo programmato assolutamente niente, direi che un ottimo risultato. Kuopio Unottima dormita ci rigenera nel corpo e nello spirito. La colazione a buffet inclusa nel prezzo, perci ci alziamo di buon'ora per approfittarne, prima che il grosso delle vivande venga saccheggiato impunemente dagli altri affamati clienti. C' veramente di tutto: approfittiamo in modo indegno, mangiando da scoppiare. Finalmente una colazione decente e sostanziosa, dopo giorni a mangiare schifezze. Usciamo con la pancia piena e il sorriso stampato sul volto, prepariamo velocemente i nostri pratici zainetti per uscire e saliamo sulla grossa torre panoramica, situata a poche decine di metri dall'ostello. Ieri sera nemmeno labbiamo vista, tanto era nascosta dalla fitta nebbia. La vista dalla cima ottima: i famosi laghi finlandesi appaiono ora nell'insieme, tutti vicini gli uni agli altri, con qualche sperduta conifera che cresce negli isolotti al centro di alcuni di essi. Nella zona di Kuopio i laghi sono molto numerosi. In tanti hanno descritto la vista che si ha dalla torre come la migliore possibile per avere un quadro d'insieme della Finlandia. Foreste e laghi, che dinverno si trasformano in uniformi distese di neve e ghiaccio. E non dimentichiamo che c una sauna ogni otto abitanti. La sauna apre alle cinque di pomeriggio, perci visitiamo prima il centro di Kuopio, molto animato. La piazza del mercato centrale un fermento di bancarelle che vendono di tutto, dai ribes alle magliette, fino alle coloratissime matrioske. Il mercato coperto, chiamato Kauppahalli, ancora pi ricco di prodotti, specialmente culinari. Sono irresistibilmente attratto da una barretta di cioccolato al mirtillo, divorata subito in un impeto di curiosit: squisita! Ovunque abbondano i negozi e i distributori automatici di caff, la bevanda preferita dai finlandesi: con un consumo medio di quattordici chilogrammi annuali, pari a circa nove tazze giornaliere, si collocano come i primi estimatori al mondo di questa bevanda. Sono molto divertenti le tradizioni nordiche: quando si viene
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invitati a casa di qualcuno in Finlandia, il caff va rifiutato per tre volte, poi alla quarta offerta si dice Va bene, solo mezza tazza, e poi si finisce con il berne cinque o sei. Dopo il mercato, cerchiamo un posto dove riposarci e troviamo un parco che contiene al suo interno un inquietante cimitero militare. Ogni lastra di pietra levigata reca incisi nomi e cognomi degli sventurati, ma c anche qualche tomba anonima. Ognuna ha il suo mazzo di vistosi fiori rossi, a perenne ricordo di una morte assurda ed insensata. Un cimitero militare la lampante dimostrazione che qualcosa in questo mondo davvero malato. Quando siamo stanchi di osservare il triste monumento e di farci assalire dalle vespe che hanno ricominciato a tormentarci, coadiuvate da fastidiosissimi moschini, ci dirigiamo verso la sauna. Jtknkmpp L'autobus ci abbandona davanti ad un sentiero sterrato, che si inoltra nel bosco proprio di fianco ad un lago. Siamo molto curiosi di scoprire quant grande la sauna pi grande del mondo. Per me una cosa completamente nuova, sono un esordiente totale, e provarla per la prima volta proprio qui un'idea elettrizzante. Le temperature che si trovano in questi forni di calore variano dagli ottanta fino a quasi cento gradi. In questo caso si tratta di calore secco: questa, infatti, una savu-sauna, letteralmente sauna di fumo. La camera rovente viene scaldata ventiquattrore prima dell'uso, tempo necessario per raggiungere la temperatura giusta, mentre il calore prodotto dalla combustione della legna e non dal vapore acqueo. Nelle saune a vapore tradizionali, esso si forma gettando acqua sulle pietre roventi. Gli esperti, tuttavia, assicurano che la sauna pi potente proprio quella secca. Dopo una serie di bivi, in mezzo a foreste popolate da libellule e altri insetti enormi, appare questa costruzione di legno, delle dimensioni di un cottage estivo medio. immediatamente adiacente al lago, e permette dei veloci tuffi ai temerari che volessero provarli. I finlandesi si buttano in acqua anche in inverno, rompendo il ghiaccio che si forma sulla superficie del lago, per non perdersi nemmeno una possibilit di dare un po di salutare shock termico al loro corpo. La sauna l'elemento caratterizzante la cultura finlandese, ed usata per curare o alleviare i sintomi di qualsiasi
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malattia o malessere, dalla pi banale alla pi grave. Vicino al cottage c un ristorante che serve cibo solo in corrispondenza dell'apertura della sauna, e poco distante fa la sua bella figura la capanna dei taglialegna. Periodicamente, essi danno una dimostrazione della loro abilit, sfasciando tronchi con maestria, come sanno fare i popoli che vivono di legname dai loro albori. L'atmosfera lacustre peculiare: i giunchi che spuntano ovunque dall'acqua ondeggiano leggermente con il vento, e lumidit richiama molti moschini, che per stranamente non sono molto aggressivi. Qualche tronco immerso per met nellacqua, abbandonato a marcire: forse non legno buono da lavorare. Alcuni rimasugli di legname stanno bruciando proprio di fronte all'acqua, producendo grandi sbuffi di fumo che il vento spinge nella nostra direzione, facendoci tossire a pi non posso. Siamo costretti a ripararci dietro gli edifici finch il fuoco non sar spento completamente. Le passerelle di legname in mezzo ai boschetti portano ad alcuni piccoli rifugi e capannine, nei quali certamente non si pu abitare, ma che come al solito destano unattenzione particolare per i loro ambienti rustici e antichi. La capacit teorica del locale sauna di sessanta posti, che possono arrivare anche a centotrenta se si includono i posti in piedi. La gente inizia ad arrivare a frotte ed meglio spicciarci ad entrare, prima di rimanere in piedi. Il gentilissimo e sorridente gestore, dagli enormi occhi azzurri, ci ricorda che possiamo usare la carta studenti, casomai ne avessimo una, per ottenere uno sconto sul biglietto. Onesto da parte sua: avrebbe potuto tranquillamente tacere e incassare di pi. Dopo aver depositato gli zainetti, entriamo in una stanza dove diversi uomini nudi o quasi si stanno asciugando e rivestendo senza fretta. Inizialmente credo che quella stanza sia gi la sauna, sentendo un gran calore umidiccio, ma qualcosa mi dice che mi sbaglio. Rimaniamo in costume, anche se i finlandesi non ne vedono di buon occhio l'utilizzo, poich il calore intenso potrebbe degradarlo liberando molecole tossiche, oltre ad impedire ai tessuti sottostanti di traspirare normalmente. Nel dubbio, chiediamo espressamente al gestore se si possa tenere il costume addosso, e ci risponde affermativamente, quindi non ci facciamo pi troppe domande. Una volta pronti e muniti di due asciugamani, entriamo in un locale un po pi caldo, con numerose docce a muro. Nemmeno questa la sauna! Vedo una porta sul lato aprirsi, e
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qualcuno entrarvi coperto solo da un asciugamano legato attorno alla vita. La camera del calore devessere per forza quella. Non ho idea di cosa mi stia aspettando in quella fornace, perci entro con decisione. Non appena mi rendo conto della temperatura interna, rimango scioccato. L'ambiente incandescente, quasi insopportabile: il muro di calore mi investe in pieno e sento quasi subito i battiti del cuore accelerare convulsamente. Anche il mio compare non se la passa molto meglio. Ci sediamo su una delle panche di legno, muovendoci lentamente per non peggiorare le cose. Evitiamo accuratamente le zone sopraelevate, ricordandoci che il calore tende a salire verso l'alto. Dopo nemmeno una ventina di secondi, sento gi la pelle, che fino ad un attimo fa era asciutta, riempirsi di sudore ovunque: nei capelli, tra le dita, sulla pancia, sui polpacci. Una sudata generalizzata. una sensazione mai provata prima e credo di sentirmi male, ma solo l'emozione. In men che non si dica, stiamo tutti e due letteralmente nuotando nel nostro sudore. Respiriamo mano a mano sempre pi normalmente, grazie alla natura secca del calore, che non opprime i polmoni. Le dimensioni della stanza non superano i cinque metri di lato per due metri abbondanti d'altezza: alla faccia della grandezza! Ma non c trucco: le saune che si trovano nelle case private sono grandi pi o meno come unutilitaria. I finlandesi usano i mestoli per prelevare l'acqua bollente da alcune ciotole metalliche, e poi la lanciano sul braciere, producendo getti di vapore. Nonostante la sauna sia secca, il lancio dellacqua c lo stesso. Dopo nemmeno cinque minuti, la temperatura e le condizioni della nostra pelle diventano insopportabili: dobbiamo uscire da questaltoforno che ci sta consumando. Traballando sulle gambe, varchiamo la porta dalla camera infuocata, e appena fuori dalla porta il sollievo quasi immediato. Tuttavia, non osiamo fare subito il tuffo nel lago, preferendo come prima volta una "semplice" doccia gelata. In qualsiasi altro momento, una cascata d'acqua fredda ci bloccherebbe il respiro istantaneamente, ma adesso alquanto rigenerante: il getto dacqua, sulla pelle caldissima, sembra quasi tiepido. Dopo un paio di minuti di doccia, gradualmente spostata su temperature pi canoniche, rientriamo nella camera ardente (si fa per dire). Lesperienza assolutamente da rifare! Il ritorno nel
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braciere meno traumatico adesso che la nostra pelle pi umida, poich l'acqua che ci rimasta addosso a evaporare per prima, tenendoci un po pi freschi. Rimaniamo dentro unaltra decina di minuti, non pi con la lingua impastata dallo shock termico e dall'arsura. Ora riusciamo a conversare quasi normalmente, anche se non c' molto da dire. Preferiamo concentrarci sulle sensazioni fisiche. Questa volta per dobbiamo assolutamente provare a tuffarci nel lago. Appena usciti, puntiamo subito verso la passerella di legno. Avvertendo a malapena il vento, camminiamo velocemente verso il molo. Davide si tuffa a peso morto, con una spanciata solenne. Il tempo di rendersi conto della temperatura dellacqua, e subito strabuzza gli occhi, terrorizzato, uscendo il pi velocemente possibile. Lacqua deve essere proprio fredda! Ora tocca a me. Non sapendo nuotare, mi tocca immergermi gradualmente, scendendo i gradini al limite del ponticello. Arrivo con lacqua alla gola, ed un altro shock. Nonostante tutto il calore assorbito, lacqua freddissima. Mai e poi mai mi sarei buttato nel lago cos, prima di entrare nella sauna! Uscendo dall'acqua ci copriamo lo stomaco con l'asciugamano, per evitare una congestione, e ricominciamo da capo. Lebbrezza della sauna ci ha preso, e rifacciamo lintero ciclo altre cinque volte. come una droga, invita a farne sempre di pi. Dopo un certo tempo, tuttavia, avvertiamo un po di stanchezza per via di tutto questo strapazzamento. I polpastrelli delle dita si sono raggrinziti, completamente macerati nell'acqua e nel sudore. Decidiamo quindi che ne abbiamo abbastanza e ci facciamo un'ultima doccia ripulitrice prima di andarcene. Dieci minuti dopo, siamo di nuovo vestiti e privi di qualsiasi stanchezza o malessere fisico. I benefici della sauna sono davvero consistenti, ci si sente rinnovati. Per coronare al meglio la giornata, ci concediamo un bel boccale di birra, comodamente seduti sulle panchine esterne. Guardando la gente in costume che si tuffa nel lago, senza essere pi parte di loro, ci torna in mente quello che pensavamo fino ad unora prima: sono pazzi ad andare in giro nudi con questo freddo! Lasciamo il luogo dopo aver assistito alla divertente performance di un pescatore, che arriva e svuota rumorosamente degli interi torrenti d'acqua dai suoi stivali, tra le risate generali.

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Verso Helsinki Sono io il primo ad alzarsi dal letto stamattina, anticipando di soli due minuti il suono della sveglia. Ormai ho sviluppato una sorta di orologio biologico tarato sulle frequenze del viaggio, che mi fa spesso ridestare all'ora giusta senza quasi bisogno di puntare alcuna sveglia. Ci concediamo una velocissima colazione, ancora una volta gratuita, poi riprendiamo sulle spalle gli zaini, sempre pi carichi di biglietti timbrati e scontrini dei negozi, accuratamente conservati per non perdere nemmeno un pezzettino di ricordi. Scendiamo per l'ultima volta dalla collina, con il peso degli zaini che involontariamente ci fa accelerare sempre di pi landatura, costringendoci a rallentare volontariamente per non sfracellarci gli alluci dentro le scarpe. Sono fermamente intenzionato a tentare l'autostop con la prima automobile di passaggio, ma transitano solo poche automobili e tutte vanno in direzione contraria, cos ci tocca anche stavolta percorrere tutta la strada a piedi. Sul treno ci toccano i posti adiacenti all'area attrezzata per i bambini, dai piccoli ai piccolissimi. Risultato: cinque ore di viaggio tra urla, risatine, pianti inconsolabili, versi e sbrodolii, madri disperate che non sanno pi come far stare zitti i loro pargoli, e ovviamente noi due che dobbiamo sopportare tutto. Non scendiamo direttamente alla stazione centrale di Helsinki, bens alla fermata precedente: il nostro albergo, un po fuori zona, si trova proprio in corrispondenza della penultima sosta. Nella stazione in cui arriviamo ci sono indicazioni per ogni luogo, meno che per dove dobbiamo andare noi, e come se non bastasse i bigliettai affermano (in inglese) di non sapere linglese. Dopo qualche insistenza, otteniamo almeno un qualche genere di indicazione per lalbergo. Ci incamminiamo in quella direzione, finendo in uno strano quartiere, composto da sopraelevazioni di cemento intervallate a sprazzi di verde. Dopo un po di peregrinazioni, giungiamo al nostro mastodontico residence, situato in una zona decisamente periferica ma non per questo degradata. Lalbergo unoasi nel deserto, se confrontato agli ostelli in cui siamo abituati ad alloggiare: lussuoso, pulitissimo, decorato in ogni modo possibile. E dire che il pi economico della zona. Veniamo trattati con gentilezza estrema dalla bionda receptionist, che ci illustra ogni singolo dettaglio di funzionamento dellhotel.
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La nostra camera, all'ottavo piano, stratosferica. Tanto per dare unidea, munita di comodit esagerate come lo stirapantaloni (!), un intero servizio di bicchieri, frigobar, ferro e asse da stiro, una presa allungabile per il modem, asciugacapelli, luci che si accendono e si spengono automaticamente inserendo la carta magnetica nella fessura, e dulcis in fundo un televisore che visualizza il messaggio di benvenuto "Welcome, Dear Mr Davide". Noi volevamo solamente un posto a buon mercato dove dormire, ma se per una volta possiamo godere di qualche comodit in pi, tanto meglio. Non ci offendiamo. Helsinki La capitale della Finlandia una citt famosa per le sue molteplici influenze culturali e la sua variegatezza. Qui si parlano indifferentemente due lingue ufficiali, il finlandese e lo svedese, e si notano chiaramente anche le influenze russe, data la vicinanza col territorio sovietico e la lunga storia di conflitti e collaborazioni che accomuna le due nazioni. Per le strade c gente di ogni nazionalit ed appaiono edifici di ogni tipo di architettura. Il sistema di trasporti pubblici e di regolamentazione del traffico ottimo. Helsinki l'unica citt finlandese dotata di metropolitane e tram. La nostra prima tappa il Kauppatori, vale a dire il mercato del pesce allaperto. Passiamo davanti alle sue bancarelle arancione, ma senza fermarci. Lo visiteremo bene in seguito: ora meglio cercare il Duomo di Helsinki, prima che chiuda. Si trova in piazza del Senato ed accoppiato alla statua equestre di Alessandro II di Russia, che si staglia fieramente in mezzo alla piazza. La chiesa sopraelevata e domina tutta la citt con linterminabile scalinata, l'enorme cupola centrale e le pareti bianchissime sia all'esterno che all'interno, cos perfettamente levigate e candide da sembrare di ghiaccio. la prima chiesa totalmente priva di affreschi che vedo. La zona invasa dai visitatori, italiani in primis, perci ci spostiamo presto in un'altra area pi tranquilla per ammirare una vera e propria meraviglia d'architettura e gusto artistico: l'Uspenskin Katedraali, chiesa ortodossa dall'inconfondibile stile russo. Ha le murate rossastre e le classicissime cupole d'oro a cipolla. Due di esse sono appena state restaurate e brillano molto pi delle altre. magnifica all'esterno, ma soprattutto all'interno: riusciamo ad entrare per
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miracolo, giusto un minuto prima della chiusura. Abbiamo fatto bene a sbrigarci subito. Ammiriamo tutti i quadri che tappezzano la parete, anch'essi riccamente decorati e dorati, e finiamo con uno sguardo fugace rivolto all'altissima cupola, in parte coperta da uno sfarzosissimo lampadario dalle mille candele. Riprendendo a girare per le vie del centro, mi viene l'idea di comprarci qualcosa d'alcolico, per festeggiare degnamente almeno una serata. L'idea subito accolta, ma dobbiamo stare attenti a come fare. Anche in Finlandia, infatti, gli alcolici non sono ben visti dalle autorit statali e si vendono solo in appositi negozi, nonostante ci non riduca di molto il problema dellalcolismo. Veniamo a conoscenza di un negozio d'alcolici non molto lontano da dove ci troviamo, e lo puntiamo speditamente. L'et necessaria labbiamo superata, dunque non ci sono problemi. Nel negozio sono probabilmente presenti tutti i tipi d'alcolici esistenti al mondo. I vini provengono da ogni angolo del pianeta, e ovviamente i vini italiani rappresentano una fetta consistente del totale. Individuo quasi subito una solitaria bottiglia di vermouth rosso a buon mercato, appoggiata su un angolino di uno scaffale e coperta da un velo di polvere, come a testimoniare il tempo che ha passato l senza che nessuno la prendesse in considerazione. Insisto per comprarla, snobbando il blasonato ma costosissimo Martini, che campeggia in bella vista poco pi sopra, perfettamente pulito. La scelta compiuta: limpolverato ma onesto vermouth sar il nostro festeggiamento della serata. Sotto la pioggia che inizia a cadere leggera, arriviamo ad un'imponente chiesa di stampo tedesco, purtroppo chiusa. E' un vizio dei nordici quello di aprire le chiese solo per pochissime ore al giorno. Un po scornati, proseguiamo e arriviamo ad un'altra chiesa, stavolta dedicata a San Giovanni: ricorda un po Notre Dame di Parigi per le sue due torri identiche sulla parte frontale, anche se queste sono molto pi alte di quelle della cugina francese. Ma non finita: c un'altra chiesetta luterana dall'altra parte della citt, con la particolarit di essere completamente incastonata nella roccia. Dopo una lunghissima camminata per raggiungerla, fortunatamente la troviamo ancora aperta. La roccia forma un cerchio tutto attorno alle panche e all'altare, e il consueto organo incastrato in un'altura sulla sinistra. Il tetto ramato sostenuto da fitti piloni d'acciaio
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lungo tutta la circonferenza, con un sorprendente effetto di contrasto tra l'antico e il moderno. Il sacerdote, con il suo lungo abito talare verde, sta celebrando messa ad un discreto numero di persone. Ascoltiamo per un po il prete finlandese mentre declama i passi del Vangelo nella sua lingua cos incomprensibile, poi ritorniamo sui nostri passi fino allalbergo. Dopo tanti monumenti sacri, escogitiamo ogni sistema possibile per rendere speciale la profana serata in albergo. In un lampo di genio cerchiamo di connettere il lettore Mp3 alla televisione, sperando nella loro compatibilit, ma purtroppo le prese non combaciano. Ripieghiamo mettendo gli auricolari a volume massimo ed incollandoli con lo scotch agli angoli della televisione, rivolti verso di noi e verso l'alto. Apriamo la bottiglia soddisfatti, vuotandola lentamente bicchierino dopo bicchierino, in allegria. Dopo numerosi bis, non mancano le scene divertenti: ad un certo punto Davide fa una capriola sul letto e io gli intimo di smetterla di fare quei "trabaglioni", parola completamente senza senso. Ancora oggi non so assolutamente cosa avessi voluto dire. Unaltra cosa esilarante il mio tentativo di versare altro vermouth nel bicchiere, inclinando sempre di pi la bottiglia fino quasi a metterla in verticale, col vino che non ne vuole sapere di uscire. Solo dopo parecchi secondi, mi accorgo che non ho tolto il tappo. Dopo qualche discorso inconcludente, ci addormentiamo entrambi, cotti dalletanolo. Io crollo per primo, mentre Davide mi segue a ruota dopo pochi minuti, addormentandosi con la pancia scoperta. Alle quattro di mattina, la vescica troppo tesa lo costringe a svegliarsi e ad accorgersi non solo di aver preso freddo per ore, ma anche di aver lasciato tutte le luci accese. Un po rimbambiti ed assonnati, con la schiena indolenzita dai morbidissimi letti d'albergo, ritardiamo la colazione per riprenderci un po dagli effetti dellalcool. Approfittiamo comunque di quanto ci viene offerto dal generoso buffet: ci sono perfino le uova e il bacon per qualche eventuale inglese in vacanza, cibarie che ovviamente rifuggiamo con tutte le nostre forze. Tornati a Helsinki con il solito treno, la prima attrazione della giornata il museo d'arte moderna. Dentro non c' granch: i soliti panni sporchi stesi e venduti come opere d'arte, forme bizzarre o quadri monocromatici, lattine di colore tremendamente arrugginite ed ammassate tutte assieme a simboleggiare non si sa cosa. Alcune opere sono per
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affascinanti e a volte inquietanti. Una su tutte, il video di un gruppo di bambini, probabilmente in qualche zona dell'Est europeo devastata dalla guerra, che prendono letteralmente a mazzate una vecchia automobile, trasformata in giocattolo da sfascio in mezzo alla strada. I genitori assistono a met tra il divertito e l'indifferente, fino all'arrivo della polizia che mette fine al gioco. Decisamente pi ricco ed interessante il secondo museo, dedicato alla storia di Helsinki e della Finlandia in generale. Si va dalla preistoria fino ai giorni nostri: dai chopper scheggiati alle sfavillanti cotte di maglia medioevali, fino alle coloratissime e ormai dismesse markke finlandesi, la valuta abbandonata da qualche anno in favore dell'euro. Terminata la lunghissima visita, puntiamo il mercato del pesce che ieri abbiamo saltato. Affacciato direttamente sul Golfo di Finlandia, il vero centro nevralgico della citt. Nelle vicinanze si trovano quasi tutti gli attracchi per i battelli che visitano le isolette circostanti, molto numerose e ricche di interessanti attrazioni turistiche. Una pista ciclabile attraversa completamente il mercato, e nelle intersezioni ci sono i soliti piccoli semafori. C perfino un cartello di pericolo, che invita i ciclisti a stare attenti a non scontrarsi con altre biciclette. Nelle bancarelle si vende ogni tipo di cibaria e souvenir, tra cui gli ottimi kalakukko, squisiti panini di segale imbottiti di salmone e verdure miste, da servire caldi o freddi a seconda dei gusti del consumatore. Dopo aver consumato numerosi pranzi e cene in posti scalcagnati, ci rappresenta un piacevole diversivo. Terminata la parentesi cibarie, ci prepariamo per la visita alla storica isola di Suomenlinna. Sottomarino Suomenlinna un arcipelago di sei isolette, protetto dall'Unesco ed inserito nei Patrimoni dell'umanit. Sullisola principale c' un vento freddo e un'aria di pioggia che si sta inesorabilmente preparando a cadere. Camminando lungo le strade ghiaiose e ciottolate, circondate da mura, si respira l'atmosfera delle guerre del Settecento, quando la Svezia, onde evitare di subire l'ondata dell'espansionismo russo, mise in mezzo la Finlandia a fare da scudo, fortificando l'isola. I bastioni sono ormai ricoperti in gran parte derba, che la ripara quasi completamente dagli sguardi
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provenienti dal cielo, rendendo la fortezza quasi indistinguibile dalla vegetazione. Al centro svetta fiera ed altissima la bandiera finlandese, come a simboleggiare leterna indipendenza rivendicata da questa piccola e coraggiosa nazione. L'attrazione pi interessante per il vecchio sottomarino, l'unico rimasto della flotta finlandese dai tempi della guerra. Esternamente verniciato di rosso e bianco, ma i colori sono notevolmente sbiaditi dopo anni di servizio sottacqua. Lo scafo completamente emerso ed incastrato in modo apparentemente precario su alcuni scogli costieri, che reggono in pochi punti quasi tutto il peso. Con due euro ci guadagniamo lentrata in questo claustrofobico relitto, che ai tempi scendeva chilometri sottacqua, tra la paura dei marinai che potevano da un momento allaltro vedere quellangusto barattolo di lamiera riempirsi dacqua e fiamme a causa di una silurata. Linterno stupefacente: la poca luce artificiale non permette di vedere nel dettaglio tutti i particolari, ma ci che si vede gi sufficiente per capire di trovarsi in un miracolo d'ingegneria. Ogni centimetro quadrato di parete percorso da tubi d'acciaio e manometri pressori che si intersecano in un labirinto inconcepibile. Il passaggio centrale cos stretto da far fatica a muoversi, nonostante siamo praticamente gli unici visitatori del momento e superiamo di poco i cento chili in due. Unestremit ospita i vecchi siluri. I marinai non potevano vedere le bombe nemiche, che puntavano spedite contro il loro sottomarino: potevano solo sentirne i boati, sperando di essere stati mancati. Le cuccette dei marinai, ormai senza materassi n coperte, sono anchesse terribilmente anguste. Non c nemmeno lo spazio per girarsi, sono di una scomodit unica. Ringrazio chi di dovere di non essere nato in quegli anni di insensata e sanguinosa guerra. Doppio arcobaleno Usciamo con molta difficolt dal portellone posteriore, aperto solo a met e quasi inamovibile. Non appena fuori, ci troviamo sotto una pioggia intermittente ed estremamente fastidiosa, peggiorata dal vento che la fa scorrere praticamente di lato. Il battello senza tetto ci riporta indietro verso la terraferma, mentre fortunatamente spunta un accenno di sole. Durante la traversata non possiamo fare a meno di notare alcune isolette di pochissimi metri quadrati con
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una sola casetta al centro, tutte munite del proprio personale attracco per le barche. Chi mai vivr in quei fazzoletti di terra in mezzo al mare, che sembrano quasi le microscopiche isole con l'unica palma da cocco centrale, tipicamente associate ai naufraghi? Mentre ci immaginiamo le possibili risposte, attracchiamo e ricominciamo i nostri giri, trovandoci di fronte ad un fenomeno eccezionale: un doppio arcobaleno sullo sfondo della chiesa ortodossa. La prima delle due strisce di luce colorata prepotentemente visibile, la seconda tenue e appena accennata. Entrambi gli arcobaleni formano un arco sopra le bellissime guglie d'oro. Piove con il sole che splende, un momento davvero particolare. Approfittiamo della schiarita per riposarci un po, seduti di fronte al porto. Osserviamo attentamente le navi attraccate con i ristoranti all'aperto sui ponti, le grosse gomene tutte avvolte attorno alle bitte per evitare che i battelli scappino via sospinti dalla continua brezza, e in lontananza le enormi navi da crociera, mosse da centinaia di resistenti motori diesel che le sospingono lungo i mari per giorni interi. Dopo una decina di minuti di rilassamento, ripassiamo nella piazza del Senato per raggiungere la stazione centrale, intercettando fugacemente un'esibizione di canto corale. In albergo troviamo un'altra sorpresa: i nostri vestiti, lasciati stropicciati ed ammassati irregolarmente sui letti sfatti, sono ora perfettamente stirati e piegati, appoggiati su lenzuola assolutamente prive della pi piccola grinza. Un servizio decisamente diverso a quello a cui siamo abituati da qualche settimana, e che rischia di viziarci un po troppo. Un bel bagno nella spaziosa vasca per eliminare la sporcizia e la stanchezza residua, e poi subito tra le braccia di Morfeo, preparandoci all'ultimo giorno nella capitale. Solo non si vedono i due liocorni Stamattina la sveglia suona un po pi tardi. I dolori al rachide, dovuti all'eccessiva morbidezza dei materassi, sono ancora presenti. Stamattina ci concediamo una pantagruelica colazione, e torniamo a riempire il piatto pi e pi volte con qualsiasi cibaria presente sui tavoli. Il caff viene erogato dalle macchinette in quantit esagerata: qui la porzione per una persona lequivalente di una moka da tre! Ne butto via gran parte per poterlo diluire, e la cameriera si stupisce
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del mio gesto. Sembra che non riesca a credere che si possa buttare via del caff, ma mi lascia fare senza obiettare. Una volta rimpinzatici cos tanto da far fatica ad alzarci dalla sedia, barcolliamo lentamente verso la camera per recuperare tutto il necessario per la giornata. Questa mattinata la passeremo allo zoo, su un'altra isoletta vicina a Suomenlinna. Un timido scoiattolo, che corre qua e l velocissimo in preda all'agitazione, ci d il benvenuto sulla stradina che conduce alle gabbie dei grandi felini. Il leone in siesta pomeridiana, cos come la tigre, pesantemente assonnata. I ghepardi sono un po pi attivi, ma si muovono in modo artefatto, ripetendo gli stessi movimenti ossessivamente. Probabilmente sono molto sofferenti per la loro condizione di prigionia. Un simpatico gatto selvatico sta dormendo, appollaiato in cima ad un albero, con l'espressione beata che hanno tutti i gatti che dormono. Ce n' per tutti i gusti. Alci dalle ramificate corna, cammelli dal morso veloce e dallo sputo facile, gazzelle costrette in poche decine di metri quadri di spazio, canguri dalle cortissime zampette anteriori e dalla buffa andatura saltellante. Gli em, grossi uccelli molto simili agli struzzi ma dal piumaggio molto pi scuro, ci guardano con un'espressione bellicosa e non ci invitano a fermarci a lungo dinanzi ad essi. I vanitosi pavoni, in stato di sorprendente semilibert, non si degnano di mostrare la variopinta ruota, riservata unicamente ad impressionare gli esemplari femminili. Gli scortesi lama, notoriamente di carattere difficile, scappano non appena ci vedono arrivare. Gli enormi bisonti, dal peso che pu raggiungere la tonnellata, sono intenti a masticare la loro paglia. Particolarmente divertente il branco di babbuini, dal sedere rosso e prominente, estremamente agili nell'arrampicarsi su qualsiasi appiglio trovino. Il loro urlo lancinante, e a volte iniziano tutti insieme a gridare senza alcun apparente motivo, fracassandoci i timpani. Uno degli animali si porta dietro un pezzo di legno per minuti e minuti, credendo di aver trovato un tesoro, per poi lanciarlo a terra spezzandolo. Rimaniamo a guardarli per diverso tempo, fino a quando la porticina metallica sul retro si apre, permettendo ai babbuini di entrare nella giungla artificiale. L amano darsi la caccia, gridando come ossessi e rotolando sulle reti appositamente studiate per le loro acrobazie. All'interno degli altri edifici troviamo gli animali amazzonici e africani. impossibile rimanere indifferenti di fronte
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agli orribili scarabei, ammassati a centinaia e grossi come una noce. Farebbero scappare terrorizzato anche il pi coraggioso ed armato degli esploratori. Lancestrale terrore degli insetti qualcosa di difficilmente eliminabile. Non sono meno impressionanti i serpenti boa, in grado di stritolare un uomo in pochi secondi, anche se dietro i vetri sono inoffensivi e piuttosto pigri. Fanno loro bella figura anche gli innumerevoli animali marini, ragni, crostacei ed echinodermi, ma purtroppo non c' tempo per vederli tutti e dobbiamo rientrare sulla terraferma. Tra poche ore si parte per Stoccolma. Tutti in barca In cima alla passerella che conduce alla nave, un plotone di fotografi ci saluta, mostrando tutti e trentadue i denti. Impossibile rifiutare la foto, dato che hanno messo le macchine fotografiche in posizione strategica. Probabilmente tutto ci serve per avere un qualcosa di identificativo, nel caso che qualcuno si perda o abbia dei problemi di qualche genere sulla nave. Due pagliacci e un trampoliere, vestiti nei modi pi strani, ci accolgono calorosamente. Finalmente riusciamo ad accedere al settimo piano, quello dell'imbarco. Linterno della nave stupefacente: vi sono centri commerciali mastodontici, l'insegna di un casin in fondo al corridoio, numerosi ascensori con le pareti trasparenti. Mentre camminiamo, un mimo luccicante e truccato intercetta la camminata di Davide, piazzandosi dietro di lui e seguendo ogni suo movimento in modo insistente ed irritante. Il nostro eroe fa finta di niente, sperando che il buffo personaggio molli la presa, ma non sembra proprio che se ne voglia andare. Alla fine, per, riesce a liberarsene, simulando un impatto contro una ringhiera e piegandosi in due: il mimo, per seguire quella posizione, creerebbe una situazione imbarazzante Congratulandosi per la trovata, lamico pagliaccio finalmente lo lascia in pace e va ad importunare qualcun altro. La nostra cabina si trova in fondo ad un dedalo inestricabile di corridoi tutti uguali, nei quali si rischia seriamente di perdersi, ma il nostro senso dellorientamento sufficiente per trovare in fretta la cabina. Alloggiamo in un buco claustrofobico, ovviamente senza finestre, con due letti a castello e pochissimo spazio vitale. Dallalbergo dei sogni alla cabina degli orrori.
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Un ragazzo australiano, dagli spiccati lineamenti orientali, entra con noi e rivela di essere il nostro compagno di stanza. molto discreto e si fa i fatti suoi, dunque non parliamo molto. Non rimaniamo a lungo in questo loculo: la nave troppo grande e piena di sorprese per non esplorarla da cima a fondo. Il settimo piano dotato di ogni comodit possibile e immaginabile: c perfino un negozio "tax free" in cui non si paga l'IVA sui prodotti, istituito apposta per i turisti. Tra la merce sugli scaffali spiccano bottiglie di vodka da due litri, pacchetti di caramelle da mezzo chilo l'uno, nonch terrificanti chupa chups giganti da 200 grammi. Praticamente delle clave. Sembra la fiera dellesagerazione: non esistono confezioni piccole o medie, ma solo enormi. Le sorprese non finiscono qui: sulla nave ci sono anche uffici di cambio soldi, negozi di vestiti d'alta moda, ristoranti costosissimi. Sembra di essere finiti su una crociera di lusso. Ad un certo punto notiamo una lunghissima bacheca, sulla quale sono appese tutte le foto che ci sono state fatte alla partenza. Dopo una breve ricerca, troviamo anche le nostre! Le preleviamo subito, senza chiederci se siano a pagamento o meno, vedendo che cos fan tutti. Al massimo ci arresteranno e finiremo i nostri giorni in galera, niente di grave. Il piatto forte, per, arriva soltanto la sera. Non possiamo certo perderci una serata al casin, che campeggia in bella vista in fondo al corridoio con la sua voluminosa insegna luccicante. Gioco dazzardo Il notevole fascino del gioco dazzardo rende molto difficile smettere di giocare una volta iniziato. Di venti centesimi in venti centesimi, ci promettiamo ogni volta un tetto massimo di spesa oltre il quale non andare, peccato solo che tale tetto venga ridefinito continuamente, schiacciato dall'eccitazione e dalla voglia di rischiare di pi. Ci rendiamo conto di quanto sia pericoloso lasciarsi tentare da questo tipo di giochi, se gi con pochi centesimi di euro difficile darsi un freno. Avendo conosciuto personalmente gente che si rovinata col gioco d'azzardo, l'effetto che mi fa ancora pi forte. Dall'altra parte della sala, due croupier stanno decidendo le sorti d'accaniti giocatori, in gran parte giapponesi, al black jack e alla roulette. Le loro dita sciolte manipolano abilmente le carte,
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distribuite una alla volta e lentamente scoperte sotto gli occhi ansiosi di chi ha puntato. I soldi giocati vengono inghiottiti, talvolta per sempre, in apposite buche del tavolo verde. La pallina della roulette, lanciata in direzione contraria al senso di rotazione della medesima, decreter presto se i portafogli dei giocatori si alleggeriranno o si appesantiranno a fine serata, in un tiro della sorte completamente imprevedibile e per questo estremamente tentatore. Banconote da dieci, venti, cinquanta euro passano continuamente sotto il nostro naso fin nelle mani del croupier, dall'espressione di ghiaccio e completamente indifferente a tutto quel movimento di soldi e a quella febbre del gioco. Probabilmente per lui un lavoro come un altro, che non gli procura alcuna emozione. affascinante osservare queste scene di tensione silente, che talvolta esplode in contenuti gesti di stizza e di rammarico per le centinaia di euro appena buttate via, mentre altre volte scatena gioiosi abbracci per le cospicue vincite ottenute. Nessuno, purtroppo, sta giocando al poker con le vere carte. Assisteremmo volentieri ad una partita, ma non ci sogniamo certamente di proporci. Dopo un po torniamo ad aggirarci nei dintorni delle macchinette, in cerca davventura. Un videopoker rimasto vuoto attira la nostra attenzione, poich ha un bottone rosso ancora acceso. In tutti gli altri videopoker spento, cosa sar? Schiacciamo il pulsante, solo per curiosit, e magicamente scendono cinque monete da un euro. Ci guardiamo increduli: com' possibile che le abbiano lasciate l? Le ghermiamo, mettendole in tasca senza dare nell'occhio, e passiamo alla macchinetta successiva, anchessa munita di pulsante rosso illuminato. Altri tre euro guadagnati senza sforzo. Da questo momento in poi non facciamo altro che aggirarci come avvoltoi tra le slot machine, cercando qualche monetina dimenticata da puntare. Approfittiamo dellinsperata vincita per giocarcene una parte, stabilendo per un tetto massimo invalicabile da non superare per nessun motivo, e stavolta lo rispettiamo. Puntiamo quasi sempre venti centesimi, altre volte quaranta, perdiamo un po di soldi e poi ne riguadagniamo il triplo, per poi perderne il quadruplo, e cos via. Un'andatura altalenante, che ogni volta che sembra stia per finire in realt ricomincia in modo del tutto inaspettato, vincendo cinque volte tanto dopo che l'ultima monetina utile stata puntata.

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Come prevedibile, in finale perdiamo tutto quello che abbiamo deciso di giocarci, ma riusciamo ancora a recuperare altri due o tre euro, lasciati da qualche distratto utente che si dimenticato di riprendersi i suoi spiccioli. Probabilmente gente abituata a puntare cinquanta, cento, duecento euro alla volta. Gente che non sta certo a contare le briciole, presa com dallinestinguibile febbre del gioco. La mezzanotte ormai passata da un po, e cominciano a vedersi le prime scene di ubriachezza: un finlandese piuttosto pingue, con i capelli biondi a spazzola, sta dormendo beatamente a sghimbescio sulla sedia, e il suo bicchiere di Bailey's ancora pieno fino all'orlo. Il suo amico sta tentando inutilmente di svegliarlo, battendo sempre pi forte il bicchiere sul tavolo, senza successo. Il ragazzone viene poi svegliato in qualche modo da altri finlandesi, che scuotendolo ed incitandolo riescono perlomeno a farlo rimettere seduto dritto. Non vorrei essere tra quelli che poi tenteranno di farlo alzare. Altri individui poco raccomandabili cominciano ad aggirarsi nei dintorni, perci vista anche l'ora tarda decidiamo di uscire dal casin e di tornarcene in cuccetta. All'entrata dei nostri corridoi vediamo un altro finlandese collassato sul fondo delle scale, completamente ubriaco, poi un altro in piedi con la faccia rossa come un peperone e l'espressione stranita, che ci fissa insistentemente dall'imboccatura del nostro corridoio. Prudentemente, deviamo per la strada pi lunga, evitando di passargli davanti. Riusciamo infine a raggiungere la nostra camera senza essere aggrediti da ubriachi vaganti. La banda magnetica fa un po di noiose bizze, ma pulendola bene con i fazzoletti si sblocca e ci lascia entrare nel nostro loculo, finalmente al sicuro. Il nostro compagno di stanza non c. Chiss se collassato anche lui per il troppo alcool ingurgitato, o se si perso nellintricato labirinto. Stoccolma Dalla nostra cabina impossibile capire che ore siano, se non uscendo o consultando un orologio. La totale assenza di finestre fuorviante e potrebbero tranquillamente essere le quattro di mattina come le due di pomeriggio. In piena notte mi sveglio sentendo degli strani rumori: tendo lorecchio per capire cosa siano quegli scricchiolii e quei suoni di portelloni che paiono aprirsi e chiudersi. Sembra che la nave si sia fermata del tutto. Per un attimo penso che
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siamo arrivati e che dobbiamo correre immediatamente per uscire, ma quando Davide si sveglia mi informa che solo lo scalo notturno alle isole land, a met tra Helsinki e Stoccolma. Guardo lorologio: sono pi o meno le tre di notte. Mi riaddormento subito dopo, senza pi preoccuparmi dei rumori della nave. Alle otto saltiamo in piedi e ci prepariamo per scendere a Stoccolma. Una volta mandati gi i soliti due biscotti e i soliti tre sorsi di succo di frutta, facciamo un'altra veloce ispezione nella zona del casin, sperando che sia ancora aperto. Quale momento migliore per raccogliere le monetine dimenticate nel corso di un'intera notte? Purtroppo tutto chiuso. Recuperiamo dunque i bagagli e ci apprestiamo a seguire la marea di gente che si sta ammassando alle uscite. Il nostro compagno di stanza ci saluta augurandoci buona fortuna, ricambiamo e lo vediamo sparire lungo unanonima rampa di scale. Prima di potercene rendere conto la nave ha gi attraccato al porto di Stoccolma. Siamo tornati in Svezia. Ripercorriamo velocemente i corridoi sospesi per raggiungere la famosa metropolitana Tunnelbana, molto decorata e ricca di vetrine con esposizioni artistiche. Praticamente, un misto tra una metropolitana e un museo. Il tunnel per non ci esalta come dovrebbe, in quanto l'arrivo piuttosto caotico e stressante: il caldo e la folla ci sfiancano, cos come ci esasperano le decine di passeggini che ci sbarrano la strada, incastrandosi dappertutto, specialmente ai tornelli della metropolitana. Chiedendoci come sia possibile che tutta questa gente abbia cos tanti figli piccoli e se li porti sempre in giro, prendiamo il primo treno diretto alla zona del centro storico, famosa per la sua densit di edifici antichi. L'isoletta di Gamla Stan, il vero nucleo centrale della citt risalente al Medioevo, colma di edifici sontuosi come la chiesa mortuaria di Riddarholmen, la cui svettante ed appuntita guglia di ferro tocca la ragguardevole altezza di novanta metri. lastricata internamente di pietre tombali, che ospitano i resti di tutti i re svedesi fino all'epoca contemporanea, e sulle pareti sono stampigliati stemmi e trofei dei cavalieri dell'ordine dei Serafini. Poi viene la monolitica Residenza Reale, l'edificio pi importante e rappresentativo di Stoccolma. la vecchia abitazione dei re, che per vediamo solo dall'esterno, giallognola e squadrata. Una carrozza trainata da cavalli, che sta
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passando proprio ora in mezzo alla piazza, contribuisce ad aumentare l'aria di medioevo che aleggia densa attorno a noi. Ci aspettano poi la torre del municipio, dalla quale ci godiamo unottima vista dellintera citt, e la visita allenorme Palazzo Reale, dove alcuni soldati, in divisa verdognola e stivali bianchi, stanno pronunciando ordini in lingua incomprensibile, comandando il cambio della guardia e marciando a passo sicuro, mentre nutrite schiere di turisti osservano. L'ingresso dei quattro musei ospitati dal Palazzo presieduto da un guardiano solitario, armato di fucile a baionetta, che ha lordine di non muoversi n parlare. Nonostante ci, un turista sta intavolando con lui una specie di conversazione, nella quale per le proporzioni sono fortemente sbilanciate: la guardia si limita a rispondere con qualche parola seccata, trasgredendo agli ordini probabilmente per disperazione, mentre il curioso e logorroico importuno non accenna a smettere di fare domande. Deve essere gi particolarmente noioso stare ore e ore in piedi senza potersi muovere, in bala di qualsiasi condizione atmosferica e senza nemmeno poter andare al bagno, se poi si aggiungono anche i turisti, davvero il colmo! L'interno del palazzo magnifico: le stanze sono enormi, spaziose, riccamente decorate con ogni genere d'affresco. Alcune statue bronzee sono incastonate negli spigoli delle pareti e sembrano tenersi con le mani alle due travi dangolo. Tanta ricchezza impressionante e tutto questo sfavillare d'oro quasi abbaglia la vista. Nei sotterranei, invece, possiamo ammirare corone e spade tempestate di diamanti e pietre preziose in ogni centimetro quadrato, oggetti straordinari e d'altissimo pregio, che osserviamo senza pronunciare parola. Finita la visita ai ricchissimi musei, tempo di visitare altri gioielli, come la cattedrale di Storkyrkan. I suoi colonnati in mattone rosso e a strisce biancastre sorreggono le tre lunghe navate, mentre spicca il maestoso altare argentato con la consueta e splendida vetrata colorata circolare sulla cima. Perla finale la complessa e finemente rifinita statua rappresentante la lotta tra San Giorgio e il drago, terminata con la sconfitta di quest'ultimo, secondo la leggenda raccontata dai tempi delle Crociate. Finisce qui la prima parte della scorpacciata di storia e cultura locale, ed ora ci occupiamo di cose pi banali, come cercare un posto dove mangiare tranquilli, senza essere sorpresi dalla pioggia che continua beffardamente ad andare e venire. A
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complicare le cose si aggiunge anche il vento freddo che spira dal mare, portando pi nuvole invece di spazzar via quelle presenti. In mancanza di meglio, non rimane che la stazione. Riempito lo stomaco, ripartiamo per le vie del centro. Nonostante la stanchezza delle gambe, un piacere camminare per le strette viuzze, con qualche guglia che spunta all'improvviso dietro un caseggiato che fino a poco prima ne nascondeva la vista. Ci concediamo un altro momento di riposo sui gradini di una statua nella piazza adiacente al golfo, dove dall'altro lato ormeggiato l'Af Chapman, un vecchio vascello a vela ora trasformato in ostello. Purtroppo non alloggeremo l: trovare posto difficile, bisogna prenotare settimane prima. Curiosamente, questostello galleggiante porta il nome dellassassino di John Lennon. Come chicca della tarda serata, troviamo unorchestra che sotto un tendone sta suonando il V Pensiero. Perfino in Svezia sentiamo cantare italiano! Il direttore dorchestra si affanna con la sua bacchetta, piegandosi e facendola volteggiare qua e l senza sosta, mentre i musicisti, visibilmente concentratissimi, eseguono i loro pezzi in modo magistrale. Applausi scroscianti. Tumba Dopo il concerto, proviamo ad incamminarci lungo unaltra strada, decisamente affollata. Un concerto di dimensioni enormemente pi grandi si sta preparando. Non sappiamo chi dovr suonare, ma dallaspetto dei milioni di ragazzini che si sono riversati in strada possiamo capire che sar qualche plastificato idolo del pop. Spintonando e sbuffando, riusciamo a liberarci dalla calca nella quale imprudentemente ci siamo addentrati. Una volta liberi, constatiamo che tardi e ormai i musei sono tutti chiusi. Si sta facendo sera, siamo stanchi e dobbiamo pensare a come raggiungere i nostri giacigli per la notte. Non avendo trovato un ostello a Stoccolma per la prima notte, abbiamo dovuto prenotare una sistemazione a Tumba, un sobborgo distante circa cinquanta chilometri dalla capitale. Tumba unaltra cittadina come Lule, sperduta nella campagna svedese, e lunica informazione che abbiamo sullostello un numero di codice, che dovremo digitare su una tastiera a muro per poter entrare. Non sappiamo nemmeno
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dove sia esattamente il posto, anche se ci hanno assicurato che facile da trovare. Torniamo dunque in stazione per prendere il treno, ma inspiegabilmente i commessi non accettano il biglietto Interrail. Ci tocca pagare la tariffa piena, cio sei euro, per venti minuti di treno. Gi questo sufficiente per farci un po arrabbiare, ma non finita qui. Appena scesi dal treno, cerchiamo subito un autobus, e ne troviamo subito uno che va a Tumba, ma quando proviamo a salire lautista di colore ci risponde in italiano "Qui non si fanno biglietti". Un altro che legge il pensiero e indovina le nazionalit con la sola imposizione delle mani. Non abbiamo nemmeno parlato! Ritorniamo in stazione, ancora pi scornati, e paghiamo l'esorbitante cifra di diciotto euro per un tragitto di pullman della durata di un quarto d'ora. Con tutti questi soldi, spesi per niente, avremmo potuto dormire in un comodo albergo di Stoccolma. Speriamo che, come minimo, il biglietto valga anche per il ritorno, dato che conta numerosi spazi vuoti numerati. Ci mettiamo ad aspettare, e venti minuti dopo arriva un altro autobus. Lautista timbra il biglietto in corrispondenza del secondo riquadro, su sedici totali. Ci viene il dubbio di aver comprato un abbonamento. In ogni caso, siamo sullautobus giusto. La nostra fermata in un posto che definire isolato un eufemismo. Tuttavia, un enorme cartello segnala un ostello della giovent sulla sinistra. Il simbolo della casetta e dellabete inequivocabile. Davide indovina subito il punto in cui tagliare a sinistra, e presto scopriamo che l'ostello parte di un camping molto ben organizzato, composto da decine di edifici. Seguendo le indicazioni, arriviamo nei pressi di una costruzione un po dismessa, ma tutto sommato d'aspetto invitante, e che reca la fatidica tastiera a muro sullo stipite della porta. il momento della verit: se per caso il codice sbagliato, non funziona o labbiamo capito male, rimaniamo fuori. Primo numero valido, secondo e terzo validi...quarto valido. La serratura lampeggia di verde e possiamo entrare. Nellanticamera notiamo subito una busta appesa al muro, indirizzata proprio a me. C il mio nome sopra. Essa contiene le chiavi della camera e le istruzioni su come pagare. Dovr lasciare il mio numero di carta di credito, che verr registrato e utilizzato
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luned, quando riaprir la reception. In Italia chi si fiderebbe a fare una cosa del genere? Chiunque potrebbe tranquillamente lasciare un numero di telefono falso, dormire abusivamente ed andarsene senza pagare. Ma evidentemente qui non consuetudine. La camera riservata per noi, ben riscaldata e pulita, il che ci ripaga in parte della scarpinata e dell'esorbitante costo del biglietto, che ancora non sappiamo se sia valido anche per il ritorno. Ottimizziamo i bagagli per potercene andare quanto pi velocemente possibile lindomani, poi ci infiliamo sotto le coperte. Incoscientemente, mi copro solo col lenzuolo, convinto che faccia gi abbastanza caldo. Grave errore di cui pagher le conseguenze, svegliandomi lindomani con un incipit di raffreddore. Ostello galleggiante La mattina ce ne andiamo a velocit supersonica, ansiosi di ritornare a Stoccolma e dimenticare questinutile deviazione. Aspettando lautobus, ci prepariamo numerose scuse nel caso in cui il controllore ci dica che il biglietto non va bene. Potremmo fare gli gnorri, oppure insistere dicendo che abbiamo chiesto un abbonamento, oppure tentare di corromperlo. Ma nessuna di queste opzioni si rivela necessaria: lautista ci timbra il biglietto in corrispondenza del quarto spazio (ma perch solo quelli pari?) e ci lascia salire senza dire nulla. Ormai siamo certi di aver comprato un abbonamento, non c altra spiegazione. Certo che la donna che ce lha venduto non ha proprio capito niente di quello che abbiamo detto. Pazienza, ormai siamo tornati nella capitale e mettiamo definitivamente una pietra sopra la parentesi di Tumba. Ora dobbiamo pensare a cose pi importanti, come ad esempio trasferire i bagagli nella nuova sistemazione, il che implica che prima dobbiamo trovarla. Ci mettiamo un bel po, ingannati dalla strana conformazione delle vie che costeggiano lacqua, ma quando finalmente lo raggiungiamo ne rimaniamo piacevolmente sorpresi. Si tratta di un vecchio battello da pesca, ora diventato un ostello! Non sar lAf Chapman, ma pur sempre un ostello galleggiante. Purtroppo, una volta entrati lentusiasmo iniziale cala di molto. Solo il fatto di galleggiare salva lostello dalla nomina di uno tra i peggiori. Le scale per scendere al piano inferiore, dove si trova la nostra cabina, sono ripidissime, strette e pericolosamente
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scricchiolanti. C' un unico orinatoio per tutta la nave, munito di lavandino, mentre l'altrettanto unica tazza, in un altro bugigattolo, ne invece priva. Che senso ha non metterlo proprio dove ce n' pi bisogno? Sorvoliamo su questo dettaglio e parliamo delle docce, praticamente aperte. L'unico barlume di privacy dato dalla tenda che si pu tirare, ma non esiste porta: di conseguenza, praticamente nessuno nellostello fa la doccia, tanto meno noi. La camera l'apoteosi: due letti a castello in uno spazio che definire claustrofobico un complimento. Chi dorme sopra non ha nemmeno una scaletta per arrampicarsi, ma solo un vago gradino, liscissimo ed inclinato a 45. Completamente inutile. Oltretutto, una volta arrivato in cima, lo sventurato pu a malapena girarsi nel letto, poich lo spazio tra materasso e soffitto cos ridotto che anche scendere diventa un problema. Per non parlare di quando loccupante del medesimo letto tenta di sollevare il busto: pu farlo al massimo per una ventina di centimetri, prima di sbattere la testa contro lirregolare soffitto. Gli obl sono microscopici, tenuti costantemente chiusi dalla coppia di francesi che alloggia con noi. Il ricircolo daria cos azzerato, e ci non fa bene al mio raffreddore, che sta esplodendo proprio in queste ore. Musei e vascello Una volta sistemati gli zainoni negli unici vani in cui riescono a passare, ce ne andiamo preparandoci ad un'intensa e mentalmente faticosa giornata. Oggi abbiamo ben tre musei da visitare. Il National Museum, un altro d'arte moderna e, dulcis in fundo, il Vasa Museum, che ospita un intero vascello, ancora intero. Il primo il pi classico, dedicato a quadri e oggetti di uso comune dal primo Novecento agli anni Settanta. Ben poco mi rimane in testa dopo esserne uscito. Il secondo un insieme d'arte astratta e bizzarra, ma che lascia intravedere significati nascosti molto profondi. In particolare, un'opera mi colpisce: un insieme di centinaia di foto di persone comuni, prese dalla strada, appese sul muro a formare un collage. Sotto tutte queste fotografie stanno altrettanti fogli di carta, che recano la descrizione di ogni individuo. C' la persona che ha appena perso l'aereo, pagato profumatamente, perch le indicazioni del centro turistico erano sbagliate. C l'ex alcolista, affidato agli assistenti sociali che ogni mattina passano a recapitare la busta con il
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cibo senza suonare il campanello, perch hanno paura di lui. C l'uomo a cui hanno appena tolto il rene sbagliato, la donna che ha appena perso il figlio in un incidente stradale, lo studente a cui stata rifiutata la tesi preparata in due faticosi anni, la ragazza che ha scoperto di essere sterile solo dopo essersi sposata, e cos via per centinaia di pietose situazioni. Sono tutte apparentemente slegate tra loro, ma hanno un denominatore comune: l'impietosa variet delle sofferenze che si possono provare e soprattutto l'incomunicabilit della condizione umana, dove ognuno abbandonato a se stesso, senza che il resto del mondo se ne curi. Il terzo ed ultimo museo, indubbiamente il pi interessante, contiene un enorme vascello del diciassettesimo secolo ancora quasi completamente intatto, lungo circa settanta metri. C da rimanere senza fiato ad osservare le sue statue di legno incastonate a poppa, le reti sulle quali i marinai si arrampicavano per arrivare in cima all'albero maestro a fare da vedette, i paurosi fori quadrati sulle fiancate dai quali i marinai nemici vedevano spuntare le bombarde. Ci sono pi di dieci piani su cui salire, e da ognuno si vede la nave in unangolazione diversa, finch dalla cima si pu ammirare lintero vascello in tutta la sua enormit. Come abbiano fatto a trasportare questo mostro e rinchiuderlo dentro quattro mura e un tetto un vero mistero. Forse hanno semplicemente costruito il museo attorno alla nave. Ai lati delledificio ci sono tutte le rappresentazioni in miniatura della nave e delle sue stanze. Rendono abbastanza bene lidea, ma preferiamo osservare la nave vera e propria. Non ci si pu salire sopra per ovvi motivi, ma non necessario: si pu comunque vedere il ponte a brevissima distanza. Ancora una volta mi sembra di essere entrato in un capitolo di Capitani Coraggiosi. Finale Una lieve ma costante pioggerellina non ci risparmia nemmeno durante lultimo giorno a Stoccolma, che coincide con lultimo giorno di viaggio. Tuttavia, ci concediamo un rilassato giro panoramico lungo una strada della citt alta, dalla quale si vedono benissimo tutti gli edifici storici. Poco distante si trova la chiesa di Santa Sofia, un grazioso luogo sacro con le panche disposte a semicerchio attorno all'altare. Sedendoci su di esse, assorbiamo un
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po di benefico calore ed approfittiamo per meditare sulle nostre odierne sorti. Quello che pensavo nella stazione di Bergen si sta avverando: tra poche ore torneremo a casa, chiedendoci come abbia fatto il tempo a passare cos velocemente. Lultima cosa che ci rimane da vedere a Stoccolma il Globen, dallaltra parte della citt. Si tratta di unenorme costruzione sferica, bianca e reticolata. la pi grande costruzione a forma di globo del mondo intero. Ospita molti negozi al suo interno (circa 150!), ma tra tutti quei negozi non ce n nemmeno uno che ci stuzzichi la fantasia, perci torniamo nel centro della citt per unultima camminata. Curiosando un po nei vari negozi del viale, troviamo in vendita veramente di tutto. divertente confrontare i prezzi e pensare a quante stupidate siano in vendita per non pochi soldi, come le orribili statuette dei troll, delle quali gli scaffali fortunatamente non si svuotano mai, dato che non le compra nessuno. Ormai sufficientemente stanchi da non voler strafare, ci liberiamo da qualsiasi impegno per quel che resta della giornata, complice anche il mio naso che sta ricominciando a colare violentemente. Convinco Davide a tornare presto in ostello, poich non mi sento molto bene. Ho la febbre e sto consumando fazzoletti uno dopo l'altro. Il calduccio della cabina mi cura nuovamente, fino a scivolare in un sonno leggero. Lindomani prendiamo il treno per laeroporto di Arlanda, ormai la nostra odissea finita. Ci rivediamo sul prossimo treno, destinazione ignota.

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Estate 2009
Francia Belgio Paesi Bassi
Partenza il 01/08/2009 Ritorno il 22/08/2009 22 giorni totali di viaggio

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Appena un anno dopo Una strana atmosfera aleggia questa mattina nella piccola stazione di Mendrisio. Le prime tenui luci dellalba illuminano debolmente i numerosi treni merci che dormono profondamente sulle fredde rotaie, in meritato riposo dopo una giornata di duro lavoro. Gli edifici di servizio sono chiusi e non c nessuno nei paraggi. Gli unici movimenti sono lavanzare delle lancette del grosso orologio, infisso sulla parete della costruzione principale della stazione, pi londeggiare dei ciuffi derba che crescono tra un binario e laltro, spinti da un leggerissimo venticello appena percettibile. Pian piano, senza fretta, le lancette dellorologio scandiscono i minuti che mancano alla partenza del prossimo treno, che due strani personaggi dallaria assonnata sembrano attendere, camminando avanti e indietro sulla banchina del terzo binario. Sono le uniche due persone che stanno aspettando un treno ora, nella dormiente e desolata stazione. Portano entrambi un grosso zaino in spalla, allacciato a livello della vita e del torace per distribuire e bilanciare meglio i pesi e non farli gravare unicamente sulle clavicole. Uno degli zaini completamente nero e piuttosto spartano, laltro blu e bianco e molto pi elaborato, ricco di tasche aggiuntive e di cordicelle che ciondolano da ogni dove, che gli conferiscono un aspetto professionale e adatto ai viaggi d'avventura pi estrema. Ovviamente, quei due viaggiatori siamo noi. Entrambi indossiamo vari strati di vestiti per difenderci dal fresco della notte, ormai prossima al termine. Per ingannare lattesa, ci sporgiamo sul bordo della banchina per esaminare i rifiuti lasciati da qualche passeggero, o per valutare la quantit di ruggine che sta lentamente aggredendo le sbarre di ferro e i bulloni, o ancora per tentare di capire da dove provengano i vagoni merci. Il treno arriva alla stazione prima del sorgere del sole e ci porta via da Mendrisio, pronti ad affrontare una nuova avventura in giro per lEuropa. Il vagone che abbiamo scelto per la prima sferragliata della giornata quasi vuoto e molto silenzioso, pulito e ordinato come ci si aspetterebbe da un treno svizzero. I pochi viaggiatori presenti oltre a noi si occupano dei fatti loro: qualcuno legge il giornale, qualcun altro sonnecchia, forse per recuperare qualche ora di sonno prima di recarsi al lavoro. Anche noi abbiamo sonno, ma non certamente il momento di dormire. Difficilmente la partenza del primo treno di una lunga serie pu essere vissuta con indifferenza. Mi rendo conto che sto provando la
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stessa potente, inebriante sensazione che provai esattamente un anno fa, quando stavo per partire per la Norvegia con il mio fidato compagno Davide, che anche questa volta mi sta accompagnando. Il treno supera cittadine addormentate ed intricate linee elettriche, tuffandosi in mezzo a verdi boschi e costeggiando dirupi vertiginosi, prima di entrare nel buio tunnel del Gottardo. Mentre lo attraversiamo, le orecchie mi si chiudono, amplificando la sensazione di ottundimento e di sonnolenza che ora inizio a provare pi intensamente, cullato dal tranquillo e silenzioso avanzare del treno in mezzo alloscurit della lunghissima galleria. Passare il Gottardo come varcare una linea di demarcazione. Questo traforo, che attraversa le Alpi da parte a parte, funge un po da spartiacque tra il piccolo mondo che lasciamo a casa e il nuovo mondo che andiamo a conoscere ora. Non si capisce molto bene dove sia linizio del tunnel, cos come non netto il principio di un nuovo periodo della vita. Simbolicamente, lattraversamento del tunnel rappresenta luscire di nuovo allaria aperta dopo un lungo periodo di buio, durante il quale si era un po smarrita la strada. Quando il treno riemerge trionfalmente dalle oscure profondit della montagna ed investe nuovamente laria pura, fendendola con sicurezza, capita di nuovo quello che capit un anno fa, quando laereo prese sempre pi velocit fino a decollare: la linea di margine stata finalmente oltrepassata, e tutti i dubbi e le preoccupazioni non hanno pi ragione di esistere. C una calma strana sul treno, che non turbata nemmeno dalla vista di due militari armati di mitragliatrice, venuti a sedersi vicino a noi. Lestremit della canna dellarma forata lateralmente in vari punti, forse per permettere di disperdere al meglio il calore durante una raffica di colpi, e nonostante le armi mi lascino sempre un vago senso di inquietudine, ora non mi comunicano nulla di particolare. Cambiando due treni alle stazioni di Zurigo e Basilea, ci troviamo finalmente sulla direzione giusta per la nostra prima, grande tappa. Il treno percorre le rotaie alla velocit di oltre trecento chilometri orari, ma non ce ne accorgiamo quasi. Il treno troppo confortevole per rendersi conto della sua estrema velocit. Prima che possiamo accorgercene, siamo gi arrivati, ed gi tempo di scaricare i bagagli, metterseli in spalla e ridiscendere dalla scaletta del vagone, abbandonati finalmente a noi stessi. Parigi ci attende.
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Ville de Lumire La capitale francese stata descritta cos tante volte, da cos tante persone e con cos tanti aggettivi che trovo difficile tentare una descrizione anchio. Rischierei di ripetere unicamente ci che gi stato detto da innumerevoli altri artisti, scrittori, musicisti, attori, letterati e via dicendo. Non necessario che mi metta a descrivere pedantemente la sua lunga e prestigiosa storia, o citare tutto quello che i grandi del passato e del presente hanno detto su questa famosa metropoli. Non nemmeno necessario commentare il caos della stazione centrale, lampiezza e lariosit delle strade, la grande quantit di alberi, la quantit pi grande ancora di escrementi di cane disseminati per le strade, sui quali scivolano e finiscono al Pronto Soccorso una media di seicento parigini l'anno. Parigi anche questo. Non nemmeno necessario descrivere il carattere dei francesi e la loro storia. Su di loro ci ha insegnato molto la Rivoluzione del 1789, quando i parigini insorsero armati di fucili, razziati dallHotel des Invalides, e rovesciarono i loro oppressori con la violenza, cominciando con lassaltare la prigione della Bastiglia. Della suddetta galera, oggi non rimasto nulla: il posto che occupava ora diventato una piazza commemorativa, attorno alla quale stata istituita una rotatoria stradale. Tuttavia, con un po d'attenzione si pu notare una linea tracciata per terra, che indica i vecchi confini della prigione. Purtroppo, i francesi hanno ben poca propensione a parlare inglese, come ci accorgiamo gi dal primo contatto con il bigliettaio della stazione parigina. Non ne vuole proprio sapere di parlarci in qualsiasi lingua che non sia francese, nemmeno per dire due semplicissime parole in croce. Saranno luoghi comuni, ma ne incontriamo troppi per credere che non sia vero. Con qualche difficolt, poich nessuno di noi due parla francese, riusciamo comunque a farci capire ed otteniamo ci che vogliamo. Evidentemente, sar un viaggio in gran parte allinsegna del linguaggio a gesti. Parigi non mi nuova: esattamente dieci anni fa la visitai, come parte di una breve vacanza durata una settimana, nella quale toccai anche le citt di Versailles e Vezelay. Conservo ancora qualche frammento mnemonico di quel viaggio, ma non certamente sufficiente a ricordarmi nei dettagli tutto ci che vidi ai tempi, e che adesso ho la possibilit di rivedere con maggiore consapevolezza e maturit. La citt notoriamente enorme, ma il nostro alloggio
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servito abbastanza bene dalla metropolitana, dunque non fatichiamo molto ad arrivarci. Si tratta di un ostello piuttosto povero: la camera a dir poco spartana e si apre con quelle maledette chiavi magnetiche, che tanto ci hanno fatto dannare lanno scorso. Stranamente, per, adesso sembrano funzionare a dovere. Nonostante non sia eccelso, lalloggio non affatto economico. Dobbiamo ricordarci di essere in una delle maggiori capitali europee, dove non facile spendere poco, ma abbiamo le nostre risorse per risparmiare qua e l, come il sacco a pelo che stavolta ci siamo portati per fronteggiare eventuali notti gelide alladdiaccio. Lanno scorso, una ci bastata e avanzata. Tour Eiffel Acclimatatici un po, decidiamo di non perdere nemmeno un secondo e di esaurire subito qualche succulento boccone di Parigi. Il viaggio appena cominciato, le energie sono a mille, le cose da vedere sono tante e i giorni sono solo apparentemente numerosi. Qualsiasi durata abbiano i nostri viaggi, sono sempre ipercompressi, non c mai un momento libero. La prima scelta cade sulla blasonata Tour Eiffel, il monumento pi visitato al mondo. Non so se siano pi numerosi i turisti oppure i venditori ambulanti, che tentano in tutti i modi di sbolognare ai passanti immaginette della torre, modellini in varie scale, bracciali e chi pi ne ha pi ne metta. A volte, i venditori sono cos carichi di merce che se lappendono tutta addosso, trasformandosi in maracas ambulanti che fanno rumore ad ogni alito di vento. Riusciamo ad evitarli con qualche difficolt, ma a complicarci la passeggiata ci pensano alcune donne, vestite con velo e gonna nera sdrucita, che si avvicinano chiedendoci insistentemente Do you speak english?. Nel caso che qualche malcapitato risponda di s, esso viene istantaneamente tempestato di richieste caritatevoli. Alla quinta richiesta nel raggio di pochi metri, sono tentato di fingermi un turista russo, ma alla fine veniamo lasciati in pace e riusciamo ad approdare allentrata della torre. La coda chilometrica e il caldo torrido, ma fortunatamente siamo rinfrescati da un provvidenziale vaporizzatore dacqua, accolto come unoasi nel deserto. Opera di un ingegnere ed imprenditore di nome Gustave Eiffel, costruita in appena due anni (dal 1887 al 1889) e alta ben 324 metri,
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la Torre non ha certo bisogno di presentazioni, essendo il simbolo universale di Parigi e della Francia intera. E dire che non venne molto apprezzata quando fu costruita, poich considerata esteticamente brutta e deturpante! Anche se tuttora qualche francese non lapprezza (viene definita da taluni lasparago di ferro), tutto il mondo sembra essersi messo daccordo sul fatto che lintera struttura sia un capolavoro d'architettura. Su tutti e quattro i lati, appena sotto il primo livello, sono incisi molti nomi di importanti cittadini francesi, specialmente matematici, fisici e scienziati. Tutti nomi che ci ricordano qualcosa, dalle ormai vetuste lezioni di fisica del liceo. Nel corso della sua vita, la Torre stata anche protagonista di vari episodi curiosi: vale la pena di ricordarne uno in particolare, riguardante larrivo di Hitler in citt durante la Seconda Guerra Mondiale. Per costringerlo a salire quasi duemila gradini, nel caso volesse arrivare in cima alla torre, i francesi disattivarono tutti gli ascensori motivando il malfunzionamento con la scarsit di pezzi di ricambio, dovuta al conflitto. Il Fuhrer decise, assennatamente, di rimanere a terra ed evitare lardua ascesa, e cos si perse la magnifica visuale. Lascensore ci porta al primo livello, destreggiandosi tra le intricate sbarre di ferro, mentre la Senna diventa progressivamente pi visibile in tutto il suo serpeggiare per il centro di Parigi. Siamo pressati allinverosimile allinterno dellascensore, tipicamente in stile scatola di sardine, ma un disagio di breve durata. Infatti, poco dopo traslochiamo su un altro ascensore, che rapidamente fa il suo dovere portandoci allultimo livello, raggiunto solo dopo altre decine di minuti di coda. Dallalto possiamo goderci una vista veramente notevole. Mi pare di ricordare che, nelle giornate perfettamente limpide, da quass si riesca perfino a vedere lo stretto della Manica. Purtroppo, oggi non esattamente una giornata che si possa definire limpida, perci dobbiamo accontentarci della sola vista di Parigi. Il Sacro Cuore perfettamente visibile in lontananza, sulla sua rocca posta in mezzo al leggendario quartiere di Montmartre. Spiccano anche i molti ornamenti doro sulle cupole delle chiese o in cima ai pilastri situati ai lati dei numerosi ponti sulla Senna, che non sono mai allineati bens divergono tra loro. Appaiono un po fuori posto i Bois de Boulogne e Bois de Vincennes, con tutti questi alberi in mezzo alla citt che formano unisola verde e felice attorniata da costruzioni e grattacieli da ogni
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lato, ma almeno fungono da polmone verde della citt. Stranamente, pur trovandoci a pi di trecento metri d'altezza, non c nemmeno un alito di vento. Ricordo che quando mi trovai qui per la prima volta ci fu cos tanto vento da rendere impossibile la permanenza nella met ventosa della piattaforma, mentre ora c gente su tutti i lati. La calca cos intensa da rendere appena possibile uno scatto fotografico, prima di doversi ritirare nelle retrovie. Presto ci stufiamo di questo fiume umano e ce ne torniamo a riposare. Louvre Il museo del Louvre indiscutibilmente uno dei pezzi pi forti di Parigi, ma difficilmente si riesce ad apprezzarlo appieno: talmente vasto e ricco di opere che facile perdersi o disperdere lattenzione, trasformando la visita in una confusa serie di immagini che non possono essere tutte immagazzinate nella memoria. Peggio ancora, pu capitare di non riuscire a trovare le opere pi famose, e uscire quindi scornati e delusi. Per fortuna non il nostro caso: oltre ad unentrata gratis, garantita dal fatto che oggi la prima domenica del mese, sappiamo anche dove trovare le opere maggiormente degne di considerazione, in quanto queste cruciali informazioni sono scritte nella nostra inseparabile guida Lonely Planet, un punto di riferimento per i viaggiatori indipendenti (anche se qualche volta sbaglia). La caratteristica piramide di vetro del Louvre, che continua anche nel sottosuolo formando un rombo, ci accoglie per lingresso, nemmeno troppo affollato di turisti. Strano ma vero, la densit umana relativamente bassa. Fiumi di inchiostro sono stati versati per descrivere i capolavori ospitati da quest'impressionante ammasso d'arte, situato sulle rive della Senna. Gi la prima opera, che torreggia in cima alle scale dingresso, non pu non suscitare un qualche genere di emozione anche in chi, come me, non vive di pane ed opere darte. la Nike di Samotracia, che raffigura la dea alata, personificazione della vittoria, mentre si posa sulla prua di una nave. Limmaginario vento la investe, incollandole i vestiti addosso, come traspare magistralmente da questo vecchio blocco di pietra, che altro non . La statua ha perso testa e braccia, ma non lo slancio n la forma maestosa ed ispiratrice di forza, che ben si sposano con la posizione in cui stata messa: in cima ad una lunga scala, dalla
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quale non si pu far altro che guardare lopera dal basso verso lalto, come a simboleggiare una sottomissione di chi lammira. Unaltra statua senza braccia, conosciuta praticamente da chiunque, la marmorea Venere di Milo, magistralmente ricostruita nel diciannovesimo secolo dopo essere stata ritrovata spezzata in due tronconi. Le braccia non sono mai state ritrovate, ma ci non toglie alla statua la sua bellezza. La grande mole di visitatori rende difficile apprezzare appieno tutte le fattezze del capolavoro, poich siamo costretti a camminare di continuo per non essere travolti da orde di turisti giapponesi, che stanno fotografando ogni opera da ogni angolazione possibile e immaginabile. A volte sono davvero irritanti: regolano la macchina fotografica per minuti e minuti, pensando forse di essere dei fotoreporter professionisti e di dover scattare foto assolutamente perfette, pena la morte. Imprecando a denti stretti, riusciamo finalmente a liberarci dellorda di fotografi incalliti, prede della sindrome di Stendhal, e a proseguire verso la galleria dei dipinti. Ci interessa logicamente trovare per prima cosa la Gioconda di Leonardo da Vinci, famosa in tutto il mondo non solo per la sua bellezza, ma anche per le numerose vicende che lhanno vista protagonista, da quando nei primi anni del sedicesimo secolo fu dipinta a Firenze fino ad oggi. Nei primi anni del Novecento, infatti, il quadro stato vittima di un furto da parte di un custode. Egli riusc, incredibilmente, ad uscire dal museo con il quadro, semplicemente nascondendolo sotto la giacca, convinto comera che un quadro dipinto da un genio italiano non dovesse essere di propriet francese. Forse non sapeva che lo stesso artista aveva trascorso gloriosamente in Francia gli ultimi anni della sua vita, e vi aveva perfino portato la Gioconda di sua spontanea volont, vendendola poi al re. Curiosamente, mentre la gendarmeria francese non sapeva che pesci pigliare per sbrogliare il caso, tra il mirino degli indagati fin anche il celebre pittore Pablo Picasso, ovviamente dichiarato poi innocente. Non sono mancati altri fantasiosi attentati: spruzzo dacido che danneggi piuttosto gravemente la parte inferiore, lancio di pietre, improperi da parte di squilibrati che passavano le giornate ad inveire contro Monna Lisa. A ragione, il quadro ora protetto da un vetro blindato spesso ben venti centimetri, che dovrebbe garantirgli protezione contro qualunque tentativo di rovinarlo, perfino contro latomica. Gli squilibrati giocano pesante? Ebbene, pesantizziamo anche noi!
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Nonostante la sua fama planetaria, trovare la Gioconda non affatto facile: seminascosta in un anfratto di un lunghissimo corridoio, tanto che riusciamo a perderci pi volte nel tentativo di rintracciarla, nonostante seguiamo pedissequamente tutte le indicazioni che conducono ai capolavori italiani. Forse i proprietari del museo hanno fatto apposta a posizionarla in un luogo appartato, per evitare che si formi troppo intasamento di visitatori? Riusciamo infine a trovarla, e la prima cosa che ci colpisce, oltre al nugolo di giapponesi in piena estasi fotografica davanti al dipinto, la grandezza del dipinto stesso. La verit che la Gioconda piccola! Molto, molto pi piccola di come la si immagina! Il suo enigmatico sorriso stato interpretato in vari modi, dal pi semplice ed innocente fino al pi malizioso, passando per teorie abbastanza strampalate come quelle freudiane, secondo le quali il quadro simboleggerebbe la segreta attrazione sessuale di Leonardo verso la madre. Vabb Amore e Psiche di Canova un altro capolavoro conosciuto in tutto il mondo. Con il suo marmo bianco lucido, raffigura le seducenti forme del dio alato Amore e della giovane Psiche, rianimata dal suo bacio sfuggente e appena accennato. Lo Schiavo Morente di Michelangelo, scolpito nellattimo precedente la rovinosa caduta a terra, un altro pezzo forte della scultura, espressivo e dalle forme perfette, aperto a molte interpretazioni sul significato di quella caduta. Cambiando zona geografica di provenienza, altri capolavori sono presto serviti: un grosso monolite nero di diorite, con incisi dei fittissimi caratteri cuneiformi, non altro che lo storico Codice di Hammurabi, la pi antica legge partorita dalluomo. Piuttosto brutale, con la sua legge del taglione, ma indubbiamente di grandissimo valore per la progressione della civilt, dagli albori fino ad oggi. Difficile non provare un senso di meraviglia di fronte a questi caratteri cos diversi da quelli che usiamo noi oggi, sapendo che gi millenni prima dellanno zero questi simboli significavano qualcosa di ben preciso ed importante. Anche le sculture assire, raffiguranti strani esseri a cinque gambe, sono degne di una menzione. Ricordano vagamente le sfingi. Proprio a questo proposito, linconfondibile arte egiziana arriva subito dopo, con bassorilievi, sarcofagi e canopi, utilizzati per conservare le viscere dei faraoni dopo la morte. Ogni canopo dedicato ad un organo diverso: cuore, fegato, cervello
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Il culto della morte egizio pu apparire insensato oggi, considerando in cosa consisteva. Migliaia e migliaia di uomini compivano fatiche immani per ammassare pietre, ricchezze, onori e gloria per un mortoma che dire delle meraviglie che ci hanno lasciato? Notre Dame de Paris Incredibilmente, riusciamo a visitare lintero, enorme museo. Ce ne rendiamo conto allimprovviso, quando capiamo che non ci sono pi stanze da vedere. Siamo piuttosto provati dallimpegnativa visita, tuttavia non passa molto tempo prima che la voglia di esplorare ci prenda di nuovo e ci porti verso lIle de la Cit. L si trovano altri due capolavori d'architettura sacra, che ricordo abbastanza bene dal mio ultimo viaggio, ma che ora posso anche immortalare, avendo a disposizione una macchina fotografica. Con una veloce corsa in metropolitana raggiungiamo la prima delle due mete, la celeberrima cattedrale di Notre Dame. Oltre ad essere una chiesa eccezionale, qui ambientato il celebre e omonimo romanzo di Victor Hugo, che abbiamo letto entrambi e sulle cui pagine abbiamo passato molte ore, in attesa di scoprire quali sarebbero state le drammatiche vicende del deforme campanaro Quasimodo e dellenigmatica zingara Esmeralda. Imponenti colonne, numerose statue decorative, un rosone di vetro colorato che tanto delizia lo sguardo con le sue mille sfumature. Un possente concerto dorgano accompagna la nostra visita, infiammando i nostri timpani con enormi note vibrate, che fanno tremare lintera cattedrale. Dopo unora e mezza di coda, pi uninterminabile serie di gradini di una strettissima scala a chiocciola, riusciamo perfino a salire sulle torri campanarie anteriori. Qui si trova la Grande Maria, la campana preferita di Quasimodo, e i suoi amici gargoyle, che scrutano lorizzonte parigino con aria pensosa, a volte arcigna, a volte stupita. Alcuni gargoyle hanno il collo particolarmente lungo e si sporgono curiosamente dal bordo. Se non fossero saldati alla dura roccia, cadrebbero come pere mature. Da dove ci troviamo ora, Quasimodo scagliava ogni genere di macigno contro il popolo della Corte dei Miracoli, che assediava la cattedrale convinto che Esmeralda fosse stata sequestrata e tenuta prigioniera a Notre Dame. E sempre da questo punto godeva di una
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vista fenomenale sulla citt, in perfetta solitudine, disponendo di un unico amico, lambiguo arcidiacono Frollo. Chiss se qualcuno, un giorno, impugner questo libro e dir, al cospetto della cattedrale: Questo uccider quello!, come recita lintenso passo di Hugo. Sainte Chapelle Questo piccolo capolavoro d'architettura gotica , a mio parere, quanto di pi emozionante si possa trovare in questa citt. Risalente alla met del tredicesimo secolo e fatta costruire da Luigi IX, originariamente doveva essere la cappella del Palazzo Reale, che per poi venne distrutto. Ora, la cappelletta circondata dal Palazzo di giustizia, le cui entrate sono pesantemente sbarrate da cancelli con punte dorate ed aguzze. La parte inferiore possiede numerose volte e un soffitto decorato con croci su sfondo blu, ma il meglio si ha nella cappella superiore, pi piccola e circondata da vetrate colorate su ogni lato. La muratura che non altro che una semplice struttura di sostegno, e il ruolo principale giocato dalle vetrate: altissime, coloratissime, decoratissime. Questo posto mi ricorda molto la Cappella Sistina, che ha unimportante analogia con la Sainte Chapelle. Entrambe, infatti, raffigurano lintera Bibbia nelle loro vetrate. Il gigantesco rosone sulla parete dellentrata rappresenta limmenso caos dellApocalisse, e tutto linsieme di questo magico luogo sarebbe di gran lunga pi emozionante se non fosse costantemente pieno di persone, che vociano e ciarlano in ogni lingua immaginabile, senza tacere un attimo. Mi chiedo come sarebbe questa cappella se non ci fosse nessuno e si potesse rimanere a meditarci in santa pace. Probabilmente acquisterebbe unatmosfera ed una bellezza incomparabili, stimolando pensieri cristallini. Ma non succeder mai: sono troppe le persone che vengono a vedere queste meravigliose vetrate, noi inclusi. Ma ci non toglie che rimpiango di non poter stare qui dentro da solo, senza bisogno di niente se non di un paio di occhi e qualche raggio di sole che mi permettano di imprimere nella mente le mirabolanti immagini che mi giungono alla retina. Usciti dalla Sainte Chapelle, tempo di tornare in ostello per rilassarci un po, discutendo come al nostro solito degli argomenti pi disparati, che questa sera toccano ciclismo, doping ed effetti della chimica sullorganismo. Non c una particolare logica con cui
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intavoliamo i discorsi, n alcuna correlazione con ci che abbiamo visto durante la giornata: semplicemente, arriva un argomento e se ne parla. Dobbiamo per forza parlare tra noi, poich non abbiamo compagni di stanza. Ma dopo tutto il camminare che abbiamo fatto oggi, presto i discorsi finiscono per lasciare spazio ad un buon sonno. Parigi Consumata velocemente una scarsa colazione, offerta gratuitamente dallostello, oggi abbiamo nuovamente intenzione di sfiancarci, poich ci sembra di aver dormito bene e che sia un peccato lasciare qualche briciolo di energia non speso. Senza perdere tempo, ci tuffiamo nelle intricate linee della metropolitana e riemergiamo nei dintorni del Pantheon, proprio nel centro del Quartiere Latino. una zona molto ricca di scuole ed universit, e si chiama cos poich il latino era la lingua nella quale professori e studenti comunicavano tra loro, prima della Rivoluzione. Accanto al Pantheon si trova la biblioteca, sulle cui pareti sono incisi numerosi nomi di personaggi illustri della letteratura. Il Pantheon ancora chiuso ai visitatori, cos passiamo una mezz'oretta seduti sul marciapiede ad osservare linterminabile processione d'autobus turistici, tutti stracarichi, che arrivano, fanno il giro attorno alledificio e si allontanano in direzione opposta. I turisti hanno giusto il tempo di scattare una fugace fotografia, sicuramente distorta dal movimento e dai riflessi dei vetri. Quando ci concesso di entrare, vediamo che linterno del Pantheon ampio e spazioso, discretamente decorato da statue e affreschi. Al centro oscilla un pendolo di Foucault: la sfera dorata appesa ad un filo lungo quasi settanta metri, che si allaccia alla sommit della cupola. Esso una delle prove pi spettacolari ed evidenti della rotazione terrestre attorno al proprio asse, basata sul principio della forza di Coriolis. In parole povere, quella forza che nellemisfero boreale fa turbinare lacqua del lavandino in senso antiorario, e viceversa nellemisfero australe. In realt, la storia dei lavandini una leggenda, poich la forza cos debole da non poter essere osservata cos macroscopicamente, ma lesempio rende bene lidea, poich il principio proprio quello. Noi ora vediamo il pendolo oscillare seguendo una linea, ma con il passare delle ore
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essa ruoter pi volte, senza che nessuno faccia nulla. Il pendolo prosegue il suo moto incessantemente, indifferente allattrito dellaria grazie alla presenza di un elettromagnete che mantiene il sistema in movimento. Altrimenti, dopo un po si fermerebbe tutto. Potrei rimanere a fissare lipnotico movimento per ore. Essendo il Pantheon un edificio adibito alla conservazione delle salme dei pi importanti personaggi storici francesi, presto scendiamo nella gelida cripta per cercare i luoghi dove gli illustri riposano. Qui giacciono gli illuministi Voltaire e Rousseau, gli scienziati Carnot e Marie Curie, gli scrittori Hugo e Dumas, e tantissime altre personalit di spicco che abbiamo sentito nominare e celebrare mille volte, delle quali abbiamo letto i libri e le citazioni, ma che non avevamo idea riposassero proprio qui. Le loro tombe sono bianchissime, chiuse in piccole nicchie inaccessibili al pubblico e talvolta sormontate da statue che raffigurano i defunti. Loro sono morti da tempo, ma fortunatamente le loro idee, scoperte o scritture sono immortali. A poca distanza dal Pantheon si trovano gli splendidi Giardini del Lussemburgo, che circondano il Senato francese. Un luogo ideale per una mezzora di relax assoluto: cielo terso, molti alberi a fare ombra, specchi dacqua e fontane, obelischi e fiori variopinti creano un ottimo cocktail rilassante. Approfittiamo della sosta per mettere qualcosa nello stomaco, tutto cibo rigorosamente comprato al supermercato per risparmiare il pi possibile. Il budget di due ragazzi di ventun anni non cos elevato da potersi permettere di mangiare e dormire bene quando si in viaggio, ma chi se ne importa? Abbiamo tutto il resto dellanno per darci alle comodit. Il resto della mattinata passa velocemente, con una visita allimportante centro culturale Pompidou, che ospita un importante museo ricco di opere darte di varia natura ed epoca storica. Ledificio un grosso parallelepipedo, munito di numerose appendici esterne, sulle quali scorrono delle scale mobili che gli conferiscono un aspetto molto moderno. Allinterno troviamo opere di Matisse, Picasso e altri grandi della pittura, accanto ad altro materiale di dubbio gusto. Uno dei primi quadri che vedo raffigura un paesaggio, apparentemente ameno, peccato che in primo piano vi sia un uomo sventrato, del quale rimangono solo le gambe e la colonna vertebrale in bella mostra. Che senso ha? Tra ammassi di ferrivecchi arrugginiti, inquietanti video psichedelici e tele riempite
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con un solo colore e poi bucate, diamo giusto unocchiata veloce e poi via. Dopo il consueto spuntino del supermercato, cambiamo direzione e puntiamo verso il pittoresco quartiere di Montmartre. La cosa che ci colpisce subito lincredibile quantit di stranieri che vi alloggia: non appena riemergiamo dalle oscure profondit della metropolitana, veniamo letteralmente circondati da magrebini, camerunensi, senegalesi, arabi. Molti di loro tentano insistentemente di venderci sigarette, declamando in un italiano stentato Sigureta!. Se una volta Montmartre era il quartiere dei poeti e degli artisti di strada, che vi alloggiavano per via del basso costo delle abitazioni, ora il quartiere multietnico (e piuttosto degradato). Rispetto ai quartieri parigini pi blasonati, il cambio d'atmosfera piuttosto frastornante: non riusciamo pi a trovare nemmeno un francese, anche se in realt non ne sentiamo cos tanto la mancanza. Nonostante la zona appaia abbastanza sicura, ci sentiamo un po come due pesci fuor dacqua, e solo con fatica riusciamo ad emergere dalla travolgente calca, per approdare finalmente alla scalinata che conduce alla chiesa del Sacro Cuore. Ancora scaleci sono sempre scale da fare in questa citt, incessantemente. Per fare qualsiasi cosa bisogna salire una scala. Il fatto che Montmartre sia il punto pi alto di Parigi non aiuta, ma con un po di fatica possiamo raggiungere questa sontuosa chiesa, dalle pompose forme barocche, e che internamente vanta la presenza di un mosaico tra i pi grandi del mondo, che riveste la cupola. Immortalare il luogo tuttavia difficile, poich un attentissimo e pignolo custode sta controllando chiunque porti una macchina fotografica o una videocamera al collo, intimandogli perentoriamente di metterla via. I pochi che riescono a sfuggire al controllo la fanno franca solo per qualche secondo, prima che linflessibile controllore li redarguisca. Anche noi subiamo lo stesso trattamento, tuttavia riusciamo a portare a casa una furtiva fotografia della cupola, scattata praticamente alla cieca per non farci notare. Ritorniamo dunque indietro, passando per un viottolo molto artistico, nel quale numerosi venditori hanno esposto fuori dalla loro bottega alcuni quadri di gusto impressionista, raffiguranti Parigi. Suonatori ambulanti di fisarmonica allietano latmosfera e si guadagnano da vivere con lelemosina dei turisti, mentre i classici ritrattisti sono perennemente in cerca di clienti da accalappiare e
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disegnare. Involontariamente, fracasso con i piedi una vaschetta di plastica, che una statua vivente sta usando come portasoldi. Tra mille scuse cerco di risistemargliela, con scarsi risultati, ma limpassibile individuo non si scompone minimamente. Del resto, il suo lavoro stare fermo. Dopo aver visitato en passant lintricato cimitero di Montmartre e lintramontabile Moulin Rouge, culla del cabaret, la giornata ancora una volta finita. In ostello riusciamo perfino a dimenticare la chiave magnetica in camera e poi chiudere la porta dallesterno. Fortunatamente, il gestore si fida della nostra buona fede e ci concede di usare il suo passepartout, in totale autonomia e senza controllo, per poter recuperare la nostra chiave. Vorrebbe venire lui di persona, ma ha troppi clienti per lasciare il bancone. Noi ci limitiamo ad aprire solo la nostra porta, ma con questa banda magnetica potremmo aprire qualsiasi porta dellostello e rubare di tutto, se solo avessimo linclinazione. Il gestore si proprio fidato ciecamente, come un bambino si fida della madre. Impressioni Lindomani prendiamo la via per il Musee dOrsay, ricavato da una vecchia stazione ferroviaria. Vi sono conservati tantissimi quadri dellepoca impressionista e post-impressionista, forse lunica corrente pittorica che mi abbia mai veramente appassionato. Mi ricordo di un quadro che dipinsi io stesso, quando ero alle medie, con tratti di pennellata incerti e grezzi, che per fu ampiamente soddisfacente per le mie attitudini artistiche. Raffigurava alcune barche che dondolavano su uno specchio dacqua, ma non ricordo altro. Lunico particolare che le prue delle barche puntavano verso la cornice inferiore del quadro, e che le increspature dellacqua erano particolarmente visibili e marcate. Questo dipinto opera di un famoso pittore impressionista, ma ora ho stampata in testa solo una vaga immagine di esso, e non mi ricordo n lautore n tantomeno il titolo. Ci mi d una spinta ulteriore per osservare avidamente queste tele, sperando di trovare la mia, per senza successo: non c da nessuna parte. Ci sono quadri molto simili, a volte talmente somiglianti da farmi quasi dubitare, ma alla fine mi devo rassegnare. Nonostante tutto, i capolavori impressionisti sono impareggiabili. Mi affascinano quei tratti veloci, appena accennati,
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che devono colpire losservatore nellinsieme, tralasciando la cura dei dettagli. Partendo da un singolo dettaglio ed isolandolo dal resto, infatti, non possibile distinguere alcunch del quadro. Bisogna osservare limmagine nel complesso, e lasciarsi trasportare dalla fugace ed irripetibile impressione che il pittore coglie in quel momento. Forse proprio questo che mi attira dello stile impressionista: la capacit di fissare i ricordi in un istante, di non lasciarsi sfuggire di mano il tempo, che una brutta sensazione. Per immortalare il pi possibile la cattedrale di Rouen, Monet scelse di dipingerla in ben cinquanta quadri diversi, tutti raffiguranti la stessa identica facciata, ma in condizioni di luce e colore differenti. impossibile fissare tutti gli effimeri istanti che trascorrono in una vita, ma lui almeno ci ha provato, cogliendo lattimo. A mano a mano che mi appaiono davanti scene rurali e ameni paesaggi, mi vengono in mente tante cose che un tempo esistevano ed ora non esistono pi, come una vecchia casa in un paesino di montagna, fiancheggiata da unintricata siepe punteggiata qua e l da fiori gialli e viola. Di questa vecchia casa cadente, ma piena di ricordi e storia, ormai rimasto per lappunto solo il ricordo. Un nuovo stabile lha sostituita, lindo e pulito, senza nemmeno una crepa nei muri. Non c pi quellinstabile balcone sul quale i grandi mi raccomandavano sempre di non provare a salire, o avrei rischiato di sfondarlo e precipitare di sotto. Non c pi la polverosa soffitta, popolata stabilmente da ragni e insetti in perenne conflitto tra loro, ma nella quale si potevano fare delle interessanti scoperte aprendo un vecchio baule e trovandoci dentro qualche antico libro davventure, oppure qualche giocattolo impolverato e consumato dallenergia selvaggia con cui stato maneggiato. Non c pi la piccola stradina ghiaiosa, che con qualche piccolo sforzo percorrevo per arrivare fino alla porta dingresso e da l entrare nellampia cucina, dove dei mobili verniciati di verde acqua facevano da trono ad un bellissimo vaso di fiori, appena colti dal vicino campo. Tutto ci si sarebbe potuto imprimere su una tela, per cogliere non solo lanonima disposizione di pietre ed oggetti, ma anche il riflesso della luce e dellombra in quella particolare mattina di gennaio, o lo scorrere dellacqua in quel pomeriggio destate. Invece ora tutto perso, relegato a qualche instabile immagine mentale che col tempo verr modificata e, forse, cancellata. Nulla rimane intatto nella memoria. Non lasciarsi sfuggire nemmeno un istante di vita, fissando nella memoria gli istanti pi intensi, tentando di sottrarli il
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pi possibile al distruttivo ed inesorabile trascorrere del tempo. Questo ci che questi grandi artisti volevano comunicare con le loro tele. Alla luce di ci, non posso certo rimanere indifferente alle sensazioni che procurano questi sapienti schizzi d'olio e acquerello. Serata Resi ormai nevrastenici dal terrificante caldo cittadino, facciamo una veloce puntatina allHotel des Invalides, dov' custodita la tomba di Napoleone Bonaparte, il sanguinario condottiero colpevole di averci provato una volta di troppo quando ormai era gi quasi tutto suo. La forma di questa cassa di legno lucente indefinibile: sembra un pasticcino, ma sono ben accette altre interpretazioni. Curiosamente, la salma del celeberrimo condottiero riposa qui, ma una sua piccola parte sta invece a New York, acquistata da qualche macabro collezionista, e lascio immaginare quale possa essere questa fantomatica parte! Siamo piuttosto stanchi e affamati, perci prima di uscire nuovamente ci concediamo una lunga pausa in ostello. Mentre stiamo mangiando tranquillamente, si avvicina a noi una delle receptionist dellostello, una ragazza pi o meno della nostra et, che ci ha riconosciuto come suoi connazionali. Finalmente troviamo qualcuno con cui parlare in italiano. Ci che apprendiamo di lei che originaria di Milano ma ora vive a Parigi allincirca da dieci mesi, e si nota da come parla il francese, in maniera sciolta e senza tentennamenti. Solo la pratica costante pu dare questi risultati. Penso che il lavoro di ostellante non sia niente male: si imparano lingue diverse, si vedono tante persone provenienti da tutto il mondo, si possono ampliare gli orizzonti scambiandosi opinioni tra culturema forse non sempre cos. Come succede per ogni attivit che si trasforma in lavoro, probabilmente non cos bello come sembra. Purtroppo possiamo chiacchierare poco, dato che continuano ad arrivare nuovi clienti. Per mezzora non arrivato nessuno, e proprio adesso arrivano tutti assieme! Pazienza, ci consoliamo con una lunga passeggiata sugli Champs Elysees. Si va dallArco di Trionfo alla Place de la Concorde, chiamata cos perch fu teatro di un orrendo massacro e si tent in seguito di renderla un posto meno macabro, cambiandole il nome. Vedendola ora, luccicante e splendente, non si direbbe proprio che qualche
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secolo fa ci sia stata unefferata strage. Tutto il viale ha questaspetto lucente e ricco: non mancano nemmeno le sorprese, come uno stand automobilistico che espone vetture messe in verticale, auto depoca, un impressionante motore a dieci cilindri e addirittura una vera Formula 1, nella quale ci si pu sedere per provare una simulazione di guida su schermo. Voglio provare anchio! Durante la coda osservo le prestazioni altrui e mi dico che io sar sicuramente in grado di fare di meglio. Dopo una decina di minuti tocca a me: mi fanno infilare delle soprascarpe per non insozzare labitacolo, poi mi danno qualche informazione sul forte rinculo del volante, e finalmente posso scatenare i miei istinti da pilota. In due giri esco di pista almeno dieci volte. Tutto appare sempre cos facile, quando lo si vede fare dagli altri Terminato il viale, iniziamo subito a cercare un ristorante tipico francese. Sarebbe troppo vergognoso passare cinque giorni a Parigi tirando avanti sempre a fast food e cibo comprato al supermercato. Questa sera, costi quel che costi, vogliamo provare qualcosa di tipico. Dobbiamo girare un bel po prima di trovare un locale soddisfacente, ma infine arriviamo a scoprire un posticino carino, situato lungo un vicolo piuttosto buio e pieno di tavolini, adatti per romantiche serate al chiaro di luna. C posto solo dentro, e miracolosamente ci sono giusto due sedie per noi, nel pienone generale. Sul tavolo c un antipasto di olive speziate, e perfino qualche gessetto, che non si capisce bene a cosa serva. La giovane cameriera gentile fin da subito con noi (addirittura parla inglesemiracolo), ma la lista ovviamente scritta in francese. Per non perdere mezzora a chiedere cos questo e cos quello, ordiniamo praticamente a caso, confidando nel buon suono delle parole, che speriamo si rifletter anche sul gusto delle pietanze. Ricevo come antipasto una gelida brodaglia di pomodoro alle spezie, talmente fredda da farmi venire quasi i crampi allo stomaco. Per giunta tantissima. Gustosa certamente, ma non ce la faccio proprio a finirla. Arrivano poi i secondi piatti. Davide ha ordinato alcune specie di funghi poco identificabili serviti con carne, mentre a me arrivano dei canederli di pane con verdure e pasta, un blob indefinibile e talmente gommoso da far fatica a deglutirlo. Il sapore per non male. Il problema che ci vengono portate anche due enormi porzioni di patatine fritte, che non erano segnalate nel menu ed evidentemente sono offerte indipendentemente da ci che si
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ordina. Basta, non se ne pu pi! Siamo venuti qua per evitare di mangiarne ancora! Tutto questo cibo salato, inoltre, causa una sete ardente. Non ho il coraggio di fermare le cameriere per chiedere dellaltra acqua, vedendo che sono talmente oberate di lavoro da non potersi fermare nemmeno un secondo. Mi ricordano molto le mie giornate in ospedale, nei turni in cui il diavolo ci mette la zampa e c veramente confusione. Noto la stessa frenesia, la stessa ansia di fare tutto quello che bisogna fare nel minor tempo possibile, gli stessi passi veloci e gli ancora pi veloci monosillabi lanciati ai clienti che chiamano, come quando due persone stanno male contemporaneamente e c la nonnina attaccata al campanello che deve andare al bagno ogni cinque minuti. Per solidariet con i miei colleghi, sto zitto e sopporto un po la sete, fino a quando proprio non si fa bruciante. Sono sicuro che hanno gradito, seppur inconsapevolmente. Dopo aver terminato la pantagruelica cena con un ottimo sorbetto al limone, arriva il momento di pagare il conto. La nostra cameriera ci informa, guardandoci negli occhi con unespressione molto intensa, che la mancia non inclusa. Purtroppo, oltre alle banconote di grosso taglio ci sono rimasti solo pochi spiccioli. Dare una mancia cos ridicola imbarazzante, ma non faccio in tempo a decidere cosa fare che la ragazza gi tornata per riscuotere. Prende le monetine, fa un sorriso forzato e ci ringrazia con un secco Thank you. un chiaro segno che s irritata, altrimenti avrebbe detto Merci. Inutile tentare un atto riparatore, se n gi andata. Non ci rimane altro da fare che prendere la porta e uscire. Cos si conclude la nostra permanenza a Parigi. Lindomani riusciamo a salutare velocemente litaliana receptionist, e poi via, verso nuove mete. Versailles Oggi ci aspetta la magnifica Reggia di Versailles, ma la giornata fin dallinizio piuttosto difficile. Per cominciare, il nostro treno ferma a circa un chilometro e mezzo dalla Reggia. Anche se la strada per raggiungerla tutta in discesa, ci non rappresenta una grande consolazione, poich al ritorno quel chilometro e mezzo dovremo ripercorrerlo in salita, appesantiti dagli zaini. Ovviamente la stazione sprovvista di lockers per i bagagli, dato che quando servono non
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ci sono mai, e cos continuiamo a camminare, sperando che almeno nella Reggia ci sia un posto dove stipare i nostri mostri da spalla. Versailles non di per s una cittadina attraente: ha laria sporca e mal tenuta, le strade sono piene di barboni che chiedono lelemosina tra odori nauseabondi, le costruzioni sono architettonicamente brutte. Lunica attrattiva la maestosa Reggia, simbolo della potenza del leggendario Re Sole Luigi XIV, il quale impieg una quantit enorme di risorse e di fondi pubblici per costruirla e mostrare cos a tutto il mondo la sua potenza e nobilt. Quella corsa al prestigio oggi pu apparire vanagloriosa, ma ha comunque permesso che venisse costruita una vera meraviglia. Nonostante la Reggia non mi sia nuova, percepisco subito che diversa dallultima volta che lho vista. Stavolta molto pi affollata. Lampio piazzale infatti stracolmo di persone, disposte in una lunghissima e scoraggiante coda a serpentone. Non ci sono indicazioni per capire da dove si entri, cos ci mettiamo anche noi in coda, sotto il sole, con gli zaini pesanti in spalla e senza bere. Dopo unora passata cos, siamo gi sfiniti e daremmo qualsiasi cosa pur di poter incenerire la folla e passare al primo posto. Ad un certo punto, una voce annuncia dallaltoparlante: Ricordiamo che i giovani sotto i ventisei anni possono entrare direttamente, senza fare la coda. L per l pensiamo ad uno scherzo, o di non aver capito bene. In ogni caso, non ci muoviamo dal nostro posto. Se anche fosse vero, ormai la coda quasi finita e non saggio abbandonarla proprio adesso, col rischio di ritrovarci doppiamente turlupinati. Dopo un altro quarto dora infernale, finalmente la biglietteria conquistata. Una signora giapponese, che ha il compito di smistare i turisti, ci chiede let, e quando gliela comunichiamo ci spedisce immediatamente dallaltra parte della piazza, dove c una coda molto pi breve. Abbiamo fatto unora di fila per niente. Nel minuto di strada che ci separa dallentrata, Davide insulta vivacemente tutto lalbero genealogico francese a partire da Carlo Magno, senza mai riprendere fiato. Se solo questi genialoidi avessero messo qualche indicazione chiara allingresso...ma non finita qui. Ci sono ancora i bagagli da depositare, poich non possiamo visitare la Reggia con gli zaini pesanti sempre addosso. Meravigliandoci di non trovare nessuno che lascia gli zaini oltre a noi, ci dirigiamo al piccolo bancone del deposito. Il luogo presidiato da una gentilissima signora francese, che per metterci a
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suo agio continua a farci cenno di no e a parlare esclusivamente in francese, bofonchiando qualche frase incomprensibile. Temiamo che i bagagli siano troppo grossi e che quindi non ce li vogliano tenere, ma dopo un minuto di tentati chiarimenti guardiamo alla nostra destra e vediamo unaltra coda chilometrica, parallela a noi. quella la vera coda per il deposito bagagli. Quando finalmente riusciamo ad entrare, siamo gi distrutti. Non il miglior modo di cominciare la visita, ma limportante che siamo infine riusciti ad entrare. Le numerosissime stanze sono sfarzose fino alleccesso, con letti a baldacchino, statue placcate doro, intarsi, quadri, preziosi tappeti e arazzi, mobilio antico e tanto altro ancora. La meravigliosa sala degli specchi lemblema dellintera Reggia: i suoi lampadari di cristallo pendono sulle nostre teste da una discreta altezza, mentre il lunghissimo salone ha pareti interamente tappezzate da specchi, che formano interessanti illusioni ottiche. Esse si apprezzerebbero molto meglio se il salone non fosse quasi completamente pieno di persone, in particolare di infervorati giapponesi. meglio recarsi alla Reggia quando non c ancora nessuno, poich gli ingorghi di persone smorzano almeno di met la bellezza complessiva dellopera. Mi ricordo bene di quando, in occasione del mio precedente viaggio in Francia, sbagliammo a puntare la sveglia e ci alzammo con ben due ore d'anticipo, traditi dall'ora legale. Una volta svegli, decidemmo di muoverci comunque subito verso la Reggia, poich sarebbe stato poco sensato riaddormentarsi e poi risvegliarsi di nuovo. Cos facendo, ci godemmo una splendida visita: la Reggia era praticamente vuota. Quando dopo due ore uscimmo, non dimenticher mai la scena delle orde barbariche di turisti giapponesi che si stavano velocemente avvicinando, riempiendo il piazzale in pochissimi minuti. Se fossimo arrivati allora che avevamo stabilito inizialmente, ci saremmo trovati nel bel mezzo di una calca insopportabile, proprio quella che invece ho trovato oggi. Ma la Reggia rimane comunque un pezzo molto grosso, affollata o meno. Anche i giardini, curatissimi ed estesi per centinaia e centinaia di metri fino quasi allorizzonte, sono ragguardevoli. Peccato solo che la bianchissima ghiaia rifletta il sole negli occhi con unintensit abbacinante, da far fatica a tenere gli aperte le palpebre. Mi manca giusto una congiuntivite per coronare

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al meglio questa difficile giornata. Meglio non trattenersi troppo e partire subito per Chartres. Langolo rosso Distrutti dal caldo e dal lungo tragitto in salita occorso per tornare alla stazione, ci lasciamo finalmente cadere su uno dei pochi posti disponibili del treno per Chartres. Ci troviamo in corrispondenza delle porte e siamo costretti ad utilizzare i sedili reclinabili, a causa della mancanza di luoghi migliori. Lo spazio per gambe e zaini non ottimale, ma in qualche modo ci sistemiamo ugualmente, soffrendo per un caldo senza precedenti. La poca acqua che ho bevuto durante il giorno contribuisce ad aumentare la sensazione di malessere. Ho un po di nausea e sono in preda ad una sete inestinguibile. Trangugio di malavoglia gli ultimi rimasugli d'acqua clorosa che stagnano in fondo alla bottiglietta, ma non mi aiutano affatto a placare la sete. Il viaggio pare non terminare mai. Ogni volta che sentiamo il treno rallentare pigramente fino ad arrestarsi in una delle innumerevoli stazioni intermedie, limpazienza ci prende e vorremmo solo che il treno ripartisse alla massima velocit, senza pi fermarsi, fino a Chartres. Purtroppo, le stazioni disturbatrici sono veramente tante. In questa condizione trascorriamo ancora unoretta. Ad un certo punto decido di recarmi al bagno, che si trova appena dietro il mio sedile. Non accorgendomi della presenza della banda rossa in corrispondenza della serratura, la quale segnala che il bagno chiuso dallinterno, abbasso la maniglia con forza, facendo un gran rumore. Immediatamente sento un incomprensibile grido provenire dallinterno del bagno, e prima che possa muovere un passo per tornare al mio posto, la porta del bagno si apre e ne fuoriesce un tizio sui venticinque anni, dalla carnagione leggermente scura ed olivastra. Ha un che di straniero, forse ha origini nordafricane. Piantandomi addosso uno sguardo irato, comincia subito a tempestarmi di parole, e ovviamente parla solo in francese. Che vuole questo adesso? Evidentemente irritatissimo per qualcosa che ho appena fatto, altrimenti non avrebbe mollato la sua attivit solo per venire a rompere le scatole a me. Non capisco nulla del suo discorso, ma intuisco che accenna al fatto che potevo tirargli una mazzata in testa se lui non avesse chiuso a chiave la porta. In effetti,
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il gabinetto minuscolo e la porta si apre verso linterno. In ogni caso queste sono solo mie supposizioni, poich il ragazzo parla cos velocemente da non lasciarmi modo di intendere nulla. Lunica cosa che capisco senza bisogno di traduzioni che incavolato nero con me. Quando finalmente finisce la sua arringa e si zittisce per vedere cosa gli rispondo, decido di dirgli la verit, cio che non ho capito assolutamente nulla di ci che ha detto. Glielo dico in italiano, e lui risponde Oksee you later. A parte aver tentato di aprire la porta con un po troppa foga, non riesco a trovare qualche cosa che possa averlo fatto arrabbiare, forse ce lha con gli italiani o pi probabilmente gi incavolato per i fatti suoi, e se l presa con me perch sono il primo che ha trovato sulla sua strada. Tuttavia, decido che meglio non rimanere l ad aspettarlo e me ne torno a sedermi al mio posto. Poco dopo, lo strano figuro esce dalla toilette. Davide, che dalla posizione in cui si trova pu vedere la carrozza che ho alle spalle, mi comunica che andato subito a sedersi in fondo al vagone, piuttosto lontano da me. Dalla sua posizione il tizio non pu vedermi, a meno che non si metta a cercarmi carrozza per carrozza. Non tento di tornare al bagno per non incrociarlo di nuovo. Non si sa mai che genere di teste calde si possono incontrare, magari spalleggiate da altre personemeglio evitare possibili guai. La lieve tensione che mi salita dopo il piccolo incidente non fa altro che peggiorare le mie gi precarie condizioni fisiche. Inizio a sudare un po pi abbondantemente di prima, ed ora come non mai non desidero altro che il treno si fermi a Chartres, e che possibilmente lantipatico personaggio non scenda alla mia stessa fermata, cos da non rivederlo mai pi. Il caldo ora si fatto veramente insopportabile, e per giunta abbiamo finito le scorte dacqua. Finalmente, per, arriviamo alla benedetta stazione di Chartres. Non appena le porte si aprono, scendo velocemente dalla carrozza, felice di essere finalmente smontato da quel treno, che tra calore e incontri ravvicinati mi stava veramente dando sui nervi. Chartres Gi notevolmente rinfrescati dal solo contatto con laria esterna, ci sediamo su una panchina della stazione per decidere quale sar la nostra sistemazione. Dopo aver valutato distanze e prezzi,
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scegliamo un alberghetto economico proprio di fronte alla stazione. Mentre risistemiamo lo zaino sulle spalle, scorgo di nuovo il tizio di prima, sceso con noi insieme alla stragrande maggioranza dei passeggeri. Mi passa vicino guardandomi fisso per qualche secondo, ma poi si accorge che non sono solo, e si allontana in direzione opposta. Lo vedo salire su un autobus e sparire, questa volta definitivamente. Davanti allalbergo c un uomo di mezza et, con i capelli raccolti in una coda e laspetto vagamente trascurato, che sta fumando tranquillamente una sigaretta. Evidentemente il proprietario, poich nota subito la nostra indecisione di fronte al cartello con i prezzi e ci chiede se abbiamo bisogno di qualcosa. Tanto per cambiare, luomo non parla una parola dinglese, ma dopo un po capiamo che ci sta offrendo una camera con letto matrimoniale. Un po scomoda, ma pi economica di una normale camera doppia con letti separati. Davide tentenna un po, notando che lalbergo sembra piuttosto malridotto e fatiscente, ma dopo qualche mia insistenza si convince che meglio buttarsi sullopportunit. Finiamo quindi c