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“Siamo solo noi…” potrebbe essere il motto che a

volte qualche comunità scrive sui suoi muri, con


un duplice senso: orgoglio e lamento. Orgoglio
perché possiamo credere che il bene esiste solo nel-
la (nostra) Chiesa, e attorno ci sia solo male, quasi
che siamo un fortino assediato, che deve trincerar-
si nelle proprie convinzioni, sentite come verità
assolute. Lamento perché avvertiamo il peso di
essere rimasti in pochi, quasi che dopo di noi nes-
suno farà più nulla di positivo, e che fatichiamo
ma senza grandi risultati. Ne nasce allora un senso
di chiusura, di stanchezza, o di sottovalutazione
degli altri che ci impedisce il dialogo e il confronto
sereno, se pur critico.
Gli apostoli lamentano con Gesù il fatto che altri fanno il bene
- anche i miracoli - ma non sono “dei nostri”, quasi che il loro
gruppo, per il fatto di seguire il Maestro, possieda il monopolio
del bene, e che il logo della loro comunità diventi il bollino che
garantisce che solo questo è un prodotto buono, e si debba
diffidare di altri, ridotti al rango di volgari imitazioni. Gesù
risponde che l’amore di Dio raggiunge il cuore di tutti e tutti
sanno fare del bene, perché la bontà è dote naturale di cia-
scuno, se non viene rovinata da scelte negative. Scelte che tal-
volta si nascondono - ma per poco - anche nella comunità dei
discepoli. E li mette in guardia da questo rischio.

Anche i discepoli, persino quelli più in vista e consi-


derati ai vertici della comunità, rischiano di far in-
ciampare chi cammina con loro - questo il senso di
scandalo - e rendere così meno facile il percorso
proprio e altrui della fede. La Chiesa, anche nelle
sue istituzioni più alte, non è immune da scandali.
Ma non sono solo i grandi fatti, per cui si fa a finire
sulla cronaca, che procurano del male. Diseducativo
è smentire nei fatti le cose, pur belle, che diciamo, e
relegare le scelte importanti a doveri che riguarda-
no solo i piccoli, in attesa che crescano e si liberino
da vincoli, doveri e obblighi a cui li sottopongono i
grandi, che si sentono esonerati solo per il fatto che
“non siamo più bambini”. Il richiamo di Gesù è seve-
ro, e non va preso alla leggera. Non alla lettera, magari, ma con attenzione seria.

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