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SUI PRINCIPI DEL DOPOSBORNIA

di Berna Perfect

«La ‘Cosa’ è indescrivibile: non esiste una lingua per simili abissi di follia urlante e antichissima, per simili

contraddizioni soprannaturali della materia, della forza e dell’ordine cosmico.»
H.P. Lovecraft, Il richiamo di Chtulhu, 1926

La prima brutta sensazione che si può provare dopo una grossa bevuta si manifesta appena
svegliati. Un attimo prima, tra le braccia di Morfeo, va tutto bene, al massimo avrete fatto
qualche sogno strano in cui la vostra defunta nonna vi spara con un fucile Gatling Gau­8 a
cavallo di un orso polare corazzato. Niente di anomalo ma, non appena aprirete gli occhi,
eccola.   La   Tragedia.   La   realtà   vi  collassa   addosso   come   una   stella   morente,   la   testa   è
infilata in uno strumento di tortura medioevale, gli organi interni gridano vendetta, il sapore
in   bocca   è   un   pastone   arido   a   metà   tra   la   sabbia   e   un   posacenere   stracolmo.   Tutte   le
emozioni umane concepibili si mischiano; paura, vergogna, rabbia, rimorso ora sono un
mix irriconoscibile che probabilmente esprimerete in un rantolo. Il vostro unico amico, il
letto, non vi vuole più tra le sue braccia accoglienti. Ora siete degli schifosi emarginati dal
mondo intero, e tutto questo mentre provate pena e ribrezzo per voi stessi. Vi sentite inutili
e patetici, esattamente come si sentirebbe uno schizofrenico se avesse il dono della sanità
mentale per dieci minuti. Benvenuti nel giorno della risacca, che tenterà con tutte le sue
forze di trascinarvi nell’oblio più nero.
Nello Zingarelli il lemma ‘doposbornia’ rimanda semplicemente alla voce ‘sbòrnia’ (1:
Ubriacatura, prendere, prendersi una sbornia... (2 (fig): cotta, infatuazione), preceduto da
‘dopopranzo’ e seguito da ‘doposci’.  Non credo abbiano capito a fondo l’importanza di
questa   condizione   che,   prima   di   tutto,   è   umana.   Non   solo   è   un   perfetto   esempio   del
principio newtoniano di azione e reazione o la migliore spiegazione che un professore di
fisica   potrebbe   mai   darvi   cercando   di   introdurvi   al   concetto   di   entropia,   è   proprio   la
rappresentazione universale del prezzo da pagare. È come la sifilide che segue una bella
scopata.   Dopo   esservi   addentrati   nel   Paese   delle   Meraviglie   Alcoliche,   una   risaccosa
Regina Rossa vi insegue per mozzarvi la testa. E, mettetevelo bene in testa, è assolutamente
indispensabile. Vi rimanderà nel vostro piccolo posticino ai confini dell’universo.
Il termine doposbornia fa pensare soltanto alla conseguenza dovuta alla causa, tralasciando
tutte le infinite sfumature che lo contraddistinguono. 
Altri Paesi sono stati molto più fantasiosi di noi nel coniare termini che si addicono a
rappresentare un concetto così sublime. Primo tra tutti è sicuramente lo spagnolo  resaca.
Metafora perfetta. Il moto poderoso e disordinato del ritorno delle onde che letteralmente
‘tirano indietro’ e ti risucchiano nella tua voragine etilica. Anche gli inglesi utilizzano un
termine che mi piace molto, hangover. Letteralmente significa ‘restare in sospeso’, come a
indicare il cammino da percorrere per restare vivo. Non fare nulla. Astieniti, è meglio.  I
francesi hanno lo splendido gueule de bois, il ‘muso di legno’, mentre i tedeschi ricorrono
agli   animaleschi  kater  (gatto)   e  affe  (scimmia).   Anche   se   personalmente   trovo   le
similitudini faunistiche più adatte al concetto proprio di sbornia, ammetto che l’immagine
di uno scimmione sulle spalle che ti martella la nuca rende bene l’idea. I polacchi hanno il
brevissimo kac. Le energie vi serviranno per riprendervi, non per stupide conversazioni da
donnicciole. In norvegese è  jeg har tommermen, ovvero i ‘falegnami in testa’. A Cuba
hanno la perseguidora, neanche fosse una maligna entità soprannaturale, un castigo divino
disposto a condurvi nel vostro personale viaggio verso la demenza.
La fase iniziale, come ho anticipato, è la peggiore. Nel primo doposbronza della vostra vita
l’unica domanda che vi ronzerà per la testa sarà “Perché diavolo la gente beve?”, seguita
dalla promessa “Non lo farò mai più”. Promessa assolutamente stupida e che non tarderete
a ritrattare. Una buona bevuta vale sempre il prezzo di una giornata alle prese con le piaghe
egiziane dell’alcolismo. Almeno, questo è quello che si pensa al primo bicchiere di grappa.
Naturalmente i bevitori cronici conoscono benissimo questa condizione e di certo sanno
come gestirla ma, se me lo permetterete, vorrei stilare un piccolo vademecum per rendere il
giorno  di  risacca  un  po’  meno  tremendo  e  per   aiutarvi  a  evitare   errori  che   potrebbero
rivelarsi   fatali.   In   molte   di   queste   situazioni   mi   ci   sono   infilato   da   solo   rimanendoci
invischiato. Vi assicuro che ci sono circostanze infide come un nido di vespe, da cui  è
meglio stare alla larga.
Normalmente   all’ubriaco   si   perdonano   molte   cose,   ma   questo   non   vi   accadrà   durante
l’hangover. Tirerete fuori dal fondo della vostra anima pezzi di voi stessi che nemmeno
sapete di avere. Ai vostri occhi, la gente sarà una massa orribile e potenzialmente ostile,
ogni parola del vostro partner potrebbe risultarvi come una malcelata offesa, persino i vostri
compagni di bevute, quei simpatici beoni, per quel giorno, saranno solo le persone a cui il
giorno prima avete tentato di infilare l’uccello in un orecchio. Quello di cui avete bisogno
sono colori tenui, luci soffuse e l’astensione da qualsiasi tipo di attività. Una sorta di feng
shui per malati di mente. State lontani da luoghi affollati e prendete mezzi pubblici solo in
caso di estrema necessità. Per estrema necessità, intendo che vi siete svegliati in un campo
di prigionia dell’ISIS e una squadra di contractor americani vi ha trascinato a forza dentro
un furgone militare. In ogni situazione di gravità minore, i lunghi viaggi sono altamente
sconsigliati. In   nome   di   Dio,   niente   aerei,   elicotteri   o   altri   mezzi   di   trasporto   che   vi
costringano legati a un sedile mentre siete sballottati da sbalzi d’aria o curve a gomito. La
claustrofobia   vi   renderebbe   impossibile   qualsiasi   ragionamento   elementare,   gli   altri
passeggeri si trasformerebbero in decine zombie pronti a farvi a pezzi e il controllore vi
sembrerebbe   il   generale   di   un   gulag   siberiano.   Persino   un   comune   viaggio   in   autobus
potrebbe   rivelarsi   agghiacciante.   Vi   sarà   totalmente   impossibile   restare   in   piedi   senza
aggrapparvi alla sbarra come se ne andasse della vostra vita, sarete oppressi dalla ressa,
anche se ci saranno soltanto due vecchine sedute in fondo, vi sentirete addosso gli occhi di
tutti   che   vi   giudicheranno   in   silenzio.   Questo   vi   procurerà   una   spirale   paranoica
irrimediabile,   più   vi   sentirete   osservati,   più   vi   comporterete   come   cervi   terrorizzati
all’abbeverata. Se il viaggio sarà abbastanza lungo, potreste arrivare al punto di chiedere un
abbraccio a qualche sconosciuto solo per potervi sentire un poco più al sicuro. Figuratevi in
quale castigo può trasformarsi un viaggio in aereo. La prima cosa che dovrete fare sarà
passare i vostri documenti a un rappresentante della legge dietro a una lastra di vetro che
renderà incomprensibile qualsiasi sua parola. Se riuscirete a comunicare con lui, sappiate
che questa persona è addestrata a riconoscere e isolare possibili sospetti, e voi rispecchiate
perfettamente il profilo psicologico di un terrorista. L’attesa durante l’apertura del gate è un
eterno limbo in cui rimarrete intrappolati senza alcuna possibilità di fuga. Certo, potrete
sempre   infilarvi   in   un   bar   e   cercare   la   pace,   ma   sarà   estremamente   difficile.   Se   state
tornando a casa, il pensiero che la vostra calda e accogliente dimora è a qualche migliaio di
chilometri diventerà un’ossessione. Sarete circondati da persone ansiose e frettolose e sarà
tragico cercare di ordinare qualcosa in quei posti creati per chiedere e consumare in fretta.
Esattamente l’opposto di quello che vi serve. Dopo un paio di secoli di frustrante attesa,
aggiungete a questo  calvario momenti  di puro terrore  come  il decollo,  i vuoti  d’aria e
l’atterraggio e avrete completato il vostro malsano cocktail di follia psicotica. Naturalmente
non starò a elencare passo passo tutte le attività che non si dovrebbero fare in doposbronza.
Se avete in programma una gita al macello comunale o una capatina al canale di scolo delle
acque nere, voglio sperare che non ci andiate senza leggere questa mia piccola guida. 
Non esiste un solo tipo di doposbronza. Probabilmente ne esiste uno per ogni singolo essere
umano, e cambia a seconda della situazione in cui vi trovate. Può capitarvi di diventare
pateticamente sentimentali, con un disperato bisogno di affetto e calore umano da parte di
persone fidate. 
Ricordo   un   doposbronza   particolarmente   violento,   mi   trascinai   fino   alla   stazione   per
prendere il treno per tornare a casa. Arrivato alla sala d’aspetto, mi sedetti, alzai gli occhi e
vidi un cubicolo di cartongesso abbastanza grande, come quelli che usano per rinchiudere i
fumatori all’Ikea. Sopra c’era scritto “La stanza delle coccole”. Era un posto tranquillo
dove le mamme potevano stare in santa pace con i loro marmocchi, allattarli, cambiarli e
robe del genere. Vi assicuro che ho dovuto ricorrere a tutta la mia forza di volontà per non
infilarmi lì dentro e raggomitolarmi sulle gambe di qualche signora. 
Altre   volte   si   è   arrabbiati   col   mondo   intero.   E   bisogna   stare   attentissimi.   Una   cosa
importante   da   ricordare   in   questa   situazione   è   che   ora   siete   esseri   meschini   e   abietti.
Schifosamente  misantropi  ed   egoisti.   Credo  che  tizi   come  Hitler  si  sentano   così  tutti  i
giorni. In sostanza, meno persone incontrate, meno danni rischiate di fare. Come prima
cosa, ma questo vale per qualsiasi tipo di risacca, è chiamare a lavoro. State male, non
potete   andare,   qualunque   sia   il   vostro  compito.   Siete   cardiochirurghi   e   oggi  è   l’ultimo
giorno per trapiantare il cuore a quel poveraccio che rischia di morire da un momento
all’altro? Si fotta, e meglio per lui. Tanto la vostra mano sarebbe ferma come quella di uno
stupratore seriale, probabilmente usereste il bisturi come un machete e vi dimentichereste
dentro il petto di quel tizio anche l’infermiera. Adesso avete bisogno di tempo per voi stessi
e del vostro vipassana postalcolico. Qualunque cosa dobbiate fare, state a casa. L’ultima
cosa   di   cui   avete   bisogno   sono   colleghi   odiosi   e   un   capo   che   vi   sembrerà   di   sicuro
ripugnante. Persino se siete dei diplomatici e dovete evitare una crisi globale contro la
Corea del nord. ’Fanculo, un olocausto nucleare vi darà un sacco di scuse per tornare a bere
dopo. Non che tornare a bere sia una prospettiva allettante in quel momento, e vi posso
assicurare che i consigli che vi sentite dire, tipo “Devi bere un bicchiere dell’ultima cosa
che hai bevuto ieri sera” sono tutte vaccate. Non esiste un rimedio universale per quello che
avete adesso e io mi opporrò con tutte le mie forze, se mai inventeranno una panacea di
questo tipo. Per quanto raccapricciante, il doposbronza  è un profondo contatto con voi
stessi che va alleviato con tempo e aspirine. Se cercate su internet, troverete un sacco di
pagine dedicate alle cure per il doposbornia e, a mio avviso, il concetto di cura non ha
proprio alcun significato. Non si può ‘curare’, il doposbornia. Al massimo possiamo viverlo
nel   modo   meno   orripilante   possibile.   Entrano   in   gioco   troppi   fattori.   La   scienza   può
alleviare qualche sintomo minore e la chimica può venirvi in soccorso, ma solo fino a un
certo punto. Potrete prendere tutti gli integratori o i principi attivi che vi pare, ma non ci
sarà   farmaco   o   rimedio   al   mondo   in   grado   di   sanare   quella   sensazione   di   disperato
sconforto alla vista del portafoglio vuoto e alla conseguente presa di coscienza di aver
speso mezzo stipendio offrendo da bere a tutto il locale in un tripudio di filantropia alcolica.
In verità, devo dirlo, stanno studiando un rimedio universale. Farmaci come lo Iomanezil,
testato   all’Università   di   Yale,   promettono   di   annullare   qualsiasi   effetto   dell’alcool
bloccando la sua azione nel sistema nervoso centrale. Niente sbronza e niente postumi. Il
che può sembrare allettante, ma non credo che siamo pronti a vivere in un mondo senza le
follie delle sostanze psicoattive. Inoltre, dovremmo smetterla con questa smania di cercare
di controllare  tutto.  Alcune cose  dovrebbero avere  la possibilità  di farci  del male,  non
possiamo standardizzare tutto nei canoni di sicurezza per la salvaguardia delle persone.
Viviamo sulla Terra, non in un maledetto parco giochi gestito dalla Disney.
Altri, invece puntano più in alto e lavorano per donarvi la vostra bella scuffia senza tutte le
nefaste   conseguenze.   Per   capire   bene   come   potrebbe   funzionare,   bisogna   prima
comprendere come  l’alcool agisce nel  vostro  corpo. Tecnicamente,  i postumi  sono una
concatenazione   di   effetti.   Le   vostre   cellule   sono   disidratate   e   il   vostro   organismo   sta
bruciando una quantità impressionante di zinco, potassio, magnesio e vitamine C e B. Ci
sarà   un   aumento   del   NADH   (Nicotinammide   adenina   dinucleotide)   che   rallenterà   la
produzione   di   glucosio,   causando   ipoglicemia.   Sarà   questa   mancanza   a   rendervi   dei
rincoglioniti. Al cervello manca il suo nutrimento principale, vi sentite stanchi e spossati,
non riuscite a concentrarvi su nulla e avete sbalzi di umore degni di uno psicopatico. Come
se non bastasse, il vostro fegato, traditore bastardo, avvierà un processo chimico per la
degradazione dell’etanolo. L’enzima alcol deidrogenasi trasforma l’etanolo in acetaldeide,
che sarà a sua volta trasformato in acetato dall’enzima acetaldeide deidrogenasi, prima di
essere finalmente espulso. Queste due sostanze, l’acetato e l’acetaldeide sono, come potete
immaginare,   fortemente   tossiche.   La   seconda,   nello   specifico,   lo   è   trenta   volte   più
dell’alcool. Il metanolo, invece, si trasforma in acido formico e formaldeide, questo perché,
suppongo, il corpo è convinto di essere sul punto di morire, quindi cerca di conservarsi
tramite imbalsamazione. Non trovo altra spiegazione logica. Se questo processo durasse di
più, sono convinto che ci ritroveremmo impagliati in posizioni innaturali. Questa allegra
festicciola chimica durerà tutto il santo giorno, perché il fegato, traditore sadico, ha un
ritmo   di   metabolizzazione   molto   lento   e   ci   mette   un   sacco   di   tempo   per   fare   il   suo
maledetto lavoro. L’alcool viene smaltito dall’organismo a un ritmo di circa trenta grammi
l’ora e le sostanze tossiche prodotte nel frattempo hanno tutto il tempo di andarsene a zonzo
per l’organismo. Per sistemare tutto questo casino, qualche altro cervellone si è messo in
testa di sviluppare uno psicofarmaco in grado di non far arrivare al cervello tutti gli effetti
prodotti dalla metabolizzazione. Il che significa sbronza senza postumi. Questo, con buona
probabilità, porterà all’anarchia sociale e alla distruzione di tutti i capisaldi su cui è fondata
questa civiltà, sotto forma di una massa di ubriaconi che entreranno urlando in Parlamento,
chiuderanno il Presidente della Repubblica nel cesso e si impadroniranno delle basi militari
di tutto il mondo. Poter bere per settimane senza pagare il dazio di Caronte? Succederà
l’irreparabile, fidatevi. Ma non divaghiamo.
Ho conosciuto decine di ubriaconi professionisti e posso affermare con certezza che ognuno
ha il suo metodo personale per sopravvivere durante la risacca. Certi rimedi non me la sento
proprio   di   consigliarli,   per   esempio,   alcuni   miei   amici   brasiliani   hanno   un   rituale
completamente  folle.  La loro  sbronza  comincia un qualunque giorno  della  settimana,  e
finisce almeno quattro giorni dopo. Se cominciano venerdì, smettono di bere lunedì. Le ore
di sonno sono sparse a caso durante la giornata e qualsiasi posto è adatto per un bel riposino
di tre o quattro ore, non importa se siano seduti sulle panchine davanti a un Kentucky fried
chicken, o sdraiati sul pavimento lercio della metropolitana. Nel cervello si innescano gli
stessi meccanismi che provano i prigionieri di Guantanamo dopo giornate intere trascorse
tra deprivazione sensoriale, waterboarding e privazione del sonno. Non hanno alcun punto
di riferimento, né spaziale, né temporale, sono completamente in mano alla famosa fatina
dell’assenzio, che in questo caso me la immagino come un ibrido satanico tra un ufficiale
SS e Charles Manson. Portano il livello della sbronza al limite della sopportazione umana e,
quando smettono, il loro ritorno alla realtà è una rinascita tranquilla e pacata, paragonabile
a una piacevole passeggiata in una assolata primavera. Durante quei quattro giorni hanno
vissuto   ogni   fase   concepibile   della   follia   e   l’hangover   lo   hanno   già   vissuto   senza
accorgersene mentre distruggevano i mobili del giardino per fare un grande falò in una festa
tra il secondo e il terzo giorno. Nulla al mondo può più fargli del male. Cirrosi a parte,
naturalmente. Ma qui stiamo parlando di sanità mentale e rapporti con altri esseri umani,
mica sono un medico! Sinceramente non credo neanche sia un rimedio voluto o studiato,
semplicemente il loro livello di alcolismo si è evoluto a un punto tale di esagerazione che
utilizzano   la   sbronza   stessa  per   contrastare   i   nefasti   sintomi   della   risacca.   Geniale,   ma
mortalmente pericoloso.
Altri,   bevitori   più   morigerati   ma   sempre   professionisti,   si   dedicano   all’inerzia   e
all’eremitismo.   E   questo   credo   sia   il   metodo   più   efficace.   La   migliore   decisione   che
possiate prendere è non prendere alcuna decisione. Delegate tutto, anche le vaccate. Non
date consigli a nessuno e ricordatevi che ciò che adesso considerate un’ottima idea nella
maggior parte dei casi si rivelerà stupida e deleteria. Ciò non significa, badate bene, marcire
nell’inedia, avete comunque bisogno di tenere la mente occupata con cose che non siano
troppo complesse. Se cercate un piccolo passatempo, vanno benissimo i giochi che recano
la scritta “adatto fino agli otto anni”. Avrete qualche piccola soddisfazione e non rischierete
di sentirvi dei completi idioti. Non è proprio il caso di arrovellarsi sul cubo di Rubik. Se
siete   teledipendenti,   la   televisione   è   consentita,   a   patto   che   non   guardiate   telegiornali,
programmi di cucina, storie angoscianti di gente colpita da disgrazie, opinionisti di attualità
e politica, concerti rock, reality show e tutto ciò che può essere considerato come irritante,
rumoroso, deprimente o insulso. Credo rimangano esclusi solo il meteo e il canale dell’ora
esatta, ma è sempre meglio di niente. 
Non partecipate a incontri pubblici o a qualsiasi tipo di attività che preveda un tizio che
parla a un gruppo di persone. A  maggior ragione se quel tizio dovete essere voi. Non
capireste nulla e vi perdereste al primo ragionamento un minimo complesso. Senza contare
che, se qualcuno vi facesse una qualsiasi domanda, sembrereste dei rincoglioniti. Se invece,
non siete troppo distrutti, rischiate di farvi prendere dalla foga della folla, senza curarvi
troppo del fatto che magari state per partecipare a un suicidio di massa o a un rogo nazista
di libri.
Se volete proprio uscire di casa, tenete a mente che il mondo, là fuori, è pieno di pericoli.
Ci sono traffico stradale, lavori in corso, irritantissime coppiette sdolcinate, c’è gente che vi
chiederà   informazioni,   soldi,   firme.   Se   siete   particolarmente   sfortunati,   vi   chiederanno
persino  di partecipare  a  seminari  sull’automotivazione  o ad  altre  amenità  che  solo una
specie infida come l’essere umano poteva inventare. Là fuori, amici miei, ci sono luce
accecante   e   rumori   assordanti,   l’intera   architettura   delle   città   moderne   sembra   studiata
apposta per essere ostile a chi è in piena risacca. 
Se invece vivete in qualche posto isolato, la passeggiata potrebbe essere salutare, ma non
vedere   neanche   un   singolo   essere   umano   durante   una   risacca   malinconico/sentimentale
potrebbe   ridurvi   come   Jack   Nicholson   in   “Shining”.   Vi   ritroverete   a   inventarvi   baristi
immaginari a cui confidare di voler fare a pezzi qualcuno. Limitare il contatto con la civiltà
aiuta a riprendervi e a non fare cose di cui potreste pentirvi, ma abbiate un minimo di
criterio. 
A questo punto mi vedo costretto a rimettermi al vostro giudizio. Non tutti i posti sono
uguali per uscire in doposbronza. Va dà sé che rilassarsi in un bar di un’isola tropicale con
le   cameriere   seminude   è   sicuramente   più   piacevole   che   vagare   col   mal   di   testa   nei
sobborghi di Calcutta. Dovunque siate, però, statene certi, ci sarà qualcuno disposto ad
assillarvi. Ci sarà sempre un maledetto simpaticone che vi racconterà tutto ciò che meno vi
interessa nella vita. Avete un amico che ha scritto un’enciclopedia sulle varietà del legno
truciolato?   Vi   telefonerà   irrimediabilmente   durante   i   postumi   peggiori   che   abbiate   mai
vissuto per raccontarvi tutto sulla grana dell’ultimo tipo di pannello inventato. Dovrebbe
essere   illegale   fare   conversazione   con   un   risaccoso   usando   più   di   cinquanta   parole.
Limitatevi ad amarci, preparateci una tazza di tè caldo, dateci una carezza e poi lasciateci
alla nostra deriva. Potremmo addirittura inventarci una nuova regola, tipo galateo. Quando
qualcuno   ci   telefona   nel   bel   mezzo   del   nostro   incubo   etilico,   potremmo   rispondere
direttamente ‘hangover’ – la parola in inglese si presta benissimo, la si può sputare fuori
dalle labbra con il minimo dispendio di energie – al posto di ‘pronto’. Subito l’interlocutore
capirebbe che, se vi tediasse con un monologo assillante, potrebbe mettere a repentaglio la
salute   di   entrambi.   Se   poi   dovesse   sottoporvi   un   qualche   problema,   si   vedrebbe
immediatamente costretto a chiudere la telefonata con una scusa. Non avete bisogno di altre
preoccupazioni, sareste totalmente inutili nel provare a cercare soluzioni.
Una buona regola d’oro è astenersi dall’attività fisica. State precipitando nel pozzo nero
della vostra anima, volete aggiungerci sul serio una scarica di endorfine? 
La   feniletilamina,   invece,   è   un   discorso   a   parte.   Volgarmente   chiamata   ‘la   molecola
dell'amore’, è quella che il vostro cervello produce quando vi invaghite di qualcuno. In
parole povere, una bella scopata può essere salutare, a patto che sia il vostro partner a fare
tutto il lavoro di fatica. Rimandate a un’altra volta il sesso all’impiedi, favorite posizioni
più comode e rilassate. L’ideale sarebbe che dopo ci si limiti a qualche coccola accovacciati
sul letto e che la persona accanto a voi se ne vada in fretta. Non parlate più del dovuto. Una
parola di troppo ed è fatta. Il vostro equilibrio, già precario, si spezzerebbe immediatamente
e   tutto   sfocerebbe   in   una   tragedia   greca.   A   meno   che   non   si   tratti   di   una   scopata
occasionale, ma sinceramente credo che riuscire ad abbordare qualcuno in doposbronza sia
un’impresa a dir poco titanica. La persona che vi portate abitualmente a letto vi conosce
molto   bene,   sa   quali   corde   toccare   per   farvi   infuriare   oltre   ogni   misura   in   condizioni
normali,   figurarsi   in   un   frangente   simile,   con   quel   demone   che   cerca   di   brandirvi,   il
dramma familiare è proprio dietro l’angolo. 
Stesso ragionamento vale per amici, parenti, colleghi e conoscenti. Mantenete un profilo
basso. Se siete stati così stupidi da inviare messaggini o fare telefonate nel bel mezzo della
sbronza, di sicuro avrete detto o scritto cose di cui poi vi vergognerete profondamente.
Cercare di scusarsi in questi frangenti può solo peggiorare la situazione. Per spiegarvi ci
sarà tutto il tempo, domani o dopodomani. Quando esprimerete il vostro rammarico per
l’incresciosa situazione sfuggitavi di mano, lo farete con tutta calma e col pieno possesso
delle vostre facoltà. 
Se per caso la sera prima vi siete ritrovati a litigare con persone importanti, chessò, il Papa
o il Presidente del Senato, per quanto possiate essere preoccupati, non provate a scrivere
lettere formali di scuse. Il vostro vocabolario si  è ridotto a un terzo e non riuscirete a
mettere insieme due righe sensate. Dovete soltanto procurarvi un avvocato e lasciar fare
tutto a lui. Spiegategli la cosa con parole semplici e non perdete la calma. Ricordate, lui è
dalla vostra parte e non vuole farvi del male. Respirate piano e fate di tutto pur di non
ritrovarvi in posti poco piacevoli come la questura o un manicomio criminale.
Se invece, state pensando di rivolgervi a strutture organizzate, come gli ospedali, dove ci
sono   medici   e   infermieri   che   possiedono   farmaci,   attrezzatura   e   personale   competente,
lasciate stare. Tutta la chimica che vi serve la dovete già avere in casa, a portata di mano.
Fermenti lattici per placare quelle cacate nere e maleodoranti che vi accompagneranno per
tutto il giorno, aspirine e paracetamolo per i falegnami in testa e una bella scorpacciata di
vitamine C e B per compensare lo spreco che il vostro fegato ne sta facendo. In ospedale
non possono che attendervi ore di angosciante attesa in compagnia di scene al limite del
grottesco e, quando infine arriverà il vostro turno, la cura si rivelerà addirittura peggiore del
male.
Se ci riuscite, mangiate qualcosa. Niente piatti sofisticati, fareste casino con gli ingredienti
e ci mettereste una vita a cucinare. Io, per esempio, ho bisogno di trentacinque minuti per
spremere quattro arance e più o meno un’ora per friggere un uovo. Preparate cose semplici
e   leggere,   insalata,   yogurt,   al   massimo   carne   bianca.   Se   siete   particolarmente   distrutti,
prendete l’ispirazione dall’ultimo pasto che vi hanno servito in ospedale. Meno sapore ha,
meglio   è.   Se   invece   ve   la   sentite,   potete   anche   provare   con   qualcosa   di   un   po’   più
sostanzioso. Vi assicuro che un buon pranzo vi tirerà su di morale più di quanto possiate
immaginare,   senza,   naturalmente,   sfociare   nell'eccessivo.   Non   dovrei   ricordarvelo,   ma
spero sinceramente che non abbiate intenzione di mettervi a friggere pesce o condire kebab
con l’habanero in risacca. Un buon caffè potrebbe venire in vostro aiuto. Un vasocostrittore
eccitante è sempre un buon amico in queste situazioni, ma senza esagerare, altrimenti vi
ritrovereste in preda a tachicardia e pressione alle stelle, vi farete prendere dall’ansia e tutti
gli sforzi che avrete fatto per avere un minimo di pace sarebbero buttati alle ortiche.
Ho anche sentito di persone convinte che le droghe possano aiutare ma in tutta sincerità non
vedo in che modo. L’unica che forse potrebbe essere di aiuto è la marijuana, sempre che
riusciate a fumarne in hangover senza rovinare a terra come sacchi di patate. In caso ci
riusciate,   vi   porterà   sicuramente   momenti   di   allegria   e   le   concatenazioni   di   pensieri   a
casaccio saranno un ottimo passatempo. Unica raccomandazione, evitate di farvi una canna
in doposbronza e poi partecipare a colloqui di lavoro o a funzioni estremamente serie, tipo
la messa. La paranoia che crea quella roba, se unita alla risacca, è micidiale. Immaginate se
vi dovesse prendere un attacco di panico in uno di quei luoghi costruiti apposta per incutere
il timore di un Dio vendicativo e onnipotente. Ricordate in “A serious man”, quando Danny
va al suo Bar Mitzvah completamente fatto? Ecco. Moltiplicate per cento. D’altro canto
potrebbe prendervi una leggera fattanza allegra ma, se vi venisse in mente qualcosa di
buffo, riuscireste a smettere di ridere soltanto soffocandovi con una busta di plastica. Se
proprio siete fanatici dell’hashish almeno che sia di qualità. Una schifezza tagliata male vi
farà passare una giornata nera come la pece, con gli occhi pesanti come macigni e la voglia
di vivere di un lemming depresso.
Per   le   altre   droghe   non   saprei.   Personalmente   non   riesco   a   immaginare   nulla   di   più
terrificante di un trip di LSD o di psilocibina in doposbronza. Un agghiacciante carosello di
esplosioni di colori con conseguente aumento della percezione in una situazione in cui
riuscireste a trovare irritante persino Gandhi. Sul serio gente, tenete i funghi nel vasetto per
una bella giornata di sole in mezzo a un bosco. 
Gli eccitanti, come la cocaina, l’ecstasy e le amfetamine li eviterei a prescindere. Idee
malsane, come presentarsi dal vostro datore di lavoro per dargli fuoco o rincorrere con una
mazza   chiodata   quel   vigile   che   vi   ha   fatto   una   multa,   potrebbero   sembrarvi   del   tutto
ragionevoli.
Il metodo polacco per gestire l’hangover è tornare a bere. Il giorno dopo, loro tracannano
vodka e si sentono meglio. Non ci si poteva aspettare altro dal glorioso popolo che per
spiegare il concetto di ‘nulla’ ha coniato la frase: “Cos’è il nulla? Mezza bottiglia di vodka
in due”. Quel popolo che da anni combatte contro il doposbronza e ne ha appreso i più
segreti misteri. La loro lingua e i loro modi di dire sono colmi di riferimenti all’alcool e al
doposbornia. Mentre noi ci gingilliamo con filastrocche sulla figlia del dottore, loro usano
il   bellissimo   “Kac   morderca   nie   ma   serca”,   letteralmente:   “L’hangover   è   un   assassino
senza cuore”. In particolare, ricordo che un polacco mi parlò di una vodka in grado di porre
rimedio   al   malessere   da   doposbronza:   dopo   averne   bevuta   abbastanza   ritorni   a   essere
ubriaco perso e te ne fotti del mal di testa. State tranquilli, non voglio consigliarvi questo
sistema, bisogna lasciarlo ai bevitori esperti, quelli in grado di intrattenervi con un discorso
sull’elettrodinamica   quantistica   nel   mezzo   di   una   ciucca   colossale,   i   Mozart
dell’ubriachezza, gente che quando ha un bicchiere in mano guarda la morte in faccia e la
deride. 
L’alcool in doposbronza va usato soltanto come ultima alternativa possibile, quando siete
con le spalle al muro e non avete alcuna via d’uscita, la vostra arma segreta da poter usare
una sola volta. Vi racconto un piccolo aneddoto. Una sera mi venne la fantastica idea di
sbronzarmi il giorno prima di partecipare a un seminario sulle percussioni. Credevo di poter
gestire la situazione, ma mi sbagliavo di grosso. Arrivai in questo grande capannone ridotto
come uno straccio, non potevo sopportare rumori più forti di un sussurro, non avevo alcun
tipo di difesa di fronte alla crudeltà della vita. Aprii la porta ed entrai nella prima sala, dove
c’era un peruviano che suonava la mandibola di un qualche strano animale. Leggermente
disgustato,   riuscii   a   stento   a   trattenere   i   conati   di   vomito   e   passai   oltre.   Nella   stanza
successiva ecco dei cubani con i batà e le loro stramaledette cantilene sacre, da cui dovetti
fuggire con passo incerto e traballante. Nell’ultima stanza, per completare il crescendo di
agonia, cinque tizi che suonavano il djembè a volume spropositato, accompagnati da sadici
con grossi tamburi e campanacci suonati con un bullone. Erano come spilli nel cervello.
Ovunque mi girassi ero perennemente braccato dal terrore e da pensieri di morte. L’unica
soluzione possibile fu attaccarsi alla spinatrice della birra, riprendere un tasso alcolemico
adeguato e finalmente godermi la giornata mettendomi a suonare pure io. Questa, però, è
una falsa soluzione, funziona solo come palliativo per guadagnare tempo, finito l’effetto
della sbronza, l’hangover ritornerà a impossessarsi di voi con rinnovata ferocia, per questo
motivo l’alcool come rimedio va usato con estrema parsimonia.
Come dicono i medici in televisione, la miglior cura è la prevenzione. Naturalmente non
dico   di   non   bere,   un   mondo   popolato   da   astemi   sarebbe   divertente   come   una   festa   di
compleanno in un ufficio di ragionieri. Senza l’alcool – che comunque rimane una delle
peggiori   droghe   in   circolazione,   costa   troppo   e   per   avere   un   qualche   effetto   devi
ingurgitarne quantità industriali – non avremmo né quella dose di cinismo indispensabile
per affrontare la vita in questa meravigliosa palla verdeazzurra che orbita intorno al sole, né
quella bonarietà propria della sbronza, che non ti fa prendere troppo sul serio il fatto che
potresti morire da un momento all’altro. Per non parlare di quei disgustosi ubriaconi rissosi
che ci fanno tanto ridere, quelli che si spaccano la testa da soli, nel tentativo di dimostrare
al mondo di non avere un pene troppo piccolo. 
Per prevenzione intendo bere con criterio. Se avete una certa età, sapete per esperienza
personale   che   scolarvi  shot  uno   dopo   l’altro,   assieme   a   tequila   e   cocktail   di   dubbia
composizione, vi porteranno in meno di un’ora una sbornia potente come un treno merci
lanciato a tutta velocità, con postumi a dir poco devastanti. Nella maggior parte dei bar,
preparano quella roba con alcool della peggior sottomarca. Ad aggiustare il sapore, quelle
schifezze colorate al sapore di frutta che ci ficcano dentro. Liquori e vino di qualità sono un
ottimo   punto   di   partenza.   Se   esagerate,   vomiterete   dietro   un   cespuglio,   riposerete   una
mezz’oretta e sarete di nuovo pronti a bere. I postumi saranno lievi o del tutto inesistenti e
potrete   passare   tutto   il   giorno   successivo   a   meditare   beatamente   sulla   vostra   effimera
condizione di esseri umani, magari con una bella birra fresca. Un altro consiglio, banale ma
indispensabile:   mangiate.   Fate   il   cosiddetto   ‘fondino’.   Prima   di   costruirvi   una   sbronza
colossale,   pensate   alle   fondamenta.   Un   pranzo   o   una   cena   pantagruelici   fanno   al   caso
vostro. Niente fast food o robaccia considerata, a ragione, cibo spazzatura. Magari, se vi ci
ingozzaste, alleviereste i postumi, ma il giorno successivo alla sbronza sarebbe all’insegna
della   miglior   dissenteria   della   vostra   vita.   Cibo   vero   e   in   quantità.   Melanzane   alla
parmigiana, lasagne, grigliatevi un cinghiale intero, se necessario. Come Obelix. Non lo
vedrete mai evitare una bella rissa con i romani dopo una serata a base di sidro e maiale. Un
motivo ci sarà, no?

Ci   sarebbero   altre   decine   di   pagine   da   scrivere,   per   avere   una   visione   completa   del
doposbronza, ma mi limiterò alla raccomandazione più importante di tutte. Costruitevi il
vostro rituale privato. Solo voi conoscete la vostra intimità nei meandri etilici. Esistono
moltissime qualità di hangover differenti, a seconda del metabolismo, del carattere e Dio
solo sa di quali altri fattori. C’è a chi prende in maniera sentimentale, commuovendosi per
la minima vaccata, c’è chi vorrebbe uccidere qualsiasi essere umano nei paraggi, c’è chi
non riesce  a muoversi  dal  letto  per  tutto  il  giorno. Cercare  una  soluzione  universale  è
totalmente inutile, a meno che non siate a capo di una grossa ditta farmaceutica e cercate un
modo di far fesso qualche gonzo credulone. 
Rilassatevi. Fate il punto della vostra vita, ascoltatevi, rimanete ancorati alla vostra ricerca
del benessere fisico e mentale e ricordate che non è il caso di prendere tutto troppo sul
serio.   Magari   scrivete   un   trattato   per   gestire   i   postumi   e   inviatemelo   ma,   soprattutto,
godetevi la vostra sana risacca.

Rituale Personale
Con il tempo mi sono costruito la mia privata liturgia abituale a base di cibo e piccoli gesti
ossessivi per il trattamento della risacca. La riporto qui, a titolo esemplificativo, per lo
studio delle generazioni future.
Risveglio. Di solito mi sveglio prestissimo. Difficile che dorma per più di cinque ore dopo
una sbronza, e qui sono costretto ad arrendermi alla realtà. Per prima cosa, do una rapida
occhiata   all’ambiente   circostante   per   capire   dove   mi   trovo.   Se   sono   a   casa,   perfetto.
Qualcuno mi ha portato qui, ho trovato il modo di mettermi il pigiama e tutto va bene. Se
sono a casa di qualcuno, mi assicuro che siano persone fidate e che non passino la giornata
a rinfacciarmi cose di cui non ricordo nulla, altrimenti sarebbe imperativo fuggire prima
possibile in un posto accogliente. Se non so dove mi trovo, mi concedo un attimo di panico,
piccolo sfizio prima di cercare di sistemare la cosa.

Valutazione dei danni. Importantissimo. Il mal di testa è a livello accettabile o vorrei farlo
uscire bucandomi con un trapano? Devo vomitare? Sono ancora sbronzo? Domande cui do
una rapida risposta. Da qui decido se non muovermi di casa, spegnere il telefono e maledire
il porco mondo, o se uscire e andare a rintanarmi alle terme – un toccasana per l’hangover,
gli antichi romani avevano capito tutto – o in un posto all’aria aperta con il sole, i prati, i
fiori e tutto ciò che Madre Natura ha ben pensato di metterci a disposizione per quando
stiamo di merda. 
Prima colazione. Mezzo nudo e frastornato preparo il caffè. Doppio, amaro. Di solito non
penso a nulla fino alla prossima fase.
Seconda colazione.  Qui riesco quasi a pensare. Di solito in casa non ho mai niente di
adatto da mangiare e sono costretto a procacciarmi il cibo in qualche bar tranquillo. Prima
di uscire di casa consiglio aspirina, acqua in quantità esagerate e fermenti lattici. Al bar,
ordino altro caffè, spremuta di arancia e un dolce leggero, magari una brioche con il miele,
o una piccola fetta di torta semplice, tipo una ciambella o una di quelle con le carote.
Pranzo.  Tardissimo. Di solito alle tre e mezza, quattro. Se i postumi sono devastanti, lo
salto proprio. Pasta con verdure, insalata verde o zuppa. Di farro, di ceci, col brodo di pollo
o col brodo vegetale, non importa. La zuppa in quella situazione è la cosa migliore che
possa desiderare nell’universo. Come dolce, yogurt bianco. Segue una breve telefonata a un
compagno di bevute affidabile per sapere se devo scusarmi di qualcosa con qualcuno e
mettermi il cuore in pace. 
Tardo pomeriggio.  Se non mi sento uno schifo, posso addirittura concedermi una birra
fresca. Chiara, non più di mezzo litro. Moretti o Warsteiner, dipende dal budget. Le facoltà
mentali stanno lentamente tornando a un livello accettabile. Potrei fare senza sforzi “Unisci
i puntini da uno a trenta” o “Trova le differenze”, ma un rebus o un cruciverba sarebbero
impensabili. Non è che li faccio davvero, è per spiegarvi la cosa.
Cena. Se prima sono uscito, qui sono a casa. Tassativo. L’ideale sarebbe una bella bistecca
di manzo al sangue e insalata di pomodori e cipolle. Poi un dolcino, magari un gelato
all’amarena   ma,   in   verità,   non   ho   grandi   preferenze   a   quell’ora.   Di   solito   mi   limito   a
minacciare il frigorifero finché non trovo un modo per mettere insieme quelle quattro cose
che   ci   sono   dentro   evitando   di   creare   un   frullato   informe.   Se   quello   che   ho   preparato
assomiglia al secchio di cibo del grassone al ristorante nello sketch dei Monty Python, mi
deprimo un po’, butto via tutto e ordino una pizza. Marinara o romana. Dopo cena, di uscire
non se ne parla. Al massimo, se voglio proprio strafare, mi faccio una tisana alle erbe
aromatiche, mi crogiolo un po’ sul divano sotto un plaid caldo, ingollo un’aspirina e vado a
letto. 

Bibliografia consigliata.
Juan Bas, “Trattato sui postumi della sbornia”, un libro senza il quale non avrei mai scritto
questa roba. 
AA.VV., “Curarsi in casa, 2343 consigli e tecniche che ciascuno può usare, più centinaia di
suggerimenti per stare bene”, un manuale medico che riporta semplici rimedi per particolari
disturbi.  La  Alla  voce ‘doposbornia’  comincia in questo modosi  trova: “È una bellissima
mattina   e   voi   non   riuscite   a   sopportarla.   I   passerotti   che   cinguettano   sul   davanzale
sembrano avvoltoi con armamento nucleare che gracchiano attraverso altoparlanti”.
Dante Alighieri, “La Divina Commedia”, Inferno. “(...) Vero è che ’n su la proda mi trovai/
de la valle d’abisso dolorosa/ che ’ntono accoglie infiniti guai”, ecco, uguale sputato. 
Albert Uderzo e René Goscinny, “Asterix e gli allori di Cesare”, in questa storia Asterix
inventa per sbaglio – come tutte le grandi invenzioni, del resto – una pozione per guarire
dal doposbronza. È composta da un pollo non spennato, sapone di marsillia, marmellata,
pepe, sale, rognoni, fichi, mele, sanguinaccio, semi di melograno, uova e peperoncino. Se
qualcuno di voi ha il coraggio di provare questo intruglio, mi faccia sapere se funziona.

Douglas Adams, “Cure per il doposbronza” A dire il vero è solo un articolo breve dentro “Il
salmone del dubbio” in cui chiede ai lettori consigli per il doposbronza, ma leggetevelo,
Adams è sempre piacevole.
Tutti i centinaia di forum su internet in cui decine di pivelli vi assicurano che l’hangover
passerà magicamente con un frullato di carota e cinque gocce di limone. Non hanno idea di
quello che stanno dicendo e forse confondono il doposbronza con la stanchezza dovuta al
fatto di essere andati a letto troppo tardi. Tutti i loro consigli non servono a nulla, ma
ispirano una gran tenerezza.

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