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LA PAURA
re. E i motti, i proverbi, gli stereotipi del pensiero sono quasi sem-
pre gli schemi culturali semplificati con i quali proviamo a decodificare il
mondo che ci circonda. Se questo è vero, alla paura riserviamo una valu-
E I SUOI INGANNI
tazione indubbiamente negativa. È possibile vivere senza aver paura? A
cosa serve la paura? Ammesso che abbia una qualche funzione oltre ren-
derci incapaci di agire razionalmente. E se potessimo avere in dono l’op-
portunità di non aver più paura? È possibile non aver paura di avere pau-
ra? Non vergognarsi di tremare, di arrossire, di sudare o di aver voglia di
nascondersi? L’autrice risponde a queste e ad altre domande. Il suo per-
corso parte dalle paure dei bambini e dalle modalità con cui si apprende
la paura, passando per le manifestazioni verbali e non verbali, fino ad ar-
rivare a descrivere le “patologie” della paura e i loro effetti nella esisten-
za dell’uomo.
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11 Nota dell’autore
13 Introduzione
17 Capitolo I
Le emozioni
63 Capitolo II
La paura
171 Glossario
193 Ringraziamenti
195 Bibliografia
9
Introduzione
Sedulo curavi humanas actiones non ridere,
non lugere, neque destestari, sed intelligere.
[B. Spinoza – Trattato politico]
13
14 Introduzione
ma non delle attività connesse alla scuola. Per cui il rendimento scola-
stico risulta nella norma per l’età e per le capacità cognitive del sog-
getto ma l’individuo che ne soffre è impossibilitato a frequentare in
maniera costante l’ambiente scolastico per l’eccessiva ansia che prova
nel momento in cui deve entrare in aula. Comunemente, purtroppo,
questo disturbo non è tempestivamente diagnosticato perché le fre-
quenti assenze, le fughe dall’aula, lo stato d’ansia del soggetto, ven-
gono interpretate dagli insegnanti come comportamenti da soggetti la-
vativi ( 148). I genitori, dal canto loro, si limitano a definire il pro-
prio figlio come «…uno che fa i capricci!». Un circolo vizioso che
acuisce il disagio e che produce, alla lunga, un’ansia quasi cronica
(con tutto quello che ciò comporta). L’ansia sociale dell’adulto, pari-
menti, viene percepita dal soggetto che ne soffre come una propria de-
bolezza caratteriale che gli impedisce di esporsi, di prendere la parola
in pubblico, di far valere le proprie ragioni, di esprimere la propria
opinione o, molto più banalmente, di mangiare in pubblico. La prima
reazione è quella di combattere tale disagio imputandolo a semplice
timidezza ma l’ansia che deriva da questo disturbo non è paragonabile
all’apprensione del timido e neanche così facilmente superabile. Al
contrario: ogni volta che l’individuo si espone a situazioni sociali, per
lui ansiogene, sperimenta una sempre crescente angoscia che sfocia, a
volte, in veri e propri attacchi di panico ( 143) fino a che, per il
soggetto, diventa difficile anche solo entrare in un ristorante o in un
bar. Tale aumento dell’ansia lo porta a mettere in atto una serie di
meccanismi comportamentali atti a evitare le situazioni ansiogene e a
rinchiudersi, sempre di più, in ambienti tranquillizzanti. Dall’esterno,
tale comportamento, è interpretato nella maggioranza dei casi come
“chiusura”, “rigidità”, “asocialità”.
Questi particolari disturbi sono profondamente legati alla sperimen-
tazione di specifiche emozioni. Sono, a grandi linee: la vergogna,
l’imbarazzo, il senso di colpa sperimentati da chi si trova nel disagio
della timidezza e dell’ansia sociale (emozioni da ritiro sociale). Ma
anche la derisione, il disprezzo o la pena di chi, invece, osserva e giu-
dica la persona in difficoltà (emozioni valutative).
Lo scopo di questo testo è quello di tentare un inquadramento or-
ganico dell’argomento inerente i disagi da paura dell’altro non per-
dendo mai di vista l’aspetto evolutivo dei fenomeni trattati. Nella pri-
ma parte, quindi, si tenta di fornire una breve ma, si spera esauriente,
Introduzione 15
Le emozioni
Le emozioni provate nei primi anni di vita, e altre sen-
sazioni che hanno suscitato gioia o dolore, lasciano
tracce indelebili che condizioneranno le nostre azioni e
reazioni nell’intero corso dell’esistenza
[R. Levi Montalcini – Elogio dell’imperfezione]
17
18 Capitolo I
inferiore a quello del terrore ( 90) che, pur conspecifica, è una espe-
rienza emotiva molto più pervasiva e destabilizzante.
2
A causa della morte improvvisa di Luca Terreni, avvenuta nel 2003, il testo a cui l’Au-
tore stava lavorando e contenente le nuove teorizzazioni nell’ambito della psicopatologia
sportiva, non è mai stato pubblicato. Mi è stato possibile consultarlo, in forma di dattiloscritto,
grazie alla disponibilità di sua moglie (Michela Galli) che, in questo contesto, ringrazio per la
disinteressata collazione.
34 Capitolo I
cate indipendentemente dai segni somatici che l’ansia induce nel loro
organismo.
Proprio per tentare di fornire una risposta a queste apparenti incon-
gruenze sono nate recentemente alcune teorie che, pur non disconfer-
mando la teoria della U capovolta, integrano le apparenti lacune di
quest’ultima.
Fra queste è d’obbligo citare la teoria della catastrofe la cui introdu-
zione nel mondo scientifico si deve a Zeeman [1976], un matematico
che la propose nell’ambito delle scienze naturali. Successivamente fu
ripresa da Fazey e Hardy [1988] all’interno delle discipline psico-
sportive per fornire una logica spiegazione ai dubbi e alle mancate ri-
sposte suscitate dalla teoria della U capovolta.
Gli Autori proposero un modello tridimensionale della teoria (vedi fi-
gura a pagina seguente – adattata da Fazey e Hardy, 1988) in cui, oltre
ai fattori prestazione e attivazione, introdussero l’ipotesi dell’esi-
stenza di un ulteriore elemento: l’ansia cognitiva.
4
A rigore di chiarezza è comunque opportuno specificare che la teoria sul livello ottimale
di attivazione, come fenomeno influenzato dalle soggettive differenze temperamentali e stret-
tamente collegato alla struttura nervosa individuale, fu introdotto da Pavlov già nel 1935
[1935b] nel corso degli approfondimenti della ricerca sui riflessi condizionati [1927; 1935a]. Il
fenomeno, poi, fu ulteriormente approfondito con gli studi di Luria sul funzionamento cere-
brale e sulla neuropsicologia [1973].
Le emozioni 45
5
Alle teorie differenziali delle emozioni si contrappongono scientificamente le teorie
componenziali e le teorie dimensionali. Nelle prime, derivanti dalla impalcatura epistemolo-
gica della psicologia cognitiva, si afferma che è impossibile risalire a emozioni innate (o di
base) mentre è auspicabile pensare alle emozioni (tutte) come elementi fisiologici e compor-
tamentali il cui aspetto psicologico è frutto della valutazione cognitiva (appraisal) del sogget-
to [Schachter e Singer, 1962; Mandler 1984; Ortony e Turner, 1990]. La teoria dimensionale
introduce l’ipotesi che le emozioni non possano strutturarsi su basi elementari ma intorno a
strutture organizzative dimensionali di risposta ad uno stimolo (piacevolezza/spiacevolezza;
tensione/rilassamento; attivazione/deattivazione; allontanamento/avvicinamento) che solo
successivamente, attraverso l’apprendimento e l’acquisizione delle competenze linguistiche,
si sostanziano in emozioni propriamente dette [Davidson, 1992; Kring et alii, 2003; Posner et
alii, 2005].
48 Capitolo I
a)__________
b)__________
c)__________
d)__________
e)__________
f)__________
6
(ɐɹǝlloɔ-ɐɹı) ɐıqqɐɹ (ɟ - (ǝɹodnʇs) ɐsǝɹdɹos (ǝ - (ǝuoıslndǝɹ-oɟıɥɔs) oʇsnƃsıp (p - ɐɹnɐd (ɔ
- (oʇɹoɟuoɔs) ɐzzǝʇsıɹʇ (q - (,ɐʇıɔılǝɟ) ɐıoıƃ (ɐ
Le emozioni 49
7
Gli Autori hanno ipotizzato che gli affect display sono segnali rilevabili soprattutto nella
espressione del volto e non riconoscono ai gesti delle mani o ai movimenti del corpo un ruolo
determinante nella rilevazione degli stati emotivi. Altri Autori [Argyle, 1975; Raffagnino e
Occhini, 2000; Matsumoto, 2001; Elfenbein e Ambady, 2002] sostengono, al contrario,
l’esistenza di gesti o di movimenti che assumono carattere di specificità e universalità
nell’interpretazione della comunicazione non verbale di una emozione.
52 Capitolo I
8
Per una panoramica completa del lavoro di Ekman si veda Ekman [2003] e Matsumoto
[2004].
9
FACS (Facial Action Coding System) è un sistema anatomico per individuare e descri-
vere esaurientemente tutti i movimenti facciali. Ogni movimento facciale, definito AU (Ac-
tion Unit), può essere scomposto sulla base dei micromovimenti che lo costituiscono (AUs). Il
sistema definitivo, pubblicato nel 1978, [Ekman e Friesen, 1978] descrive, attraverso un ma-
nuale, i criteri per individuare la specifica emozione di un volto sulla base della combinazione
dei vari AUs. Per una esemplificazione del sistema vi consiglio di visitare il sito ufficiale di
Ekman (www.paulekman.com).
Le emozioni 53
10
L’orgoglio, secondo Galimberti [1994], è il sentimento derivante dalla consapevolezza
del proprio valore, della propria adeguatezza rispetto agli scopi e della propria competenza ri-
spetto a certi compiti. Quindi, un’emozione autocosciente che ci segnala che gli obiettivi che
ci eravamo proposti sono stati raggiunti o – in alternativa – che abbiamo superato brillante-
mente un limite prima di allora mai superato [Nathanson, 1992; Oliverio Ferraris, 1992a].
Fondamentalmente, quindi, l’emozione che scaturisce dopo un successo e che si manifesta a
livello comportamentale, cognitivo e fisiologico con tutte le caratteristiche tipiche della gioia.
54 Capitolo I
Colpa Empatia
Rimorso Reciprocità
Isolamento Cooperativo Lealtà
Sfiducia Fiducia
Odio Condivisione
Occhi/bocca spalancati; so- Battito cardiaco rallentato [(*) Prendere tempo per elaborare le
pracciglia sollevate; sguardo Bradicardia]; momentanea informazioni fornite da una si-
Sorpresa apnea(*); diminuzione del tono
orientato verso lo stimolo. tuazione sconosciuta
muscolare.
Fonte aggrottata; naso arric- Rallentamento del battito car- Evitare l’oggetto che procura re-
Disgusto ciato; guance e labbra supe- diaco; reazioni vasovagali[(*) pulsione; difendersi da eventuali
Nervo vago]
riori sollevate. significative e intense. rischi.
11
GSR (Galvanic Skin Responses – Riflesso Galvanico della pelle o Riflesso psicogalva-
nico) – Conduttanza elettrodermica(*).
12
Per quanto riguarda la stretta correlazione fra espressione delle emozioni e modulazione
della temperatura periferica consiglio l’articolo di Zajonc «Emotional expression and tempe-
rature modulation» del 1994.
Le emozioni 59
13
La dipendenza emotiva è considerata il risvolto negativo della gioia e l’estremo disfun-
zionale del bisogno emotivo [Oliverio Ferraris, 1992a]. Infatti, mentre in un individuo con un
sano equilibrio il bisogno emotivo di sperimentare un’emozione piacevole è la motivazione
principale dei comportamenti che tendono a gratificare se stessi in maniera autonoma, la di-
pendenza emotiva si realizza quando il soddisfacimento del bisogno viene legato cognitiva-
mente ad un unico oggetto, ad una persona che è ritenuta, erroneamente, l’unica in grado di
creare le condizioni favorevoli per il proprio benessere o di eliminare dall’ambiente le situa-
zioni dolorose. Il funzionamento emotivo dell’individuo, quindi, lungi dall’acquisire una
qualche forma di autonomia, viene dominato dalla presenza/assenza della persona o dell’og-
getto deputato alla sua felicità con i quali, essendo questi reputati come gli unici responsabili
del suo benessere psicofisico, si stabilisce un legame relazionale di dipendenza che tenderà a
essere riprodotto in qualsiasi relazione successiva.
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