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Università Federale Fluminense

Istituto di Lettere
Dipartimento di Lingue Straniere Moderne - GLE
Letteratura Italiana IV
Professore: Emanuel de Brito
Alunno: Michel Marques de Faria

A QUESTÃO DA LÍNGUA EM BEMBO E ARISTO: REFLEXÃO À LUZ DA HISTÓRIA


DAS IDEIAS LINGUÍSTICAS

Con questo lavoro obiettivo breve riflessione sul tema della costituzione della lingua
italiana come dalle opere di Pietro Bembo e Ludovico Ariosto. Opere uniche della letteratura
italiana, c'è in loro un minuzioso lavoro svolto a livello di linguaggio che riflettono in qualche
modo la discussione del tempo sul grammatization italiano come lingua. Per questa
riflessione comportati Auroux (2014), un nome di primo piano nella storia delle idee
linguistiche e che introduce un concetto chiave per capire il processo della “gramatização” di
un linguaggio, ma anche ci permette di pensare l'atto di gramatizar una lingua.
Su “gramatização”, si intende “o processo que conduz a descrever e a instrumentar
uma língua na base de suas tecnologias, que são ainda hoje os pilares de nosso saber
metalinguístico: a gramática e o dicionário” (AUROUX, 2014, p 65.). Cioè il “gramatização”
lì, ma, per mezzo di strumenti linguistici, grammatiche e dizionari - come visto sopra; sono
responsabili di dare "status linguistico" a una lingua.
Per quanto riguarda gli strumenti linguistici, faremo un taglio e, considerando nostro
oggetto di studio, ci concentriamo sulla grammatica. La concepiamo, secondo Auroux, nel
considerare quella grammatica
não é uma simples descrição da linguagem natural, é preciso concebê-la também
como um instrumento linguístico: do mesmo modo que um martelo prolonga o
gesto da mão, transformando-o, uma gramática prolonga a fala natural e dá acesso a
um corpo de regras e de formas que não figuram junto na competência de um
mesmo locutor. (AUROUX, 2014, p. 70)

Lei, cioè, la grammatica, è responsabile per "engendar/decompor" (Auroux, 2014,


72) nel linguaggio immaginario1, rendendolo rappresentabile.

1
Orlandi (2008) presenta la distinzione di due concezioni del linguaggio, sono: il linguaggio fluido e il
linguaggio immaginario. Per l'autora, “a língua imaginária é aquela que os analistas fixam com suas
sistematizações e a língua fluida é aquela que não se deixa imobilizar nas redes dos sistemas e das fórmulas”
(ORLANDI, 2008, p.86).
Tuttavia, è importante notare che considerarla come uno strumento linguistico e
quindi responsabile di attribuire lo stato della lingua a una lingua non è senza conseguenze.
Ci sono sempre delezioni da una a danno di un'altra, come spiega Auroux
assim como as estradas, os canais, as estradas-de-ferro e os campos de pouso
modificaram nossas paisagens e nossos modos de transporte, a gramatização
modificou profundamente a ecologia da comunicação e o estado do patrimônio da
humanidade. É claro, entre outras coisas, que as línguas, pouco ou menos “não-
instrumentalizadas”, foram por isso mesmo mais expostas ao que se convém
chamar lingüicídio. (2014, p. 71)

Da questa concezione, possiamo entrare nell'universo di Bembo e Ariosto per


riflettere la questione del linguaggio.
Sia l'autore che hanno fatto parte del Cinquecento italiano, un periodo caratterizzato
da un lungo dibattito tra intellettuali italiani sulla questione della lingua in modo tale da dare
un'unità alla letteratura. È interessante notare che in questo momento il volgare era già stato
stabilito nell'uso e anche nella letteratura, in modo tale che era già parlato in una tradizione
letteraria per volgare italiano anche in una frammentata Italia politica e sociale culturalmente
e linguisticamente. Era necessario, quindi, trovare un modello che servisse da riferimento
comune tra i molti "volgari" che costituivano produzioni letterarie in prosa e poesia.
Fu nel 1525 che Pietro Bembo, veneziano, pubblicò il suo capolavoro "Prose della
volgar lingua" in cui sosteneva che la codificazione letteraria di un perfetto italiano dovrebbe
essere fatta dalla volgare lingua fiorentina del Trecento. Questa scelta non è casuale, perché è
durante questo periodo che vivevano Dante, Petrarca e Bocaccio. Conosciute come le tre
corone italiane per la loro rappresentatività in letteratura, sono autori che hanno scritto il loro
lavoro (almeno in parte) in volgare toscano. Nel caso del lavoro di Bembo, la scelta del
modello per la lingua è basata sul "Canzoniere" (per la poesia) di Petrarca e sul "Decameron"
di Boccaccio (per la prosa).
L'autore sostiene nel suo lavoro che sia Petrarca che Boccaccio non usavano un
linguaggio popolare ma piuttosto raffinato. Petrarca con la sua elaborata sintassi e un
linguaggio scelto con grande cura e Boccaccio con uno stile nobile2. Tra le corone, Dante era
l'unico modello senza etichetta da seguire.
Da qui possiamo pensare a come il lavoro di Bembo riecheggia in Aristo in modo tale
che se tutto il lavoro è svolto a livello linguistico per una lingua più toscana. È già noto che
l'opera di Ludovico Ariosto nasce dalla narrativa Orlando innamorato de Boiardo. In questo

2Cf. SALÀ, Gabriella, SAMBUGAR, Marta. Letteratura Viva. Milano, Rizzoli


Education, 2016.
modo, Ariosto fa un lavoro di intertestualità, dialogando con altri lavori. Non potrebbe essere
diverso. In tal modo l'autore si inserisce nel dibattito del suo tempo sulla questione del
linguaggio di tale forma che finisce per realizzare un'ampia revisione del suo lavoro
eliminando così i latinismi e le parole dialettali. È, quindi, un modo per affinare il suo lavoro
sulla scia delle discussioni del tempo.
È interessante notare che non è stato solo l'Ariosto a rivedere il suo lavoro in modo da
essere in linea con le discussioni dell'epoca. Le domande sulla lingua sono ricorrenti in
momenti diversi e non sono esaurite. Al contrario, ogni volta che queste domande vengono
prese in diversi modi. Un altro autore che ha affrontato il problema del linguaggio nel suo
lavoro è stato Alessandro Manzoni.
Manzoni, milanese di ottocento, aspirava a una lingua scritta nazionale vicina al
fiorentino. Per l'autore di "I promessi sposi", la letteratura dovrebbe essere utile per il suo
scopo, cioè per contribuire alla crescita spirituale, morale e politica del lettore, oltre ad avere
un linguaggio facile da capire. Non è quindi, gratuitamente, che Manzoni abbia intrapreso
un'ardua opera di revisione del suo lavoro in modo tale da poter scrivere un'opera basata sulla
lingua fiorentina parlata dalla borghesia del tempo.
Ora possiamo terminare la riflessione qui. Trasportiamo Aurox, come abbiamo detto
sopra, considerando il concetto di grammatica presentato dal teorico come rilevante. Se
elenchiamo il lavoro di Bembo come una delle prime grammatiche normative della lingua
italiana, questo non è senza conseguenze. Per generare, per comporre una lingua, c'è, quindi,
il silenzio degli altri. Mentre Bembo e Manzoni sceglievano il fiorentino come lingua che
avrebbe dovuto dare unità linguistica alle opere letterarie (e rimorchiando agli oratori), altre
lingue possibili furono messe a tacere. Va notato che se l'italiano oggi è, come lo conosciamo,
ciò è avvenuto solo per l'atto di grammarizzazione della lingua, per descriverla e per
strumentalizzarla.
Versão em Português
Com o presente trabalho objetiva-se refletir brevemente sobre a questão da
constituição do italiano enquanto língua a partir das obras de Pietro Bembo e de Ludovico
Ariosto. Obras ímpares da literatura italiana, há nelas um trabalho meticuloso em nível de
língua que, de alguma forma, refletem a discussão da época sobre a gramatização do italiano
enquanto língua. Para a presente reflexão portamos Auroux (2014), um dos principais nomes
em história das ideias linguísticas, que nos apresenta conceito chave para entendermos o
processo de gramatização de uma língua mas que também nos permite pensar o ato de se
gramatizar uma língua.
Por gramatização, se compreende “o processo que conduz a descrever e a
instrumentar uma língua na base de suas tecnologias, que são ainda hoje os pilares de nosso
saber metalinguístico: a gramática e o dicionário” (AUROUX, 2014, p. 65). Ou seja, a
gramatização existe, senão, por meio dos instrumentos linguísticos, gramáticas e dicionários
– como vistos acima; são eles os responsáveis por dar “status de língua” à uma língua.
No que concerne aos instrumentos linguísticos, faremos um recorte e, em função de
nosso objeto de estudo, focalizaremos na gramática. Concebemos ela, conforme Auroux, ao
considerar que a gramática
não é uma simples descrição da linguagem natural, é preciso concebê-la também
como um instrumento linguístico: do mesmo modo que um martelo prolonga o
gesto da mão, transformando-o, uma gramática prolonga a fala natural e dá acesso a
um corpo de regras e de formas que não figuram junto na competência de um
mesmo locutor. (AUROUX, 2014, p. 70)

É ela a responsável por “engendrar/decompor enunciados” (AUROUX, 2014, p. 72) na


língua imaginária3, tornando-a representável.

3
Orlandi (2008) apresenta a distinção de duas concepções de língua, são elas: a língua fluida e a língua
imaginária. Para a autora, “a língua imaginária é aquela que os analistas fixam com suas sistematizações e a
língua fluida é aquela que não se deixa imobilizar nas redes dos sistemas e das fórmulas”(ORLANDI, 2008,
p.86).
Cabe, porém, fazer uma observação importante: considerar a gramática como
instrumento linguístico e, por conseguinte, responsável por dar status de língua à uma língua,
não é sem consequência. Há sempre apagamentos de uma em detrimento de outra, conforme
explica Auroux
assim como as estradas, os canais, as estradas-de-ferro e os campos de pouso
modificaram nossas paisagens e nossos modos de transporte, a gramatização
modificou profundamente a ecologia da comunicação e o estado do patrimônio da
humanidade. É claro, entre outras coisas, que as línguas, pouco ou menos “não-
instrumentalizadas”, foram por isso mesmo mais expostas ao que se convém chamar
lingüicídio. (2014, p. 71)

A partir dessa concepção, podemos, então, adentrar no universo de Bembo e Ariosto


para refletir a questão da língua.
Tanto um como outro autor insere-se no Cinquecento italiano, período caracterizado
por um longo debate entre os intelectuais italianos acerca da questão língua de tal modo que
fosse possível dar uma unidade à literatura. Interessante é notar que nesta época o “volgare”
já havia estabelecido-se no uso e, também, na literatura, de tal forma que já se falava,
inclusive, em uma tradição literária para o volgare italiano mesmo em uma Itália
fragmentada político, social, cultural e linguisticamente. Era preciso, então, buscar um
modelo para servir de referência comum em meio aos tantos “volgares” que constituiam as
produções literárias em prosa e em poesia.
Foi em 1525 que Pietro Bembo, veneziano, publicou sua obra-mor “Prose della volgar
lingua” em que defendia que a codificação literária de um italiano perfeito deveria ser feita a
partir da língua vulgar fiorentino do Trecento. Essa escolha não é aleatória, pois é neste
período que viveram Dante, Petrarca e Bocaccio. Conhecidos como as três coroas italianas
pela representatividade na literatura, são autores que escreveram sua obra (ao menos parte
dela) em vulgar toscano. No caso da obra de Bembo, a escolha de modelo para a língua é a
partir da obra “Canzoniere” de Petrarca (para a poesia) e de “Decameron” de Boccaccio (para
a prosa).
O autor sustenta em sua obra que tanto Petrarca quanto Boccaccio não utilizaram uma
linguagem popular, mas sim refinada. Petrarca com sua sintaxe bem elaborada e uma
linguagem escolhida com grande cuidado e Boccaccio com um estilo nobre 4. Das coroas,
Dante foi o único não elencado como modelo a ser seguido.

4
Cf. SALÀ, Gabriella, SAMBUGAR, Marta. Letteratura Viva. Milano, Rizzoli
Education, 2016.
A partir daqui podemos pensar como a obra de Bembo ecoa em Aristo de tal modo
que se é feito todo um trabalho a nível linguístico para uma língua mais toscana. Já é sabido
que a obra de Ludovico Ariosto nasce a partir da narrativa Orlando innamorato de Boiardo.
Dessa forma, Ariosto faz um trabalho de intertextualidade, fazendo diálogo com outra(s)
obra(s). Não poderia, então, ser diferente. De tal modo que o autor insere-se no debate de sua
época sobre a questão da língua de tal forma que acaba por realizar uma ampla revisão em
sua obra eliminando, assim, latinismos e palavras dialetais. É, pois, uma forma de refinar sua
obra a reboque das discussões da época.
Interessante é notar que não foi apenas Ariosto quem revisou sua obra de maneira a
estar em consonância com as discussões da época. Questões sobre a língua são recorrente em
diversas épocas e não se esgotam. Muito pelo contrário, a cada época essas questões são
retomadas de formas diferentes. Outro autor que tratou sobre a questão da língua em sua obra
foi Alessandro Manzoni.
Manzoni, milanese do ottocento, aspirava uma língua escrita nacional que fosse
próxima ao florentino. Para o autor de “I promessi sposi”, a literatura deve ser útil para o seu
fim, isto é, contribuir ao crescimento espiritual, moral e político do leitor, além de possuir
uma linguagem de fácil compreensão. Não foi, então, gratuitamente que Manzoni também
realizou um árduo trabalho de revisão de sua obra de tal forma que pudesse escrever uma
obra com base na língua florentina falada pela burguesia da época.
Podemos, agora, dar cabo à reflexão aqui exposta. Portamos Aurox, como dissemos
acima, por considerar pertinente o conceito de gramatização exposto pelo teórico. Se
elencamos a obra de Bembo como uma das primeiras gramáticas normativas da língua
italiana, isso não é sem consequências. Pois se engendrar, compor uma língua, há, por
conseguinte, silenciamento de outras. Ao Bembo e Manzoni elegerem o florentino como
língua que deveria dar unidade linguística às obras literárias (e a reboque aos falantes), outras
possíveis línguas foram silenciadas. Cabe ressaltar que se o italiano hoje é, da forma que o
conhecemos, isso só ocorreu pelo ato de gramatização da língua, de descrevê-la e
instrumentalizá-la.

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