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Patrick O'Brian

Il rovescio della medaglia

CAPITOLO I

Al largo di Bridgetown, la squadra delle Indie Occidentali, riparata dagli


alisei di nord-est, si crogiolava al sole brillante. Una squadra ridotta,
perché consisteva in poco più della vecchia Irresistible, sulla quale
sventolava l'insegna rossa di Sir William Pellew, e in due o tre corvette
malandate, sfinite, male equipaggiate, in una nave da carico e in una da
trasporto; tutte quelle realmente in grado di navigare si trovavano lontane,
nell'Atlantico o nei Caraibi, a caccia d'improbabili vascelli da guerra
francesi o americani e di sicure navi corsare, numerose queste ultime, ben
equipaggiate, ben armate, piene zeppe di uomini, veloci e avide di prede, i
mercantili degli inglesi e dei loro alleati. Tuttavia, pur essendo vetuste,
malridotte e spesso fatiscenti, costituivano uno spettacolo piacevole sul
mare di un blu purissimo, esteriormente impeccabili per quanto lo
permettevano i mezzi a disposizione, con la pittura e la pece che
nascondevano le cicatrici dell'età e con tutti gli ottoni scintillanti; e
sebbene alcune di loro, a causa delle febbri tropicali in Giamaica e nel
golfo del Messico, avessero subito perdite tali da avere a malapena gli
uomini sufficienti a salpare le ancore, fra questi ve n'erano molti, sia
ufficiali sia marinai, i quali conoscevano perfettamente la nave che in quel
momento avanzava verso di loro, navigando di bolina contro il vento
costante, e conoscevano intimamente molti dei suoi uomini. La nave era la
Surprise, una fregata da ventotto cannoni inviata nei mari del Sud per
proteggere le baleniere bri-tanniche dalla Norfolk, una nave da guerra
americana quasi di pari forza.* Alla Surprise, perfino più vecchia àeW
Irresistible, proprio quando stava tornando in patria per essere forse
demolita, era stata affidata inaspettatamente quella missione; ma, a
differenza àó¥Irresistible, era un veliero veloce, specialmente di bolina; e
se non avesse avuto a rimorchio una nave disalberata, avrebbe certamente
raggiunto la squadra poco dopo l'ora di cena. Così stando le cose, tuttavia,
sembrava improbabile che arrivasse prima del colpo di cannone della sera.
L'ammiraglio era incline a credere che sarebbe riuscita a far* Cfr. Patrick
O'Brian, Ai confini del mare, Longanesi, Milano, 2001. (N.d.T.) 10 cela,
ma egli era in certo quai modo influenzato dal suo vivo desiderio di sapere
se la Surprise avesse portato a termine con successo la missione e se la
nave che stava rimorchiando fosse una preda catturata nelle vaste
estensioni di oceano sottomesse alla sua autorità o semplicemente un
neutrale in difficoltà o una baleniera inglese. Nel primo caso, Sir William
avrebbe avuto diritto a un dodicesimo del suo valore, mentre nel secondo
non avrebbe avuto diritto a nulla, nemmeno a prelevare qualche marinaio,
perché le baleniere dei mari del Sud erano protette dall'arruolamento
forzato. Lo influenzava anche il suo ardente desiderio di una serata
musicale. Sir William, un vecchio grande e ossuto, dall'occhio severo e dal
volto rude e deciso, aveva un aspetto decisamente nautico, una struttura
possente che mal si adattava agli abiti formali; ma la musica significava
moltissimo per lui ed era cosa risaputa in marina che non si metteva mai in
mare senza perlomeno un clavicordo, e che per imparare ad accordarlo il
suo famiglio era stato costretto a prendere lezioni a Portsmouth, a La
Valletta, a Città del Capo e a Madras. Era anche cosa risaputa che
all'ammiraglio piacevano i bei giovanotti; ma questa sua predilezione era
ragionevolmente discreta, non dava mai adito a comportamenti disordinati
o a veri e propri scandali e veniva accettata con tolleranza divertita, come
lo era la sua passione, confessata più apertamente, ma ugualmente
incongrua, per Hàndel. Uno di quei bei giovanotti, il suo aiutante di
bandiera, si trovava in quel momento accanto a lui all'estremità della
poppa; si trattava di un giovanotto che, all'inizio della sua vita in marina,
come gabbiere, era così orribilmente pieno di foruncoli da meritarsi il
soprannome di Brufolo. Eppure quel giovanotto, una volta normalizzata la
pelle, era sbocciato all'improvviso in un Apollo marittimo; un Apollo
marittimo del tutto inconsapevole di essere bello, però, e che attribuiva la
sua posizione unicamente al suo zelo e a meriti professionali,
perfettamente genuini d'altronde. « Potrebbe davvero trattarsi di una preda
», disse l'ammiraglio. Guardò a lungo nel suo cannocchiale e poi,
alludendo al comandante della Surprise, soggiunse: «Dopotutto lo
chiamano Jack Aubrey il Fortunato e ricordo bene di averlo visto entrare in
quel porto maledettamente lungo e stretto di Port Mahon* con un codazzo
di mercantili catturati che sembrava la cometa di Halley. Allora il comando
del Mediterraneo era tenuto da Lord * Cfr. Patrick O'Brian, Primo
comando, Longanesi, Milano, 1995. (N.d.T.) 11 Keith... Aubrey deve
avergli fatto guadagnare una piccola fortuna a ogni missione... Aveva
anche un occhio davvero fino per le prede, però... Ma dimenticavo: voi
avete prestato servizio sotto di lui, non è vero? » «Oh, sì, signore! »
esclamò Apollo. «Oh, sì, davvero. Mi ha insegnato tutto quello che so di
matematica e ha formato tutti noi allievi magnificamente. Non c'è mai
stato un marinaio come lui, signore... tra i capitani di vascello, voglio dire.
» L'ammiraglio sorrise davanti all'entusiasmo del giovane, davanti al volto
arrossato dall'ammirazione sincera e, mentre riportava il cannocchiale sulla
Surprise, disse: «È anche abbastanza bravo come violinista. Abbiamo
suonato insieme durante una lunga quarantena ». Ma l'entusiasmo
dell'aiutante di bandiera non era condiviso da tutti. Solo pochi passi sotto
di loro, nella cabina di poppa, il comandante dell'Irresistible stava
spiegando alla moglie come Jack Aubrey lasciasse invece molto a
desiderare. Così la sua nave. « Quelle vecchie fregate da ventotto cannoni
avrebbero dovuto demolirle da un bel pezzo, è roba del secolo scorso e
servono soltanto a renderci ridicoli quando le americane da quaranta-
quattro cannoni ne catturano una. Sono classificate come fregate tanto le
une quanto le altre e i terrazzani non capiscono la differenza: 'Ohimè.
Ohimè!' strillano, 'una fregata americana ha catturato una delle nostre... La
Royal Navy sta andando in malora, non è più buona a niente! ' » «Deve
essere molto duro da sopportare, mio caro», commentò la moglie. «Pezzi
da ventiquattro libbre e strutture come quelle di un vascello di linea »,
continuò il comandante Goole, al quale non erano mai andate giù le
vittorie degli americani. « In quanto ad Aubrey, be', lo chiamano Jack il
Fortunato, e per dire la verità ha catturato un bel po' di prede nel
Mediterraneo... Keith lo aveva favorito in modo vergognoso, gli aveva
affidato una missione dopo l'altra... a molti la cosa non era piaciuta. E
anche nell'oceano Indiano, sì, quando abbiamo preso Mauritius,* nel '9. O
era il '10? Però, dopo di allora, non ho più sentito granché. No. È mia
convinzione che abbia esagerato, che abbia esaurito la sua fortuna. Nelle
cose degli uomini esiste una marea... » Esitò. « Sì, credo proprio che sia
così, mio caro », disse la moglie. * Cfr. Patrick O'Brian, Verso Mauritius,
Longanesi, Milano, 1998. (Nd.T.) 12 «Vorrei pregarti, Harriet, di non
interrompermi continuamente ogni volta che apro bocca! » esclamò il
comandante Goo-le. « Ecco, mi hai fatto perdere il filo un'altra volta. »
«Mi dispiace, mio caro», si scusò la signora Goole, chiudendo gli occhi.
Era venuta dalla Giamaica per riprendersi dalle febbri e per evitare di
rimanere sepolta tra i granchi di terra, e talvolta si domandava se fosse
stata davvero una buona idea. « Comunque sia, il proverbio dice che
occorre mietere il grano finché il sole è alto, ma che non bisogna forzare la
mano. Non appena la fortuna ti volta le spalle, bisogna ammainare gli albe-
retti di velaccio immediatamente, terzarolare le gabbie, prepararsi a
chiudere i boccaporti e a mettersi alla cappa con una vela di fortuna, se le
cose si mettono al peggio. Ma che cosa ha fatto Jack Aubrey? Ha
continuato come se la sua fortuna dovesse durare in eterno. Deve aver
guadagnato un bel mucchio di quattrini con la campagna di Mauritius,
anche senza contare il Mediterraneo; ma li ha forse investiti in titoli sicuri
al due e mezzo per cento, titoli dalla carena di rame, per così dire, vivendo
tranquillamente con gli interessi? Nossignore. Si è messo a fare la ruota, a
mantenere una scuderia di purosangue, a ricevere come un Lord e a
ricoprire la moglie di diamanti e di manteau di taffettà...» « Manteau di
taffettà, comandante Goole? » esclamò la moglie. «Be', di abiti costosi.
Seta italiana, mussola indiana, quel genere di cose. E una stola di pelliccia.
» « Quanto mi piacerebbe avere diamanti e una stola di pelliccia! » disse la
signora Goole, ma non ad alta voce; e cominciò a farsi un'opinione
abbastanza favorevole del comandante Aubrey. « E il gioco d'azzardo
anche », continuò il marito. « L'ho visto con questi occhi perdere mille
ghinee in una sola serata al Willis. E poi ha cercato di rimediare con non so
quale folle progetto di estrazione dell'argento dalle scorie di un'antica
miniera di piombo...* Ha affidato l'impresa a non so quale imbroglione
mentre era in mare. Pare che sia in acque molto cattive attualmente, così
ho sentito dire. » «Povero comandante Aubrey», mormorò la signora
Goole. « Ma il vero guaio con Aubrey », riprese il comandante dopo una
lunga pausa durante la quale osservò la fregata lontana pas* Cfr. Patrick
O'Brian, lesola della Desolazione, Longanesi, Milano, 1998. (NDT.) 13
sare a mure a sinistra e mettere la prua su Needham's Point, « è che non
riesce a tenere su le brache. » Sembrava che quello fosse un tratto molto
comune nella marina, dato che suo marito attribuiva tale caratteristica alla
maggioranza degli ufficiali suoi colleghi e, nei primi tempi del loro
matrimonio, la signora Goole aveva creduto che la flotta inglese fosse
affidata in grandissima parte a satiri. Eppure nessuno di loro aveva mai
importunato la signora Goole e, per quanto la riguardava, gli ufficiali
avrebbero potuto essere addirittura incollati ai loro indumenti intimi. Il
comandante Goole avvertì la mancanza di vera convinzione da parte della
moglie e aggiunse: «No, intendo dire che Aubrey supera ogni limite: è un
libertino, un don-naiolo, un tristo figuro. Quando eravamo allievi sulla
Resolution, nella base del capo di Buona Speranza, una volta Aubrey
nascose una ragazza negra nel deposito delle gomene. Sally, si chiamava...
Le portava di nascosto quasi tutta la sua razione... Ricordo che la ragazza
strillò come un vitello scannato quando venne scoperta e calata fuoribordo.
Il comandante degradò Aubrey a marinaio semplice. Ma forse fu anche per
la trippa... » « La trippa, mio caro? » « Sì. Aubrey rubò quasi tutta la trippa
dal piatto del comandante con un sistema di ganci e di bozzelli. La mensa
degli allievi era in grandi ristrettezze, allora, e anche la ragazza doveva
mangiare... Una trippa formidabile, davvero formidabile, ricordo
perfettamente. E così fu degradato per tutto il resto della missione, per
insegnargli la morale. Per questa ragione io ho più anzianità di lui. Ma non
servì a niente: ricominciò da capo, nel Mediterraneo stavolta,
spassandosela con la moglie di un capitano di vascello quando non era che
un semplice ufficiale o al massimo al suo primo comando. » « Forse con il
passare degli anni e con le maggiori responsabilità è diventato più saggio»,
suggerì la signora Goole. «È sposato ora, mi pare. Da Lady Hood ho
conosciuto una signora Aubrey, una donna elegantissima, molto a modo e
con una bella nidiata di bambini. » «Niente affatto, niente affatto!»
esclamò Goole. «L'ultima cosa che ho sentito dire di lui è che se la godeva
a La Valletta con un'italiana dai capelli rossi.* No, no, il leopardo non
perde mai * Cfr. Patrick O'Brian, Il porto del tradimento, Longanesi,
Milano, 2000. (NJ.T.) 14 le sue macchie. E poi è figlio di suo padre, quel
pazzoide libertino del generale Aubrey, il deputato radicale che inveisce
sempre contro il ministero della marina: sì, è sempre stato imprudente e
sconsiderato. E ora eccolo che sta per disalberare. Guarda come fila!
Andrà certamente a sbattere contro la scogliera di Needham's Point. Non
può assolutamente evitarla. » Era quella l'opinione generale a bordo della
nave ammiraglia e ogni conversazione cessò del tutto, per riprendere pochi
minuti dopo, tra risate e applausi, quando la Surprise, che correva verso la
sua distruzione con una grande quantità di vele a riva, venne all'orza, tesò
un traversino invisibile che collegava il capone di sinistra alla gomena di
rimorchio e ruotò su se stessa con l'agilità di un cutter. « Non ho più visto
capriole del genere da quando ero un ragazzo», affermò l'ammiraglio,
battendo soddisfatto la mano sull'impavesata. « Davvero ben fatto. Ma
occorre essere sicurissimi della propria nave e dei propri uomini per
tentare uno scherzo del genere, perdio. Un tipo deciso: ora non avrà
nessuna difficoltà su questo bordo. Sono sicuro che sta riportando una
preda. Vi siete accorto del traversino sul capone di sinistra? Buon
pomeriggio a voi, signora », soggiunse, rivolto alla signora Goole,
abbandonata dal marito per amore di cento braccia di cima imputridita. «
Notato il traversino al capone di sinistra? Ve lo spiegherà Richardson »,
concluse, scendendo con passo reumatico la scaletta del cassero. « Ebbene,
signora », disse Richardson con un sorriso timido e particolarmente
attraente, « non è molto diverso da una manovra di virata sull'ancora, con
l'inerzia della gomena di rimorchio in luogo della trazione dell'ancora
sottovento... » La manovra fu specialmente apprezzata dalla guardia
sottocoperta che si disputava i cannocchiali davanti ai portelli aperti e,
mentre la Surprise avanzava veloce sul suo ultimo bordo, gli uomini si
scambiarono commenti sulla nave, sulla sua straordinaria velocità se ben
manovrata e sui suoi capricci in caso contrario, nonché sul suo attuale
comandante. Poiché, a dispetto di tutti i suoi difetti, Jack Aubrey era uno
dei comandanti combattenti più ammirati e, sebbene pochi di quei marinai
avessero navigato con lui, molti avevano amici che si erano trovati nell'una
o nell'altra delle sue azioni navali. Il cugino di William Harris aveva
prestato servizio sotto il comandante Aubrey al tempo della sua prima e
forse più spettacolare battaglia, quando, al comando di 15 una piccola
corvetta da quattordici cannoni, bassa sull'acqua, aveva abbordato e
catturato la spagnola Cacafuego da trentadue cannoni.* In quel momento,
Harris stava raccontando di nuovo l'episodio e con gusto maggiore del
solito, essendo visibile a tutti la figura del comandante in questione, alta e
dai capelli biondi, nitida sul cassero a poppa della ruota. « Ecco là mio
fratello Barret », esclamò Robert Bonden, aiutante del mastro velaio,
affacciato a un altro portello. «È sempre stato timoniere del suo armo. Lui
pensa un mucchio di bene del suo comandante, anche se dice che è
severissimo e non vuole donne a bordo. » « E là c'è Joe Noakes, sta
portando l'innesco per le salve di saluto », disse un marinaio nero come il
carbone, dopo essersi impadronito del cannocchiale. « Mi deve due dollari
e una maglia di Jersey da franchigia quasi nuova, con una P ricamata. » IL
fumo dell'ultima cannonata di saluto della fregata si era appena diradato
che già la iole del comandante toccava l'acqua e cominciava a dirigersi con
stile verso la nave ammiraglia. A metà rotta incontrò una flottiglia di
battelli dei provveditori che trasportavano prostitute da sei pence alla
Surprise: una pratica usuale, anche se non immutabile, e che la maggior
parte dei comandanti accettava volentieri, ritenendo che rendesse contenti
gli uomini e li tenesse lontani dalla sodomia; altri al contrario la
proibivano, in quanto apportatrice a bordo di sifilide e di grandi quantità di
bevande alcoliche illecite, il che si traduceva in una lista senza fine di
malati, in schiamazzi e in crimini dovuti all'ubriachezza. Jack Aubrey era
tra questi. In generale amava le tradizioni, ma pensava che la disciplina
risentisse troppo di quella licenza sfrenata; così, pur non assumendo un
atteggiamento moralistico al riguardo, aborriva la vista della promiscuità e
delle risse sul ponte di batteria di una nave appena giunta in rada, con
centinaia di uomini e di donne che si accoppiavano, taluni su brande più o
meno schermate, altri in qualche angolo e dietro i cannoni, ma la
maggioranza assolutamente in piena vista. In quel momento si udiva la sua
voce forte portata dalla brezza e gli uomini dell’Irresistible sogghignarono.
«Sta dicendo ai mezzi dei provveditori di andare a farsi...» disse Harris.
«Già, ma è crudelissimo per un giovane marinaio prodiero * Cfr. Patrick
O'Brian, Primo comando, Longanesi, Milano, 1995. (NAT.) 16 che non ha
pensato ad altro una guardia dopo l'altra», obietto Bonden, uomo lascivo,
che non assomigliava per nulla al fratello. « Non stare a preoccuparti per il
giovane marinaio prodiero, Bob Bonden», ribattè Harris. «Si leverà la
voglia non appena sceso a terra. E, in ogni caso, sa che si è imbarcato con
un comandante duro. » «IL comandante duro sta per avere una sorpresa»,
esclamo Reuben Wilks, marinaio addetto alla pulizia del quadrato, e rise
bonariamente. « A causa del prete nero? » domandò Bonden. «Il prete nero
lo sistemerà con una bella gassa, ah, ah, ah! » rise Wiìks; e un altro, in tono
tollerante e amichevole, disse: «E va bene, siamo umani; abbiamo tutti le
nostre piccole magagne». « Dunque quello sarebbe il comandante Aubrey
», mormoro la signora Goole, osservandolo da lontano. « Non avevo idea
cne fosse così alto e robusto. Ditemi, vi prego, signor Richardson, perché
sta gridando? Perché rimanda indietro le barche?* I genitori della signora
solo di recente l'avevano data in sposa al comandante Goole; le avevano
detto che avrebbe avuto una Pen~ sione di novanta sterline l'anno, se il
marito fosse morto, ma, a parte quello, conosceva ben poco della marina e,
essendo arrivata nelle Indie Occidentali su un mercantile, non conosceva
assolutamente niente di quell'uso navale, non avendo i mercantili tempo
per simili lussi. « Be', signora », rispose Richardson arrossendo, « è perche
sono cariche di... come dire? Di donne di piacere. » « Ma ce ne sono
centinaia! » « Sì, signora. In genere sono una o due per ogni uomo. »
«Povera me», esclamò la signora Goole, riflettendo. «E così il comandante
Aubrey non approva. È molto rigido e severo? » «Be', crede che nuocciano
alla disciplina; ed è contrario per quanto riguarda gli allievi, in particolare
per i mocciosi.?• Voglio dire per i più piccoli. » «Volete dire che quelle...
creature potrebbero avere il permesso di corrompere dei fanciulli? »
esclamò la signora Gooie. « Ragazzi che le famiglie hanno affidato alle
cure particolari del comandante? » « Credo che talvolta succeda, signora »,
azzardò Richardson e, quando la signora Goole affermò: « Sono certa che
il comandan17 te Goole non lo permetterebbe mai», rispose con un
semplice inchino di cortesia, senza compromettersi. «E cosi quello sarebbe
il mangiafuoco Aubrey», disse il signor Waters, il chirurgo della nave
ammiraglia, in piedi sul cassero all'impavesata sottovento con il segretario
dell'ammiraglio. « Bene, sono contento di vederlo. Ma, per dirvi la verità,
avrei preferito vedere il suo medico. » « IL dottor Maturin? » « Sissignore.
Il dottor Stephen Maturin, di cui vi ho mostrato il volume sulle malattie dei
marinai. Ho un caso che m'inquieta moltissimo e vorrei avere la sua
opinione. Non lo vedete nella scialuppa, suppongo, vero? » «Non conosco
quel gentiluomo», rispose il signor Stone. «Ma so che è un appassionato di
filosofia naturale e presumo che sia quello che si spenzola, con la faccia
che quasi tocca l'acqua. Anche a me farebbe piacere conoscerlo. »
Puntarono entrambi i loro cannocchiali, mettendo a fuoco un individuo
smilzo dalla parte opposta al timoniere. Era stato richiamato all'ordine dal
comandante e ora sedeva dritto, sistemandosi la parrucca sulla testa.
Indossava una semplice uniforme blu e, mentre lanciava uno sguardo alla
nave ammiraglia prima d'inforcare un paio di occhiali dalle lenti azzurre, i
due notarono gli strani occhi chiarissimi. Lo osservarono attentamente, il
chirurgo perché aveva un tumore in un lato dell'addome e agognava di
sentirsi dire con autorevolezza che non era maligno; il dottor Maturin era
la persona che ci voleva, medico di grande reputazione professionale,
uomo che preferiva la vita sul mare, con tutte le possibilità che offriva a un
naturalista, a una pratica lucrosa a Londra o a Dublino. Oppure addirittura
a Barcellona, giacché era catalano per parte di madre. L'interesse del
signor Stone non era così personale e ciò nondimeno anch'egli studiava
attentamente il dottor Maturin. Come segretario dell'ammiraglio, si
occupava di tutte le questioni confidenziali della squadra navale e sapeva
che anche il dottor Maturin era un agente del Servizio d'informazioni,
sebbene a un livello più elevato. L'opera di Stone si limitava
principalmente a scoprire e a sventare piccoli tradimenti locali ed evasioni
delle leggi contro i commerci con il nemico, ma gli aveva permesso di
venire in contatto con membri di altre organizzazioni collegate con i
servizi segreti, non tutti persone discrete, e dalle loro indiscrezioni aveva
dedotto che a Whitehall una guerra silenziosa e nascosta stava
raggiungendo il 18 suo apice e che ben presto Sir Joseph Blaine, capo del
Servizio d'informazioni della marina, e i suoi principali sostenitori, tra i
quali poteva essere annoverato Maturin, avrebbero sopraffatto i loro
anonimi oppositori o sarebbero stati sopraffatti da questi. A Stone piaceva
il lavoro nel Servizio d'informazioni; sperava ardentemente di poter
diventare un membro a pieno titolo di una delle numerose organizzazioni,
navali, militari e politiche, che agivano dietro le quinte con la massima
segretezza compatibile con la mancanza di riserbo, per non dire con
l'incurabile loquacità di certi colleghi; e osservava dunque con intensa
curiosità un uomo che, stando alle sue informazioni imprecise e
frammentarie, era uno degli agenti più stimati dell'Ammiragliato. Fissò
Maturin finché il cassero non si riempì di fanti di marina in alta uniforme e
dei trilli dei fischietti del nostromo e finché il comandante in seconda non
disse: «Andiamo, signori, vi prego. Dobbiamo ricevere il comandante della
Surprise ». « IL comandante della Surprise, signore », annunciò il
segretario alla porta della cabina. «Aubrey, sono felicissimo di vedervi! »
esclamò l'ammiraglio, suonando un ultimo accordo e tendendogli la mano.
« Sedetevi e raccontatemi che cosa avete fatto. Ma, prima di tutto, che
nave è quella che avete a rimorchio? » «Una nostra baleniera, signore, la
William Enderby di Londra, ricatturata al largo di Bahia. Disalberata in
una calma piatta subito a nord dell'equatore, a causa di un carico pesante e
di un moto ondoso particolarmente grosso. » « Ricatturata, perciò preda
legale. Un grosso carico, eh? » « Sissignore. Gli americani vi avevano
trasferito i carichi di altre tre baleniere che avevano incendiato,
rimandando in patria questa soltanto. Il nocchiere della Surprise, che è
stato baleniere, valuta il valore del carico in novantasettemila dollari.
Abbiamo avuto grosse difficoltà, essendo tutte e due le navi quasi prive di
pezzi di scorta. Abbiamo attrezzato alberi di fortuna a pezzi e bocconi,
legati con lacci da scarpe, ma, durante la burrasca di domenica, li abbiamo
persi. » «Non importa», lo rassicurò l'ammiraglio. «L'avete riportata e
questa è la cosa principale. Novantasettemila dollari, ah, ah, ah ! Avrete
tutto ciò che vi occorre in fatto di rifornimenti, darò ordini speciali in
proposito. E ora fatemi un resoconto della vostra missione. Solo
l'essenziale, tanto per cominciare. » « Molto bene, signore. Non sono
riuscito a incontrarmi con la 19 Norfolk nell'Atlantico, come avevo
sperato, ma a sud delle Falkland ho perlomeno ricatturato il postale che
aveva preso, la Da-naè...» « Lo so. Il vostro comandante volontario...
Come si chiama? » «Pullings, signore. Thomas Pullings. » « Sì. Il
comandante Pullings ha fatto scalo qui prima di riportarla in patria. È
arrivato a Plymouth verso la fine del mese, dopo> essere stato inseguito
forsennatamente per tre giorni e tre notti da una corsara pesante: una
traversata eccezionalmente rapida. Ma, ditemi, Aubrey, ho sentito che quel
postale trasportava due casse d'oro, ognuna così pesante che occorrevano
due uomini per sollevarla. Suppongo che quelle non le abbiate ricatturate,
vero? » «Oh, mio Dio, no, signore. Gli americani avevano trasferito' fino
all'ultimo penny sulla Norfolk dopo nemmeno un'ora dalla cattura.
Abbiamo però ritrovato qualche documento di carattere confidenziale. » A
quel punto cadde il silenzio, un silenzio che il comandante Aubrey trovò
sgradevolissimo. Un'inopportuna caduta, che aveva causato l'apertura di
una cassetta di metallo nascosta, gli aveva rivelato che quei documenti
erano in realtà denaro, una somma assolutamente spropositata, sebbene in
forma meno ovvia delle monete; quella conoscenza, tuttavia, non era
ufficiale, era stata ottenuta soltanto per caso e in quanto amico di Maturin,
non come suo comandante. Il vero custode di quella somma era Stephen, il
quale aveva appreso dai suoi superiori del Servizio d'informazioni dove
trovare la cassetta e che cosa fare di essa. Non gli avevano detto come mai
fosse là, ma non occorreva una grande perspicacia per capire che una tale
quantità di denaro in forma così anonima e negoziabile doveva essere
destinata perlomeno a rovesciare un governo. Certamente si trattava di
qualcosa di cui il comandante Aubrey non poteva parlare apertamente, se
non nell'improbabile eventualità che l'ammiraglio ne fosse stato informato
e glielo avesse fatto capire. Jack detestava quel genere di dissimulazione:
c'era in essa qualcosa di sornione, di furtivo, d'ipocrita, al limite di una
insincerità molto pericolosa, e trovò quindi quel silenzio sempre più
oppressivo fino a quando non si accorse che in effetti era causato' dalla
traduzione discreta di novantasettemila dollari in sterline e dalla divisione
del risultato per dodici: il tutto effettuato con un mozzicone di lapis nero
sull'angolo di un dispaccio. 20 «Scusatemi un momento», disse
l'ammiraglio, sollevando il viso raggiante. « Ho un'improvvisa necessità di
vuotare la sentina. » L'ammiraglio svanì nella piccola balconata poppiera
dove si trovava la latrina e, nell'attesa, Jack Aubrey richiamò alla mente la
conversazione che aveva avuto con Stephen mentre la Surprise si
avvicinava alla rada. Per natura e per mestiere, il dottor Matu-rin era
esageratamente riservato; non avevano parlato di quei titoli, di quelle
obbligazioni, di quelle banconote fino a quando non era apparso evidente
che Jack sarebbe stato convocato a bordo della nave ammiraglia nelle ore
successive; tuttavia, in quel momento, nell'intimità della galleria di poppa
della fregata, Stephen aveva detto: « Tutti conoscono i versi: L'eroe
combatte, il patriota pugna invano se l'oro nel segreto scorre di mano in
mano... Ma quanti sanno come continuano? » « Io no di sicuro », aveva
risposto Jack, ridendo di cuore. « Vuoi che te lo dica? » «Tene prego.»
Mostrando a mo' di simbolo il foglietto del ruolo delle guardie e con uno
sguardo significativo, Stephen aveva recitato: « O lettera di credito!
Risorsa ultima e grande! Tu dai alla corruzione le ali per volare! Un
governo quel foglio potrà, sol, rovesciare o su lontani lidi senatori
mandare. Muto e non visto, un semplice biglietto i re Se le regine può
vendere e comprare ». « Vorrei che qualcuno cercasse di corrompere me »,
era stato il commento di Jack. « Quando penso allo stato del mio conto
presso Hoares, in questo momento, mi piacerebbe spedire senatori a
volontà su lontani lidi per cinquecento sterline; e per mille anche tutto il
Consiglio dell'Ammiragliato. » «Immagino di sì», aveva replicato Stephen.
«Ma capisci ciò che intendo, vero? Se fossi al tuo posto, sorvolerei su
quella cas-settina e sul suo contenuto, limitandomi a un accenno di
sfuggita ad alcuni documenti confidenziali, per mettermi la coscienza in
pace. Io verrei con te, se possibile; così, nel caso l'ammiraglio si rivelasse
troppo curioso, potrei sistemarlo con una bella gassa. » Jack aveva
guardato Stephen con affetto: il dottor Maturin poteva discorrere in latino e
in greco; in quanto alle lingue moderne, poi, Jack sapeva con certezza che
ne parlava una mezza dozzina; tuttavia era incapace di dominare il gergo e
le espressioni tipiche della marina, per non parlare dei termini tecnici usati
necessariamente a bordo di una nave. Probabilmente incontrava
21 ancora una certa difficoltà perfino a distinguere la dritta dalla
sinistra, sospettava Jack. « Meno si dice su certe faccende e meglio è »,
aveva soggiunto Stephen. «Vorrei... » Ma a quel punto si era interrotto.
Non aveva continuato per dire quanto avrebbe voluto che Jack non avesse
mai visto quelle carte, non avesse mai avuto niente a che fare con esse.
Però le cose erano andate in un altro modo. Il denaro, ovviamente
essenziale in certe occasioni, aveva in genere un brutto effetto sul Servizio
d'informazioni (per quanto lo riguardava, non aveva mai accettato neppure
un soldo per i suoi servigi), e il denaro in una quantità così esorbitante,
anormale, poteva rivelarsi molto pericoloso davvero per chiunque fosse
venuto in contatto con esso. «Non so come mai, Aubrey», disse
l'ammiraglio, rientrando, « ma da un po' di tempo ho l'impressione di
urinare a ogni colpo di campana. Forse è semplicemente colpa dell'anno
Domini e non c'è niente da fare, ma forse dipende da qualcosa che può
andare a posto con una di quelle nuove pillole. Mi piacerebbe consultare il
vostro chirurgo di bordo durante il raddobbo della Surprise. A quanto so, è
un medico eminente: è stato chiamato dal duca di Clarence. Ma questo non
c'entra: continuate con il vostro resoconto, Aubrey. » « Ebbene, signore,
non avendo trovato la Norfolk nell'Atlantico, l'ho inseguita fino ai mari del
Sud. Nessuna fortuna a Juan Fernández, ma, poco dopo, sono venuto a
sapere che stava facendo danni enormi tra le nostre baleniere lungo le
coste del Cile e del Perù e tra le Galápagos. Così mi sono diretto a nord,
ricatturando lungo la rotta una delle sue prede, e ho raggiunto le isole
quando la nave americana se n'era appena allontanata; e di nuovo ho
saputo che era diretta alle Marchesi, dove il suo comandante intendeva
stabilire una colonia, oltre a catturare la mezza dozzina di nostre baleniere
a caccia in quelle acque. Mi sono diretto dunque a ovest e, per farla breve,
signore, dopo qualche settimana di navigazione tranquilla, quando ormai
eravamo sulla sua scia - avvistavamo i suoi barili di carne salata vuoti a
galla sul mare -, incontrammo una tempesta violentissima. Siamo fuggiti
un giorno dopo l'altro senza vele a riva e ce l'abbiamo fatta. La Norfolk
non ce l'ha fatta. L'abbiamo trovata incagliata su una scogliera corallina di
un'isola non segnata sulle mappe, molto a est delle Marchesi. Per non
annoiarvi con i particolari, signore, 22 abbiamo preso prigionieri i
sopravvissuti e abbiamo fatto rotta verso capo Horn alla massima velocità
consentita. » « Ben fatto, Aubrey, ben fatto davvero. Nessuna gloria e
nemmeno quattrini dalla Norfolk, temo, essendo stata distrutta per un atto
di Dio, ma distrutta è, questo conta, e oso dire che incasserete il premio per
i prigionieri. E poi, naturalmente, ci sono queste belle prede. Sì: una
missione molto soddisfacente, nell'insieme. Mi congratulo con voi.
Beviamoci un bicchiere di birra scura in bottiglia: è della mia riserva
personale. » «Con piacere, signore. Ma devo dirvi qualcosa a proposito dei
prigionieri. Fin dall'inizio il comandante della Norfolk si è comportato
molto stranamente; per cominciare, ha detto che la guerra era finita... » «È
abbastanza comprensibile. Una legittima ruse de guerre. » « Sì, ma c'erano
altre cose e una mancanza di franchezza che non ho capito finché non ho
saputo che stava cercando, logicamente del resto, di proteggere una parte
del suo equipaggio; alcuni dei suoi uomini erano disertori della nostra
marina e provenivano daìl'Hermione... » «UHermionel » esclamò
l'ammiraglio, impallidendo e assumendo un'espressione amara aña
menzione dell'infelice fregata e dell'ancor più sciagurato ammutinamento,
quando gli uomini avevano assassinato il loro crudele comandante e quasi
tutti gli ufficiali, consegnando la nave al nemico sulla costa del golfo del
Messico. «Ho perduto un giovane cugino là, il figlio di Drogo Montague.
Gli hanno spezzato un braccio e poi lo hanno fatto a pezzi: aveva soltanto
tredici anni, un allievo molto promettente. Maledetti, scellerati vigliacchi.
» «Abbiamo avuto una quantità di problemi con loro, signore, dato che la
nave è stata trascinata lontano da una burrasca per un po'... Siamo stati
costretti ad ammazzarne alcuni. » « Questo ci risparmia il disturbo
d'impiccarli. Ma ne sono rimasti, voglio credere. » « Oh, sì, signore, sono
sulla baleniera e, se potessero essere trasbordati al più presto, la riterrei
una vera gentilezza. Non abbiamo più una sola scialuppa, a parte la mia
iole; inoltre i nostri pochi fanti di marina sono esausti dopo aver fatto loro
la guardia, un turno dopo l'altro. » «Saranno prelevati immediatamente»,
assicurò l'ammiraglio, agitando il campanello. « Ah, mi farà bene al cuore
vederle dondolare alla varea di un pennone, quelle brutte carogne. La
Jason 23 sarà qui domani e, con voi presente, ci saranno capitani di
vascello a sufficienza per una corte marziale. » Jack si sentì mancare.
Odiava le corti marziali e odiava ancor di più le impiccagioni. Desiderava
inoltre riprendere il mare il più presto possibile, non appena completato il
rifornimento d'acqua e di scorte sufficienti a riportare la nave in patria e, a
giudicare dall'evidente scarsezza di ufficiali superiori al largo di
Bridgetown, aveva pensato di poter fare vela entro due giorni. Ma non gli
giovò a nulla protestare. Il segretario e l'aiutante di bandiera erano già
entrambi nella cabina; gli ordini volavano. Poco dopo il famiglio portò la
birra in bottiglia. Era orribilmente frizzante oltre che tiepida, ma, una volta
impartite le sue disposizioni, l'ammiraglio la trangugiò a grandi sorsate con
ovvio piacere e ben presto l'espressione feroce si dileguò dalla sua vecchia
faccia arcigna. Dopo una lunga pausa, durante la quale si udirono il
calpestio degli stivali dei fanti di marina e il rumore delle scialuppe che si
scostavano dalla nave, l'ammiraglio disse: « L'ultima volta che vi ho visto,
Aubrey, è stato quando Dungannon ci ha invitato a cena sulla Defiance e
abbiamo suonato quel pezzo di Gluck in re minore. Da allora non sono
quasi più riuscito ad avere un po' di musica, a parte quella che suono per
me. Il quadrato qui è ben triste: flauti a dozzine e nemmeno una nota
giusta. Lo scacciapensieri sarebbe più adatto, a loro. E da molto tempo gli
allievi hanno cambiato voce tutti quanti; in ogni caso nessuno sarebbe in
grado di distinguere un si da una martellata. Probabilmente è stato così
anche per voi nei mari del Sud, vero? » « No, signore, sono stato molto più
fortunato. Il mio chirurgo è un eccellente violoncellista e abbiamo
strimpellato insieme fino a ore impossibili. E il mio cappellano ha un vero
dono per far cantare gli uomini, in particolare le musiche di Arne* e di
Hàn-del. Qualche tempo fa, quando avevo il comando della Worcester nel
Mediterraneo,""* è riuscito a produrre una versione più che decente del
Messia. » «Rimpiango di non averla sentita», mormorò l'ammiraglio. *
Thomas Augustine Ame (1710-1788), autore di numerose composizioni
vocali tra le quali God Save the King e Rule Britannia. (N. d. T. ) ** Cfr.
Patrick O'Brian, Duello nel mar Ionio, Longanesi, Milano, 2000. (N.d.T.)
24 Dopo aver riempito il bicchiere di Jack, riprese: «IL vostro chirurgo
sembra davvero prezioso ». «È il mio più caro amico, signore: navighiamo
insieme da più di dieci anni. » L'ammiraglio annuì. «Allora sarei felice se
voleste portarlo con voi questa sera. Potremmo mangiare un boccone
insieme e fare un po' di musica. Inoltre, se a lui non dispiacerà, vorrei
consultarlo. Ma forse sarebbe una scorrettezza; so che questi signori
medici hanno tra loro regole di etichetta molto rigide. » « Credo che il
vostro chirurgo dovrebbe dare il suo consenso, signore. È possibile che si
conoscano, però, e si tratterebbe di una pura formalità; Maturin si trova a
bordo in questo momento e, se lo desiderate, gli parlerò, prima di
presentare i miei omaggi al comandante Goole. » « Volete fare visita a
Goole, eh? » commentò Sir William. « Oh, sì, signore: è più anziano di me
nel servizio di almeno sei mesi. » «Bene, non mancate di congratularvi con
lui. Si è sposato da poco: lo si sarebbe detto al sicuro, ormai, data l'età,
invece si è sposato e sua moglie è a bordo. » « Signore Iddio ! » esclamò
Jack. « Non ne avevo idea. Mi feliciterò certamente... Ha con sé la moglie,
dunque? » « Sì, una donna piccolina, magra e di pelle gialliccia, venuta da
Kingston per qualche settimana, per rimettersi dalle febbri. » IL cuore e la
mente di Jack erano così colmi del pensiero di sua moglie, Sophia, e del
desiderio immenso di averla a bordo con sé che le parole successive
dell'ammiraglio gli sfuggirono, finché non lo udì dire: « Siate molto
cortese con loro, quando li avrete scovati. Questi medici sono gente
intrattabile, indipendente, e non bisogna mai farli inquietare prima che vi
somministrino le loro pozioni». «No, signore», lo rassicurò Jack. «Parlerò
loro con la dolcezza di una colomba di latte. » «Di un porcello, Aubrey: un
porcetto. Le colombe non succhiano il latte. » «No, signore. Li troverò
certamente insieme a discutere di faccende mediche. » Fu così, infatti. Il
signor Waters stava mostrando al dottor Maturin alcune sue illustrazioni
dei casi più tipici di lebbra e di elefantiasi osservati sull'isola, disegni
notevolmente belli e ben colorati; Jack entrò, riferì il messaggio, diede
un'occhiata alle il25 lustrazioni e si affrettò a conferire con il segretario
dell'ammiraglio, prima di presentare i dovuti omaggi al comandante Goole.
Il signor Waters terminò la sua descrizione, ripose l'ultimo esemplare di
elefantiasi tropicale nella sua custodia e disse: « Sono certo che avrete
notato come la maggior parte degli uomini di medicina tenda a essere
ipocondriaca, dottor Maturin », Queste parole, accompagnate da un sorriso
penosamente artificiale, preludevano certamente a qualcosa. Stephen
rimase in silenzio e il chirurgo proseguì: «Io non faccio eccezione e mi
domando se anch'io posso importunarvi. Ho un rigonfiamento qui »,
spiegò, mettendo la mano sul fianco, « che mi procura qualche
preoccupazione. Non ho nessuna considerazione dei chirurghi della base,
men che meno dei miei assistenti, e apprezzerei moltissimo un vostro
parere sulla sua natura ». « Comandante Aubrey, signore, in che cosa posso
avere il piacere di esservi utile? » domandò il segretario, alzando lo
sguardo sorridente. « Vi sarei davvero debitore se aveste lettere per la
Surprise », rispose Jack. « È moltissimo tempo che non abbiamo notizie da
casa. » «Posta per la Surprise» ripetè dubbioso il signor Stone. «Non credo
proprio... Ma chiederò ai miei assistenti. Ahimè, no », disse, rientrando, «
sono davvero desolato, non c'è niente per la Surprise. » « Oh, non importa
», mormorò Jack, costringendosi a sorridere. « Ma forse avete qualche
giornale che possa darmi un'idea di come stanno andando le cose nel
mondo: perché ovviamente sarete troppo preso da questa dannata corte
marziale per potermi raccontare la storia degli ultimi mesi. » « Niente
affatto, niente affatto », ribattè il signor Stone. « Non mi occorrerà molto
tempo per dirvi che le cose vanno di male in peggio. Bonaparte sta
costruendo navi in ogni arsenale, più in fretta che mai; e ancora più in
fretta le nostre si usurano, continuamente in mare e con quel blocco
perpetuo. Dispone di un Servizio d'informazioni molto buono e fomenta la
discordia tra gli alleati; non che abbiano bisogno di un grande
incoraggiamento per detestarsi e diffidare gli uni degli altri. Ma è
stupefacente come i francesi sappiano toccare con precisione i nostri punti
dolenti, quasi avessero qualcuno nascosto a origliare dietro la porta del
governo o sotto il tavolo del consiglio. Sì, il nostro esercito fa progressi in
Spagna; ma gli spagnoli... Be', voi ne sapete 26 qualcosa, degli spagnoli,
signore, io credo. E a ogni buon conto è dubbio che siamo in grado di
aiutare tutti quei popoli o perfino di sborsare il denaro necessario alla
nostra partecipazione nella guerra. Ho un fratello nella City e mi dice che i
titoli non sono mai stati così bassi e che il commercio è fermo: gli uomini
d'affari girano per la Borsa con le mani in tasca e scuri in volto. Non c'è
più oro in circolazione: si va alla banca a ritirare denaro, denaro che si è
depositato in ghinee sonanti, e tutto ciò che si riceve è carta. La maggior
parte dei titoli non è vendibile; la rendita annua dei mari del Sud è al
cinquantotto e mezzo per cento, per esempio! Perfino le azioni delle Indie
Orientali sono a un corso impressionante e in quanto ai buoni del Tesoro...
C'è stata una certa attività all'inizio dell'anno, quando le voci di una pace
hanno fatto rialzare i prezzi, ma è finito tutto non appena le voci si sono
dimostrate false, lasciando la City più depressa di prima. La sola cosa che
prospera è l'agricoltura, con il frumento a cento-venticinque scellini al
quarter e la terra che non si trova né per amore né per denaro. Al momento,
signore, chi possieda, diciamo, cinquemila sterline potrebbe comprare
titoli per un valore che prima della guerra avrebbe costituito un bel
patrimonio davvero. Ecco qui alcuni giornali e gazzette che vi diranno
tutto con maggiori particolari; deprimeranno non poco il vostro animo, ve
lo assicuro. Sì, Billings», aggiunse poi, rivolto a un assistente. « Che c'è? »
« Pur non essendoci posta per il comandante Aubrey, signore», rispose
Billings, «Smallpiece dice che qualcuno ha chiesto di lui, un negro; e
ritiene che quell'uomo possa avere un messaggio, se non una lettera. » «
Era uno schiavo? » domandò Jack. «Era uno schiavo? » domandò a sua
volta Billings, tendendo l'orecchio per la risposta. Poi spiegò: « No,
signore ». « Un marinaio? » domandò ancora Jack. No, non era un
marinaio; e quando alla fine Smallpiece entrò quasi di soppiatto,
penosamente intimidito e quasi incapace di esprimersi, risultò che il negro
sembrava una persona istruita: dapprima aveva chiesto in modo generico
della Surprise tra coloro che scendevano a terra, quando la squadra era
entrata a Bridgetown, e poi, quando la fregata era stata avvistata in quelle
acque, più in particolare del comandante Aubrey. « Non conosco nessun
negro istruito », disse Jack, scuotendo la testa. Non era impossibile che un
avvocato delle Indie Occi27 dentali avesse un impiegato di colore e,
considerato lo stato pietoso delle sue finanze in patria, non era neanche
impossibile che l'impiegato volesse consegnargli un'ingiunzione. Ciò
poteva essere fatto soltanto a terra, tuttavia, e Jack decise all'istante di
rimanere a bordo durante l'intero soggiorno. Prese i giornali, ringraziò il
signor Stone e i suoi assistenti, e ritornò sul cassero. Là trovò il suo
allievo, orribilmente trasandato nell'aspetto, fra gli impeccabili giovani
gentiluomini deña nave ammiraglia, ma che evidentemente stava
ammannendo loro racconti prodigiosi su capo Horn e sui lontani mari del
Sud. «Signor Williamson», esordì. « I miei complimenti al comandante
Goole. Mi recherei a fargli visita tra dieci minuti, se per lui è conveniente.
» IL signor Williamson portò la risposta: la visita del comandante Aubrey
sarebbe stata gradita e, aggiunse di sua iniziativa, il comandante Goole
inviava i suoi omaggi. Li avrebbe definiti anche rispettosi, gli omaggi, se
all'ultimo momento non lo avesse trattenuto un certo senso della misura;
perché amava il suo comandante. Jack aspettò, appoggiato all'impavesata
del cassero, al filareto di dritta, con la noncuranza concessa a quelli del suo
rango, guardando in giù, nella parte centrale della nave e sul mare. Aveva
dato il permesso ai suoi rematori di salire a bordo e nella iole era rimasto
solo un uomo, adesso intento a conversare animatamente con un amico
invisibile attraverso un portello aperto sul ponte di batteria. Sul passavanti
e a mezza nave numerosi marinai guardavano verso poppa, fissandolo con
l'aria tipica dei vecchi compagni di navigazione che desiderano essere
riconosciuti. A più riprese, Jack interruppe la conversazione con il
comandante in seconda e con l'aiutante di bandiera per salutare: «Sy-
monds, come va? » «Maxwell, come ve la passate? » «Himmel-fahrt,
eccovi qui di nuovo, vedo... » e ogni volta il marinaio interpellato
sorrideva e annuiva, toccandosi la fronte con le nocche o levandosi il
berretto. Poco dopo, Barret Bonden e suo fratello sbucarono dal
boccaporto di trinchetto e Jack notò che entrambi lo guardavano non solo
con particolare attenzione, ma anche con l'aria curiosa, vagamente divertita
e perfino maliziosa che aveva scorto, più o meno chiaramente, anche sulle
facce degli uomini della nave ammiraglia che avevano navigato con lui in
passato. Non riuscì a darsene una spiegazione, ma, prima che potesse
rifletterci seriamente, l'attesa finì e Jack si diresse a poppa verso la cabina
del comandante.
28 Se fosse dipeso da lui, il comandante Goole non avrebbe mai
ricevuto il comandante Aubrey. L'allievo Goole si era comportato in modo
meschino e poco onorevole a proposito di quella lontana trippa; aveva
avuto parte attiva, sebbene subordinata, nel furto, ne aveva mangiato
quanto gli altri allievi e, portato davanti al comandante Douglas, aveva
vuotato il sacco. Pur negando spudoratamente la propria partecipazione,
aveva fatto la spia. Un comportamento deplorevole ed egli non aveva mai
perdonato Jack Aubrey per questo. Ma non poteva fare a meno di vederlo;
quando si trattava di visite formali, l'etichetta navale era rigidissima. « Non
lo riceverei, e ancor meno te lo presenterei, se le regole della marina non lo
richiedessero», stava dicendo Goole alla moglie. « Sarà qui tra poco e
dovrà rimanere perlomeno dieci minuti. Non gli offrirò niente da bere,
però; e qui non metterà radici. In ogni caso, beve anche troppo, come il
suo amico Dundas, un altro che non sa tener su le brache, a proposito...
Una mezza dozzina di figli naturali, lo so per certo. Dio li fa e poi li
accoppia, proprio così. La rovina della società sono. » Una pausa. « Non lo
si direbbe mai, vedendolo ora, ma un tempo Aubrey era considerato un
bell'uomo; e forse è per questo che... Sstt, è qui. » Jack non aveva
dimenticato la trippa del comandante Douglas né le spettacolari
conseguenze del furto, conseguenze che allora gli erano parse
catastrofiche, sebbene in realtà non avrebbe potuto passare quel tempo in
modo più utile dal momento che i sei mesi trascorsi come marinaio
semplice gli avevano permesso di conoscere intimamente, dall'interno, il
ponte di batteria, i suoi gusti, le sue simpatie e le sue antipatie, le sue
credenze e convinzioni, e la sua reale, autentica vita quotidiana; e non
aveva dimenticato Goole. Ma aveva dimenticato i particolari della
condotta di Goole e, pur ricordandolo come un individuo da poco, non gli
serbava nessun rancore; in verità, entrando nella cabina, provò un vivo
piacere nel rivedere un vecchio compagno e si felicitò con Goole per il suo
matrimonio con assoluta sincerità, sorridendo a entrambi con un'amabile
schiettezza che migliorò l'opinione già favorevole che la signora Goole si
era fatta di lui. Non trovò affatto sorprendente che fosse stato considerato
un bell'uomo; lo era ancora, in un certo senso, sebbene, segnato com'era
dalle cicatrici e dal tempo, non avesse nulla, nulla, del fiore della gioventù
e fosse grasso; aveva un certo stile massiccio, 29 leonino, e torreggiava su
Goole, il quale non aveva stile di nessuna specie; e i suoi occhi celesti,
ancora più celesti sulla faccia color mogano, avevano l'espressione bonaria
di chi è abituato a stare bene in propria compagnia. «Io sono un grande
fautore del matrimonio, signora», stava dicendo. « Davvero, signore? »
esclamò la signora Goole; e poi, sentendo che sarebbe stato opportuno
aggiungere qualcosa: « Credo di aver avuto il piacere di conoscere la
signora Aubrey poco prima di lasciare l'Inghilterra, da Lady Hood ». «Ah,
come stava? » gridò Jack, la faccia raggiante di straordinario piacere. «
Spero che si tratti della stessa persona, signore », disse la signora Goole
esitante. « Alta, con i capelli biondo oro pettinati in su, così, occhi grigi e
una carnagione meravigliosa; un abito azzurro di seta marezzata con le
maniche lunghe, raccolto qui...» « Ma, signora Goole... » intervenne il
marito. «È certamente Sophia», affermò Jack. «È un'eternità che non
ricevo un rigo da casa, dato che sono stato dall'altra parte di capo Horn...
Non so che cosa darei per avere sue notizie... Per favore, ditemi, che
aspetto aveva? Che cosa ha detto? Suppongo che nessuno dei bambini
fosse lì. » « Soltanto un maschietto, un bel bambino, ma la signora Aubrey
parlava della varicella delle bambine, ormai superata così bene che aveva
permesso al comandante Dundas di portarle in gita sul suo cutter. » «Che
Dio le benedica! » esclamò Jack, sedendosi accanto a lei; e s'immerse in
una conversazione animata sul soggetto della varicella, sulla sua natura
innocua e perfino benefica, sulla necessità di superare quelle malattie
durante l'infanzia, passando poi a riflessioni sulla tonsillite, il morbillo, il
mughetto, lo sfogo della dentizione, fino a quando la campana della nave
ammiraglia non gli ricordò che doveva fare ritorno alla sua nave per
prendere il violino. Le malattie di cui discutevano il dottor Maturin e il
signor Waters erano di gravita ben diversa, ma finalmente Stephen si alzò e
disse: « Credo di potermi azzardare ad affermare, con tutte le inevitabili
riserve, naturalmente, che non è maligno e che siamo in presenza non del
tumore che avete menzionato, e ancor meno di una metastasi, che Dio ci
scampi, ma di un teratoma 30 splancnico. E malamente situato, tuttavia, e
bisogna toglierlo subito ». «Certamente, caro collega», disse Waters,
illuminandosi in viso per il sollievo. « Subito. Come vi sono riconoscente
per il vostro parere! » «Non sono mai entusiasta all'idea di aprire una
pancia», osservò Stephen, guardando la pancia in questione con uno
sguardo distaccato, riflettendo in certo qual modo come un macellaio che
stesse decidendo sul taglio da fare. « E naturalmente, data la posizione,
avrei bisogno di un'assistenza intelligente. I vostri aiutanti sono
competenti? » « Ubriaconi empirici e scervellati tutti e due, semplici
segaossi ignoranti. Sarei molto riluttante a farmi mettere la mani addosso
da loro. » Stephen riflette per un po': era abbastanza difficile in tutta
coscienza amare i propri simili sulla terraferma, figuriamoci poi quando si
era gomito a gomito gli uni con gli altri sulla stessa nave, senza possibilità
di evitare il contatto quotidiano o perfino di mantenere rapporti civili; e
chiaramente Waters non era riuscito in quella necessaria impresa navale.
Disse: « In quanto a me non ho nessun aiutante. Il capocannoniere,
impazzito, lo ha assassinato al largo delle coste del Cile. Ma il nostro
cappellano, il signor Martin, ha una notevole conoscenza della medicina e
della chirurgia; è un eminente naturalista e abbiamo sezionato insieme un
bel po' di cadaveri, a sangue caldo e a sangue freddo; ma per quanto riesco
a ricordare, non credo che abbia mai visto aprire un addome umano e sono
sicuro che gli farebbe piacere. Se volete, gli chiederò di assistere
all'intervento. Devo comunque ritornare alla nave per prendere il
violoncello ». Stephen risalì le varie scale delY Irresistible, perdendosi una
o due volte, ma riuscendo alla fine a emergere nella brillante luce del
cassero. Rimase per qualche istante fermo, strizzando gli occhi, e poi,
mettendosi gli occhiali blu, vide che la murata sinistra della nave era
affollata da battelli dei provveditori e da uomini in franchigia che
ritornavano alla nave. L'aiutante di bandiera, appoggiato all'impavesata,
masticava un pezzo di canna da zucchero e contrattava il prezzo di un
cesto di limoni verdi, di un paniere di guava e di un enorme ananas;
Stephen aspettò che la mercanzia fosse issata a bordo prima di dire: «
William Richardson, amico mio, volete dirmi dove si trova il comandante
Aubrey? » 31 «Ma, dottore, è tornato alla sua nave subito dopo i cinque
colpi. » «Cinque colpi», ripetè Stephen, «già, certo, ha detto qualcosa a
proposito di cinque colpi. Sarò rimbrottato di nuovo per mancanza di
puntualità. Oh, oh, che posso fare? » « Non lasciatevi abbattere per questo,
signore, vi trasborderò' 10 », disse Richardson. « La distanza non è grande
e mi piacerebbe rivedere qualcuno dei miei vecchi compagni. Il
comandante Pullings mi ha detto che ora Mowett è il vostro comandante in
seconda. Oh, Signore! Se penso a Mowett primo ufficiale! Ma, signore, voi
non siete il solo a chiedere del comandante Aubrey. Una persona è appena
salita a bordo di nuovo con lo stesso scopo... eccolo là», soggiunse,
indicando un giovane negro alto, in piedi tra un gruppo di marinai sul
passavanti di sinistra. Stephen riconobbe in quei marinai uomini che
avevano navigato con lui in precedenti missioni, molti di loro irlandesi,
tutti cattolici, e osservò che lo stavano guardando con espressioni
stranamente divertite mentre al tempo stesso incitavano gentilmente,
rispettosamente il giovane alto e nero a dirigersi a poppa; e prima che
Stephen avesse il tempo di gridare un saluto, prima che potesse decidere
tra « Salve, figlioli! » ed « Ehilà, marinai! », il giovane si avviò verso il
cassero. Indossava un semplice abito* color tabacco, scarpe pesanti dalla
punta quadra e un cappello di paglia dalla tesa larga; faceva pensare a un
quacchero o a un seminarista, ma un seminarista straordinariamente
possente, atletico, simile a quelli provenienti dalle regioni occidentali
dell'Irlan-da che s'incontravano per le vie di Salamanca; e fu nel tono che
avrebbe usato un seminarista irlandese che si rivolse a Stephen, togliendosi
il cappello. «Il dottor Maturin, vero, signore? » « In persona », rispose
Stephen, restituendo il saluto, « in persona, per servirvi. » Parlava un po' a
casaccio, stupefatto, perché il giovane a capo scoperto in piedi davanti a
lui in pieno sole era l'immagine esatta, precisa di Jack Aubrey con
vent'anni e parecchie libbre di meno sulle spalle, immagine esatta, precisa,
riprodotta in ebano luccicante. Non importava che il giovane avesse la
capigliatura crespa e nera in luogo dei riccioli lunghi e biondi di Jack, né
che il suo naso non fosse aquilino; la sua intera essenza, la sua persona, il
suo portamento erano gli stessi e perfino la particolare posizione della testa
mentre si sporgeva verso Stephen con uno sguardo modesto, deferente. «
Vi prego, signore, rimettiamoci il cappello, per carità, dobbiamo difenderci
dal sole», 32 disse Stephen. « Mi pare che stiate cercando il comandante
Aubrey. » « Sì, signore, e mi dicono che voi potrete dirmi se mi sarà
permesso di vederlo. Sembra che nessuna imbarcazione possa accostarsi
alla sua nave, ma il fatto è che ho una lettera per il comandante da parte
della signora Aubrey. » «Davvero?» esclamò Stephen. «Allora venite con
me e vi porterò da lui. Signor Richardson, non farete obiezione a un altro
passeggero? Potremmo fare i turni ai remi, il peso essendo più grande. » IL
trasbordo avvenne in relativo silenzio: Richardson era occupato con i remi,
il giovane negro aveva il dono, così raro nei giovani, di stare zitto senza
imbarazzo e Stephen era del tutto preso da quella strana trasposizione del
suo amico; tuttavia disse: « Confido, signore, che la signora Aubrey stia
bene ». « Non potrebbe stare meglio, signore », replicò il giovane, con
quel sorriso smagliante e improvviso, possibile soltanto a chi avesse denti
bianchissimi e una faccia nera come il carbone. «Vorrei che tu fossi nel
giusto, mio giovane amico», disse Stephen a se stesso. Conosceva molto
bene Sophia; aveva per lei un profondo affetto; ma la sapeva intelligente,
perspicace e in certo modo portata alla gelosia, con il suo strascico di
emozioni poco compatibili con la felicità. E senza essere prude era anche
assolutamente virtuosa, virtuosa per natura, senza la minima costrizione. Il
giovane non era del tutto inatteso sulla Surprise; le voci sulla sua presenza
si erano diffuse fra tutti i membri dell'equipaggio, eccettuato il suo
comandante, e salì perciò a bordo in un'atmosfera di curiosità benevola,
cortesemente celata, ma intensa. « Volete attendere qui mentre io mi
accerto che il comandante possa ricevervi?» domandò Stephen. «Senza
dubbio il signor Rowan vi intratterrà mostrandovi il cordame vario. »
«Jack», annunciò entrando nella cabina, «stammi a sentire. Ho strane
notizie: a bordo della nave ammiraglia c'era un giovanotto nero, un bel tipo
di giovane, che chiedeva di te. Mi ha detto di avere un messaggio da parte
di Sophia, così l'ho portato con me. » « Di Sophia? » gridò Jack. Stephen
annuì e riprese a bassa voce: «Fratello, perdonami, ma potresti rimanere
impressionato dal messaggero. Non ti sgomentare. Posso farlo entrare? »
33 «Ma sì, certamente! » «Buon pomeriggio a voi, signore», disse il
giovane con un fremito nella voce profonda mentre gli porgeva una lettera.
« Quando ero in Inghilterra, la signora Aubrey mi ha pregato di darvi
questa o di affidarla in buone mani, se avessi dovuto partire prima
dell'arrivo della vostra nave. » «Vi sono davvero obbligato, signore», lo
ringraziò Jack, stringendogli vigorosamente la mano. «Prego,
accomodatevi. Killick, Killick! Una bottiglia di madera e la torta della
domenica. Sono desolatissimo di non potervi intrattenere meglio, questa
sera sono invitato dall'ammiraglio, ma forse potreste pranzare con me
domani? » Naturalmente Killick aveva origliato dietro la porta ed era
quindi preparato: con il suo aiutante nero Tom Burgess entrò
immediatamente, avanzando con stile discreto, il piccolo corteo il più
possibile simile a quello di un maggiordomo della terrafer-ma seguito dal
cameriere; ma il desiderio di Tom di vedere in faccia il visitatore che gli
voltava le spalle fu così forte che i due entrarono in collisione proprio
mentre veniva versato il vino. Quando gli «stramaledetti terrazzani» si
furono ritirati con la coda tra le gambe, rimasto solo con il suo ospite, Jack
osservò attentamente la faccia dello sconosciuto... una faccia stranamente
familiare: di sicuro lo aveva già visto da qualche parte. «Perdonatemi»,
disse, rompendo il sigillo. «Darò un'occhiata a questa per vedere se c'è
qualcosa di urgente. » Non c'era. Era la terza copia di una lettera inviata
nei porti nei quali la Surprise avrebbe potuto fare scalo durante il suo
viaggio di ritorno: parlava dei progressi delle piantagioni di Jack, della
lentezza infinita dei procedimenti legali, della varicella, allora al suo
culmine, e in fondo alla pagina un poscritto frettoloso lo informava che
Sophia avrebbe affidato la lettera al signor Illeggibile, il quale era diretto
nelle Indie Occidentali e che era stato così gentile da farle visita. Jack alzò
lo sguardo e di nuovo avvertì un curioso senso di familiarità; ma disse: «
Siete stato gentilissimo a recapitarmi questa lettera. Spero che abbiate
trovato tutti bene ad Ashgrove Cottage ». « La signora Aubrey mi ha detto
che le bambine avevano la varicella e che era preoccupata per loro,
naturalmente; ma un gentiluomo che si trovava lì e di cui non ho afferrato
il nome ha affermato che non correvano nessun pericolo, assolutamente
nessuno. » 34 « Nemmeno mia moglie ha afferrato il vostro nome, temo,
signore », disse Jack. « In ogni caso, non riesco a leggere quello che ha
scritto. » «Mi chiamo Panda, signore, Samuel Panda, e mia madre è Sally
Mputa. Dal momento che mi recavo in Inghilterra con i padri, mi ha
chiesto di darvi questi...» - porgendogli un pacchetto -,«... e perciò sono
andato ad Ashgrove Cottage, sperando di trovarvi là. » « Santissimi numi
», mormorò Jack e dopo un momento cominciò ad aprire lentamente il
pacchetto. Conteneva un dente di capodoglio sul quale, quando era molto
giovane, più giovane perfino dell'uomo alto che gli stava davanti, egli
aveva laboriosamente inciso la figura della Kesolution con le gabbie
terzarolate; conteneva anche un fagottino di piume e di peli di elefante
legato con una striscia di pelle di leopardo. « È un amuleto per impedirvi
di annegare », spiegò Samuel Panda. « Che gentile », ringraziò Jack
automaticamente. Si guardarono con aperta curiosità, ansiosa da una parte,
stupefatta dall'altra. Non c'era abbondanza di specchi nella parte della nave
riservata a Jack, a eccezione di uno specchietto per farsi la barba nella
cabina dove dormiva, ma il mobiletto ingegnoso e straordinariamente
elaborato che Diana aveva regalato a Stephen e che era usato
principalmente come leggio per la musica, ne aveva uno grande all'interno
del coperchio. Jack lo aprì ed entrambi vi si rimirarono, in piedi l'uno
accanto all'altro, ognuno confrontando, ognuno contemplando in silenzio,
intensamente, se stesso nell'altro. « Sono stupefatto », disse infine Jack. «
Non avevo idea, nessunissima idea...» Si rimise a sedere. «Spero che
vostra madre stia bene. » «Benissimo, signore, grazie. Prepara medicine
africane nell'ospedale di Lourenço Marques,* per i pazienti che le
preferiscono. » Nessuno dei due parlò più finché Jack non esclamò:
«Santissimi numi », rigirando il dente in mano. Sul mare poche cose
riuscivano a sorprenderlo e aveva sopportato non pochi brutti colpi senza
scomporsi, ma ora quel giovane che aveva preso vita così
improvvisamente davanti a lui lo aveva colto completamente alla
sprovvista. * Antico nome di Maputo, capitale del Mozambico. (N.d.'T.) 35
« Volete che vi dica come mai sono qui, signore? » domandò il giovane
rompendo il silenzio, con voce profonda e gentile. « Ma certamente, ve ne
prego », disse Jack. « Ci trasferimmo a Lourenço Marques poco dopo la
mia nascita, mia madre proveniva da Nwandwe, a poca distanza di lì, e in
quella città i padri mi presero quando ero ancora molto piccolo, e molto
cagionevole di salute, a quanto pare. Mia madre a quel tempo era sposata
con un anziano stregone zulù, un pagano naturalmente, e così i padri mi
hanno allevato ed educato. » « Che Dio li benedica », esclamò Jack. « Ma
Lourenço Marques, nella baia di Delagoa, non è portoghese? » « E
portoghese, signore, ma anche irlandese. Vale a dire che la missione era
proprio della contea di Roscommon; e sono stati padre Power e padre
Birmingham a portarmi con loro in Inghilterra, dove speravo di trovarvi, e
di lì nelle Indie Occidentali. » « Bene, Sam », disse Jack, « siete davvero il
benvenuto, certamente. E ora che mi avete trovato, che posso fare per voi?
Se fosse stato prima, come avrei voluto, sarebbe stato più facile, ma, come
ho detto, non avevo la più pallida idea... È troppo tardi per la marina,
naturalmente, e, in ogni caso... Però, aspettate, avete mai pensato di fare il
segretario di un comandante? Potrebbe portare a diventare commissario di
bordo, una vita niente affatto spiacevole; ho conosciuto molti segretari di
comandante che hanno comandato una scialuppa nel dare l'assalto in porto
a una nave...» Parlò a lungo e con notevole calore delle gioie della vita sul
mare; ma dopo un po' credette di scorgere un'espressione di affettuoso
divertimento nello sguardo di Sam, uno sguardo discreto e del tutto
rispettoso, ma sufficiente a interrompere il flusso. « Siete molto gentile,
signore, e davvero buono », disse Sam, « ma non sono venuto a chiedervi
niente, a parte una buona parola e una benedizione. » «Naturalmente
l'avrete... avete la mia benedizione, Sam, ma io vorrei darvi qualcosa di più
sostanzioso, per aiutarvi nella vita. Ma forse mi sbaglio, forse avete già
una posizione eccellente, forse questi signori vi hanno dato un impiego? »
« No, signore. Certamente io mi occupo di loro, per dovere anche,
specialmente di padre Power che è zoppo da un piede; ma è la missione a
darmi il sostentamento. » « Sam, non ditemi che siete papista! » esclamò
Jack. «Sono desolato di deludervi, signore», rispose Sam, sorri36 derido,
«ma sono davvero cattolico e a tal punto che spero un giorno di diventare
sacerdote, se mai potrò ottenere una dispensa. Al momento sono soltanto
negli ordini minori. » «Be' », disse Jack, riprendendosi, «uno dei miei
migliori amici è cattolico. Il dottor Maturin, lo avete conosciuto. » «Una
persona coltissima, ne sono sicuro», disse Sam, con un inchino. « Ma
ditemi, Sam », riprese Jack, « che cosa fate attualmente? Quali sono i
vostri piani? » « Dunque, signore, non appena arriverà la nave, i padri
partiranno per la missione in Brasile. Mi portano con loro, anche se non
sono stato ordinato, perché parlo il portoghese e perché sono negro;
sembra che io possa essere più gradito dagli schiavi negri. » «Sono certo di
sì», affermò Jack. «Cioè... sono sicuro di poter dire ormai che non solo uno
dei miei migliori amici è cattolico, ma anche nero per soprammercato...
Ebbene, Stephen, che c'è? » « Mi scuso dell'intrusione, ma il nostro
segnale sventola a bordo della nave ammiraglia. Mowett è profondamente
turbato all'idea di un ritardo, la iole è stata calata in acqua e il mio
violoncello è già a bordo. Ho detto che il mio violoncello è già a bordo.»
Jack trattenne un grido blasfemo, afferrò il violino e disse: « Venite con
noi, Sam. La scialuppa vi depositerà a terra e passerà a riprendervi domani,
se gradirete visitare la nave e pranzare con me e con il dottor Maturin ».
CAPITOLO II

a caravella Nossa Senhora das Necessidades, un veliero dalla poppa


quadrata molto antiquato, stava approfittando della brezza di mare per
avvicinarsi a Needham's Point; ma sfortunatamente lo stava facendo con
mure a dritta e, nel momento in cui tagliò la linea di spuma bianca che
separava il vento locale dagli alisei, prese a collo, sbandò per effetto del
vento da nord-est e il mar dei Caraibi si precipitò sulla nave attraverso gli
ombrinali. « Mollate in bando, terrazzani d'inferno! » gridò Jack. « Sam sta
tirando una cima », disse Stephen che aveva il cannocchiale. «È quella
sbagliata», commentò Jack, torcendosi le mani possenti. Ma giusta o
sbagliata che fosse, la caravella in qualche modo si raddrizzò, tutte le vele
fileggiarono furiosamente e si videro i marinai correre di qua e di là
abbracciandosi e congratulandosi con i buoni padri prima di abbattere con
cautela, portare il vento costante un poco a poppavia del traverso sinistro e
svanire dietro il promontorio. « Sia ringraziato Dio », sospirò Jack. «
Ormai non dovranno toccare né una scotta né un braccio fino a Para:
potrebbero perfino arrivare senza nessuna perdita. Signore Iddio, Stephen,
non ho mai visto un simile esempio d'imperizia marinaresca, né
d'intervento divino. È già un miracolo che quell'orribile bagnarola
ammuffita abbia raggiunto Bridgetown e certamente ora sarebbe affondata
con tutti i suoi uomini se non fosse stato per la grazia dell'Onnipotente.
Solo una serie ininterrotta di miracoli può averla tenuta a galla negli ultimi
sessanta o settant'anni. Eppure, anche così, vorrei che Sam fosse a bordo di
qualcosa che non avesse bisogno di far lavorare gli angeli custodi una
guardia dopo l'altra. » « È un bravo giovane », osservò Stephen. «Non è
vero?» disse Jack. «Spero tanto che George diventi come lui. Mi ha fatto
bene al cuore sentirvi chiacchierare tutti e due in latino a garganella: anche
se mi è sembrato che il reverendo Martin non seguisse così bene. » «
Questo è dovuto al fatto che il povero reverendo Martin usa la pronuncia
inglese. » 38 « Che cosa non va con la pronuncia inglese? » domandò Jack
dispiaciuto. « Niente, niente, certo, se non che nessun'altra nazione la
capisce. » « Non avrei detto », commentò Jack. E poi: « Sai che riesce ad
arrivare al fa più basso senza sforzo e senza diminuire di volume? Una
voce come un organo ». «Certo che lo so: ero presente. Sono stato io a
pregarlo di cantarci il Salve Regina un'ottava sotto. Ha fatto tremare di
nuovo il tavolo. » «È vero, ah, ah, ah! Però, vorrei lo stesso che non avesse
la pelle nera. » « Non c'è niente di male ad avere la pelle nera, fratello. La
regina di Saba era nera e di un bel nero lucente, io credo. Gaspare, uno dei
tre re Magi, era nero. Sant'Agostino, vescovo di Ippona, era africano: e
anche lui aveva un figlio nato al di fuori del vincolo matrimoniale, come
senza dubbio ricorderai. Inoltre, una volta abituati alla pelle nera, le
membra biancastre, giallicce sembrano informi e perfino repellenti, come
avveniva, ricordo molto bene, nel Grande mare del Sud. » « E vorrei -
perdonami, Stephen - che non fosse seguace della Chiesa di Roma. Non lo
dico come critica a te e non lo dico nemmeno dal punto di vista religioso...
oh, no, non è affatto impossibile che possa salvarsi lo stesso. No. Lo dico
per via dei sentimenti anticattolici in Inghilterra. Ricordi la sommossa di
Gordon* e tutte le storie dei gesuiti che sarebbero stati responsabili della
follia del re e di molte altre cose? A proposito, Stephen, quei padri non
erano gesuiti, vero? Non ho voluto chiederglielo direttamente. »
«Naturalmente no, Jack. L'ordine è stato soppresso molto tempo fa.
Clemente XIV ha soppresso la Compagnia negli anni 70 del secolo scorso
e bene ha fatto. E vero che hanno cercato di riaffacciarsi con un pretesto o
con l'altro e oso dire che ben presto torneranno a dar fastidio, sfornando
atei a dozzine dalle loro scuole; ma quei gentiluomini non avevano niente
a che fare con loro, né da vicino, né da lontano. » * Lord George Gordon
(1751-1793), violento avversario dell'emancipazione cattolica e presunto
sobillatore delle sommosse anticattoliche a Londra del 1780, venne
processato e assolto per mancanza di prove. Convcrtito alla religione
ebraica, morì in carcere dove era stato rinchiuso nel 1788 per aver scritto
violenti libelli contro la giustizia inglese e la monarchia in Francia. N.d.T.)
39' « Bene, sono contento. Ma ciò che davvero intendo dire è che, se fosse
stato bianco e protestante, avrebbe potuto diventare ammiraglio, avrebbe
potuto issare la sua insegna! Un giovane con le sue qualità, sveglio,
allegro, vivace, pieno di risorse, modesto, di buona compagnia, era fatto
per essere marinaio; se appena appena avesse avuto un pizzico di fortuna,
avrebbe potuto distinguersi e in una guerra cruenta e in una stagione di
epidemie sarebbe stato certamente promosso... Avrebbe potuto finire con la
bandiera del Regno Unito sventolante sull'alberetto di velaccio, un
ammiraglio della flotta ! » « Ma, essendo nero e cattolico, potrebbe
diventare un vescovo africano, come sant'Agostino, indossare la mitra e
portare il pastorale: in verità, potrebbe perfino diventare vescovo di Roma,
Sovrano Pontefice, e portare la tripla tiara. Inoltre, Jack, devi anche
considerare che nell'essere cattolico egli segue soltanto l'esempio di tutti i
suoi antenati inglesi, dal tempo in cui i missiona-ri irlandesi insegnavano
loro le lettere e la differenza tra il bene e il male fino ai giorni di Enrico
Vili di gloriosa memoria, soltanto' poche generazioni fa. » Jack non parve
completamente soddisfatto. Dopo un momento disse: « Devo andare a
bordo dell'ammiraglia. La dannata corte marziale comincia alle dieci ». «
Devo andarci anch'io. Ho un paziente di cui occuparmi. » Mentre si
dirigevano all'approdo, Jack disse: «Però mi ha fatto piacere quello che hai
detto del tuo santo ». « È anche santo tuo, sai. Agostino è riconosciuto
perfino dalle sette più recenti; dopotutto è uno dei padri della Chiesa. »
«Meglio così. Se un santo e un padre della Chiesa possono... possono
avere un legame irregolare, be', ecco una cosa che riconforta. » « Già:
anche se credo che non fosse un santo praticante a quel tempo. » Jack
continuò a camminare in silenzio per un tratto, poi disse: « Una cosa avrei
voluto chiedere a Sam, ma non so perché non sono riuscito a parlare. Non
so perché, ma non sono riuscito a chiedergli: 'Sam, ad Ashgrove Cottage,
hai spiegato la ragione per cui volevi vedermi?' » « Non l'ha fatto », disse
Stephen, « ne sono sicuro come se fossi stato là. È un caro giovane, aperto,
sincero, ma non è uno* sciocco. Non è affatto uno sciocco; e non vorrebbe
mai seminare zizzania. » 40 « Eppure temo comunque che Sophia abbia
fiutato qualcosa vedendo la sua faccia, per quanto nera, che Dio lo
benedica. Tu l'hai capito immediatamente o non mi avresti mai avvertito di
non sgomentarmi. » « La somiglianzà è stupefacente, bisogna ammetterlo.
» « Tu credi, Stephen », domandò Jack con voce in certo modo esitante,
«credi che servirebbe menzionare sant'Agostino a Sophia? È portatissima
per la Chiesa. E molto contraria alle irregolarità di questo genere, sai. Ha
fatto una gran fatica a voler bene a... » E qui gli angeli custodi
intervennero nuovamente, uno tappandogli la bocca (perché il nome di
Diana gli si era già formato nella strozza, Diana, cugina di Sophia e moglie
di Stephen, in certe occasioni decisamente irregolare), e l'altro con
un'ispirazione, così che quasi senza interruzione poté continuare: «... una
gran fatica a voler bene a Heneage Dundas, per via della sua tribù di
piccoli bastardi, fino a quando io non le ho detto che mi aveva salvato da
una morte acquatica quando eravamo ragazzi ». «Di sicuro, male non può
fare», lo rassicurò Stephen. Di più non poté dire, perché erano ormai al
barcarizzo dove attraccavano le scialuppe delle navi da guerra e là Bonden
era in attesa con la bella lancia nuova della fregata, perché l'ammiraglio
aveva mantenuto la sua parola e la Surprise veniva rifornita in abbondanza.
Aveva già completato il carico d'acqua, di pane, di carne di manzo e quasi
completato quello di legna da ardere, e nel pomeriggio la chiatta delle
polveri avrebbe dovuto riempire i suoi depositi: Mowett, il suo primo
ufficiale, e Adams, il suo commissario, con tutto l'equipaggio, erano stati
occupatissimi e tuttavia avevano trovato il tempo di abbellire la lancia,
mentre gli uomini dell'armo avevano trascorso la guardia sottocoperta ad
abbellire se stessi o perlomeno il loro abbigliamento. Molti comandanti
desideravano che gli uomini dell'armo indossassero abiti uniformi, spesso
corrispondenti al nome della nave: quelli delYEme-rald, per esempio,
avevano camiciotti verde smeraldo; l'armo della Niger era tutto in nero e i
rematori della Argo portavano una spallina tinta di giallo; altrimenti
l'abbigliamento dipendeva dalla fantasia del comandante, ma Jack non
voleva avere niente a che fare con quelle sciocchezze e non aveva mai dato
ordini in merito. Gli uomini del suo armo, però, avevano deciso da soli di
vestirsi tutti uguali; era loro ovvio dovere far onore alla nave, cosa non
certo facile nelle Antille, regno degli ottoni luccicanti, delle apparenze
impeccabili e dei sepolcri imbiancati; e loro sen 41 tivano che in quelle
circostanze lo scopo sarebbe stato raggiunto meglio portando ben
all'indietro un cappello di paglia intrecciata dalla tesa molto larga e con un
nastro lungo tre piedi, con il nome della nave ricamato, HMS Surprise, che
sventolava liberamente, una camicia bianca come la neve, pantaloni
parimenti candidi, strettissimi in vita e larghi in fondo, dalle cuciture
bordate di blu e di rosso, codini perfettamente intrecciati lunghi fino alla
cintola e rinforzati con la filaccia, se la Natura era stata avara con le
chiome, un fazzoletto di Barcellona nero annodato intorno al collo, i piedi
enormi, la pianta ancora più larga per tutto il correre scalzi su e giù per il
ponte, stretti in scarpette decorate da nodi. Così abbigliati potevano
trasportare dignitosamente il loro comandante fino alT'Irresistible dove era
atteso per la corte marziale, una faccenda in alta uniforme, ma non
potevano saltare sul molo sudicio senza rischiare di rovinare l'effetto:
avevano perciò ingaggiato quattro monelli di La Barbade, per mettere lo
scalandrone e per spingere la scialuppa. Uno scalandrone corto, ma gli
uomini dell'armo avevano navigato tutti con il dot-tor Maturin per parecchi
anni e tutti sapevano di che cosa fosse capace in fatto di precipitare dallo
scalandrone, dalla vetrata di poppa e dal molo, e tutti quanti tesero il collo
per seguire la sua avanzata circospetta e insicura al di sopra della
fanghiglia. Non perché temessero per la sua vita in quell'occasione,
essendo l'acqua così bassa, ma con la bassa marea era anche orribilmente
sporca e, sguazzandovi, il dottor Maturin avrebbe potuto schizzare fango
sui loro abiti. E lo avrebbe fatto certamente mentre lo avessero issato a
bordo. In ogni caso non era il compagno adatto per il loro comandante
quella particolare mattina: il comandante Aubrey risplendeva in blu e oro,
la spada di gala offertagli dai Lloyds appesa al fianco e la medaglia del
Nilo appuntata al quarto occhiello della giacca, mentre il chelengk* una
decorazione turca a forma di aigrette di diamanti, scintillava sulla sua
feluca migliore bordata d'oro e portata nobilmente di traverso come quella
di Nelson; si era lavato e rasato, un'abitudine quotidiana per lui perfino
quando il tempo era molto brutto, e i capelli, rigorosamente spazzolati,
raccolti e legati sulla nuca con un largo nastro nero, erano correttamente
incipriati. Il dottor Maturin, al contrario, certamente non si era fatto la
barba e probabilmente * Cfr. Patrick O'Brian, Il porto del tradimento,
Longanesi, Milano, 2000. (N.d.T.) 42 non aveva sentito il bisogno di
lavarsi; indossava le brache slacciate al ginocchio, calze spaiate,
un'orrenda giacca sformata che il suo servitore aveva cercato per ben due
volte di gettare via; e, per avere un aspetto decente, aveva posto
un'eccessiva fiducia nella sua parrucca. «Forse, signore», disse Bonden,
«al dottore piacerebbe tornare alla nave su un moses* Ce n'è uno pronto
per la nostra barchetta proprio ora. » Accennò con il capo all'imbarcazione
dal fondo piatto e simile a una cesta accostata al molo delle navi da guerra,
un mezzo di trasporto più stabile e più adatto della lancia. « Sciocchezze »,
affermò Stephen, mettendo un piede sullo scalandrone, «sto andando suW
Irresistible. Mi riceverebbero con quella barca, con quel veicolo marino,
come un cane in una partita di birilli», borbottò irritato, continuando ad
avanzare cauto. Un lieve tremore causato da un'onda lontana attraversò lo
scalandrone. Stephen barcollò, emettendo un gridolino, ma Jack, alle sue
spalle, lo bloccò per i gomiti, lo fece arrivare velocemente alla falchetta e
sulla scialuppa dove mani robuste lo passarono a poppa come un pacco. Le
stesse mani robuste lo sospinsero su per lo scalandrone della nave
ammiraglia, scongiurandolo di badare a dove metteva i piedi, di fare
attenzione e di attaccarsi con tutte e due le mani. Jack, accolto dal trillo dei
fischietti, era già stato ricevuto con le dovute cerimonie e accompagnato a
poppa; e quando Stephen ebbe raggiunto il cassero, era già scomparso. Era
presente tuttavia il signor Butcher, un tempo chirurgo della Norfolk e ora
prigioniero di guerra, e a lui Stephen si rivolse. « Buongiorno a voi, signor
Butcher; siete stato davvero gentile a venire. Vi sono molto riconoscente. »
L'esperienza di Butcher era vasta e, pur non essendo egli particolarmente
erudito, né, al di fuori della sua professione, particolarmente saggio,
possedeva un intuito per la diagnosi e per la prognosi quale Stephen aveva
di rado riscontrato. «Per carità», disse, «sono più che felice di ricambiare
in piccola parte la vostra gentilezza verso il povero comandante Palmer. »
Annusò una presa di tabacco e osservò: « IL signor Martin è già sceso
sottocoperta ». * Larga imbarcazione a fondo piatto usata nelle Antille per
trasportare lo zucchero dal molo alle navi. (N.d.T.) 43 «Forse dovremmo
raggiungerlo», opinò Stephen. « Immagino di sì », convenne Butcher, «
ma, prima di andare, permettetemi di domandarvi come mai lo avete
operato qui invece di farlo ricoverare in ospedale. In Giamaica, con i suoi
miasmi e la febbre gialla, lo capisco, ma in un'isola così salubre come
Barbados...» « La verità è che la persona è alquanto difficile e si è
inimicata tutti i suoi colleghi medici, compresi quelli appartenenti
all'ospedale. » « Oh, in questo caso comprendo la riluttanza. E poi, anche
se l'ospedale è molto più comodo per operare, la sopravvivenza è una
faccenda diversa. Per quanto mi riguarda, preferirei essere in mare. So di
un'intera corsia di amputazioni deceduta in una settimana, mentre parecchi
tra gli uomini che per mancanza di spazio erano stati lasciati a bordo sono
sopravvissuti. Alcuni sono ancora vivi. » IL paziente non pareva
particolarmente difficile. Ringraziò il signor Butcher per la visita, si
congratulò con lui per il suo imminente rilascio (la nave svedese che
doveva riportare in patria gli ufficiali prigionieri sulla parola aveva dato
ancora quella mattina) e gli affidò messaggi per degli amici di Boston. Ma
intuiva che era stata posta la questione della sua sopravvivenza ed era
certamente consapevole che lo sguardo obiettivo di Butcher lo stava
valutando; sentì che quello sguardo lo condannava e cominciò a parlare
sempre più concitatamente, per smentirlo, per dimostrargli che stava bene,
che quello strascico dell'operazione e il lieve attacco di febbre non
avevano importanza. « Lodevole pus », disse, scrutando le loro facce, «
solo lodevole pus. L'ho visto migliaia di volte. » «Ebbene, signore?»
domandò Stephen, quando furono tornati sul cassero. «Ebbene, signore»,
rispose Butcher, «c'è sepsi, come sapete benissimo; ma in quanto alla piega
che prenderà...» Butcher imitò con la mano il movimento incerto di una
bilancia e soggiunse: « Se gli succedesse qualcosa di molto positivo, se
ricevesse improvvisamente una buona notizia, potrebbe farcela; ma, stando
così le cose, forse sarebbe più saggio prepararsi a un esito sfavorevole.
Suppongo che non vogliate tentare qualche rimedio eroico ». «No. Siamo
in presenza di una costituzione fragile, molto 44 compromessa
dall'acrimonia, dalla scontentezza e dalle disgrazie domestiche. Andiamo a
vedere come sta il comandante Palmer. » # La corte marziale aveva già
deciso nel frattempo contro la richiesta di tre prigionieri di essere
processati individualmente; i capi di accusa contro ognuno di loro erano
stati letti con tutte le ne-cessarie, ma tediose, ripetizioni legali. E la ruota
che avrebbe girato lentamente fino a quando non fossero stati tutti appesi
per il collo era ormai in pieno movimento. Sull'identità degli imputati non
c'era quasi stata discussione. La descrizione di tutti gli ammutinati
ddì'Hermt'one a suo tempo era circolata in ogni base navale: « George
Norris, aiuto cannoniere, di anni ventotto; altezza cinque piedi e otto
pollici, colorito olivastro, capelli neri lunghi, costituzione snella; ha perso
l'uso della falange superiore dell'indice della mano destra, è tatuato' con
una stella sotto il capezzolo sinistro e con una giarrettiera intorno alla
gamba destra e il motto Honi soit qui mal y pense. È stato ferito a un
braccio da un colpo di moschetto». «John Pope, armaiolo, di anni
quaranta; altezza cinque piedi e sei pollici, carnagione chiara, capelli grigi,
costituzione robusta, sul braccio' destro un tatuaggio con il suo nome e la
data 12 dicembre. » Non era possibile discutere di fronte a tali prove e,
sebbene qualcuno affermasse di essersi imbarcato sotto un nome fittizio,
per evitare di essere arrestato per debiti o per non aver provveduto al
mantenimento di un figlio illegittimo, e sostenesse l'invalidità di un
processo nel caso di pseudonimia, di ciò non venne tenuto conto alcuno,
non sapendo che farsene una corte marziale della marea di cavilli che
andavano bene per l'Old Bailey; e la maggior parte degli accusati aveva
ammesso la propria identità. Ma fino a quel momento nessuno si era
dichiarato colpevole: colpevoli erano altri, avevano affermato, e alcuni di
loro non avevano avuto scrupolo di fare i nomi di coloro che avrebbero
partecipato attivamente all'ammutinamento. In quel momento, Aaron
Mitchell stava sostenendo appassionatamente che un ragazzo di sedici anni
non avrebbe potuto tenere testa alla furia violenta di duecento uomini, che
opporsi avrebbe significato morire e non sarebbe servito a niente, che
personalmente aveva provato orrore per la consegna della nave agli
spagnoli, ma che non aveva potuto fare nulla per impedirlo. 45 Le sue
parole contenevano una buona parte di verità, pense» Jack: un giovane di
quell'età avrebbe dovuto possedere una forza morale e un coraggio
straordinari per resistere alla prepotenza di uomini adulti, alcuni dei quali
veri bruti feroci e sanguinari, uomini che erano stati esasperati oltre ogni
capacità di sopportazione. Oltre ogni limite: Hugh Pigot, grazie all'enorme
potere conferito al comandante di una nave da guerra, aveva trasformato'
YHermione in un inferno galleggiante. La sera prima dell'ammutinamento
l'equipaggio stava terzarolando le gabbie: il comandante aveva urlato che
l'ultimo rimasto sul pennone di contromezzana sarebbe stato frustato. Le
punizioni inflitte da Pigot erano così temute che i due marinai all'esterno
del pennone, alle bo-rose sopravvento e sottovento, tentando di scavalcare
i compagni più vicini all'albero di mezzana per raggiungere paterazzi e
sartie, la naturali vie di discesa, erano precipitati sul ponte. Quando fu
riferito a Pigot che quegli uomini erano morti, il comandante si limitò a
dire: « Scaricate fuoribordo quei fannulloni ». Sì, ma per sua massima
sfortuna, quella di Mitchell era la linea di difesa adottata da tutti e ogni
ripetizione la indeboliva disa-strosamente. Perché rimaneva il fatto che gli
ammutinati non soltanto avevano ucciso Pigot, ma anche il primo, il
secondo e il terzo ufficiale, il commissario, il chirurgo, il segretario del
comandante, l'ufficiale dei fanti di marina, il nostromo e il giovane allievo,
cugino di Sir William; e la nave era stata consegnata al nemico. Il
carpentiere e il capocannoniere sopravvissuti dissero di non aver visto
nessun marinaio insultato o picchiato o ferito, tanto-meno ucciso, per
essersi opposto agli ammutinati. Eppure un marinaio dopo l'altro sostenne
di non aver avuto niente a che fare con l'ammutinamento, di essere stato
sopraffatto, di aver scongiurato in nome di Dio i loro compagni di pensare
a ciò che facevano, ma invano. Alcuni dei più istruiti parlarono
straordinariamente bene; altri appartenevano alla specie familiare dei
saccenti che usavano termini legali e cercavano d'intimidire i testimoni,
dicendo loro di ricordarsi che erano sotto giuramento e che lo> spergiuro
voleva dire morte in questo mondo e le fiamme eterne dell'inferno
nell'altro; ma la maggior parte di loro, impauriti dall'atmosfera che li
circondava e fiaccati dalla lunga prigionia, si limitavano a negare
ostinatamente, stolidamente, meccanicamente, a negare tutto. Eppure
ognuno di loro, nessuno escluso, si battè per difendere la propria vita con
tutta l'abilità e l'intelligenza che possedeva, pur sapendo che le speranze
erano minime. 46 In effetti non ve n'era nessuna. La corte era
assolutamente contro di loro e il processo era già deciso molto prima che
cominciasse. Prescindendo del tutto dall'orrore che quel particolare
ammutinamento suscitava, le prove contro quegli uomini erano
schiaccianti e, per essere doppiamente sicuri, a due di loro era stato
permesso di trasformarsi in delatori e di denunciare gli altri, con la
promessa di aver salva la vita. E, nonostante ciò, gli uomini resistevano,
lottando tra accuse e controaccuse, come se le decisioni della corte
potessero essere realmente influenzate dal loro comportamento. Jack li
ascoltò con espressione grave, attenta, sempre più abbattuto man mano che
le ore passavano. Alla sua sinistra sedeva il comandante Goole, presidente
della corte, e alla sua destra un comandante dai capelli grigi; di là da Goole
c'era Berry della Ja-son e di fianco a questi un giovane di nome Painter,
promosso di recente capitano di fregata e al comando della corvetta Victor.
Erano tutti assisi come un solido muro di blu e oro, tutti quasi con lo stesso
sguardo grave, impenetrabile e, davanti a loro, a un tavolo ricoperto
d'incartamenti, Stone, rappresentante dell'accusa, aiutato dai suoi
assistenti, dirigeva il gioco. Perché di gioco si trattava, di un gioco odioso;
e, come la maggior parte di questi, aveva le sue regole complicate, una
delle quali era che all'accusato dovesse essere permesso di dire la sua, di
controinterrogare i testimoni e di rivolgersi alla corte, così che lo
svolgimento avesse l'apparenza di un processo vero, imparziale. Vi era
qualcosa di profondamente sgradevole nell'interpretare un ruolo in quella
farsa solenne, qualcosa di orribilmente indecente nell'essere seduto sullo
scranno del giudice a osservare gli altri nella loro lotta senza speranza.
Jack non avrebbe potuto mettersi la mano sul cuore e giurare che al posto
del giovane Mitchell avrebbe rischiato la vita per l'infame Pigot:
probabilmente, tra quegli uomini, parecchi erano stati davvero travolti in
una neutralità terrorizzata, ma era assolutamente impossibile dire quali
fossero e in ogni caso chi testimoniava per l'accusa giurava che tutti gli
imputati, nessuno escluso, avevano impugnato le armi. Come desiderava
ora di averli ammazzati combattendo! Come rimpiangeva che il suo dovere
gli richiedesse di starsene seduto là, in quello squallore virtuoso! Non che
lo squallore fosse tutto dalla parte del tavolo sicura, ben vestita e ben
pasciuta; i prigionieri, magri, con il pallore della galera sul viso, sudici,
stracciati, dai capelli lunghi, le facce non 47 rasate, grotteschi al cospetto
delle impeccabili giubbe rosse dei fanti di marina, in molti casi si erano
ormai lasciati andare alle menzogne più spudorate e gettavano la colpa
ovunque ritenessero potesse restare attaccata. Ovviamente ciò era
abbastanza comprensibile da quel lato della cabina, ma questo non lo
rendeva meno ributtante. In passato, Jack aveva già visto crollare la pur
forte solidarietà tra i marinai. Aveva visto uomini su scialuppe affollate che
si allontanavano da una nave in procinto di affondare respingere i loro
compagni in acqua e perfino mozzare loro le dita quando si aggrappavano
alla falchetta. Ora, vedeva più o meno lo stesso spettacolo. Quando la corte
si aggiornò per un pranzo ritardato, il suo animo era veramente abbattuto,
tanto più in quanto sembrava evidente che il processo sarebbe durato per
un certo tempo. L'animo di Stephen Maturin non era molto più sollevato. Il
comandante Palmer, della Norfolk, aveva sofferto di una febbre quartana
acuta e di malinconia fin dai lontani mari del Sud: e dal momento che la
cassetta di medicinali di Butcher era affondata con la nave, lo aveva curato
Stephen, all'inizio con notevole successo. La febbre quartana si era ritirata
lentamente davanti alla corteccia e al sassafrasso dei gesuiti, ma, una volta
doppiato capo Horn verso est, la malinconia era andata continuamente
peggiorando. « Si taglierà la gola se non lo sorveglieremo », osservò
Butcher mentre si allontanavano. « Temo di sì », convenne Stephen. «
Eppure era sembrato che la tintura di laudano avesse avuto un effetto
radicale. Come vorrei trovare le foglie di coca, la pianta peruviana!
Potrebbero stimolare la mente abbattuta e infelice assai meglio del nostro
scialbo elleboro. » Furono interrotti dall'arrivo della scialuppa e Stephen
fece ritorno alla Surprise. Il suo comandante era salito a bordo senza
cerimonie, agganciandosi ai parasartie di sinistra pochi minuti prima, e
aiutò Stephen a scavalcare l'impavesata. « Hai pranzato? » domandò,
perché l'ora del pasto del quadrato era trascorsa da un pezzo. «Pranzato?
Forse no», rispose Stephen, «No, certamente non ho pranzato. » « Allora
vieni a mangiare un boccone con me: anche se », soggiunse, precedendolo
verso la cabina, « Iddio lo sa che non c'è niente come una corte marziale
per togliere l'appetito. » 48 «Diciassette minuti mancano, signore»,
annunciò Killick in tono cupo, come se fosse stato colto in fallo. « Sarebbe
che avevate detto alle quattro, giorno di corte marziale, avevate detto. » «
Non importa », ribattè Jack. « Di' al cuoco di darsi da fare e portaci lo
sherry mentre aspettiamo. » Non dovettero aspettare a lungo. Il cuoco di
Jack proveniva dalle Indie Orientali; era abituato a essere frustato se non
serviva prontamente i suoi padroni e, prima che fosse stato versato il
secondo bicchiere di sherry, una zuppa di pesce riempì la cabina dell'aroma
di zafferano, aragosta, granchi, bonito, cozze, altri frutti di mare e una
varietà di piccoli pesci corallini... pesci, vale a dire, che vivevano sulla
barriera corallina. Una zuppa splendida e che normalmente avrebbero
goduto fino all'ultima cucchiaiata; ma quella volta la rimandarono indietro
senza averla quasi toccata. « Hai chiesto all'ammiraglio del signor Barrow
e del signor Wray? » domandò Stephen quando la bistecca e il pasticcio di
rognone furono in tavola. « Sì, e mi ha detto che la situazione era immutata
», rispose Jack. «Grazie di essertene ricordato», disse Stephen, scostando
la crosta morbida e bianca con un cucchiaio. « Speriamo che il pasticcio
sia cotto. » Non espresse nessuna opinione sulla notizia, ma in realtà era
piuttosto soddisfatto. Sebbene il sofferente Bar-row fosse ancora
nominalmente secondo segretario dell'Ammiragliato, il suo lavoro era stato
svolto per un tempo considerevole da Andrew Wray, un uomo ancora
giovane e ben introdotto, che si era guadagnato la sua reputazione di
capacità al ministero del Tesoro. Stephen lo aveva incontrato molto tempo
prima che Wray avesse rapporti con la marina - era una conoscenza di
Jack* - ma aveva cominciato a frequentarlo solo quando Wray, in funzione
di secondo segretario, era venuto a Malta** per occuparsi di casi di
corruzione nell'arsenale e di una questione molto più grave: traditori
presenti nell'amministrazione dell'isola; a quanto sembrava, una persona in
una posizione elevata aveva fornito ai Servizi francesi informazioni
riservate della massima * Cfr. Patrick O'Brian, L'isola della Desolazione,
Longanesi, Milano, 1998. ¡Kd.11) ** Cfr. Patrick O'Brian, IL porto del
tradimento, Longanesi, Milano, 2000. (N.d.T.) 49 importanza. Ma non era
stato questo a farli incontrare; in quel periodo, Stephen aveva avuto
l'impressione che Wray, un novellino in quel lavoro altamente
specializzato e molto pericoloso, non godesse della piena fiducia di Sir
Joseph Blaine, il capo di Stephen e capo del Servizio d'informazioni della
marina, il quale naturalmente preferiva che i suoi agenti dessero prova
delle loro capacità e soprattutto della loro discrezione, prima di affidare
loro la vita degli uomini di un'intera rete. Tali reticenze erano molto
comuni nei Servizi d'informazioni e di controspionaggio, dove si poteva
essere ammessi nell'ingresso, per così dire, ma bisognava aspettare cinque
anni prima di raggiungere la stanza più importante. Perciò, sebbene
Stephen e Wray fossero in termini amichevoli e ascoltassero musica e
giocassero a carte insieme, carte straordinariamente sfortunate per Wray, il
quale doveva ora una piccola fortuna a Stephen, una fortuna poi non tanto
piccola, il dottor Maturin non aveva ritenuto opportuno parlargli del suo
lavoro nel Mediterraneo se non proprio all'ultimo momento, quando non
aveva avuto più scelta. In modo del tutto indipendente aveva identificato il
traditore e il suo collega francese, ma nel momento stesso in cui era entrato
in possesso di quella preziosa informazione era stato obbligato a lasciare
l'isola. Aveva quindi inviato con urgenza uno scritto a Wray, il quale si
trovava in Sicilia, rivelandogli tutto ciò che sapeva (e rivelandogli
naturalmente la propria identità), così che Wray potesse spazzare via tutta
l'organizzazione. Sfortunatamente, nonostante la cattura del traditore
inglese, l'importante agente francese era riuscito a fuggire, forse a causa
dell'inesperienza di Wray. Stephen aveva appreso tutto ciò a Gibilterra,
subito prima di salpare per la missione che lo avrebbe portato nei mari del
Sud; e pur non vedendo Wray, il quale sarebbe tornato in Inghilterra via
terra, aveva approfittato della sua offerta di portare una lettera a casa. Per
sabotare gli agenti francesi a Malta, Stephen si era servito di una
bellissima signora italiana; si era fatto vedere spesso con lei ed ella aveva
lasciato Malta per Gibilterra sulla Surprise. Si supponeva generalmente
che fosse la sua amante. Le voci della presunta relazione avevano
raggiunto Diana, una donna molto passionale e impulsiva, la quale gli
aveva scritto in termini molto passionali e impulsivi, e la lettera di Stephen
era destinata a dissolvere il suo risentimento per qualcosa che ella riteneva
non una condotta immorale (non aveva particolari obiezioni nei riguardi
della condotta immorale), ma un affronto pubblico intollerabile. 50 Per
colmo di sfortuna la lettera, data la situazione, non poteva essere del tutto
sincera; non poteva dire tutto ed egli contava sulle parole di Wray, o
piuttosto sul suo tono di voce, per farle intuire la verità di cui non poteva
scrivere. Desiderava anche conoscere ogni particolare del complotto
maltese e dei fatti che si nascondevano dietro il bizzarro suicidio del
traditore, particolari che sarebbero stati assai più preziosi venendo
direttamente da Wray e non filtrati attraverso il signor Barrow,
quell'inesauribile pallone gonfiato, o perfino attraverso Sir Joseph; poiché,
sebbene Sir Joseph (per il quale Stephen aveva raccolto un gran numero di
coleotteri e alcune farfalle) fosse un uomo di grande sagacia e di
vastissima esperienza e di una statura morale dieci volte superiore a quella
di Wray, non si era però trovato sul posto, a Malta. Inoltre Wray, anche se
non apparteneva alla classe di Sir Joseph, era pur sempre un uomo acuto,
di mente pronta, intuitivo e furbo. Forse troppo furbo: certamente troppo
portato alla bella vita e al gioco d'azzardo. A Stephen non dispiaceva;
verso la fine del suo soggiorno a La Valletta, aveva cominciato a trovarlo
un po' noioso, per la sua insistenza nel voler giocare a carte con lui,
accumulando perdite su perdite, sinché alla fine non era più stato in grado
di pagare e si era visto obbligato a chiedere a Stephen di aspettare; ma di
lui gli piacevano il profondo amore per la musica e il modo in cui aveva
ottenuto, o perlomeno facilitato, la promozione di Tom Pullings, il
comandante in seconda di Jack Aubrey, a dispetto dello sgradevolissimo
disaccordo tra Aubrey e Wray di qualche anno prima, un disaccordo del
quale Stephen non conosceva tutti i particolari, ma che avrebbe potuto
lasciare sentimenti di rancore in un animo maligno. In quanto alle
promesse di aiutare Jack a ottenere una fregata pesante nella base
nordamericana e a Pullings un comando in mare quale segno di gratitudine
per la pazienza avuta con lui, Stephen non era tanto ingenuo da ritenerle
vincolanti; e tuttavia non era un male averle ottenute. L'ingenuità non era
forse uno dei tratti caratteristici di Stephen; eppure non ne era totalmente
immune, tanto che non aveva mai sospettato la possibilità che Wray fosse
un agente francese. Né, era necessario ammetterlo, lo aveva sospettato
l'ancor meno ingenuo Sir Joseph, la cui sola obiezione nei riguardi di Wray
era la sua inesperienza, la sua natura poco adatta a quel genere di lavoro e
la sua mancanza di discrezione. Né Stephen, né Sir Joseph potevano
concepire la possibilità che una qualsiasi or51 ganizzazione francese
reclutasse un libertino costoso, giocatore, frivolo, inaffidabile e loquace,
per quanto furbo e brillante. E nemmeno potevano concepire che Wray e il
suo amico Ledward, più intelligente e più potente di lui ma meno
mondano, anch'egli ardente ammiratore di Napoleone, fossero in effetti gli
autori delle oscure trame a Whitehall che tendevano a screditare Sir Joseph
e i suoi alleati, per sostituire Blaine con l'inesistente Barrow, il quale
avrebbe potuto essere manipolato facilmente anche se fosse tornato
all'esercizio attivo del potere; trame che avrebbero dato a Wray e a
Ledward, se avessero avuto successo, la possibilità di accedere a quel
curioso organo, così rarefatto da essere quasi un fantasma, conosciuto
semplicemente come il Comitato, che raccoglieva le informazioni al più
alto livello, frutto delle attività dei vari Servizi segreti inglesi e alleati. E
per coronare il tutto, nel breve periodo in cui lo aveva frequentato, Stephen
non si era accorto che Wray aveva in realtà un animo maligno e
vendicativo. Odiava Aubrey a causa di quel lontano dissidio e
nell'Ammiragliato lo aveva danneggiato quanto aveva potuto. Non odiava
Stephen se non in quanto amico di Jack e agente segreto che aveva
eliminato molti suoi colleghi francesi, ma, se ne avesse avuto l'occasione,
lo avrebbe certamente consegnato alla parte avversa. « Mi farà piacere
rivederlo », disse Stephen. « A parte ogni altra considerazione, mi deve un
bel mucchio di quattrini, sì, sì. » « Di chi parli? » domandò Jack, perché
parecchi minuti e una bistecca da una libbra seguita dal pasticcio di
rognone si erano frapposti tra la sua risposta e l'osservazione dell'amico, e
il pasticcio di rognone sortiva un effetto d'intontimento maggiore sotto il
sole dei tropici che a sud di capo Horn. « Di Wray », rispose Stephen e in
quel mentre dalla Surprise si levò un'acclamazione diretta a una scialuppa
in avvicinamento. Nella successiva confusione di muggiti si distinse
chiaramente la parola «lettera». « Killick, presto, in coperta a vedere se è
arrivata posta », ordinò Jack. Attesero entrambi immobili, la forchetta a
mezz'aria. Stephen era oltremodo ansioso di conoscere l'effetto della sua
prima lettera a Diana e di quelle che aveva inviato dal Brasile e dal lontano
Atlantico meridionale, e Jack, che non vedeva l'ora di sapere ciò che
Sophia aveva da dirgli sulla visita di Samuel, era altrettanto inquieto. 52
«No, signore», disse Killick, rientrando. «Solo una lettera per il signor
Mowett dal comandante Pullings. La nave svedese ha comunicato alla
voce con quella dove lui era passeggero e si sono messe in panna per
mezza clessidra, per chiacchierare un po'; e il comandante Pullings ha
scritto in fretta e furia questa lettera. Per il signor Mowett. La svedese dice
che tornerà in Inghilterra una volta scaricati gli americani e che, se
abbiamo posta, sarà ben felice. » « Vale la pena di scrivere? » domandò
Stephen. «Ne dubito», rispose Jack, la cui lettera a puntate a Sophia, lunga
ormai come un libro, si era interrotta bruscamente il giorno in cui era
arrivato Sam. « Siamo a poco più di mille leghe da casa, è probabile che
arriviamo prima noi: la nave svedese è solo un mercantile dalla poppa alta,
sai. Non che lo desideri poi tanto », soggiunse a bassa voce; e a Killick: «
Chiediamo al signor Mowett se gradisce una tazza di caffè con noi ». Il
comandante in seconda comparve contemporaneamente all'aroma del caffè
e la sua faccia raggiante illuminò tutta la cabina, una faccia anche in tempi
normali aperta, giovane e simpatica, molto piacevole a vedersi, ma che in
quell'occasione irradiava una tale gioia che loro sorrisero, nonostante il
malumore. « Allora, James Mowett, mio caro », lo accolse Stephen, « che
e e? » « Le mie poesie saranno pubblicate, signore. Pubblicate in un libro!
» Rise forte di pura felicità. «Be', mi rallegro con voi, davvero», esclamò
Jack, stringendogli la mano. « Killick! Killick! Una bottiglia di buon
cognac di Nantes. » « Sarebbe che sto già andando a prenderla, no? »
rispose Killick, ma a voce non molto alta: aveva udito tutto, naturalmente,
e, sebbene non accadesse ogni giorno che un ufficiale di marina
pubblicasse un volume di poesie, sapeva esattamente come andasse
celebrato un evento del genere. Il vecchio Tom Pullings, a quanto pareva,
aveva avuto in consegna il manoscritto e il caro vecchio Tom Pullings
aveva trovato un editore formidabile, un tipo splendido che voleva darlo
alle stampe per il primo di giugno, il «glorioso primo giugno».* * II primo
giugno 1794 la flotta britannica conseguì una vittoria sui francesi a ovest
dell'isola Ouessant (chiamata Ushant dagli inglesi), la prima dal 1782,
perciò i contemporanei denominarono quel giorno il «glorioso primo
giugno». (N.d.T.) 53 Quel gentiluomo generoso, magnifico amava la
poesia e amava la marina, e aveva fatto un'offerta assolutamente
straordinaria: Mowett avrebbe dovuto pagare soltanto il costo della stampa
e della carta e quanto necessario per divulgare la notizia della
pubblicazione, oltre a sborsare una piccola somma per l'invio del libro ai
giornali, e avrebbe avuto la metà degli utili! Il gentiluomo aveva detto che
Murray, una casa éditrice molto meno importante della sua, aveva venduto
cinque edizioni del volume di Byron in nove mesi e il libro di Byron non
era altrettanto lungo. Tom aveva accettato l'offerta all'istante, non si era
lasciato sfuggire la marea favorevole. Il gentiluomo pensava che il libro,
composto in corpo dodici, avrebbe fatto una gran bella figura in ottavo
reale a mezza ghinea, con la copertina rilegata. I diritti sul libro,
naturalmente, e glieli lasciava ben volentieri, sarebbero stati dell'editore,
che avrebbe potuto rifiutare tutte le opere successive di Mowett alle stesse
condizioni. « Che cos'è un corpo dodici? » domandò Jack. «Lo sa Iddio,
signore», rispose Mowett, ridendo allegramente. «Lo chiederò al signor
Martin. Sa tutto di libri. » « Invitiamolo a partecipare al trionfo della nave
e a spiegarci gli aspetti tecnici della pubblicazione», propose Stephen. Al
tempo in cui era un giovane ecclesiastico senza beneficio, Martin aveva in
effetti trascorso tra i librai qualche anno misero, pieno di ansia e
straordinariamente faticoso, come traduttore, redattore e perfino come
correttore di bozze; sapeva molte cose del mestiere e capì subito che il
gentiluomo di Mowett aveva una somiglianzà con Barabba in certo modo
più spiccata di altri. Ma dopo solo un istante di perplessità, si unì alle
congratulazioni generali e poi spiegò (non senza una certa soddisfazione,
avendo sofferto non poco a causa di barbe di gatto e di porche), che il
corpo era la misura della grandezza di un carattere che si esprimeva in
punti tipografici e che tutti i libri in folio, in quarto, in ottavo, in
duodecimo o anche di dimensioni più piccole prendevano il loro formato
dai fogli originali piegati due, quattro, otto volte e così via, a seconda dei
casi, i fogli originali avendo a loro volta nomi e formati vari, quali
protocollo, atlantico, corona, realino, realone e molti altri di più. Parlò poi
delle spaventose difficoltà della distribuzione, dell'impenetrabile mistero
per cui alcuni libri venivano comprati e altri no, e della parte svolta dai
recensori, che descrisse come un miscuglio di gentiluomini di lettere, di
ruffiani e di vecchi rimbambiti e corrotti. 54 Parve a un certo punto che
l'argomento non potesse essere esaurito, ma Mowett era una creatura
beneducata; si controllò nel bel mezzo delle congetture sulla pagina di
copertina (di un ufficiale di grado elevato avrebbe potuto incutere rispetto
ammirato ai critici o sarebbe stato più indicato un semplice di J.M., della
Royal Navy?). Disse quindi: «Naturalmente, signore, Tom vi manda i suoi
migliori omaggi, saluta anche con affetto tutto il quadrato e mi chiede di
riferirvi che la traversata fino in patria è stata assolutamente straordinaria,
la nave corsara più pesante e più veloce che avesse mai visto gli ha dato
una caccia spieiata, tanto che, pur essendo la Danaë veloce - cosa che noi
sappiamo molto bene, ah, ah, ah -, è stato costretto a una fuga
stupefacente. Coltellacci, vele aggiunte sopra e sotto, scopamare, lo
spiegamento completo; ma anche così sarebbe stato catturato, se una sera
tardi, in una raffica, alla corsara non si fosse lacerata la trinchettina».
«Deve trattarsi della Spartan», opinò Jack. «Me ne parlava l'ammiraglio:
un'impresa comune franco-americana specializzata nei mercantili delle
Indie Occidentali. Se questi provengono dall'Inghilterra, li porta a New
Bedford; se invece stanno tornando in patria, forza il blocco e trasferisce il
carico nelle chasse-marées al largo della costa francese. La sua zona di
caccia in genere è sopravvento alle Azzorre. » « Sì, signore. È là che ha
cominciato l'inseguimento della Danaë. E, secondo Tom, era di un'astuzia
diabolica: proprio uguale a una nave da guerra portoghese, tutto perfetto,
insegna, uniformi, segnali e tutto il resto, tanto che le ha permesso di
avvicinarsi quasi a tiro di cannone prima di fiutare l'imbroglio e di
filarsela. Uguale a una nave da guerra, davvero. » « Ma una nave corsara
non è una nave da guerra? » domandò Stephen. Jack e Mowett strinsero le
labbra con aria di disapprovazione. « Be' », rispose Jack dopo un istante, «
suppongo che in senso stretto potrebbero essere chiamare navi da guerra,
navi da guerra private; ma non lo fa nessuno. » «Alcuni le chiamano lettere
di corsa o di marca», osservò Mowett. « Ha un suono leggermente
migliore. » «Io non so assolutamente niente di navi corsare», ammise
Martin. «Sono velieri armati e attrezzati per combattere il nemico, spesso a
opera di mercanti e armatori che non possono svolgere i 55 loro commerci
a causa della guerra », spiegò Jack. « L'Ammiragliato da loro lettere di
corsa e di rappresaglia. Hanno l'autorizzazione a catturare le navi della
nazione nemica nominata nella lettera e, se queste navi sono giudicate
buone prede, le possono avere, proprio come succede a noi. E hanno anche
i premi in denaro come nella marina: cinque sterline per ogni uomo a
bordo della nave nemica all'inizio dell'azione. » «Allora è quasi come la
marina, tranne per il fatto che il re non deve provvedere al bastimento...
alla nave, voglio dire. » « Oh, no! » esclamò Jack. « È ben diverso. » «
Non è affatto la stessa cosa », rincarò Mowett. «Ho sentito parlare spesso
con forte riprovazione delle navi armate per la guerra di corsa», osservò
Stephen. «Per esempio: 'Cane di un corsaro, vattene via'. Certamente è un
termine spregiativo. » «Perdonate la mia ottusità», intervenne Martin, «ma
se entrambe le categorie di navi, pubbliche e private, con l'autorizzazione
del governo attaccano il nemico, catturando legalmente i suoi mercantili e
disturbando il suo commercio, non riesco a vedere la distinzione. » «
Dovete considerare, mio caro signore », disse Stephen, « che la nave
corsara è in primo luogo interessata al denaro e vive dei mercantili
catturati, laddove i gentiluomini della marina britannica vivono
essenzialmente di gloria e hanno in dispregio il guadagno. » Jack e Mowett
scoppiarono a ridere, ma non così di cuore quanto Martin e Stephen, i
quali avevano ben visto i gentiluomini della marina britannica inseguire i
mercantili con gli occhi fuori dalla testa e con ogni nervo e muscolo
vibranti per la tensione; e J ack
64 «A sinistra», disse Jack a Bonden e, non appena la lancia ebbe
raggiunto la nave, salì a bordo rapidamente, lanciò un'occhiata a prua e a
poppa, vide che tutto procedeva regolarmente e disse: « Signor Mowett:
all'ammiraglia: Si chiede l'autorizzazione a salpare ».

CAPITOLO III

e non fosse stato per la prospettiva d'incontrare una corvetta o una fregata
americana o francese o una nave armata per la guerra di corsa, quell'ultimo
tratto del loro viaggio sarebbe stato malinconico, una traversata che
probabilmente avrebbe portato la Surprise al cantiere di demolizione. Gi
ufficiali e i marinai, un equipaggio particolarmente unito, avrebbero potuto
affermare in tutta verità che, ben manovrata, essa era ancora una delle navi
più veloci della sua classe di tutta la marina britannica, che la solidità dei
suoi legni era notevole e che si trattava di un veliero sano oltre che felice e
di grandi qualità veliche; ma restava il fatto che da quando la Surprise era
stata costruita, negli anni '80 del secolo precedente, le fregate erano
diventate molto più grandi e portavano cannoni molto più pesanti. La
Surprise era rimasta indietro e non avrebbe potuto attaccare una moderna
fregata americana più di quanto non potesse attaccare un vascello di linea.
Esistevano ancora alcune fregate francesi con le quali uno scontro sarebbe
stato possibile, ma queste lasciavano raramente il porto, e la sola reale
probabilità di un combattimento, per quanto riguardava le marine
nazionali, era contro una corvetta; non vi era gloria però nello sconfiggere
una corvetta, ma solo l'ignominia in caso di fallimento, e la Surprise
riponeva le sue speranze principalmente nelle navi corsare che attaccavano
di continuo i mercantili inglesi e perfino quelli dei Paesi neutrali in
navigazione tra il Vecchio e il Nuovo Mondo; e soprattutto nella Spartan,
così tristemente celebre. Ovviamente non vi era gloria immortale nella
cattura di una nave corsara, pur particolarmente pesante e potente, ma
sarebbe stata un'impresa onorevole, veramente onorevole; e, in mancanza
di un'avversaria più degna, sarebbe stato un bel finale della missione.
Inoltre, sebbene nessuna nave da guerra, pubblica o privata, potesse
paragonarsi a un grasso mercantile in fatto di volgare, tangibile profitto, la
Spartan avrebbe costituito una preda per nulla trascurabile: era
notevolmente veloce, costruita da poco tempo in un ottimo arsenale e, se
non fosse stata troppo malridotta, certamente l'Ammiragliato l'avrebbe
comprata; non bisognava poi dimenticare il premio per capo, cinque
sterline per ogni uomo, e la Spartan aveva a bordo un equipaggio
numeroso. La cercarono, dunque, con uno zelo maggiore del solito, e lo 66
fecero a dispetto della sensazione di molti a bordo che la fortuna avesse
abbandonato la nave. O, se non la nave, perlomeno il suo comandante, il
che poi era la stessa cosa. Tale convinzione era più forte tra gli uomini che
erano stati pescatori o balenieri, perché troppe volte avevano visto come
tra due comandanti, di pari esperienza e capacità, a pesca nelle stesse
acque e con la stessa attrezzatura, uno fosse tornato a casa con le stive
piene e l'altro no. Era una questione di fortuna, una qualità o meglio un
influsso che talvolta si esercitava in un'unica direzione, buona o cattiva che
fosse, e talvolta mutava come una marea, ma una marea in cui la colma e
la giosana ubbidivano a leggi che i comuni mortali non potevano
comprendere. I balenieri ne erano convintissimi, ma lo erano anche molti
altri, compresi alcuni che avevano prestato più a lungo servizio sulla
fregata e che erano più affezionati al suo comandante, uomini che erano
stati imbarcati su navi da guerra fin dall'inizio della loro carriera.
Esistevano credenze varie e alcune differenze importanti nei particolari,
ma in linea di massima tutti ritenevano che la fortuna e la sfortuna
avessero poco o niente a che vedere con la virtù e il vizio, con l'amabilità o
il suo contrario. La fortuna non era una questione di merito. Era un dono
gratuito, come la bellezza in una donna molto giovane era indipendente
dalla persona che adornava; la sfortuna, invece, così come la bellezza
poteva, per esempio, essere sciupata da una capigliatura crespa, poteva
sicuramente essere provocata da certi comportamenti quali essere
orgogliosi in modo esagerato, vantarsi dei successi o dimostrare un empio
disprezzo per le tradizioni. Un cappellano, per esempio, portava sfortuna,
eppure a bordo c'era il signor Martin. Il reverendo Martin era una persona
buona, gentile, per nulla superba, che non si tirava indietro nel dare una
mano al dottore nell'infcrmeria o nello scrivere una lettera ufficiale per un
marinaio o nell'insegnare a leggere ai mozzi; ma era un cappellano e
questo non lo si poteva negare. I coltelli con il manico bianco portavano
notoriamente sfortuna, come i gatti; eppure la missione era iniziata con gli
uni e con gli altri. Ma cose del genere e perfino colpe più gravi contro le
antiche tradizioni del mare non erano niente, assolutamente niente, se
paragonate al prendere a bordo un Giona, e un Giona era stato imbarcato a
Gibilterra nella persona del signor Hollom,* un * Cfr. Patrick O'Brian, Ai
confini del mare, Longanesi, Milano, 2001. (N.d.X) 67 aiuto nocchiere di
trentacinque anni. Si sarebbe potuto supporre che la sfortuna fosse stata
eliminata con la morte di Hollom, ma niente affatto, perché una vera e
propria maledizione si era abbattuta sulla nave quando, sull'isola di Juan
Fernández, Horner, il capocannoniere, aveva dapprima ucciso Hollom e la
signora Horner, che erano amanti, e poi si era impiccato nella sua cabina
qualche giorno più tardi, al largo delle coste del Cile. Qualcuno riteneva
che la maledizione non esistesse più, dato che il capo-cannoniere era stato
gettato in mare cucito in una branda, con due palle da cannone ai piedi;
altri sostenevano il contrario. A chi obiettava che la Surprise aveva
comunque ripreso al nemico un buon numero di navi, Plaice, il più anziano
e rispettato profeta di sventure, rispondeva, sì, ma le ricatture, per quanto
benve-nute fossero, non erano proprio come prede vere e proprie e
comunque l'ultima baleniera era stata ricatturata giusto nella zona di
comando dell'ammiraglio Pellew, il che rendeva all'istante la sfortunata
barchetta e il suo sfortunato comandante più poveri di ottomila dollari.
Ottomila stramaledetti dollari! Non si riusciva nemmeno a concepire una
somma del genere. Se quella non era una maledizione, a Joseph Plaice
sarebbe piaciuto sapere che cos'era una maledizione. E poi, ancora, il
dottore, che non aveva mai, mai mancato un colpo con il coltello, con la
sega o con il trapano (e a quel punto Plaice si batteva il dito sulla zucca,
dove una moneta da tre scellini, forgiata a cupoletta, copriva il foro preciso
che Stephen vi aveva praticato nel viaggio di andata), il dottore aveva
perso il suo ultimo paziente, il chirurgo delYlrresi-stible, cosa che non solo
lo aveva abbattuto crudelmente, ma era anche una chiara dimostrazione di
sfortuna: e se si volevano altre prove, bastava cercarle un po' più a poppa.
Che cosa, se non una maledizione straordinaria, avrebbe potuto portare
l'incidente del comandante dritto ad Ashgrove Cottage, con Madama in
casa e forse anche con Mamma Williams? Le discussioni sulla fortuna e la
sfortuna della fregata erano state in gran parte generali e, dopo l'appello,
gli uomini avevano esposto le loro opinioni nella cucina durante la prima o
la seconda comandata, oppure sulle coffe o a bassa voce sul castello nel
giorno di cucito e rammendo; ma questa particolare conversazione era
riservata agli uomini che erano con Jack fin dal suo primo comando e che
lo avevano seguito in terraferma durante la pace e nei giorni in cui non
aveva una nave. Da scapoli benestanti, Jack Aubrey e Stephen Maturin
avevano equipaggiato Mei68 bury Lodge* unicamente con marinai e, dopo
il matrimonio di Jack, Preservato Killick, il suo famiglio, Barret Bonden, il
suo timoniere, Joseph Plaice, cugino di Bonden, e due o tre altri lo
avevano seguito nella sua nuova casa; sapevano esattamente ciò che
significava Ashgrove Cottage, avendone lavato i pavimenti, pitturato gli
infissi e lucidato gli ottoni come se fosse stata una nave. E naturalmente
conoscevano tutta la famiglia, dalla signora Williams, la suocera del
comandante, a George, il più piccolo dei suoi figli; ma, in quel contesto,
per loro come per lo stesso Jack, Ashgrove Cottage voleva dire Sophia
Aubrey. L'ammiravano tutti moltissimo; ma soprattutto avevano per lei un
rispetto quasi religioso. Sophia era davvero rispettabile, gentile e bella,
assai più che bella, ma dal momento che quegli uomini non erano mai stati
prima di allora in contatto con donne amabili e rispettabili, era possibile
che l'avessero messa su un piedistallo, cosa pericolosa questa, essendovi
qualcosa di quasi terribile in una simile superiorità. Sapevano anche, però,
che era figlia di sua madre (per quanto improbabile potesse sembrare) e la
signora Williams, una donna grassoccia, scura di capelli e sempre rossa in
volto, era una vera tiranna, una di quelle donne che rendevano la virtù
decisamente poco attraente: il minimo sospetto di sottrazione di fondi, di
assenza ingiustificata o d'immaginaria mancanza di rispetto da parte del
personale domestico faceva aumentare il volume di suono della signora
Williams fino al limite estremo dell'estensione vocale femminile; ma era
soltanto un'illusione, questa, perché non appena un caso d'impudicizia in
un uomo o in una donna cadeva sotto la sua attenzione, quei limiti
venivano lasciati molto, molto indietro, ridotti a poco più di un mormorio
di ruscello lontano. Era vero che Sophia non rimbrottava, non sgridava,
non urlava mai: non una parola dura, nessuno cacciato via, nessuna
minaccia di dannazione eterna; ma in questo era figlia di sua madre, anche
se in questo soltanto, e cioè non accettava, assolutamente non accettava, la
minima mancanza in quel settore. La produzione di bastardi poteva anche
essere alla moda, ma non per la signora Aubrey. «Aye», disse Bonden, «un
diavolo di incidente, perdio. Non è possibile nemmeno per lei sbagliare su
quella polena, anche se è di un colore scuro. Un diavolo di incidente. Uno
potrebbe anche pensare di poter fare un piccolo passo falso, una volta ogni
* Cfr. Patrick O'Brian, Costa sottovento, Longanesi, Milano, 1996.
(N.d.T.) 69 tanto, potrebbe, senza vederselo sbattere in faccia a vent'anni di
distanza. Un diavolo di dannato incidente. Ma non vuoi mica dire che c'è
una maledizione sulla nave. No. Vuoi dire solo che, per il momento, la
fortuna del comandante se n'è andata. » « Puoi dire quello che vuoi, Barret
Bonden », ribattè Plaice, « ma io sono più vecchio di te e dico che su
questa barchetta qui c'è...» « Attento, Joe », intervenne Killick, « quel che
nomini, chiami, lo sai. » « Come? » domandò Joe Plaice che era un po'
duro d'orecchio. « Quel che nomini, chiami, Joe », ripetè Killick
mettendosi il dito sulle labbra. «Oh», disse Plaice, riprendendosi. «Hai
ragione, amico.» Eppure, sebbene Plaice e altri come lui fossero decisi a
veder nero e sebbene tutti sapessero che lo spettro del capocannonie-re
seguiva la scia della fregata, la maggioranza degli uomini non si
comportava di conseguenza, né era cupa e malinconica. Riuscivano a
conciliare l'inconciliabile forse meglio dei terrazzani; e su una nave che
non poteva aspettarsi niente di buono, attendevano con entusiasmo ansioso
la prossima vittima, il prossimo successo. Con entusiasmo e con allegria,
perché, sebbene fossero, come aveva fatto notare Plaice, di ottomila dollari
più poveri a causa della parte dell'ultima nave ricatturata dovuta
all'ammiraglio, restavano pur sempre da spartirsi le prime navi, non
compromesse da quel vile dodicesimo, e restavano dopotutto i rimanenti
undici dodicesimi dell'ultima; così che, anche tenendo conto dei compensi
esosi degli ispettori e delle altre spese legali, si calcolava che a ciascun
marinaio semplice sarebbe spettato un premio di cinquantatré sterline,
tredici scellini e otto pence, e a ogni marinaio classificato abile, e quasi
tutti quelli della Surprise lo erano, la metà di quella somma in più, un bel
gruzzoletto davvero. Ciò non impediva loro di desiderare di più, molto di
più: in generale la speranza era di raggranellare abbastanza quattrini da
poter aprire un pub, ma in pratica quasi tutti si sarebbero accontentati di
altri dieci dollari o giù di lì, distribuiti al cabestano, con i quali
gozzovigliare perbene a Fayal o in qualunque altro porto delle Azzorre. Le
Azzorre erano però molto lontane e, con le brezze leggere, incostanti,
stranamente fuori stagione, e con le bonacce che la 70 Surprise incontrò
pochi giorni dopo aver lasciato Bridgetown, sembravano decise a restare
dov'erano. Per una volta nella sua carriera navale, il comandante Aubrey
non cercò di sfidare la natura: con quel poco vento spiegò certamente una
nobile piramide di vele, dai coltellacci volanti agli scopamare, ma non le
bagnò con le pompe e con i secchi d'acqua per guadagnare poche iarde
all'ora, né fece calare in mare le scialuppe per rimorchiare la nave durante
le calme di vento. La fregata procedette sobriamente verso nord-est o il più
possibile verso nord-est, per quanto lo permettevano i venti, e il suo
comandante passeggiò sobriamente sul cassero, prua poppa, poppa prua,
diciassette passi dal fìlareto al coronamento, un mezzo giro e ritorno, quasi
esattamente un miglio ogni cento mezzi giri. Su e giù, passando davanti
alle stie dei polli a poppa della ruota e alla contemplativa Aspa-sia, la
capra, che era rimasta su quel ponte nel gelo più intenso e con il vento più
furioso e che ora si crogiolava al sole, scuotendo la barbetta, gli occhi
chiusi. Talvolta il comandante percorreva la distanza tra Portsmouth e
Ashgrove Cottage, immaginando la strada bianca, l'aperta campagna, i
boschi; ma molto più spesso rimuginava ansiosamente sullo stato dei suoi
affari, legali e finanziari, e sul probabile atteggiamento di Sophia verso di
lui ora che aveva visto Sam. In quanto alle faccende legali, senza aver
ricevuto notizie da casa, non sarebbe servito a nulla arrovellarsi prima di
aver visto i suoi avvocati, perché non disponeva di nessun elemento in più
rispetto a quando era partito su cui formarsi un'opinione; e in quanto al lato
finanziario, le prede gli avrebbero fruttato circa diecimila sterline per le
quali era profondamente grato. Non sarebbero state di sicuro sufficienti a
liberarlo dai debiti, se le cose fossero andate veramente male per lui in
patria, ma gli davano un certo respiro, un notevole respiro. E per quel che
riguardava Sophia, nei giorni di maggiore ottimismo diceva a se stesso che
sua moglie non aveva assolutamente nessun motivo per prendersela con
lui; in quel tempo lontano, egli non la conosceva nemmeno e certamente
non le aveva giurato fedeltà. No, Sophia non aveva il diritto di lamentarsi.
Tali riflessioni ansiose a proposito della consorte gli si affacciavano
sempre alla mente quando essa era già occupata dai pensieri di ipoteche e
avvocati, a meno che non fossero le riflessioni a precedere quei pensieri;
poiché non soltanto era attaccatissimo alla moglie, ma, come per i suoi
compagni di navigazione, anche per lui una donna veramente virtuosa era
fonte di un certo timore reverenziale. Quanto 71 fosse grande questo
timore lo si poteva misurare dal numero di volte in cui ripeteva che Sophia
non poteva assolutamente avercela con lui, soggiungendo ogni tanto:
«Forse è possibile che Sam le sia perfino piaciuto ». In quanto alla signora
Williams, se mai avesse tirato fuori l'argomento, l'avrebbe semplicemente
pregata di non fare mai più menzione della faccenda: le avrebbe parlato
con molta fermezza, l'avrebbe fatta sentire in colpa, altrimenti avrebbe
potuto dire addio alla pace in famiglia. Ma quei primi giorni dorati e quasi
senza vento non furono tutti trascorsi in pensieri ansiosi: ben lungi. Nelle
mattine in cui la nave era immobile, rispecchiata su un mare perfettamente
liscio e lucente, le vele afflosciate e appesantite dalla rugiada, Jack si
tuffava dall'impavesata, mandando in frantumi il riflesso della nave
sull'acqua e allontanandosi a nuoto, lasciandosi dietro l'incessante,
necessario baccano di duecento uomini che si affrettavano ai loro compiti
o facevano colazione. Là galleggiava, circondato da un'infinità di mare
sotto l'intero emisfero di cielo già pieno di luce; e poi il sole si levava sulla
linea dell'orizzonte a oriente, rendendo candide e abbaglianti le vele in
rapida successione, trasformando via via il colore del mare fino a un altro
azzurro indefinibile e riempiendo il suo cuore di gioia. E molte altre cose
gli davano un'intensa soddisfazione. Sebbene il mar dei Sargassi fosse
quell'anno più a est del solito, ne attraversarono molto lentamente
l'estremità occidentale a nord del tropico e fu un vero piacere osservare
Stephen e Martin, trasportati sulla iole dall'inesauribile pazienza di
Bonden, rovistare nel tappeto di alghe e fra i suoi abitatori: ancor più
piacevole era vedere i loro volti raggianti quando risalivano a bordo,
tenendo strette le loro incredibili collezioni. Un motivo di soddisfazione
erano anche i suoi giovani gentiluomini. Le circostanze lo avevano
costretto, decisamente contro la sua volontà, a prendere a bordo sei
bambocci, alcuni alla loro prima traversata, mocciosi di nessuna utilità né
per gli uomini né per le bestie. Ma era sempre stato un comandante
coscienzioso ed essendo quei mocciosi tutti figli di ufficiali di marina
aveva deciso di fare del suo meglio per loro: non solo aveva preso a bordo
un maestro, ma si era anche accertato che quel maestro, il quale era anche
il cappellano di bordo, sapesse insegnare il latino e il greco. Aveva sofferto
molto per la mancanza d'istruzione e desiderava che quei ragazzi avessero
una cultura, che diventassero creature per le quali la differenza tra un
ablati72 vo assoluto e un nominativo con l'infinito fosse evidente come
quella tra una nave e un brigantino; sosteneva perciò gli sforzi del signor
Martin con incoraggiamenti personali, talvolta somministrati alla vittima
distesa sull'affusto di un cannone, con le natiche scoperte, ma più spesso
sotto forma di sontuose prime colazioni nella cabina del comandante o di
pudding allo strutto inviati sottocoperta. I risultati non erano forse proprio
quali avrebbe sperato, dal momento che la pratica dell'arte marinaresca,
spesso in condizioni avverse, doveva avere la precedenza, e non sembrava
probabile che un Bentley o un Porson* sarebbero usciti dall'alloggio degli
allievi della Surprise per stupire il mondo, e tuttavia Jack poteva giurare
senza inganno che quello della sua fregata era il più erudito alloggio allievi
di tutta la marina. Spesso, durante la seconda comandata, usciva in coperta
e chiamava il gabbiere di guardia perché si unisse a lui nella sua
passeggiata, chiedendogli al tempo stesso di declinare un nome latino o di
coniugare un verbo greco. « Sono ragazzi decenti », diceva. « Hanno
discrete basi nella navigazione semplice e sufficienti nozioni di arte
marinaresca, in particolare Calamy e Williamson, vecchi lupi di mare
ormai. E con tutto questo latino e greco, be', le loro famiglie stenteranno a
riconoscerli. » Era senza dubbio vero, perché, in aggiunta al latino e al
greco, avevano imparato molto sulle elevate latitudini meridionali, sul
freddo estremo, sulle privazioni e sui primi stadi dello scorbuto. Nel corso
di quell'apprendistato, Boyle aveva avuto tre costóle rotte, Calamy era
diventato calvo e anche se da poco cominciava a rispuntargli una peluria,
non era un gran bello spettacolo; Williamson aveva perduto più di un dito
del piede e la punta di entrambe le orecchie per il gelo; Howard sembrava
intontito in permanenza e la mancanza di denti lo faceva sembrare
vecchissimo, mentre Blakeney e Webber erano cresciuti di colpo, tutti
goffaggine, stinchi, polsi e voci sgraziate. Avevano anche familiarizzato
con la morte violenta, con l'adulterio e con il suicidio; ma tali conoscenze
non parevano opprimerli e rimanevano sciocchi, allegri, prontissimi a
correre e a saltare sulle sar* Richard Bentley (1662-1742), celebre erudito
divenuto rettore del Trinity College di Cambridge. Richard Porson (1759-
1808), emerito studioso dei classici, professore di greco all'università di
Cambridge, noto anche per la prodigiosa memoria che lo rendeva capace
di ripetere interi capitoli di libri dopo averli letti soltanto una volta.
(N.d.T.) 73 tie più alte come scimmie, a poltrire sulle brande la mattina e a
trascurare i propri doveri non appena si presentava un'occasione di
divertimento altrove. Le scorte della Surprise costituivano per il
comandante un altro motivo di soddisfazione, le stive così ben riempite a
Bridgetown per ordine diretto e ripetuto dell'ammiraglio. Insieme con il
nostromo e il carpentiere, Jack era stato costretto a riflettere così a lungo
prima di usare poche braccia di cordame o un paio di tavole di abete che
l'aggirarsi tra le balle, le ruote delle gomene addugliate, i barili, aspirando
l'odore della pece, della pittura, delle cime nuove, della tela da vele e del
legno tagliato di fresco gli procurava un piacere fisico. Aveva fatto caricare
a bordo anche provviste personali, in modo da poter ricambiare gli inviti a
pranzo, intrattenendo i suoi ufficiali con un certo stile, secondo il costume
tradizionale: era affezionato a tutti loro e aveva un profondo rispetto per le
tradizioni della marina. Ma il vero motivo della sua soddisfazione era
naturalmente la nave. Gli sembrava che non avesse mai navigato così bene
e che il suo equipaggio non si fosse mai adoperato tanto e così volentieri;
sapeva che quello sarebbe stato quasi certamente l'ultimo tratto del suo
ultimo viaggio, ma da molto tempo ormai sapeva anche come fosse
destinata a morire, e quella consapevolezza si era trasformata in un dolore
sordo, sempre presente sullo sfondo, così che ora non si faceva sfuggire
nulla delle magnifiche prestazioni della nave e di ogni giorno che passava
a bordo. Ogni giorno aveva la sua caratteristica: non poteva essere
altrimenti, sul mare. Ma durante quel primo periodo di tranquillo avanzare,
prima che la fregata incontrasse i venti da ovest, quei giorni furono
meravigliosamente uguali. La sequenza immemorabile della pulizia dei
ponti la mattina presto, delle pompe, della chiamata delle brande alle
impavesate e degli uomini a colazione, del lavaggio del ponte di coperta,
delle varie esercitazioni del mattino, delle solenni osservazioni di
mezzogiorno, dei trilli dei fischietti che chiamavano gli uomini a pranzo,
delle occupazioni del pomeriggio, della cena, della nuova distribuzione del
grog e poi della chiamata ai posti di combattimento, con i tuoni e i lampi
dei cannoni nel crepuscolo, quella sequenza immemorabile, punteggiata
dalla campana, era stata ristabilita così rapidamente e così saldamente che
pareva non fosse mai stata interrotta. Era la navigazione cui tutti erano
abituati ed erano abituati anche alla dieta, ora che l'agente addetto ai
vettovagliamenti a 74 Bridgetown aveva fatto il suo dovere; niente più
salsicce di delfino servite per confondere la mente e il calendario, niente
più carne di pinguino affumicata imperfettamente, bensì la successione
regolare e naturale di porco salato, piselli secchi, manzo salato, altri piselli
secchi, altra carne di maiale salata; così che i giorni, pur simili tra loro,
potevano essere distinti l'uno dall'altro in un istante grazie all'odore
proveniente dalle pentole di rame della cucina. Dava a tutti una piacevole
sensazione di eternità, quella dolce navigazione sotto un cielo perfetto
verso un orizzonte perpetuamente a cinque miglia di distanza, mai più
vicino; ma al tempo stesso ogni uomo a bordo, a parte i pazzi di Gibilterra
e un povero innocente di nome Henry, sapeva che non esisteva nessuna
permanenza in tutto ciò. Tanto per cominciare, si stava già preparando la
fiamma del disarmo, una splendida fiamma di seta lunga come la nave e
anche più, che sarebbe stata issata il giorno in cui la Surprise fosse andata
fuori servizio e in cui i suoi uomini, finalmente pagati, si fossero
trasformati da membri di una comunità molto unita a individui solitari.
Inoltre gli uomini passavano gran parte del loro tempo ad abbellire la nave,
dal momento che tutti erano decisi a far sì che la Surprise, sia che fosse
venduta e dismessa dal servizio, sia che finisse al cantiere di demolizione,
lo facesse in grande stile. A sud di capo Horn era stata malamente
strapazzata e tutto ciò che Mowett era riuscito a strappare all'arsenale di
Bridgetown e tutto quanto aveva comprato di tasca sua — la migliore
foglia d'oro e due vasi di vermiglio - sarebbero stati a malapena sufficienti
a portarla a uno stato di perfezione. Date le ambizioni molto grandi della
Surprise e l'amore per la perfezione del suo primo ufficiale, gli
abbellimenti e la confezione della fiamma sarebbero stati in ogni caso
difficili e lunghi; ed erano resi ancora più difficili dal carico sul ponte e dai
teli sulle murate, un trucco destinato a dare alla nave l'aspetto di un
mercantile, il carico costituito da barili vuoti che potevano essere gettati
fuoribordo o usati come legna da ardere, mentre i teli, lunghe strisce di
stoffa dipinte con finti portelli e assicurate alle murate della fregata,
coprivano i veri portelli dei cannoni e davano un'impressione molto
riuscita di falsità, in particolare quando fremevano nella brezza. Da lungo
tempo gli uomini della Surprise erano abituati alle trovate del loro
comandante e godevano moltissimo di quel travestimento; c'era qualcosa
di piratesco in esso - o del truffatore 75 truffato (o da truffare) - che li
rallegrava nel profondo del cuore; e sebbene fosse certo che la Spartan,
una nave corsara d'altura, difficilmente si sarebbe fatta avvistare ancora per
parecchie centinaia di miglia, essi lavoravano indefessamente ai portelli
dipinti, ripassandoli di continuo per dar loro l'aspetto sbagliato nel modo
giusto, appena un pochino troppo grandi e falsati, così che un occhio acuto
da predatore avrebbe potuto inorgoglirsi per aver indovinato l'inganno e
avvicinarsi senza esitazione. Né facevano la minima obiezione quando
dovevano calare nella stiva il carico in coperta per sgombrare i ponti tutte
le sere, non appena venivano chiamati ai posti di combattimento. Nella
giornata era quello il momento preferito di Jack, in cui si sentiva più fiero
della nave e dell'equipaggio. Aveva sempre creduto fermamente
nell'artiglieria e, con grande dispendio di tempo, energie e denaro
personale, aveva addestrato i serventi ai pezzi sino a far loro sfiorare la
massima efficienza consentita dagli strumenti. A seconda del periodo, la
Surprise era stata armata in modi diversi. In una certa epoca aveva portato
quasi unicamente carro-nate, cannoni corti, leggeri, che sparavano una
palla pesante con una carica molto piccola, tanto che, con i suoi
ventiquattro pezzi da trentadue libbre e con gli otto da diciotto libbre, la
nave poteva scaricare una bordata di non meno di quattrocentocinquanta-
sei libbre, più del ponte di batteria di un vascello di linea. Ma non poteva
sparare molto lontano, né con grande precisione, e, sebbene quelle
carróñate, quelle « spaccapietre » come venivano chiamate, fossero
efficacissime a distanza ravvicinata purché non si ribaltassero o, essendo
così corte, non appiccassero il fuoco alle murate, Jack non le amava troppo
nella navigazione d'altura: preferiva in un combattimento ravvicinato
abbordare una nave piuttosto che massacrarla e, a distanza, un fuoco
mirato e preciso in bordate in successione. In quel momento, la fregata era
armata con ventidue cannoni da dodici libbre sul ponte di coperta e con
due bei cannoni di bronzo lunghi - proprietà privata del comandante
Aubrey, dono di un turco riconoscente -, cannoni che potevano essere
messi ai portelli in caccia sottocoperta e, con il tempo favorevole,
sostituire le due carróñate del castello. Possedeva poi sei carróñate da
ventiquattro libbre, ma dato che tendevano a far ingavonare la nave con il
mare grosso, spesso venivano calate nella stiva; e in ogni caso erano i
cannoni, i veri cannoni, che Jack amava. La sua artiglieria non gli
permetteva di sparare 76 che una bordata da centoquarantuno libbre, ma
egli sapeva bene come cento libbre di ferro che colpissero una nave nel
punto giusto potevano infliggerle ferite gravissime e, al pari di un buon
numero di altri comandanti, il suo amico Philip Broke tra questi, era
convinto della verità del detto di Collingwood: « Se una nave è in grado di
sparare tre bordate ben dirette in cinque minuti, nessun nemico può
resisterle ». Con un continuo addestramento, lungo, arduo, costoso, aveva
abbassato quel record, portandolo a tre bordate in tre minuti e dieci
secondi. L'addestramento era costoso nel senso più ovvio, perché in quella
questione, come in molte altre, l'Ammiragliato non vedeva le cose allo
stesso modo del comandante Aubrey e i regolamenti gli concedevano
soltanto una misera quantità di polvere per le esercitazioni, a parte quella
da consumarsi durante un'azione; tutto il resto doveva essere fornito da lui
e, stando alle tariffe del momento, una bordata costava quasi una ghinea.
Per qualche tempo, dopo che ebbero lasciato le ultime alghe del mar dei
Sargassi, l'esercitazione della sera era consistita nel portare in batteria e
ritirare i pesanti cannoni, eseguendo tutti i movimenti senza fare fuoco, ma
quel giovedì era il compleanno di Sophia e suo marito intendeva far
risuonare i deli a mo' di celebrazione. Inoltre le condizioni erano quasi
ideali, con una brezza sud-orientale da velacci e un moto ondoso
tranquillo, moderato, e Jack sperava che la nave riuscisse a battere il suo
stesso record. Come molte di quel genere, quell'impresa aveva qualcosa di
artificioso. Assai prima che il tamburo chiamasse ai posti di
combattimento, gli uomini sapevano già che avrebbero sparato davvero,
dato che avevano udito il loro comandante dire al comandante in seconda
di tenere pronta una zattera, tre barili di carne di manzo vuoti e una
bandierina rossa; eppure, sebbene non vi fosse niente di spontaneo o
d'inaspettato nella finta battaglia, tutti presero molto sul serio quel
tentativo di battere il record. Le squadre ai cannoni di bronzo in caccia, per
esempio, passarono gran parte del loro turno sottocoperta a martellare le
palle da nove libbre, per eliminare ogni irregolarità; perché quei cannoni
lunghi, precisi, avevano poco gioco tra bocca e proiettile e richiedevano
palle perfettamente lisce. Una volta terminati i preliminari, dopo il rullo
del tamburo, tolto il travestimento delle murate, quando le paratie della
cabina furono sottocoperta, i ponti bagnati e cosparsi di sabbia, tesa sui
boccaporti di santa77 barbara la pesante stoffa di lana, quando gli uomini
furono pronti ai loro posti di combattimento, i membri delle squadre ai
cannoni che avevano il codino (la maggioranza, essendo la Surprise
seguace delle tradizioni) lo ripiegarono e lo legarono: qualcuno si tolse il
camisaccio e molti si annodarono un fazzoletto intorno alla fronte per
trattenere il sudore. Erano a loro agio, ognuno al posto che conosceva
ormai così bene, ognuno con la sua particolare cima di paranco, calcatoio,
spugna, corno della polvere, stoppaccio, palanchino, manovella o palla di
cannone a portata di mano, gli ufficiali alle spalle delle loro divisioni e gli
allievi dietro i loro gruppi di cannoni, tutti intenti a osservare la scialuppa
che si allontanava dalla nave rimorchiando la zattera. Il vento cantava
dolcemente tra il sartiame; il filo di fumo delle micce a combustione lenta
fluttuava sul ponte. Nel silenzio si udirono chiaramente le parole di Jack al
nocchiere sul castello: «Signor Allen, stringiamo il vento di due quarte, per
favore. Signor Calamy, fate un salto nell'infcrmeria e pregate il dottore,
con i miei omaggi, di prestarmi l'orologio ». Gli uomini della Surprise
guardarono a sinistra; la scialuppa riapparve, mollò la zattera: la tensione
cresceva, gli uomini si sputavano sulle mani o si tiravano su i pantaloni.
Poi arrivarono le parole rituali: « Silenzio a prua e a poppa. Liberate i
cannoni. Levate l'alzo ai cannoni. Via il tappo di volata. Cannoni in
batteria ». E a quel punto vi fu un universale ruggito mentre le diciotto
libbre di metallo venivano spinte fuori il più rapidamente possibile. «
Innescate. Fuoco da prua non appena a tiro. » IL bersaglio stava
dondolando sul mare scintillante, ben al di là della portata delle carróñate.
Bonden, capopezzo del numero due, il cannone in caccia di dritta, si curvò
sull'affusto, prendendo la mira: l'elevazione era giusta, ma, per mirare con
precisione, Bonden segnalò con piccoli movimenti della testa ai due
uomini pronti con la manovella da una parte e con il palanchino dall'altra e
con le spalle rivolte verso la murata di spostare di pochissimo la tonnellata
e mezzo di bronzo da una parte o dall'altra. Il lungo cannone di bronzo
affacciato all'ampio portello del ma-scone poteva essere puntato molto
lontano a prua e ben presto Bonden ebbe il bersaglio esattamente nel
mirino; ma era ansioso quanto il suo comandante di battere il record e non
voleva fare fuoco prima che il cannone numero quattro alla sua destra,
detto Wilful Murder, «Omicidio volontario», fosse anch'esso pronto. Fiato
trattenuto per qualche istante, due volte la lenta onda lun78 ga si sollevò e
poi il mormorio dal Wilful Murder. « Quando vuoi, amico». Bonden tese la
mano per prendere la miccia accesa e applicò la rossa estremità al focone,
inarcandosi per fare spazio all'immediato rinculo del cannone sotto di sé.
Gli uomini si resero a malapena conto dell'enorme schianto rimbombante e
del getto di fuoco, dei frammenti di stoppaccio che volavano, del fumo e
della vibrazione sonora delle brache d'affusto: le davano per scontate
mentre trattenevano il cannone, passavano la spugna, sistemavano la carica
con il calcatoio, la palla e lo stoppaccio e infine riportavano il pezzo in
batteria con un bel tonfo; le davano per scontate come il tuonare più
profondo del numero quattro, seguito istantaneamente dal Towser, il
numero sei, e così via rapidamente fino al ventidue e il ventiquattro,
Jumping Billy e True Blue, situati rispettivamente nel posto dove Jack
dormiva e nella cabina di poppa, o come il fumo denso e bianco che
andava dissolvendosi con la brezza; ma i loro movimenti, pur rapidissimi,
esatti e possenti, erano così automatici che la maggior parte delle squadre
ebbe il tempo di seguire il volo della propria palla e di vedere la fontana
d'acqua che si sollevò appena sotto il bersaglio. «Per un capello, un
capello...» borbottò Bonden, chino sul cannone ricaricato e puntato; e poi
afferrò la miccia. Sul cassero, con l'orologio di Stephen in mano, un bel
Bre-guet con la lancetta dei secondi al centro, Jack allungava il collo per
guardare al di sopra del fumo dell'ultima bordata. La prima aveva ricoperto
il bersaglio di spuma, non una sola palla andata a finire veramente lontano:
l'ultima era andata ancor meglio e aveva scaraventato in aria due barili e
quasi tutta la zattera. «Ben fatto, ben fatto, perdio! » gridò e per poco non
sbattè l'orologio sull'impavesata mandandolo in frantumi. Si controllò e lo
porse a Calamy, il suo aiutante di campo. «Prendete nota dell'esatto
secondo in cui ha sparato il numero ventiquattro », ordinò, saltando
dall'affusto di una carronata sulle sartie più basse per vedere la ricaduta
della bordata successiva. I cannoni del bordo cominciarono a tuonare
mentre la nave si sollevava sotto di lui quasi sulla cresta dell'onda e il
pezzo numero ventiquattro fece fuoco prima che si fosse riabbassata di un
corso di fasciame, un lungo ruggito rimbombante, un banco di fumo
lacerato da lampi e, al di là di esso, il volo compatto dei proiettili,
raggruppati come raramente aveva visto, tutti vicini, tutti perfettamente sul
bersaglio di cui non lasciarono più niente. Saltò giù sul ponte e guardò 79
Calamy, il quale gli rispose con un gran sorriso: «Tre minuti e otto
secondi, signore ». Jack rise di contentezza. «Ce l'abbiamo fatta», esclamò.
«Però quello che apprezzo davvero è la precisione. Qualsiasi sciocco può
sparare in fretta, ma questa bordata è stata letale, letale. » Camminò lungo
la linea dei cannoni davanti alle squadre sudate e felici, lodando in
particolare i capopezzo di Viper, Mad Anthony, Bulldog e Nancy's Fancy
per la loro rapidità, avvertendoli tuttavia che, se fossero stati ancora più
rapidi, la scarica sarebbe stata simultanea, i cannoni avrebbero fatto fuoco
tutti insieme, e ciò non era possibile. I legni della nave non avrebbero
retto, ormai. Si sarebbero sfasciati, ed egli preferiva che restassero
insieme, nel caso fosse stata avvistata quella corsara pesante, la. Spartan.
L'avvistarono tre volte. Poco prima dell'alba, non più di tre giorni dopo
quell'esercitazione riuscita, il signor Honey, l'ufficiale di guardia, mandò
come al solito una vedetta in testa d'albero, essendo quello il momento
migliore per scoprire un nemico a poca distanza, un nemico più o meno
pericoloso a seconda dei casi. Era stata una notte buia, brumosa, e veli di
nebbia fluttuavano ancora con la brezza quando la vedetta avvisò il ponte:
una vela, una vela sottovento. « Dove? » gridò Honey, che non vedeva
nulla dal ponte. « Dritta al traverso, signore », giunse la risposta. « Ma ora
non la vedo più. Una nave, credo. Forse a un miglio di distanza. » « E di
sicuro la Spartan », disse Goffo Davies al suo compagno, al di sopra
dell'enorme pietra per pulire i ponti. « Senti quel che ti dico: John Larkin è
sempre stato fortunato. » Honey mandò l'allievo a riferire a Mowett; e
Jack, rigirandosi sulla branda, udì un vecchio marinaio italiano, proprio
sopra l'osteriggio, dire a un altro: «John Larkin visto Spartano ». Quando
Jack fu arrivato sul ponte, Mowett, la camicia da notte gonfia, si calava
dalla coffa. «Signore», gli disse con il viso raggiante, « stavo per mandare
a chiedervi il permesso di modificare la rotta. C'è una vela sottovento e
Larkin crede che possa trattarsi della nave corsara. » «Ah, ah! » esclamò
più di uno dei marinai presenti sul passa-vanti, le redazze a mezz'aria. «
Molto bene, signor Mowett, modificate la rotta, certo », disse Jack. « E
forse al tempo stesso potreste indurre la guardia in coperta a fare qualcosa
per rendere presentabile il ponte. Il re 80 non li paga soltanto per la loro
bellezza e sarebbe un peccato comunicare alla voce con quella nave
corsara, se di corsara si tratta, in questo stato d'indicibile squallore... essere
visti, anche fosse da stranieri, con l'aspetto di Sodoma e Gomorra. » Di
corsara si trattava, ma non era la Spartan. In verità non era nemmeno
straniera, ma la Prudence, un brigantino da dodici cannoni proveniente da
Kingston. Non appena il sole ebbe dis-solto la foschia, la Prudence, messo
a collo il parrocchetto, si mise in panna; e quando la Surprise fu a portata
di voce, il suo comandante salì a bordo con i documenti. Corse rapido su
per la murata e salutò il cassero al modo della marina, un uomo in un
semplice abito blu all'incirca dell'età di Jack. Era ovviamente a disagio e,
in un primo momento, Jack attribuì la cosa alla preoccupazione di vedersi
arruolare di forza qualche marinaio, ma il disagio perdurò anche dopo che
fu rassicurato in proposito, finché, a un certo punto, Jack non intuì che
quell'imbarazzo era causato dal timore che il comandante della Surprise,
pur sapendo chi fosse, avesse fatto le viste di non riconoscerlo. « All'inizio
non avevo idea di averlo già incontrato », disse a Stephen quella sera,
mentre accordavano i loro strumenti. « Nessuna idea, fino a quando non ha
detto qualcosa a proposito di aver 'riconosciuto subito la vecchia Surprise
con il suo albero maestro da nave da trentasei cannoni'; è stato allora che
ho capito: si trattava di Ellis, era stato comandante della Hind, diciotto
cannoni, una nave del re, e lo avevo visto una mezza dozzina di volte al
capo di Buona Speranza. È una fine abbastanza triste per lui, naturalmente,
un po' come dicevamo al reverendo Martin parlando delle patenti di corsa.
Anche se, in questo caso, temo che vi sia stata corte marziale: non ricordo i
particolari, qualcosa a che vedere con i soldi del Consiglio della marina,
credo: non molto piacevole. Ma ci siamo intesi benissimo una volta che mi
sono ricordato chi fosse, e mi ha parlato molto della Spartan. E
improbabile che la vedremo da questa parte delle Az-zorre, temo. » « I
rispetti del signor Allen, signore », annunciò il minuscolo Howard entrato
in gran fretta, « e sono state avvistate le luci di quattro vele, a tre quarte al
mascone di dritta. » La mancanza di denti di Howard rendeva difficile
capire le sue parole, ma il messaggio finì per arrivare a destinazione e Jack
disse: « Sì, sono i mercantili delle Indie Occidentali di cui mi par81 lava il
comandante della nave corsara. Due razzi blu e un colpo di cannone
sopravvento ». Il cannone fece fuoco e lo si udì rientrare; ma Jack
continuava a stare seduto con il violino in mano. « Sei immerso in pensieri
molto profondi, fratello », disse Stephen non senza gentilezza, dopo aver
aspettato a lungo. «Signore Iddio, sì! » esclamò Jack. «Ti chiedo perdono.
È che mi stavo chiedendo se l'infernale gallina faraona fosse là quando
Sam ha fatto visita ad Ashgrove Cottage: non che abbia molta importanza,
d'altronde. » «Certamente no. » Stephen suonò una frase: Jack replicò con
una variazione e proseguirono la loro conversazione, suonando talvolta
separatamente, talvolta insieme, inseguendo il tema attraverso un gran
numero di forme sinché la trama non trovò la sua conclusione in un bel
finale, con le voci dei due strumenti all'unisono; e a quel punto entrò il
pane tostato con formaggio. « Ho scoperto che in Inghilterra », disse
Stephen dopo un po', « spesso chiamano le gru aironi; e non è la sola
confusione. Come inglese, vorresti chiarire il tuo concetto di gallina
faraona, per favore? » « Be', si dice gallina faraona per indicare una di
quelle donne invadenti, bisbetiche, autoritarie, come se ne incontrano
anche troppo spesso. Come Lady Bates, per esempio, o la signora Miller.
Credo derivi dalla moglie di Maometto o così mi aveva detto il mio
vecchio genitore quando ero piccolo. » Se il generale Aubrey si fosse
limitato all'etimologia, per quanto audace, non avrebbe danneggiato più di
tanto suo figlio; ma aveva ritenuto di dover entrare in politica come
membro dell'opposizione quale rappresentante di vari distretti elettorali
con pochissimi votanti e, dal momento che era un uomo di scarso
intendimento ma d'inesauribile energia, i suoi continui e veementi attacchi
al governo avevano reso anche la sua progenie Tory oggetto di antipatia o
di sospetto. In quel periodo si era associato con i membri meno rispettabili
del movimento radicale, non perché desiderasse vedere una pur minima
riforma del Parlamento o niente del genere, ma perché nella sua follia
s'illudeva ancora che il governo gli avrebbe accordato un qualche favore,
un governatorato nelle colonie, per esempio, allo scopo di chiudergli la
bocca. Pensava anche che alcuni tra i suoi amici radicali fossero
diabolicamente abili nel far quattrini; ed egli era enormemente desideroso,
avido in verità, di denaro. 82 Stephen, che aveva conosciuto il padre di
Jack, lo giudicava un genitore realmente pericoloso, e la speranza che il
generale potesse restare soffocato dal suo prossimo boccone gli fluttuò
nella mente, ma si limitò a passare il formaggio in silenzio. Poco dopo,
suonavano un dolcissimo lamento che Stephen aveva imparato nella città
di Cork da Hempson,* il più grande arpista del mondo, che aveva allora
centoquattro anni. La seconda Spartan che avvistarono fu in realtà da
quella parte delle Azzorre, esattamente sopravvento, entro cento miglia dal
punto in cui la corsara aveva cominciato a inseguire Pullings e la Danaë; e
proprio come aveva scritto Pullings nella sua lettera, era così simile a una
nave da guerra portoghese che a un miglio di distanza perfino un marinaio
pieno di esperienza avrebbe giurato che fosse veramente ciò che sembrava.
Era tutto perfetto: colori, uniformi degli ufficiali, perfino il crocifisso d'oro
che brillava al sole sul cassero. Un vecchio marinaio pieno di esperienza lo
avrebbe giurato anche a mezzo miglio di distanza e il comandante Aubrey
e il signor Allen, in piedi l'uno accanto all'altro con i cannocchiali puntati
sulla nave che si andava avvicinando mentre l'odore acre della miccia a
combustione lenta si propagava intorno a loro, gli uomini pronti a ritirare i
teli che nascondevano i cannoni carichi, si voltarono a guardarsi in faccia
con la stessa espressione di comprensione improvvisa, di sorpresa, di
delusione, di sollievo. «Grazie a Dio, non abbiamo fatto fuoco, signore»,
disse il nocchiere. Jack annuì e gridò: «Spegnete la miccia, spegnete la
miccia! Signor Mowett, fiamma e colori». Il richiamo della nave
portoghese giunse attraverso la distesa d'acqua leggermente irritato e il
comandante Aubrey continuò: « Signor Allen, rispondete, ve ne prego »,
perché il nocchiere parlava correntemente il portoghese, « e invitate il
comandante a pranzare con me ». Il comandante portoghese non avrebbe
pranzato con lui, ma accettò di buon grado le scuse e le spiegazioni di
Jack. Condivisero una bottiglia di eccellente porto bianco nella cabina e
Jack apprese che due corsare americane si trovavano effettivamente nel
porto di Fayal, ma nessuna delle due era la Spartan, né aveva * Denis
Hempson (1695-1807), bardo e arpista irlandese di Cork,
straordinariamente longevo, considerato ancora oggi forse il più grande
nella sua arte. (N.d.T.) 83 la sua stazza. Era stata, sì, avvistata in quelle
acque, ma IL portoghese pensava che si fosse diretta verso la costa della
Guinea, a meno che non stesse navigando molto più a est, per cercare, «
con la luna piena, qualcuno di quei vostri grassi mercantili della
Compagnia delle Indie », concluse con una risatina chioccia, perché amava
le prede come chiunque altro. La luna piena non era in effetti molto
lontana e, crescendo, tendeva a far scemare il vento, tanto che, nel
momento in cui la Surprise vide la sua terza Spartan, ben a est di Terceira,
l'Atlantico pareva innocuo come la Serpentine in Hyde Park, increspato
qua e là da brezze leggere e variabili. Comparve come comparivano tanto
spesso le navi, sorgendo da un banco di foschie mattutine: era là, a nord, lo
scafo visibile dal cassero, al mascone di dritta della fregata, e anch'essa
procedeva con mure a sinistra. All'inizio non suscitò grande interesse. Gli
uomini della guardia di dritta, le gambe arrossate per aver lavato i ponti
con acqua ormai molto fredda, erano stufi di quella cosiddetta corsara,
stufi di quel dannato carico in coperta e di quei maledetti teli sulle murate.
Era tardi e non avevano voglia d'incontrare Spartan di nessun genere,
avevano solo voglia di fare colazione. Jack, scrutando il mare dalla coffa
di maestra, era all'incirca della stessa opinione, ma ritenne tuttavia di dover
chiamare il ponte e dare ordine di non portare le brande alle impavesate: e
la guardia sottocoperta doveva restare dov'era fino a nuovo ordine. Mentre
la luce aumentava, fu contento di aver agito così. La sua recentissima
esperienza con una nave da guerra portoghese aveva reso meno
convincente il travestimento della Spartan, perché questa volta si trattava
della vera, autentica corsara; e in ogni caso la nave laggiù corrispondeva
esattamente alla descrizione di Pullings: alta, con aste massicce, senza
dubbio molto veloce davvero e capace di lanciare una bordata
impressionante perlomeno a distanza ravvicinata. Nell'avvistare la
Surprise, era venuta subito all'orza e ciò parve a Jack molto significativo,
perché le avrebbe dato col tempo il vantaggio del vento. Una vera nave
portoghese, con il semplice dovere discrezionale d'ispezione, non si
sarebbe presa quella briga, non avrebbe fatto una mossa che a quella
distanza e con quella brezza leggera sarebbe servita soltanto dopo ore di
accurate manovre. J ack scelse una rotta corrispondente e, mentre faceva
colazione sulla coffa, la osservò con attenzione instancabile. All'ultima
tazza di caffè era assolutamente convinto della sua identità e la 84 sua
convinzione si era comunicata a tutta la nave. Di tanto in tanto, mandava
altri uomini sottocoperta, così da ridurre l'equipaggio visibile, rendendolo
il più possibile compatibile con quello di un mercantile: un compito
difficile, dal momento che al tempo stesso aveva bisogno di gente per fare
vela e bracciare i pesanti pennoni con la stessa rapidità della nave corsara,
che, a quanto gli era dato di vedere, era equipaggiata molto bene davvero.
Gli uomini della guardia di sinistra, felicissimi in un primo momento
all'idea che i compagni della guardia di dritta faticassero e s'infradiciassero
sul ponte mentre a loro era concesso di starsene sdraiati sulle brande come
pascià, ben presto cominciarono a sentirsi a disagio; e quando altri furono
mandati sottocoperta, arrivarono quasi alla disperazione. Sul ponte di
corridoio non vi erano, naturalmente, portelli di cannoni e nemmeno por-
tellini di murata, ed essi erano costretti a fare affidamento sulle
informazioni che i loro compagni più fortunati facevano arrivare giù dai
boccaporti. Nella marina britannica le differenze in materia di disciplina
erano enormi. Su alcune navi, due marinai che fossero sorpresi a
chiacchierare tranquillamente tra loro potevano essere segnalati al «
capitano d'armi » come malcontenti, come potenziali ammutinati. La
Surprise non aveva nulla a che vedere con quegli infelici vascelli, e
tuttavia le conversazioni prolungate durante il servizio non erano
incoraggiate, soprattutto in un momento in cui stavano per avere inizio
operazioni straordinariamente delicate. Le notizie che arrivavano giù dai
boccaporti erano perciò scarse e frammentarie, ma riferite da marinai ad
altri marinai davano il quadro della situazione con notevole precisione. Le
due navi si trovavano l'una a nord rispetto all'altra e, sebbene si levassero
curiose bave di vento e piccole brezze locali da altre direzioni, il
movimento generale dell'aria era indubbiamente da ovest; e da alcuni segni
si capiva che in seguito, forse l'indomani, il vento sarebbe rinfrescato. Lo
scopo dei due comandanti era di ottenere il vantaggio del vento, vale a dire
di prendere posizione a ovest dell'altra nave così da potersi dirigere su di
essa alla migliore andatura e costringerla a impegnarsi nel momento e
nelle condizioni più favorevoli, invece d'intraprendere un lungo e forse
inconcludente inseguimento con il vento in prua e con la possibilità
sempre presente di vedersi portar via un'asta da una cannonata o da una
raffica. Ma entrambi volevano che la propria manovra apparisse non
studiata, naturale in una navigazione 85 normale e pacifica, così che
l'avversario, privo di sospetti, non si affrettasse e si lasciasse in tal modo
battere. La corsa verso il vento, lenta ma accanita, acquistava dunque una
nuova dimensione, una corsa in cui ogni alito improvviso doveva essere
corteggiato e accolto da tutte le vele che era possibile spiegare, ma nella
quale la Surprise partiva in svantaggio, dal momento che, nella sua qualità
di mercantile prudente, non aveva alberetti di controvelaccio al di sopra di
quelli di velaccio corti, e difficilmente questi potevano essere issati alla
maniera di una nave da guerra senza destare sospetti; e nemmeno si
potevano spiegare controvelacci, coltellacci e altre vele, tutte utilissime
con quegli zeffiri, quando in alto l'aria si muoveva in certo modo più
rapidamente che sulla superficie del mare. Alla fine, alberi e pennoni
furono issati e le vele alte spiegate, ma nel frattempo la Spartan,
approfittando di una breve brezza da nord-ovest, si era avvicinata di mezzo
miglio. La cosa non conveniva affatto a Jack. Non voleva che la sua
fregata e i suoi uomini fossero feriti o uccisi per amore di una nave
corsara: aveva sperato di ottenere un deciso vantaggio bordeggiando verso
ovest; poi, con la Spartan sottovento e a portata dei cannoni lunghi della
Surprise, si sarebbe liberato del travestimento, le avrebbe spedito una palla
davanti ai masconi e avrebbe aspettato che si arrendesse. Se non si fosse
arresa subito, un paio di bordate l'avrebbero certamente convinta. Ma, per
come stavano andando le cose, la corsara avrebbe finito per abbordarlo, il
combattimento sarebbe stato ravvicinato, con le carróñate da quarantadue
libbre della Spartan in azione, la nave danneggiata e molta gente ferita.
Osservando con estrema attenzione la bava di vento che percorreva la
superficie liscia del mare e che trasportava con sé la Spartan, Jack si sporse
dalla coffa e impartì i suoi ordini. La Surprise accostò dolcemente a dritta,
scivolò verso la nave corsara fin quasi a tiro dei suoi cannoni, afferrò la
bava di vento nel momento in cui lasciava la Spartan e cambiò mure con
assoluta perfezione. Per dieci o quindici minuti la Surprise corse tanto
veloce che l'acqua mormorò lungo le murate, mentre la corsara veniva
lasciata con le vele afflosciate, a malapena in grado di manovrare. Quando
la brezza ebbe abbandonato la fregata, l'equilibrio era stato ripristinato. La
cosa fu riferita agli uomini sottocoperta e Faster Doudle, vecchio marinaio
di lunga esperienza, osservò che ora potevano tranquillamente iniziare una
gara nello stringe86 re il vento: il comandante non aveva rivali in quello e
in quanto a navigare di bolina la barchetta non la batteva nessuno, avrebbe
tolto il vento a qualsiasi cosa stesse a galla prima che la giornata finisse.
Fu una gara, sì, nella quale le due navi regolarono con infinita attenzione
l'assetto delle vele, stringendo in modo magnifico il poco vento che c'era,
con le boline tese e vibranti; ma fu anche molto di più, perché ognuna
delle due navi si spostava dalla sua rotta, spingendosi talvolta
pericolosamente lontano per cercare una delle brezze capricciose che
percorrevano il mare, spesso al di sotto di uno spesso strato di nubi. E
c'erano le mosse intese a ingannare l'avversario, come poggiare per
prendere slancio, andare all'orza, con gli uomini pronti a virare, e perfino
lasciar fileggiare le vele di prua come se la nave fosse esattamente sul
punto di cambiare mure, ma poi tesare il fiocco e la vela di straglio di
trinchetto, accostare sottovento e continuare come prima, con l'intenzione
che l'altra nave, eseguendo la stessa manovra, interrompesse la virata
accorgendosi del suo errore e quindi perdesse tempo o virasse velocemente
e ne perdesse ancora di più per tornare sulla primitiva rotta. Verso la fine
del pomeriggio, un pomeriggio caldo, umido, opprimente, entrambi i
comandanti si erano fatti un'idea precisa delle qualità dell'avversario. Jack
sapeva ormai che l'altro era un vero marinaio, abile, astuto, capace di ogni
specie d'inganno, e che la sua nave, perlomeno con poco vento, era quasi
pari alla Surprise in velocità. Quasi, ma non del tutto: quando, infatti, il
sole cominciò a calare, portandosi via perfino le brezze più leggere così
che il mare diventò uno specchio da un orizzonte all'altro, la Surprise
aveva guadagnato forse un quarto di miglio della distanza sopravvento e
Jack si sentiva ragionevolmente sicuro: se al tramonto il vento avesse
rinfrescato, il che era probabile, avrebbe potuto aumentare il vantaggio di
quanto era necessario a coprire il tratto di mare, un tratto di un miglio o giù
di lì, che separava le due navi (perché avevano seguito rotte parallele fino
a quando il vento era cessato del tutto) e necessario a portare la Spartan
direttamente sottovento, per poterle così intimare la resa. Ma per far ciò
era necessario che il vento si levasse e, per quanto la gente della nave, a
cominciare dal suo comandante, fischiasse e grattasse i paterazzi, non si
levò nemmeno la più piccola brezza. Assolutamente nulla mosse la
superficie del mare, non il sollevarsi di una balena lontana, non il salto di
pesci volan87 ti (anche se la sera precedente ne era stata raccolta una
mezza dozzina sul passavanti), non il minimo soffio d'aria; e le navi
rimasero entrambe immobili, tutte e due con la prua a nord, la Surprise che
guardava l'anca di sinistra della Spartan. « Potete chiedere al dottore e al
signor Martin se gradiscono vedere una calma di mare perfetta », disse
Jack al suo timoniere sulla coffa con lui. «Forse i loro fischi potrebbero
modificare qualcosa. » Al suo ritorno, Bonden incontrò qualche difficoltà
nel riferire il messaggio. 1 due gentiluomini, così pareva, stavano
approfittando di quella splendida mancanza di movimento per tirar fuori e
sparpagliare nel quadrato le loro importanti raccolte di coleotteri del
Brasile e della Polinesia. Sfortunatamente Bonden aveva calpestato
qualche esemplare e ne aveva fatti cadere altri dal tavolo mentre rinculava;
i gentiluomini avevano risposto con una certa irritazione, perfino il
cappellano: avrebbero fischiato, se il comandante lo avesse richiesto, e si
sarebbero spinti fino a grattare un paterazzo come barbari idolatri, se
quello strumento fosse stato loro indicato; ma, a meno che il comandante
non lo desiderasse assolutamente, pregavano di essere scusati: avrebbero
preferito di gran lunga non abbandonare i loro coleotteri in quel momento.
«Be'», cominciò Jack, sorridendo. «Era solo un...» S'interruppe di colpo e
puntò il cannocchiale. « Stanno per calare le scialuppe in mare», disse, e
pochi momenti dopo la iole della Spartan toccò l'acqua con un tonfo,
afferrò una cima dal masco-ne e rimorchiò la nave, facendone ruotare la
prua finché la corsara non mostrò il bordo alla Surprise. Dopo una pausa
attenta, fece fuoco con una delle carróñate pesanti: Jack vide il
comandante prendere la mira con tutta l'elevazione e tirare il cordino del
cannone. La palla sfiorò la superficie e rimbalzò sul mare in direzione
della fregata con grandi balzi; una mira perfetta, ma la distanza era troppo
grande e la palla affondò al decimo rimbalzo, qualche istante dopo che il
rimbombo dello sparo aveva raggiunto la Surprise. Evidentemente il
comandante della corsara era ancora convinto della sua innocuità e
intendeva affrettare le cose, nell'eventualità che il vento si fosse levato e le
avesse permesso di avanzare ancora. Lo scopo era d'intimidirla con quella
prima palla pesante e poi di abbordarla con le scialuppe: le altre erano
infatti pronte per essere calate in mare. « Tutti gli uomini in coperta »,
gridò Jack con voce forte ma non inattesa, e i marinai si precipitarono sul
ponte, abbandonando il loro odioso ozio. Il primo ordine fu seguito
rapidamente da altri e Martin disse a Stephen: «Sentite come corrono di
sopra! Che cosa sono quei mucchietti dietro la teiera? » « Sono doppioni
per Sir Joseph Blaine. » « Avete già fatto il nome di Sir Joseph, ma non
credo mi abbiate mai detto chi sia», osservò Martin, adocchiando con una
certa gelosia un Dynastes imperator del quale aveva soltanto due
esemplari. « Si guadagna il pane quotidiano a Whitehall », rispose
Stephen, « ma la sua vera passione è l'entomologia e possiede una preziosa
collezione di rarità. L'anno scorso è stato uno dei vice presidenti della
Società Entomologica: ve lo presenterò quando saremo a Londra. Confido
di vederlo non appena sbarcato. Amen, amen, amen», soggiunse tra sé con
un certo calore, perché quella miseranda cassettina di metallo e la
mostruosa e imbarazzante ricchezza in essa contenuta gravavano sulla sua
mente nella veglia e nel sonno. « Barili in mare ! » ordinò Jack. « Via i teli
dalle murate ! Signor Mowett, quando sarà calata quella scialuppa? »
«Immediatamente, signore, immediatamente!» gridò Mowett dal
passavanti. Ma quella volta l'efficienza della nave venne meno. Il perno di
un bozzello si era rotto; la calorna era irrimediabilmente inceppata e,
nonostante gli sforzi furibondi del nostromo, la scialuppa rimase
miseramente appesa a un solo golfare e senza cerimonie si dovette
scaraventarne in acqua una seconda dall'anca. Nel frattempo, con sua
intensa frustrazione, Jack vide il mare in lontananza, il mare a nord,
incresparsi sotto una brezza che arrivava veloce da ovest. Raggiunse la
Spartan, la quale, ormai sospettosa, ruotò per portarla all'anca di sinistra e
si mosse veloce, sempre più veloce, verso est, rimorchiando la iole, mentre
i suoi uomini bracciavano i pennoni con straordinaria attività. «Coffa di
maestra, i colori e la fiamma piccola! » gridò Jack. « Capocannoniere,
speditemi una palla attraverso i suoi masco-ni; e un'altra attraverso la
gabbia se la prima non bastasse a fermarla. » In quella situazione il
cannone prodiero di dritta era l'unico a tiro, ma in ogni caso Jack non
avrebbe usato tutti quelli del bordo per cominciare. Á parte il non voler
uccidere uomini inutilmente, non aveva nessun desiderio di massacrare la
nave corsara 89 per poi passare giorni e giorni a impiombare e annodare.
Se però non si fosse messa in panna e non avesse ammainato i colori,
sarebbe stato costretto a farlo; e per scaricare la mortale bordata gli era
necessario ruotare la nave di sei quarte, un'impresa facile con un mare
liscio come uno specchio. Un'impresa facile, non fosse stato per Goffo
Davies. Il cutter blu era stato lanciato in mare con la mera forza delle
braccia e aveva imbarcato una grande quantità d'acqua, ma la ciurma non
tenne nessun conto del bagno forzato mentre, seduti sui banchi, gli uomini
remavano furiosamente per raccogliere la cima di rimorchio. L'afferrò
Davies, capovoga: la scialuppa diede qualche colpo di remo per recuperare
Timbando e poi Davies si alzò. La faccia scura, feroce, brutale assunse
un'espressione decisa e, un bagliore di denti tra le labbra, gli occhi
scintillanti, senza tenere in nessun conto gli ordini squittiti da Howard,
posò il piede sulla falchetta e tirò con una forza colossale. La scialuppa
immediatamente s'inclinò, si riempì d'acqua e colò a picco. Pochi della sua
ciurma sapevano nuotare e la situazione fu resa ancora più complicata da
altri, incapaci anch'essi di stare a galla, ma che si tuffarono in acqua per
aiutare i compagni. Quando tutti quanti furono di nuovo a bordo, alcuni
semiannegati, e quando finalmente la nave fu fatta ruotare, la Spartan era
ormai molto lontana. Aveva visto l'orripilante precisione del cannone
prodiero, aveva visto la lunga fila di cannoni senza più la maschera e
l'improvviso brulicare di uomini a bordo; non intendeva attendere altre
prove e stava già dando fuori le aste dei coltellacci sopravvento. «Fuoco
alto», ordinò Jack, gocciolando sul cassero (aveva ripescato lo sciagurato
Davies, nonché il piccolo Howard, per la terza o forse quarta volta dalla
loro lunga conoscenza), «fuoco alto e lasciate dissipare il fumo tra una
cannonata e l'altra. » No. La bordata punteggiò il mare sulla scia della
Spartan, tiri corti e mal concentrati. « Ritirate i cannoni », disse e gli
uomini ubbidirono, guardandolo inquieti. Ma non era il momento per
recriminare, con la Spartan che stava già facendo più di cinque nodi, una
gomena di lunghezza più lontana ogni minuto che passava, e con il vento,
quello vero, costante, questa volta, che si propagava a sud raggiungendo la
Surprise. Ne studiò attentamente la direzione, senza accorgersi del panno,
della camicia e della,giacca che gli porgeva Killick, muto una volta tanto, e
disse: « Uomini alle scotte di trinchetto ». 90 La sua mente era totalmente
presa dal problema di recuperare le miglia perdute, perché non soltanto la
Spartan si era allontanata rapidamente con quella partenza veloce, ma tutto
il precedente vantaggio della Surprise si era trasformato in un ostacolo. Le
prime folate alte raggiunsero i controvelacci e le vele di straglio più alte: la
nave ruotò, acquistò abbrivo e, mentre il sole sprofondava nel mare
rendendo rossa come il sangue la scia incipiente, si mise alla via. Fino a
quel momento aveva navigato sui bordi, con uno spiegamento di vele
quadre bracciate di punta e con le vele di straglio che quasi raggiungevano
il cielo; doveva ora avere il vento al giardinetto o quasi: Jack fece quindi
spiegare tutti i coltellacci, persino quello della brigantina, e naturalmente
al di sotto dei coltellacci mise tutti gli scopaWare, con uno sbirro portò la
mura di trinchetto al capone, lasco la mura del trevo di maestra e
sopravvento ne tese la caduta. Tutti gli uomini, dal miserando Davies
all'irreprensibile Bon-den, pareva soffrissero di un senso di colpa collettivo
e gli ordini del loro comandante, freddi, impersonali, obiettivi, senza
un'imprecazione o una parola affrettata, destinati unicamente a spremere
anche l'ultima oncia di spinta dal vento, li intimidivano terribilmente. Si
affrettavano di qua e di là in un silenzio di tomba, le facce ansiose, e
quando il comandante ordinò che fossero portate le pompe antincendio
sulle coffe in modo che le vele, bagnate, portassero meglio, pomparono
con tale forza che il getto superò i controvelacci, per i quali in genere
erano necessari secchi issati con una ghia. Nel crepuscolo che andava
addensandosi, Jack concentrò tutte le sue facoltà sulla precisione
dell'assetto delle vele e dei bracci e ben presto la nave cominciò a cantare:
il tagliamare fendette l'acqua, sollevando una decisa onda prodiera, e
innumerevoli bollicine percorsero le murate in un sibilo continuo mentre il
vento leggermente rinfrescato mormorava e cantava tra le sartie. La luna
sorse dritta a prua e sulla sua scia lucente Jack vide la Spartan, in un
magnifico spiegamento di vele allargate,
107 ha sofferto il mal di mare dall'inizio alla fine della traversata ed è
diventata magrissima e di un brutto colorito giallo. «Stephen è partito per
Londra questa mattina, regalandosi una vettura a nolo in modo da poter
lasciare il reverendo Martin da qualche parte lungo la strada. Vorrei poterti
dare migliori nuove di lui. Sembra preoccupato e infelice. All'inizio
pensavo che potesse trattarsi di preoccupazioni per il denaro, ma non è
affatto così: il nostro agente è stato industrioso come un'ape e ha subito
fatto giudicare e pagare le nostre prede. Inoltre, quando Stephen mi ha
informato della morte del suo padrino, ha detto di aver ereditato da lui; non
credo si tratti di granché, ma a Stephen è sempre bastato pochissimo.
Credo che sia afflitto per la morte del vecchio gentiluomo, ma più di tutto
è terribilmente in ansia per Diana, io temo. Non l'ho mai visto così
inquieto. » Jack pensò di raccontare a Sophia le chiacchiere che erano
corse nel Mediterraneo sull'infedeltà di Stephen, ma dopo un momento
scosse la testa e continuò: « Ti mando Killick, Bon-den e forse Plaice con
la maggior parte del mio bagaglio ad Ash-grove, con la vettura di posta che
parte domani: io dovrò fermarmi qui ancora un po', per essere sicuro di
lasciare la nave nel modo migliore (esiste una speranza che non sia
demolita, ma disarmata e messa a disposizione) e per vedere alcuni
personaggi inquisituri dell'Ammiragliato e del Consiglio della marina; ciò
nondimeno potrei arrivare a Londra contemporaneamente a Stephen o
anche prima, se tiene questa dolce brezza da ovest. Harry Tennant ha la
Despatch e mi ha promesso un passaggio. Per il momento la sua nave è
addetta al trasporto dei prigionieri (ricordi quella che ci ha riportato dalla
nostra cattività in Francia?) ed è molto veloce al gran lasco, anche se di
bolina è una lumaca. Una scappata a Calais e poi a Dover dove
acchiapperò la vettura di posta per Londra. Dovrò vedere gli avvocati
prima di tutto, per sapere qualcosa sullo stato dei miei affari: farei davvero
una bella figura se corressi ad Ashgrove e fossi arrestato subito per debiti,
nel caso che una delle mie faccende fosse finita male. E per la stessa
ragione, dato che l'arrivo della nave in porto sarà stato riportato sui
giornali, scenderò al Grapes e non verrò a casa che domenica; ma se
desideri che io porti qualcosa da Londra, ti prego di scrivermi al club: sono
più abituati a ricevere lettere e non c'è il rischio che le rimpiattino sotto i
coperchi ». Il Bunch of Grapes era una piccola locanda vecchiotta e 108
confortevole situata nel distretto libero del Savoy* e per questa ragione i
suoi clienti erano al sicuro dalle grinfie dei creditori durante tutta la
settimana, come lo erano in tutto il regno nel giorno di domenica. Jack vi
aveva trascorso un tempo considerevole da quando era diventato
abbastanza ricco da costituire una preda degna per gli squali della
terraferma e Stephen vi teneva una camera tutto l'anno, come sua base, e
questo anche dopo il matrimonio, essendo lui e Diana una coppia
originale, indipendente. « Ma credo di poter dire che domenica sia una
data sicura, per quanto possa essere sicuro qualcosa che ha a che vedere
con il mare, e non so dirti quanto io l'aspetti con ansia. Dopo un periodo
così lungo avremo tante, tantissime cose da dirci. » Si alzò e andò alla
finestra: offriva una bella vista su Telegraph Hill, dove le pale del telegrafo
in continuo movimento facevano viaggiare le notizie a Londra e ritorno a
una velocità straordinaria. Probabilmente l'Ammiragliato aveva saputo
dell'arrivo della Surprise il giorno stesso in cui la nave aveva issato il
nominativo, ancora al largo, e forse a quell'ora avevano già deciso sulla
sua sorte. In quanto a lui sperava che venisse messa a disposizione e non
venduta: finché rimaneva intera c'era speranza. « Sarebbe perfetta per il
trasporto dei prigionieri, per esempio », disse a se stesso il martedì
successivo, seduto da solo nella cabina di poppa mentre la Despatch
risaliva veloce la Manica con il vento da ovest sud-ovest. «Molto, molto
meglio di questa tinozza dondolante. Ha tutto per essere raccomandata,
bellezza, velocità, eleganza; a dieci miglia di distanza non c'è verso di
confonderla con un'altra. Un tale spreco sarebbe... un vero peccato. Ma,
andando avanti così, a battere la testa contro il muro, perderò il senno,
diventerò un pazzo malinconico. » Continuò a pensare alla Surprise
tuttavia, e la parte più obiettiva della sua mente gli diceva che, se la
velocità poteva avere i suoi pregi, il fatto di essere immediatamente
riconoscibile non era una virtù in una nave che faceva la spola tra la
Francia e l'Inghilterra. Poiché Napoleone aveva deciso che non ci
sarebbero stati scambi di prigionieri, quelle navi non erano in realtà
propriamente addette al loro trasporto nel senso tradizionale; né avevano
ragioni evidenti per esistere. Eppure continuavano ad * Quartiere di
Londra in cui i debitori non potevano essere arrestati. (N.d.T.) 109 andare
avanti e indietro, trasportando talvolta inviati da una parte all'altra con
proposte e controproposte, talvolta eminenti naturalisti come Sir Humphry
Davis o il dottor Maturin, invitati a parlare davanti all'una o all'altra delle
accademie di Parigi o allo stesso Institut, talvolta oggetti relativi alla
scienza o alla storia naturale, catturati dalla marina britannica e restituiti
tramite la Royal Society alla quale l'Ammiragliato li aveva sottoposti, e
altre volte ancora, sebbene assai più raramente, esemplari naturalistici che
viaggiavano nell'altro senso; ma sempre portando i giornali dei due Paesi e
bambole vestite con eleganza, per mostrare a Londra quali fossero le
ultime mode di Parigi. La discrezione era la loro virtù principale e in
qualche occasione i passeggeri restavano chiusi nelle rispettive cabine
durante la traversata, per essere sbarcati separatamente di notte. Quella
volta la Despatch, accolta da una barca pilota nella rada di Calais, rimase
ormeggiata a un molo deserto fino alle quattro del mattino, quando Jack,
sonnecchiando su una branda appesa nella cabina da pranzo di Tennant,
udì tre gruppetti di persone salire a bordo a mezz'ora d'intervallo l'uno
dall'altro. Le abitudini di una nave addetta al trasporto dei prigionieri gli
erano abbastanza familiari, perché con Stephen aveva viaggiato su una di
queste in una delle rare occasioni in cui la regola imposta da Napoleone
era stata violata: erano prigionieri in Francia e Talleyrand aveva
organizzato la loro fuga in modo che Stephen, che sapeva essere un agente
del Servizio d'informazioni, potesse portare le sue proposte segrete contro
Bonaparte al governo inglese e alla corte francese in esilio a Hartwell.*
Non fu quindi per nulla sorpreso quando Tennant gli chiese di restare
sottocoperta mentre gli altri passeggeri sbarcavano in una parte meno
frequentata del porto di Dover, lontana dal traffico e lontana anche dagli
uffici della dogana per i quali Jack avrebbe dovuto passare. Non aveva
importanza per quanto riguardava la dogana, non essendoci niente di
tassabile nel suo bagaglio, ma ciò avrebbe voluto dire che la gente prima di
lui avrebbe occupato tutti i posti sulla diligenza per Londra e forse anche
su tutte le carrozze a nolo: nello stato di decadenza attuale della città se ne
trovavano molto poche. « Venite a cena con me allo Ship », propose Jack,
quando la * Cfr. Patrick O'Brian, Missione sul Baltico, Longanesi, Milano,
1999. (NAT.) 110 Despatch si fu ormeggiata al molo della dogana ed ebbe
sistemato lo scalandrone. « Prodgers ha una table d'hote maledettamente
buona. » « Grazie, Jack, ma devo approfittare della marea e far vela per
Harwich », rispose Tennant. Jack non ne fu del tutto dispiaciuto. Harry
Tennant era una bravissima persona, ma avrebbe insistito e insistito sul
misero fato della Surprise... condannata a diventare legna da ardere...
nessuna speranza di recupero in un caso come quello... oh, che destino
crudele... disperdere un equipaggio così affiatato... gli ufficiali di Jack
probabilmente a terra per sempre... nessuna possibilità di ottenere un'altra
nave... Coleman, lo zio di Tennant, era stato sul punto d'impiccarsi quando
la sua Phoebe era finita al cantiere di demolizione... certamente aveva
affrettato la sua morte. «Volete che vi porti la borsa, signore? » pigolò una
vocetta al suo fianco e, abbassando lo sguardo, Jack vide con sorpresa non
il solito monello scalzo, impertinente e furbo, ma una bambina in un
grembiulino, agitata e rossa in faccia sotto lo strato di sudiciume. «Va
bene», acconsentì. «Allo Ship. Tu prendi un manico e io prendo l'altro.
Serra forte, ora. » La bambina strinse con forza il manico con tutte e due le
mani e Jack allungò il braccio, piegò le ginocchia e in quel modo scomodo
si avviarono per le vie della città. Si chiamava Margaret, disse; in genere
era suo fratello Abel a portare le borse dei gentiluomini, ma il venerdì
precedente un cavallo gli aveva pestato un piede; gli altri ragazzi grandi
erano gentilissimi e le lasciavano prendere il suo posto finché non fosse
guarito. Arrivati alla locanda, le diede uno sceñino e la delusione si dipinse
sul volto della bambina. « È uno scellino », le spiegò Jack. « Non hai mai
visto uno scellino? » Margaret scosse la testa. «Vale dodici penny», spiegò,
dando un'occhiata agli spiccioli. « Tu sai che cos'è un pezzo da sei, vero? »
«Oh, certo, lo sanno tutti che cos'è», rispose Margaret, con un certo
disprezzo. « Be', qui ce ne sono due. Perché due volte sei fa dodici,
capisci? » La bambina restituì lo scellino sconosciuto, ricevette con aria
solenne i familiari sei pence l'uno dopo l'altro e di colpo il volto le
s'illuminò come sole che spuntasse tra le nuvole. Jack entrò nena saletta da
pranzo: i tavoli erano già apparecIll chiati, essendo il locale abituato agli
orari tradizionali della marina, ma un cameriere disse: « Occorre aspettare
mezz'ora, signore. Gradite qualcosa da bere di là, signore? » «Be'», rispose
Jack, «gradirei una pinta di sherry, ma portatemelo qui, accanto al fuoco, e
poi non perderò nemmeno un minuto, quando sarà pronto in tavola. Sono
così affamato che divorerei un bue intero. Ma, prima di tutto, potete
trovarmi un posto sulla diligenza per Londra, dentro o fuori? » « Oh, no,
signore. Tutti i posti sono stati presi un'ora fa. » « E una carrozza a nolo? »
« Be', signore, con gli affari che vanno così male, non ce ne sono più. Ma
Jacob, qui », disse, accennando all'unico cameriere barbuto che Jack
avesse mai visto in un Paese cristiano, «farà un salto all'Union o al Royal
per vedere se hanno qualcosa. Lo ha già fatto per un altro cliente. » «Aye,
vi ringrazio, avrà mezza corona per il suo disturbo», disse Jack. «A
ripensarci», disse a se stesso, bevendo un primo, contemplativo, bicchiere
di sherry, «non è affatto un cameriere. Senza dubbio è un garzone di
scuderia che aiuta ogni tanto a servire in tavola. E quindi ha diritto ad
avere la barba. » I piatti comparvero finalmente, seguiti all'istante da una
truppa di gentiluomini affamati; il primo di questi, un uomo asciutto,
dall'aria intelligente in un abito nero di buon taglio con i bottoni dorati,
prese una sedia accanto a Jack e subito gli domandò di passargli il pane;
cominciò a mangiare con tutta l'ingordigia permessa dalle buone maniere,
ma non parlò più: un gentiluomo riservato, forse un avvocato dell'alta corte
con una buona clientela o qualcosa del genere. Dall'altra parte della tavola
sedeva un mercante di mezz'età con il cappello dalla tesa larga piantato
saldamente in testa, il quale continuò a scrutare Jack, prima attraverso le
lenti e poi senza, finché non ebbe finito il brodo di carne e lo sformato di
verdure con il quale era cominciato il pasto, e alla fine disse: « Amico, hai
tu un conforto in cuoio? » « Mi dispiace, signore, ma non so nemmeno che
cosa sia un conforto in cuoio», rispose Jack. «Be', io avevo pensato che tu
fossi un Amico, dal tuo abito privo di orgoglio peccaminoso. » In effetti,
Jack era vestito con molta semplicità, dato che i suoi abiti civili avevano
sofferto crudelmente sotto il sole dei due tropici e ancor più tra un tropico
e l'altro; ma non supponeva di essere così poco peccaminoso da essere
notato. «Un conforto in cuoio», riprese il mercante, «è 112 quella cosa che
l'uomo profano chiama un marchingegno tirato da un cavallo: una
carrozza. » «Ebbene, signore», disse Jack, «non ho ancora un conforto, ma
spero di averne uno presto. » La speranza era stata appena espressa che
venne immediatamente cancellata. Il servo barbuto, infilando un piatto di
pastinaca tra Jack e il suo vicino vestito di nero, disse a quest'ultimo: « IL
calesse del Royal vi aspetta dopo pranzo, signore, nel nostro cortile,
proprio qui dietro ». E a Jack: « Mi dispiace, signore, ma quella era
l'ultima vettura, non ce ne sono più in tutta la città ». Mentre stava ancora
parlando, il vicino del quacchero, un individuo volgare, dall'aria di
venditore all'incanto, esclamò: «Tutte idiozie, Jacob. Ho chiesto io per
primo il calesse del Royal. Il calesse è mio ». « Non credo », affermò
freddamente il vicino di Jack. « Ho già dato un anticipo per il noleggio. »
«Sciocchezze! » ribadì il tipo volgare. «È mio, vi dico. E aggiungo», disse
rivolto al quacchero, «che vi darò un passaggio, vecchio Scarpaquadra. »
Si alzò di scatto e si affrettò alla porta, chiamando: «Jacob! Jacob! » La
scena attirò l'attenzione degli avventori, ma via via che l'appetito si
placava lungo la tavola, con l'oste che tagliava e faceva servire altro
manzo, altro montone, altro maiale arrosto con i ciccioli, ritornò la calma e
con essa la capacità di ragionare in modo più sensato, più lucido. Poche
persone godevano delle battute di spirito come Jack Aubrey, sia delle
proprie, sia di quelle degli altri, e stava rigirando nella mente pastinaca,
burro e altre parole appropriate nella speranza che ne uscisse qualcosa di
davvero brillante, quando il suo vicino gli rivolse nuovamente la parola: «
Sono desolato che siate rimasto senza mezzo di trasporto, signore; ma se
voleste condividere il mio, sareste il benvenuto. Io vado a Londra. Posso
disturbarvi per il burro? » «Siete davvero gentile, signore», rispose Jack,
«ve ne sarei obbligatissimo... Desidero particolarmente essere a Londra
oggi stesso. Permettetemi di versarvi un bicchiere di vino. » Si misero a
conversare con grande affabilità: una conversazione di non grande
importanza, gli argomenti essendo soprattutto il tempo, la forte probabilità
di pioggia nel pomeriggio, l'appetito risvegliato dall'aria di mare e la
differenza tra l'autentica sogliola di Dover e le sue imitazioni del mare del
Nord, ma fu piacevole, innocua e cordiale. Riuscì però a far inquietare
l'Amico 113 con gli occhiali, il quale rivolse loro occhiate cariche
d'indignazione e al formaggio li abbandonò, sbattendo la sedia sul
pavimento con intenzione e allontanandosi a grandi passi per raggiungere
il tipo volgare fuori del locale. « Temo che abbiamo fatto arrabbiare il
quacchero », osservò Jack. « Non credo affatto che sia un quacchero »,
disse Abito Nero con calma, dopo una pausa durante la quale altri
commensali si alzarono da tavola. « Conosco molte persone rispettabili,
come i Gurney e gli Harwod, che appartengono agli Amici. Si comportano
come esseri ragionevoli, non come macchiette da teatro di provincia.
Quelle stranezze di abbigliamento e di linguaggio non usano più tra loro,
per quanto ne so; sono state abbandonate da cinquant'anni a questa parte e
forse più. » « Ma perché volersi far passare per quacchero? » domandò
Jack. «Già, perché? Presumibilmente per approfittare della loro
reputazione di onestà e di correttezza. Ma il cuore dell'uomo è
insondabile», rispose Abito Nero con un sorriso, prendendo una cartella di
cuoio appoggiata contro la sua sedia, «e forse quell'uomo sta solo
inseguendo un amore illecito o fuggendo dai creditori. Ora, signore, se
volete scusarmi, andrò a prendere il mio bagaglio. » « Ma non vi fermate
per il caffè? » esclamò Jack, che ne aveva ordinato una caffettiera.
«Ahimè, non oso», rispose Abito Nero. «Non va d'accordo con me. Ma
non abbiate fretta. Il mio essere interno è già piuttosto disturbato e mi
ritirerò per più tempo di quanto non vi occorra per vuotare due o anche tre
caffettiere. Vediamoci al calesse, diciamo tra un quarto d'ora. Sarà in quel
cortile dall'aria abbandonata dietro la cucina, dove lo Ship un tempo teneva
le sue carrozze. » Quattordici minuti dopo, Jack Aubrey usciva nel cortile,
portando il suo bagaglio, ma, ancor prima di girare l'angolo, udì uno strano
schiamazzo, un rumore di lotta e quando fu al cancello vide il quacchero e
l'individuo volgare alle prese con il suo amico, mentre il piccolo
postiglione cercava di aggrapparsi al collo dei suoi animali, sollevandosi
da terra a ogni tentativo e gridando con tutta la misera potenza della sua
vocetta sfiatata e tremante. Il tipo volgare, dopo aver calcato con forza il
cappello sugli occhi ad Abito Nero, lo aveva afferrato alla gola, mentre il
quacchero, 114 tirando goffamente calci dove capitava, tentava di
strappare la cartella di cuoio che Abito Nero teneva stretta con tutte le sue
forze. Forse Jack era lento nel trovare motti di spirito, ma nell'azione era
straordinariamente rapido. Partì a tutta velocità, si lanciò con le sue
duecentoventicinque libbre di peso sulla schiena del tipo volgare, gli fece
sbattere la testa contro l'acciottolato e si rialzò di scatto per occuparsi del
quacchero. Ma questi, con un'agilità sorprendente data l'età e la
corporatura, se la stava già filando in tutta fretta, e Abito Nero, liberatosi
del cappello, afferrò il braccio di Jack e gridò: «Lasciatelo andare,
lasciatelo andare, per favore! Vi prego di lasciarlo andare. E anche questo
ruffiano ubriaco ». Il tipo volgare si stava infatti rimettendo faticosamente
in piedi. «Vi sono infinitamente obbligato, signore, ma evitiamo lo
scandalo, per favore, evitiamo il chiasso. » Dalla cucina dello Ship la gente
stava già uscendo nel cortile e li fissava a bocca aperta. « Niente
gendarmi? » « Oh, no, no: non richiamiamo l'attenzione, ve ne prego »,
insistette Abito Nero con calore. « Per cortesia, saliamo in vettura. Non
siete ferito? Avete il vostro bagaglio. Saliamo subito. » Per un certo tempo,
in verità finché il calesse non ebbe lasciato Dover e non fu in aperta
campagna sulla strada per Londra, Abito Nero non fece che rassettarsi
l'abito, riannodarsi la cravatta e lisciare le carte nella cartella maltrattata.
Era evidentemente molto scosso, sebbene, in risposta all'interessamento di
Jack, assicurasse che si trattava « soltanto di qualche sbucciatura, niente in
confronto a una caduta da cavallo ». Ma poco dopo aver superato
Buckland, mentre i cavalli correvano di buon passo e la vettura avanzava
senza scosse, si rivolse a Jack: « Vi sono infinitamente obbligato, signore,
infinitamente obbligato, non solo per aver salvato me e la mia proprietà
dalle mani di quei mascalzoni, ma anche per aver lasciato cadere la cosa.
Se fossero arrivati i gendarmi, avremmo subito dei ritardi; e, quel che è
peggio, ci sarebbe stato un chiasso fastidiosissimo, uno scandalo. Nella
mia posizione non posso permettermi nemmeno l'ombra di uno scandalo
né di attirare l'attenzione pubblica. » « Sì, certamente, gli scandali sono
cose maledettamente sgradevoli », convenne Jack. « Ma vorrei aver
scaraventato quei due nell'abbeveratoio dei cavalli. » 115 Una pausa di
silenzio, poi Abito Nero disse: «Vi devo una spiegazione». «
Assolutamente no », affermò Jack. L'altro accennò un inchino e continuò:
« Sono appena tornato da una missione confidenziale sul continente e
quegli individui mi stavano aspettando. Il ruffiano con il fazzoletto da
collo a pallini l'avevo notato sulla nave, ricordo di essermi chiesto come
mai fosse lì, e ho rimpianto di aver dovuto lasciare con il mio principale, a
Parigi, il mio valletto, un giovane robusto e coraggioso, figlio del mio
guardacaccia. La scena del calesse era una finta, tanto per dare una certa
credibilità all'aggressione: non erano interessati al calesse e nemmeno ai
pochi soldi che mi porto dietro o al mio orologio. No, signore, erano
interessati alle informazioni, alle notizie che io porto qui », disse,
appoggiando la mano sulla cartella, « notizie che nelle mani di qualcuno
possono valere una fortuna ». « Buone notizie, spero? » domandò Jack,
guardando dal finestrino una giovane prosperosa, le guance arrossate
dall'esercizio fisico, che trotterellava sul bordo della strada seguita da un
garzone di scuderia. «Piuttosto buone, sì, signore, io credo: perlomeno
saranno in molti a pensarlo», disse Abito Nero; poi, forse intuendo di
essere stato indiscreto, tossicchiò e soggiunse: «Ecco la pioggia di cui
abbiamo parlato ». Cambiarono i cavalli a Canterbury e quando Jack tentò
di pagare o quanto meno di dividere la spesa, Abito Nero fu irremovibile:
no, no, assolutamente no, lo pregava di volerlo scusare, ma non poteva
permettere che il suo salvatore mettesse mano alla borsa; in ogni caso, il
costo sarebbe stato lo stesso anche se Jack non fosse stato con lui; e per
mettere fine alla questione con un argomento decisivo, disse che pagava lo
Stato. Quando furono ripartiti, Abito Nero propose, se Jack non aveva
niente in contrario, di fermarsi a cenare a Sittingbourne. «Ho pranzato più
volte in modo eccellente al Rose», disse, «e hanno uno Chambolle-
Musigny del '92 che è uno dei vini migliori che abbia mai bevuto. E poi
saremo serviti dalla figlia dei proprietari, una personcina che è una delizia
da contemplare. Non sono un satiro, ma trovo che le belle creature
aggiungano tanto al piacere della vita. A proposito », soggiunse dopo una
pausa, « in verità è assurdo, ma non credo di essermi presentato: mi
chiamo Ellis Palmer, per servirvi. » 116 « Molto lieto, signore », disse
Jack, stringendogli la mano. « Io mi chiamo John Aubrey. » «Aubrey,
Aubrey...», ripetè Palmer con aria meditabonda. « È un nome al quale ho
pensato molto di recente, in rapporto ai cheloni. Posso chiedervi se siete
per caso imparentato con il celebre signor Aubrey della Testudo aubreii,
quella meraviglia tra le tartarughe? » « Suppongo di sì, in un certo senso »,
rispose Jack, con qualcosa di simile a un sorrisetto di falsa modestia
compatibile con la sua faccia abbronzatissima, segnata dalle cicatrici e
dalle intemperie. « In effetti, è vero, alla creatura è stato dato il mio nome:
non che io abbia avuto niente a che fare con la faccenda. Voglio dire, la sua
scoperta non è stata merito mio. » « Giusto Cielo ! » esclamò Palmer. «
Allora dovete essere il comandante Aubrey, della marina; e dovete
necessariamente conoscere il dottor Maturin. » « È il mio migliore amico
», confermò Jack. « Abbiamo navigato insieme per moltissimi anni, in
questa guerra e in quella passata. Lo conoscete? » « Non ho mai avuto
l'onore di essergli presentato, ma ho studiato tutti i suoi preziosi lavori... i
lavori che non riguardano la medicina, intendo, perché io sono solo un
naturalista, e un semplice dilettante per giunta; io lavoro per il Parlamento,
nella preparazione dei testi. L'ho sentito parlare alla Royal Society dove mi
aveva accompagnato uno dei membri, ed ero presente alla sua conferenza
all'Instimi, a Parigi. » «Davvero? » disse Jack. Da quello e da qualche altro
accenno che aveva lasciato cadere, gli era ormai chiaro che Palmer doveva
essere uno di quegli emissari che andavano avanti e indietro, le persone
grazie alle quali in realtà continuavano a esistere le navi addette al
trasporto dei prigionieri. « Proprio così. L'argomento del suo intervento era
il solitario di Rodriguez, come saprete benissimo, naturalmente: non ero
riuscito a sentire tutto ciò che diceva, la sala era piuttosto grande, ma in
seguito ho potuto leggere gli atti con grandissimo profitto e godimento.
Una tale vastità di ricerca, una tale erudizione, paragoni così illuminanti,
tratti di spirito così geniali! Deve essere un privilegio conoscerlo. »
Parlarono di Stephen finché non furono arrivati a Sitting-bourne e
parlarono di lui durante la mirabile cena. « Vorrei che 117 fosse qui con
noi », disse Jack, fissando la fiamma della candela attraverso il suo
borgogna. « Gusta il vino buono anche più di me; e questa è in verità una
nobile annata. » « E così possiede anche questa virtù in aggiunta alle altre:
sono felice di saperlo. Da come ne parlate, sembra il migliore e il più
fortunato degli uomini. Mia cara », disse poi, rivolgendosi alla figlia dei
proprietari, un vero bocciolo di rosa, « gradiremmo avere un'altra bottiglia,
io credo. » Jack avrebbe potuto replicare che Stephen mancava del senso
della disciplina e della puntualità, e che era anche capace di dare qualche
rispostaccia, ma non lo fece, e disse: « E come avete osservato poc'anzi, sa
essere molto spiritoso. Gli ho sentito dire una battuta divertentissima,
improvvisata così, tambur battente, senza sgombrare i ponti, per così dire.
Vorrei ripeterla perbene questa volta, ma ogni tanto mi sbaglio, perché è
maledettamente sottile, capite; e non fa mai ridere quando si deve ripetere
e spiegare. Prima di tutto devo osservare che in marina noi abbiano un
turno di guardia che si chiama diana. Dunque, eravamo al blocco di Tolone
e avevamo a bordo un civile che non conosceva le nostre usanze. Un
giorno, a pranzo, domanda il perché di quel nome. Noi siamo rimasti tutti
piuttosto interdetti finché Maturin non salta su e dice: 'Ma come, non
capite? Dove, se non su una nave della marina britannica potrebbe trovare
rifugio la dea delle vergini?'» Palmer colse la battuta e, pur non essendo di
regola un tipo ridanciano, scoppiò in una tale risata acuta che la ragazza
graziosa accorse stupefatta, con il cavatappi in mano. Indugiarono a lungo
sulla frutta secca e, una volta o due, Palmer cominciò a parlare in tono
insolitamente grave, ma poi cambiò idea. Solo quando furono di nuovo in
viaggio, con le lanterne della carrozza che foravano il buio davanti a loro e
con la pioggia che tamburellava sul tettuccio, creando un'atmosfera
piacevole d'intimità, si decise ad aprire il suo animo. « Mi stavo
chiedendo, comandante Aubrey, mi stavo chiedendo in che modo io possa
esprimervi la mia gratitudine. » Jack protestò come si conveniva, ma
Palmer continuò: « E, se da un lato un presente in denaro a un gentiluomo
nella vostra posizione è chiaramente impensabile, anche se si trattasse di
una grossa somma, mi è venuto d'altro canto il pensiero che
un'informazione in grado di procurarvi quella stessa somma, o in verità di
più, potrebbe risultare accettabile». 118 « Un pensiero gentile », osservò
Jack, sorridendo nell'oscurità. « L'intenzione lo è certamente », disse
Palmer, « ma devo confessare che, per cominciare, presuppone il possesso
di una certa quantità di denaro o di amici che lo possano prestare o di un
credito con un agente o un banchiere, il che poi è la stessa cosa; perché a
chi ha sarà dato, e solo a chi ha. » «Non posso certo dire di avere molto,
ma per il momento non mi definirei nemmeno povero », disse Jack. Stava
ripassando mentalmete le varie corse di cavalli, per trovare la specie di
purosangue che Palmer stava per raccomandargli, e fu colto
completamente di sorpresa quando udì le seguenti parole, pronunciate con
grandissima serietà: « Come immagino sappiate, da un po' di tempo sono
in corso i negoziati per porre termine alla guerra: per questa ragione, il mio
principale e io ci siamo recati a Parigi. I negoziati hanno avuto successo.
Tra pochi giorni sarà firmata la pace». « Signore Iddio Onnipotente! »
esclamò Jack. «Proprio così», riprese Palmer, «e naturalmente sarebbe
d'uopo fare un'infinità di riflessioni. Ma ciò che serve al mio scopo
immediato è che, non appena la notizia sarà resa pubblica, i titoli di Stato e
una grande varietà di azioni saliranno enormemente, in alcuni casi del
cento per cento. » « Signore Iddio Onnipotente! » proruppe di nuovo Jack.
« Chi comprasse ora realizzerebbe un enorme guadagno prima del
prossimo giorno di liquidazione», affermò deciso Palmer. «Potrebbe
ottenere prestiti, o negoziare il suo credito, o vendere a termine con
assoluta sicurezza. » «Ma non è scorretto comprare in simili circostanze?»
domandò Jack. «Oh, povero me, no!» rispose Palmer, ridendo. «Così si
creano le fortune nella City. Non è scorretto, né legalmente né moralmente.
Se sapeste per certo che un dato cavallo vincerà una corsa, si potrebbe dire
che sia scorretto scommetterci su, perché sarebbe prendere denaro agli
altri. Ma quando i titoli salgono e si approfitta dell'aumento, non si porta
via niente a nessuno: è la ricchezza del Paese o della compagnia che
aumenta e, approfittando di questo aumento, non si danneggia nessuno.
Naturalmente non può essere fatto su larga scala, per non turbare il
mercato del denaro. Avete familiarità con il mercato del denaro, signore? »
« No », rispose Jack semplicemente. 119 « Io l'ho studiato da vicino per
molti anni e vi assicuro che in certe occasioni è nervoso, irrazionale,
capriccioso come una femmina sciocca, soggetta ai vapori. Spesso rimane
sconvolto per molto tempo, il che ha un pessimo effetto sul credito della
nazione. In casi di questo genere, perciò, il governo circoscrive le
informazioni a un numero ristretto di persone, tutte persone sulle quali si
può contare, perché agiscono con discrezione, senza esagerazioni. » « A
quanto ammonterebbe un'esagerazione? » « Qualsiasi cifra che ecceda di
molto le cinquantamila sterline in buoni del Tesoro probabilmente farebbe
arricciare il naso. Naturalmente un investimento in azioni commerciali
sarebbe meno concentrato e quindi non turberebbe tanto il mercato, ma
anche in questo caso non credo che operazioni molto più grosse sarebbero
ben viste. » «Non corro certamente il rischio di essere accusato
d'indiscrezione», ribattè Jack, ridendo; e poi, con grande calore: «Vi sono
obbligatissimo, signore. Si da il caso che io abbia a disposizione una certa
quantità di denaro e, come accade alla maggior parte degli uomini,
nemmeno a me dispiacerebbe di vederla aumentare. Posso parlarne con il
dottor Maturin? » «Be', in quanto a questo, temo purtroppo che non
sarebbe appropriato, trattandosi di un'informazione riservatissima »,
replicò Palmer. « Per la stessa ragione, se decideste di comprare, non
dovreste farlo tramite una sola persona, ma parecchie; il vostro agente,
diciamo, e il vostro banchiere e un paio di agenti di Borsa. Il mercato è
molto sensibile agli acquisti improvvisi in un periodo di generale
stagnazione, soprattutto se l'acquisto è fatto da un solo individuo. D'altro
lato, potreste insistere con il dottor Maturin, e forse con uno o due amici
intimi, perché comprino sia pure con moderazione: potreste insistere
molto, ma senza citare nessuna fonte autorevole, né, ovviamente, rivelare
la mia confidenza. Il dottor Maturin s'intende di mercato azionario? » « Ne
dubito assai. » « Eppure una mente così filosófica potrebbe ben
contemplare la City e osservare il conflitto tra avidità e paura nell'animo
dei suoi abitanti, simboleggiato dalle quotazioni della Borsa; ma, in ogni
caso, forse potrebbe gradire un elenco dei titoli che hanno maggiori
probabilità di salire o di salire di più. Sarei ben lieto di mostrargli un segno
della mia stima, sebbene solo a que120 sta distanza. Potreste trovarla utile
voi stesso: è frutto di un lungo studio, » * L'elenco era ancora nella tasca di
Jack il giorno seguente, quando fece il suo ingresso nel club, ma a quel
punto era già sottolineato, crocettato, cancellato e pieno di annotazioni. «
Buon pomeriggio, Tom », disse al portiere. « Ci sono lettere per me? »
«Buon pomeriggio, signore», rispose Tom, guardando nelle caselle. « No,
signore, mi dispiace, nemmeno una. » « Bene, bene, suppongo che sia
troppo presto », ipotizzò Jack. «Avete visto il dottor Maturin? » « IL dottor
Maturin? Oh, no, signore: non sapevo neppure che fosse in Inghilterra. »
Jack salì le scale. Era di buon umore, ma stanchissimo: leggero nell'animo,
appesantito nel fisico. La notte, trascorsa in gran parte a conversare
animatamente nella vettura, non lo aveva riposato; camminare sul selciato
duro, resistente, delle strade dopo tanto tempo in mare lo aveva estenuato e
ancor più lo avevano sfinito le emozioni del giorno e della notte appena
trascorsi. La prima visita era stata dai suoi avvocati. Là aveva appreso che
nessuna delle sue cause era stata decisa in un modo o nell'altro, che tutto
era pressappoco nelle stesse condizioni in cui lo aveva lasciato, a parte il
fatto che sulla prima era stato ottenuto il parere di due eminenti consulenti
legali, nessuno dei due del tutto sfavorevole, e che forse la causa sarebbe
stata discussa all'inizio del trimestre successivo. Ciò significava che
avrebbe potuto perlomeno circolare senza essere arrestato e rinchiuso in
una prigione per debiti, e quindi si era recato subito dal suo agente, presso
il quale aveva passato una mattinata molto impegnativa, più redditizia di
quanto si fosse aspettato per ciò che riguardava le prede catturate
nell'Adriatico, ormai tanto tempo prima che a malapena ne ricordava i
nomi; e poi alla sua banca, dove aveva ricevuto un complimento
singolarmente lusinghiero. Si era intrattenuto per un certo tempo con uno
dei soci più giovani e, mentre scendevano insieme le s,cale, aveva
osservato che avrebbe dovuto passare anche dal cassiere: non aveva molto
con sé. Il signor Hoare era andato dietro il banco e aveva detto: « È il
comandante Aubrey della marina: credo che a lui potremo dare oro ». Da
121 parecchi anni, tutti dovevano accontentarsi di carta moneta, ma Jack
era uscito dalla banca con venticinque ghinee, un peso confortevole nella
tasca, una sensazione di ricchezza vera, solida. Poi, dopo aver mangiato in
una taverna specializzata in carne alla griglia, si era recato da due diversi
agenti di Borsa, il suo e quello di suo padre: non appena visto il secondo,
si era subito pentito di aver fatto la sua conoscenza. Il signor Shape aveva
tutta l'eccessiva cordialità, tutta la finta sicurezza di un uomo della City di
terz'ordine; non era un agente di cambio regolare, non era un membro della
Borsa, ma un negoziatore esterno, e perfino a un uomo come Jack, così
poco abituato a trattare di affari, il suo ufficio aveva dato immediatamente
un'impressione indefinibile d'illegalità. Il signor Shape era stato gentile
tuttavia e aveva detto a Jack che il generale Aubrey era in città, lo aveva
visto appunto pochi giorni prima, e il vecchio gentiluomo era « arzillo
come al solito ». Shape avrebbe ben voluto sapere perché il comandante
Aubrey volesse comprare proprio quei determinati titoli e lanciò numerose
allusioni, ma Jack, quando si trovava davanti a esseri meschini di quella
specie, sapeva assumere un'aria abbastanza feroce e la sfrontatezza di
Shape non era arrivata al punto di rivolgergli domande dirette. Dopo
quell'interludio piuttosto sgradevole, Jack aveva preso una carrozza per
tornare a Whitehall. Aveva fatto un saluto all'Ammiragliato, fonte di gioia
intensa e di profonde inquietudini, e aveva attraversato a piedi il parco di
St. James fino al club. Amava Londra e quella passeggiata gli era piaciuta,
ma ora si sentiva sfinito. Chiese champagne e si sprofondò con la coppa in
mano in una poltrona accanto a una finestra che dava sulla strada. Dentro
di lui ricominciò a scorrere la vita, lambendogli dolcemente i talloni
sbucciati e le vesciche sui piedi; e l'allegria, perfino l'euforia della mattina,
crebbe ancora nel suo animo mentre rifletteva su quante cose avesse
concluso quel giorno. Non appena si fosse riposato un po', si sarebbe
alzato di lì e sarebbe andato al Grapes dove forse avrebbe trovato una
lettera di Sophia e dove forse avrebbe incontrato Stephen. Perlomeno
avrebbe avuto sue notizie. Sorrise; ma il sorriso gli si cancellò dalla faccia
nel vedere Edward Parker, suo vecchio compagno di navigazione, che si
stava avvicinando. Non aveva assolutamente niente contro Parker, ma non
voleva sentirsi commiserare per la sorte della Surprise. Esisteva però un
modo per affrontare la situazione: Parker 122 era un bravo marinaio,
coraggioso e di successo; apparteneva a una famiglia di lunghe tradizioni
navali ed era sicuro di ottenere sempre un comando e di poter issare un
giorno la sua insegna; inoltre era snello, di bell'aspetto e molto corteggiato
dalle donne; ma si vantava di due qualità che non possedeva: l'abilità a
cavallo e la capacità di reggere il bere tanto da far finire chiunque altro
sotto la tavola. «Oh, Aubrey! » esclamò Parker, «come mi dispiace per la
Surprisel » « Non importa », tagliò corto Jack. « Oggi è la festa di san Fia-
scone, il patrono degli ubriachi. Niente musi lunghi per san Fia-scone.
William, una coppa dello stesso per il comandante Parker. » IL club
possedeva grandi coppe d'argento particolarmente eleganti e quella
sembrava ancora più bella del solito, la superficie velata dal ghiaccio e
servita su un vassoio scintillante. « A san Fiascone », brindò Jack, « e alla
sua memoria immortale: tutto d'un fiato, non bisogna lasciarne nemmeno
una goccia. » Parker si comportò virilmente, ma pesava centoventicinque
libbre contro le duecentoventicinque di Jack e non aveva girovagato per
Londra tutto il giorno. Sebbene proponesse egli stesso di fare un bis, non
resse alla prova: dopo essere rimasto seduto per qualche minuto con un
sorriso vacuo e innaturale sul viso pallido, si scusò in modo a malapena
coerente e si affrettò a lasciare la sala. Jack tornò a sprofondarsi nella
poltrona e contemplò il flusso serale dei passanti in St. James's Street.
L'udienza al palazzo reale era stata particolarmente lunga e la strada era
affollata da una quantità di ufficiali splendenti più dell'ordinario, in oro e
scarlatto, scintillanti d'argento e di metallo e piumati come Agamen-none;
si affrettavano preoccupati verso Piccadilly per tema della pioggia
imminente. I più previdenti avevano con sé i valletti con l'ombrello e
qualcuno, stringendo la spada, si precipitava con gli speroni tintinnanti
nell'uno o nell'altro dei club, numerosi nella via. Quasi di fronte alla
finestra di Jack si trovava il Button, il club del generale Aubrey. Anche
Jack era iscritto al Button, ma non vi si recava quasi mai, trovando
sgradevole l'ambiente, formato da uomini eccessivamente ricchi - aveva
più duchi di qual-siasi altro club - e da un buon numero d'individui poco
perbene, benché di ottime famiglie. Quando gli ufficiali ebbero trovato
rifugio, i civili ripresero possesso della strada e Jack osservò con
dispiacere che i begli 123 abiti colorati della sua gioventù stavano per
essere soppiantati del tutto dal nero che, pur essendo abbastanza elegante
in casi particolari, dava al marciapiede di fronte un'aria funebre. Sì, ogni
tanto si vedeva il verde bottiglia, il bordeaux, l'azzurro vivo, ma la strada
non era più il giardino fiorito di un tempo. E i calzoni erano quasi
universali tra i giovani. Vide passare un buon numero di conoscenti.
Blenkinsop, del ministero degli Esteri, con la sua consueta aria di
superiorità. Waddon, un vicino dello Hampshire e creatura eccellente, ma
niente affatto contento in quel momento in groppa a un cavallo acquistato
da poco che avanzava di sghimbescio verso la torre dell'orologio,
schiumando e scoreggiando; e non appena suonò la mezz'ora, l'animale, un
castrone sauro, emise una specie di urlo e s'infilò a tutta velocità nel vicolo
accanto al Lock. Jack vide Waddon riemergere, con aria cupa,
apparentemente dopo aver abbandonato il cavallo. Vide entrare, da Button,
Wray dell'Ammiragliato e un altro signore di cui non riuscì a ricordare il
nome, entrambi vestiti di nero; altri abiti neri li seguirono; poi fu la volta
del vecchio e familiare azzurro vivo e, senza grande sorpresa, Jack
riconobbe suo padre. Un tempo non doveva essere stato impossibile amare
il generale Aubrey, dal momento che aveva sposato una donna
amabilissima, la madre di Jack; ma da vent'anni a quella parte e anche più,
perfino i suoi cani non provavano affetto per lui. La sua mente era tutta
presa dall'idea di fare quattrini con un espediente o con l'altro; una volta
aveva fatto abbattere tutti gli alberi sulle sue terre, sebbene non fossero
pronti che a metà per il taglio, giocando così un brutto tiro a Jack pur senza
un grande profitto per se stesso; e da qualche tempo si era messo a
frequentare strani individui che vivevano ai margini del mondo delle
banche, delle assicurazioni e delle vendite immobiliari. Aveva anche
compromesso la possibilità di Jack di ereditare una proprietà impoverita
ma restaurabile, sposando una giovane lattaia con un accordo matrimoniale
economicamente disastroso e mettendo al mondo un altro figlio. Jack
aveva però un forte sentimento di pietà familiare e aveva pronto in tasca
un biglietto per suo padre in cui gli raccomandava di mettere ogni
spicciolo che aveva nei titoli che figuravano sull'elenco di Palmer: non
poteva dare spiegazioni su quella raccomandazione che doveva restare
segreta. Aveva avuto intenzione di fargli avere il biglietto, niente più: ma
ora, vedendo l'alta fi124 gura ossuta che si afferrava alla ringhiera per
aiutarsi a salire i gradini, disse: «È mio padre, dopotutto, accidentaccio.
Andrò a chiedergli come sta ». Se lo farai, obiettò la sua intelligenza leg-
germente appannata, dovrai affrontare molte domande. « Niente affatto »,
ribattè, « dovrò soltanto dire che sono vincolato al segreto, che ho dato la
mia parola, e capirà perfettamente », e, finito di vuotare la coppa di vino,
attraversò la strada. «Ma benone, Jack! Come stai?» esclamò il generale,
riconoscendolo. « Sei stato via? » « Sì, signore. Nel Pacifico. » «E ora sei
tornato. Magnifico, magnifico! » IL generale sembrava molto contento.
«Immagino che Sophia sia stata felice di rivederti», soggiunse,
compiaciuto di essersi ricordato il nome, così compiaciuto che domandò a
Jack che cosa volesse bere. « Siete molto gentile, signore, ma ho appena
bevuto tre coppe di champagne con lo stomaco praticamente vuoto e ne
sento già l'effetto. Ma forse potrei prendere un caffè. » « Stupidaggini! »
esclamò il padre. « Non sei un dannato pap-pamolle. Il buon vino non ha
mai fatto male a un vero uomo. Continueremo con lo champagne. »
Mentre i primi bicchieri gli scendevano nella gola, Jack s'informò
educatamente della salute della matrigna e di suo figlio. «Due piagnoni
insopportabili, sempre a lamentarsi», replicò il generale. Versò altro vino e
poi, dopo una pausa, ripetè: « Ma immagino che Sophia sia stata felice di
vederti ». « Lo sarà, io spero », disse Jack, « ma non sono ancora stato a
casa. Un vino eccellente, signore, più fruttato di quello del nostro club. No,
non sono stato a casa: la nave addetta al trasporto dei prigionieri mi ha
sbarcato a Dover e io ho ritenuto cosa migliore passare prima per Londra.
» «Ricordo che la comandava quel tuo ufficiale donnaiolo... come si
chiamava? » « Babbington, signore. Ora la comanda Harry Tennant. » « IL
figlio di Harbrook? Bene, bene, e così Harry Tennant ha il comando di
quella nave, eh? » « Sì, signore », confermò Jack, rimpiangendo di aver
menzionato la sciagurata bagnarola; aveva dimenticato come piacesse a
suo padre buttarsi su una notizia anche di poca importanza e insistervi su
fino all'impossibile. «Possiamo sederci in un angolo tranquillo nella saletta
a sud? Ho qualcosa di molto importante da dirvi a proposito di titoli. » 125
«Diavolo! Che cosa mi dici! » esclamò il generale, scrutandolo in viso. «
Andiamo, allora, e portati il bicchiere. Ma devi fare in fretta, sto
aspettando qualcuno. Dove hai preso questa giacca orrenda? » domandò,
facendogli strada. « Spero che tu non abbia derubato uno spaventapasseri.
» Nella saletta a sud, Jack disse a se stesso: « Sarà meglio che parli poco».
Si sedette a una scrivania e ricopiò rapidamente l'essenza della sua lettera.
«Ecco, signore», disse, porgendo l'elenco al padre, « vi consiglio
vivamente di mettere ogni spicciolo che potete risparmiare su questi titoli
», e nei termini più chiari che riuscì a trovare dichiarò la natura anonima,
assolutamente confidenziale della sua informazione. Disse che non poteva
rispondere a nessuna domanda e sottolineò il fatto di aver dato la sua
parola di non divulgare la cosa al di là di un paio di amici intimi. Ne
andava del suo onore. Il generale rimase a osservarlo in silenzio con occhi
astuti, indagatori, finché non ebbe finito, poi aprì la bocca per parlare, ma,
prima che ne uscisse una sola parola, arrivò in fretta un valletto per
informarlo che i suoi ospiti erano arrivati. « Resta qui, Jack », disse il
generale, posando il bicchiere vuoto. Qualche minuto dopo rientrò
accompagnato da tre uomini. Con una stretta al cuore, Jack vide che uno di
loro era l'agente di Borsa di suo padre e che gli altri due erano individui
abbigliati in modo vistoso, la specie di persone che incontrava anche
troppo spesso ogni volta che tornava nella casa della sua infanzia: quando
suo padre desiderava fare impressione su qualche personaggio di quel
genere, si ricordò, lo portava al club per mostrargli un duca o due. «È mio
figlio! » esclamò il generale. «Anche se non lo si direbbe, data l'età: la
prima volta mi sono sposato giovane, molto giovane davvero. E capitano
di vascello della marina, appena tornato da una missione in mare. È
sbarcato dalla nave addetta al trasporto dei prigionieri soltanto ieri e oggi
sta già dando consigli al suo anziano genitore su come investire il denaro,
ah, ah, ah! James, un magnum di questo stesso vino. » «IL comandante e
io siamo vecchi amici», disse l'agente di Borsa, battendo la mano sulla
spalla riluttante di Jack. «E posso assicurarvi, generale, che d'investimenti
se ne intende. » « E così siete arrivato sulla nave addetta al trasporto dei
prigionieri », disse uno degli altri. « Allora, forse, potrete darci le ul126
time notizie da Parigi. Oh, Dio, pensate se Napoleone fosse morto! Pensate
se la guerra stesse per finire! Pensate un po'! » « La nave per il trasporto
dei prigionieri? » ripetè l'agente di Borsa, che non aveva sentito la prima
volta. «S'intende d'investimenti?» si stupì il generale e tutti e due
guardarono Jack. Arrivò il vino, il tappo saltò. « Ho sempre sostenuto che
non c'è niente di meglio dello champagne », osservò uno degli ospiti del
generale. Jack rimase seduto a bere un bicchiere dopo l'altro e a evitare di
rispondere alle domande fino a quando la bottiglia non fu vuota. Richiesto
della sua opinione sull'andamento della guerra e sulla sua probabile durata,
si limitò a un'abile serie di banalità: udì se stesso parlare come da una certa
distanza, non senza soddisfazione. Ma quando suo padre suggerì che tutti
quanti terminassero la serata al Vauxhall, rifiutò con fermezza: la pietà
filiale aveva i suoi limiti... superati da un bel pezzo, in realtà. Aveva una
scusa perfetta: «Non sono vestito in modo appropriato per la città », disse.
« Non parliamo poi del Vauxhall in una compagnia distinta. » «Forse no»,
ribattè uno degli ospiti, il più semplice, il più ubriaco e il più decorato: «
Ma tutti sono pronti a scusare i nostri valorosi marinai! Venite con noi,
sarete mio ospite. Ci divertiremo un mondo. Provate a immaginare! » «
Grazie dello champagne, signore », disse Jack al padre. « Signori,
buonanotte. » S'inchinò e, lo sguardo fisso davanti a sé, mise la prua sulla
porta, dritto, rigido, trattenendo il respiro e senza mai deviare di un pollice
dalla sua rotta.

CAPITOLO V

tephen Maturin svoltò dallo Strand nel territorio li- bero del Savoy. Era un
percorso familiare, così fami- liare che i suoi piedi evitavano
automaticamente i punti più sconnessi del selciato, la griglia di ferro che in
una precedente occasione aveva ceduto sotto il suo modesto peso
facendolo precipitare in un deposito sotterraneo di carbone, e il sudiciume
del canaletto di scolo; e fu un bene, dal momento che i suoi pensieri erano
molto lontani di lì: come Jack aveva osservato, era terribilmente in ansia a
proposito di Diana, così ansioso e apprensivo che stava andando al Grapes
sia per cambiarsi e farsi la barba prima di presentarsi in Half Moon Street
sia per avere sue notizie, perché certamente era passata di lì, dato che
Diana e la signora Broad, la padrona della locanda, erano grandi amiche ed
entrambe prestavano un'attenzione eccessiva alla biancheria di Stephen. La
sua mente era lontana, dunque, e il colpo fu perciò tanto più grande
quando, girato l'angolo, alzò lo sguardo e in luogo della locanda non vide
niente se non un buco annerito, separato dalla strada da una barriera, con
l'acqua piovana che brillava nelle cantine, qualche asse bruciacchiata là
dove erano stati i pavimenti e l'erba e le felci nelle nicchie che un tempo
erano stati armadi. Le case vicine sembravano indenni, come le botteghe
sul lato della via verso Westminster, intatto e affollato di gente che si
affrettava avanti e indietro, quasi l'orribile spettacolo fosse cosa normale.
Attraversò la strada per controllare la posizione ed essere certissimo che
quello fosse veramente il guscio vuoto del Grapes e non una qualche
illusione spaziale; e, mentre stava lì in piedi, avvertì una lieve pressione
sul polpaccio. Voltatosi, vide un grosso cane da guardia, brutto e selvaggio,
che scodinzolava e scuoteva la testa, scoprendo i denti in una smorfia che
poteva esprimere piacere o rabbia estremi, e Stephen riconobbe
immediatamente il bastardo del macellaio. Non era un cane che avesse più
padroni, apparteneva senza dubbio al macellaio, ma con Stephen aveva
trascorso molte ore al giorno e tra i due si era creato un solido affetto che
datava da lungo tempo. «Ma guarda un po'! Il dottore! » esclamò il
macellaio. «Ho capito che eravate voi non appena l'ho visto che faceva le
feste 128 come un matto. Stavate guardando il povero Grapes, non è ve;
ro?» L'incendio era scoppiato più o meno quando la Surprise aveva
lasciato Gibilterra: non c'erano state vittime, ma la compagnia di
assicurazione aveva contestato la domanda d'indennizzo e la signora Broad
non poteva ricostruire finché non avessero pagato; nel frattempo era andata
dai suoi amici nell'Essex, rimpianta da tutto il vicinato. « Ogni volta che
guardo di là dalla strada », concluse il macellaio, puntando il coltello in
quella direzione, « ho l'impressione che nel territorio libero ci sia una
ferita. » Sì, una ferita. E stranamente crudele, pensò Stephen, avviandosi a
nord. Non avrebbe mai immaginato quanto gli fosse caro quel rifugio
tranquillo; e vi aveva lasciato anche qualche importante raccolta, per lo più
di uccelli, molti libri... La ferita incommensurabilmente più grande: «La
signora Maturin non abita più qui », infería nella casa di Half Moon Street,
non giunse altrettanto inaspettata così da lasciarlo annientato, e sul
momento fu un colpo meno tremendo. S'incamminò a passo deciso verso
St. James's Street, dicendo tra sé: «Ho deciso che non proverò niente fino a
quando non avrò qualche conferma: le spiegazioni possibili sono migliaia
». Di sua iniziativa, Stephen non si sarebbe mai iscritto al club di Jack, ma
Diana era stata irremovibile; lo aveva fatto presentare da molti suoi amici,
nonché da Jack, e da qualche tempo egli era membro effettivo.
«Buongiorno, signore», lo salutò il portiere nell'atrio d'ingresso. « Ho per
voi alcune lettere e una custodia per uniforme. » «Grazie», disse Stephen,
prendendo le lettere. L'unica importante era la prima del mucchietto e lui
ne ruppe il sigillo mentre si avviava su per le scale. Cominciava: «Perché
stolte promesse mantenere, promesse fatte tanto tempo fa, esser legati,
quando si può vedere che la passione antica è spenta già? » Tra questi versi
e l'ultimo paragrafo c'era una parte in una scrittura fitta, con molte
sottolineature e non ben leggibile con quella luce. Lo spazio tra le righe
dell'ultimo paragrafo era maggiore; queste erano state vergate con più
calma e con una penna diversa: « La tua uniforme migliore è arrivata
subito dopo la tua partenza, perciò, piuttosto che lasciarla al Grapes dove i
topi e le tarme prosperano in modo prodigioso nonostante gli sforzi della
buona signora Broad, la manderò al club. E, Stephen, ricordati, ti prego,
d'indossare maglia e mutande di flanella calde 129 quando sei in
Inghilterra: ne troverai alcune sopra l'uniforme e altre sotto ». Aveva
assorbito queste parole prima di raggiungere il pianerottolo. S'infilò la
lettera in tasca, entrò nella biblioteca deserta e diede una scorsa alle altre
missive. Una richiesta di un prestito a giro di posta; due inviti a pranzi da
lungo digeriti e due comunicazioni sulla berta minore. Le lesse
attentamente, poi ritornò alla lettera di sua moglie: avrebbe dovuto sapere,
scriveva Diana, quando faceva la ruota con la signora dalle chiome rosse
su e giù per il Mediterraneo, senza la minima discrezione, che lei lo
avrebbe considerato un insulto aperto, diretto. Non parlava dell'aspetto
morale della cosa, non era nel suo stile e comunque le ciance sulla moralità
potevano tranquillamente essere lasciate ad altri, ma doveva ammetterlo:
non si sarebbe mai aspettata che Stephen agisse in modo cosi volgare; e,
avendolo fatto in un accesso di follia, che non cercasse di giustificarsi,
perlomeno con una bugia che lei avrebbe potuto decentemente fingere di
credere. (A quel punto Stephen cercò dappertutto la data della lettera: non
c'era.) Qualsiasi donna intelligente ne sarebbe stata offesa. Perfino Lady
Nelson, una creatura molto, molto più mansueta di Diana, si era sentita
offesa, nonostante il velo di decenza di Sir William. Era obbligata a
confessare che mai, mai, si sarebbe aspettata che Stephen, pur con tutti i
suoi difetti, si comportasse come un individuo da poco. Sapeva molto bene
che gli uomini ordinari agivano così quando la passione era spenta, ma
Diana non aveva mai considerato Stephen un individuo ordinario. Mai,
mai, avrebbe dimenticato la sua bontà verso di lei e nessun rancore, per
quanto grande, avrebbe compromesso la sua amicizia per lui; ma era
felice, sì, felicissima, di non averlo sposato in nessuna chiesa, né
protestante, né cattolica. Poi, chiaramente dopo una pausa e con l'altra
penna: Stephen, però, non avrebbe mai dovuto pensare male di lei: e infine
il poscritto sulla biancheria. Non avrebbe pensato male di lei, come non lo
avrebbe fatto di un falcone che fosse volato via offeso (aveva conosciuto
falconi molto orgogliosi, di grande fierezza, dagli attaccamenti
appassionati e capaci di offendersi con altrettanta passione); ma era ferito
nel profondo del cuore e ne soffriva. All'inizio fu un dolore generalizzato,
che includeva la desolazione per la sua perdita, così intenso che si dondolò
avanti e indietro torcendosi le mani, poi il dolore fu più in particolare per
lei. La conosceva da lungo tempo, ma, di tutte le follie, di tutti i colpi di
testa che le aveva vi130 sto fare, quello era il più disastroso. Era fuggita
con Jagiello, unk ufficiale lituano al servizio della Svezia, che da un pezzo
l'ammirava apertamente. Ma Jagiello era un asino: un asino alto,
avvenente, dai capelli biondissimi, che le giovani donne adoravano e gli
uomini trovavano simpatico per il suo candore allegro e la sua semplicità,
ma un asino irrimediabilmente incostante, incapace di resistere alle
tentazioni e dalle tentazioni perpetuamente circondato, essendo ricco oltre
che bello in modo assurdo. Molto più giovane di Diana, da lui lei non
poteva aspettarsi fedeltà. Il matrimonio era impossibile, perché le nozze tra
Stephen e Diana a bordo della nave di Sua Maestà Oedipus erano valide a
tutti gli effetti, checché ne pensasse Diana. A lei era necessaria una vita di
società, necessaria come l'acqua e il cibo, e Stephen non aveva nessuna
ragione di supporre che la società svedese sarebbe stata particolarmente
gentile con una donna straniera non sposata il cui unico protettore era un
ussaro giovane e sciocco. L'idea di quale sarebbe stato il suo destino a
distanza di cinque anni gli faceva male al cuore. Non riusciva a trovare
altra luce in quel buio, se non il pensiero che perlomeno Diana era
economicamente indipendente, che non avrebbe dovuto contare sulla
generosità di nessun uomo. E tuttavia nemmeno questo era sicuro: in un
certo periodo aveva avuto denaro in grande quantità, ma Stephen non
sapeva se ne avesse investito a sufficienza per assicurarsi un reddito
ragionevole per il resto della sua vita. Era probabile, però, dal momento
che aveva un consigliere abilissimo nel suo amico Nathan, il banchiere, un
uomo che piaceva anche a Stephen. «Lo chiederò a Nathan», disse; e,
muovendosi sulla poltrona, sentì il bordo della maledetta cassettina di
metallo premere sull'anca. L'aveva assicurata al fianco con una benda
chirurgica (gli era già capitato di dimenticare documenti confidenziali in
una carrozza) e doveva occuparsene subito. Riflette. Il freddo processo del
pensiero fu un sollievo profondo dopo il tumulto di emozioni, di
esclamazioni intcriori appassionate, di proteste a malapena coerenti contro
l'ingiustizia di tutto ciò e di ripetizioni del suo nome; si alzò, si diresse a
una scrivania e scrisse: « il dottar Maturiti presenta i suoi omaggi e
sarebbe lieto di fare visita a Sir Joseph Blaine non appena possibile ». Fu
sorpreso di scoprire che la mano gli tremava al punto di rendere quasi
illeggibili le parole. Le ricopiò con cura particolare e scese al pianterreno,
per far recapitare il biglietto non all'Ammiragliato, ma all'abitazione di Sir
Joseph a Shepherd Market. **» 131 « Stephen ! Eccoti qui », gridò Jack,
che entrava in quel momento. «Come sono contento di vederti! Non è
orribile quello che è successo al povero Grapes? Ma perlomeno nessuno è
rimasto ferito. Vieni di sopra: ho una cosa molto importante da dirti. » «
Una delle tue cause è stata discussa? » « No, no, non è questo. Non si è
mosso niente dal punto di vista legale. È una cosa del tutto diversa... ti
lascerà di stucco. » La biblioteca era ancora deserta. Stephen, seduto con le
spalle alla finestra, osservò il gioco delle espressioni sul volto di Jack, in
piena luce e animato dalla gioia di poter fare la fortuna del suo amico. «
Ma il punto è », concluse Jack, « che gli investimenti vanno fatti nei
prossimi giorni. Per questo sono stato così contento d'incontrarti. Stavo per
passare da Half Moon Street per portarti la lista, nel caso tu fossi stato lì. »
Un messaggio per il dottor Maturin arrivò su un vassoio d'argento. « Ti
prego di scusarmi, Jack », disse Stephen. Si voltò verso la finestra, lesse
che Sir Joseph sarebbe stato più che felice di vedere il dottor Maturin a
qualsiasi ora dopo le sei del pomeriggio e, girandosi, si accorse che Jack lo
stava guardando con grande preoccupazione. «Ti senti poco bene,
Stephen?» domandò. «Siediti e lascia che ti porti un brandy. » «Ascolta,
Jack», disse Stephen, «Diana è andata a vivere in Svezia. » Seguì un
silenzio imbarazzato. Jack capì immediatamente che Jagiello era coinvolto,
ma non poteva in tutta decenza mostrare di aver capito e non trovava
niente di appropriato da dire. Stephen continuò: « Ha pensato che Laura
Fielding fosse la mia amante e che mostrarmi con lei pubblicamente su e
giù per il Mediterraneo fosse un affronto deliberato, o perlomeno una
mancanza di sensibilità nei suoi confronti. Dimmi, sembrava davvero così?
Sembravo davvero l'amante di Laura? » « Credo che la gente pensasse... in
genere... pareva in un certo senso che...» « Eppure l'ho spiegato a Diana, il
più chiaramente possibile », disse Stephen, quasi parlando a se stesso.
Fissava l'orologio, ma, pur vedendo le lancette, non riusciva a stabilire
l'ora; la sua mente era tutta presa dalla domanda: se ne è andata prima o
dopo aver avuto da Wray la mia lettera? Questo è il punto che devo
chiarire. « Che ore sono? » domandò. 132 « Le cinque e mezzo », rispose
Jack. Non lo troverò più all'Ammiragliato, riflette Stephen, andrò a casa
sua. È molto vicina a quella di Nathan. Se mi sbrigo, avrò tempo per tutti e
due. Disse: «Jack, i miei più vivi ringraziamenti per i tuoi consigli su titoli
e azioni: sono profondamente toccato dalla tua bontà. Dimmi, mio caro, ti
sei già impegnato definitivamente? » Jack annuì. «Allora non serve che io
ti chieda se ti sei ragguagliato sul tuo informatore. » « Oh, è assolutamente
a posto. Ti conosceva, conosceva la Testudo aubreii. » « Davvero? »
Stephen riflette per qualche momento. Non riusciva a capire quale
interesse avrebbe avuto quell'uomo a ingannare Jack e, se mai avesse
sbagliato in buona fede, a Jack sarebbero rimasti comunque i titoli,
avrebbe perso soltanto il denaro della commissione. « Ora bisogna che ti
lasci », disse. « Devo fare alcune visite. » « Verrai ad Ashgrove,
naturalmente. Sophia sarà così contenta di vederti! Avevo pensato a
domenica, per evitare gli ufficiali giudiziari, ma ora possiamo andare
anche domani, se per te va bene. » « Dubito di essere libero prima di
martedì. » « Non dispiace neanche a me fermarmi qualche giorno a
Londra», disse Jack. «Diciamo martedì, allora. » La prima visita risultò
infruttuosa. Stephen si fece annunciare, ma dopo pochi minuti gli fu
riferito che il signor Wray non era in casa. « L'avevo quasi dimenticato »,
osservò tra sé, allontanandosi a piedi sotto la pioggia fine, « mi deve un bel
mucchio di soldi, il mio arrivo può essere senza dubbio inopportuno. » La
seconda non fu più fortunata. In verità, non si trattò nemmeno di una
visita. Ben prima di raggiungere la casa, a Stephen venne in mente che
Nathan, come tutte le conoscenze di Diana, doveva sapere della sua
separazione e, in quanto suo consigliere nelle questioni finanziarie,
avrebbe ritenuto sconveniente parlare dei suoi affari. Suonò comunque il
campanello, ma fu contento quando si sentì dire che il signor Nathan non
c'era. Il fratello minore di Nathan, Meyer, era nell'ingresso, tuttavia, e
quando Stephen rifiutò assolutamente che si chiamasse per lui una
carrozza o una portantina, Meyer lo costrinse a prendere un ombrello per
ripararsi dalla pioggia, ora battente, un arnese enorme di tela e stecche di
balena. Sotto quell'ampio riparo, tra la folla che si affrettava e si urtava,
Stephen s'incamminò verso il deposi133 to dei bagagli, perché l'ultima
parte del viaggio l'aveva fatta in vettura di posta. Là lo strato semiliquido
di fango, stereo di cavallo, sudiciume generico era particolarmente
profondo e un piccolo spazzino manovrò con vigore la ramazza davanti a
lui per aprirgli un varco in quel mar Rosso. Dal marciapiede gli gridò: «
Non dimenticate lo spazzino, vostro onore! » Stephen s'infilò la mano
prima in una tasca della giacca, poi nell'altra. «Mi dispiace, bambino mio,
ma quei cani perfidi non mi hanno lasciato nemmeno un soldo, nemmeno
un fazzoletto. Temo di non avere più denaro su di me. » « Ma tua madre
non ti ha detto che bisogna tenerli nelle brache, i quattrini e il fazzoletto? »
domandò arrabbiato il ragazzine « Vecchio babbeo figlio di troia »,
soggiunse dopo un istante, allontanandosi. « Vecchio babbeo cornuto. »
Nell'ufficio delle vetture di posta, Stephen tolse un pacchetto dalla sua
cassa da marinaio, diede istruzioni sul luogo in cui inviare il bagaglio e
riprese il faticoso cammino verso Shepherd Market, portando il pacco e al
tempo stesso reggendo l'ombrello grande e pesante contro il vento che si
era rafforzato. L'ombrello era un segno dei sentimenti di compassione del
giovane Meyer nei suoi confronti: la ferita ancora sanguinante nel suo
animo, Stephen aveva colto immediatamente l'espressione più grave e
premurosa del solito, il tono pieno di considerazione, e quello gli era parso
un atteggiamento non diverso dalla maggior parte delle forme di
commiserazione: inutile, penoso, imbarazzante e fastidioso. « Spero che
Sir Joseph non si senta obbligato a farmi le condoglianze», disse a se
stesso, avvicinandosi al portone, «non credo che riuscirei a sopportarlo. Sì,
certamente il contratto sociale esige un qualche segno di partecipazione da
parte degli altri, ma non ora, Signore, non ora. » Non avrebbe dovuto
preoccuparsi di ciò. Per quanto calorosissima, l'accoglienza di Sir Joseph
fu tuttavia priva della minima traccia d'imbarazzo o di umiliante
considerazione particolare. Soltanto quando furono esauriti gli ovvi
preliminari sul viaggio e i numerosi pettegolezzi a proposito di entomologi
e di faccende della Royal Society, Stephen s'informò della salute di Sir
Joseph: s'informò da medico, avendogli dato una cura per un problema di
vigore sessuale in declino, questione di una certa importanza, visto il
progettato matrimonio di Sir Joseph, e Stephen desiderava sapere se la
cura avesse avuto effetto. « Un effetto assoluta134 mente sorprendente e
gratificante, vi ringrazio », lo rassicurò Sir Joseph. «Lo stesso Priapo
sarebbe arrossito dalla vergogna. Ma non ne ho fatto nulla. Ho riflettuto
sul matrimonio e, per quanto abbia trovato molti argomenti teorici a suo
favore, osservando attentamente le mie amicizie, ho scoperto che la pratica
non pareva produrre grande felicità. Non una sola coppia o quasi mi è
sembrata essere realmente affiatata se non per pochi mesi; dopo un anno o
giù di lì ecco le contese, i tentativi d'imporsi, le differenze di carattere, di
educazione, di gusti, di appetiti e cento altre cose che portano ai bisticci, al
disagio, all'indifferenza, fino a una vera e propria antipatia reciproca o
anche peggio. Tra i miei amici, pochi possono affermare di essere
felicemente sposati e in alcuni casi...» S'interruppe, rimpiangendo
evidentemente le proprie parole, e ritornò alla contemplazione dei
coleotteri che Stephen gli aveva portato dal Brasile e dai mari del Sud.
Dopo aver parlato un poco d'insetti, riprese: «Inoltre, in tutt
232 « Questo per quanto riguarda l'appello; in quanto alla senten-, za,
mi è stato detto e ripetuto da tutti, uomini e donne ai quali mi sono rivolto,
che 'non potevano alterare il corso della giustizia'...» «Al diavolo la
giustizia! » inveì Sophia, in un tono molto simile a quello di sua cugina
Diana. « E sebbene di sicuro fosse esattamente questo che volevo da loro,
mi sono preoccupato assai più di alterare il corso della tradizione: intendo
dire per impedire che il nome di Jack sia cancellato dal ruolo. Se è
colpevole o, meglio, se è giudicato colpevole di un crimine infamante, il
nome di un ufficiale è automaticamente depennato dalla lista: non si tratta
qui di legge, ma di usanza, e la sua forza è tale che, come mi ha assicurato
il principe William con grande calore e con le lacrime agli occhi, né lui, né
il Primo Lord potevano cambiarla. Soltanto il re ne ha il potere, o in questo
caso il Reggente. È in Scozia in questo momento e in ogni caso io gli sono
noto soltanto come amico di suo fratello; e con suo fratello è in pessimi
rapporti, attualmente. Così sono andato a Brighton e ho fatto visita a sua
moglie. » « Sua moglie, Stephen? » «È conosciuta generalmente come
signora Fitzherbert. » « Ma sono davvero sposati? Credevo che fosse una...
che fosse cattolica. » « Certo che sono sposati. Il papa le ha scritto
personalmente per dirle che la cerimonia era valida e che doveva
considerarsi sua sposa canonica. Charles Weld mi mostrò il documento...
lo conosco bene, Charles Weld, cugino del suo primo marito e un tempo
sacerdote in Spagna. La signora Fitzherbert mi ha ricevuto con grande
gentilezza, ma ha scosso il capo, ha detto di non avere quasi nessuna
influenza ora, se mai ne aveva avuta, e dubitava che si potesse ottenere
qualcosa. Mi ha però consigliato di parlare con Lady Hertford ed è ciò che
intendo fare. Ma, ascoltatemi, Sophia, questo appello al Reggente non può
essere fatto a tambur battente, ho saputo; ammesso che si possa farlo con
qualche effetto. Nel frattempo la Surprise è stata comprata. Sarà armata per
la guerra di corsa e ora si trova a Shelmerston, e Tom Pullings se ne
occupa. Mi fa sapere che marinai scelti a decine, molti di questi vecchi
compagni di navigazione, desiderano imbarcarsi, se Jack ne avrà il
comando. Se acconsentisse, potremmo partire non appena tutto sarà finito,
soprattutto se non ci 233 sarà incarcerazione. Dovete persuaderlo ad
acconsentire, mia cara. » «Ma perché non glielo chiedete voi, Stephen?
Perché non gli avete mai parlato di questo? » Contemplando le uova nel
piatto, Stephen rispose: « In primo luogo perché non ne ho avuto il tempo:
sono stato via. E poi provo un certo imbarazzo, capite? Il ruolo di deus ex
machina non è un ruolo cui tenga, affatto. Voi lo fareste molto meglio di
me. Se sollevasse la questione, gli direte che non esiste nessun obbligo:
l'uno mette il capitale, l'altro la capacità. Io non potrei far navigare una
nave nemmeno in una pozza per abbeverare i cavalli, né portarla all'attacco
di una barchetta a remi; e certamente non navigherei mai con un altro
comandante. Ditegli che spero di fare un salto questa sera per avere una
risposta positiva da lui. Devo andare ora. Che Dio vi benedica. Ricordate,
non dovete mai dire 'armata per la guerra di corsa' o 'corsara'; dovete dire
'patente di corsa' o 'nave da guerra privata' ». Avvicinandosi alla casa di Sir
Joseph a Shepherd Market, ne vide uscire il colonnello Warren, il quale
salì su un cabriolet, facendolo cigolare sotto il suo peso, e si allontanò.
Stephen sapeva che Warren, uomo singolarmente attivo, energico, acuto,
era il nuovo rappresentante della Guardia a cavallo in seno al Comitato,
ma non aveva nessun desiderio di essere conosciuto da lui e continuò a
camminare per qualche minuto. Quando si presentò da Sir Joseph, trovò il
suo amico terribilmente serio. « Di questo passo, arriverò a sospettare Lord
Liverpool e la metà del Gabinetto di alto tradimento», disse Sir Joseph.
«Vi sono alcune contraddizioni assolutamente inesplicabili... Forse lo
stesso Cerbero è impazzito... Come vorrei che questa faccenda si
risolvesse così facilmente come la vostra. » Aprì un cassetto e disse: «
Ecco le lettere di marca contro la Francia, l'Olanda, i regni di Napoleone in
Italia, gli Stati Uniti d'America, i vascelli che issano la bandiera di
Pappenburg e di una mezza dozzina di altri Paesi. Le ho qui pronte per voi
da mercoledì». « Dio adorni il vostro capo di fiori, caro Blaine », lo
ringraziò Stephen. « Vi sono enormemente grato e avrei dovuto venire da
voi mercoledì, sì, ma erano le due di notte quando sono passato per Londra
sulla strada che portava a una cittadina chiamata Bury. Mi sono rivolto a
ogni uomo o donna importante del regno che avesse avuto in passato la
minima bontà per me. » « Se lo avete fatto a favore di Aubrey, e senza
dubbio è così, 234 potevate risparmiarvi il noleggio della carrozza. Non si
possono. più corrompere i giudici in questa nazione, né farli corrompere o
persuadere e tanto meno comandare. Esiste soltanto un'unica eccezione,
come avrei potuto dirvi prima che partiste, ed è quando il giudice è anche
un membro del governo, come nel caso di Lord Quinborough: è per
definizione sensibile ai desideri politici dei suoi colleghi. Tornando a noi, è
già stato fatto il vostro nome come l'uomo perfetto per questo contatto non
ufficiale con il Cile, e forse con il Perù, al quale l'amministrazione
attribuisce una grandissima importanza: è stato fatto presente che voi siete
bilingue in spagnolo, agente esperto e sperimentato sulla nave ideale con la
scusa ideale per la sua presenza in quelle acque, e che sareste stato un
cattolico a trattare con altri cattolici, irlandesi o mezzi irlandesi anche loro,
in gran parte... il giovane O'Hig-gins, per esempio. Queste qualifiche,
insieme con quella di un patrimonio privato molto grande, sono state
conclusive. Il Comitato ristretto è rimasto estasiato e si è stropicciato
collettivamente le mani. Ma un gentiluomo a quel punto ha osservato che,
pur possedendo voi tutte le virtù, certamente non sareste partito, se la nave
non fosse stata comandata da Jack Aubrey. Perciò, dal momento che la
questione è urgente, credo che possiate stare tranquillo a proposito della
prigione. » Sir Joseph guardò l'orologio e disse: « Se intendete essere
presente quando comparirà in tribunale, dovete affrettarvi». « No », ribattè
Stephen, « sembra a me che gli spettatori siano stranamente fuori posto in
certe occasioni. Mi sono però preso la libertà di pregare di mandarmi un
messaggio qui. » « Eccellente idea », commentò Sir Joseph. « Ma temo
che la sentenza sarà un brutto colpo per voi. Quinborough può non
imprigionare, ma certamente spargerà il suo veleno in qualche altro modo.
È stata una cosa spregevole, sapete: la cauzione concessa agli altri, così
che hanno potuto andarsene liberi dopo il verdetto di colpevolezza, e
Aubrey soltanto trattenuto in carcere. Naturalmente c'è l'aspetto politico, la
distruzione dei radicali, un obiettivo perfettamente comprensibile in coloro
che sono spinti dalla lotta per il potere in quella direzione; ma c'è anche
una qualche perfidia nascosta e questo accanimento contro il vostro
amico...» «Chiedo scusa, signore», lo interruppe la signora Barlow, « un
messaggio per il dottor Maturin. » «Leggete, vi prego», lo esortò Sir
Joseph. 235 «La gogna», riferì Stephen con voce dura, gelida.
«L'ammenda e la gogna. Pagherà al re un'ammenda di duemilacinquecento
sterline e che sia messo alla gogna di fronte al Royal Exchange nella City
di Londra per un'ora, tra le ore dodici del mattino e le ore due del
pomeriggio. » « Era ciò che temevo », disse Blaine dopo una lunga pausa;
e poi: « Ditemi, Maturin, vi è mai capitato di vedere un uomo alla gogna in
Inghilterra? » « No. » « Può essere uno spettacolo molto cruento, talvolta.
Oates fu quasi ucciso; molti rimangono menomati; e una volta ho visto un
uomo perdere entrambi gli occhi sotto una sassaiola. Dal momento che qui
siamo in presenza di un'evidente malevolenza personale, forse potrei
consigliarvi d'ingaggiare una squadra di picchiatori? Il vostro cacciatore di
ladri saprebbe dove trovarli: li recluterebbe per vostro conto. » « Lo
manderò a chiamare immediatamente: grazie per questo avvertimento,
Blaine. Ora, ditemi, che cosa pensate di Lady Hertford? » « Intendete dal
punto di vista fisico, morale o sociale? » « Quale mezzo per evitare che il
nome di Aubrey sia cancellato dai ruoli. La signora Fitzherbert mi ha
consigliato di rivolgermi a lei. » « Cancellato dovrà esserlo. Questa è la
regola immodificabile. La vera questione è il suo reinserimento. È stato
fatto in passato, perfino conservando l'anzianità acquisita, quando gli
ufficiali sono stati allontanati dal servizio per duelli e cose di questo
genere, e in qualche caso per falsificazione non grave del ruolo
equipaggio, sebbene in generale ciò richieda tempi molto lunghi e una
notevole dose di appoggi. Ma in un caso come questo... Conoscete già la
signora? » « Solo di vista. Ma, da quello che so, al momento può tutto con
il Reggente e mi si dice che Andrew Wray sia in buoni rapporti con lei.
Con una presentazione appropriata e un altrettanto appropriato presente, ho
pensato che potrei forse indurla perlomeno a mettere in moto la cosa nella
mente reale. » «Potrebbe servire, si: ma per il momento la mente reale è in
Scozia, a mostrare tutta la maestà della sua stazza in gonnellino corto,
mantello scozzese, calze multicolori e berretto degli Highlands; e
immagino che Lady Hertford sia con lui. Se volete, posso informarmi e
farvelo sapere. » 236 « Sarebbe gentile da parte vostra. E nel frattempo,
andando ah Marshalsea, passerò da Grosvenor Street. » « Sapete,
naturalmente, che tra una donna odiosa e un bellimbusto vanesio e furbo
potreste perdere il vostro presente e il vostro tempo? » «Naturalmente.
Buona giornata a voi, caro Blaine. » Andrew Wray non era in casa quando
il dottor Maturin si presentò a Grosvenor Street, ma la signora Wray sì: lo
udì dare il suo nome sulla porta e scese di corsa le scale per stringergli
entrambe le mani nelle sue. Era sempre stata una giovane donna piuttosto
bruttina, tozza, dalla carnagione scura, ma ora sembrava quasi graziosa: il
viso era animato e gli occhi scintillavano di generosa indignazione. Aveva
già saputo la notizia. «Oh, che ingiustizia! » esclamò. «Che cattiveria! La
gogna a un ufficiale di marina! È impensabile... E un ufficiale così
coraggioso, così distinto, così bello! Venite nella mia stanza.» Lo condusse
in un piccolo boudoir dalle pareti tappezzate di dipinti di navi, qual-cuna
comandata da suo padre, ma la maggior parte comandate da Jack Aubrey
nei giorni in cui Babbington prestava servizio sotto di lui. «E così alto! Mi
trattava con tanta considerazione e gentilezza quando io ero soltanto una
ragazzina sgraziata, anche se mio padre si mostrava talvolta così duro con
lui... Charles ne ha una stima grandissima... il comandante Babbington,
voglio dire: lo adora, davvero. E, dottor Maturin », soggiunse cambiando
tono e con uno sguardo significativo: «Charles apprezza enormemente i
vostri consigli: sono così felice! Si è ormeggiato ai Downs ieri sera». Poi
riprese: «Ma, pensate a quella povera moglie, che se ne sta lì impotente
mentre lo prendono a sassate... è mostruoso, mostruoso! E la vergogna, gli
insulti, gli scherni... lo uccideranno, certamente ». « Voi dimenticate,
signora, che è innocente e questo non può non cancellare il morso della
vergogna. » « Certamente, è innocente: deve fare una grandissima
differenza, certo. Non che mi sarebbe importato qualcosa se anche avesse
manipolato dieci volte il mercato: lo fanno tutti. So che il signor Wray ha
guadagnato moltissimo nello stesso periodo. Ma, oh, dottor Maturin, vi
prego, sedete. Dove ho la testa? Che cosa penserebbe di me Charles?
Prego, prendete un bicchiere di madera. » « Grazie, signora, ma devo
andare. Mi aspettano al Marshalsea. » 237 « Allora, per favore, per favore,
porgetegli i miei più rispettosi, no, i miei più affettuosi omaggi, e alla
signora Aubrey tutto il mio affetto. E se c'è qualcosa che io possa fare... i
bambini o badare ai gatti...» Mentre uscivano dal boudoir, la porta di casa
si aprì. Due postiglioni stavano sostenendo Wray per aiutarlo a salire i
gradini e affidarlo poi alle mani esperte di due valletti; e mentre veniva
trasportato quasi di peso attraverso l'ingresso, Wray girò la faccia chiazzata
verso Stephen e recitò: «Moglie battuta e villano cornuto il matrimonio
hanno insieme fottuto ». # Al Marshalsea, Stephen trovò difficile farsi
strada nell'ala destinata alla marina a causa del numero di marinai che vi si
erano adunati, quasi tutti vocianti e infuriati. Perfino il più stolido
ubriacone semidemente aveva un concetto molto alto della Royal Navy e
l'idea di un ufficiale, di un capitano di vascello, messo alla gogna era un
oltraggio intollerabile, un insulto all'intera marina. Stephen fu obbligato ad
ascoltare la lettura di una petizione e a firmarla prima di poter procedere. I
carcerati avevano lasciato vuoto il cortile sotto la finestra di Jack, per
deferenza verso i suoi sentimenti, cosa che probabilmente non avrebbero
fatto se fosse stato condannato all'impiccagione; e Killick era seduto sul
primo gradino, annichilito, come se tutto il suo mondo fosse andato in
frantumi. Salendo le scale, Stephen udì il violino di Jack; una fuga severa,
suonata con insolita forza e austerità; e quando, dopo aver aspettato il
finale, bussò e aprì la porta fu accolto da uno sguardo scintillante di gelida
furia. « Ti chiedo scusa, Jack », disse, « credevo che avessi detto di
entrare. » «Oh», esclamò Jack, rischiarandosi in viso, «ti avevo preso per...
Sono molto contento di vederti, Stephen. Siediti: Sophia è appena uscita
per comprare qualche cotoletta. » Si ricompose, posò il violino e,
piantandosi di fronte all'amico in tutta la sua massiccia figura, parlò in un
tono leggermente forzato e formale. « Mi ha detto della Surprise. Ti sono
enormemente grato della tua offerta e naturalmente sarei ben lieto di
averne il comando come nave da guerra privata. Ma, Stephen, non capisco
bene. Oltre ad averla comprata, davvero puoi armarla? Perché, una volta
che avrò pagato l'ammenda... » 238 « Un'ammenda iniqua. » «... aye, ma è
inutile frignare. Una volta pagata l'ammenda e le perdite in Borsa, io non
servirò più a niente; e armare una nave anche solo per una breve missione
è molto, molto più costoso di quanto tu possa immaginare. » «Fratello, ti
ho pur detto che ho ereditato dal mio padrino. » « Sì. Ricordo che mi hai
detto qualcosa a questo proposito al nostro ritorno a casa. Ma... perdonami
se metto il naso nei tuoi affari, Stephen, io avevo immaginato che si
trattasse di un piccolo legato per l'acquisto di libri o che fosse un anello, un
ricordo, le solite cose che lasciano i padrini: cose molto belle, ne sono
certo. » «In effetti, si è trattato di molto di più, tanto di più che non
abbiamo nessun bisogno di stare attenti a ogni spicciolo prima di
spenderlo. Condurremo la nostra guerra privata in grande stile. » Stephen
si alzò per scrutare dalla finestra il cielo pomeridiano e, voltandosi verso la
stanza, vide Jack illuminato in pieno dalla luce da nord, seduto, quasi in
posa per un ritratto. Sembrava più grande di prima, più pesante,
profondamente grave, certo, e in certo modo leonino; ma sotto quella
gravita impassibile Stephen intuì una ferita che la notizia della Surprise
non aveva potuto curare e, sperando di poterla alleviare in qualche misura,
soggiunse: « E, in tutta confidenza, mio caro, posso dirti che la nostra
guerra non sarà del tutto privata. Tu sai qualcosa delle mie attività; e
quando la Surprise non sarà impegnata a danneggiare i commerci del
nemico, potrei avere compiti di quel genere da eseguire ». Jack afferrò
l'idea; espresse il suo compiacimento con un cortese cenno del capo e con
l'apparenza di un sorriso; ma la ferita rimase aperta. «Questa dannatissima
gogna, fratello », continuò Stephen. « Non ha una vera importanza per un
uomo innocente, ma può essere spiacevole, come un mal di denti: ti ho
somministrato molte volte una pozione per il mal di denti, certamente, ed
eccone qui una...» concluse, tirando fuori dalla tasca una bottiglietta, «...
che farà superare la gogna come poco più di un sogno: un sogno
sgradevole, ma solo debolmente sgradevole, e remoto. L'ho usata su di me
con grande effetto. » « Grazie, Stephen », disse Jack, posando la
bottiglietta sulla mensola del camino. Stephen capì che non aveva nessuna
intenzione di prenderla e che la lacerazione profonda era rimasta inalterata.
Perché il fatto di non appartenere più alla marina era per Jack Aubrey più
dolo239 roso di mille gogne, della perdita della fortuna, della perdita del
rango, della perdita del futuro. Era in un certo senso la perdita del suo
stesso essere, e chi lo conosceva bene rimaneva sconvolto dall'espressione
stranissima dei suoi occhi, di tutto il suo volto. Aveva ancora la stessa
espressione distaccata e spenta il mercoledì seguente, mentre attendeva in
piedi, in una sudicia stanzetta disadorna affacciata sul lato a mezzogiorno
di Cornhill, di essere condotto alla gogna. Le guardie incaricate della sua
sorveglianza erano tutte alla finestra: sembravano molto innervosite e
continuavano a parlare concitatamente. « Dovevano farlo giorni fa, subito
dopo la sentenza. La notizia ha avuto il tempo di arrivare da Land's End a
John o'Groats. »* « E in ogni altro fottuto porto del regno: Chatham,
Sheerness, Portsmouth, Plymouth... » « Sweeting's Alley è completamente
bloccata. » «Anche Castle Alley, e sta arrivando altra gente. Dovevano
mandare i soldati un bel po' di tempo fa. » «Da basso ci sono quattro
guardie, quattro spazzini e uno scaccino, che volete che facciamo contro
quella folla? » « Se usciamo vivi di qui, giuro che porto moglie e figli a
vivere dall'altra parte di Epping. » « Continuano a risalire il fiume. Ci sono
perfino gli arruolatori con i loro dannati randelli e sciabole, Cristo, abbi
pietà! » « Stanno bloccando il Change da ogni parte con i carri. Che Dio ci
aiuti. » « Perché non da il segnale? Perché il signor Essex non da il
segnale? Si stanno eccitando, là sotto. Ci faranno la pelle a tutti quanti. »
La chiesa di San Paolo e le altre della City avevano suonato mezzogiorno
già da cinque o dieci minuti, e la folla a Cornhill stava diventando
impaziente. «Otto colpi!» si sentì gridare. « Otto colpi, laggiù! Gira la
clessidra e suona la campana! » «Fuori, portatelo fuori! Portatelo fuori! E
lasciate che gli diamo un'occhiata! » gridò il capo di un altro gruppo, una
banda * Punta sulla costa settentrionale della Scozia, così chiamata dai
marinai, spesso considerata la più a nord della Gran Bretagna. (N.d.T.) 240
assoldata da qualche investitore deluso: come i suoi compagni, aveva in
mano un sacchetto pieno di sassi. Bonden si girò bruscamente verso di lui:
« Che ci fai qui, compagno? » « Sono venuto a divertirmi un po'. » «
Allora vai a divertirti in culo al diavolo, minchione. Come, perché? Perché
questa è cosa solo per i marinai, capisci. Solo marinai, i terrazzani no. »
L'uomo guardò Bonden e le numerose facce alle sue spalle, impenetrabili,
serissime, incombenti; facce brune, dure, spesso con l'orecchino, spesso
con il codino; guardò i suoi uomini, pallidi e smunti, e quasi senza una
pausa disse: «Be', che me ne importa? Come vuoi tu, marinaio ». Davis, un
colosso brutto e pericoloso, che aveva navigato al comando di Jack in
molte missioni, affrontò in modo ancora più spiccio la banda di autentici
picchiatori assoldati da Wray, i quali spiccavano nel modo più
sorprendente nei loro abiti vistosi e con i loro cappelli piatti in mezzo alla
massa navale ormai solida: la maggior parte dei cittadini, compresi i
ragazzi di strada armati di secchi pieni d'immondizie, si era già ritirata di là
dalla barriera o negli edifici circostanti. Davis, seguito dai suoi quattro
fratelli ancora più brutti di lui e da un aiuto nostromo negro e muto, si
piantò davanti al gruppo e disse con voce rauca, strozzata dalla furia: «
Fuori dai coglioni! » Li seguì con lo sguardo mentre si allontanavano
rapidamente, poi, nel suo modo brutale, si aprì a spallate la strada tra i suoi
compagni fino al punto in cui Stephen era in piedi accanto alla gogna con i
pochi pugili che il suo segugio era riuscito a ingaggiare: uomini altrettanto
appariscenti. A questi disse: « E fuori dai coglioni anche voi. Non ce
l'abbiamo con voialtri, signori, ma fuori dai coglioni lo stesso ». Aveva la
schiuma alla bocca e respirava rumorosamente. Stephen fece un cenno ai
suoi uomini e loro si ritirarono in direzione di St. Michael's. Nel momento
in cui ebbero raggiunto la chiesa, il signor Essex diede finalmente il
segnale. Jack fu condotto fuori della stanza semibuia nella luce forte del
giorno e, mentre lo guidavano su per i gradini del palco, non riuscì a
vedere quasi niente, abbagliato. «Mettete qui la testa, signore, se non vi
dispiace, e le mani qui », disse un uomo dello sceriffo a voce bassa,
innervosita, conciliante. L'uomo armeggiò maldestramente con il
chiavistello, con i cardini, con il supporto e a Jack, mentre attendeva là,
con le mani nelle aperture a semicerchio, la vista si schiarì: vide che 241
l'ampia via era gremita di uomini attenti, silenziosi, alcuni in abiti
borghesi, altri in tenuta da franchigia, altri con il semplice blusotto, ma
tutti perfettamente riconoscibili come marinai. E ufficiali, decine e decine,
ufficiali e allievi. Babbington era lì, proprio davanti al palco, e lo
guardava, con il cappello in mano, e Pul-lings, Stephen naturalmente,
Mowett, Dundas... Li salutò con un cenno, quasi senza un mutamento
nell'espressione ferrea, poi il suo sguardo si spostò: Parker, Rowan,
Williamson, Hervey... e uomini di tanto, tanto tempo prima, uomini cui
riusciva a malapena a dare un nome, ufficiali e comandanti che stavano
mettendo in pericolo la promozione, allievi e aiuti nocchiere il brevetto,
sottufficiali il loro avanzamento. « La testa un po' più avanti, se non vi
dispiace, signore », mormorò l'uomo dello sceriffo e la metà superiore
della struttura di legno cadde, imprigionando la sua faccia impotente.
Avvertì lo scatto del chiavistello e poi, nel silenzio mortale, una voce forte
gridò: « Scoprirsi il capo! » In un unico movimento, centinaia di cappelli
dalla tesa larga ricoperti di tela cerata volarono in aria e si levò
l'acclamazione, la travolgente, selvaggia, sonora acclamazione che aveva
così spesso udito in battaglia.

CAPITOLO X

inteso, dunque », disse il signor Lowndes del ministero degli Esteri, «non
procederete per il momento a nessuna azione, ma vi limiterete, a meno che
le circostanze non siano straordinariamente favorevoli, a prendere contatti
a Valparaiso e a Santiago; e resta inteso anche che l'ammontare
complessivo delle prede catturate, meno il dieci per cento, sarà detratto
dalla sovvenzione giornaliera concordata e che non saranno fatte altre
richieste al governo di Sua Maestà. » «Rimane la questione del
deterioramento», disse Stephen. « In una nave di tale immenso valore e in
mari di tale ineguagliata turbolenza, l'usura è calcolata in centosettanta
sterline al mese, centosettanta sterline per mese lunare: devo insistere su
questo punto; devo insistere che sia chiaramente specificato. »
«D'accordo», acconsentì cupo il signor Lowndes. Prese un appunto e
continuò: «Ecco qui un elenco dei notabili e dei militari raccomandati dal
Consiglio di liberazione cileno e da nostre fonti d'informazione: e qui
avete la dichiarazione di quali munizioni e quali somme di denaro il
Consiglio è in grado di fornire. È anche inteso che somme e materiali
risulteranno invariabilmente provenienti dal Consiglio stesso e in nessun
modo dal governo di Sua Maestà. E dal momento che sicuramente non è
necessario che io ripeta come, nell'eventualità di un conflitto con le
autorità locali che abbia esito sfavorevole, tutta l'impresa sarebbe
sconfessata e voi non ricevereste nessun appoggio ufficiale, assolutamente
nessuno, ritengo che sia tutto, a parte ciò che possono voler aggiungere il
colonnello Warren e Sir Joseph ». «Per parte mia», disse il colonnello
Warren, parlando non come soldato, ma come membro del Comitato al
quale tutti e tre appartenevano, « devo soltanto dare al dottor Maturin i
codici relativi e i nominativi delle persone con le quali potrebbe
comunicare. Forse vorrete controllarli, signore », soggiunse, passando a
Stephen il pacchetto. « Per l'aspetto navale ho qui questi due documenti »,
disse Sir Joseph, battendovi sopra gli occhiali. « Una lettera di esenzione
che impedirà l'arruolamento forzato degli uomini del dottor Maturin e
un'altra che gli permetterà di provvedere al raddobbo e di ottenere i
rifornimenti presso gli arsenali di Sua Maestà, pa243 gando con tratte a
novanta giorni su Londra a un prezzo non superiore alla spesa effettiva. »
«In questo caso», disse il signor Lowndes, alzandosi, «non mi resta che
augurare al dottor Maturin ogni successo. » «E un felice ritorno... un
felicissimo ritorno», aggiunse il grosso colonnello nella sua strana voce
acuta, stringendo la mano a Stephen con un'espressione gentile. Sir Joseph
li accompagnò e, non appena la porta si fu richiusa alle loro spalle, si
affacciò alle scale, chiamando: « Signora Bar-low, potete servire in tavola
quando volete ». «Sono davvero desolato, Maturin», disse, rientrando nella
stanza, « è stato spietato da parte di Lowndes tirarla così per le lunghe.
Sembrava che stesse concludendo un trattato con una potenza ostile
anziché... Spero proprio che non vi abbia rovinato l'appetito. Sapendo che
a voi gente della vecchia fede è richiesto di mortificare la carne in questo
giorno, sono sceso presto e ho trovato una certa quantità di ostriche
davvero fresche, un paio di aragoste e un rombo, ah, formidabile!
Speriamo che non si sia scotto, non lo perdonerei mai al Foreign Office,
mai, finché avessi vita. » Versò lo sherry nei bicchieri. « Ma devo dire che
ho apprezzato la vostra tenacia per quanto riguarda la parte finanziaria. » «
E la ricchezza che produce questi risultati », spiegò Stephen. « Da quando
ho ereditato tutto quel denaro, ho scoperto che mi dispiace molto esserne
separato, in particolare in un modo prepotente e brutale. Laddove in altri
momenti mi sarei lasciato docilmente truffare, rapinare o zittire, adesso
contrattacco con una sicurezza, un'asprezza che mi sorprendono molto e
che quasi sempre hanno successo. » Alzò il bicchiere e brindò: «Al vostro
completo e rapido successo ». « Grazie », disse Blaine. « Warren e io
crediamo di essere abbastanza vicini alla nostra volpe. Si tratta realmente
di alto tradimento e sono soltanto in venti in grado di commetterlo... in una
posizione che lo consenta, intendo dire. Questo ventesimo uomo è molto
cauto e astuto, ma io ritengo che Warren, con tutte le risorse che ha a
disposizione, riuscirà a stanarlo. Warren è assai più intelligente di quanto
la sua espressione militaresca e la sua mole possano far pensare; è un
eunuco, sapete, e l'uomo privo di...» « Scusate, signore », lo interruppe
severamente la signora Bar-low sulla porta e Sir Joseph, arrossendo,
condusse Stephen nella 244 stanza da pranzo. « Quali nuove del povero
Aubrey? » domandò mentre si accomodavano a tavola. « Ha tutti gli
uomini che vuole, ne ha respinti molti e ne ha accettati altri in prova; e
intende incrociare nel Golfo per un mesetto, per vedere come rispondono e
se qualcuno si dimostra incapace. Devo raggiungerlo sabato, partendo
domattina presto con la vettura di posta. » « Sono contento che sia così
fortunato con l'equipaggio: i più intelligenti arriveranno a frotte,
naturalmente, per poter navigare con un tale comandante, un tale
catturatore di prede. Che meraviglioso cambiamento rispetto al dover
contare sulle navi caserma! Merita un po' di fortuna, dopo tanta infelicità.
Eppure, sapete, quella miserabile impresa non ha giovato affatto al
governo. Quinborough è forse l'uomo più impopolare di tutta la nazione al
momento; viene fischiato per strada e i radicali sono stati del tutto
dimenticati nell'indignazione generale contro la sentenza e la sua condotta
al processo. La città è entusiasta per le acclamazioni degli ufficiali e dei
marinai all'Exchange: il governo non ha affatto compreso i sentimenti del
Paese. Il popolo si diverte nel vedere alla berlina un fornaio che ha rubato
sul peso o un agente di Borsa fraudolento, ma non tollera un ufficiale di
marina su quell'arnese. » « Sì, i marinai sono stati uno spettacolo glorioso.
Sono rimasto stupito e incantato nel vederne tanti. » « IL governo non
avrebbe potuto condurre peggio la faccenda. L'esecuzione della sentenza
rimandata fino a quando tutta l'isola non è stata in preda all'indignazione e
fino a quando una grossa squadra non si è trovata per l'appunto ai Downs e
molte altre navi al Nore, insieme con molte più unità del solito nel
Medway e nell'alto Tamigi. Tutte queste navi presenti, la grande
popolazione galleggiante dei marinai in un momento in cui la marea e il
vento erano perfetti per far loro risalire il fiume e per riportarli indietro.
Naturalmente sono accorsi molti ufficiali e naturalmente a molte squadre
di marinai è stato dato il permesso di scendere a terra... Mi hanno detto che
erano presenti perfino le squadre dell'arruolamento forzato, con la scusa di
cercare disertori. E ora Quinborough e i suoi amici sono ridotti a far
scrivere libelli per difendere la propria condotta. » IL rombo formidabile
arrivò in tavola, accompagnato da una bottiglia di Montrachet, e, dopo una
pausa molto impegnata, 245 Stephen osservò: «Credo che possiate
perdonare al signor Lowndes, dopotutto». « Un animale verboso »,
commentò Sir Joseph, ma senza animosità; e poi: « Parlando di libelli, che
ne pensate di quello del vostro amico? Del signor Martin? » «In fede mia,
non l'ho letto», rispose Stephen. «Mi è arrivato, sì, un pacchetto dalle lande
remote in cui vive la cara creatura, proprio quando stavo partendo per
Bury. Ho saputo dal biglietto allegato che va tutto bene, una bella ferita e i
punti ben saldi, così l'ho messo da parte per leggerlo in un altro momento.
Immagino si tratti del suo lavoro sugli Autentici Cureulioni che voleva
scrivere da tempo. » «Oh, povero me, no. S'intitola Un resoconto di certe
pratiche immorali prevalenti nella marina britannica, unitamente ad alcune
osservazioni sulla fustigazione e sull'arruolamento forzato. » Stephen posò
la forchetta e il pezzette di pane. «È molto velenoso? » domandò. «Uno
scorpione è nulla al confronto. Esclude la fregata S., condotta
onorevolmente dal comandante A. dalle accuse riguardanti prostituzione,
sodomia e punizioni tiranniche, crudeli e capricciose, ma si abbatte sul
resto come una valanga di mattoni. E attacca il sistema di reclutamento.
Per fortuna può permettersi di farlo, perché, da quanto ho capito, si è
sposato e ora vive del suo beneficio ecclesiastico in campagna. » «Non ha
nessun beneficio ecclesiastico in campagna né da nessun'altra parte.
Intendeva continuare a navigare con me e con il comandante Aubrey come
cappellano navale. » « Be', ne sono veramente dispiaciuto, perché è un
entomologo eccellente e vostro amico, ma dopo questa esplosione
d'indignazione, per quanto moralmente giusta, per quanto vera, non troverà
nessun'altra nave. Avrebbe fatto molto meglio ad attenersi agli Autentici
Cureulioni o ancor meglio alle sue Cicindelidae del Nuovo Mondo. Ma
speriamo che sua moglie gli abbia portato in dote una ragionevole fortuna,
così che possa continuare a indulgere nel lusso di dire ai suoi superiori che
cosa pensa di loro. Cicindelidae, gloriosi coleotteri! Non ho ancora
sistemato e classificato nemmeno la metà della raccolta che siete stato
tanto gentile da portarmi, anche se spesso me ne sto seduto con loro fino
all'una del mattino. Ma, oh, Maturin, arrossisco nel confessarlo, visto che
era la rarità delle rarità, ma un movimento maldestro ha fatto cadere il
duodecimpunctatus sul pavimento e uno scatto ancora
246 più infelice, per tentare di salvarlo, ha fatto finire il mio piede
esattamente sul suo dorso. Se mai doveste passare dai lidi dell'O-rinoco, vi
sarei infinitamente obbligato se... » I coleotteri, l'Associazione
entomologica e la Royal Society li portarono sino al formaggio e, servendo
il caffè, la signora Bar-low disse: «Sir Joseph, ho messo le ossa del signore
sotto il suo cappello sulla sedia nell'ingresso ». «Oh, sì», esclamò Blaine,
«Cuvier ha mandato a Banks un pacchetto di ossa per voi e Banks,
sapendo che oggi sareste stato qui, le ha date a me. » « Probabilmente sono
quelle del Pezophaps solitarius », disse Stephen, palpando il pacchetto
mentre si accomiatava. «Che pensiero gentile da parte di Cuvier! »
Camminò in fretta e, arrivato al Black, corse su per le scale fin dove le sue
cose giacevano sparse dappertutto in attesa di essere riposte nella cassa da
marinaio e aprì il pacchetto. Non erano le ossa del solitario di Rodriguez e
ancor meno del dodo, come aveva sperato per un momento, ma ossa miste
di cicogne comuni, di gru e forse di un pellicano bruno. Le ossa erano
avvolte in una pelle di sula abbastanza ben conservata, ma per nulla
eccezionale. Qualsiasi bottega naturalistica nei paraggi del Jardin des
Plantes avrebbe potuto fornirla. Eppure non sembrava possibile che
qualcuno avesse voluto spingersi a tanto in uno scherzo così sciocco e
Stephen cominciò a esaminare attentamente le ossa. Non trovò nulla: ma
sull'interno della pelle era scritto un messaggio. Sembrava un'annotazione
dell'imbalsamatore, ma in realtà si leggeva: Si la personne qui s'intéresse
au pavillon de partance voudrait bien donner rendez-vous en laissant un
mot chez Jules, traiteur a Frith Street, elle en aurai des nouvelles. «
Pavillon de partance », disse Maturin ad alta voce, aggrottando la fronte.
Tentò un certo numero di combinazioni, ma il risultato era sempre pavillon
de partance; e più ripeteva quelle parole più gli sembrava di averle già
sentite molto tempo prima in Francia. Si avviò verso la biblioteca,
continuando a borbottare tra sé; ma ai piedi delle scale incontrò l'amabile
ammiraglio Smyth. « Buonasera a voi, signore », lo salutò, « stavo
andando a cercare un'enciclopedia navale, ma ora posso farne a meno,
vedo. Che cos'è un pavillon de partanceì » «Ma, dottore», disse
l'ammiraglio, sorridendo con benevolenza, « dovete averlo visto spesso, di
sicuro: la bandiera blu con 247 un riquadro bianco al centro che noi
issiamo in testa all'albero di trinchetto per comunicare che intendiamo
salpare subito. È chiamata generalmente il Blue Peter. » «IL Blue Peten
Ma certo! Grazie, ammiraglio, vi ringrazio moltissimo. » «Di niente, di
niente», disse l'ammiraglio, ridacchiando. Si allontanò lungo il corridoio
mentre Stephen risaliva le scale e tornava nella sua stanza. Tolse tre
camicie dal bracciolo della poltrona e si sedette. La sua mente - o forse il
suo petto - era in un tumulto di emozioni, alcune dolcissime e dolorose
insieme. La serie di eventi risuscitati dal nome della bandiera di
segnalazione, e dal messaggio ora comprensibile, si erano presentati nitidi
e con tutti i particolari nel momento stesso in cui l'ammiraglio Smyth
aveva dato la sua definizione, eppure, mentre sedeva davanti alla finestra
fissando il vuoto, rivisse la storia più e più volte. Il Blue Peter era un
diamante molto grosso a forma di cuore, blu naturalmente, che era
appartenuto a Diana, a Parigi, nei primi tempi della guerra, ed era una
pietra che lei aveva carissima, alla quale era appassionatamente attaccata.
Diana avrebbe potuto vivere tranquillamente in Francia, perché, prima di
tornare a essere suddita britannica sposando Stephen, era legalmente
cittadina americana; e si trovava ancora a Parigi quando la corvetta di Jack
Aubrey, Y Ariel, aveva fatto naufragio sulla costa bretone.* Stephen era
sospettato di essere un agente del Servizio d'informazioni inglese e,
insieme con Jack e con il loro compagno Jagiello, un ufficiale al servizio
della Svezia, era stato portato a Parigi e rinchiuso nella prigione del
Tempio. Sembrava che perlomeno Stephen dovesse essere fucilato e Diana
aveva cercato di salvarlo corrompendo la moglie di un ministro con il
diamante, un atto che per poco non aveva suggellato il destino di Stephen
quasi fosse una prova della sua importanza come agente. Erano stati poi
tutti rilasciati, ma per una ragione completamente diversa: alcuni
personaggi influenti, capeggiati da Talleyrand, erano convinti che in quella
congiuntura fosse possibile rovesciare Napoleone e porre fine alla guerra,
se l'Inghilterra avesse accettato una pace negoziata, e avevano bisogno di
un messaggero molto speciale, ben introdotto, che si facesse latore delle
loro proposte. La persona che agiva a nome di quel gruppo, Duha* Cfr.
Patrick O'Brian, Missione sul Baltico, Longanesi, Milano, 1999. (NAT.)
248 mei, membro anziano di uno dei Servizi d'informazioni francesi, aveva
fatto capire a Stephen che avrebbe potuto essere quel messaggero e, dopo
una serie d'incontri, Stephen aveva accettato, ponendo come condizione la
liberazione sua e dei suoi compagni e la restituzione del diamante. La
restituzione del diamante, politicamente impossibile così presto, era stata
promessa a una data successiva. Era passato qualche anno e del Blue Peter
Stephen non aveva più sentito parlare; e in verità tante cose erano successe
nel frattempo che il bagliore di quella pietra era poco più del ricordo di un
ricordo. «Una strana proposta», commentò, contemplando nuovamente la
pelle di sula, « e non senza pericoli. » Considerò per qualche momento i
possibili svantaggi, rapimento, assassinio e così via, e poi concluse: « Ma
tutto sommato vale la pena di tentare; e posso prendere la vettura lenta a
mezzogiorno. Mi farà arrivare comunque in tempo per la sacra marea di
Jack, la marea che non deve essere persa per nessuna ragione». Scrisse un
biglietto: se il signore che lo aveva onorato con l'invio di quelle ossa si
fosse presentato nel prato in fondo al viale per le carrozze a Regent's Park
la mattina seguente alle otto e mezzo, il dottor Ma-turin sarebbe stato lieto
d'incontrarlo: il dottor M. pregava il gentiluomo di venire solo e di tenere
un libro in mano. Portò il biglietto al portiere, gli chiese di mandare un
ragazzo a Frith Street e tornò al suo bagaglio. Prepararlo fu un'impresa
lenta, laboriosa e inefficiente; nel club molte abili mani sarebbero state
disponibili per farlo al posto suo, ma l'abitudine alla segretezza era ormai
così radicata in lui, era divenuta quasi così istintiva, che non gradiva far
vedere a estranei nemmeno le camicie da piegare. Le maggiori difficoltà le
ebbe con la cassa da marinaio: conteneva due ripiani e un cassettino
interno, e più di una volta la riempì completamente, chiudendo a forza il
coperchio, solo per scoprire di aver dimenticato gli uni o l'altro sul letto o
dietro la porta. Verso mezzanotte, quando tutto era pronto e chiuso con il
lucchetto, Stephen si rese conto che le due piccole pistole che aveva avuto
in mente di portare con sé la mattina seguente erano nello scomparto in
fondo a tutto il resto. « La vita non vale tanto », giudicò e si coricò sul
letto con il libello di Martin, un'esposizione accurata e ben informata degli
abusi che avvenivano nella marina britannica e, date le circostanze, forse
lo scritto più impolitico che un cappellano della marina avesse mai
prodotto; perché la signora Martin non gli aveva por249 tato in dote
assolutamente niente ed egli non aveva nessuna prospettiva di ottenere un
beneficio ecclesiastico, avendo contato interamente sulla protezione di
Jack Aubrey, sulla permanenza al servizio di Jack Aubrey. Una delle
ragioni dell'andirivieni tra la Francia e l'Inghilterra era la presenza a
Hartwell, nel Buckinghamshire, del conte de Lille, il de iure re Luigi
XVIII. I suoi consiglieri erano costantemente in contatto con i vari gruppi
realisti, particolarmente con quelli di Parigi, e, dal momento che alcuni
ministri di Bonaparte ritenevano saggio assicurarsi contro ogni evenienza,
non soltanto erano conniventi con quel traffico, ma inviavano perfino
emissari propri con messaggi che in genere contenevano espressioni di
rispetto e di buona volontà ma poco più: niente di concreto, insomma. Il
numero di quegli inviati aumentava o diminuiva a seconda delle fortune di
Napoleone - ultimamente se n'erano visti pochissimi - e le cifre fornivano
ai Servizi d'informazioni inglesi un quadro abbastanza accurato del clima
che regnava negli ambienti informati di Parigi. « Probabilmente sarà uno
di questi », disse Stephen, mentre la carrozza lo portava rapidamente verso
Regent's Park. D'altro lato però, riflette, i Servizi d'informazioni francesi
avevano cominciato a infiltrare qualche loro agente tra quei messaggeri o,
se non proprio agenti, perlomeno creature ambigue e variopinte che
facevano il doppio e triplo gioco, ed era presumibile che il donatore di ossa
appartenesse a quella categoria. Ovviamente era qualcuno che sapeva
dell'invito a suo tempo rivolto a Stephen di parlare all'Institut de France sul
Pezophaps solitarius, qualcuno che conosceva i suoi rapporti con la Royal
Society ed era al corrente degli scambi tra Banks e Cuvier; ma non era
certamente un'identificazione, quella. Individui del tutto indesiderabili
potevano essere a conoscenza di certi fatti. « Sono contento di aver
ripescato le pistole, anche se non so con che coraggio affronterò di nuovo
quella cassa», disse. # «Eccoci arrivati, Milord», annunciò il cocchiere.
«Una corsa veloce davvero. » 250 « Vere tutte e due le cose », confermò
Maturin. Eppure, nonostante la corsa veloce, non era il primo
all'appuntamento. Appoggiandosi alla staccionata bianca dove il viale
terminava e scrutando il prato che si allungava verso nord, Stephen vide
una figura solitaria che passeggiava avanti e indietro con un libro in mano.
Non c'era sole, ma il cielo alto e pallido diffondeva una luce chiara e
Stephen riconobbe l'uomo quasi immediatamente. Sorrise, s'infilò sotto la
staccionata e s'incamminò sul prato incolto verso la figura remota. Lontano
a ovest un gregge di pecore stava pascolando, bianco sul verde vivido
dell'erba: superò una lepre nella sua tana, ben rannicchiata e con le
orecchie appiattite, persuasa di essere invisibile e così vicina che avrebbe
potuto toccarla, e, quando ebbe raggiunto una distanza conveniente,
chiamò: « Duhamel, sono felice di rivedervi! » togliendosi al tempo stesso
il cappello. Duhamel pareva molto invecchiato, logorato, ingrigito rispetto
all'ultima volta in cui si erano visti, ma ricambiò il saluto con uguale buon
umore e disse che anch'egli era contentissimo di rivedere Maturin,
soggiungendo che sperava stesse bene. « Mi dispiace sinceramente di
avervi portato in questo* luogo sperduto », disse Stephen, « ma, dal
momento che non sapevo chi foste, mi è parso che un'estrema discrezione
fosse la cosa migliore per tutti. Siete stato davvero bravo a trovare questo
posto. » «Oh, lo conosco bene», replicò Duhamel. «Sono venuto a caccia
qui lo scorso autunno con il mio corrispondente inglese. Sfortunatamente
avevamo solo fucili in prestito e cani pessimi, ma io ho comunque preso
quattro lepri e il mio compagno due lepri e un fagiano. Ce n'erano almeno
trenta o quaranta. Lepri, intendo, non fagiani. » « Vi piace molto la caccia,
Duhamel? » « Sì. Anche se preferisco la pesca. Starsene seduti sulla
sponda di un fiume tranquillo a osservare il galleggiante sull'acqua è per
me la felicità stessa. » S'interruppe per qualche momento, poi riprese: «
Devo scusarmi con voi per aver usato un modo di comunicazione così
inappropriato, ma, l'ultima volta che sono stato a Londra, ho trovato la
vostra locanda distrutta... Non conoscevo nessun altro indirizzo e non
potevo portarvi questo direttamente all'Ammiragliato senza timore di
compromettervi ». Tirò fuori il sacchettino di stoffa di un gioielliere, l'aprì,
ed ecco, in piena luce, l'improvviso scintillio del diamante, non più un
ri251 cordo, ma reale ora, e assai più brillante, assai più azzurro
dell'immagine nella mente di Stephen, un oggetto assolutamente superbo,
freddo e pesante nella mano. «Grazie», disse, facendolo scivolare nella
tasca delle brache dopo averlo contemplato per un lungo momento in
silenzio. « Ho un grande debito con voi, Duhamel. » « Avevamo concluso
un affare », ribattè Duhamel, « e c'è soltanto una persona da ringraziare, se
mai i ringraziamenti sono dovuti, e questa persona è d'Anglars. Potete
dargli del pederasta, se volete, ma è l'unico uomo di parola che io conosca
tra tutti quei politicanti corrotti e arrivisti. Ha insistito affinchè vi fosse
restituito. » « Spero di potergli esprimere direttamente la mia
riconoscenza, un giorno. Ed è così anche per la signora, certamente »,
disse Stephen. «Vogliamo tornare a piedi in città?» Naturalmente aveva
notato l'amarezza di Duhamel, ma non vi fece cenno e, dopo aver
camminato per un considerevole tratto senza parlare, disse: « In linea
generale le domande sono fuori posto nel nostro mestiere, ma posso
chiedervi se sarebbe sicuro per voi bere una tazza di caffè con me? A
Marylebone c'è una pasticcerà francese che sa fare un buon caffè, un
talento raro in quest'isola ». « Oh, sicurissimo, grazie. Sono accreditato
presso Monsieur de Lille. A Londra soltanto tre uomini, due ora, sanno chi
io sia. Ma temo di dover declinare l'invito. Una carrozza mi aspetta dietro
quella fila di carri per portarmi subito a Hartwell. » Allora avrò tutto il
tempo di fare il bagaglio e di prendere la diligenza, riflette Stephen. Ma
Duhamel continuò in un tono di voce alterato: «IL nostro mestiere... Ah,
Maturin, non siete nauseato di dover perpetuamente mentire, ingannare,
della perpetua malafede? Diretta non soltanto contro il nemico, ma anche
contro le altre organizzazioni e all'interno dello stesso gruppo! » IL volto
di Duhamel sembrava più grigio ora e contratto dalla forza dell'emozione.
« Lotta per il potere e per il vantaggio politico, falsità e tradimento a dritta
e a manca, alleanze che si ribaltano, né fede, né lealtà. So che esiste un
piano per sacrificarmi. Il mio corrispondente a Londra, l'uomo con il quale
sono andato a caccia, è stato sacrificato: anche se nel suo caso si è trattato
soltanto di denaro, mentre nel mio si tratta di provare la fedeltà del mio
capo all'imperatore. Se foste andato in Bretagna, voi sareste stato
sacrificato; e io non avrei potuto salvarvi, dal momento che erano stati gli
uomini di Lucan a organizzare l'affare di Madame de 252 la Feuillade. Ma,
dal momento che non siete andato, suppongo che sappiate già tutto. » Di
comune accordo, fecero dietrofront e ripresero a camminare sull'erba. «
Non ne posso davvero più », continuò Duhamel. « È questa una delle
ragioni per cui sono così contento di aver portato a termine questa
missione in modo tanto pulito: qualcosa di chiaro e netto finalmente. »
Agitò le mani in un gesto di disgusto ed esclamò: « Sentite, Maturin!
Voglio andare in Canada... a Quebec. Se poteste aiutarmi, io vi restituirei
dieci volte tanto. Dieci volte tanto. So qualcosa delle vostre faccende e vi
do la mia parola che quanto posso dirvi riguarda molto da vicino la vostra
organizzazione e il comandante Aubrey». Stephen lo fissò con i suoi occhi
chiarissimi, attenti, obiettivi, e dopo un momento disse: « Cercherò di
organizzare la cosa. Vi farò sapere domani. Dove possiamo incontrarci? »
«Oh, ovunque. Come vi ho detto, a Londra soltanto due uomini mi
conoscono. » « Potete venire al Black, in St. James's Street? » «Di fronte al
Button?» domandò Duhamel con uno strano sguardo... un lampo di
diffidenza che scomparve quasi subito. « Sì, certamente. Alle sei andrebbe
bene per voi? » « Perfettamente », rispose Stephen. « Domani alle sei,
allora. » Tornati sulla strada, si separarono, Duhamel per dirigersi a ovest
verso la sua carrozza e Stephen per incamminarsi lentamente verso sud,
cercando di non farsi sfuggire una eventuale vettura a nolo. La trovò
finalmente in una stradina laterale, seminascosta dai carri dei materiali e
dal polverone delle case in costruzione, e si fece portare all'albergo
Durrant. Una volta là, chiese del comandante Dundas e apprese senza
eccessiva sorpresa che era uscito. « Lo aspetterò », disse e si sedette,
preparato a un'attesa che avrebbe potuto essere di ore; ma i biglietti si
perdevano e i messaggi si dimenticavano e, anche quando non era così, chi
li riceveva non ne vedeva l'urgenza con la stessa chiarezza di chi li aveva
mandati. Fu in verità un'attesa di ore, ma non gli pesò eccessivamente,
perché, come d'abitudine, molti ufficiali di marina risiedevano al Durrant e
parecchi di loro, desiderosi di dimostrare la loro simpatia al comandante
Aubrey, vennero a sedersi per un po' accanto a Stephen. L'ultimo, un
capitano di vascello affabile, grasso e occhialuto di nome Hervey, gli stava
dicendo che stramaledetta cosa fosse per la marina aver perduto un
marinaio così magnifico, proprio in un mo253 mento in cui le fregate
americane facevano tanti danni, quando s'interruppe ed esclamò: «Ecco
Heneage Dundas: ne è ancora più convinto di me! » « Venite tutti e due a
mangiare il montone con me », li invitò Dundas, avvicinandosi. «Ahimè,
non posso», si scusò Hervey. «Sono impegnato.» Guardò l'orologio con il
suo sguardo fisso da miope e balzò in piedi. « Sono in ritardo, sono già in
ritardo! » «Per quanto mi riguarda, ne sarei ben felice», disse Stephen; era
la verità: provava grande simpatia per Dundas, aveva saltato la colazione
per via di quell'infernale cassa da marinaio e, a dispetto dei pensieri che lo
inquietavano, stava morendo di fame. « Voi salpate per la base
nordamericana molto presto, non è vero? » chiese, quando furono arrivati
alla torta di mele. «Lunedì, vento e tempo permettendo», rispose Dundas.
« Domani devo fare i miei adieux. » « Vorreste farmi la cortesia di
accompagnarmi nella sala da fumo? » domandò Stephen. Ma, una volta là,
si rese conto che era troppo affollata e rivelò: « La verità è che vorrei
parlarvi in privato. Pensate che possiamo salire in camera vostra? »
Dundas fece strada, gli offrì una sedia e disse: « Sapevo che avevate
qualcosa in mente ». «Credo che potremmo rendere a Aubrey un servizio
della massima importanza», esordì Stephen. «Ho appena parlato con un
uomo nel quale ho molta fiducia. Vuole andare in Canada. In cambio del
nostro aiuto mi darà informazioni di grande valore riguardanti Jack. »
Rispondendo al dubbio e all'insoddisfazione sulla faccia di Dundas,
continuò: « Detto in questi termini nudi e crudi, può sembrare ingenuo in
modo intollerabile, perfino sciocco, ma sono legato dalla natura
confidenziale di così tanti aspetti della questione... non posso rivelare una
quantità di dettagli che risulterebbero del tutto convincenti. Ma perlomeno
posso mostrarvi questo ». Estrasse il pacchettino del Blue Peter dalla tasca,
lo svolse e mostrò il diamante in un raggio di sole. «Che pietra
meravigliosa, stupefacente!» esclamò Dundas. « Che cos'è, uno zaffiro? »
«È il diamante azzurro di Diana», spiegò Stephen. «Diana era a Parigi,
ricorderete, quando Jack e io ci trovavamo in prigione al Tempio, e il fatto
che abbia lasciato là il suo diamante è collegato con la nostra fuga. Era
stata promessa la sua restituzione, tuttavia, e l'uomo di cui parlo me l'ha
portato stamani prima di 254 proseguire per Hartwell. Vi dico questo
perché comprendiate perlomeno una delle ragioni per cui mi fido della sua
parola e prendo molto sul serio ciò che dice. Nulla gli avrebbe impedito di
tenersi la pietra, eppure me l'ha data così, semplicemente, senza porre
nessuna condizione. » «È un diamante straordinario davvero», osservò
Dundas, « non credo di aver mai visto niente di più bello fuori della Torre.
Deve valere una fortuna. » «Questo mi ha infatti impressionato: un uomo
che intende andare nel Nuovo Mondo a rifarsi un'esistenza e che rinuncia a
un tesoro così facile da portare con sé non è persona da prendere alla
leggera. » « Conoscete la ragione per cui vuole andare in Canada? » « Non
vi chiederei di prenderlo con voi, se fosse un criminale comune che
intende sottrarsi alla legge. No, è stanco, nauseato dalla malafede dei suoi
colleghi, dai loro dissensi e dalle loro dissimulazioni, e desidera uno stacco
netto e improvviso. » « E francese, immagino, dato che va a Hartwell. » «
Non ne sono sicuro. Potrebbe essere delle regioni del Reno. Ma in ogni
caso non è un bonapartista, questo ve lo posso assolutamente garantire. »
«Pensate che basterebbe la promessa di portarlo con me a condizione che
le sue informazioni risultassero utili per Jack? » « No. » « Già. Suppongo
di no. Anche se faremmo davvero la figura degli idioti se... » Dundas
passeggiò avanti e indietro, riflettendo per qualche momento, poi disse:
«Ebbene, immagino che dovremo prenderlo a bordo. Scriverò un biglietto
a Butcher per avvertirlo di riceverlo come mio ospite. Per fortuna abbiamo
spazio in abbondanza... non avremo un nocchiere fino a Halifax. Parla
bene inglese? » «Oh, benissimo. Correntemente, intendo. Ma l'ha imparato
da una governante scozzese e poi da un tutore scozzese e in realtà parla il
dialetto settentrionale; non è un inglese volgare né incomprensibile... anzi,
direi che ha un certo fascino arcaico e barbarico e solo un orecchio
finissimo potrebbe riconoscere l'accento straniero. È un gentiluomo
tranquillo e inoffensivo e probabilmente resterà a letto per quasi tutta la
traversata, essendo ben poco abituato al mare. » « Meglio così. È
assolutamente contrario ai regolamenti, sapete, prendere a bordo uno
straniero. » 255 « È assolutamente contrario ai regolamenti anche prendere
a bordo giovani signore, straniere o no, eppure mi sembra di averlo visto
fare. » «Bene, andiamo giù a prendere penna e inchiostro», tagliò corto
Dundas. # IL dottor Maturin ebbe tutto il giorno seguente per riflettere su
ciò che aveva fatto e che stava facendo. Secondo ogni regola professionale
era un'azione straordinariamente imprudente; ed era straordinariamente
poco saggia da un punto di vista personale, dal momento che lo avrebbe
compromesso in modo serissimo, rendendolo suscettibile di accuse molto
gravi: i suoi atti avrebbero potuto essere interpretati come criminali e in
effetti potevano costituire un crimine, un crimine degno della pena
capitale. Si fondava esclusivamente sul suo istinto e il suo istinto non era
per nulla infallibile: in certe occasioni era influenzato dai suoi desideri e in
passato lo aveva già ingannato dolorosamente. Ogni tanto si rassicurava,
guardando lo splendido diamante che teneva in tasca come un talismano, e
trascorse il pomeriggio al bagno turco del Covent Garden, sudando in tutte
le sue scarne membra nella stanza più calda finché non ebbe più una
goccia da spremere. « È una persona puntuale Duhamel? » si domandò,
sedendosi nel vestibolo del Black da dove poteva dominare l'ingresso e il
banco del portiere. «È un uomo che bada al minuto? » Non ottenne
risposta fino a quando l'orologio non ebbe finito di suonare le sei e
Duhamel non fu comparso sui gradini, con un pacchetto in mano. Stephen
gli andò incontro prima che l'altro chiedesse di lui e lo condusse al piano
superiore, nella lunga sala affacciata su St. James's Street. Duhamel
sembrava ulteriormente in-grigito, ma era perfettamente composto, la
faccia impassibile come al solito. « Ho organizzato la vostra traversata fino
a Halifax sull'Eurydice », annunciò Stephen. « Dovrete essere a bordo
prima di lunedì e viaggerete come ospite del comandante. E un amico
intimo del comandante Aubrey. Ho lasciato capire che siete o siete stato in
qualche modo legato a Hartwell, ma vi consiglio ardentemente di restare
nella vostra cabina con la scusa del mal di mare e di parlare pochissimo.
Ecco qui un biglietto di presentazione per la nave. Vedrete che ho
conservato il nome di Duhamel. » 256 «Tutto sommato lo preferisco: una
complicazione di meno», commentò il francese, prendendo il biglietto. «Vi
sono molto grato, Maturin. Credo che non lo rimpiangerete. » Si guardò
intorno. In fondo alla sala un anziano socio era intento a decifrare gli Atti
parlamentari con l'aiuto di una lente. «Potete parlare liberamente», lo
rassicurò Stephen. «Il gentiluomo è un vescovo, un vescovo anglicano; ed
è sordo. » «Ah, un vescovo anglicano», disse Duhamel. «Davvero. Sono
contento che siamo in questa particolare sala», soggiunse, guardando la via
sottostante. Si riprese e cominciò: « Da dove iniziare? I nomi, i nomi.
Questa è una delle difficoltà. Non sono sicuro dei nomi delle tre persone
delle quali voglio parlarvi. Il mio corrispondente qui a Londra usava quello
di Palmer, ma non era il suo e, sebbene fosse un uomo notevolmente
dotato in molti modi, si tradiva in questo, che non rispondeva sempre
immediatamente o con naturalezza al suo nom de guerre. Il nome del
secondo vi è familiare: è Wray, Andrew Wray. Per parecchio tempo l'ho
conosciuto come signor Grey, ma non è un buon agente e si ubriacava, e
alla fine si è tradito. No, non è affatto un buon agente e, francamente,
Maturin, mi domando come abbiate fatto a non individuarlo a Malta. »
Stephen chinò il capo mentre la luce entrava in lui a fiotti, ovvia in modo
accecante, umiliante. « Non potevo immaginare che avreste impiegato una
persona così fatua e inaffidabile», borbottò. « Non manca di una certa
concreta abilità », ribattè Duhamel, «ma, è vero, si tratta di un uomo
emotivo e pauroso. Non ha sostanza e non solo crollerebbe al primo
interrogatorio duro, ma è probabile che lo faccia anche senza
interrogatorio. Non l'avremmo tenuto tanto a lungo se non fosse stato per il
suo amico, il terzo uomo, che io conosco soltanto come signor Smith, un
personaggio in una posizione molto elevata davvero: i suoi rapporti
mandavano letteralmente in estasi rue Villars. » « Più altolocato di Wray?
» « Oh, sì. E di gran lunga più intelligente: vedendoli insieme sembrano il
maestro e lo scolaretto. Un uomo duro, anche. » Duhamel guardò
l'orologio. « Devo essere breve », disse. « Comunque sia, sebbene Smith
abbia grandi capacità e Wray si sia fatto un certo nome, sono entrambi
squattrinati, spendaccioni e giocatori accaniti; e per quanto genuinamente
volontari, chiedono continuamente altro denaro. Dopo la riorganizzazione
di rue 257 Villars, i fondi sono stati molto ridotti. I due hanno tempestato
di richieste sempre più pressanti il nostro Servizio, ma è stato detto loro
che le informazioni inviate di recente erano insufficienti per quantità e per
qualità, il che è vero. Hanno risposto che tra poche settimane Sir Joseph
Blaine sarebbe stato messo finalmente fuori gioco e che allora avrebbero
avuto accesso al Comitato e le loro informazioni sarebbero perciò state del
più grande valore. » Duhamel guardò l'orologio un'altra volta e lo accostò
all'orecchio. «Nel frattempo hanno montato la frode in Borsa. » Pur
avvertendo gli occhi penetranti di Duhamel su di sé, Stephen non riuscì a
nascondere del tutto la sua emozione; il cuore gli batteva così forte che ne
sentiva le pulsazioni in gola e inoltre la stupidità ottusa di cui aveva dato
prova lo impressionava profondamente: tutta la cosa era a tal punto
evidente! Mormorò: « Sembrate preoccupato dell'ora ». « Sì », ammise
Duhamel, spostando la sedia più vicino alla vetrata. «Naturalmente mi
dispiace che il vostro amico sia stato sottoposto a un'esperienza così
crudele, ma, a parte questo, l'osservatore obiettivo deve riconoscere che
l'affare è stato condotto bene. Voi mi direte che, conoscendo esattamente i
movimenti del comandante Aubrey e degli accoliti di suo padre e avendo a
disposizione un agente capace come Palmer, non era difficile; ma sarebbe
un modo di ragionare superficiale... Maturin, non vi offendete se forse tra
qualche minuto sarò costretto a scappare via e a ritornare più tardi? » «
Assolutamente no », lo rassicurò Stephen. « A un certo punto ho pensato
che avrebbero avuto un successo completo e anche se, ovviamente, non
potevano arricchirsi di colpo senza scoprirsi, sono però riusciti a
guadagnare tanto da saldare i debiti più pressanti. » E stato quando Wray
mi ha pagato ciò che mi doveva, riflette Stephen, rinnovando la sua
vergogna. « Ma non è stato sufficiente per loro », continuò Duhamel, « e
hanno fatto altre due proposte: la prima che alcuni titoli di credito per
importi straordinariamente elevati fossero negoziati sui mercati
dell'Europa settentrionale e la seconda proposta era che avrebbero
consegnato voi in Bretagna, a Lorient. La proposta sui titoli di credito è
stata non so se rifiutata o ritirata e voi non siete stato consegnato. Lucan
era furioso con loro, era andato personalmente in Bretagna: e ha tagliato
perfino la sovvenzione
258 mensile. Adesso sono alle strette e affermano di aver preparato
quello che definiscono un rapporto di eccezionale valore. » Di nuovo
Duhamel guardò l'orologio. «Palmer», riprese, «mi parlò dell'affare della
Borsa con dovizia di particolari mentre stavamo pescando in un torrentello
non lontano da Hartwell. Vi sarebbe piaciuto, Maturin: riusciva a farsi
posare sulla mano un martin pescatore. Aveva ogni sorta di qualità. Ma
quella è stata l'ultima volta che l'ho visto. Era stata offerta una grossa
ricompensa per chi l'avesse trovato, la caccia cominciava a diventare
pericolosa e così l'hanno ucciso, nel caso avesse dovuto venire scoperto o
tradito. Non si sono limitati ad allontanarlo, nascondendolo da qualche
parte: l'hanno ucciso o fatto uccidere. Questo non l'ho potuto perdonare. È
stata un'azione puramente criminale. » « Duhamel », disse Stephen a bassa
voce, avvicinando la sedia, tanto che quasi toccava il vetro della finestra,
«potete darmi qualcosa di tangibile, una prova concreta? » « No, non in
questo momento. Ma spero di poterlo fare tra cinque minuti. » Riprese a
parlare di Palmer, un uomo che evidentemente gli era stato molto caro; ma
parlava un po' a casaccio. Si fermò a metà di una frase, prese il suo
pacchetto, disse: «Perdonatemi, Maturin. Guardate, guardate dalla
finestra», e si affrettò a uscire dalla stanza. Stephen lo vide apparire sul
marciapiede sottostante, fare qualche passo rapido verso Piccadilly,
attraversare con suo grande rischio la strada ingombra di carrozze e
ritornare indietro come se stesse passeggiando tranquillamente sul lato
opposto della strada in direzione di St. James's Park. Quasi di fronte alla
finestra di Stephen, all'altezza del Button, si fermò e guardò di nuovo
l'orologio: sembrava che stesse aspettando qualcuno. Lo sguardo di
Stephen seguì la stessa direzione e tra la gente che proveniva dal parco e
da Whitehall vide Wray e il suo amico, più alto di lui e più anziano, a
braccetto. Si staccarono, per togliersi il cappello e salutare Duhamel che si
avvicinava a loro, e tutti e tre si fermarono a parlare per qualche momento,
poi Ledward porse una busta a Duhamel in cambio del pacchetto; si
separarono, i due per entrare al Button e Duhamel, non prima di aver
lanciato una rapida occhiata alla finestra di Stephen, per voltarsi e
allontanarsi in direzione di Piccadilly. Stephen scese a precipizio le scale,
afferrò carta e penna sul banco del portiere, scrisse in fretta qualcosa e
chiamò: «Charles, 259 Charles, mandate per favore un garzone con questo
da Sir Joseph Blaine a Shepherd Market subito, immediatamente: non c'è
un momento da perdere! » « Ma, signore », disse sorridendo il portiere, «
non preoccupatevi, non perderete nemmeno un momento: ecco Sir Joseph
in persona, sta salendo i gradini appoggiato al braccio del colonnello
Warren. »

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