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CAPITOLO I
CAPITOLO III
e non fosse stato per la prospettiva d'incontrare una corvetta o una fregata
americana o francese o una nave armata per la guerra di corsa, quell'ultimo
tratto del loro viaggio sarebbe stato malinconico, una traversata che
probabilmente avrebbe portato la Surprise al cantiere di demolizione. Gi
ufficiali e i marinai, un equipaggio particolarmente unito, avrebbero potuto
affermare in tutta verità che, ben manovrata, essa era ancora una delle navi
più veloci della sua classe di tutta la marina britannica, che la solidità dei
suoi legni era notevole e che si trattava di un veliero sano oltre che felice e
di grandi qualità veliche; ma restava il fatto che da quando la Surprise era
stata costruita, negli anni '80 del secolo precedente, le fregate erano
diventate molto più grandi e portavano cannoni molto più pesanti. La
Surprise era rimasta indietro e non avrebbe potuto attaccare una moderna
fregata americana più di quanto non potesse attaccare un vascello di linea.
Esistevano ancora alcune fregate francesi con le quali uno scontro sarebbe
stato possibile, ma queste lasciavano raramente il porto, e la sola reale
probabilità di un combattimento, per quanto riguardava le marine
nazionali, era contro una corvetta; non vi era gloria però nello sconfiggere
una corvetta, ma solo l'ignominia in caso di fallimento, e la Surprise
riponeva le sue speranze principalmente nelle navi corsare che attaccavano
di continuo i mercantili inglesi e perfino quelli dei Paesi neutrali in
navigazione tra il Vecchio e il Nuovo Mondo; e soprattutto nella Spartan,
così tristemente celebre. Ovviamente non vi era gloria immortale nella
cattura di una nave corsara, pur particolarmente pesante e potente, ma
sarebbe stata un'impresa onorevole, veramente onorevole; e, in mancanza
di un'avversaria più degna, sarebbe stato un bel finale della missione.
Inoltre, sebbene nessuna nave da guerra, pubblica o privata, potesse
paragonarsi a un grasso mercantile in fatto di volgare, tangibile profitto, la
Spartan avrebbe costituito una preda per nulla trascurabile: era
notevolmente veloce, costruita da poco tempo in un ottimo arsenale e, se
non fosse stata troppo malridotta, certamente l'Ammiragliato l'avrebbe
comprata; non bisognava poi dimenticare il premio per capo, cinque
sterline per ogni uomo, e la Spartan aveva a bordo un equipaggio
numeroso. La cercarono, dunque, con uno zelo maggiore del solito, e lo 66
fecero a dispetto della sensazione di molti a bordo che la fortuna avesse
abbandonato la nave. O, se non la nave, perlomeno il suo comandante, il
che poi era la stessa cosa. Tale convinzione era più forte tra gli uomini che
erano stati pescatori o balenieri, perché troppe volte avevano visto come
tra due comandanti, di pari esperienza e capacità, a pesca nelle stesse
acque e con la stessa attrezzatura, uno fosse tornato a casa con le stive
piene e l'altro no. Era una questione di fortuna, una qualità o meglio un
influsso che talvolta si esercitava in un'unica direzione, buona o cattiva che
fosse, e talvolta mutava come una marea, ma una marea in cui la colma e
la giosana ubbidivano a leggi che i comuni mortali non potevano
comprendere. I balenieri ne erano convintissimi, ma lo erano anche molti
altri, compresi alcuni che avevano prestato più a lungo servizio sulla
fregata e che erano più affezionati al suo comandante, uomini che erano
stati imbarcati su navi da guerra fin dall'inizio della loro carriera.
Esistevano credenze varie e alcune differenze importanti nei particolari,
ma in linea di massima tutti ritenevano che la fortuna e la sfortuna
avessero poco o niente a che vedere con la virtù e il vizio, con l'amabilità o
il suo contrario. La fortuna non era una questione di merito. Era un dono
gratuito, come la bellezza in una donna molto giovane era indipendente
dalla persona che adornava; la sfortuna, invece, così come la bellezza
poteva, per esempio, essere sciupata da una capigliatura crespa, poteva
sicuramente essere provocata da certi comportamenti quali essere
orgogliosi in modo esagerato, vantarsi dei successi o dimostrare un empio
disprezzo per le tradizioni. Un cappellano, per esempio, portava sfortuna,
eppure a bordo c'era il signor Martin. Il reverendo Martin era una persona
buona, gentile, per nulla superba, che non si tirava indietro nel dare una
mano al dottore nell'infcrmeria o nello scrivere una lettera ufficiale per un
marinaio o nell'insegnare a leggere ai mozzi; ma era un cappellano e
questo non lo si poteva negare. I coltelli con il manico bianco portavano
notoriamente sfortuna, come i gatti; eppure la missione era iniziata con gli
uni e con gli altri. Ma cose del genere e perfino colpe più gravi contro le
antiche tradizioni del mare non erano niente, assolutamente niente, se
paragonate al prendere a bordo un Giona, e un Giona era stato imbarcato a
Gibilterra nella persona del signor Hollom,* un * Cfr. Patrick O'Brian, Ai
confini del mare, Longanesi, Milano, 2001. (N.d.X) 67 aiuto nocchiere di
trentacinque anni. Si sarebbe potuto supporre che la sfortuna fosse stata
eliminata con la morte di Hollom, ma niente affatto, perché una vera e
propria maledizione si era abbattuta sulla nave quando, sull'isola di Juan
Fernández, Horner, il capocannoniere, aveva dapprima ucciso Hollom e la
signora Horner, che erano amanti, e poi si era impiccato nella sua cabina
qualche giorno più tardi, al largo delle coste del Cile. Qualcuno riteneva
che la maledizione non esistesse più, dato che il capo-cannoniere era stato
gettato in mare cucito in una branda, con due palle da cannone ai piedi;
altri sostenevano il contrario. A chi obiettava che la Surprise aveva
comunque ripreso al nemico un buon numero di navi, Plaice, il più anziano
e rispettato profeta di sventure, rispondeva, sì, ma le ricatture, per quanto
benve-nute fossero, non erano proprio come prede vere e proprie e
comunque l'ultima baleniera era stata ricatturata giusto nella zona di
comando dell'ammiraglio Pellew, il che rendeva all'istante la sfortunata
barchetta e il suo sfortunato comandante più poveri di ottomila dollari.
Ottomila stramaledetti dollari! Non si riusciva nemmeno a concepire una
somma del genere. Se quella non era una maledizione, a Joseph Plaice
sarebbe piaciuto sapere che cos'era una maledizione. E poi, ancora, il
dottore, che non aveva mai, mai mancato un colpo con il coltello, con la
sega o con il trapano (e a quel punto Plaice si batteva il dito sulla zucca,
dove una moneta da tre scellini, forgiata a cupoletta, copriva il foro preciso
che Stephen vi aveva praticato nel viaggio di andata), il dottore aveva
perso il suo ultimo paziente, il chirurgo delYlrresi-stible, cosa che non solo
lo aveva abbattuto crudelmente, ma era anche una chiara dimostrazione di
sfortuna: e se si volevano altre prove, bastava cercarle un po' più a poppa.
Che cosa, se non una maledizione straordinaria, avrebbe potuto portare
l'incidente del comandante dritto ad Ashgrove Cottage, con Madama in
casa e forse anche con Mamma Williams? Le discussioni sulla fortuna e la
sfortuna della fregata erano state in gran parte generali e, dopo l'appello,
gli uomini avevano esposto le loro opinioni nella cucina durante la prima o
la seconda comandata, oppure sulle coffe o a bassa voce sul castello nel
giorno di cucito e rammendo; ma questa particolare conversazione era
riservata agli uomini che erano con Jack fin dal suo primo comando e che
lo avevano seguito in terraferma durante la pace e nei giorni in cui non
aveva una nave. Da scapoli benestanti, Jack Aubrey e Stephen Maturin
avevano equipaggiato Mei68 bury Lodge* unicamente con marinai e, dopo
il matrimonio di Jack, Preservato Killick, il suo famiglio, Barret Bonden, il
suo timoniere, Joseph Plaice, cugino di Bonden, e due o tre altri lo
avevano seguito nella sua nuova casa; sapevano esattamente ciò che
significava Ashgrove Cottage, avendone lavato i pavimenti, pitturato gli
infissi e lucidato gli ottoni come se fosse stata una nave. E naturalmente
conoscevano tutta la famiglia, dalla signora Williams, la suocera del
comandante, a George, il più piccolo dei suoi figli; ma, in quel contesto,
per loro come per lo stesso Jack, Ashgrove Cottage voleva dire Sophia
Aubrey. L'ammiravano tutti moltissimo; ma soprattutto avevano per lei un
rispetto quasi religioso. Sophia era davvero rispettabile, gentile e bella,
assai più che bella, ma dal momento che quegli uomini non erano mai stati
prima di allora in contatto con donne amabili e rispettabili, era possibile
che l'avessero messa su un piedistallo, cosa pericolosa questa, essendovi
qualcosa di quasi terribile in una simile superiorità. Sapevano anche, però,
che era figlia di sua madre (per quanto improbabile potesse sembrare) e la
signora Williams, una donna grassoccia, scura di capelli e sempre rossa in
volto, era una vera tiranna, una di quelle donne che rendevano la virtù
decisamente poco attraente: il minimo sospetto di sottrazione di fondi, di
assenza ingiustificata o d'immaginaria mancanza di rispetto da parte del
personale domestico faceva aumentare il volume di suono della signora
Williams fino al limite estremo dell'estensione vocale femminile; ma era
soltanto un'illusione, questa, perché non appena un caso d'impudicizia in
un uomo o in una donna cadeva sotto la sua attenzione, quei limiti
venivano lasciati molto, molto indietro, ridotti a poco più di un mormorio
di ruscello lontano. Era vero che Sophia non rimbrottava, non sgridava,
non urlava mai: non una parola dura, nessuno cacciato via, nessuna
minaccia di dannazione eterna; ma in questo era figlia di sua madre, anche
se in questo soltanto, e cioè non accettava, assolutamente non accettava, la
minima mancanza in quel settore. La produzione di bastardi poteva anche
essere alla moda, ma non per la signora Aubrey. «Aye», disse Bonden, «un
diavolo di incidente, perdio. Non è possibile nemmeno per lei sbagliare su
quella polena, anche se è di un colore scuro. Un diavolo di incidente. Uno
potrebbe anche pensare di poter fare un piccolo passo falso, una volta ogni
* Cfr. Patrick O'Brian, Costa sottovento, Longanesi, Milano, 1996.
(N.d.T.) 69 tanto, potrebbe, senza vederselo sbattere in faccia a vent'anni di
distanza. Un diavolo di dannato incidente. Ma non vuoi mica dire che c'è
una maledizione sulla nave. No. Vuoi dire solo che, per il momento, la
fortuna del comandante se n'è andata. » « Puoi dire quello che vuoi, Barret
Bonden », ribattè Plaice, « ma io sono più vecchio di te e dico che su
questa barchetta qui c'è...» « Attento, Joe », intervenne Killick, « quel che
nomini, chiami, lo sai. » « Come? » domandò Joe Plaice che era un po'
duro d'orecchio. « Quel che nomini, chiami, Joe », ripetè Killick
mettendosi il dito sulle labbra. «Oh», disse Plaice, riprendendosi. «Hai
ragione, amico.» Eppure, sebbene Plaice e altri come lui fossero decisi a
veder nero e sebbene tutti sapessero che lo spettro del capocannonie-re
seguiva la scia della fregata, la maggioranza degli uomini non si
comportava di conseguenza, né era cupa e malinconica. Riuscivano a
conciliare l'inconciliabile forse meglio dei terrazzani; e su una nave che
non poteva aspettarsi niente di buono, attendevano con entusiasmo ansioso
la prossima vittima, il prossimo successo. Con entusiasmo e con allegria,
perché, sebbene fossero, come aveva fatto notare Plaice, di ottomila dollari
più poveri a causa della parte dell'ultima nave ricatturata dovuta
all'ammiraglio, restavano pur sempre da spartirsi le prime navi, non
compromesse da quel vile dodicesimo, e restavano dopotutto i rimanenti
undici dodicesimi dell'ultima; così che, anche tenendo conto dei compensi
esosi degli ispettori e delle altre spese legali, si calcolava che a ciascun
marinaio semplice sarebbe spettato un premio di cinquantatré sterline,
tredici scellini e otto pence, e a ogni marinaio classificato abile, e quasi
tutti quelli della Surprise lo erano, la metà di quella somma in più, un bel
gruzzoletto davvero. Ciò non impediva loro di desiderare di più, molto di
più: in generale la speranza era di raggranellare abbastanza quattrini da
poter aprire un pub, ma in pratica quasi tutti si sarebbero accontentati di
altri dieci dollari o giù di lì, distribuiti al cabestano, con i quali
gozzovigliare perbene a Fayal o in qualunque altro porto delle Azzorre. Le
Azzorre erano però molto lontane e, con le brezze leggere, incostanti,
stranamente fuori stagione, e con le bonacce che la 70 Surprise incontrò
pochi giorni dopo aver lasciato Bridgetown, sembravano decise a restare
dov'erano. Per una volta nella sua carriera navale, il comandante Aubrey
non cercò di sfidare la natura: con quel poco vento spiegò certamente una
nobile piramide di vele, dai coltellacci volanti agli scopamare, ma non le
bagnò con le pompe e con i secchi d'acqua per guadagnare poche iarde
all'ora, né fece calare in mare le scialuppe per rimorchiare la nave durante
le calme di vento. La fregata procedette sobriamente verso nord-est o il più
possibile verso nord-est, per quanto lo permettevano i venti, e il suo
comandante passeggiò sobriamente sul cassero, prua poppa, poppa prua,
diciassette passi dal fìlareto al coronamento, un mezzo giro e ritorno, quasi
esattamente un miglio ogni cento mezzi giri. Su e giù, passando davanti
alle stie dei polli a poppa della ruota e alla contemplativa Aspa-sia, la
capra, che era rimasta su quel ponte nel gelo più intenso e con il vento più
furioso e che ora si crogiolava al sole, scuotendo la barbetta, gli occhi
chiusi. Talvolta il comandante percorreva la distanza tra Portsmouth e
Ashgrove Cottage, immaginando la strada bianca, l'aperta campagna, i
boschi; ma molto più spesso rimuginava ansiosamente sullo stato dei suoi
affari, legali e finanziari, e sul probabile atteggiamento di Sophia verso di
lui ora che aveva visto Sam. In quanto alle faccende legali, senza aver
ricevuto notizie da casa, non sarebbe servito a nulla arrovellarsi prima di
aver visto i suoi avvocati, perché non disponeva di nessun elemento in più
rispetto a quando era partito su cui formarsi un'opinione; e in quanto al lato
finanziario, le prede gli avrebbero fruttato circa diecimila sterline per le
quali era profondamente grato. Non sarebbero state di sicuro sufficienti a
liberarlo dai debiti, se le cose fossero andate veramente male per lui in
patria, ma gli davano un certo respiro, un notevole respiro. E per quel che
riguardava Sophia, nei giorni di maggiore ottimismo diceva a se stesso che
sua moglie non aveva assolutamente nessun motivo per prendersela con
lui; in quel tempo lontano, egli non la conosceva nemmeno e certamente
non le aveva giurato fedeltà. No, Sophia non aveva il diritto di lamentarsi.
Tali riflessioni ansiose a proposito della consorte gli si affacciavano
sempre alla mente quando essa era già occupata dai pensieri di ipoteche e
avvocati, a meno che non fossero le riflessioni a precedere quei pensieri;
poiché non soltanto era attaccatissimo alla moglie, ma, come per i suoi
compagni di navigazione, anche per lui una donna veramente virtuosa era
fonte di un certo timore reverenziale. Quanto 71 fosse grande questo
timore lo si poteva misurare dal numero di volte in cui ripeteva che Sophia
non poteva assolutamente avercela con lui, soggiungendo ogni tanto:
«Forse è possibile che Sam le sia perfino piaciuto ». In quanto alla signora
Williams, se mai avesse tirato fuori l'argomento, l'avrebbe semplicemente
pregata di non fare mai più menzione della faccenda: le avrebbe parlato
con molta fermezza, l'avrebbe fatta sentire in colpa, altrimenti avrebbe
potuto dire addio alla pace in famiglia. Ma quei primi giorni dorati e quasi
senza vento non furono tutti trascorsi in pensieri ansiosi: ben lungi. Nelle
mattine in cui la nave era immobile, rispecchiata su un mare perfettamente
liscio e lucente, le vele afflosciate e appesantite dalla rugiada, Jack si
tuffava dall'impavesata, mandando in frantumi il riflesso della nave
sull'acqua e allontanandosi a nuoto, lasciandosi dietro l'incessante,
necessario baccano di duecento uomini che si affrettavano ai loro compiti
o facevano colazione. Là galleggiava, circondato da un'infinità di mare
sotto l'intero emisfero di cielo già pieno di luce; e poi il sole si levava sulla
linea dell'orizzonte a oriente, rendendo candide e abbaglianti le vele in
rapida successione, trasformando via via il colore del mare fino a un altro
azzurro indefinibile e riempiendo il suo cuore di gioia. E molte altre cose
gli davano un'intensa soddisfazione. Sebbene il mar dei Sargassi fosse
quell'anno più a est del solito, ne attraversarono molto lentamente
l'estremità occidentale a nord del tropico e fu un vero piacere osservare
Stephen e Martin, trasportati sulla iole dall'inesauribile pazienza di
Bonden, rovistare nel tappeto di alghe e fra i suoi abitatori: ancor più
piacevole era vedere i loro volti raggianti quando risalivano a bordo,
tenendo strette le loro incredibili collezioni. Un motivo di soddisfazione
erano anche i suoi giovani gentiluomini. Le circostanze lo avevano
costretto, decisamente contro la sua volontà, a prendere a bordo sei
bambocci, alcuni alla loro prima traversata, mocciosi di nessuna utilità né
per gli uomini né per le bestie. Ma era sempre stato un comandante
coscienzioso ed essendo quei mocciosi tutti figli di ufficiali di marina
aveva deciso di fare del suo meglio per loro: non solo aveva preso a bordo
un maestro, ma si era anche accertato che quel maestro, il quale era anche
il cappellano di bordo, sapesse insegnare il latino e il greco. Aveva sofferto
molto per la mancanza d'istruzione e desiderava che quei ragazzi avessero
una cultura, che diventassero creature per le quali la differenza tra un
ablati72 vo assoluto e un nominativo con l'infinito fosse evidente come
quella tra una nave e un brigantino; sosteneva perciò gli sforzi del signor
Martin con incoraggiamenti personali, talvolta somministrati alla vittima
distesa sull'affusto di un cannone, con le natiche scoperte, ma più spesso
sotto forma di sontuose prime colazioni nella cabina del comandante o di
pudding allo strutto inviati sottocoperta. I risultati non erano forse proprio
quali avrebbe sperato, dal momento che la pratica dell'arte marinaresca,
spesso in condizioni avverse, doveva avere la precedenza, e non sembrava
probabile che un Bentley o un Porson* sarebbero usciti dall'alloggio degli
allievi della Surprise per stupire il mondo, e tuttavia Jack poteva giurare
senza inganno che quello della sua fregata era il più erudito alloggio allievi
di tutta la marina. Spesso, durante la seconda comandata, usciva in coperta
e chiamava il gabbiere di guardia perché si unisse a lui nella sua
passeggiata, chiedendogli al tempo stesso di declinare un nome latino o di
coniugare un verbo greco. « Sono ragazzi decenti », diceva. « Hanno
discrete basi nella navigazione semplice e sufficienti nozioni di arte
marinaresca, in particolare Calamy e Williamson, vecchi lupi di mare
ormai. E con tutto questo latino e greco, be', le loro famiglie stenteranno a
riconoscerli. » Era senza dubbio vero, perché, in aggiunta al latino e al
greco, avevano imparato molto sulle elevate latitudini meridionali, sul
freddo estremo, sulle privazioni e sui primi stadi dello scorbuto. Nel corso
di quell'apprendistato, Boyle aveva avuto tre costóle rotte, Calamy era
diventato calvo e anche se da poco cominciava a rispuntargli una peluria,
non era un gran bello spettacolo; Williamson aveva perduto più di un dito
del piede e la punta di entrambe le orecchie per il gelo; Howard sembrava
intontito in permanenza e la mancanza di denti lo faceva sembrare
vecchissimo, mentre Blakeney e Webber erano cresciuti di colpo, tutti
goffaggine, stinchi, polsi e voci sgraziate. Avevano anche familiarizzato
con la morte violenta, con l'adulterio e con il suicidio; ma tali conoscenze
non parevano opprimerli e rimanevano sciocchi, allegri, prontissimi a
correre e a saltare sulle sar* Richard Bentley (1662-1742), celebre erudito
divenuto rettore del Trinity College di Cambridge. Richard Porson (1759-
1808), emerito studioso dei classici, professore di greco all'università di
Cambridge, noto anche per la prodigiosa memoria che lo rendeva capace
di ripetere interi capitoli di libri dopo averli letti soltanto una volta.
(N.d.T.) 73 tie più alte come scimmie, a poltrire sulle brande la mattina e a
trascurare i propri doveri non appena si presentava un'occasione di
divertimento altrove. Le scorte della Surprise costituivano per il
comandante un altro motivo di soddisfazione, le stive così ben riempite a
Bridgetown per ordine diretto e ripetuto dell'ammiraglio. Insieme con il
nostromo e il carpentiere, Jack era stato costretto a riflettere così a lungo
prima di usare poche braccia di cordame o un paio di tavole di abete che
l'aggirarsi tra le balle, le ruote delle gomene addugliate, i barili, aspirando
l'odore della pece, della pittura, delle cime nuove, della tela da vele e del
legno tagliato di fresco gli procurava un piacere fisico. Aveva fatto caricare
a bordo anche provviste personali, in modo da poter ricambiare gli inviti a
pranzo, intrattenendo i suoi ufficiali con un certo stile, secondo il costume
tradizionale: era affezionato a tutti loro e aveva un profondo rispetto per le
tradizioni della marina. Ma il vero motivo della sua soddisfazione era
naturalmente la nave. Gli sembrava che non avesse mai navigato così bene
e che il suo equipaggio non si fosse mai adoperato tanto e così volentieri;
sapeva che quello sarebbe stato quasi certamente l'ultimo tratto del suo
ultimo viaggio, ma da molto tempo ormai sapeva anche come fosse
destinata a morire, e quella consapevolezza si era trasformata in un dolore
sordo, sempre presente sullo sfondo, così che ora non si faceva sfuggire
nulla delle magnifiche prestazioni della nave e di ogni giorno che passava
a bordo. Ogni giorno aveva la sua caratteristica: non poteva essere
altrimenti, sul mare. Ma durante quel primo periodo di tranquillo avanzare,
prima che la fregata incontrasse i venti da ovest, quei giorni furono
meravigliosamente uguali. La sequenza immemorabile della pulizia dei
ponti la mattina presto, delle pompe, della chiamata delle brande alle
impavesate e degli uomini a colazione, del lavaggio del ponte di coperta,
delle varie esercitazioni del mattino, delle solenni osservazioni di
mezzogiorno, dei trilli dei fischietti che chiamavano gli uomini a pranzo,
delle occupazioni del pomeriggio, della cena, della nuova distribuzione del
grog e poi della chiamata ai posti di combattimento, con i tuoni e i lampi
dei cannoni nel crepuscolo, quella sequenza immemorabile, punteggiata
dalla campana, era stata ristabilita così rapidamente e così saldamente che
pareva non fosse mai stata interrotta. Era la navigazione cui tutti erano
abituati ed erano abituati anche alla dieta, ora che l'agente addetto ai
vettovagliamenti a 74 Bridgetown aveva fatto il suo dovere; niente più
salsicce di delfino servite per confondere la mente e il calendario, niente
più carne di pinguino affumicata imperfettamente, bensì la successione
regolare e naturale di porco salato, piselli secchi, manzo salato, altri piselli
secchi, altra carne di maiale salata; così che i giorni, pur simili tra loro,
potevano essere distinti l'uno dall'altro in un istante grazie all'odore
proveniente dalle pentole di rame della cucina. Dava a tutti una piacevole
sensazione di eternità, quella dolce navigazione sotto un cielo perfetto
verso un orizzonte perpetuamente a cinque miglia di distanza, mai più
vicino; ma al tempo stesso ogni uomo a bordo, a parte i pazzi di Gibilterra
e un povero innocente di nome Henry, sapeva che non esisteva nessuna
permanenza in tutto ciò. Tanto per cominciare, si stava già preparando la
fiamma del disarmo, una splendida fiamma di seta lunga come la nave e
anche più, che sarebbe stata issata il giorno in cui la Surprise fosse andata
fuori servizio e in cui i suoi uomini, finalmente pagati, si fossero
trasformati da membri di una comunità molto unita a individui solitari.
Inoltre gli uomini passavano gran parte del loro tempo ad abbellire la nave,
dal momento che tutti erano decisi a far sì che la Surprise, sia che fosse
venduta e dismessa dal servizio, sia che finisse al cantiere di demolizione,
lo facesse in grande stile. A sud di capo Horn era stata malamente
strapazzata e tutto ciò che Mowett era riuscito a strappare all'arsenale di
Bridgetown e tutto quanto aveva comprato di tasca sua — la migliore
foglia d'oro e due vasi di vermiglio - sarebbero stati a malapena sufficienti
a portarla a uno stato di perfezione. Date le ambizioni molto grandi della
Surprise e l'amore per la perfezione del suo primo ufficiale, gli
abbellimenti e la confezione della fiamma sarebbero stati in ogni caso
difficili e lunghi; ed erano resi ancora più difficili dal carico sul ponte e dai
teli sulle murate, un trucco destinato a dare alla nave l'aspetto di un
mercantile, il carico costituito da barili vuoti che potevano essere gettati
fuoribordo o usati come legna da ardere, mentre i teli, lunghe strisce di
stoffa dipinte con finti portelli e assicurate alle murate della fregata,
coprivano i veri portelli dei cannoni e davano un'impressione molto
riuscita di falsità, in particolare quando fremevano nella brezza. Da lungo
tempo gli uomini della Surprise erano abituati alle trovate del loro
comandante e godevano moltissimo di quel travestimento; c'era qualcosa
di piratesco in esso - o del truffatore 75 truffato (o da truffare) - che li
rallegrava nel profondo del cuore; e sebbene fosse certo che la Spartan,
una nave corsara d'altura, difficilmente si sarebbe fatta avvistare ancora per
parecchie centinaia di miglia, essi lavoravano indefessamente ai portelli
dipinti, ripassandoli di continuo per dar loro l'aspetto sbagliato nel modo
giusto, appena un pochino troppo grandi e falsati, così che un occhio acuto
da predatore avrebbe potuto inorgoglirsi per aver indovinato l'inganno e
avvicinarsi senza esitazione. Né facevano la minima obiezione quando
dovevano calare nella stiva il carico in coperta per sgombrare i ponti tutte
le sere, non appena venivano chiamati ai posti di combattimento. Nella
giornata era quello il momento preferito di Jack, in cui si sentiva più fiero
della nave e dell'equipaggio. Aveva sempre creduto fermamente
nell'artiglieria e, con grande dispendio di tempo, energie e denaro
personale, aveva addestrato i serventi ai pezzi sino a far loro sfiorare la
massima efficienza consentita dagli strumenti. A seconda del periodo, la
Surprise era stata armata in modi diversi. In una certa epoca aveva portato
quasi unicamente carro-nate, cannoni corti, leggeri, che sparavano una
palla pesante con una carica molto piccola, tanto che, con i suoi
ventiquattro pezzi da trentadue libbre e con gli otto da diciotto libbre, la
nave poteva scaricare una bordata di non meno di quattrocentocinquanta-
sei libbre, più del ponte di batteria di un vascello di linea. Ma non poteva
sparare molto lontano, né con grande precisione, e, sebbene quelle
carróñate, quelle « spaccapietre » come venivano chiamate, fossero
efficacissime a distanza ravvicinata purché non si ribaltassero o, essendo
così corte, non appiccassero il fuoco alle murate, Jack non le amava troppo
nella navigazione d'altura: preferiva in un combattimento ravvicinato
abbordare una nave piuttosto che massacrarla e, a distanza, un fuoco
mirato e preciso in bordate in successione. In quel momento, la fregata era
armata con ventidue cannoni da dodici libbre sul ponte di coperta e con
due bei cannoni di bronzo lunghi - proprietà privata del comandante
Aubrey, dono di un turco riconoscente -, cannoni che potevano essere
messi ai portelli in caccia sottocoperta e, con il tempo favorevole,
sostituire le due carróñate del castello. Possedeva poi sei carróñate da
ventiquattro libbre, ma dato che tendevano a far ingavonare la nave con il
mare grosso, spesso venivano calate nella stiva; e in ogni caso erano i
cannoni, i veri cannoni, che Jack amava. La sua artiglieria non gli
permetteva di sparare 76 che una bordata da centoquarantuno libbre, ma
egli sapeva bene come cento libbre di ferro che colpissero una nave nel
punto giusto potevano infliggerle ferite gravissime e, al pari di un buon
numero di altri comandanti, il suo amico Philip Broke tra questi, era
convinto della verità del detto di Collingwood: « Se una nave è in grado di
sparare tre bordate ben dirette in cinque minuti, nessun nemico può
resisterle ». Con un continuo addestramento, lungo, arduo, costoso, aveva
abbassato quel record, portandolo a tre bordate in tre minuti e dieci
secondi. L'addestramento era costoso nel senso più ovvio, perché in quella
questione, come in molte altre, l'Ammiragliato non vedeva le cose allo
stesso modo del comandante Aubrey e i regolamenti gli concedevano
soltanto una misera quantità di polvere per le esercitazioni, a parte quella
da consumarsi durante un'azione; tutto il resto doveva essere fornito da lui
e, stando alle tariffe del momento, una bordata costava quasi una ghinea.
Per qualche tempo, dopo che ebbero lasciato le ultime alghe del mar dei
Sargassi, l'esercitazione della sera era consistita nel portare in batteria e
ritirare i pesanti cannoni, eseguendo tutti i movimenti senza fare fuoco, ma
quel giovedì era il compleanno di Sophia e suo marito intendeva far
risuonare i deli a mo' di celebrazione. Inoltre le condizioni erano quasi
ideali, con una brezza sud-orientale da velacci e un moto ondoso
tranquillo, moderato, e Jack sperava che la nave riuscisse a battere il suo
stesso record. Come molte di quel genere, quell'impresa aveva qualcosa di
artificioso. Assai prima che il tamburo chiamasse ai posti di
combattimento, gli uomini sapevano già che avrebbero sparato davvero,
dato che avevano udito il loro comandante dire al comandante in seconda
di tenere pronta una zattera, tre barili di carne di manzo vuoti e una
bandierina rossa; eppure, sebbene non vi fosse niente di spontaneo o
d'inaspettato nella finta battaglia, tutti presero molto sul serio quel
tentativo di battere il record. Le squadre ai cannoni di bronzo in caccia, per
esempio, passarono gran parte del loro turno sottocoperta a martellare le
palle da nove libbre, per eliminare ogni irregolarità; perché quei cannoni
lunghi, precisi, avevano poco gioco tra bocca e proiettile e richiedevano
palle perfettamente lisce. Una volta terminati i preliminari, dopo il rullo
del tamburo, tolto il travestimento delle murate, quando le paratie della
cabina furono sottocoperta, i ponti bagnati e cosparsi di sabbia, tesa sui
boccaporti di santa77 barbara la pesante stoffa di lana, quando gli uomini
furono pronti ai loro posti di combattimento, i membri delle squadre ai
cannoni che avevano il codino (la maggioranza, essendo la Surprise
seguace delle tradizioni) lo ripiegarono e lo legarono: qualcuno si tolse il
camisaccio e molti si annodarono un fazzoletto intorno alla fronte per
trattenere il sudore. Erano a loro agio, ognuno al posto che conosceva
ormai così bene, ognuno con la sua particolare cima di paranco, calcatoio,
spugna, corno della polvere, stoppaccio, palanchino, manovella o palla di
cannone a portata di mano, gli ufficiali alle spalle delle loro divisioni e gli
allievi dietro i loro gruppi di cannoni, tutti intenti a osservare la scialuppa
che si allontanava dalla nave rimorchiando la zattera. Il vento cantava
dolcemente tra il sartiame; il filo di fumo delle micce a combustione lenta
fluttuava sul ponte. Nel silenzio si udirono chiaramente le parole di Jack al
nocchiere sul castello: «Signor Allen, stringiamo il vento di due quarte, per
favore. Signor Calamy, fate un salto nell'infcrmeria e pregate il dottore,
con i miei omaggi, di prestarmi l'orologio ». Gli uomini della Surprise
guardarono a sinistra; la scialuppa riapparve, mollò la zattera: la tensione
cresceva, gli uomini si sputavano sulle mani o si tiravano su i pantaloni.
Poi arrivarono le parole rituali: « Silenzio a prua e a poppa. Liberate i
cannoni. Levate l'alzo ai cannoni. Via il tappo di volata. Cannoni in
batteria ». E a quel punto vi fu un universale ruggito mentre le diciotto
libbre di metallo venivano spinte fuori il più rapidamente possibile. «
Innescate. Fuoco da prua non appena a tiro. » IL bersaglio stava
dondolando sul mare scintillante, ben al di là della portata delle carróñate.
Bonden, capopezzo del numero due, il cannone in caccia di dritta, si curvò
sull'affusto, prendendo la mira: l'elevazione era giusta, ma, per mirare con
precisione, Bonden segnalò con piccoli movimenti della testa ai due
uomini pronti con la manovella da una parte e con il palanchino dall'altra e
con le spalle rivolte verso la murata di spostare di pochissimo la tonnellata
e mezzo di bronzo da una parte o dall'altra. Il lungo cannone di bronzo
affacciato all'ampio portello del ma-scone poteva essere puntato molto
lontano a prua e ben presto Bonden ebbe il bersaglio esattamente nel
mirino; ma era ansioso quanto il suo comandante di battere il record e non
voleva fare fuoco prima che il cannone numero quattro alla sua destra,
detto Wilful Murder, «Omicidio volontario», fosse anch'esso pronto. Fiato
trattenuto per qualche istante, due volte la lenta onda lun78 ga si sollevò e
poi il mormorio dal Wilful Murder. « Quando vuoi, amico». Bonden tese la
mano per prendere la miccia accesa e applicò la rossa estremità al focone,
inarcandosi per fare spazio all'immediato rinculo del cannone sotto di sé.
Gli uomini si resero a malapena conto dell'enorme schianto rimbombante e
del getto di fuoco, dei frammenti di stoppaccio che volavano, del fumo e
della vibrazione sonora delle brache d'affusto: le davano per scontate
mentre trattenevano il cannone, passavano la spugna, sistemavano la carica
con il calcatoio, la palla e lo stoppaccio e infine riportavano il pezzo in
batteria con un bel tonfo; le davano per scontate come il tuonare più
profondo del numero quattro, seguito istantaneamente dal Towser, il
numero sei, e così via rapidamente fino al ventidue e il ventiquattro,
Jumping Billy e True Blue, situati rispettivamente nel posto dove Jack
dormiva e nella cabina di poppa, o come il fumo denso e bianco che
andava dissolvendosi con la brezza; ma i loro movimenti, pur rapidissimi,
esatti e possenti, erano così automatici che la maggior parte delle squadre
ebbe il tempo di seguire il volo della propria palla e di vedere la fontana
d'acqua che si sollevò appena sotto il bersaglio. «Per un capello, un
capello...» borbottò Bonden, chino sul cannone ricaricato e puntato; e poi
afferrò la miccia. Sul cassero, con l'orologio di Stephen in mano, un bel
Bre-guet con la lancetta dei secondi al centro, Jack allungava il collo per
guardare al di sopra del fumo dell'ultima bordata. La prima aveva ricoperto
il bersaglio di spuma, non una sola palla andata a finire veramente lontano:
l'ultima era andata ancor meglio e aveva scaraventato in aria due barili e
quasi tutta la zattera. «Ben fatto, ben fatto, perdio! » gridò e per poco non
sbattè l'orologio sull'impavesata mandandolo in frantumi. Si controllò e lo
porse a Calamy, il suo aiutante di campo. «Prendete nota dell'esatto
secondo in cui ha sparato il numero ventiquattro », ordinò, saltando
dall'affusto di una carronata sulle sartie più basse per vedere la ricaduta
della bordata successiva. I cannoni del bordo cominciarono a tuonare
mentre la nave si sollevava sotto di lui quasi sulla cresta dell'onda e il
pezzo numero ventiquattro fece fuoco prima che si fosse riabbassata di un
corso di fasciame, un lungo ruggito rimbombante, un banco di fumo
lacerato da lampi e, al di là di esso, il volo compatto dei proiettili,
raggruppati come raramente aveva visto, tutti vicini, tutti perfettamente sul
bersaglio di cui non lasciarono più niente. Saltò giù sul ponte e guardò 79
Calamy, il quale gli rispose con un gran sorriso: «Tre minuti e otto
secondi, signore ». Jack rise di contentezza. «Ce l'abbiamo fatta», esclamò.
«Però quello che apprezzo davvero è la precisione. Qualsiasi sciocco può
sparare in fretta, ma questa bordata è stata letale, letale. » Camminò lungo
la linea dei cannoni davanti alle squadre sudate e felici, lodando in
particolare i capopezzo di Viper, Mad Anthony, Bulldog e Nancy's Fancy
per la loro rapidità, avvertendoli tuttavia che, se fossero stati ancora più
rapidi, la scarica sarebbe stata simultanea, i cannoni avrebbero fatto fuoco
tutti insieme, e ciò non era possibile. I legni della nave non avrebbero
retto, ormai. Si sarebbero sfasciati, ed egli preferiva che restassero
insieme, nel caso fosse stata avvistata quella corsara pesante, la. Spartan.
L'avvistarono tre volte. Poco prima dell'alba, non più di tre giorni dopo
quell'esercitazione riuscita, il signor Honey, l'ufficiale di guardia, mandò
come al solito una vedetta in testa d'albero, essendo quello il momento
migliore per scoprire un nemico a poca distanza, un nemico più o meno
pericoloso a seconda dei casi. Era stata una notte buia, brumosa, e veli di
nebbia fluttuavano ancora con la brezza quando la vedetta avvisò il ponte:
una vela, una vela sottovento. « Dove? » gridò Honey, che non vedeva
nulla dal ponte. « Dritta al traverso, signore », giunse la risposta. « Ma ora
non la vedo più. Una nave, credo. Forse a un miglio di distanza. » « E di
sicuro la Spartan », disse Goffo Davies al suo compagno, al di sopra
dell'enorme pietra per pulire i ponti. « Senti quel che ti dico: John Larkin è
sempre stato fortunato. » Honey mandò l'allievo a riferire a Mowett; e
Jack, rigirandosi sulla branda, udì un vecchio marinaio italiano, proprio
sopra l'osteriggio, dire a un altro: «John Larkin visto Spartano ». Quando
Jack fu arrivato sul ponte, Mowett, la camicia da notte gonfia, si calava
dalla coffa. «Signore», gli disse con il viso raggiante, « stavo per mandare
a chiedervi il permesso di modificare la rotta. C'è una vela sottovento e
Larkin crede che possa trattarsi della nave corsara. » «Ah, ah! » esclamò
più di uno dei marinai presenti sul passa-vanti, le redazze a mezz'aria. «
Molto bene, signor Mowett, modificate la rotta, certo », disse Jack. « E
forse al tempo stesso potreste indurre la guardia in coperta a fare qualcosa
per rendere presentabile il ponte. Il re 80 non li paga soltanto per la loro
bellezza e sarebbe un peccato comunicare alla voce con quella nave
corsara, se di corsara si tratta, in questo stato d'indicibile squallore... essere
visti, anche fosse da stranieri, con l'aspetto di Sodoma e Gomorra. » Di
corsara si trattava, ma non era la Spartan. In verità non era nemmeno
straniera, ma la Prudence, un brigantino da dodici cannoni proveniente da
Kingston. Non appena il sole ebbe dis-solto la foschia, la Prudence, messo
a collo il parrocchetto, si mise in panna; e quando la Surprise fu a portata
di voce, il suo comandante salì a bordo con i documenti. Corse rapido su
per la murata e salutò il cassero al modo della marina, un uomo in un
semplice abito blu all'incirca dell'età di Jack. Era ovviamente a disagio e,
in un primo momento, Jack attribuì la cosa alla preoccupazione di vedersi
arruolare di forza qualche marinaio, ma il disagio perdurò anche dopo che
fu rassicurato in proposito, finché, a un certo punto, Jack non intuì che
quell'imbarazzo era causato dal timore che il comandante della Surprise,
pur sapendo chi fosse, avesse fatto le viste di non riconoscerlo. « All'inizio
non avevo idea di averlo già incontrato », disse a Stephen quella sera,
mentre accordavano i loro strumenti. « Nessuna idea, fino a quando non ha
detto qualcosa a proposito di aver 'riconosciuto subito la vecchia Surprise
con il suo albero maestro da nave da trentasei cannoni'; è stato allora che
ho capito: si trattava di Ellis, era stato comandante della Hind, diciotto
cannoni, una nave del re, e lo avevo visto una mezza dozzina di volte al
capo di Buona Speranza. È una fine abbastanza triste per lui, naturalmente,
un po' come dicevamo al reverendo Martin parlando delle patenti di corsa.
Anche se, in questo caso, temo che vi sia stata corte marziale: non ricordo i
particolari, qualcosa a che vedere con i soldi del Consiglio della marina,
credo: non molto piacevole. Ma ci siamo intesi benissimo una volta che mi
sono ricordato chi fosse, e mi ha parlato molto della Spartan. E
improbabile che la vedremo da questa parte delle Az-zorre, temo. » « I
rispetti del signor Allen, signore », annunciò il minuscolo Howard entrato
in gran fretta, « e sono state avvistate le luci di quattro vele, a tre quarte al
mascone di dritta. » La mancanza di denti di Howard rendeva difficile
capire le sue parole, ma il messaggio finì per arrivare a destinazione e Jack
disse: « Sì, sono i mercantili delle Indie Occidentali di cui mi par81 lava il
comandante della nave corsara. Due razzi blu e un colpo di cannone
sopravvento ». Il cannone fece fuoco e lo si udì rientrare; ma Jack
continuava a stare seduto con il violino in mano. « Sei immerso in pensieri
molto profondi, fratello », disse Stephen non senza gentilezza, dopo aver
aspettato a lungo. «Signore Iddio, sì! » esclamò Jack. «Ti chiedo perdono.
È che mi stavo chiedendo se l'infernale gallina faraona fosse là quando
Sam ha fatto visita ad Ashgrove Cottage: non che abbia molta importanza,
d'altronde. » «Certamente no. » Stephen suonò una frase: Jack replicò con
una variazione e proseguirono la loro conversazione, suonando talvolta
separatamente, talvolta insieme, inseguendo il tema attraverso un gran
numero di forme sinché la trama non trovò la sua conclusione in un bel
finale, con le voci dei due strumenti all'unisono; e a quel punto entrò il
pane tostato con formaggio. « Ho scoperto che in Inghilterra », disse
Stephen dopo un po', « spesso chiamano le gru aironi; e non è la sola
confusione. Come inglese, vorresti chiarire il tuo concetto di gallina
faraona, per favore? » « Be', si dice gallina faraona per indicare una di
quelle donne invadenti, bisbetiche, autoritarie, come se ne incontrano
anche troppo spesso. Come Lady Bates, per esempio, o la signora Miller.
Credo derivi dalla moglie di Maometto o così mi aveva detto il mio
vecchio genitore quando ero piccolo. » Se il generale Aubrey si fosse
limitato all'etimologia, per quanto audace, non avrebbe danneggiato più di
tanto suo figlio; ma aveva ritenuto di dover entrare in politica come
membro dell'opposizione quale rappresentante di vari distretti elettorali
con pochissimi votanti e, dal momento che era un uomo di scarso
intendimento ma d'inesauribile energia, i suoi continui e veementi attacchi
al governo avevano reso anche la sua progenie Tory oggetto di antipatia o
di sospetto. In quel periodo si era associato con i membri meno rispettabili
del movimento radicale, non perché desiderasse vedere una pur minima
riforma del Parlamento o niente del genere, ma perché nella sua follia
s'illudeva ancora che il governo gli avrebbe accordato un qualche favore,
un governatorato nelle colonie, per esempio, allo scopo di chiudergli la
bocca. Pensava anche che alcuni tra i suoi amici radicali fossero
diabolicamente abili nel far quattrini; ed egli era enormemente desideroso,
avido in verità, di denaro. 82 Stephen, che aveva conosciuto il padre di
Jack, lo giudicava un genitore realmente pericoloso, e la speranza che il
generale potesse restare soffocato dal suo prossimo boccone gli fluttuò
nella mente, ma si limitò a passare il formaggio in silenzio. Poco dopo,
suonavano un dolcissimo lamento che Stephen aveva imparato nella città
di Cork da Hempson,* il più grande arpista del mondo, che aveva allora
centoquattro anni. La seconda Spartan che avvistarono fu in realtà da
quella parte delle Azzorre, esattamente sopravvento, entro cento miglia dal
punto in cui la corsara aveva cominciato a inseguire Pullings e la Danaë; e
proprio come aveva scritto Pullings nella sua lettera, era così simile a una
nave da guerra portoghese che a un miglio di distanza perfino un marinaio
pieno di esperienza avrebbe giurato che fosse veramente ciò che sembrava.
Era tutto perfetto: colori, uniformi degli ufficiali, perfino il crocifisso d'oro
che brillava al sole sul cassero. Un vecchio marinaio pieno di esperienza lo
avrebbe giurato anche a mezzo miglio di distanza e il comandante Aubrey
e il signor Allen, in piedi l'uno accanto all'altro con i cannocchiali puntati
sulla nave che si andava avvicinando mentre l'odore acre della miccia a
combustione lenta si propagava intorno a loro, gli uomini pronti a ritirare i
teli che nascondevano i cannoni carichi, si voltarono a guardarsi in faccia
con la stessa espressione di comprensione improvvisa, di sorpresa, di
delusione, di sollievo. «Grazie a Dio, non abbiamo fatto fuoco, signore»,
disse il nocchiere. Jack annuì e gridò: «Spegnete la miccia, spegnete la
miccia! Signor Mowett, fiamma e colori». Il richiamo della nave
portoghese giunse attraverso la distesa d'acqua leggermente irritato e il
comandante Aubrey continuò: « Signor Allen, rispondete, ve ne prego »,
perché il nocchiere parlava correntemente il portoghese, « e invitate il
comandante a pranzare con me ». Il comandante portoghese non avrebbe
pranzato con lui, ma accettò di buon grado le scuse e le spiegazioni di
Jack. Condivisero una bottiglia di eccellente porto bianco nella cabina e
Jack apprese che due corsare americane si trovavano effettivamente nel
porto di Fayal, ma nessuna delle due era la Spartan, né aveva * Denis
Hempson (1695-1807), bardo e arpista irlandese di Cork,
straordinariamente longevo, considerato ancora oggi forse il più grande
nella sua arte. (N.d.T.) 83 la sua stazza. Era stata, sì, avvistata in quelle
acque, ma IL portoghese pensava che si fosse diretta verso la costa della
Guinea, a meno che non stesse navigando molto più a est, per cercare, «
con la luna piena, qualcuno di quei vostri grassi mercantili della
Compagnia delle Indie », concluse con una risatina chioccia, perché amava
le prede come chiunque altro. La luna piena non era in effetti molto
lontana e, crescendo, tendeva a far scemare il vento, tanto che, nel
momento in cui la Surprise vide la sua terza Spartan, ben a est di Terceira,
l'Atlantico pareva innocuo come la Serpentine in Hyde Park, increspato
qua e là da brezze leggere e variabili. Comparve come comparivano tanto
spesso le navi, sorgendo da un banco di foschie mattutine: era là, a nord, lo
scafo visibile dal cassero, al mascone di dritta della fregata, e anch'essa
procedeva con mure a sinistra. All'inizio non suscitò grande interesse. Gli
uomini della guardia di dritta, le gambe arrossate per aver lavato i ponti
con acqua ormai molto fredda, erano stufi di quella cosiddetta corsara,
stufi di quel dannato carico in coperta e di quei maledetti teli sulle murate.
Era tardi e non avevano voglia d'incontrare Spartan di nessun genere,
avevano solo voglia di fare colazione. Jack, scrutando il mare dalla coffa
di maestra, era all'incirca della stessa opinione, ma ritenne tuttavia di dover
chiamare il ponte e dare ordine di non portare le brande alle impavesate: e
la guardia sottocoperta doveva restare dov'era fino a nuovo ordine. Mentre
la luce aumentava, fu contento di aver agito così. La sua recentissima
esperienza con una nave da guerra portoghese aveva reso meno
convincente il travestimento della Spartan, perché questa volta si trattava
della vera, autentica corsara; e in ogni caso la nave laggiù corrispondeva
esattamente alla descrizione di Pullings: alta, con aste massicce, senza
dubbio molto veloce davvero e capace di lanciare una bordata
impressionante perlomeno a distanza ravvicinata. Nell'avvistare la
Surprise, era venuta subito all'orza e ciò parve a Jack molto significativo,
perché le avrebbe dato col tempo il vantaggio del vento. Una vera nave
portoghese, con il semplice dovere discrezionale d'ispezione, non si
sarebbe presa quella briga, non avrebbe fatto una mossa che a quella
distanza e con quella brezza leggera sarebbe servita soltanto dopo ore di
accurate manovre. J ack scelse una rotta corrispondente e, mentre faceva
colazione sulla coffa, la osservò con attenzione instancabile. All'ultima
tazza di caffè era assolutamente convinto della sua identità e la 84 sua
convinzione si era comunicata a tutta la nave. Di tanto in tanto, mandava
altri uomini sottocoperta, così da ridurre l'equipaggio visibile, rendendolo
il più possibile compatibile con quello di un mercantile: un compito
difficile, dal momento che al tempo stesso aveva bisogno di gente per fare
vela e bracciare i pesanti pennoni con la stessa rapidità della nave corsara,
che, a quanto gli era dato di vedere, era equipaggiata molto bene davvero.
Gli uomini della guardia di sinistra, felicissimi in un primo momento
all'idea che i compagni della guardia di dritta faticassero e s'infradiciassero
sul ponte mentre a loro era concesso di starsene sdraiati sulle brande come
pascià, ben presto cominciarono a sentirsi a disagio; e quando altri furono
mandati sottocoperta, arrivarono quasi alla disperazione. Sul ponte di
corridoio non vi erano, naturalmente, portelli di cannoni e nemmeno por-
tellini di murata, ed essi erano costretti a fare affidamento sulle
informazioni che i loro compagni più fortunati facevano arrivare giù dai
boccaporti. Nella marina britannica le differenze in materia di disciplina
erano enormi. Su alcune navi, due marinai che fossero sorpresi a
chiacchierare tranquillamente tra loro potevano essere segnalati al «
capitano d'armi » come malcontenti, come potenziali ammutinati. La
Surprise non aveva nulla a che vedere con quegli infelici vascelli, e
tuttavia le conversazioni prolungate durante il servizio non erano
incoraggiate, soprattutto in un momento in cui stavano per avere inizio
operazioni straordinariamente delicate. Le notizie che arrivavano giù dai
boccaporti erano perciò scarse e frammentarie, ma riferite da marinai ad
altri marinai davano il quadro della situazione con notevole precisione. Le
due navi si trovavano l'una a nord rispetto all'altra e, sebbene si levassero
curiose bave di vento e piccole brezze locali da altre direzioni, il
movimento generale dell'aria era indubbiamente da ovest; e da alcuni segni
si capiva che in seguito, forse l'indomani, il vento sarebbe rinfrescato. Lo
scopo dei due comandanti era di ottenere il vantaggio del vento, vale a dire
di prendere posizione a ovest dell'altra nave così da potersi dirigere su di
essa alla migliore andatura e costringerla a impegnarsi nel momento e
nelle condizioni più favorevoli, invece d'intraprendere un lungo e forse
inconcludente inseguimento con il vento in prua e con la possibilità
sempre presente di vedersi portar via un'asta da una cannonata o da una
raffica. Ma entrambi volevano che la propria manovra apparisse non
studiata, naturale in una navigazione 85 normale e pacifica, così che
l'avversario, privo di sospetti, non si affrettasse e si lasciasse in tal modo
battere. La corsa verso il vento, lenta ma accanita, acquistava dunque una
nuova dimensione, una corsa in cui ogni alito improvviso doveva essere
corteggiato e accolto da tutte le vele che era possibile spiegare, ma nella
quale la Surprise partiva in svantaggio, dal momento che, nella sua qualità
di mercantile prudente, non aveva alberetti di controvelaccio al di sopra di
quelli di velaccio corti, e difficilmente questi potevano essere issati alla
maniera di una nave da guerra senza destare sospetti; e nemmeno si
potevano spiegare controvelacci, coltellacci e altre vele, tutte utilissime
con quegli zeffiri, quando in alto l'aria si muoveva in certo modo più
rapidamente che sulla superficie del mare. Alla fine, alberi e pennoni
furono issati e le vele alte spiegate, ma nel frattempo la Spartan,
approfittando di una breve brezza da nord-ovest, si era avvicinata di mezzo
miglio. La cosa non conveniva affatto a Jack. Non voleva che la sua
fregata e i suoi uomini fossero feriti o uccisi per amore di una nave
corsara: aveva sperato di ottenere un deciso vantaggio bordeggiando verso
ovest; poi, con la Spartan sottovento e a portata dei cannoni lunghi della
Surprise, si sarebbe liberato del travestimento, le avrebbe spedito una palla
davanti ai masconi e avrebbe aspettato che si arrendesse. Se non si fosse
arresa subito, un paio di bordate l'avrebbero certamente convinta. Ma, per
come stavano andando le cose, la corsara avrebbe finito per abbordarlo, il
combattimento sarebbe stato ravvicinato, con le carróñate da quarantadue
libbre della Spartan in azione, la nave danneggiata e molta gente ferita.
Osservando con estrema attenzione la bava di vento che percorreva la
superficie liscia del mare e che trasportava con sé la Spartan, Jack si sporse
dalla coffa e impartì i suoi ordini. La Surprise accostò dolcemente a dritta,
scivolò verso la nave corsara fin quasi a tiro dei suoi cannoni, afferrò la
bava di vento nel momento in cui lasciava la Spartan e cambiò mure con
assoluta perfezione. Per dieci o quindici minuti la Surprise corse tanto
veloce che l'acqua mormorò lungo le murate, mentre la corsara veniva
lasciata con le vele afflosciate, a malapena in grado di manovrare. Quando
la brezza ebbe abbandonato la fregata, l'equilibrio era stato ripristinato. La
cosa fu riferita agli uomini sottocoperta e Faster Doudle, vecchio marinaio
di lunga esperienza, osservò che ora potevano tranquillamente iniziare una
gara nello stringe86 re il vento: il comandante non aveva rivali in quello e
in quanto a navigare di bolina la barchetta non la batteva nessuno, avrebbe
tolto il vento a qualsiasi cosa stesse a galla prima che la giornata finisse.
Fu una gara, sì, nella quale le due navi regolarono con infinita attenzione
l'assetto delle vele, stringendo in modo magnifico il poco vento che c'era,
con le boline tese e vibranti; ma fu anche molto di più, perché ognuna
delle due navi si spostava dalla sua rotta, spingendosi talvolta
pericolosamente lontano per cercare una delle brezze capricciose che
percorrevano il mare, spesso al di sotto di uno spesso strato di nubi. E
c'erano le mosse intese a ingannare l'avversario, come poggiare per
prendere slancio, andare all'orza, con gli uomini pronti a virare, e perfino
lasciar fileggiare le vele di prua come se la nave fosse esattamente sul
punto di cambiare mure, ma poi tesare il fiocco e la vela di straglio di
trinchetto, accostare sottovento e continuare come prima, con l'intenzione
che l'altra nave, eseguendo la stessa manovra, interrompesse la virata
accorgendosi del suo errore e quindi perdesse tempo o virasse velocemente
e ne perdesse ancora di più per tornare sulla primitiva rotta. Verso la fine
del pomeriggio, un pomeriggio caldo, umido, opprimente, entrambi i
comandanti si erano fatti un'idea precisa delle qualità dell'avversario. Jack
sapeva ormai che l'altro era un vero marinaio, abile, astuto, capace di ogni
specie d'inganno, e che la sua nave, perlomeno con poco vento, era quasi
pari alla Surprise in velocità. Quasi, ma non del tutto: quando, infatti, il
sole cominciò a calare, portandosi via perfino le brezze più leggere così
che il mare diventò uno specchio da un orizzonte all'altro, la Surprise
aveva guadagnato forse un quarto di miglio della distanza sopravvento e
Jack si sentiva ragionevolmente sicuro: se al tramonto il vento avesse
rinfrescato, il che era probabile, avrebbe potuto aumentare il vantaggio di
quanto era necessario a coprire il tratto di mare, un tratto di un miglio o giù
di lì, che separava le due navi (perché avevano seguito rotte parallele fino
a quando il vento era cessato del tutto) e necessario a portare la Spartan
direttamente sottovento, per poterle così intimare la resa. Ma per far ciò
era necessario che il vento si levasse e, per quanto la gente della nave, a
cominciare dal suo comandante, fischiasse e grattasse i paterazzi, non si
levò nemmeno la più piccola brezza. Assolutamente nulla mosse la
superficie del mare, non il sollevarsi di una balena lontana, non il salto di
pesci volan87 ti (anche se la sera precedente ne era stata raccolta una
mezza dozzina sul passavanti), non il minimo soffio d'aria; e le navi
rimasero entrambe immobili, tutte e due con la prua a nord, la Surprise che
guardava l'anca di sinistra della Spartan. « Potete chiedere al dottore e al
signor Martin se gradiscono vedere una calma di mare perfetta », disse
Jack al suo timoniere sulla coffa con lui. «Forse i loro fischi potrebbero
modificare qualcosa. » Al suo ritorno, Bonden incontrò qualche difficoltà
nel riferire il messaggio. 1 due gentiluomini, così pareva, stavano
approfittando di quella splendida mancanza di movimento per tirar fuori e
sparpagliare nel quadrato le loro importanti raccolte di coleotteri del
Brasile e della Polinesia. Sfortunatamente Bonden aveva calpestato
qualche esemplare e ne aveva fatti cadere altri dal tavolo mentre rinculava;
i gentiluomini avevano risposto con una certa irritazione, perfino il
cappellano: avrebbero fischiato, se il comandante lo avesse richiesto, e si
sarebbero spinti fino a grattare un paterazzo come barbari idolatri, se
quello strumento fosse stato loro indicato; ma, a meno che il comandante
non lo desiderasse assolutamente, pregavano di essere scusati: avrebbero
preferito di gran lunga non abbandonare i loro coleotteri in quel momento.
«Be'», cominciò Jack, sorridendo. «Era solo un...» S'interruppe di colpo e
puntò il cannocchiale. « Stanno per calare le scialuppe in mare», disse, e
pochi momenti dopo la iole della Spartan toccò l'acqua con un tonfo,
afferrò una cima dal masco-ne e rimorchiò la nave, facendone ruotare la
prua finché la corsara non mostrò il bordo alla Surprise. Dopo una pausa
attenta, fece fuoco con una delle carróñate pesanti: Jack vide il
comandante prendere la mira con tutta l'elevazione e tirare il cordino del
cannone. La palla sfiorò la superficie e rimbalzò sul mare in direzione
della fregata con grandi balzi; una mira perfetta, ma la distanza era troppo
grande e la palla affondò al decimo rimbalzo, qualche istante dopo che il
rimbombo dello sparo aveva raggiunto la Surprise. Evidentemente il
comandante della corsara era ancora convinto della sua innocuità e
intendeva affrettare le cose, nell'eventualità che il vento si fosse levato e le
avesse permesso di avanzare ancora. Lo scopo era d'intimidirla con quella
prima palla pesante e poi di abbordarla con le scialuppe: le altre erano
infatti pronte per essere calate in mare. « Tutti gli uomini in coperta »,
gridò Jack con voce forte ma non inattesa, e i marinai si precipitarono sul
ponte, abbandonando il loro odioso ozio. Il primo ordine fu seguito
rapidamente da altri e Martin disse a Stephen: «Sentite come corrono di
sopra! Che cosa sono quei mucchietti dietro la teiera? » « Sono doppioni
per Sir Joseph Blaine. » « Avete già fatto il nome di Sir Joseph, ma non
credo mi abbiate mai detto chi sia», osservò Martin, adocchiando con una
certa gelosia un Dynastes imperator del quale aveva soltanto due
esemplari. « Si guadagna il pane quotidiano a Whitehall », rispose
Stephen, « ma la sua vera passione è l'entomologia e possiede una preziosa
collezione di rarità. L'anno scorso è stato uno dei vice presidenti della
Società Entomologica: ve lo presenterò quando saremo a Londra. Confido
di vederlo non appena sbarcato. Amen, amen, amen», soggiunse tra sé con
un certo calore, perché quella miseranda cassettina di metallo e la
mostruosa e imbarazzante ricchezza in essa contenuta gravavano sulla sua
mente nella veglia e nel sonno. « Barili in mare ! » ordinò Jack. « Via i teli
dalle murate ! Signor Mowett, quando sarà calata quella scialuppa? »
«Immediatamente, signore, immediatamente!» gridò Mowett dal
passavanti. Ma quella volta l'efficienza della nave venne meno. Il perno di
un bozzello si era rotto; la calorna era irrimediabilmente inceppata e,
nonostante gli sforzi furibondi del nostromo, la scialuppa rimase
miseramente appesa a un solo golfare e senza cerimonie si dovette
scaraventarne in acqua una seconda dall'anca. Nel frattempo, con sua
intensa frustrazione, Jack vide il mare in lontananza, il mare a nord,
incresparsi sotto una brezza che arrivava veloce da ovest. Raggiunse la
Spartan, la quale, ormai sospettosa, ruotò per portarla all'anca di sinistra e
si mosse veloce, sempre più veloce, verso est, rimorchiando la iole, mentre
i suoi uomini bracciavano i pennoni con straordinaria attività. «Coffa di
maestra, i colori e la fiamma piccola! » gridò Jack. « Capocannoniere,
speditemi una palla attraverso i suoi masco-ni; e un'altra attraverso la
gabbia se la prima non bastasse a fermarla. » In quella situazione il
cannone prodiero di dritta era l'unico a tiro, ma in ogni caso Jack non
avrebbe usato tutti quelli del bordo per cominciare. Á parte il non voler
uccidere uomini inutilmente, non aveva nessun desiderio di massacrare la
nave corsara 89 per poi passare giorni e giorni a impiombare e annodare.
Se però non si fosse messa in panna e non avesse ammainato i colori,
sarebbe stato costretto a farlo; e per scaricare la mortale bordata gli era
necessario ruotare la nave di sei quarte, un'impresa facile con un mare
liscio come uno specchio. Un'impresa facile, non fosse stato per Goffo
Davies. Il cutter blu era stato lanciato in mare con la mera forza delle
braccia e aveva imbarcato una grande quantità d'acqua, ma la ciurma non
tenne nessun conto del bagno forzato mentre, seduti sui banchi, gli uomini
remavano furiosamente per raccogliere la cima di rimorchio. L'afferrò
Davies, capovoga: la scialuppa diede qualche colpo di remo per recuperare
Timbando e poi Davies si alzò. La faccia scura, feroce, brutale assunse
un'espressione decisa e, un bagliore di denti tra le labbra, gli occhi
scintillanti, senza tenere in nessun conto gli ordini squittiti da Howard,
posò il piede sulla falchetta e tirò con una forza colossale. La scialuppa
immediatamente s'inclinò, si riempì d'acqua e colò a picco. Pochi della sua
ciurma sapevano nuotare e la situazione fu resa ancora più complicata da
altri, incapaci anch'essi di stare a galla, ma che si tuffarono in acqua per
aiutare i compagni. Quando tutti quanti furono di nuovo a bordo, alcuni
semiannegati, e quando finalmente la nave fu fatta ruotare, la Spartan era
ormai molto lontana. Aveva visto l'orripilante precisione del cannone
prodiero, aveva visto la lunga fila di cannoni senza più la maschera e
l'improvviso brulicare di uomini a bordo; non intendeva attendere altre
prove e stava già dando fuori le aste dei coltellacci sopravvento. «Fuoco
alto», ordinò Jack, gocciolando sul cassero (aveva ripescato lo sciagurato
Davies, nonché il piccolo Howard, per la terza o forse quarta volta dalla
loro lunga conoscenza), «fuoco alto e lasciate dissipare il fumo tra una
cannonata e l'altra. » No. La bordata punteggiò il mare sulla scia della
Spartan, tiri corti e mal concentrati. « Ritirate i cannoni », disse e gli
uomini ubbidirono, guardandolo inquieti. Ma non era il momento per
recriminare, con la Spartan che stava già facendo più di cinque nodi, una
gomena di lunghezza più lontana ogni minuto che passava, e con il vento,
quello vero, costante, questa volta, che si propagava a sud raggiungendo la
Surprise. Ne studiò attentamente la direzione, senza accorgersi del panno,
della camicia e della,giacca che gli porgeva Killick, muto una volta tanto, e
disse: « Uomini alle scotte di trinchetto ». 90 La sua mente era totalmente
presa dal problema di recuperare le miglia perdute, perché non soltanto la
Spartan si era allontanata rapidamente con quella partenza veloce, ma tutto
il precedente vantaggio della Surprise si era trasformato in un ostacolo. Le
prime folate alte raggiunsero i controvelacci e le vele di straglio più alte: la
nave ruotò, acquistò abbrivo e, mentre il sole sprofondava nel mare
rendendo rossa come il sangue la scia incipiente, si mise alla via. Fino a
quel momento aveva navigato sui bordi, con uno spiegamento di vele
quadre bracciate di punta e con le vele di straglio che quasi raggiungevano
il cielo; doveva ora avere il vento al giardinetto o quasi: Jack fece quindi
spiegare tutti i coltellacci, persino quello della brigantina, e naturalmente
al di sotto dei coltellacci mise tutti gli scopaWare, con uno sbirro portò la
mura di trinchetto al capone, lasco la mura del trevo di maestra e
sopravvento ne tese la caduta. Tutti gli uomini, dal miserando Davies
all'irreprensibile Bon-den, pareva soffrissero di un senso di colpa collettivo
e gli ordini del loro comandante, freddi, impersonali, obiettivi, senza
un'imprecazione o una parola affrettata, destinati unicamente a spremere
anche l'ultima oncia di spinta dal vento, li intimidivano terribilmente. Si
affrettavano di qua e di là in un silenzio di tomba, le facce ansiose, e
quando il comandante ordinò che fossero portate le pompe antincendio
sulle coffe in modo che le vele, bagnate, portassero meglio, pomparono
con tale forza che il getto superò i controvelacci, per i quali in genere
erano necessari secchi issati con una ghia. Nel crepuscolo che andava
addensandosi, Jack concentrò tutte le sue facoltà sulla precisione
dell'assetto delle vele e dei bracci e ben presto la nave cominciò a cantare:
il tagliamare fendette l'acqua, sollevando una decisa onda prodiera, e
innumerevoli bollicine percorsero le murate in un sibilo continuo mentre il
vento leggermente rinfrescato mormorava e cantava tra le sartie. La luna
sorse dritta a prua e sulla sua scia lucente Jack vide la Spartan, in un
magnifico spiegamento di vele allargate,
107 ha sofferto il mal di mare dall'inizio alla fine della traversata ed è
diventata magrissima e di un brutto colorito giallo. «Stephen è partito per
Londra questa mattina, regalandosi una vettura a nolo in modo da poter
lasciare il reverendo Martin da qualche parte lungo la strada. Vorrei poterti
dare migliori nuove di lui. Sembra preoccupato e infelice. All'inizio
pensavo che potesse trattarsi di preoccupazioni per il denaro, ma non è
affatto così: il nostro agente è stato industrioso come un'ape e ha subito
fatto giudicare e pagare le nostre prede. Inoltre, quando Stephen mi ha
informato della morte del suo padrino, ha detto di aver ereditato da lui; non
credo si tratti di granché, ma a Stephen è sempre bastato pochissimo.
Credo che sia afflitto per la morte del vecchio gentiluomo, ma più di tutto
è terribilmente in ansia per Diana, io temo. Non l'ho mai visto così
inquieto. » Jack pensò di raccontare a Sophia le chiacchiere che erano
corse nel Mediterraneo sull'infedeltà di Stephen, ma dopo un momento
scosse la testa e continuò: « Ti mando Killick, Bon-den e forse Plaice con
la maggior parte del mio bagaglio ad Ash-grove, con la vettura di posta che
parte domani: io dovrò fermarmi qui ancora un po', per essere sicuro di
lasciare la nave nel modo migliore (esiste una speranza che non sia
demolita, ma disarmata e messa a disposizione) e per vedere alcuni
personaggi inquisituri dell'Ammiragliato e del Consiglio della marina; ciò
nondimeno potrei arrivare a Londra contemporaneamente a Stephen o
anche prima, se tiene questa dolce brezza da ovest. Harry Tennant ha la
Despatch e mi ha promesso un passaggio. Per il momento la sua nave è
addetta al trasporto dei prigionieri (ricordi quella che ci ha riportato dalla
nostra cattività in Francia?) ed è molto veloce al gran lasco, anche se di
bolina è una lumaca. Una scappata a Calais e poi a Dover dove
acchiapperò la vettura di posta per Londra. Dovrò vedere gli avvocati
prima di tutto, per sapere qualcosa sullo stato dei miei affari: farei davvero
una bella figura se corressi ad Ashgrove e fossi arrestato subito per debiti,
nel caso che una delle mie faccende fosse finita male. E per la stessa
ragione, dato che l'arrivo della nave in porto sarà stato riportato sui
giornali, scenderò al Grapes e non verrò a casa che domenica; ma se
desideri che io porti qualcosa da Londra, ti prego di scrivermi al club: sono
più abituati a ricevere lettere e non c'è il rischio che le rimpiattino sotto i
coperchi ». Il Bunch of Grapes era una piccola locanda vecchiotta e 108
confortevole situata nel distretto libero del Savoy* e per questa ragione i
suoi clienti erano al sicuro dalle grinfie dei creditori durante tutta la
settimana, come lo erano in tutto il regno nel giorno di domenica. Jack vi
aveva trascorso un tempo considerevole da quando era diventato
abbastanza ricco da costituire una preda degna per gli squali della
terraferma e Stephen vi teneva una camera tutto l'anno, come sua base, e
questo anche dopo il matrimonio, essendo lui e Diana una coppia
originale, indipendente. « Ma credo di poter dire che domenica sia una
data sicura, per quanto possa essere sicuro qualcosa che ha a che vedere
con il mare, e non so dirti quanto io l'aspetti con ansia. Dopo un periodo
così lungo avremo tante, tantissime cose da dirci. » Si alzò e andò alla
finestra: offriva una bella vista su Telegraph Hill, dove le pale del telegrafo
in continuo movimento facevano viaggiare le notizie a Londra e ritorno a
una velocità straordinaria. Probabilmente l'Ammiragliato aveva saputo
dell'arrivo della Surprise il giorno stesso in cui la nave aveva issato il
nominativo, ancora al largo, e forse a quell'ora avevano già deciso sulla
sua sorte. In quanto a lui sperava che venisse messa a disposizione e non
venduta: finché rimaneva intera c'era speranza. « Sarebbe perfetta per il
trasporto dei prigionieri, per esempio », disse a se stesso il martedì
successivo, seduto da solo nella cabina di poppa mentre la Despatch
risaliva veloce la Manica con il vento da ovest sud-ovest. «Molto, molto
meglio di questa tinozza dondolante. Ha tutto per essere raccomandata,
bellezza, velocità, eleganza; a dieci miglia di distanza non c'è verso di
confonderla con un'altra. Un tale spreco sarebbe... un vero peccato. Ma,
andando avanti così, a battere la testa contro il muro, perderò il senno,
diventerò un pazzo malinconico. » Continuò a pensare alla Surprise
tuttavia, e la parte più obiettiva della sua mente gli diceva che, se la
velocità poteva avere i suoi pregi, il fatto di essere immediatamente
riconoscibile non era una virtù in una nave che faceva la spola tra la
Francia e l'Inghilterra. Poiché Napoleone aveva deciso che non ci
sarebbero stati scambi di prigionieri, quelle navi non erano in realtà
propriamente addette al loro trasporto nel senso tradizionale; né avevano
ragioni evidenti per esistere. Eppure continuavano ad * Quartiere di
Londra in cui i debitori non potevano essere arrestati. (N.d.T.) 109 andare
avanti e indietro, trasportando talvolta inviati da una parte all'altra con
proposte e controproposte, talvolta eminenti naturalisti come Sir Humphry
Davis o il dottor Maturin, invitati a parlare davanti all'una o all'altra delle
accademie di Parigi o allo stesso Institut, talvolta oggetti relativi alla
scienza o alla storia naturale, catturati dalla marina britannica e restituiti
tramite la Royal Society alla quale l'Ammiragliato li aveva sottoposti, e
altre volte ancora, sebbene assai più raramente, esemplari naturalistici che
viaggiavano nell'altro senso; ma sempre portando i giornali dei due Paesi e
bambole vestite con eleganza, per mostrare a Londra quali fossero le
ultime mode di Parigi. La discrezione era la loro virtù principale e in
qualche occasione i passeggeri restavano chiusi nelle rispettive cabine
durante la traversata, per essere sbarcati separatamente di notte. Quella
volta la Despatch, accolta da una barca pilota nella rada di Calais, rimase
ormeggiata a un molo deserto fino alle quattro del mattino, quando Jack,
sonnecchiando su una branda appesa nella cabina da pranzo di Tennant,
udì tre gruppetti di persone salire a bordo a mezz'ora d'intervallo l'uno
dall'altro. Le abitudini di una nave addetta al trasporto dei prigionieri gli
erano abbastanza familiari, perché con Stephen aveva viaggiato su una di
queste in una delle rare occasioni in cui la regola imposta da Napoleone
era stata violata: erano prigionieri in Francia e Talleyrand aveva
organizzato la loro fuga in modo che Stephen, che sapeva essere un agente
del Servizio d'informazioni, potesse portare le sue proposte segrete contro
Bonaparte al governo inglese e alla corte francese in esilio a Hartwell.*
Non fu quindi per nulla sorpreso quando Tennant gli chiese di restare
sottocoperta mentre gli altri passeggeri sbarcavano in una parte meno
frequentata del porto di Dover, lontana dal traffico e lontana anche dagli
uffici della dogana per i quali Jack avrebbe dovuto passare. Non aveva
importanza per quanto riguardava la dogana, non essendoci niente di
tassabile nel suo bagaglio, ma ciò avrebbe voluto dire che la gente prima di
lui avrebbe occupato tutti i posti sulla diligenza per Londra e forse anche
su tutte le carrozze a nolo: nello stato di decadenza attuale della città se ne
trovavano molto poche. « Venite a cena con me allo Ship », propose Jack,
quando la * Cfr. Patrick O'Brian, Missione sul Baltico, Longanesi, Milano,
1999. (NAT.) 110 Despatch si fu ormeggiata al molo della dogana ed ebbe
sistemato lo scalandrone. « Prodgers ha una table d'hote maledettamente
buona. » « Grazie, Jack, ma devo approfittare della marea e far vela per
Harwich », rispose Tennant. Jack non ne fu del tutto dispiaciuto. Harry
Tennant era una bravissima persona, ma avrebbe insistito e insistito sul
misero fato della Surprise... condannata a diventare legna da ardere...
nessuna speranza di recupero in un caso come quello... oh, che destino
crudele... disperdere un equipaggio così affiatato... gli ufficiali di Jack
probabilmente a terra per sempre... nessuna possibilità di ottenere un'altra
nave... Coleman, lo zio di Tennant, era stato sul punto d'impiccarsi quando
la sua Phoebe era finita al cantiere di demolizione... certamente aveva
affrettato la sua morte. «Volete che vi porti la borsa, signore? » pigolò una
vocetta al suo fianco e, abbassando lo sguardo, Jack vide con sorpresa non
il solito monello scalzo, impertinente e furbo, ma una bambina in un
grembiulino, agitata e rossa in faccia sotto lo strato di sudiciume. «Va
bene», acconsentì. «Allo Ship. Tu prendi un manico e io prendo l'altro.
Serra forte, ora. » La bambina strinse con forza il manico con tutte e due le
mani e Jack allungò il braccio, piegò le ginocchia e in quel modo scomodo
si avviarono per le vie della città. Si chiamava Margaret, disse; in genere
era suo fratello Abel a portare le borse dei gentiluomini, ma il venerdì
precedente un cavallo gli aveva pestato un piede; gli altri ragazzi grandi
erano gentilissimi e le lasciavano prendere il suo posto finché non fosse
guarito. Arrivati alla locanda, le diede uno sceñino e la delusione si dipinse
sul volto della bambina. « È uno scellino », le spiegò Jack. « Non hai mai
visto uno scellino? » Margaret scosse la testa. «Vale dodici penny», spiegò,
dando un'occhiata agli spiccioli. « Tu sai che cos'è un pezzo da sei, vero? »
«Oh, certo, lo sanno tutti che cos'è», rispose Margaret, con un certo
disprezzo. « Be', qui ce ne sono due. Perché due volte sei fa dodici,
capisci? » La bambina restituì lo scellino sconosciuto, ricevette con aria
solenne i familiari sei pence l'uno dopo l'altro e di colpo il volto le
s'illuminò come sole che spuntasse tra le nuvole. Jack entrò nena saletta da
pranzo: i tavoli erano già apparecIll chiati, essendo il locale abituato agli
orari tradizionali della marina, ma un cameriere disse: « Occorre aspettare
mezz'ora, signore. Gradite qualcosa da bere di là, signore? » «Be'», rispose
Jack, «gradirei una pinta di sherry, ma portatemelo qui, accanto al fuoco, e
poi non perderò nemmeno un minuto, quando sarà pronto in tavola. Sono
così affamato che divorerei un bue intero. Ma, prima di tutto, potete
trovarmi un posto sulla diligenza per Londra, dentro o fuori? » « Oh, no,
signore. Tutti i posti sono stati presi un'ora fa. » « E una carrozza a nolo? »
« Be', signore, con gli affari che vanno così male, non ce ne sono più. Ma
Jacob, qui », disse, accennando all'unico cameriere barbuto che Jack
avesse mai visto in un Paese cristiano, «farà un salto all'Union o al Royal
per vedere se hanno qualcosa. Lo ha già fatto per un altro cliente. » «Aye,
vi ringrazio, avrà mezza corona per il suo disturbo», disse Jack. «A
ripensarci», disse a se stesso, bevendo un primo, contemplativo, bicchiere
di sherry, «non è affatto un cameriere. Senza dubbio è un garzone di
scuderia che aiuta ogni tanto a servire in tavola. E quindi ha diritto ad
avere la barba. » I piatti comparvero finalmente, seguiti all'istante da una
truppa di gentiluomini affamati; il primo di questi, un uomo asciutto,
dall'aria intelligente in un abito nero di buon taglio con i bottoni dorati,
prese una sedia accanto a Jack e subito gli domandò di passargli il pane;
cominciò a mangiare con tutta l'ingordigia permessa dalle buone maniere,
ma non parlò più: un gentiluomo riservato, forse un avvocato dell'alta corte
con una buona clientela o qualcosa del genere. Dall'altra parte della tavola
sedeva un mercante di mezz'età con il cappello dalla tesa larga piantato
saldamente in testa, il quale continuò a scrutare Jack, prima attraverso le
lenti e poi senza, finché non ebbe finito il brodo di carne e lo sformato di
verdure con il quale era cominciato il pasto, e alla fine disse: « Amico, hai
tu un conforto in cuoio? » « Mi dispiace, signore, ma non so nemmeno che
cosa sia un conforto in cuoio», rispose Jack. «Be', io avevo pensato che tu
fossi un Amico, dal tuo abito privo di orgoglio peccaminoso. » In effetti,
Jack era vestito con molta semplicità, dato che i suoi abiti civili avevano
sofferto crudelmente sotto il sole dei due tropici e ancor più tra un tropico
e l'altro; ma non supponeva di essere così poco peccaminoso da essere
notato. «Un conforto in cuoio», riprese il mercante, «è 112 quella cosa che
l'uomo profano chiama un marchingegno tirato da un cavallo: una
carrozza. » «Ebbene, signore», disse Jack, «non ho ancora un conforto, ma
spero di averne uno presto. » La speranza era stata appena espressa che
venne immediatamente cancellata. Il servo barbuto, infilando un piatto di
pastinaca tra Jack e il suo vicino vestito di nero, disse a quest'ultimo: « IL
calesse del Royal vi aspetta dopo pranzo, signore, nel nostro cortile,
proprio qui dietro ». E a Jack: « Mi dispiace, signore, ma quella era
l'ultima vettura, non ce ne sono più in tutta la città ». Mentre stava ancora
parlando, il vicino del quacchero, un individuo volgare, dall'aria di
venditore all'incanto, esclamò: «Tutte idiozie, Jacob. Ho chiesto io per
primo il calesse del Royal. Il calesse è mio ». « Non credo », affermò
freddamente il vicino di Jack. « Ho già dato un anticipo per il noleggio. »
«Sciocchezze! » ribadì il tipo volgare. «È mio, vi dico. E aggiungo», disse
rivolto al quacchero, «che vi darò un passaggio, vecchio Scarpaquadra. »
Si alzò di scatto e si affrettò alla porta, chiamando: «Jacob! Jacob! » La
scena attirò l'attenzione degli avventori, ma via via che l'appetito si
placava lungo la tavola, con l'oste che tagliava e faceva servire altro
manzo, altro montone, altro maiale arrosto con i ciccioli, ritornò la calma e
con essa la capacità di ragionare in modo più sensato, più lucido. Poche
persone godevano delle battute di spirito come Jack Aubrey, sia delle
proprie, sia di quelle degli altri, e stava rigirando nella mente pastinaca,
burro e altre parole appropriate nella speranza che ne uscisse qualcosa di
davvero brillante, quando il suo vicino gli rivolse nuovamente la parola: «
Sono desolato che siate rimasto senza mezzo di trasporto, signore; ma se
voleste condividere il mio, sareste il benvenuto. Io vado a Londra. Posso
disturbarvi per il burro? » «Siete davvero gentile, signore», rispose Jack,
«ve ne sarei obbligatissimo... Desidero particolarmente essere a Londra
oggi stesso. Permettetemi di versarvi un bicchiere di vino. » Si misero a
conversare con grande affabilità: una conversazione di non grande
importanza, gli argomenti essendo soprattutto il tempo, la forte probabilità
di pioggia nel pomeriggio, l'appetito risvegliato dall'aria di mare e la
differenza tra l'autentica sogliola di Dover e le sue imitazioni del mare del
Nord, ma fu piacevole, innocua e cordiale. Riuscì però a far inquietare
l'Amico 113 con gli occhiali, il quale rivolse loro occhiate cariche
d'indignazione e al formaggio li abbandonò, sbattendo la sedia sul
pavimento con intenzione e allontanandosi a grandi passi per raggiungere
il tipo volgare fuori del locale. « Temo che abbiamo fatto arrabbiare il
quacchero », osservò Jack. « Non credo affatto che sia un quacchero »,
disse Abito Nero con calma, dopo una pausa durante la quale altri
commensali si alzarono da tavola. « Conosco molte persone rispettabili,
come i Gurney e gli Harwod, che appartengono agli Amici. Si comportano
come esseri ragionevoli, non come macchiette da teatro di provincia.
Quelle stranezze di abbigliamento e di linguaggio non usano più tra loro,
per quanto ne so; sono state abbandonate da cinquant'anni a questa parte e
forse più. » « Ma perché volersi far passare per quacchero? » domandò
Jack. «Già, perché? Presumibilmente per approfittare della loro
reputazione di onestà e di correttezza. Ma il cuore dell'uomo è
insondabile», rispose Abito Nero con un sorriso, prendendo una cartella di
cuoio appoggiata contro la sua sedia, «e forse quell'uomo sta solo
inseguendo un amore illecito o fuggendo dai creditori. Ora, signore, se
volete scusarmi, andrò a prendere il mio bagaglio. » « Ma non vi fermate
per il caffè? » esclamò Jack, che ne aveva ordinato una caffettiera.
«Ahimè, non oso», rispose Abito Nero. «Non va d'accordo con me. Ma
non abbiate fretta. Il mio essere interno è già piuttosto disturbato e mi
ritirerò per più tempo di quanto non vi occorra per vuotare due o anche tre
caffettiere. Vediamoci al calesse, diciamo tra un quarto d'ora. Sarà in quel
cortile dall'aria abbandonata dietro la cucina, dove lo Ship un tempo teneva
le sue carrozze. » Quattordici minuti dopo, Jack Aubrey usciva nel cortile,
portando il suo bagaglio, ma, ancor prima di girare l'angolo, udì uno strano
schiamazzo, un rumore di lotta e quando fu al cancello vide il quacchero e
l'individuo volgare alle prese con il suo amico, mentre il piccolo
postiglione cercava di aggrapparsi al collo dei suoi animali, sollevandosi
da terra a ogni tentativo e gridando con tutta la misera potenza della sua
vocetta sfiatata e tremante. Il tipo volgare, dopo aver calcato con forza il
cappello sugli occhi ad Abito Nero, lo aveva afferrato alla gola, mentre il
quacchero, 114 tirando goffamente calci dove capitava, tentava di
strappare la cartella di cuoio che Abito Nero teneva stretta con tutte le sue
forze. Forse Jack era lento nel trovare motti di spirito, ma nell'azione era
straordinariamente rapido. Partì a tutta velocità, si lanciò con le sue
duecentoventicinque libbre di peso sulla schiena del tipo volgare, gli fece
sbattere la testa contro l'acciottolato e si rialzò di scatto per occuparsi del
quacchero. Ma questi, con un'agilità sorprendente data l'età e la
corporatura, se la stava già filando in tutta fretta, e Abito Nero, liberatosi
del cappello, afferrò il braccio di Jack e gridò: «Lasciatelo andare,
lasciatelo andare, per favore! Vi prego di lasciarlo andare. E anche questo
ruffiano ubriaco ». Il tipo volgare si stava infatti rimettendo faticosamente
in piedi. «Vi sono infinitamente obbligato, signore, ma evitiamo lo
scandalo, per favore, evitiamo il chiasso. » Dalla cucina dello Ship la gente
stava già uscendo nel cortile e li fissava a bocca aperta. « Niente
gendarmi? » « Oh, no, no: non richiamiamo l'attenzione, ve ne prego »,
insistette Abito Nero con calore. « Per cortesia, saliamo in vettura. Non
siete ferito? Avete il vostro bagaglio. Saliamo subito. » Per un certo tempo,
in verità finché il calesse non ebbe lasciato Dover e non fu in aperta
campagna sulla strada per Londra, Abito Nero non fece che rassettarsi
l'abito, riannodarsi la cravatta e lisciare le carte nella cartella maltrattata.
Era evidentemente molto scosso, sebbene, in risposta all'interessamento di
Jack, assicurasse che si trattava « soltanto di qualche sbucciatura, niente in
confronto a una caduta da cavallo ». Ma poco dopo aver superato
Buckland, mentre i cavalli correvano di buon passo e la vettura avanzava
senza scosse, si rivolse a Jack: « Vi sono infinitamente obbligato, signore,
infinitamente obbligato, non solo per aver salvato me e la mia proprietà
dalle mani di quei mascalzoni, ma anche per aver lasciato cadere la cosa.
Se fossero arrivati i gendarmi, avremmo subito dei ritardi; e, quel che è
peggio, ci sarebbe stato un chiasso fastidiosissimo, uno scandalo. Nella
mia posizione non posso permettermi nemmeno l'ombra di uno scandalo
né di attirare l'attenzione pubblica. » « Sì, certamente, gli scandali sono
cose maledettamente sgradevoli », convenne Jack. « Ma vorrei aver
scaraventato quei due nell'abbeveratoio dei cavalli. » 115 Una pausa di
silenzio, poi Abito Nero disse: «Vi devo una spiegazione». «
Assolutamente no », affermò Jack. L'altro accennò un inchino e continuò:
« Sono appena tornato da una missione confidenziale sul continente e
quegli individui mi stavano aspettando. Il ruffiano con il fazzoletto da
collo a pallini l'avevo notato sulla nave, ricordo di essermi chiesto come
mai fosse lì, e ho rimpianto di aver dovuto lasciare con il mio principale, a
Parigi, il mio valletto, un giovane robusto e coraggioso, figlio del mio
guardacaccia. La scena del calesse era una finta, tanto per dare una certa
credibilità all'aggressione: non erano interessati al calesse e nemmeno ai
pochi soldi che mi porto dietro o al mio orologio. No, signore, erano
interessati alle informazioni, alle notizie che io porto qui », disse,
appoggiando la mano sulla cartella, « notizie che nelle mani di qualcuno
possono valere una fortuna ». « Buone notizie, spero? » domandò Jack,
guardando dal finestrino una giovane prosperosa, le guance arrossate
dall'esercizio fisico, che trotterellava sul bordo della strada seguita da un
garzone di scuderia. «Piuttosto buone, sì, signore, io credo: perlomeno
saranno in molti a pensarlo», disse Abito Nero; poi, forse intuendo di
essere stato indiscreto, tossicchiò e soggiunse: «Ecco la pioggia di cui
abbiamo parlato ». Cambiarono i cavalli a Canterbury e quando Jack tentò
di pagare o quanto meno di dividere la spesa, Abito Nero fu irremovibile:
no, no, assolutamente no, lo pregava di volerlo scusare, ma non poteva
permettere che il suo salvatore mettesse mano alla borsa; in ogni caso, il
costo sarebbe stato lo stesso anche se Jack non fosse stato con lui; e per
mettere fine alla questione con un argomento decisivo, disse che pagava lo
Stato. Quando furono ripartiti, Abito Nero propose, se Jack non aveva
niente in contrario, di fermarsi a cenare a Sittingbourne. «Ho pranzato più
volte in modo eccellente al Rose», disse, «e hanno uno Chambolle-
Musigny del '92 che è uno dei vini migliori che abbia mai bevuto. E poi
saremo serviti dalla figlia dei proprietari, una personcina che è una delizia
da contemplare. Non sono un satiro, ma trovo che le belle creature
aggiungano tanto al piacere della vita. A proposito », soggiunse dopo una
pausa, « in verità è assurdo, ma non credo di essermi presentato: mi
chiamo Ellis Palmer, per servirvi. » 116 « Molto lieto, signore », disse
Jack, stringendogli la mano. « Io mi chiamo John Aubrey. » «Aubrey,
Aubrey...», ripetè Palmer con aria meditabonda. « È un nome al quale ho
pensato molto di recente, in rapporto ai cheloni. Posso chiedervi se siete
per caso imparentato con il celebre signor Aubrey della Testudo aubreii,
quella meraviglia tra le tartarughe? » « Suppongo di sì, in un certo senso »,
rispose Jack, con qualcosa di simile a un sorrisetto di falsa modestia
compatibile con la sua faccia abbronzatissima, segnata dalle cicatrici e
dalle intemperie. « In effetti, è vero, alla creatura è stato dato il mio nome:
non che io abbia avuto niente a che fare con la faccenda. Voglio dire, la sua
scoperta non è stata merito mio. » « Giusto Cielo ! » esclamò Palmer. «
Allora dovete essere il comandante Aubrey, della marina; e dovete
necessariamente conoscere il dottor Maturin. » « È il mio migliore amico
», confermò Jack. « Abbiamo navigato insieme per moltissimi anni, in
questa guerra e in quella passata. Lo conoscete? » « Non ho mai avuto
l'onore di essergli presentato, ma ho studiato tutti i suoi preziosi lavori... i
lavori che non riguardano la medicina, intendo, perché io sono solo un
naturalista, e un semplice dilettante per giunta; io lavoro per il Parlamento,
nella preparazione dei testi. L'ho sentito parlare alla Royal Society dove mi
aveva accompagnato uno dei membri, ed ero presente alla sua conferenza
all'Instimi, a Parigi. » «Davvero? » disse Jack. Da quello e da qualche altro
accenno che aveva lasciato cadere, gli era ormai chiaro che Palmer doveva
essere uno di quegli emissari che andavano avanti e indietro, le persone
grazie alle quali in realtà continuavano a esistere le navi addette al
trasporto dei prigionieri. « Proprio così. L'argomento del suo intervento era
il solitario di Rodriguez, come saprete benissimo, naturalmente: non ero
riuscito a sentire tutto ciò che diceva, la sala era piuttosto grande, ma in
seguito ho potuto leggere gli atti con grandissimo profitto e godimento.
Una tale vastità di ricerca, una tale erudizione, paragoni così illuminanti,
tratti di spirito così geniali! Deve essere un privilegio conoscerlo. »
Parlarono di Stephen finché non furono arrivati a Sitting-bourne e
parlarono di lui durante la mirabile cena. « Vorrei che 117 fosse qui con
noi », disse Jack, fissando la fiamma della candela attraverso il suo
borgogna. « Gusta il vino buono anche più di me; e questa è in verità una
nobile annata. » « E così possiede anche questa virtù in aggiunta alle altre:
sono felice di saperlo. Da come ne parlate, sembra il migliore e il più
fortunato degli uomini. Mia cara », disse poi, rivolgendosi alla figlia dei
proprietari, un vero bocciolo di rosa, « gradiremmo avere un'altra bottiglia,
io credo. » Jack avrebbe potuto replicare che Stephen mancava del senso
della disciplina e della puntualità, e che era anche capace di dare qualche
rispostaccia, ma non lo fece, e disse: « E come avete osservato poc'anzi, sa
essere molto spiritoso. Gli ho sentito dire una battuta divertentissima,
improvvisata così, tambur battente, senza sgombrare i ponti, per così dire.
Vorrei ripeterla perbene questa volta, ma ogni tanto mi sbaglio, perché è
maledettamente sottile, capite; e non fa mai ridere quando si deve ripetere
e spiegare. Prima di tutto devo osservare che in marina noi abbiano un
turno di guardia che si chiama diana. Dunque, eravamo al blocco di Tolone
e avevamo a bordo un civile che non conosceva le nostre usanze. Un
giorno, a pranzo, domanda il perché di quel nome. Noi siamo rimasti tutti
piuttosto interdetti finché Maturin non salta su e dice: 'Ma come, non
capite? Dove, se non su una nave della marina britannica potrebbe trovare
rifugio la dea delle vergini?'» Palmer colse la battuta e, pur non essendo di
regola un tipo ridanciano, scoppiò in una tale risata acuta che la ragazza
graziosa accorse stupefatta, con il cavatappi in mano. Indugiarono a lungo
sulla frutta secca e, una volta o due, Palmer cominciò a parlare in tono
insolitamente grave, ma poi cambiò idea. Solo quando furono di nuovo in
viaggio, con le lanterne della carrozza che foravano il buio davanti a loro e
con la pioggia che tamburellava sul tettuccio, creando un'atmosfera
piacevole d'intimità, si decise ad aprire il suo animo. « Mi stavo
chiedendo, comandante Aubrey, mi stavo chiedendo in che modo io possa
esprimervi la mia gratitudine. » Jack protestò come si conveniva, ma
Palmer continuò: « E, se da un lato un presente in denaro a un gentiluomo
nella vostra posizione è chiaramente impensabile, anche se si trattasse di
una grossa somma, mi è venuto d'altro canto il pensiero che
un'informazione in grado di procurarvi quella stessa somma, o in verità di
più, potrebbe risultare accettabile». 118 « Un pensiero gentile », osservò
Jack, sorridendo nell'oscurità. « L'intenzione lo è certamente », disse
Palmer, « ma devo confessare che, per cominciare, presuppone il possesso
di una certa quantità di denaro o di amici che lo possano prestare o di un
credito con un agente o un banchiere, il che poi è la stessa cosa; perché a
chi ha sarà dato, e solo a chi ha. » «Non posso certo dire di avere molto,
ma per il momento non mi definirei nemmeno povero », disse Jack. Stava
ripassando mentalmete le varie corse di cavalli, per trovare la specie di
purosangue che Palmer stava per raccomandargli, e fu colto
completamente di sorpresa quando udì le seguenti parole, pronunciate con
grandissima serietà: « Come immagino sappiate, da un po' di tempo sono
in corso i negoziati per porre termine alla guerra: per questa ragione, il mio
principale e io ci siamo recati a Parigi. I negoziati hanno avuto successo.
Tra pochi giorni sarà firmata la pace». « Signore Iddio Onnipotente! »
esclamò Jack. «Proprio così», riprese Palmer, «e naturalmente sarebbe
d'uopo fare un'infinità di riflessioni. Ma ciò che serve al mio scopo
immediato è che, non appena la notizia sarà resa pubblica, i titoli di Stato e
una grande varietà di azioni saliranno enormemente, in alcuni casi del
cento per cento. » « Signore Iddio Onnipotente! » proruppe di nuovo Jack.
« Chi comprasse ora realizzerebbe un enorme guadagno prima del
prossimo giorno di liquidazione», affermò deciso Palmer. «Potrebbe
ottenere prestiti, o negoziare il suo credito, o vendere a termine con
assoluta sicurezza. » «Ma non è scorretto comprare in simili circostanze?»
domandò Jack. «Oh, povero me, no!» rispose Palmer, ridendo. «Così si
creano le fortune nella City. Non è scorretto, né legalmente né moralmente.
Se sapeste per certo che un dato cavallo vincerà una corsa, si potrebbe dire
che sia scorretto scommetterci su, perché sarebbe prendere denaro agli
altri. Ma quando i titoli salgono e si approfitta dell'aumento, non si porta
via niente a nessuno: è la ricchezza del Paese o della compagnia che
aumenta e, approfittando di questo aumento, non si danneggia nessuno.
Naturalmente non può essere fatto su larga scala, per non turbare il
mercato del denaro. Avete familiarità con il mercato del denaro, signore? »
« No », rispose Jack semplicemente. 119 « Io l'ho studiato da vicino per
molti anni e vi assicuro che in certe occasioni è nervoso, irrazionale,
capriccioso come una femmina sciocca, soggetta ai vapori. Spesso rimane
sconvolto per molto tempo, il che ha un pessimo effetto sul credito della
nazione. In casi di questo genere, perciò, il governo circoscrive le
informazioni a un numero ristretto di persone, tutte persone sulle quali si
può contare, perché agiscono con discrezione, senza esagerazioni. » « A
quanto ammonterebbe un'esagerazione? » « Qualsiasi cifra che ecceda di
molto le cinquantamila sterline in buoni del Tesoro probabilmente farebbe
arricciare il naso. Naturalmente un investimento in azioni commerciali
sarebbe meno concentrato e quindi non turberebbe tanto il mercato, ma
anche in questo caso non credo che operazioni molto più grosse sarebbero
ben viste. » «Non corro certamente il rischio di essere accusato
d'indiscrezione», ribattè Jack, ridendo; e poi, con grande calore: «Vi sono
obbligatissimo, signore. Si da il caso che io abbia a disposizione una certa
quantità di denaro e, come accade alla maggior parte degli uomini,
nemmeno a me dispiacerebbe di vederla aumentare. Posso parlarne con il
dottor Maturin? » «Be', in quanto a questo, temo purtroppo che non
sarebbe appropriato, trattandosi di un'informazione riservatissima »,
replicò Palmer. « Per la stessa ragione, se decideste di comprare, non
dovreste farlo tramite una sola persona, ma parecchie; il vostro agente,
diciamo, e il vostro banchiere e un paio di agenti di Borsa. Il mercato è
molto sensibile agli acquisti improvvisi in un periodo di generale
stagnazione, soprattutto se l'acquisto è fatto da un solo individuo. D'altro
lato, potreste insistere con il dottor Maturin, e forse con uno o due amici
intimi, perché comprino sia pure con moderazione: potreste insistere
molto, ma senza citare nessuna fonte autorevole, né, ovviamente, rivelare
la mia confidenza. Il dottor Maturin s'intende di mercato azionario? » « Ne
dubito assai. » « Eppure una mente così filosófica potrebbe ben
contemplare la City e osservare il conflitto tra avidità e paura nell'animo
dei suoi abitanti, simboleggiato dalle quotazioni della Borsa; ma, in ogni
caso, forse potrebbe gradire un elenco dei titoli che hanno maggiori
probabilità di salire o di salire di più. Sarei ben lieto di mostrargli un segno
della mia stima, sebbene solo a que120 sta distanza. Potreste trovarla utile
voi stesso: è frutto di un lungo studio, » * L'elenco era ancora nella tasca di
Jack il giorno seguente, quando fece il suo ingresso nel club, ma a quel
punto era già sottolineato, crocettato, cancellato e pieno di annotazioni. «
Buon pomeriggio, Tom », disse al portiere. « Ci sono lettere per me? »
«Buon pomeriggio, signore», rispose Tom, guardando nelle caselle. « No,
signore, mi dispiace, nemmeno una. » « Bene, bene, suppongo che sia
troppo presto », ipotizzò Jack. «Avete visto il dottor Maturin? » « IL dottor
Maturin? Oh, no, signore: non sapevo neppure che fosse in Inghilterra. »
Jack salì le scale. Era di buon umore, ma stanchissimo: leggero nell'animo,
appesantito nel fisico. La notte, trascorsa in gran parte a conversare
animatamente nella vettura, non lo aveva riposato; camminare sul selciato
duro, resistente, delle strade dopo tanto tempo in mare lo aveva estenuato e
ancor più lo avevano sfinito le emozioni del giorno e della notte appena
trascorsi. La prima visita era stata dai suoi avvocati. Là aveva appreso che
nessuna delle sue cause era stata decisa in un modo o nell'altro, che tutto
era pressappoco nelle stesse condizioni in cui lo aveva lasciato, a parte il
fatto che sulla prima era stato ottenuto il parere di due eminenti consulenti
legali, nessuno dei due del tutto sfavorevole, e che forse la causa sarebbe
stata discussa all'inizio del trimestre successivo. Ciò significava che
avrebbe potuto perlomeno circolare senza essere arrestato e rinchiuso in
una prigione per debiti, e quindi si era recato subito dal suo agente, presso
il quale aveva passato una mattinata molto impegnativa, più redditizia di
quanto si fosse aspettato per ciò che riguardava le prede catturate
nell'Adriatico, ormai tanto tempo prima che a malapena ne ricordava i
nomi; e poi alla sua banca, dove aveva ricevuto un complimento
singolarmente lusinghiero. Si era intrattenuto per un certo tempo con uno
dei soci più giovani e, mentre scendevano insieme le s,cale, aveva
osservato che avrebbe dovuto passare anche dal cassiere: non aveva molto
con sé. Il signor Hoare era andato dietro il banco e aveva detto: « È il
comandante Aubrey della marina: credo che a lui potremo dare oro ». Da
121 parecchi anni, tutti dovevano accontentarsi di carta moneta, ma Jack
era uscito dalla banca con venticinque ghinee, un peso confortevole nella
tasca, una sensazione di ricchezza vera, solida. Poi, dopo aver mangiato in
una taverna specializzata in carne alla griglia, si era recato da due diversi
agenti di Borsa, il suo e quello di suo padre: non appena visto il secondo,
si era subito pentito di aver fatto la sua conoscenza. Il signor Shape aveva
tutta l'eccessiva cordialità, tutta la finta sicurezza di un uomo della City di
terz'ordine; non era un agente di cambio regolare, non era un membro della
Borsa, ma un negoziatore esterno, e perfino a un uomo come Jack, così
poco abituato a trattare di affari, il suo ufficio aveva dato immediatamente
un'impressione indefinibile d'illegalità. Il signor Shape era stato gentile
tuttavia e aveva detto a Jack che il generale Aubrey era in città, lo aveva
visto appunto pochi giorni prima, e il vecchio gentiluomo era « arzillo
come al solito ». Shape avrebbe ben voluto sapere perché il comandante
Aubrey volesse comprare proprio quei determinati titoli e lanciò numerose
allusioni, ma Jack, quando si trovava davanti a esseri meschini di quella
specie, sapeva assumere un'aria abbastanza feroce e la sfrontatezza di
Shape non era arrivata al punto di rivolgergli domande dirette. Dopo
quell'interludio piuttosto sgradevole, Jack aveva preso una carrozza per
tornare a Whitehall. Aveva fatto un saluto all'Ammiragliato, fonte di gioia
intensa e di profonde inquietudini, e aveva attraversato a piedi il parco di
St. James fino al club. Amava Londra e quella passeggiata gli era piaciuta,
ma ora si sentiva sfinito. Chiese champagne e si sprofondò con la coppa in
mano in una poltrona accanto a una finestra che dava sulla strada. Dentro
di lui ricominciò a scorrere la vita, lambendogli dolcemente i talloni
sbucciati e le vesciche sui piedi; e l'allegria, perfino l'euforia della mattina,
crebbe ancora nel suo animo mentre rifletteva su quante cose avesse
concluso quel giorno. Non appena si fosse riposato un po', si sarebbe
alzato di lì e sarebbe andato al Grapes dove forse avrebbe trovato una
lettera di Sophia e dove forse avrebbe incontrato Stephen. Perlomeno
avrebbe avuto sue notizie. Sorrise; ma il sorriso gli si cancellò dalla faccia
nel vedere Edward Parker, suo vecchio compagno di navigazione, che si
stava avvicinando. Non aveva assolutamente niente contro Parker, ma non
voleva sentirsi commiserare per la sorte della Surprise. Esisteva però un
modo per affrontare la situazione: Parker 122 era un bravo marinaio,
coraggioso e di successo; apparteneva a una famiglia di lunghe tradizioni
navali ed era sicuro di ottenere sempre un comando e di poter issare un
giorno la sua insegna; inoltre era snello, di bell'aspetto e molto corteggiato
dalle donne; ma si vantava di due qualità che non possedeva: l'abilità a
cavallo e la capacità di reggere il bere tanto da far finire chiunque altro
sotto la tavola. «Oh, Aubrey! » esclamò Parker, «come mi dispiace per la
Surprisel » « Non importa », tagliò corto Jack. « Oggi è la festa di san Fia-
scone, il patrono degli ubriachi. Niente musi lunghi per san Fia-scone.
William, una coppa dello stesso per il comandante Parker. » IL club
possedeva grandi coppe d'argento particolarmente eleganti e quella
sembrava ancora più bella del solito, la superficie velata dal ghiaccio e
servita su un vassoio scintillante. « A san Fiascone », brindò Jack, « e alla
sua memoria immortale: tutto d'un fiato, non bisogna lasciarne nemmeno
una goccia. » Parker si comportò virilmente, ma pesava centoventicinque
libbre contro le duecentoventicinque di Jack e non aveva girovagato per
Londra tutto il giorno. Sebbene proponesse egli stesso di fare un bis, non
resse alla prova: dopo essere rimasto seduto per qualche minuto con un
sorriso vacuo e innaturale sul viso pallido, si scusò in modo a malapena
coerente e si affrettò a lasciare la sala. Jack tornò a sprofondarsi nella
poltrona e contemplò il flusso serale dei passanti in St. James's Street.
L'udienza al palazzo reale era stata particolarmente lunga e la strada era
affollata da una quantità di ufficiali splendenti più dell'ordinario, in oro e
scarlatto, scintillanti d'argento e di metallo e piumati come Agamen-none;
si affrettavano preoccupati verso Piccadilly per tema della pioggia
imminente. I più previdenti avevano con sé i valletti con l'ombrello e
qualcuno, stringendo la spada, si precipitava con gli speroni tintinnanti
nell'uno o nell'altro dei club, numerosi nella via. Quasi di fronte alla
finestra di Jack si trovava il Button, il club del generale Aubrey. Anche
Jack era iscritto al Button, ma non vi si recava quasi mai, trovando
sgradevole l'ambiente, formato da uomini eccessivamente ricchi - aveva
più duchi di qual-siasi altro club - e da un buon numero d'individui poco
perbene, benché di ottime famiglie. Quando gli ufficiali ebbero trovato
rifugio, i civili ripresero possesso della strada e Jack osservò con
dispiacere che i begli 123 abiti colorati della sua gioventù stavano per
essere soppiantati del tutto dal nero che, pur essendo abbastanza elegante
in casi particolari, dava al marciapiede di fronte un'aria funebre. Sì, ogni
tanto si vedeva il verde bottiglia, il bordeaux, l'azzurro vivo, ma la strada
non era più il giardino fiorito di un tempo. E i calzoni erano quasi
universali tra i giovani. Vide passare un buon numero di conoscenti.
Blenkinsop, del ministero degli Esteri, con la sua consueta aria di
superiorità. Waddon, un vicino dello Hampshire e creatura eccellente, ma
niente affatto contento in quel momento in groppa a un cavallo acquistato
da poco che avanzava di sghimbescio verso la torre dell'orologio,
schiumando e scoreggiando; e non appena suonò la mezz'ora, l'animale, un
castrone sauro, emise una specie di urlo e s'infilò a tutta velocità nel vicolo
accanto al Lock. Jack vide Waddon riemergere, con aria cupa,
apparentemente dopo aver abbandonato il cavallo. Vide entrare, da Button,
Wray dell'Ammiragliato e un altro signore di cui non riuscì a ricordare il
nome, entrambi vestiti di nero; altri abiti neri li seguirono; poi fu la volta
del vecchio e familiare azzurro vivo e, senza grande sorpresa, Jack
riconobbe suo padre. Un tempo non doveva essere stato impossibile amare
il generale Aubrey, dal momento che aveva sposato una donna
amabilissima, la madre di Jack; ma da vent'anni a quella parte e anche più,
perfino i suoi cani non provavano affetto per lui. La sua mente era tutta
presa dall'idea di fare quattrini con un espediente o con l'altro; una volta
aveva fatto abbattere tutti gli alberi sulle sue terre, sebbene non fossero
pronti che a metà per il taglio, giocando così un brutto tiro a Jack pur senza
un grande profitto per se stesso; e da qualche tempo si era messo a
frequentare strani individui che vivevano ai margini del mondo delle
banche, delle assicurazioni e delle vendite immobiliari. Aveva anche
compromesso la possibilità di Jack di ereditare una proprietà impoverita
ma restaurabile, sposando una giovane lattaia con un accordo matrimoniale
economicamente disastroso e mettendo al mondo un altro figlio. Jack
aveva però un forte sentimento di pietà familiare e aveva pronto in tasca
un biglietto per suo padre in cui gli raccomandava di mettere ogni
spicciolo che aveva nei titoli che figuravano sull'elenco di Palmer: non
poteva dare spiegazioni su quella raccomandazione che doveva restare
segreta. Aveva avuto intenzione di fargli avere il biglietto, niente più: ma
ora, vedendo l'alta fi124 gura ossuta che si afferrava alla ringhiera per
aiutarsi a salire i gradini, disse: «È mio padre, dopotutto, accidentaccio.
Andrò a chiedergli come sta ». Se lo farai, obiettò la sua intelligenza leg-
germente appannata, dovrai affrontare molte domande. « Niente affatto »,
ribattè, « dovrò soltanto dire che sono vincolato al segreto, che ho dato la
mia parola, e capirà perfettamente », e, finito di vuotare la coppa di vino,
attraversò la strada. «Ma benone, Jack! Come stai?» esclamò il generale,
riconoscendolo. « Sei stato via? » « Sì, signore. Nel Pacifico. » «E ora sei
tornato. Magnifico, magnifico! » IL generale sembrava molto contento.
«Immagino che Sophia sia stata felice di rivederti», soggiunse,
compiaciuto di essersi ricordato il nome, così compiaciuto che domandò a
Jack che cosa volesse bere. « Siete molto gentile, signore, ma ho appena
bevuto tre coppe di champagne con lo stomaco praticamente vuoto e ne
sento già l'effetto. Ma forse potrei prendere un caffè. » « Stupidaggini! »
esclamò il padre. « Non sei un dannato pap-pamolle. Il buon vino non ha
mai fatto male a un vero uomo. Continueremo con lo champagne. »
Mentre i primi bicchieri gli scendevano nella gola, Jack s'informò
educatamente della salute della matrigna e di suo figlio. «Due piagnoni
insopportabili, sempre a lamentarsi», replicò il generale. Versò altro vino e
poi, dopo una pausa, ripetè: « Ma immagino che Sophia sia stata felice di
vederti ». « Lo sarà, io spero », disse Jack, « ma non sono ancora stato a
casa. Un vino eccellente, signore, più fruttato di quello del nostro club. No,
non sono stato a casa: la nave addetta al trasporto dei prigionieri mi ha
sbarcato a Dover e io ho ritenuto cosa migliore passare prima per Londra.
» «Ricordo che la comandava quel tuo ufficiale donnaiolo... come si
chiamava? » « Babbington, signore. Ora la comanda Harry Tennant. » « IL
figlio di Harbrook? Bene, bene, e così Harry Tennant ha il comando di
quella nave, eh? » « Sì, signore », confermò Jack, rimpiangendo di aver
menzionato la sciagurata bagnarola; aveva dimenticato come piacesse a
suo padre buttarsi su una notizia anche di poca importanza e insistervi su
fino all'impossibile. «Possiamo sederci in un angolo tranquillo nella saletta
a sud? Ho qualcosa di molto importante da dirvi a proposito di titoli. » 125
«Diavolo! Che cosa mi dici! » esclamò il generale, scrutandolo in viso. «
Andiamo, allora, e portati il bicchiere. Ma devi fare in fretta, sto
aspettando qualcuno. Dove hai preso questa giacca orrenda? » domandò,
facendogli strada. « Spero che tu non abbia derubato uno spaventapasseri.
» Nella saletta a sud, Jack disse a se stesso: « Sarà meglio che parli poco».
Si sedette a una scrivania e ricopiò rapidamente l'essenza della sua lettera.
«Ecco, signore», disse, porgendo l'elenco al padre, « vi consiglio
vivamente di mettere ogni spicciolo che potete risparmiare su questi titoli
», e nei termini più chiari che riuscì a trovare dichiarò la natura anonima,
assolutamente confidenziale della sua informazione. Disse che non poteva
rispondere a nessuna domanda e sottolineò il fatto di aver dato la sua
parola di non divulgare la cosa al di là di un paio di amici intimi. Ne
andava del suo onore. Il generale rimase a osservarlo in silenzio con occhi
astuti, indagatori, finché non ebbe finito, poi aprì la bocca per parlare, ma,
prima che ne uscisse una sola parola, arrivò in fretta un valletto per
informarlo che i suoi ospiti erano arrivati. « Resta qui, Jack », disse il
generale, posando il bicchiere vuoto. Qualche minuto dopo rientrò
accompagnato da tre uomini. Con una stretta al cuore, Jack vide che uno di
loro era l'agente di Borsa di suo padre e che gli altri due erano individui
abbigliati in modo vistoso, la specie di persone che incontrava anche
troppo spesso ogni volta che tornava nella casa della sua infanzia: quando
suo padre desiderava fare impressione su qualche personaggio di quel
genere, si ricordò, lo portava al club per mostrargli un duca o due. «È mio
figlio! » esclamò il generale. «Anche se non lo si direbbe, data l'età: la
prima volta mi sono sposato giovane, molto giovane davvero. E capitano
di vascello della marina, appena tornato da una missione in mare. È
sbarcato dalla nave addetta al trasporto dei prigionieri soltanto ieri e oggi
sta già dando consigli al suo anziano genitore su come investire il denaro,
ah, ah, ah! James, un magnum di questo stesso vino. » «IL comandante e
io siamo vecchi amici», disse l'agente di Borsa, battendo la mano sulla
spalla riluttante di Jack. «E posso assicurarvi, generale, che d'investimenti
se ne intende. » « E così siete arrivato sulla nave addetta al trasporto dei
prigionieri », disse uno degli altri. « Allora, forse, potrete darci le ul126
time notizie da Parigi. Oh, Dio, pensate se Napoleone fosse morto! Pensate
se la guerra stesse per finire! Pensate un po'! » « La nave per il trasporto
dei prigionieri? » ripetè l'agente di Borsa, che non aveva sentito la prima
volta. «S'intende d'investimenti?» si stupì il generale e tutti e due
guardarono Jack. Arrivò il vino, il tappo saltò. « Ho sempre sostenuto che
non c'è niente di meglio dello champagne », osservò uno degli ospiti del
generale. Jack rimase seduto a bere un bicchiere dopo l'altro e a evitare di
rispondere alle domande fino a quando la bottiglia non fu vuota. Richiesto
della sua opinione sull'andamento della guerra e sulla sua probabile durata,
si limitò a un'abile serie di banalità: udì se stesso parlare come da una certa
distanza, non senza soddisfazione. Ma quando suo padre suggerì che tutti
quanti terminassero la serata al Vauxhall, rifiutò con fermezza: la pietà
filiale aveva i suoi limiti... superati da un bel pezzo, in realtà. Aveva una
scusa perfetta: «Non sono vestito in modo appropriato per la città », disse.
« Non parliamo poi del Vauxhall in una compagnia distinta. » «Forse no»,
ribattè uno degli ospiti, il più semplice, il più ubriaco e il più decorato: «
Ma tutti sono pronti a scusare i nostri valorosi marinai! Venite con noi,
sarete mio ospite. Ci divertiremo un mondo. Provate a immaginare! » «
Grazie dello champagne, signore », disse Jack al padre. « Signori,
buonanotte. » S'inchinò e, lo sguardo fisso davanti a sé, mise la prua sulla
porta, dritto, rigido, trattenendo il respiro e senza mai deviare di un pollice
dalla sua rotta.
CAPITOLO V
tephen Maturin svoltò dallo Strand nel territorio li- bero del Savoy. Era un
percorso familiare, così fami- liare che i suoi piedi evitavano
automaticamente i punti più sconnessi del selciato, la griglia di ferro che in
una precedente occasione aveva ceduto sotto il suo modesto peso
facendolo precipitare in un deposito sotterraneo di carbone, e il sudiciume
del canaletto di scolo; e fu un bene, dal momento che i suoi pensieri erano
molto lontani di lì: come Jack aveva osservato, era terribilmente in ansia a
proposito di Diana, così ansioso e apprensivo che stava andando al Grapes
sia per cambiarsi e farsi la barba prima di presentarsi in Half Moon Street
sia per avere sue notizie, perché certamente era passata di lì, dato che
Diana e la signora Broad, la padrona della locanda, erano grandi amiche ed
entrambe prestavano un'attenzione eccessiva alla biancheria di Stephen. La
sua mente era lontana, dunque, e il colpo fu perciò tanto più grande
quando, girato l'angolo, alzò lo sguardo e in luogo della locanda non vide
niente se non un buco annerito, separato dalla strada da una barriera, con
l'acqua piovana che brillava nelle cantine, qualche asse bruciacchiata là
dove erano stati i pavimenti e l'erba e le felci nelle nicchie che un tempo
erano stati armadi. Le case vicine sembravano indenni, come le botteghe
sul lato della via verso Westminster, intatto e affollato di gente che si
affrettava avanti e indietro, quasi l'orribile spettacolo fosse cosa normale.
Attraversò la strada per controllare la posizione ed essere certissimo che
quello fosse veramente il guscio vuoto del Grapes e non una qualche
illusione spaziale; e, mentre stava lì in piedi, avvertì una lieve pressione
sul polpaccio. Voltatosi, vide un grosso cane da guardia, brutto e selvaggio,
che scodinzolava e scuoteva la testa, scoprendo i denti in una smorfia che
poteva esprimere piacere o rabbia estremi, e Stephen riconobbe
immediatamente il bastardo del macellaio. Non era un cane che avesse più
padroni, apparteneva senza dubbio al macellaio, ma con Stephen aveva
trascorso molte ore al giorno e tra i due si era creato un solido affetto che
datava da lungo tempo. «Ma guarda un po'! Il dottore! » esclamò il
macellaio. «Ho capito che eravate voi non appena l'ho visto che faceva le
feste 128 come un matto. Stavate guardando il povero Grapes, non è ve;
ro?» L'incendio era scoppiato più o meno quando la Surprise aveva
lasciato Gibilterra: non c'erano state vittime, ma la compagnia di
assicurazione aveva contestato la domanda d'indennizzo e la signora Broad
non poteva ricostruire finché non avessero pagato; nel frattempo era andata
dai suoi amici nell'Essex, rimpianta da tutto il vicinato. « Ogni volta che
guardo di là dalla strada », concluse il macellaio, puntando il coltello in
quella direzione, « ho l'impressione che nel territorio libero ci sia una
ferita. » Sì, una ferita. E stranamente crudele, pensò Stephen, avviandosi a
nord. Non avrebbe mai immaginato quanto gli fosse caro quel rifugio
tranquillo; e vi aveva lasciato anche qualche importante raccolta, per lo più
di uccelli, molti libri... La ferita incommensurabilmente più grande: «La
signora Maturin non abita più qui », infería nella casa di Half Moon Street,
non giunse altrettanto inaspettata così da lasciarlo annientato, e sul
momento fu un colpo meno tremendo. S'incamminò a passo deciso verso
St. James's Street, dicendo tra sé: «Ho deciso che non proverò niente fino a
quando non avrò qualche conferma: le spiegazioni possibili sono migliaia
». Di sua iniziativa, Stephen non si sarebbe mai iscritto al club di Jack, ma
Diana era stata irremovibile; lo aveva fatto presentare da molti suoi amici,
nonché da Jack, e da qualche tempo egli era membro effettivo.
«Buongiorno, signore», lo salutò il portiere nell'atrio d'ingresso. « Ho per
voi alcune lettere e una custodia per uniforme. » «Grazie», disse Stephen,
prendendo le lettere. L'unica importante era la prima del mucchietto e lui
ne ruppe il sigillo mentre si avviava su per le scale. Cominciava: «Perché
stolte promesse mantenere, promesse fatte tanto tempo fa, esser legati,
quando si può vedere che la passione antica è spenta già? » Tra questi versi
e l'ultimo paragrafo c'era una parte in una scrittura fitta, con molte
sottolineature e non ben leggibile con quella luce. Lo spazio tra le righe
dell'ultimo paragrafo era maggiore; queste erano state vergate con più
calma e con una penna diversa: « La tua uniforme migliore è arrivata
subito dopo la tua partenza, perciò, piuttosto che lasciarla al Grapes dove i
topi e le tarme prosperano in modo prodigioso nonostante gli sforzi della
buona signora Broad, la manderò al club. E, Stephen, ricordati, ti prego,
d'indossare maglia e mutande di flanella calde 129 quando sei in
Inghilterra: ne troverai alcune sopra l'uniforme e altre sotto ». Aveva
assorbito queste parole prima di raggiungere il pianerottolo. S'infilò la
lettera in tasca, entrò nella biblioteca deserta e diede una scorsa alle altre
missive. Una richiesta di un prestito a giro di posta; due inviti a pranzi da
lungo digeriti e due comunicazioni sulla berta minore. Le lesse
attentamente, poi ritornò alla lettera di sua moglie: avrebbe dovuto sapere,
scriveva Diana, quando faceva la ruota con la signora dalle chiome rosse
su e giù per il Mediterraneo, senza la minima discrezione, che lei lo
avrebbe considerato un insulto aperto, diretto. Non parlava dell'aspetto
morale della cosa, non era nel suo stile e comunque le ciance sulla moralità
potevano tranquillamente essere lasciate ad altri, ma doveva ammetterlo:
non si sarebbe mai aspettata che Stephen agisse in modo cosi volgare; e,
avendolo fatto in un accesso di follia, che non cercasse di giustificarsi,
perlomeno con una bugia che lei avrebbe potuto decentemente fingere di
credere. (A quel punto Stephen cercò dappertutto la data della lettera: non
c'era.) Qualsiasi donna intelligente ne sarebbe stata offesa. Perfino Lady
Nelson, una creatura molto, molto più mansueta di Diana, si era sentita
offesa, nonostante il velo di decenza di Sir William. Era obbligata a
confessare che mai, mai, si sarebbe aspettata che Stephen, pur con tutti i
suoi difetti, si comportasse come un individuo da poco. Sapeva molto bene
che gli uomini ordinari agivano così quando la passione era spenta, ma
Diana non aveva mai considerato Stephen un individuo ordinario. Mai,
mai, avrebbe dimenticato la sua bontà verso di lei e nessun rancore, per
quanto grande, avrebbe compromesso la sua amicizia per lui; ma era
felice, sì, felicissima, di non averlo sposato in nessuna chiesa, né
protestante, né cattolica. Poi, chiaramente dopo una pausa e con l'altra
penna: Stephen, però, non avrebbe mai dovuto pensare male di lei: e infine
il poscritto sulla biancheria. Non avrebbe pensato male di lei, come non lo
avrebbe fatto di un falcone che fosse volato via offeso (aveva conosciuto
falconi molto orgogliosi, di grande fierezza, dagli attaccamenti
appassionati e capaci di offendersi con altrettanta passione); ma era ferito
nel profondo del cuore e ne soffriva. All'inizio fu un dolore generalizzato,
che includeva la desolazione per la sua perdita, così intenso che si dondolò
avanti e indietro torcendosi le mani, poi il dolore fu più in particolare per
lei. La conosceva da lungo tempo, ma, di tutte le follie, di tutti i colpi di
testa che le aveva vi130 sto fare, quello era il più disastroso. Era fuggita
con Jagiello, unk ufficiale lituano al servizio della Svezia, che da un pezzo
l'ammirava apertamente. Ma Jagiello era un asino: un asino alto,
avvenente, dai capelli biondissimi, che le giovani donne adoravano e gli
uomini trovavano simpatico per il suo candore allegro e la sua semplicità,
ma un asino irrimediabilmente incostante, incapace di resistere alle
tentazioni e dalle tentazioni perpetuamente circondato, essendo ricco oltre
che bello in modo assurdo. Molto più giovane di Diana, da lui lei non
poteva aspettarsi fedeltà. Il matrimonio era impossibile, perché le nozze tra
Stephen e Diana a bordo della nave di Sua Maestà Oedipus erano valide a
tutti gli effetti, checché ne pensasse Diana. A lei era necessaria una vita di
società, necessaria come l'acqua e il cibo, e Stephen non aveva nessuna
ragione di supporre che la società svedese sarebbe stata particolarmente
gentile con una donna straniera non sposata il cui unico protettore era un
ussaro giovane e sciocco. L'idea di quale sarebbe stato il suo destino a
distanza di cinque anni gli faceva male al cuore. Non riusciva a trovare
altra luce in quel buio, se non il pensiero che perlomeno Diana era
economicamente indipendente, che non avrebbe dovuto contare sulla
generosità di nessun uomo. E tuttavia nemmeno questo era sicuro: in un
certo periodo aveva avuto denaro in grande quantità, ma Stephen non
sapeva se ne avesse investito a sufficienza per assicurarsi un reddito
ragionevole per il resto della sua vita. Era probabile, però, dal momento
che aveva un consigliere abilissimo nel suo amico Nathan, il banchiere, un
uomo che piaceva anche a Stephen. «Lo chiederò a Nathan», disse; e,
muovendosi sulla poltrona, sentì il bordo della maledetta cassettina di
metallo premere sull'anca. L'aveva assicurata al fianco con una benda
chirurgica (gli era già capitato di dimenticare documenti confidenziali in
una carrozza) e doveva occuparsene subito. Riflette. Il freddo processo del
pensiero fu un sollievo profondo dopo il tumulto di emozioni, di
esclamazioni intcriori appassionate, di proteste a malapena coerenti contro
l'ingiustizia di tutto ciò e di ripetizioni del suo nome; si alzò, si diresse a
una scrivania e scrisse: « il dottar Maturiti presenta i suoi omaggi e
sarebbe lieto di fare visita a Sir Joseph Blaine non appena possibile ». Fu
sorpreso di scoprire che la mano gli tremava al punto di rendere quasi
illeggibili le parole. Le ricopiò con cura particolare e scese al pianterreno,
per far recapitare il biglietto non all'Ammiragliato, ma all'abitazione di Sir
Joseph a Shepherd Market. **» 131 « Stephen ! Eccoti qui », gridò Jack,
che entrava in quel momento. «Come sono contento di vederti! Non è
orribile quello che è successo al povero Grapes? Ma perlomeno nessuno è
rimasto ferito. Vieni di sopra: ho una cosa molto importante da dirti. » «
Una delle tue cause è stata discussa? » « No, no, non è questo. Non si è
mosso niente dal punto di vista legale. È una cosa del tutto diversa... ti
lascerà di stucco. » La biblioteca era ancora deserta. Stephen, seduto con le
spalle alla finestra, osservò il gioco delle espressioni sul volto di Jack, in
piena luce e animato dalla gioia di poter fare la fortuna del suo amico. «
Ma il punto è », concluse Jack, « che gli investimenti vanno fatti nei
prossimi giorni. Per questo sono stato così contento d'incontrarti. Stavo per
passare da Half Moon Street per portarti la lista, nel caso tu fossi stato lì. »
Un messaggio per il dottor Maturin arrivò su un vassoio d'argento. « Ti
prego di scusarmi, Jack », disse Stephen. Si voltò verso la finestra, lesse
che Sir Joseph sarebbe stato più che felice di vedere il dottor Maturin a
qualsiasi ora dopo le sei del pomeriggio e, girandosi, si accorse che Jack lo
stava guardando con grande preoccupazione. «Ti senti poco bene,
Stephen?» domandò. «Siediti e lascia che ti porti un brandy. » «Ascolta,
Jack», disse Stephen, «Diana è andata a vivere in Svezia. » Seguì un
silenzio imbarazzato. Jack capì immediatamente che Jagiello era coinvolto,
ma non poteva in tutta decenza mostrare di aver capito e non trovava
niente di appropriato da dire. Stephen continuò: « Ha pensato che Laura
Fielding fosse la mia amante e che mostrarmi con lei pubblicamente su e
giù per il Mediterraneo fosse un affronto deliberato, o perlomeno una
mancanza di sensibilità nei suoi confronti. Dimmi, sembrava davvero così?
Sembravo davvero l'amante di Laura? » « Credo che la gente pensasse... in
genere... pareva in un certo senso che...» « Eppure l'ho spiegato a Diana, il
più chiaramente possibile », disse Stephen, quasi parlando a se stesso.
Fissava l'orologio, ma, pur vedendo le lancette, non riusciva a stabilire
l'ora; la sua mente era tutta presa dalla domanda: se ne è andata prima o
dopo aver avuto da Wray la mia lettera? Questo è il punto che devo
chiarire. « Che ore sono? » domandò. 132 « Le cinque e mezzo », rispose
Jack. Non lo troverò più all'Ammiragliato, riflette Stephen, andrò a casa
sua. È molto vicina a quella di Nathan. Se mi sbrigo, avrò tempo per tutti e
due. Disse: «Jack, i miei più vivi ringraziamenti per i tuoi consigli su titoli
e azioni: sono profondamente toccato dalla tua bontà. Dimmi, mio caro, ti
sei già impegnato definitivamente? » Jack annuì. «Allora non serve che io
ti chieda se ti sei ragguagliato sul tuo informatore. » « Oh, è assolutamente
a posto. Ti conosceva, conosceva la Testudo aubreii. » « Davvero? »
Stephen riflette per qualche momento. Non riusciva a capire quale
interesse avrebbe avuto quell'uomo a ingannare Jack e, se mai avesse
sbagliato in buona fede, a Jack sarebbero rimasti comunque i titoli,
avrebbe perso soltanto il denaro della commissione. « Ora bisogna che ti
lasci », disse. « Devo fare alcune visite. » « Verrai ad Ashgrove,
naturalmente. Sophia sarà così contenta di vederti! Avevo pensato a
domenica, per evitare gli ufficiali giudiziari, ma ora possiamo andare
anche domani, se per te va bene. » « Dubito di essere libero prima di
martedì. » « Non dispiace neanche a me fermarmi qualche giorno a
Londra», disse Jack. «Diciamo martedì, allora. » La prima visita risultò
infruttuosa. Stephen si fece annunciare, ma dopo pochi minuti gli fu
riferito che il signor Wray non era in casa. « L'avevo quasi dimenticato »,
osservò tra sé, allontanandosi a piedi sotto la pioggia fine, « mi deve un bel
mucchio di soldi, il mio arrivo può essere senza dubbio inopportuno. » La
seconda non fu più fortunata. In verità, non si trattò nemmeno di una
visita. Ben prima di raggiungere la casa, a Stephen venne in mente che
Nathan, come tutte le conoscenze di Diana, doveva sapere della sua
separazione e, in quanto suo consigliere nelle questioni finanziarie,
avrebbe ritenuto sconveniente parlare dei suoi affari. Suonò comunque il
campanello, ma fu contento quando si sentì dire che il signor Nathan non
c'era. Il fratello minore di Nathan, Meyer, era nell'ingresso, tuttavia, e
quando Stephen rifiutò assolutamente che si chiamasse per lui una
carrozza o una portantina, Meyer lo costrinse a prendere un ombrello per
ripararsi dalla pioggia, ora battente, un arnese enorme di tela e stecche di
balena. Sotto quell'ampio riparo, tra la folla che si affrettava e si urtava,
Stephen s'incamminò verso il deposi133 to dei bagagli, perché l'ultima
parte del viaggio l'aveva fatta in vettura di posta. Là lo strato semiliquido
di fango, stereo di cavallo, sudiciume generico era particolarmente
profondo e un piccolo spazzino manovrò con vigore la ramazza davanti a
lui per aprirgli un varco in quel mar Rosso. Dal marciapiede gli gridò: «
Non dimenticate lo spazzino, vostro onore! » Stephen s'infilò la mano
prima in una tasca della giacca, poi nell'altra. «Mi dispiace, bambino mio,
ma quei cani perfidi non mi hanno lasciato nemmeno un soldo, nemmeno
un fazzoletto. Temo di non avere più denaro su di me. » « Ma tua madre
non ti ha detto che bisogna tenerli nelle brache, i quattrini e il fazzoletto? »
domandò arrabbiato il ragazzine « Vecchio babbeo figlio di troia »,
soggiunse dopo un istante, allontanandosi. « Vecchio babbeo cornuto. »
Nell'ufficio delle vetture di posta, Stephen tolse un pacchetto dalla sua
cassa da marinaio, diede istruzioni sul luogo in cui inviare il bagaglio e
riprese il faticoso cammino verso Shepherd Market, portando il pacco e al
tempo stesso reggendo l'ombrello grande e pesante contro il vento che si
era rafforzato. L'ombrello era un segno dei sentimenti di compassione del
giovane Meyer nei suoi confronti: la ferita ancora sanguinante nel suo
animo, Stephen aveva colto immediatamente l'espressione più grave e
premurosa del solito, il tono pieno di considerazione, e quello gli era parso
un atteggiamento non diverso dalla maggior parte delle forme di
commiserazione: inutile, penoso, imbarazzante e fastidioso. « Spero che
Sir Joseph non si senta obbligato a farmi le condoglianze», disse a se
stesso, avvicinandosi al portone, «non credo che riuscirei a sopportarlo. Sì,
certamente il contratto sociale esige un qualche segno di partecipazione da
parte degli altri, ma non ora, Signore, non ora. » Non avrebbe dovuto
preoccuparsi di ciò. Per quanto calorosissima, l'accoglienza di Sir Joseph
fu tuttavia priva della minima traccia d'imbarazzo o di umiliante
considerazione particolare. Soltanto quando furono esauriti gli ovvi
preliminari sul viaggio e i numerosi pettegolezzi a proposito di entomologi
e di faccende della Royal Society, Stephen s'informò della salute di Sir
Joseph: s'informò da medico, avendogli dato una cura per un problema di
vigore sessuale in declino, questione di una certa importanza, visto il
progettato matrimonio di Sir Joseph, e Stephen desiderava sapere se la
cura avesse avuto effetto. « Un effetto assoluta134 mente sorprendente e
gratificante, vi ringrazio », lo rassicurò Sir Joseph. «Lo stesso Priapo
sarebbe arrossito dalla vergogna. Ma non ne ho fatto nulla. Ho riflettuto
sul matrimonio e, per quanto abbia trovato molti argomenti teorici a suo
favore, osservando attentamente le mie amicizie, ho scoperto che la pratica
non pareva produrre grande felicità. Non una sola coppia o quasi mi è
sembrata essere realmente affiatata se non per pochi mesi; dopo un anno o
giù di lì ecco le contese, i tentativi d'imporsi, le differenze di carattere, di
educazione, di gusti, di appetiti e cento altre cose che portano ai bisticci, al
disagio, all'indifferenza, fino a una vera e propria antipatia reciproca o
anche peggio. Tra i miei amici, pochi possono affermare di essere
felicemente sposati e in alcuni casi...» S'interruppe, rimpiangendo
evidentemente le proprie parole, e ritornò alla contemplazione dei
coleotteri che Stephen gli aveva portato dal Brasile e dai mari del Sud.
Dopo aver parlato un poco d'insetti, riprese: «Inoltre, in tutt
232 « Questo per quanto riguarda l'appello; in quanto alla senten-, za,
mi è stato detto e ripetuto da tutti, uomini e donne ai quali mi sono rivolto,
che 'non potevano alterare il corso della giustizia'...» «Al diavolo la
giustizia! » inveì Sophia, in un tono molto simile a quello di sua cugina
Diana. « E sebbene di sicuro fosse esattamente questo che volevo da loro,
mi sono preoccupato assai più di alterare il corso della tradizione: intendo
dire per impedire che il nome di Jack sia cancellato dal ruolo. Se è
colpevole o, meglio, se è giudicato colpevole di un crimine infamante, il
nome di un ufficiale è automaticamente depennato dalla lista: non si tratta
qui di legge, ma di usanza, e la sua forza è tale che, come mi ha assicurato
il principe William con grande calore e con le lacrime agli occhi, né lui, né
il Primo Lord potevano cambiarla. Soltanto il re ne ha il potere, o in questo
caso il Reggente. È in Scozia in questo momento e in ogni caso io gli sono
noto soltanto come amico di suo fratello; e con suo fratello è in pessimi
rapporti, attualmente. Così sono andato a Brighton e ho fatto visita a sua
moglie. » « Sua moglie, Stephen? » «È conosciuta generalmente come
signora Fitzherbert. » « Ma sono davvero sposati? Credevo che fosse una...
che fosse cattolica. » « Certo che sono sposati. Il papa le ha scritto
personalmente per dirle che la cerimonia era valida e che doveva
considerarsi sua sposa canonica. Charles Weld mi mostrò il documento...
lo conosco bene, Charles Weld, cugino del suo primo marito e un tempo
sacerdote in Spagna. La signora Fitzherbert mi ha ricevuto con grande
gentilezza, ma ha scosso il capo, ha detto di non avere quasi nessuna
influenza ora, se mai ne aveva avuta, e dubitava che si potesse ottenere
qualcosa. Mi ha però consigliato di parlare con Lady Hertford ed è ciò che
intendo fare. Ma, ascoltatemi, Sophia, questo appello al Reggente non può
essere fatto a tambur battente, ho saputo; ammesso che si possa farlo con
qualche effetto. Nel frattempo la Surprise è stata comprata. Sarà armata per
la guerra di corsa e ora si trova a Shelmerston, e Tom Pullings se ne
occupa. Mi fa sapere che marinai scelti a decine, molti di questi vecchi
compagni di navigazione, desiderano imbarcarsi, se Jack ne avrà il
comando. Se acconsentisse, potremmo partire non appena tutto sarà finito,
soprattutto se non ci 233 sarà incarcerazione. Dovete persuaderlo ad
acconsentire, mia cara. » «Ma perché non glielo chiedete voi, Stephen?
Perché non gli avete mai parlato di questo? » Contemplando le uova nel
piatto, Stephen rispose: « In primo luogo perché non ne ho avuto il tempo:
sono stato via. E poi provo un certo imbarazzo, capite? Il ruolo di deus ex
machina non è un ruolo cui tenga, affatto. Voi lo fareste molto meglio di
me. Se sollevasse la questione, gli direte che non esiste nessun obbligo:
l'uno mette il capitale, l'altro la capacità. Io non potrei far navigare una
nave nemmeno in una pozza per abbeverare i cavalli, né portarla all'attacco
di una barchetta a remi; e certamente non navigherei mai con un altro
comandante. Ditegli che spero di fare un salto questa sera per avere una
risposta positiva da lui. Devo andare ora. Che Dio vi benedica. Ricordate,
non dovete mai dire 'armata per la guerra di corsa' o 'corsara'; dovete dire
'patente di corsa' o 'nave da guerra privata' ». Avvicinandosi alla casa di Sir
Joseph a Shepherd Market, ne vide uscire il colonnello Warren, il quale
salì su un cabriolet, facendolo cigolare sotto il suo peso, e si allontanò.
Stephen sapeva che Warren, uomo singolarmente attivo, energico, acuto,
era il nuovo rappresentante della Guardia a cavallo in seno al Comitato,
ma non aveva nessun desiderio di essere conosciuto da lui e continuò a
camminare per qualche minuto. Quando si presentò da Sir Joseph, trovò il
suo amico terribilmente serio. « Di questo passo, arriverò a sospettare Lord
Liverpool e la metà del Gabinetto di alto tradimento», disse Sir Joseph.
«Vi sono alcune contraddizioni assolutamente inesplicabili... Forse lo
stesso Cerbero è impazzito... Come vorrei che questa faccenda si
risolvesse così facilmente come la vostra. » Aprì un cassetto e disse: «
Ecco le lettere di marca contro la Francia, l'Olanda, i regni di Napoleone in
Italia, gli Stati Uniti d'America, i vascelli che issano la bandiera di
Pappenburg e di una mezza dozzina di altri Paesi. Le ho qui pronte per voi
da mercoledì». « Dio adorni il vostro capo di fiori, caro Blaine », lo
ringraziò Stephen. « Vi sono enormemente grato e avrei dovuto venire da
voi mercoledì, sì, ma erano le due di notte quando sono passato per Londra
sulla strada che portava a una cittadina chiamata Bury. Mi sono rivolto a
ogni uomo o donna importante del regno che avesse avuto in passato la
minima bontà per me. » « Se lo avete fatto a favore di Aubrey, e senza
dubbio è così, 234 potevate risparmiarvi il noleggio della carrozza. Non si
possono. più corrompere i giudici in questa nazione, né farli corrompere o
persuadere e tanto meno comandare. Esiste soltanto un'unica eccezione,
come avrei potuto dirvi prima che partiste, ed è quando il giudice è anche
un membro del governo, come nel caso di Lord Quinborough: è per
definizione sensibile ai desideri politici dei suoi colleghi. Tornando a noi, è
già stato fatto il vostro nome come l'uomo perfetto per questo contatto non
ufficiale con il Cile, e forse con il Perù, al quale l'amministrazione
attribuisce una grandissima importanza: è stato fatto presente che voi siete
bilingue in spagnolo, agente esperto e sperimentato sulla nave ideale con la
scusa ideale per la sua presenza in quelle acque, e che sareste stato un
cattolico a trattare con altri cattolici, irlandesi o mezzi irlandesi anche loro,
in gran parte... il giovane O'Hig-gins, per esempio. Queste qualifiche,
insieme con quella di un patrimonio privato molto grande, sono state
conclusive. Il Comitato ristretto è rimasto estasiato e si è stropicciato
collettivamente le mani. Ma un gentiluomo a quel punto ha osservato che,
pur possedendo voi tutte le virtù, certamente non sareste partito, se la nave
non fosse stata comandata da Jack Aubrey. Perciò, dal momento che la
questione è urgente, credo che possiate stare tranquillo a proposito della
prigione. » Sir Joseph guardò l'orologio e disse: « Se intendete essere
presente quando comparirà in tribunale, dovete affrettarvi». « No », ribattè
Stephen, « sembra a me che gli spettatori siano stranamente fuori posto in
certe occasioni. Mi sono però preso la libertà di pregare di mandarmi un
messaggio qui. » « Eccellente idea », commentò Sir Joseph. « Ma temo
che la sentenza sarà un brutto colpo per voi. Quinborough può non
imprigionare, ma certamente spargerà il suo veleno in qualche altro modo.
È stata una cosa spregevole, sapete: la cauzione concessa agli altri, così
che hanno potuto andarsene liberi dopo il verdetto di colpevolezza, e
Aubrey soltanto trattenuto in carcere. Naturalmente c'è l'aspetto politico, la
distruzione dei radicali, un obiettivo perfettamente comprensibile in coloro
che sono spinti dalla lotta per il potere in quella direzione; ma c'è anche
una qualche perfidia nascosta e questo accanimento contro il vostro
amico...» «Chiedo scusa, signore», lo interruppe la signora Barlow, « un
messaggio per il dottor Maturin. » «Leggete, vi prego», lo esortò Sir
Joseph. 235 «La gogna», riferì Stephen con voce dura, gelida.
«L'ammenda e la gogna. Pagherà al re un'ammenda di duemilacinquecento
sterline e che sia messo alla gogna di fronte al Royal Exchange nella City
di Londra per un'ora, tra le ore dodici del mattino e le ore due del
pomeriggio. » « Era ciò che temevo », disse Blaine dopo una lunga pausa;
e poi: « Ditemi, Maturin, vi è mai capitato di vedere un uomo alla gogna in
Inghilterra? » « No. » « Può essere uno spettacolo molto cruento, talvolta.
Oates fu quasi ucciso; molti rimangono menomati; e una volta ho visto un
uomo perdere entrambi gli occhi sotto una sassaiola. Dal momento che qui
siamo in presenza di un'evidente malevolenza personale, forse potrei
consigliarvi d'ingaggiare una squadra di picchiatori? Il vostro cacciatore di
ladri saprebbe dove trovarli: li recluterebbe per vostro conto. » « Lo
manderò a chiamare immediatamente: grazie per questo avvertimento,
Blaine. Ora, ditemi, che cosa pensate di Lady Hertford? » « Intendete dal
punto di vista fisico, morale o sociale? » « Quale mezzo per evitare che il
nome di Aubrey sia cancellato dai ruoli. La signora Fitzherbert mi ha
consigliato di rivolgermi a lei. » « Cancellato dovrà esserlo. Questa è la
regola immodificabile. La vera questione è il suo reinserimento. È stato
fatto in passato, perfino conservando l'anzianità acquisita, quando gli
ufficiali sono stati allontanati dal servizio per duelli e cose di questo
genere, e in qualche caso per falsificazione non grave del ruolo
equipaggio, sebbene in generale ciò richieda tempi molto lunghi e una
notevole dose di appoggi. Ma in un caso come questo... Conoscete già la
signora? » « Solo di vista. Ma, da quello che so, al momento può tutto con
il Reggente e mi si dice che Andrew Wray sia in buoni rapporti con lei.
Con una presentazione appropriata e un altrettanto appropriato presente, ho
pensato che potrei forse indurla perlomeno a mettere in moto la cosa nella
mente reale. » «Potrebbe servire, si: ma per il momento la mente reale è in
Scozia, a mostrare tutta la maestà della sua stazza in gonnellino corto,
mantello scozzese, calze multicolori e berretto degli Highlands; e
immagino che Lady Hertford sia con lui. Se volete, posso informarmi e
farvelo sapere. » 236 « Sarebbe gentile da parte vostra. E nel frattempo,
andando ah Marshalsea, passerò da Grosvenor Street. » « Sapete,
naturalmente, che tra una donna odiosa e un bellimbusto vanesio e furbo
potreste perdere il vostro presente e il vostro tempo? » «Naturalmente.
Buona giornata a voi, caro Blaine. » Andrew Wray non era in casa quando
il dottor Maturin si presentò a Grosvenor Street, ma la signora Wray sì: lo
udì dare il suo nome sulla porta e scese di corsa le scale per stringergli
entrambe le mani nelle sue. Era sempre stata una giovane donna piuttosto
bruttina, tozza, dalla carnagione scura, ma ora sembrava quasi graziosa: il
viso era animato e gli occhi scintillavano di generosa indignazione. Aveva
già saputo la notizia. «Oh, che ingiustizia! » esclamò. «Che cattiveria! La
gogna a un ufficiale di marina! È impensabile... E un ufficiale così
coraggioso, così distinto, così bello! Venite nella mia stanza.» Lo condusse
in un piccolo boudoir dalle pareti tappezzate di dipinti di navi, qual-cuna
comandata da suo padre, ma la maggior parte comandate da Jack Aubrey
nei giorni in cui Babbington prestava servizio sotto di lui. «E così alto! Mi
trattava con tanta considerazione e gentilezza quando io ero soltanto una
ragazzina sgraziata, anche se mio padre si mostrava talvolta così duro con
lui... Charles ne ha una stima grandissima... il comandante Babbington,
voglio dire: lo adora, davvero. E, dottor Maturin », soggiunse cambiando
tono e con uno sguardo significativo: «Charles apprezza enormemente i
vostri consigli: sono così felice! Si è ormeggiato ai Downs ieri sera». Poi
riprese: «Ma, pensate a quella povera moglie, che se ne sta lì impotente
mentre lo prendono a sassate... è mostruoso, mostruoso! E la vergogna, gli
insulti, gli scherni... lo uccideranno, certamente ». « Voi dimenticate,
signora, che è innocente e questo non può non cancellare il morso della
vergogna. » « Certamente, è innocente: deve fare una grandissima
differenza, certo. Non che mi sarebbe importato qualcosa se anche avesse
manipolato dieci volte il mercato: lo fanno tutti. So che il signor Wray ha
guadagnato moltissimo nello stesso periodo. Ma, oh, dottor Maturin, vi
prego, sedete. Dove ho la testa? Che cosa penserebbe di me Charles?
Prego, prendete un bicchiere di madera. » « Grazie, signora, ma devo
andare. Mi aspettano al Marshalsea. » 237 « Allora, per favore, per favore,
porgetegli i miei più rispettosi, no, i miei più affettuosi omaggi, e alla
signora Aubrey tutto il mio affetto. E se c'è qualcosa che io possa fare... i
bambini o badare ai gatti...» Mentre uscivano dal boudoir, la porta di casa
si aprì. Due postiglioni stavano sostenendo Wray per aiutarlo a salire i
gradini e affidarlo poi alle mani esperte di due valletti; e mentre veniva
trasportato quasi di peso attraverso l'ingresso, Wray girò la faccia chiazzata
verso Stephen e recitò: «Moglie battuta e villano cornuto il matrimonio
hanno insieme fottuto ». # Al Marshalsea, Stephen trovò difficile farsi
strada nell'ala destinata alla marina a causa del numero di marinai che vi si
erano adunati, quasi tutti vocianti e infuriati. Perfino il più stolido
ubriacone semidemente aveva un concetto molto alto della Royal Navy e
l'idea di un ufficiale, di un capitano di vascello, messo alla gogna era un
oltraggio intollerabile, un insulto all'intera marina. Stephen fu obbligato ad
ascoltare la lettura di una petizione e a firmarla prima di poter procedere. I
carcerati avevano lasciato vuoto il cortile sotto la finestra di Jack, per
deferenza verso i suoi sentimenti, cosa che probabilmente non avrebbero
fatto se fosse stato condannato all'impiccagione; e Killick era seduto sul
primo gradino, annichilito, come se tutto il suo mondo fosse andato in
frantumi. Salendo le scale, Stephen udì il violino di Jack; una fuga severa,
suonata con insolita forza e austerità; e quando, dopo aver aspettato il
finale, bussò e aprì la porta fu accolto da uno sguardo scintillante di gelida
furia. « Ti chiedo scusa, Jack », disse, « credevo che avessi detto di
entrare. » «Oh», esclamò Jack, rischiarandosi in viso, «ti avevo preso per...
Sono molto contento di vederti, Stephen. Siediti: Sophia è appena uscita
per comprare qualche cotoletta. » Si ricompose, posò il violino e,
piantandosi di fronte all'amico in tutta la sua massiccia figura, parlò in un
tono leggermente forzato e formale. « Mi ha detto della Surprise. Ti sono
enormemente grato della tua offerta e naturalmente sarei ben lieto di
averne il comando come nave da guerra privata. Ma, Stephen, non capisco
bene. Oltre ad averla comprata, davvero puoi armarla? Perché, una volta
che avrò pagato l'ammenda... » 238 « Un'ammenda iniqua. » «... aye, ma è
inutile frignare. Una volta pagata l'ammenda e le perdite in Borsa, io non
servirò più a niente; e armare una nave anche solo per una breve missione
è molto, molto più costoso di quanto tu possa immaginare. » «Fratello, ti
ho pur detto che ho ereditato dal mio padrino. » « Sì. Ricordo che mi hai
detto qualcosa a questo proposito al nostro ritorno a casa. Ma... perdonami
se metto il naso nei tuoi affari, Stephen, io avevo immaginato che si
trattasse di un piccolo legato per l'acquisto di libri o che fosse un anello, un
ricordo, le solite cose che lasciano i padrini: cose molto belle, ne sono
certo. » «In effetti, si è trattato di molto di più, tanto di più che non
abbiamo nessun bisogno di stare attenti a ogni spicciolo prima di
spenderlo. Condurremo la nostra guerra privata in grande stile. » Stephen
si alzò per scrutare dalla finestra il cielo pomeridiano e, voltandosi verso la
stanza, vide Jack illuminato in pieno dalla luce da nord, seduto, quasi in
posa per un ritratto. Sembrava più grande di prima, più pesante,
profondamente grave, certo, e in certo modo leonino; ma sotto quella
gravita impassibile Stephen intuì una ferita che la notizia della Surprise
non aveva potuto curare e, sperando di poterla alleviare in qualche misura,
soggiunse: « E, in tutta confidenza, mio caro, posso dirti che la nostra
guerra non sarà del tutto privata. Tu sai qualcosa delle mie attività; e
quando la Surprise non sarà impegnata a danneggiare i commerci del
nemico, potrei avere compiti di quel genere da eseguire ». Jack afferrò
l'idea; espresse il suo compiacimento con un cortese cenno del capo e con
l'apparenza di un sorriso; ma la ferita rimase aperta. «Questa dannatissima
gogna, fratello », continuò Stephen. « Non ha una vera importanza per un
uomo innocente, ma può essere spiacevole, come un mal di denti: ti ho
somministrato molte volte una pozione per il mal di denti, certamente, ed
eccone qui una...» concluse, tirando fuori dalla tasca una bottiglietta, «...
che farà superare la gogna come poco più di un sogno: un sogno
sgradevole, ma solo debolmente sgradevole, e remoto. L'ho usata su di me
con grande effetto. » « Grazie, Stephen », disse Jack, posando la
bottiglietta sulla mensola del camino. Stephen capì che non aveva nessuna
intenzione di prenderla e che la lacerazione profonda era rimasta inalterata.
Perché il fatto di non appartenere più alla marina era per Jack Aubrey più
dolo239 roso di mille gogne, della perdita della fortuna, della perdita del
rango, della perdita del futuro. Era in un certo senso la perdita del suo
stesso essere, e chi lo conosceva bene rimaneva sconvolto dall'espressione
stranissima dei suoi occhi, di tutto il suo volto. Aveva ancora la stessa
espressione distaccata e spenta il mercoledì seguente, mentre attendeva in
piedi, in una sudicia stanzetta disadorna affacciata sul lato a mezzogiorno
di Cornhill, di essere condotto alla gogna. Le guardie incaricate della sua
sorveglianza erano tutte alla finestra: sembravano molto innervosite e
continuavano a parlare concitatamente. « Dovevano farlo giorni fa, subito
dopo la sentenza. La notizia ha avuto il tempo di arrivare da Land's End a
John o'Groats. »* « E in ogni altro fottuto porto del regno: Chatham,
Sheerness, Portsmouth, Plymouth... » « Sweeting's Alley è completamente
bloccata. » «Anche Castle Alley, e sta arrivando altra gente. Dovevano
mandare i soldati un bel po' di tempo fa. » «Da basso ci sono quattro
guardie, quattro spazzini e uno scaccino, che volete che facciamo contro
quella folla? » « Se usciamo vivi di qui, giuro che porto moglie e figli a
vivere dall'altra parte di Epping. » « Continuano a risalire il fiume. Ci sono
perfino gli arruolatori con i loro dannati randelli e sciabole, Cristo, abbi
pietà! » « Stanno bloccando il Change da ogni parte con i carri. Che Dio ci
aiuti. » « Perché non da il segnale? Perché il signor Essex non da il
segnale? Si stanno eccitando, là sotto. Ci faranno la pelle a tutti quanti. »
La chiesa di San Paolo e le altre della City avevano suonato mezzogiorno
già da cinque o dieci minuti, e la folla a Cornhill stava diventando
impaziente. «Otto colpi!» si sentì gridare. « Otto colpi, laggiù! Gira la
clessidra e suona la campana! » «Fuori, portatelo fuori! Portatelo fuori! E
lasciate che gli diamo un'occhiata! » gridò il capo di un altro gruppo, una
banda * Punta sulla costa settentrionale della Scozia, così chiamata dai
marinai, spesso considerata la più a nord della Gran Bretagna. (N.d.T.) 240
assoldata da qualche investitore deluso: come i suoi compagni, aveva in
mano un sacchetto pieno di sassi. Bonden si girò bruscamente verso di lui:
« Che ci fai qui, compagno? » « Sono venuto a divertirmi un po'. » «
Allora vai a divertirti in culo al diavolo, minchione. Come, perché? Perché
questa è cosa solo per i marinai, capisci. Solo marinai, i terrazzani no. »
L'uomo guardò Bonden e le numerose facce alle sue spalle, impenetrabili,
serissime, incombenti; facce brune, dure, spesso con l'orecchino, spesso
con il codino; guardò i suoi uomini, pallidi e smunti, e quasi senza una
pausa disse: «Be', che me ne importa? Come vuoi tu, marinaio ». Davis, un
colosso brutto e pericoloso, che aveva navigato al comando di Jack in
molte missioni, affrontò in modo ancora più spiccio la banda di autentici
picchiatori assoldati da Wray, i quali spiccavano nel modo più
sorprendente nei loro abiti vistosi e con i loro cappelli piatti in mezzo alla
massa navale ormai solida: la maggior parte dei cittadini, compresi i
ragazzi di strada armati di secchi pieni d'immondizie, si era già ritirata di là
dalla barriera o negli edifici circostanti. Davis, seguito dai suoi quattro
fratelli ancora più brutti di lui e da un aiuto nostromo negro e muto, si
piantò davanti al gruppo e disse con voce rauca, strozzata dalla furia: «
Fuori dai coglioni! » Li seguì con lo sguardo mentre si allontanavano
rapidamente, poi, nel suo modo brutale, si aprì a spallate la strada tra i suoi
compagni fino al punto in cui Stephen era in piedi accanto alla gogna con i
pochi pugili che il suo segugio era riuscito a ingaggiare: uomini altrettanto
appariscenti. A questi disse: « E fuori dai coglioni anche voi. Non ce
l'abbiamo con voialtri, signori, ma fuori dai coglioni lo stesso ». Aveva la
schiuma alla bocca e respirava rumorosamente. Stephen fece un cenno ai
suoi uomini e loro si ritirarono in direzione di St. Michael's. Nel momento
in cui ebbero raggiunto la chiesa, il signor Essex diede finalmente il
segnale. Jack fu condotto fuori della stanza semibuia nella luce forte del
giorno e, mentre lo guidavano su per i gradini del palco, non riuscì a
vedere quasi niente, abbagliato. «Mettete qui la testa, signore, se non vi
dispiace, e le mani qui », disse un uomo dello sceriffo a voce bassa,
innervosita, conciliante. L'uomo armeggiò maldestramente con il
chiavistello, con i cardini, con il supporto e a Jack, mentre attendeva là,
con le mani nelle aperture a semicerchio, la vista si schiarì: vide che 241
l'ampia via era gremita di uomini attenti, silenziosi, alcuni in abiti
borghesi, altri in tenuta da franchigia, altri con il semplice blusotto, ma
tutti perfettamente riconoscibili come marinai. E ufficiali, decine e decine,
ufficiali e allievi. Babbington era lì, proprio davanti al palco, e lo
guardava, con il cappello in mano, e Pul-lings, Stephen naturalmente,
Mowett, Dundas... Li salutò con un cenno, quasi senza un mutamento
nell'espressione ferrea, poi il suo sguardo si spostò: Parker, Rowan,
Williamson, Hervey... e uomini di tanto, tanto tempo prima, uomini cui
riusciva a malapena a dare un nome, ufficiali e comandanti che stavano
mettendo in pericolo la promozione, allievi e aiuti nocchiere il brevetto,
sottufficiali il loro avanzamento. « La testa un po' più avanti, se non vi
dispiace, signore », mormorò l'uomo dello sceriffo e la metà superiore
della struttura di legno cadde, imprigionando la sua faccia impotente.
Avvertì lo scatto del chiavistello e poi, nel silenzio mortale, una voce forte
gridò: « Scoprirsi il capo! » In un unico movimento, centinaia di cappelli
dalla tesa larga ricoperti di tela cerata volarono in aria e si levò
l'acclamazione, la travolgente, selvaggia, sonora acclamazione che aveva
così spesso udito in battaglia.
CAPITOLO X
inteso, dunque », disse il signor Lowndes del ministero degli Esteri, «non
procederete per il momento a nessuna azione, ma vi limiterete, a meno che
le circostanze non siano straordinariamente favorevoli, a prendere contatti
a Valparaiso e a Santiago; e resta inteso anche che l'ammontare
complessivo delle prede catturate, meno il dieci per cento, sarà detratto
dalla sovvenzione giornaliera concordata e che non saranno fatte altre
richieste al governo di Sua Maestà. » «Rimane la questione del
deterioramento», disse Stephen. « In una nave di tale immenso valore e in
mari di tale ineguagliata turbolenza, l'usura è calcolata in centosettanta
sterline al mese, centosettanta sterline per mese lunare: devo insistere su
questo punto; devo insistere che sia chiaramente specificato. »
«D'accordo», acconsentì cupo il signor Lowndes. Prese un appunto e
continuò: «Ecco qui un elenco dei notabili e dei militari raccomandati dal
Consiglio di liberazione cileno e da nostre fonti d'informazione: e qui
avete la dichiarazione di quali munizioni e quali somme di denaro il
Consiglio è in grado di fornire. È anche inteso che somme e materiali
risulteranno invariabilmente provenienti dal Consiglio stesso e in nessun
modo dal governo di Sua Maestà. E dal momento che sicuramente non è
necessario che io ripeta come, nell'eventualità di un conflitto con le
autorità locali che abbia esito sfavorevole, tutta l'impresa sarebbe
sconfessata e voi non ricevereste nessun appoggio ufficiale, assolutamente
nessuno, ritengo che sia tutto, a parte ciò che possono voler aggiungere il
colonnello Warren e Sir Joseph ». «Per parte mia», disse il colonnello
Warren, parlando non come soldato, ma come membro del Comitato al
quale tutti e tre appartenevano, « devo soltanto dare al dottor Maturin i
codici relativi e i nominativi delle persone con le quali potrebbe
comunicare. Forse vorrete controllarli, signore », soggiunse, passando a
Stephen il pacchetto. « Per l'aspetto navale ho qui questi due documenti »,
disse Sir Joseph, battendovi sopra gli occhiali. « Una lettera di esenzione
che impedirà l'arruolamento forzato degli uomini del dottor Maturin e
un'altra che gli permetterà di provvedere al raddobbo e di ottenere i
rifornimenti presso gli arsenali di Sua Maestà, pa243 gando con tratte a
novanta giorni su Londra a un prezzo non superiore alla spesa effettiva. »
«In questo caso», disse il signor Lowndes, alzandosi, «non mi resta che
augurare al dottor Maturin ogni successo. » «E un felice ritorno... un
felicissimo ritorno», aggiunse il grosso colonnello nella sua strana voce
acuta, stringendo la mano a Stephen con un'espressione gentile. Sir Joseph
li accompagnò e, non appena la porta si fu richiusa alle loro spalle, si
affacciò alle scale, chiamando: « Signora Bar-low, potete servire in tavola
quando volete ». «Sono davvero desolato, Maturin», disse, rientrando nella
stanza, « è stato spietato da parte di Lowndes tirarla così per le lunghe.
Sembrava che stesse concludendo un trattato con una potenza ostile
anziché... Spero proprio che non vi abbia rovinato l'appetito. Sapendo che
a voi gente della vecchia fede è richiesto di mortificare la carne in questo
giorno, sono sceso presto e ho trovato una certa quantità di ostriche
davvero fresche, un paio di aragoste e un rombo, ah, formidabile!
Speriamo che non si sia scotto, non lo perdonerei mai al Foreign Office,
mai, finché avessi vita. » Versò lo sherry nei bicchieri. « Ma devo dire che
ho apprezzato la vostra tenacia per quanto riguarda la parte finanziaria. » «
E la ricchezza che produce questi risultati », spiegò Stephen. « Da quando
ho ereditato tutto quel denaro, ho scoperto che mi dispiace molto esserne
separato, in particolare in un modo prepotente e brutale. Laddove in altri
momenti mi sarei lasciato docilmente truffare, rapinare o zittire, adesso
contrattacco con una sicurezza, un'asprezza che mi sorprendono molto e
che quasi sempre hanno successo. » Alzò il bicchiere e brindò: «Al vostro
completo e rapido successo ». « Grazie », disse Blaine. « Warren e io
crediamo di essere abbastanza vicini alla nostra volpe. Si tratta realmente
di alto tradimento e sono soltanto in venti in grado di commetterlo... in una
posizione che lo consenta, intendo dire. Questo ventesimo uomo è molto
cauto e astuto, ma io ritengo che Warren, con tutte le risorse che ha a
disposizione, riuscirà a stanarlo. Warren è assai più intelligente di quanto
la sua espressione militaresca e la sua mole possano far pensare; è un
eunuco, sapete, e l'uomo privo di...» « Scusate, signore », lo interruppe
severamente la signora Bar-low sulla porta e Sir Joseph, arrossendo,
condusse Stephen nella 244 stanza da pranzo. « Quali nuove del povero
Aubrey? » domandò mentre si accomodavano a tavola. « Ha tutti gli
uomini che vuole, ne ha respinti molti e ne ha accettati altri in prova; e
intende incrociare nel Golfo per un mesetto, per vedere come rispondono e
se qualcuno si dimostra incapace. Devo raggiungerlo sabato, partendo
domattina presto con la vettura di posta. » « Sono contento che sia così
fortunato con l'equipaggio: i più intelligenti arriveranno a frotte,
naturalmente, per poter navigare con un tale comandante, un tale
catturatore di prede. Che meraviglioso cambiamento rispetto al dover
contare sulle navi caserma! Merita un po' di fortuna, dopo tanta infelicità.
Eppure, sapete, quella miserabile impresa non ha giovato affatto al
governo. Quinborough è forse l'uomo più impopolare di tutta la nazione al
momento; viene fischiato per strada e i radicali sono stati del tutto
dimenticati nell'indignazione generale contro la sentenza e la sua condotta
al processo. La città è entusiasta per le acclamazioni degli ufficiali e dei
marinai all'Exchange: il governo non ha affatto compreso i sentimenti del
Paese. Il popolo si diverte nel vedere alla berlina un fornaio che ha rubato
sul peso o un agente di Borsa fraudolento, ma non tollera un ufficiale di
marina su quell'arnese. » « Sì, i marinai sono stati uno spettacolo glorioso.
Sono rimasto stupito e incantato nel vederne tanti. » « IL governo non
avrebbe potuto condurre peggio la faccenda. L'esecuzione della sentenza
rimandata fino a quando tutta l'isola non è stata in preda all'indignazione e
fino a quando una grossa squadra non si è trovata per l'appunto ai Downs e
molte altre navi al Nore, insieme con molte più unità del solito nel
Medway e nell'alto Tamigi. Tutte queste navi presenti, la grande
popolazione galleggiante dei marinai in un momento in cui la marea e il
vento erano perfetti per far loro risalire il fiume e per riportarli indietro.
Naturalmente sono accorsi molti ufficiali e naturalmente a molte squadre
di marinai è stato dato il permesso di scendere a terra... Mi hanno detto che
erano presenti perfino le squadre dell'arruolamento forzato, con la scusa di
cercare disertori. E ora Quinborough e i suoi amici sono ridotti a far
scrivere libelli per difendere la propria condotta. » IL rombo formidabile
arrivò in tavola, accompagnato da una bottiglia di Montrachet, e, dopo una
pausa molto impegnata, 245 Stephen osservò: «Credo che possiate
perdonare al signor Lowndes, dopotutto». « Un animale verboso »,
commentò Sir Joseph, ma senza animosità; e poi: « Parlando di libelli, che
ne pensate di quello del vostro amico? Del signor Martin? » «In fede mia,
non l'ho letto», rispose Stephen. «Mi è arrivato, sì, un pacchetto dalle lande
remote in cui vive la cara creatura, proprio quando stavo partendo per
Bury. Ho saputo dal biglietto allegato che va tutto bene, una bella ferita e i
punti ben saldi, così l'ho messo da parte per leggerlo in un altro momento.
Immagino si tratti del suo lavoro sugli Autentici Cureulioni che voleva
scrivere da tempo. » «Oh, povero me, no. S'intitola Un resoconto di certe
pratiche immorali prevalenti nella marina britannica, unitamente ad alcune
osservazioni sulla fustigazione e sull'arruolamento forzato. » Stephen posò
la forchetta e il pezzette di pane. «È molto velenoso? » domandò. «Uno
scorpione è nulla al confronto. Esclude la fregata S., condotta
onorevolmente dal comandante A. dalle accuse riguardanti prostituzione,
sodomia e punizioni tiranniche, crudeli e capricciose, ma si abbatte sul
resto come una valanga di mattoni. E attacca il sistema di reclutamento.
Per fortuna può permettersi di farlo, perché, da quanto ho capito, si è
sposato e ora vive del suo beneficio ecclesiastico in campagna. » «Non ha
nessun beneficio ecclesiastico in campagna né da nessun'altra parte.
Intendeva continuare a navigare con me e con il comandante Aubrey come
cappellano navale. » « Be', ne sono veramente dispiaciuto, perché è un
entomologo eccellente e vostro amico, ma dopo questa esplosione
d'indignazione, per quanto moralmente giusta, per quanto vera, non troverà
nessun'altra nave. Avrebbe fatto molto meglio ad attenersi agli Autentici
Cureulioni o ancor meglio alle sue Cicindelidae del Nuovo Mondo. Ma
speriamo che sua moglie gli abbia portato in dote una ragionevole fortuna,
così che possa continuare a indulgere nel lusso di dire ai suoi superiori che
cosa pensa di loro. Cicindelidae, gloriosi coleotteri! Non ho ancora
sistemato e classificato nemmeno la metà della raccolta che siete stato
tanto gentile da portarmi, anche se spesso me ne sto seduto con loro fino
all'una del mattino. Ma, oh, Maturin, arrossisco nel confessarlo, visto che
era la rarità delle rarità, ma un movimento maldestro ha fatto cadere il
duodecimpunctatus sul pavimento e uno scatto ancora
246 più infelice, per tentare di salvarlo, ha fatto finire il mio piede
esattamente sul suo dorso. Se mai doveste passare dai lidi dell'O-rinoco, vi
sarei infinitamente obbligato se... » I coleotteri, l'Associazione
entomologica e la Royal Society li portarono sino al formaggio e, servendo
il caffè, la signora Bar-low disse: «Sir Joseph, ho messo le ossa del signore
sotto il suo cappello sulla sedia nell'ingresso ». «Oh, sì», esclamò Blaine,
«Cuvier ha mandato a Banks un pacchetto di ossa per voi e Banks,
sapendo che oggi sareste stato qui, le ha date a me. » « Probabilmente sono
quelle del Pezophaps solitarius », disse Stephen, palpando il pacchetto
mentre si accomiatava. «Che pensiero gentile da parte di Cuvier! »
Camminò in fretta e, arrivato al Black, corse su per le scale fin dove le sue
cose giacevano sparse dappertutto in attesa di essere riposte nella cassa da
marinaio e aprì il pacchetto. Non erano le ossa del solitario di Rodriguez e
ancor meno del dodo, come aveva sperato per un momento, ma ossa miste
di cicogne comuni, di gru e forse di un pellicano bruno. Le ossa erano
avvolte in una pelle di sula abbastanza ben conservata, ma per nulla
eccezionale. Qualsiasi bottega naturalistica nei paraggi del Jardin des
Plantes avrebbe potuto fornirla. Eppure non sembrava possibile che
qualcuno avesse voluto spingersi a tanto in uno scherzo così sciocco e
Stephen cominciò a esaminare attentamente le ossa. Non trovò nulla: ma
sull'interno della pelle era scritto un messaggio. Sembrava un'annotazione
dell'imbalsamatore, ma in realtà si leggeva: Si la personne qui s'intéresse
au pavillon de partance voudrait bien donner rendez-vous en laissant un
mot chez Jules, traiteur a Frith Street, elle en aurai des nouvelles. «
Pavillon de partance », disse Maturin ad alta voce, aggrottando la fronte.
Tentò un certo numero di combinazioni, ma il risultato era sempre pavillon
de partance; e più ripeteva quelle parole più gli sembrava di averle già
sentite molto tempo prima in Francia. Si avviò verso la biblioteca,
continuando a borbottare tra sé; ma ai piedi delle scale incontrò l'amabile
ammiraglio Smyth. « Buonasera a voi, signore », lo salutò, « stavo
andando a cercare un'enciclopedia navale, ma ora posso farne a meno,
vedo. Che cos'è un pavillon de partanceì » «Ma, dottore», disse
l'ammiraglio, sorridendo con benevolenza, « dovete averlo visto spesso, di
sicuro: la bandiera blu con 247 un riquadro bianco al centro che noi
issiamo in testa all'albero di trinchetto per comunicare che intendiamo
salpare subito. È chiamata generalmente il Blue Peter. » «IL Blue Peten
Ma certo! Grazie, ammiraglio, vi ringrazio moltissimo. » «Di niente, di
niente», disse l'ammiraglio, ridacchiando. Si allontanò lungo il corridoio
mentre Stephen risaliva le scale e tornava nella sua stanza. Tolse tre
camicie dal bracciolo della poltrona e si sedette. La sua mente - o forse il
suo petto - era in un tumulto di emozioni, alcune dolcissime e dolorose
insieme. La serie di eventi risuscitati dal nome della bandiera di
segnalazione, e dal messaggio ora comprensibile, si erano presentati nitidi
e con tutti i particolari nel momento stesso in cui l'ammiraglio Smyth
aveva dato la sua definizione, eppure, mentre sedeva davanti alla finestra
fissando il vuoto, rivisse la storia più e più volte. Il Blue Peter era un
diamante molto grosso a forma di cuore, blu naturalmente, che era
appartenuto a Diana, a Parigi, nei primi tempi della guerra, ed era una
pietra che lei aveva carissima, alla quale era appassionatamente attaccata.
Diana avrebbe potuto vivere tranquillamente in Francia, perché, prima di
tornare a essere suddita britannica sposando Stephen, era legalmente
cittadina americana; e si trovava ancora a Parigi quando la corvetta di Jack
Aubrey, Y Ariel, aveva fatto naufragio sulla costa bretone.* Stephen era
sospettato di essere un agente del Servizio d'informazioni inglese e,
insieme con Jack e con il loro compagno Jagiello, un ufficiale al servizio
della Svezia, era stato portato a Parigi e rinchiuso nella prigione del
Tempio. Sembrava che perlomeno Stephen dovesse essere fucilato e Diana
aveva cercato di salvarlo corrompendo la moglie di un ministro con il
diamante, un atto che per poco non aveva suggellato il destino di Stephen
quasi fosse una prova della sua importanza come agente. Erano stati poi
tutti rilasciati, ma per una ragione completamente diversa: alcuni
personaggi influenti, capeggiati da Talleyrand, erano convinti che in quella
congiuntura fosse possibile rovesciare Napoleone e porre fine alla guerra,
se l'Inghilterra avesse accettato una pace negoziata, e avevano bisogno di
un messaggero molto speciale, ben introdotto, che si facesse latore delle
loro proposte. La persona che agiva a nome di quel gruppo, Duha* Cfr.
Patrick O'Brian, Missione sul Baltico, Longanesi, Milano, 1999. (NAT.)
248 mei, membro anziano di uno dei Servizi d'informazioni francesi, aveva
fatto capire a Stephen che avrebbe potuto essere quel messaggero e, dopo
una serie d'incontri, Stephen aveva accettato, ponendo come condizione la
liberazione sua e dei suoi compagni e la restituzione del diamante. La
restituzione del diamante, politicamente impossibile così presto, era stata
promessa a una data successiva. Era passato qualche anno e del Blue Peter
Stephen non aveva più sentito parlare; e in verità tante cose erano successe
nel frattempo che il bagliore di quella pietra era poco più del ricordo di un
ricordo. «Una strana proposta», commentò, contemplando nuovamente la
pelle di sula, « e non senza pericoli. » Considerò per qualche momento i
possibili svantaggi, rapimento, assassinio e così via, e poi concluse: « Ma
tutto sommato vale la pena di tentare; e posso prendere la vettura lenta a
mezzogiorno. Mi farà arrivare comunque in tempo per la sacra marea di
Jack, la marea che non deve essere persa per nessuna ragione». Scrisse un
biglietto: se il signore che lo aveva onorato con l'invio di quelle ossa si
fosse presentato nel prato in fondo al viale per le carrozze a Regent's Park
la mattina seguente alle otto e mezzo, il dottor Ma-turin sarebbe stato lieto
d'incontrarlo: il dottor M. pregava il gentiluomo di venire solo e di tenere
un libro in mano. Portò il biglietto al portiere, gli chiese di mandare un
ragazzo a Frith Street e tornò al suo bagaglio. Prepararlo fu un'impresa
lenta, laboriosa e inefficiente; nel club molte abili mani sarebbero state
disponibili per farlo al posto suo, ma l'abitudine alla segretezza era ormai
così radicata in lui, era divenuta quasi così istintiva, che non gradiva far
vedere a estranei nemmeno le camicie da piegare. Le maggiori difficoltà le
ebbe con la cassa da marinaio: conteneva due ripiani e un cassettino
interno, e più di una volta la riempì completamente, chiudendo a forza il
coperchio, solo per scoprire di aver dimenticato gli uni o l'altro sul letto o
dietro la porta. Verso mezzanotte, quando tutto era pronto e chiuso con il
lucchetto, Stephen si rese conto che le due piccole pistole che aveva avuto
in mente di portare con sé la mattina seguente erano nello scomparto in
fondo a tutto il resto. « La vita non vale tanto », giudicò e si coricò sul
letto con il libello di Martin, un'esposizione accurata e ben informata degli
abusi che avvenivano nella marina britannica e, date le circostanze, forse
lo scritto più impolitico che un cappellano della marina avesse mai
prodotto; perché la signora Martin non gli aveva por249 tato in dote
assolutamente niente ed egli non aveva nessuna prospettiva di ottenere un
beneficio ecclesiastico, avendo contato interamente sulla protezione di
Jack Aubrey, sulla permanenza al servizio di Jack Aubrey. Una delle
ragioni dell'andirivieni tra la Francia e l'Inghilterra era la presenza a
Hartwell, nel Buckinghamshire, del conte de Lille, il de iure re Luigi
XVIII. I suoi consiglieri erano costantemente in contatto con i vari gruppi
realisti, particolarmente con quelli di Parigi, e, dal momento che alcuni
ministri di Bonaparte ritenevano saggio assicurarsi contro ogni evenienza,
non soltanto erano conniventi con quel traffico, ma inviavano perfino
emissari propri con messaggi che in genere contenevano espressioni di
rispetto e di buona volontà ma poco più: niente di concreto, insomma. Il
numero di quegli inviati aumentava o diminuiva a seconda delle fortune di
Napoleone - ultimamente se n'erano visti pochissimi - e le cifre fornivano
ai Servizi d'informazioni inglesi un quadro abbastanza accurato del clima
che regnava negli ambienti informati di Parigi. « Probabilmente sarà uno
di questi », disse Stephen, mentre la carrozza lo portava rapidamente verso
Regent's Park. D'altro lato però, riflette, i Servizi d'informazioni francesi
avevano cominciato a infiltrare qualche loro agente tra quei messaggeri o,
se non proprio agenti, perlomeno creature ambigue e variopinte che
facevano il doppio e triplo gioco, ed era presumibile che il donatore di ossa
appartenesse a quella categoria. Ovviamente era qualcuno che sapeva
dell'invito a suo tempo rivolto a Stephen di parlare all'Institut de France sul
Pezophaps solitarius, qualcuno che conosceva i suoi rapporti con la Royal
Society ed era al corrente degli scambi tra Banks e Cuvier; ma non era
certamente un'identificazione, quella. Individui del tutto indesiderabili
potevano essere a conoscenza di certi fatti. « Sono contento di aver
ripescato le pistole, anche se non so con che coraggio affronterò di nuovo
quella cassa», disse. # «Eccoci arrivati, Milord», annunciò il cocchiere.
«Una corsa veloce davvero. » 250 « Vere tutte e due le cose », confermò
Maturin. Eppure, nonostante la corsa veloce, non era il primo
all'appuntamento. Appoggiandosi alla staccionata bianca dove il viale
terminava e scrutando il prato che si allungava verso nord, Stephen vide
una figura solitaria che passeggiava avanti e indietro con un libro in mano.
Non c'era sole, ma il cielo alto e pallido diffondeva una luce chiara e
Stephen riconobbe l'uomo quasi immediatamente. Sorrise, s'infilò sotto la
staccionata e s'incamminò sul prato incolto verso la figura remota. Lontano
a ovest un gregge di pecore stava pascolando, bianco sul verde vivido
dell'erba: superò una lepre nella sua tana, ben rannicchiata e con le
orecchie appiattite, persuasa di essere invisibile e così vicina che avrebbe
potuto toccarla, e, quando ebbe raggiunto una distanza conveniente,
chiamò: « Duhamel, sono felice di rivedervi! » togliendosi al tempo stesso
il cappello. Duhamel pareva molto invecchiato, logorato, ingrigito rispetto
all'ultima volta in cui si erano visti, ma ricambiò il saluto con uguale buon
umore e disse che anch'egli era contentissimo di rivedere Maturin,
soggiungendo che sperava stesse bene. « Mi dispiace sinceramente di
avervi portato in questo* luogo sperduto », disse Stephen, « ma, dal
momento che non sapevo chi foste, mi è parso che un'estrema discrezione
fosse la cosa migliore per tutti. Siete stato davvero bravo a trovare questo
posto. » «Oh, lo conosco bene», replicò Duhamel. «Sono venuto a caccia
qui lo scorso autunno con il mio corrispondente inglese. Sfortunatamente
avevamo solo fucili in prestito e cani pessimi, ma io ho comunque preso
quattro lepri e il mio compagno due lepri e un fagiano. Ce n'erano almeno
trenta o quaranta. Lepri, intendo, non fagiani. » « Vi piace molto la caccia,
Duhamel? » « Sì. Anche se preferisco la pesca. Starsene seduti sulla
sponda di un fiume tranquillo a osservare il galleggiante sull'acqua è per
me la felicità stessa. » S'interruppe per qualche momento, poi riprese: «
Devo scusarmi con voi per aver usato un modo di comunicazione così
inappropriato, ma, l'ultima volta che sono stato a Londra, ho trovato la
vostra locanda distrutta... Non conoscevo nessun altro indirizzo e non
potevo portarvi questo direttamente all'Ammiragliato senza timore di
compromettervi ». Tirò fuori il sacchettino di stoffa di un gioielliere, l'aprì,
ed ecco, in piena luce, l'improvviso scintillio del diamante, non più un
ri251 cordo, ma reale ora, e assai più brillante, assai più azzurro
dell'immagine nella mente di Stephen, un oggetto assolutamente superbo,
freddo e pesante nella mano. «Grazie», disse, facendolo scivolare nella
tasca delle brache dopo averlo contemplato per un lungo momento in
silenzio. « Ho un grande debito con voi, Duhamel. » « Avevamo concluso
un affare », ribattè Duhamel, « e c'è soltanto una persona da ringraziare, se
mai i ringraziamenti sono dovuti, e questa persona è d'Anglars. Potete
dargli del pederasta, se volete, ma è l'unico uomo di parola che io conosca
tra tutti quei politicanti corrotti e arrivisti. Ha insistito affinchè vi fosse
restituito. » « Spero di potergli esprimere direttamente la mia
riconoscenza, un giorno. Ed è così anche per la signora, certamente »,
disse Stephen. «Vogliamo tornare a piedi in città?» Naturalmente aveva
notato l'amarezza di Duhamel, ma non vi fece cenno e, dopo aver
camminato per un considerevole tratto senza parlare, disse: « In linea
generale le domande sono fuori posto nel nostro mestiere, ma posso
chiedervi se sarebbe sicuro per voi bere una tazza di caffè con me? A
Marylebone c'è una pasticcerà francese che sa fare un buon caffè, un
talento raro in quest'isola ». « Oh, sicurissimo, grazie. Sono accreditato
presso Monsieur de Lille. A Londra soltanto tre uomini, due ora, sanno chi
io sia. Ma temo di dover declinare l'invito. Una carrozza mi aspetta dietro
quella fila di carri per portarmi subito a Hartwell. » Allora avrò tutto il
tempo di fare il bagaglio e di prendere la diligenza, riflette Stephen. Ma
Duhamel continuò in un tono di voce alterato: «IL nostro mestiere... Ah,
Maturin, non siete nauseato di dover perpetuamente mentire, ingannare,
della perpetua malafede? Diretta non soltanto contro il nemico, ma anche
contro le altre organizzazioni e all'interno dello stesso gruppo! » IL volto
di Duhamel sembrava più grigio ora e contratto dalla forza dell'emozione.
« Lotta per il potere e per il vantaggio politico, falsità e tradimento a dritta
e a manca, alleanze che si ribaltano, né fede, né lealtà. So che esiste un
piano per sacrificarmi. Il mio corrispondente a Londra, l'uomo con il quale
sono andato a caccia, è stato sacrificato: anche se nel suo caso si è trattato
soltanto di denaro, mentre nel mio si tratta di provare la fedeltà del mio
capo all'imperatore. Se foste andato in Bretagna, voi sareste stato
sacrificato; e io non avrei potuto salvarvi, dal momento che erano stati gli
uomini di Lucan a organizzare l'affare di Madame de 252 la Feuillade. Ma,
dal momento che non siete andato, suppongo che sappiate già tutto. » Di
comune accordo, fecero dietrofront e ripresero a camminare sull'erba. «
Non ne posso davvero più », continuò Duhamel. « È questa una delle
ragioni per cui sono così contento di aver portato a termine questa
missione in modo tanto pulito: qualcosa di chiaro e netto finalmente. »
Agitò le mani in un gesto di disgusto ed esclamò: « Sentite, Maturin!
Voglio andare in Canada... a Quebec. Se poteste aiutarmi, io vi restituirei
dieci volte tanto. Dieci volte tanto. So qualcosa delle vostre faccende e vi
do la mia parola che quanto posso dirvi riguarda molto da vicino la vostra
organizzazione e il comandante Aubrey». Stephen lo fissò con i suoi occhi
chiarissimi, attenti, obiettivi, e dopo un momento disse: « Cercherò di
organizzare la cosa. Vi farò sapere domani. Dove possiamo incontrarci? »
«Oh, ovunque. Come vi ho detto, a Londra soltanto due uomini mi
conoscono. » « Potete venire al Black, in St. James's Street? » «Di fronte al
Button?» domandò Duhamel con uno strano sguardo... un lampo di
diffidenza che scomparve quasi subito. « Sì, certamente. Alle sei andrebbe
bene per voi? » « Perfettamente », rispose Stephen. « Domani alle sei,
allora. » Tornati sulla strada, si separarono, Duhamel per dirigersi a ovest
verso la sua carrozza e Stephen per incamminarsi lentamente verso sud,
cercando di non farsi sfuggire una eventuale vettura a nolo. La trovò
finalmente in una stradina laterale, seminascosta dai carri dei materiali e
dal polverone delle case in costruzione, e si fece portare all'albergo
Durrant. Una volta là, chiese del comandante Dundas e apprese senza
eccessiva sorpresa che era uscito. « Lo aspetterò », disse e si sedette,
preparato a un'attesa che avrebbe potuto essere di ore; ma i biglietti si
perdevano e i messaggi si dimenticavano e, anche quando non era così, chi
li riceveva non ne vedeva l'urgenza con la stessa chiarezza di chi li aveva
mandati. Fu in verità un'attesa di ore, ma non gli pesò eccessivamente,
perché, come d'abitudine, molti ufficiali di marina risiedevano al Durrant e
parecchi di loro, desiderosi di dimostrare la loro simpatia al comandante
Aubrey, vennero a sedersi per un po' accanto a Stephen. L'ultimo, un
capitano di vascello affabile, grasso e occhialuto di nome Hervey, gli stava
dicendo che stramaledetta cosa fosse per la marina aver perduto un
marinaio così magnifico, proprio in un mo253 mento in cui le fregate
americane facevano tanti danni, quando s'interruppe ed esclamò: «Ecco
Heneage Dundas: ne è ancora più convinto di me! » « Venite tutti e due a
mangiare il montone con me », li invitò Dundas, avvicinandosi. «Ahimè,
non posso», si scusò Hervey. «Sono impegnato.» Guardò l'orologio con il
suo sguardo fisso da miope e balzò in piedi. « Sono in ritardo, sono già in
ritardo! » «Per quanto mi riguarda, ne sarei ben felice», disse Stephen; era
la verità: provava grande simpatia per Dundas, aveva saltato la colazione
per via di quell'infernale cassa da marinaio e, a dispetto dei pensieri che lo
inquietavano, stava morendo di fame. « Voi salpate per la base
nordamericana molto presto, non è vero? » chiese, quando furono arrivati
alla torta di mele. «Lunedì, vento e tempo permettendo», rispose Dundas.
« Domani devo fare i miei adieux. » « Vorreste farmi la cortesia di
accompagnarmi nella sala da fumo? » domandò Stephen. Ma, una volta là,
si rese conto che era troppo affollata e rivelò: « La verità è che vorrei
parlarvi in privato. Pensate che possiamo salire in camera vostra? »
Dundas fece strada, gli offrì una sedia e disse: « Sapevo che avevate
qualcosa in mente ». «Credo che potremmo rendere a Aubrey un servizio
della massima importanza», esordì Stephen. «Ho appena parlato con un
uomo nel quale ho molta fiducia. Vuole andare in Canada. In cambio del
nostro aiuto mi darà informazioni di grande valore riguardanti Jack. »
Rispondendo al dubbio e all'insoddisfazione sulla faccia di Dundas,
continuò: « Detto in questi termini nudi e crudi, può sembrare ingenuo in
modo intollerabile, perfino sciocco, ma sono legato dalla natura
confidenziale di così tanti aspetti della questione... non posso rivelare una
quantità di dettagli che risulterebbero del tutto convincenti. Ma perlomeno
posso mostrarvi questo ». Estrasse il pacchettino del Blue Peter dalla tasca,
lo svolse e mostrò il diamante in un raggio di sole. «Che pietra
meravigliosa, stupefacente!» esclamò Dundas. « Che cos'è, uno zaffiro? »
«È il diamante azzurro di Diana», spiegò Stephen. «Diana era a Parigi,
ricorderete, quando Jack e io ci trovavamo in prigione al Tempio, e il fatto
che abbia lasciato là il suo diamante è collegato con la nostra fuga. Era
stata promessa la sua restituzione, tuttavia, e l'uomo di cui parlo me l'ha
portato stamani prima di 254 proseguire per Hartwell. Vi dico questo
perché comprendiate perlomeno una delle ragioni per cui mi fido della sua
parola e prendo molto sul serio ciò che dice. Nulla gli avrebbe impedito di
tenersi la pietra, eppure me l'ha data così, semplicemente, senza porre
nessuna condizione. » «È un diamante straordinario davvero», osservò
Dundas, « non credo di aver mai visto niente di più bello fuori della Torre.
Deve valere una fortuna. » «Questo mi ha infatti impressionato: un uomo
che intende andare nel Nuovo Mondo a rifarsi un'esistenza e che rinuncia a
un tesoro così facile da portare con sé non è persona da prendere alla
leggera. » « Conoscete la ragione per cui vuole andare in Canada? » « Non
vi chiederei di prenderlo con voi, se fosse un criminale comune che
intende sottrarsi alla legge. No, è stanco, nauseato dalla malafede dei suoi
colleghi, dai loro dissensi e dalle loro dissimulazioni, e desidera uno stacco
netto e improvviso. » « E francese, immagino, dato che va a Hartwell. » «
Non ne sono sicuro. Potrebbe essere delle regioni del Reno. Ma in ogni
caso non è un bonapartista, questo ve lo posso assolutamente garantire. »
«Pensate che basterebbe la promessa di portarlo con me a condizione che
le sue informazioni risultassero utili per Jack? » « No. » « Già. Suppongo
di no. Anche se faremmo davvero la figura degli idioti se... » Dundas
passeggiò avanti e indietro, riflettendo per qualche momento, poi disse:
«Ebbene, immagino che dovremo prenderlo a bordo. Scriverò un biglietto
a Butcher per avvertirlo di riceverlo come mio ospite. Per fortuna abbiamo
spazio in abbondanza... non avremo un nocchiere fino a Halifax. Parla
bene inglese? » «Oh, benissimo. Correntemente, intendo. Ma l'ha imparato
da una governante scozzese e poi da un tutore scozzese e in realtà parla il
dialetto settentrionale; non è un inglese volgare né incomprensibile... anzi,
direi che ha un certo fascino arcaico e barbarico e solo un orecchio
finissimo potrebbe riconoscere l'accento straniero. È un gentiluomo
tranquillo e inoffensivo e probabilmente resterà a letto per quasi tutta la
traversata, essendo ben poco abituato al mare. » « Meglio così. È
assolutamente contrario ai regolamenti, sapete, prendere a bordo uno
straniero. » 255 « È assolutamente contrario ai regolamenti anche prendere
a bordo giovani signore, straniere o no, eppure mi sembra di averlo visto
fare. » «Bene, andiamo giù a prendere penna e inchiostro», tagliò corto
Dundas. # IL dottor Maturin ebbe tutto il giorno seguente per riflettere su
ciò che aveva fatto e che stava facendo. Secondo ogni regola professionale
era un'azione straordinariamente imprudente; ed era straordinariamente
poco saggia da un punto di vista personale, dal momento che lo avrebbe
compromesso in modo serissimo, rendendolo suscettibile di accuse molto
gravi: i suoi atti avrebbero potuto essere interpretati come criminali e in
effetti potevano costituire un crimine, un crimine degno della pena
capitale. Si fondava esclusivamente sul suo istinto e il suo istinto non era
per nulla infallibile: in certe occasioni era influenzato dai suoi desideri e in
passato lo aveva già ingannato dolorosamente. Ogni tanto si rassicurava,
guardando lo splendido diamante che teneva in tasca come un talismano, e
trascorse il pomeriggio al bagno turco del Covent Garden, sudando in tutte
le sue scarne membra nella stanza più calda finché non ebbe più una
goccia da spremere. « È una persona puntuale Duhamel? » si domandò,
sedendosi nel vestibolo del Black da dove poteva dominare l'ingresso e il
banco del portiere. «È un uomo che bada al minuto? » Non ottenne
risposta fino a quando l'orologio non ebbe finito di suonare le sei e
Duhamel non fu comparso sui gradini, con un pacchetto in mano. Stephen
gli andò incontro prima che l'altro chiedesse di lui e lo condusse al piano
superiore, nella lunga sala affacciata su St. James's Street. Duhamel
sembrava ulteriormente in-grigito, ma era perfettamente composto, la
faccia impassibile come al solito. « Ho organizzato la vostra traversata fino
a Halifax sull'Eurydice », annunciò Stephen. « Dovrete essere a bordo
prima di lunedì e viaggerete come ospite del comandante. E un amico
intimo del comandante Aubrey. Ho lasciato capire che siete o siete stato in
qualche modo legato a Hartwell, ma vi consiglio ardentemente di restare
nella vostra cabina con la scusa del mal di mare e di parlare pochissimo.
Ecco qui un biglietto di presentazione per la nave. Vedrete che ho
conservato il nome di Duhamel. » 256 «Tutto sommato lo preferisco: una
complicazione di meno», commentò il francese, prendendo il biglietto. «Vi
sono molto grato, Maturin. Credo che non lo rimpiangerete. » Si guardò
intorno. In fondo alla sala un anziano socio era intento a decifrare gli Atti
parlamentari con l'aiuto di una lente. «Potete parlare liberamente», lo
rassicurò Stephen. «Il gentiluomo è un vescovo, un vescovo anglicano; ed
è sordo. » «Ah, un vescovo anglicano», disse Duhamel. «Davvero. Sono
contento che siamo in questa particolare sala», soggiunse, guardando la via
sottostante. Si riprese e cominciò: « Da dove iniziare? I nomi, i nomi.
Questa è una delle difficoltà. Non sono sicuro dei nomi delle tre persone
delle quali voglio parlarvi. Il mio corrispondente qui a Londra usava quello
di Palmer, ma non era il suo e, sebbene fosse un uomo notevolmente
dotato in molti modi, si tradiva in questo, che non rispondeva sempre
immediatamente o con naturalezza al suo nom de guerre. Il nome del
secondo vi è familiare: è Wray, Andrew Wray. Per parecchio tempo l'ho
conosciuto come signor Grey, ma non è un buon agente e si ubriacava, e
alla fine si è tradito. No, non è affatto un buon agente e, francamente,
Maturin, mi domando come abbiate fatto a non individuarlo a Malta. »
Stephen chinò il capo mentre la luce entrava in lui a fiotti, ovvia in modo
accecante, umiliante. « Non potevo immaginare che avreste impiegato una
persona così fatua e inaffidabile», borbottò. « Non manca di una certa
concreta abilità », ribattè Duhamel, «ma, è vero, si tratta di un uomo
emotivo e pauroso. Non ha sostanza e non solo crollerebbe al primo
interrogatorio duro, ma è probabile che lo faccia anche senza
interrogatorio. Non l'avremmo tenuto tanto a lungo se non fosse stato per il
suo amico, il terzo uomo, che io conosco soltanto come signor Smith, un
personaggio in una posizione molto elevata davvero: i suoi rapporti
mandavano letteralmente in estasi rue Villars. » « Più altolocato di Wray?
» « Oh, sì. E di gran lunga più intelligente: vedendoli insieme sembrano il
maestro e lo scolaretto. Un uomo duro, anche. » Duhamel guardò
l'orologio. « Devo essere breve », disse. « Comunque sia, sebbene Smith
abbia grandi capacità e Wray si sia fatto un certo nome, sono entrambi
squattrinati, spendaccioni e giocatori accaniti; e per quanto genuinamente
volontari, chiedono continuamente altro denaro. Dopo la riorganizzazione
di rue 257 Villars, i fondi sono stati molto ridotti. I due hanno tempestato
di richieste sempre più pressanti il nostro Servizio, ma è stato detto loro
che le informazioni inviate di recente erano insufficienti per quantità e per
qualità, il che è vero. Hanno risposto che tra poche settimane Sir Joseph
Blaine sarebbe stato messo finalmente fuori gioco e che allora avrebbero
avuto accesso al Comitato e le loro informazioni sarebbero perciò state del
più grande valore. » Duhamel guardò l'orologio un'altra volta e lo accostò
all'orecchio. «Nel frattempo hanno montato la frode in Borsa. » Pur
avvertendo gli occhi penetranti di Duhamel su di sé, Stephen non riuscì a
nascondere del tutto la sua emozione; il cuore gli batteva così forte che ne
sentiva le pulsazioni in gola e inoltre la stupidità ottusa di cui aveva dato
prova lo impressionava profondamente: tutta la cosa era a tal punto
evidente! Mormorò: « Sembrate preoccupato dell'ora ». « Sì », ammise
Duhamel, spostando la sedia più vicino alla vetrata. «Naturalmente mi
dispiace che il vostro amico sia stato sottoposto a un'esperienza così
crudele, ma, a parte questo, l'osservatore obiettivo deve riconoscere che
l'affare è stato condotto bene. Voi mi direte che, conoscendo esattamente i
movimenti del comandante Aubrey e degli accoliti di suo padre e avendo a
disposizione un agente capace come Palmer, non era difficile; ma sarebbe
un modo di ragionare superficiale... Maturin, non vi offendete se forse tra
qualche minuto sarò costretto a scappare via e a ritornare più tardi? » «
Assolutamente no », lo rassicurò Stephen. « A un certo punto ho pensato
che avrebbero avuto un successo completo e anche se, ovviamente, non
potevano arricchirsi di colpo senza scoprirsi, sono però riusciti a
guadagnare tanto da saldare i debiti più pressanti. » E stato quando Wray
mi ha pagato ciò che mi doveva, riflette Stephen, rinnovando la sua
vergogna. « Ma non è stato sufficiente per loro », continuò Duhamel, « e
hanno fatto altre due proposte: la prima che alcuni titoli di credito per
importi straordinariamente elevati fossero negoziati sui mercati
dell'Europa settentrionale e la seconda proposta era che avrebbero
consegnato voi in Bretagna, a Lorient. La proposta sui titoli di credito è
stata non so se rifiutata o ritirata e voi non siete stato consegnato. Lucan
era furioso con loro, era andato personalmente in Bretagna: e ha tagliato
perfino la sovvenzione
258 mensile. Adesso sono alle strette e affermano di aver preparato
quello che definiscono un rapporto di eccezionale valore. » Di nuovo
Duhamel guardò l'orologio. «Palmer», riprese, «mi parlò dell'affare della
Borsa con dovizia di particolari mentre stavamo pescando in un torrentello
non lontano da Hartwell. Vi sarebbe piaciuto, Maturin: riusciva a farsi
posare sulla mano un martin pescatore. Aveva ogni sorta di qualità. Ma
quella è stata l'ultima volta che l'ho visto. Era stata offerta una grossa
ricompensa per chi l'avesse trovato, la caccia cominciava a diventare
pericolosa e così l'hanno ucciso, nel caso avesse dovuto venire scoperto o
tradito. Non si sono limitati ad allontanarlo, nascondendolo da qualche
parte: l'hanno ucciso o fatto uccidere. Questo non l'ho potuto perdonare. È
stata un'azione puramente criminale. » « Duhamel », disse Stephen a bassa
voce, avvicinando la sedia, tanto che quasi toccava il vetro della finestra,
«potete darmi qualcosa di tangibile, una prova concreta? » « No, non in
questo momento. Ma spero di poterlo fare tra cinque minuti. » Riprese a
parlare di Palmer, un uomo che evidentemente gli era stato molto caro; ma
parlava un po' a casaccio. Si fermò a metà di una frase, prese il suo
pacchetto, disse: «Perdonatemi, Maturin. Guardate, guardate dalla
finestra», e si affrettò a uscire dalla stanza. Stephen lo vide apparire sul
marciapiede sottostante, fare qualche passo rapido verso Piccadilly,
attraversare con suo grande rischio la strada ingombra di carrozze e
ritornare indietro come se stesse passeggiando tranquillamente sul lato
opposto della strada in direzione di St. James's Park. Quasi di fronte alla
finestra di Stephen, all'altezza del Button, si fermò e guardò di nuovo
l'orologio: sembrava che stesse aspettando qualcuno. Lo sguardo di
Stephen seguì la stessa direzione e tra la gente che proveniva dal parco e
da Whitehall vide Wray e il suo amico, più alto di lui e più anziano, a
braccetto. Si staccarono, per togliersi il cappello e salutare Duhamel che si
avvicinava a loro, e tutti e tre si fermarono a parlare per qualche momento,
poi Ledward porse una busta a Duhamel in cambio del pacchetto; si
separarono, i due per entrare al Button e Duhamel, non prima di aver
lanciato una rapida occhiata alla finestra di Stephen, per voltarsi e
allontanarsi in direzione di Piccadilly. Stephen scese a precipizio le scale,
afferrò carta e penna sul banco del portiere, scrisse in fretta qualcosa e
chiamò: «Charles, 259 Charles, mandate per favore un garzone con questo
da Sir Joseph Blaine a Shepherd Market subito, immediatamente: non c'è
un momento da perdere! » « Ma, signore », disse sorridendo il portiere, «
non preoccupatevi, non perderete nemmeno un momento: ecco Sir Joseph
in persona, sta salendo i gradini appoggiato al braccio del colonnello
Warren. »