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Storia antica e iconografia[modifica | modifica ]

Pastore abruzzese a guardia di un gregge.

Il pastore maremmano-abruzzese appartiene al ceppo dei grandi cani bianchi del Centro Europa, stirpe
antichissima di guardiani di armenti e del gregge dal carattere diffidente e bellicoso, giunta
in Italia dal Medio Oriente. Tale appartenenza lascerebbe supporre antenati comuni con i cani da
montagna dei Pirenei, i Kuvasz ungheresi, i Tatra della Polonia, i Cuvac slovacchi, i Šarplaninac (anche
se dal pelo colorato), e gli Akbash della Turchia.
Citato e decantato già in età romana da Catone[5], Columella[6], Varrone[7] e Palladio, il canis
pastoralis o pequarius ("pecoraio") dal pelo bianco ha continuato a svolgere indisturbato le sue
mansioni di guardiano di greggi nel corso dei secoli, senza mai allontanarsi dall'appennino centro-
meridionale dove aveva fatto specie a sé. A conferma di ciò esistono una serie di testimonianze scritte
o iconografiche:

 Un bassorilievo di età ellenistica, riprodotto in un disegno di Max von Stephaniz del 1901.[8]
 Una statuetta votiva custodita nel Museo archeologico dell'antica Capua, a Santa Maria Capua
Vetere (CE).
 Un affresco del XIV secolo situato nella basilica di San Francesco, ad Amatrice (RI); il cane ritratto
indossa il tipico vreccale come precauzione per le lotte contro i predatori.
 Un affresco del XIV secolo situato nella basilica di Santa Maria Novella, a Firenze.
 Una Natività di Mariotto di Nardo (attivo 1394-1424); il cane ritratto indossa il vreccale.
 Abramo e Lot in viaggio verso Canaan di Bartolo Battiloro, nella Collegiata di San Gimignano (SI).
 Un dettaglio del Viaggio dei Magi verso Betlemme dalla Cappella dei Magi di Benozzo
Gozzoli (1460 ca.).
 Le mappe dei pascoli del Tavoliere delle Puglie, acqueforti pubblicate nel 1686 da Antonio e
Nunzio Michele di Rovere.
 Un'incisione della campagna romana realizzata nel XVII secolo da Jan van den Hecke (1620-
1684).
 Una maiolica del XVIII secolo con scene di caccia all'orso, realizzata da Candeloro Cappelletti
(1689–1772) a Castelli (TE).
 Caccia al lupo di Jean-Baptiste Oudry (1746), dalla collezione di Luigi XV; i cani alla sinistra e alla
destra del lupo sono descritti nel catalogo del museo come "grandi cani a pelo lungo".[9] All'incirca
all'epoca del dipinto diversi cani da pastore furono importati in Francia dall'Abruzzo: alcuni furono
impiegati nel 1765 da François Antoine (Antoine de Beauterne) nella vittoriosa caccia alla Bestia
del Gévaudan[10], e secondo Gobin, la Venerie Royale di Luigi XV era composta in larga parte da
pastori abruzzesi e mastini pugliesi.[2]
 Il cane da lupo impiegato da Vincenzo Dandolo per difendere le pecore spagnole sui monti che
dominano Varese.
 Una illustrazione sul Penny Magazine del 1833, intitolata "Wolf dogs of the Abruzzi", ovvero "Cani
da lupo degli Abruzzi".[3]
 Una incisione di Arthur John Strutt, raffigurante un pastore ed il suo cane nella campagna romana
nel 1843.
 Diverse incisioni di Charles Coleman nella sua serie intitolata "A Series of Subjects peculiar to the
Campagna of Rome and Pontine M

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