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I
l collettivo di storici di Riscri-
vere la Storia ritorna nel se-
condo numero della sua rivista,
stavolta con una veste grafica an-
cora più accattivante e con nuovi
contenuti che ben nutriranno la
fame di conoscenza del lettore. A
differenza del precedente nume-
ro, inoltre, è presente un articolo
in più scritto da un nuovo collabo-
ratore del team e a fine rivista si
troverà anche un’interessante no-
vità che mira ad accrescere il più
possibile la qualità della rivista.
L’articolo di apertura è scritto
dall’ideatore del progetto Claudio
Pira che riporta alla luce la storia
della prima guerra d’espansione
giapponese nell’arcipelago circo-
stante all’isola e nella penisola co-
reana. Un momento storico fon-
damentale per capire la centralità
del Giappone nelle vicende asia-
tiche e i suoi burrascosi conflitti
con i coreani e con l’altra potenza
egemone del continente, la Cina.
Anna Di Fresco con il suo stile
romanzesco, ripercorre in breve
ma con grande intensità, il dimen-
ticato olocausto africano della
tratta degli schiavi neri che la no-
stra storia si è lasciata alle spalle
senza troppi scrupoli. Anche qui
emerge l’intento del nostro collet-
tivo di Riscrivere la Storia per dare
voce anche agli oppressi e ai “vin-
ti” del passato.
Il successivo articolo di Sunil
Sbalchiero porterà il lettore di-
rettamente negli ultimi due giorni
del governo di Benito Mussolini,
analizzando attraverso una lente
d’ingrandimento le vicende degli
ultimi eventi che portarono alla
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Editoriale:
sua destituzione e sostituzione,
da un punto di vista troppo spesso
sottovalutato e ignorato.
Segue l’articolo di Cristiano Ri-
messi che in un contesto storico
contemporaneo di terrorismo isla-
mico, tenta di far luce sulle stori-
che divisioni interne dell’Islam per
sfatarne il mito di “monoliticità”
e per diffondere una conoscenza
accademica un po’ più precisa che
contribuisca a sradicare l’islamo-
fobia delle società occidentali.
Costanza Marana delizia il let-
tore con il suo stile aulico dando
respiro e legittimità a documenti
antichi che ricostruiscono auten-
ticamente il sentire di un epoca.
Attraverso l’uso dei documenti,
l’autrice dell’articolo dona nuova
vita allo scritto dell’umanista Giu-
seppe Betussi ove la sua personi-
ficazione della fama e della verità
si sfidano in un “duello di lettere”.
Proseguendo nella lettura, Si-
mona Amadori colpisce con il
suo articolo capace d’intrecciare
storia, crimine e pazzia ricordan-
do una biografia forse dimentica
legata alla figura di una delle più
note celebrità artistiche degli anni
60: Andy Warhol.
Martino Linardi ricorda con il
suo articolo che la storiografia non
racconta solo guerre e oppressio-
ni, bensì tutto ciò che siamo, an-
che la storia della medicina a cui
non si dà mai eccessivo spazio.
L’articolo di chiusura è di Do-
menico Carbone con il quale in-
tende dare visibilità alla guerra in
Birmania, conflitto più lungo in
corso ma fin troppo ignorato dai
mass media e dalle organizzazio-
ni sovranazionali che dovrebbero
occuparsene, a riprova del fatto
che gli interventi internazionali
avvengono solo là dove vigono in-
teressi particolaristici.
Ma la rivista non termina qui.
Al suo interno, Sunil Sbalchiero
propone un inedito ciclo di tre in-
terviste sui movimenti del ’68 al
sociologo e docente universitario
Marco Boato, al docente di storia
contemporanea Guido Crainz e al
giornalista e scrittore Paolo Brogi.
Per concludere inoltre, il lettore
troverà numerose curiosità sto-
riche e foto d’epoca ritoccate in
modo tale da confrontare il passa-
to con il presente dei monumenti
e paesaggi più iconici di ieri e di
oggi.
Non resta che augurare al
lettore una buona lettura!
Editoriale a cura di: Cristiano Rimessi
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I
l Giappone, fino a pochi se-
coli fa sperduto arcipelago al
largo dell’Oceano Pacifico, ha
da sempre conservato intatto il
proprio suolo, ergendosi a livel-
lo mondiale come una delle terre
che nella storia dell’uomo furono
meno soggette a conquiste stra-
niere dall’esterno. Come spiegare
tale record? È semplice, dal pun-
to di vista geografico il Giappone
costituisce un arcipelago e la sua
posizione era, fino al 1800, estre-
mamente difficile da raggiungere.
Isolato dal mare per diverse mi-
glia, protetto dall’ingombrante e
decadente Impero Russo per gran
parte dell’epoca delle conquiste
marittime e nel suo insieme pic-
colo e poco abitato rispetto al
suo vicino cinese, tale territorio
non conserverà intatto il proprio
suolo. L’interesse per queste ter-
re lontane provengono addirittura
dal Milione di Marco Polo e dagli
appunti di viaggio contenuti nei
diari di Cristoforo Colombo.
La terra di nome “Cipango” o
“Sipango” era una meta proibita,
collocata all’estremità del conti-
nente orientale, impossibile da
raggiungere e frutto di numerose
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leggende. Solo al 1274 e 1281 pos- giapponese il sakoku (ovvero pae-
siamo far risalire due tentativi di se chiuso). Tuttavia, ad una difesa
invasione nelle terre nipponiche interna negli ultimi anni del Sen-
da parte di uno stato esterno, si goku Jidai (ovvero il periodo degli
trattava dell’imponente Impero stati combattenti, il cosiddetto
Mongolo che si era ormai impos- medioevo giapponese) corrispose
sessato dei domini cinesi e pun- una mobilitazione in senso nazio-
tava a conquistare una volta per nalistico verso l’esterno, favorita
tutte l’estremo baluardo orientale da uno dei tre grandi eroi che si
giapponese. Eppure, complici for- batté in prima linea per l’unifica-
se due tifoni scatenatesi proprio zione del Giappone sotto una sola
in quegli anni, le flotte mongole casata regnante.
vennero disperse e le uniche che Il suo nome era Toyotomi Hi-
riuscirono ad arrivare sul suolo deyoshi. Non possedeva alcun
giapponese vennero completa- cognome e nessuno stemma, Ko-
mente distrutte dalla furia dei nu- zaru (ovvero scimmietta) era il
merosi samurai, accorsi dietro ini-
ziativa dei signori locali (i daimyō)
per difendere le proprie terre.
Fu proprio questo sentimento
di inviolabilità, questo record as-
soluto di nazionalismo che fece
del Giappone una terra inespu-
gnabile e dei governanti giappo-
nesi pre e post unificazione degli
eroi, intenzionati a mantenere
tale questo isolamento. Numero-
se furono le leggi e le limitazioni
ai mercanti e missionari stranieri
futuri, che cercheranno faticosa-
mente di inserirsi e commerciare
con quello che venne chiamato in
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suo soprannome, evidentemente prio “paese chiuso” agli stranieri e

a causa della somiglianza del suo al commercio estero. Con la fine
volto con quello di un primate. degli Stati Combattenti, appros-
Era talmente povero da non pos- simativamente nel 1591 in seguito
sedere neppure un’armatura, dato alla sconfitta degli Hojo da parte
che iniziò la propria scalata mili- di Hideyoshi, la supremazia del
tare come soldato semplice, ma nuovo daimyō sembrava incon-
col tempo si fece notare proprio trastata. Tale data è significativa
dal predecessore Oda Nobunaga, anche per un altro grande evento
grazie alle virtù personali e all’ac- che sconvolgerà la storia giappo-
cumulata esperienza sul campo di nese e non solo. Nel 1592 Hideyo-
battaglia. Famosi diverranno al- shi fu il principale promotore del-
cuni suoi editti, emessi dal 1580 la prima moderna guerra tra due
che rivoluzioneranno parte della stati orientali, con la decisione di
società giapponese. Oltre ad eli- invadere la Corea per poi avanzare
minare dal suolo nipponico i mis- verso la Cina e far valere la propria
sionari cristiani con un proclama supremazia nei confronti del tanto
nel 1587 al fine di evitare che essi odiato imperatore cinese, il quale
si infiltrassero ed interferissero da molto tempo riteneva il Giap-
con le politiche dei locali signori. pone un piccolo ed insignificante
Il papa stesso era diventato molto territorio vassallo d’oltremare.
popolare nelle campagne giappo- L’odio verso un nemico storica-
nesi e sinonimo di minaccia per mente più forte e grande non fu
Hideyoshi stesso. l’unica causa che portò a questa
Era considerato una divinità guerra, infatti i motivi di questa
lontana, non possedeva eserci- invasione furono molteplici: da
ti personali ma poteva muoverli una parte la conquista della Cina
quando e come voleva, era con- venne giustificata come vendetta
siderata una figura carismatica e nei confronti delle precedenti in-
temuta dagli stessi imperatori oc- vasioni del Khanato di Kublai Khan
cidentali e iniziò a sorgere la pau- nel XIII secolo, dall’altra questa
ra di una possibile intromissione campagna doveva essere il perno
nelle nuove politiche giapponesi. della nuova politica aggressiva e
Il primo esempio di legge mar- in un certo senso imperialista del
ziale contro i missionari si appli- nuovo sovrano del Giappone, al
cò però solo nel 1590, quando un fine di poter essere temuto all’e-
nuovo editto vietò agli stranieri in stero e venerato in patria. Non si
Giappone di stabilirsi previa au- considerò però che l’attuale di-
torizzazione dello stato centrale nastia cinese Ming non aveva più
da lui amministrato. Negli anni alcun punto in comune con il vec-
successivi sarà il successore di chio khanato mongolo ed inoltre
Hideyoshi, Ieyasu Tokugawa a tra- che la mobilitazione di una così
sformare queste leggi fino a far di- grande quantità di uomini lasciava
ventare il Giappone un vero e pro- grandi possibilità di ribellioni sia

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all’interno dell’esercito sia all’in-
terno delle periferie giapponesi,
unificate da poco dallo stesso Hi-
deyoshi e dal suo predecessore
Nobunaga. Nonostante ciò, ven-
nero tuttavia avviati dei negoziati
per convincere “diplomaticamen-
te” stati limitrofi a schierarsi dal-
la parte del potente signore del
Giappone. Le isole Ryukyu rico-
nobbero subito il dominio giappo-
nese, mentre le Filippine ancora
sotto dominio spagnolo, ritennero
inutile schierarsi con una potenza
così periferica come il Giappone
all’interno dello scacchiere inter-
nazionale. Nel frattempo Hideyo-
shi inviò proposte assai preten-
ziose anche ai vari clan coreani
per convincerli a schierarsi dalla
propria parte, tuttavia per una se-
rie di incomprensioni le sue mi-
nacce si persero nelle molte let-
tere che vennero trasportate dai
suoi emissari, considerate per lo
più inviti e richieste di adesioni
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benevole ad una prossima cam-
pagna d’invasione contro la Cina,
anch’essa all’oscuro di tutto e ben
poco impressionata dalle prete-
se e dai messaggi dei giapponesi.
Tutto ciò fece sì che le ostilità tra
Hideyoshi stesso ed i coreani au-
mentassero notevolmente negli
anni.
Le incomprensioni tra core-
ani e giapponesi sfociarono in
una intensa battaglia a Tsushi-
ma, quando i nobili coreani con
intenti pacifici vennero comple-
tamente trucidati dalle arma-
te inviate dal Sol Levante (ed in
particolare dall’isola di Kyushu, la
più sfruttata per l’addestramento
e l’arruolamento di truppe a cau-
sa soprattutto della sua vicinanza
geografica). Passò poco tempo af-
finché tutta la Corea capì che gli
obiettivi di Hideyoshi erano sola-
mente due: sottomettersi o peri-
re. E non tardò ad arrivare la pro-
pria risposta, rimasta celebre per
aver considerato l’idea del signore
giapponese come “l’impresa più
sconsiderata, imprudente e teme-
raria mai commessa”. Nel frattem-
po anche l’imperatore ed i genera-
li cinesi capirono che la minaccia
di Hideyoshi era concreta, ma
non si aspettavano minimamente
un’invasione dei propri territori da
parte di un piccolo stato vassallo.
Una volta pacificata la penisola
coreana, l’intenzione era quella di
attaccare però la capitale del mil-
lenario Impero Cinese: Pechino.
Circa 300.000 uomini, capeg-
giati da Kato Kiyomasa (1562-1611),
Damian Kuroda (1568-1623) e
Agostino Konishi Yukinaga (1558-
1600), vennero arruolati per quella
che può essere considerata una
delle più grandi imprese militari di
tutta la storia moderna. Il sovrano
giapponese attendeva solamente
la resa coreana, che però non ar-
rivò mai nonostante l’assedio dei
suoi uomini della penisola, sbar-
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