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«La Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da B.

Croce», 5, 1907

ILLUSTRAZIONI GRAFICHE AD OPERE POETICHE 253


di Spencer intorno all'apriorità o aposteriorità della coscienza, e aveva
dimostrato che nessuna derivazione enipirica potesse darsene perchè la ((

coscienza è un rapporto tale, di cui nel mondo esterno non si trova il


corrispondente; ed è u n rapporto semplice, che non si può dedurre dalla
risultante delle nostre rappresentazioni.
-- L'Io, la coscienza è origina-
ria » (5r). C( I1 fondamento dell'esperienza non può essere attinto mediante
l'esperienza 1) (57). E questo fondamento è nella coscienza e nelle sue ca-
tegorie. C( Se tutto derivasse davvero da dati sperimentali, nè l'idea di
sostanza, nè quella di causa, quali noi le concepiamo, sarebbero ammis-
sibili (63).
))

Questo mi pare puro e schietto kantismo; e se il concetto d'una


possibile integrazione di Kant per via delle ricerche psicogenetiche è uno
sproposito, che oggi non ha più bisogno d'essere dimostrato tale, mi pare
anche evidente che ricondurre il manuale del Fiorentino a7suoi principii
fosse dovere imprescindibile d'ogni nuovo editore, hegeliano o non hege-
liano. Perchè, dato e non concesso che empiristi si possa esszre per pro-
prio conto, certo per nessuno è più sostenibile una svista di questo ge-
nere per ctii, appunto a proposito dell'interpretazione di Kant, una
questione gnoseologicn si scambia con una questione psicogenetica.
Hegel, dunque, non c'è entrato proprio per nulla. Se ci fosse stata
del Fiorentino un'edizione hegeliana anteriore alla kantiana, chi sa!, avrei
preferito il Fiorentino hegeliano al kantiano. Ma gabellare per hegeliano
quella che ho dovuto e potuto scegliere, francamente, mi pare indizio di
Negellosiglieit ! Pur troppo, anche nella prima redazione del suo manuale
il Fiorentino rende omaggio al fantasma della materia opposta all'atti-
vità formale dello spirito; e nel17etica,invece di correggere il formalismo
kantiano col formalismo assoluto, crede di compierlo con l'eudemonismo
aristotelico. Non importa: sempre meglio, infinitamente meglio Kant,
anche se non perfezionato, che Spencer!
Si sente, per esser sinceri, negli Elemelzti del Fiorentino un'eco lon-
tana dei Principii di j l o s o j n (1857) dello Spaventa. Ma non più che
un'eco, nel paragrafo sull'autocoscienza (pp. 66-7). Ma, se Hegel s'avesse a
rannicchiare in quell' a u t o C t i s i della coscienza accordata con tutto il for-
malismo astratto accettato e difeso dal Fiorentino, io ritengo che potreb-
. bero andare a braccetto con lui tutti i kantiani più scrupolosi del mondo.
G. G.

ILLUSTRAZIONI GRAFICHE AD OPERE POETICHE.

Si legge nell'epistolario del Flaubert, in una lettera a G. Charpentier


del 15 febbraio 1880: cc Bergerat a diì vous communiquer mon peu d'en-
thousiasme pour la manière dont ma pauvre féerie est publiée dans la
Vie moderne. Le numero dyhier ne change pas mon opinion! Ces petits

© 2007 per l’edizione digitale: CSI Biblioteca di Filosofia. Università di Roma “La Sapienza” –
Fondazione “Biblioteca Benedetto Croce” – Tutti i diritti riservati
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bonshommes sont imbéciles, et leur physionomies absolument contraires


.
à l'esprit du texte! - . . . . O illustration! invention moderne faite pour
déshonorer toute littérature! ... » (Corresp., IV, 367-8).
Nella Vita di Alberto Pisani di Carlo Dossi (1870)~è detto che nella
biblioteca di Alberto i libri erano tutti « senza nè aeizeis nè ligneis $-
guris, sia nel testo, sia aggiunte. Alberto. Pisani non ne poteva soffrire,
fossero state di un Van-Dyck. Per lui, gl'illustratori erano gente, che gli
si volevano imporre alla fantasia; che, non chiamati, s'introducevano là,
dove desiderava trovarsi col suo autore - da solo a solo n (pp. 13-14).
Ecco due nette manifestazioni di antipatia da parte di scrittori contro
gli illustratori di libri; alle quali, forse, se ne potrebbero aggiungere altre.
È un'antipatia fondata, cioè ragionevole? Non credo che possa mettersi in
dubbio. La ragione che tanto il Flaubert quanto il Dossi accennano, è una
ragione d' irresistibile valore estetico. Un poeta celebra la bellezza di urla
donna; la celebra per quei tratti che hanno risonanza nella sua anima:
Julce ridentem, dulce loquentem, come Lalage; sedente tra l'erbe quasi
un Jiors, come Laura; intenta con la bianca mano ad ornare di un pur-
pureo nastro una tela d'argento, come la donna di messer Ludovico; al-
lettatrice, con un riso negli occhi trernulo e lascivo, come Armida; o lu-
minosa di giovenile innocente beltà negli occhi ridenti e fuggitivi, come
Silvia. I1 poeta ha liberato quei.tratti dai tanti altri, che gli presentava la
realth: ha concentrato su di essi tutta l'attenzione. Il lettore sogna quel riso,
quella mano, quegli occhi, sogna quell'erba su cui è sdraiata la bella donna;
e tutto lyaltro resta, e deve restare per lui, indeterminato. Viene l'illustra-
tore, e sulla pagina stessa su cui si leggono quei versi vi costringe a ve-
dere una Laura, un7Armida, una Silvia, determinate in ogni particolare:
grasse o magre, lunghe o piccine, con tale o tal altro naso, con tale o
tal'altra bocca, tale o tal'altra acconciatura di capelli, in tale o tal altro
abbigliamento. Ma se tutto ci6 è appunto quello che il poeta, anche se
l'ha visto, ha voluto dimenticare! Si dà origine così a u n dualismo tra
l'opera del poeta e quella del disegnatore; ciascuna delle quali reca ombra
e fastidio all'altra.
Si è dissertato da un insegnante italiano sulle ragioni per le quali
molti romanzieri, e Manzoni in particolare, non facciano una presenta-
zione in regola dei loro personaggi descrivendone con precisione l'aspetto
fisico; e si sono addotte ragioni sottili e sofistiche di un fatto inesistente.
Perchè i romanzieri, come tutti gli artisti, e Manzoni tra questi, descri-
vono o non descrivono le fattezze fisiche, descrivono minutamente o som-
mariamente, mettono in rilievo un tratto e ne tralasciano altri, guidati
unicamente dall'intonazione della loro opera e dalla necessità di visione
che di qui derivano. Ogni altra teoria suppone, press'a poco, che l'arte,
perchè sia completa, debba essere come un casellario di questura, dove,
stabilito il principio che è bene avere i segni di riconoscimento per gli habi-
tue's della delinquenza, ogni incartamento di un individuo è accompagnato
da connotati, da fotografia o da misurazioni fatte col sistema Bertillon.

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LE VENERATE CANIZIE )) 255


Un siffatto pregiudizio induce a credere, che le illustrazioni grafiche conz-
pletino l'effetto delle parole del poeta: le quali non hanno, in verità, nessun
bisogno di essere completate !
Ma, appunto perchè le illustrazioni grafiche sono dichiarate estetica-
mente ripugnanti per non altra ragione che esse costituiscono una sovrap-
posizione e dan luogo a un dualismo con l'opera del poeta, non si pro-
nunzia con ciò una condanna assoluta di esse: condanna inammessibile
sempre nell'estetica, dove nessuna regola particolare assoluta può stabilirsi.
Allorchè tra l'illustrazione e il testo non c'è dualismo, e l'una e l'altro
nascono da un medesimo stato di spirito, e sono prodotti o di uii'unica
persona o di due che si sono identificate nella collaborazione alr'opera
comune, l'opera del17illustratore non desta ripugnanza alcuna e non si
può condannare. Ognuno, per esempio, conosce certe stampe bizzarre in
cui i disegni e le parole si legano e succedono con intimo nesso, sicchè
non si può dire che si tratti di due visioni, l'una sovrapposta all'altra,
ma di un'unica visione. Ed altri esempii, per quanto rari, possono citarsi,
o sj concepiscono come possibili. Nella maggior parte dei casi, per altro,
la sconcezza additata dal Flaubert e da1 Dossi è effettiva; e la ripugnanza
verso le illustrazioni grafiche, pienamente giustificata.

VI.
LE VENERATE CANIZIE D.

Ci era ben noto che i positivisti italiani non avevano tesori di pen-
sieri e di erudizione; ma non credevamo, in verità, che fossero tanto po-
veri, come si sono venuti mostrando non appena si è levato un po' di
vento di discussione. Vento, che ad essi è parso opera di una potenza demo-
niaca e maligna, di un concilio degli abitatori delle otnbre eterne con-
vocati al rauco suono della tartarea tromba, contro la santa causa; quando
avrebbero dovuto affrontarlo e resistervi come a un fatto naturalissimo
ed ordinario della vita della scienza. La loro povertà s i è rivelata non
solo nell'incapacità ad accettare la discussione su un determinato pro-
blema o su un determinato filosofo; ma nella loro tendenza, - che è
poi quella dei sostenitori di tutte le cause deboli, - a ricorrere subito ad
argomenti estrinseci. L'altro giorno, era un positivista, che si metteva a
studiare il codice penale per vedere se mai qualche articolo di esso gli
porgesse il modo di tradurre innanzi ai tribunali i suoi critici: oggi vediamo
che si cerca di suscitare contro di noi l'indignazione pubblica 11, stam-
pando su per le riviste positivistiche e pei giornali, che noi rechiamo tur-
bamento e dolore alla (C venerata canizie del prof. Roberto Ardigò.
>)

Ora sappiano questi signori che noi, meglio di molti suoi ammiratori,
rispettiamo nell'Ardigò il veterano della vita, l'uomo che ha sostenuto bat-

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