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Dispense - parte #1
Richiami di Elasticità Lineare
A.A. 2015∼2016
Versione 1.1.0
Indice
1 Sistema di Riferimento 3
1.1 Cambio di base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.2 Cambio della base di Lin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.3 Esempio 2D . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
2 Richiami di cinematica 6
2.1 Moto e traiettoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
2.2 Velocità di saggio & spostamento virtuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
2.3 I funzionali potenza e lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
3 Elasticità Lineare 3D 9
3.1 Equazioni di Congruenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
3.2 Relazione Costitutiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
3.2.1 Deformazione Elastica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
3.2.2 Materiale Elastico Lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
3.2.3 Energia Elastica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
4 Equazioni di Bilancio 14
4.1 Il Principio di Bilancio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
4.2 Equazioni locali di Bilancio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
1
7 Materiali Viscoelastici 24
z z z
2
1 Sistema di Riferimento
Un sistema di riferimento per uno spazio ambiente 3D è costituito da un punto privilegiato dello
spazio E, detto origine e indicato con ‘o’, e da una base dello spazio vettoriale V che indicheremo
con α = {ei }; la base è formata da una terna di versori ei ortogonali tra loro:
Tale sistema viene indicato con {o ; ei , i = 1, 2, 3}; nel seguito, ometteremo di scrivere ogni
volta i = 1, 2, 3. Una volta fissato un sistema di riferimento, possiamo:
4. Rappresentare ogni tensore A ∈ Lin tramite le sue componenti, ossia, tramite le proiezioni
di A sui tensori della base ei ⊗ ej
5. Rappresentare l’azione di un tensore A sul vettore v tramite prodotti tra le loro compo-
nenti:
Vettori e tensori si possono anche rappresentare tramite matrici; in questo caso, la base prescelta
viene indicata con il pedice α. Per i vettori abbiamo:
1 0 0 v1
|e1 |α = 0 , |e2 |α = 1 , |e3 |α = 0 ; v = vi ei ⇒ |v|α = v2 .
0 α 0 α 1 α v3 α
3
Attenzione: la base prescelta andrebbe sempre dichiarata quando si usa la rappresentazione
matriciale; spesso questa indicazione viene omessa (ad esempio quando si usa sempre una stessa
base), ma bisogna ricordare che quando si cambia base, cambia anche la matrice che rappresenta
i vettori o i tensori. La rappresentazione matriciale è scomoda dal punto di vista tipografico,
ma può essere comoda per altri motivi; in particolare, l’azione di un tensore A sul vettore v si
rappresenta tramite prodotto righe per colonne
A11 A12 A13 v1 A11 v1 + A12 v2 + A13 v3
|A|α |v|α = A21 A22 A23 v2 = A21 v1 + A22 v2 + A23 v3 .
A31 A32 A33 α v3 α A31 v1 + A32 v2 + A33 v3 α
Si noti che è proprio la definizione (1) a far si che l’azione di A su v sia esprimibile come un
prodotto righe per colonne tra le matrici che rappresentano il tensore ed il vettore dato.
Usiamo ora la rappresentazione matriciale per scrivere le relazioni (2), ricordando una proprietà
importante del cambio di base: l’applicazione Q che manda la base α nella base β è rappresentata
da una matrice |Q| che non cambia al cambiare della base α o β, ossia:
Dunque, la prima colonna di |Q| è composta dalle componenti del primo versore b1 rispetto la
base α, e cosı̀ via per le altre colonne:
|Q| = |b1 |α |b2 |α |b3 |α ; (3)
4
Dato un vettore v, è importante sapere come cambiano le sue componenti a seguito di un cambio
di base; usando la (4), abbiamo:
|bi ⊗ bj |α = |Q| |ei ⊗ ej |α |QT | , |ei ⊗ ej |β = |QT | |bi ⊗ bj |β |Q| . (6) cambio_base
1.3 Esempio 2D
Consideriamo il cambio di base da una base cartesiana α = {e1 e2 } ad una polare β = {b1 , b2 };
la base β è ruotata rispetto ad α di un angolo ϕ (positivo se antiorario).
5
La matrice che descrive un tale cambio di base è data da (ricordiamo che in 2D le rotazioni
hanno un solo parametro invece dei tre necessari in 3D)
cos ϕ − sin ϕ
Q : base α 7→ base β ⇒ |Q| = .
sin ϕ cos ϕ
2 Richiami di cinematica
2.1 Moto e traiettoria
Il moto del corpo è descritto da un’applicazione che associa ad ogni punto sostanziale s ∈ B e
ad ogni istante τ ∈ T dell’intervallo temporale, una posizione x ∈ E nello spazio ambiente
p: B×T → E
(8) moto
(s, τ ) 7→ x = p(s, τ ) .
Oss. Con una fotografia (fisso l’istante) vedo la forma del corpo, con un film (fisso un punto
sostanziale) seguo la traiettoria del punto.
L’applicazione che descrive il moto può essere derivata sia rispetto al parametro temporale che
rispetto al punto sostanziale; il primo tipo di derivata sarà indicata con un puntino, il secondo
con il simbolo ∇ (gradiente). Entrambe i due tipi di derivate del moto sono (limiti di) differenze
di posizioni di E, ossia, le derivate del moto sono rappresentate da vettori di V. Abbiamo
6
fig:moto
Traiettoria del punto s̄
T p(s̄, ·)
p(s̄, τ̄ + ε)
B × {τ̄ }
τ̄
ṗ(s̄, τ̄ )
p(·, τ̄ ) p0 (s̄, τ̄ )
B s̄ Configurazione al tempo τ̄
Figura 1: Il dominio della funzione moto, il prodotto B × T , può essere visualizzato come il
rettangolo a destra. Fissare un istante significa considerare il segmento orizzontale B × {τ̄ };
fissare un punto materiale equivale a considerare il segmento verticale {s̄} × T . L’immagine di
tali segmenti sotto il moto fornisce rispettivamente la configurazione al tempo τ̄ o la traiettoria
del punto s̄. Il vettore ṗ è tangente alla traiettoria, il vettore p0 = ∂p/∂s è tangente alla
configurazione.
Consideriamo inoltre la derivata sostanziale prima ∇p(s, τ ), che dà informazioni sullo spazio
tangente alla forma di B in p(s, τ ), e la la derivata sostanziale seconda ∇2 p(s, τ ), che dà infor-
mazioni sulla curvatura della forma di B. Possiamo infine considerare le derivate seconde miste
(che, ovviamente, commutano)
∇(ṗ(s, τ )) = (∇p(s, τ ))· (12)
Bada! Non confondere il corpo B con lo spazio ambiente E: si tratta di spazi diversi, non solo
dal punto di vista meccanico (gli elementi di B sono punti sostanziali, quelli di E posizioni) ma
anche da quello topologico, ossia, possono avere ad esempio dimensioni diverse.
u̇ : B × T → VE velocità effettiva;
(s, τ ) 7→ u̇(s, τ )
(13) vtest
e : B×T
u → VE velocità di saggio.
(s, τ ) 7→ u
e (s, τ )
7
effettivamente realizzata è un ben preciso vettore tangente alla curva. Dunque, l’insieme delle
velocità di saggio è costituito dalla retta tangente alla traiettoria (nella posizione considerata);
ovviamente, su tale retta vi sarà anche la velocità effettiva.
Per un corpo puntiforme vincolato a muoversi su di una superfice, una velocità di saggio
in una determinata posizione sarà data da un qualsiasi vettore tangente alla superfice nella
posizione considerata; in tal caso, l’insieme delle velocità di saggio è costituito dal piano tangente
alla superficie, mentre la velocità effettivamente realizzata sarà un ben preciso vettore del piano
tangente. L’insieme costituito da tutti i campi di velocità di saggio (13) dotati di opportune
g:vel_saggio
x u x u̇
u
e
e
u̇
u
e u
e u
e
Figura 2: A destra abbiamo un punto x vincolato a muoversi su una curva; nell’istante con-
siderato, la velocità è il vettore u̇ tangente alla curva in x, mentre la velocità di saggio è un
qualsiasi vettore u
e della retta tangente alla curva in x. A sinistra abbiamo un punto x vincolato
a muoversi nel piano; in questo caso la velocità di saggio è un qualsiasi vettore u e tangente al
piano in x.
proprietà di regolarità viene detto Spazio delle velocità di saggio Ũ. A partire dalla definizione
di velocità di saggio, introduciamo anche il campo degli spostamenti virtuali, da non confondere
con il campo degli spostamenti elementari:
du = u̇ dτ spostamento elementare;
(14)
de
u=u
e dτ spostamento virtuale.
Figura 3: Il computo della potenza richiede la conoscenza del campo della velocità e del campo
delle azioni dinamiche; la potenza è una grandezza scalare.
È utile ricordare a questo punto la nozione di funzionale. Senza entrare nei dettagli, definiamo
funzionale un’applicazione il cui dominio è costituito da uno spazio di applicazioni, ed a valore
nell’insieme dei reali:
8
g:funzionale
Spazio funzionale 3 funzioni funzionale scalari ∈ R
Figura 4: Un funzionale è una particolare funzione che ha come ingresso “intere funzioni” e
come uscita degli scalari; un integrale è un’esempio prototipo di funzionale.
La potenza è un funzionale lineare definito sullo spazio dei campi di velocità di saggio U:
e
P : Ue → R Z
w 7→ P(w) = w · f dV ; (15)
B
L : Ue → R Z
w 7→ L(w) = dw · f dV ; (16)
B
Osservazione. Con la notazione P(w) intendiamo anche mettere in risalto il fatto che la
potenza P “sente” il campo di velocità w, e non semplicemente i valori w(s) di tale campo.
fig:potenza3
w2
w1
w10 (ŝ, τ ) = w20 (ŝ, τ )
w1 (ŝ, τ ) = w2 (ŝ, τ )
B
ŝ
Figura 5: La potenza può “sentire” la differenza tra due campi anche attraverso un solo punto:
in ŝ, sia i due campi w1 e w2 , che le loro derivate prime hanno lo stesso valore; le derivate
seconde sono invece diverse.
3 Elasticità Lineare 3D
La teoria dell’elasticità lineare è basata sull’ipotesi che sia lo spostamento u che il suo gradiente
∇u siano piccoli; in tal caso, non si fa più distinzione tra la configurazione di riferimento e quella
assunta durante il moto: p(B, τ ) ' B. Il corpo B è una regione 3D dello spazio ambiente E, e i
suoi punti saranno indicati con il simbolo X; lo stato del corpo è descritto dal moto x = p(X, t),
ovvero dal campo di spostamento u(X, t) = p(X, t) − X
u: B×T → V
(17) moto
(X, τ ) 7→ u = u(X, τ ) .
9
La frontiera ∂B del corpo viene divisa in due parti: ∂B = ∂u B ∪ ∂t B; su ∂u B sono assegnate
condizioni cinematiche, su ∂t B sono assegnate condizioni dinamiche. La teoria della elasticità ha
come variabile di stato il campo vettoriale dello spostamento u (3 componenti), e coinvolge altri
due campi, entrambe tensoriali e simmetrici (6 componenti): la deformazione E e la tensione S.
Fissata una base ortonormale α = {ei }, abbiamo
u1 u E11 E12 E13 S11 S12 S13
|u|α = u2 = v , |E|α = E12 E22 E23 , |S|α = S12 S22 S23 .
u3 α w α E13 E23 E33 α S13 S23 S33 α
I tre campi suddetti sono legati tra loro da tre gruppi di equazioni:
1. Equazioni di congruenza: sono una relazione tra 3 spostamenti e 6 deformazioni;
2. Equazioni costitutive: sono una relazione tra 6 tensioni e 6 deformazioni;
3. Equazioni di bilancio: sono una relazione tra 3 forze e 6 tensioni.
Nelle sezioni seguenti saranno brevemente illustrati questi tre gruppi di equazioni.
Osservazione. La deformazione e la tensione pur avendo la stessa struttura (sono entrambe
tensori simmetrici), hanno una natura molto diversa: la deformazione E(X) ci dice come si
deforma un cubo elementare con vertice in X; la tensione S(X) ci dice quale è la forza agente
su una superficie passante per X e di normale n.
Attenzione: in tali equazioni l’incognita è il campo di spostamento, e per tale motivo non sono
in genere risolvibili: sono troppe! Abbiamo sei equazioni, le sei componenti di E, per sole tre
incognite, le componenti di u.
La definizione (18) della deformazione E ha la seguente motivazione. Si voglia confrontare
lo spostamento di punti vicini X e X + ε e, separati dal vettore ε e; lo sviluppo in serie al primo
ordine del campo di spostamento fornisce
Dunque ε ∇u(X) e misura la differenza tra i due spostamenti u(X + ε e) e u(X). Il gradiente
∇u può essere decomposto nella somma della sua parte simmetrica e anti-simmetrica
∇u = sym ∇u + skw ∇u = E + W
10
Dunque, il cubo costruito sugli spigoli (1, 0, 0), (0, 1, 0), (0, 0, 1) viene trasformato nel cubo di
spigoli (1 + , 0, 0), (0, 1, 0), (0, 0, 1). Con solo E12 = γ 6= 0, abbiamo
0 γ 0 1 0 0 γ 0 0 γ
γ 0 0 0 = γ , γ 0 0 1 = 0 .
0 0 0 α 0 α 0 α 0 0 0 α 0 α 0 α
In questo caso, il cubo costruito sugli spigoli (1, 0, 0), (0, 1, 0), (0, 0, 1) viene trasformato nel
cubo di spigoli (1, γ, 0), (γ, 1, 0), (0, 0, 1).
Per meglio illustrare quanto detto, consideriamo un quadrato (una faccia di un cubo) definito
dai suoi 4 vertici Xi ; il moto trasforma il quadrato nel parallelogramma di vertici xi = f (Xi );
una volta piazzato il primo vertice x1 , possiamo individuare gli altri usando la relazione
Ad esempio, la posizione del vertice x2 è data dalla formula, vedi Fig. (6)
˙ indica eguale a meno di infinitesimi, ossia, che è stato troncato il termine ke1 k.
dove il simbolo =
˙ 2 + ∇f e2
x4 =x
v1
e1
X1 + e2 = X3 X4 = X2 + e2 x1 + ∇f e2 =x
˙ 3
v2
e2 e2 v2
v1 ˙ 1 + ∇f e1
x2 =x
x1 ∇u e1
X1 X2 = X1 + e1
e1 e1
x1 = f (X1 )
Figura 6: Il quadrato di sinistra viene trasformato nel parallelogramma di destra: ogni vertice
Xi viene piazzato in xi = f (Xi ). Una volta posizionato il vertice x1 , il gradiente del moto ∇f
uptake dà indicazioni su come posizionare gli altri vertici.
11
3.2.1 Deformazione Elastica
La deformazione elastica Ee è la differenza tra la deformazione E e la distorsione Eo :
Ee = E − Eo . (22) def_elastic
La deformazione elastica si annulla quando E = Eo , ossia, solo quando esiste un campo di spo-
stamento u che soddisfa le condizioni al contorno e tale che sym (∇u) = Eo . Questa condizione
è analoga alla equazione di congruenza (18): data una qualsiasi distorsione (sei componenti), ci
si chiede se esista uno spostamento (tre componenti) le cui derivate consentano di ricostruire la
distorsione data. Abbiamo dunque:
Una distorsione non realizzabile produce uno stato tensionale che può essere molto elevato: molti
componenti strutturali si rompono a causa delle distorsioni e non a causa dei carichi. Si noti
che una distorsione può non essere realizzata sia perché sym ∇u 6= Eo , oppure, perché u 6= ū su
∂u B, ovvero, per entrambe i motivi.
S = C Ee = C (E − Eo ) . (23) eq_costi
Il tensore del quarto ordine C è chiamato tensore elastico, ovvero, rigidezza; tale tensore è
invertibile, e la sua inversa F = C−1 si chiama flessibilità:
Ee = E − Eo = F S . (24) eq_costi2
Dalla relazione costitutiva (23) discende immediatamente il fatto che una distorsione realizzabile
produce una tensione nulla:
Eo = sym (∇u) = E ⇔ E e = E − Eo = 0 ⇔ S = C Ee = 0 ;
al contrario, se Eo 6= sym (∇u) la tensione sarà diversa da zero, a prescindere dai carichi. Il
tensore elastico opera sui tensori del secondo ordine (la deformazione) e restituisce tensori del
secondo ordine (la tensione): è dunque un tensore del quarto ordine, al quale si richiede di essere
simmetrico in modo da garantire l’esistenza dell’energia elastica.
E’ importante ricordare che la nozione di rigidezza è una nozione locale, ossia, la rigidezza
varia da punto a punto; quando la rigidezza è la stessa in ogni punto il materiale viene detto
omogeneo. Fissata una base α = {ai }, la relazione (23) si rappresenta come segue
e
Sij (X) = Cijhk (X) Ehk (X) ; (25) eq_costi2
Notiamo che C è definito solo sui tensori simmetrici (la deformazione elastica è simmetrica) e
restituisce solo tensori simmetrici (la tensione è simmetrica); inoltre è simmetrico lui stesso: per
tali motivi valgono le seguenti eguaglianze:
Cijhk = Chkij , simmetrie maggiori; Cijhk = Cjihk , Cijhk = Cjikh , simmetrie minori.
12
La relazione costitutiva ammette una rappresentazione semplificata che coinvolge solo le 6 com-
ponenti strette di S e Ee . Dalla relazione originale (25) risulta che ad ogni componente della
tensione contribuiscono tutte le componenti della deformazione e dunque, in virtù delle simme-
trie minori di C, le deformazioni miste vanno considerate due volte con lo stesso coefficiente: ad
esempio
Sij e +C
= Cij11 E11 e e
ij22 E22 + Cij33 E33
e +C
+ Cij12 E12 e e e e e
ij21 E21 + Cij13 E13 + Cij31 E31 + Cij23 E23 + Cij32 E32 (26)
e +C
= Cij11 E11 e e e e e
ij22 E22 + Cij33 E33 + Cij12 2 E12 + Cij13 2 E13 + Cij23 2 E23 .
In questo modo, ogni componente della tensione risulta combinazione lineare delle sole 6 com-
ponenti strette della deformazione: possiamo allora rappresentare tensione e deformazione con
vettori colonne a 6 componenti, e la matrice di rigidezza con una matrice 6x6 che indicheremo
con il simbolo D:
S11
Dα11 Dα12 Dα13 Dα14 Dα15 Dα16 e
E11
S Dα12 Dα22 Dα23 Dα24 Dα25 Dα26
e
E22
22
S33
Dα13 Dα23 Dα33 Dα34 Dα35 Dα36 e
E33
=
;
e
(27) costi_sta
Dα14 Dα24 Dα34 Dα44 Dα45 Dα46
S
12 2 E 12
S23
Dα15 Dα25 Dα35 Dα45 Dα55 Dα56 e
2 E23
S13 Dα16 Dα26 Dα36 Dα46 Dα56 Dα66 e
2 E13
α α α
BADA: si noti il fattore 2 nelle componenti miste della deformazione, spiegato delle precedenti
considerazioni. Esaminando la (27), si può notare che la rappresentazione della matrice di
rigidezza per il tramite della D coinvolge 21 componenti indipendenti, dette rigidezze, che sono
le componenti strette della matrice simmetrica 6x6: abbiamo la seguente corrispondenza:
Tensore del quarto ordine
C ⇔ D Tensore simmetrico del secondo ordine
con simmetrie minori e maggiori
La rappresentazione (27) è detta ‘standard’; una rappresentazione alternativa, detta alla Voigt,
prevede una diversa ordinazione delle componenti di S e E, e quindi un diverso significato di
alcune componenti Dαij
S11
Dα11 Dα12 Dα13 Dα14 Dα15 Dα16 e
E11
S Dα12
Dα22 Dα23 Dα24 Dα25 Dα26
e
E22
22
S33 Dα13 Dα23 Dα33 Dα34 Dα35 Dα36 e
E33
= ; (28) costi_voigt
S Dα14
Dα24 Dα34 Dα44 Dα45 Dα46
e
2 E12
23
S13 Dα15 Dα25 Dα35 Dα45 Dα55 Dα56 e
2 E13
S23 Dα16 Dα26 Dα36 Dα46 Dα56 Dα66 e
2 E23
α α α
13
3.2.3 Energia Elastica
La relazione costitutiva (23) sotto intende l’esistenza della energia elastica, ossia, di una funzione
scalare φ, la cui derivata rispetto al tempo eguaglia l’opposto della potenza interna P i spesa
dalla tensione sulla velocità di deformazione:
1
Energia elastica: φ = C Ee · Ee ⇔ φ̇ = C Ee · Ė = S · Ė = −P i (u̇) : Potenza interna. (29) ene_elastic
2
Dalla (29) consegue che
∂φ
S= = C Ee .
∂Ee
4 Equazioni di Bilancio
Nella definizione di un modello meccanico è utile considerare tre distinte categorie di azioni
dinamiche: le azioni interne, dette tensioni o sollecitazioni ; le azioni esterne, ad esempio, le
forze applicate; le azioni d’inerzia. Conseguentemente, si considerano tre tipi di potenza:
Z
i
P (w) := −S ·∇w dV , potenza interna, (30)
B
Z Z
P e (w) := f · w dV + t · w dA , potenza esterna, (31)
B ∂B
Z
ine
P (w) := ρ ü · w dV , potenza d’inerzia, (32)
B
dove: w è il campo della velocità di saggio; S è il tensore delle tensioni; f e t sono i vettori
dei carichi applicati all’interno e sul bordo del corpo; ρ è la densità del corpo e ρ ü è la forza
d’inerzia.
In testi più antichi il principio di bilancio viene formulato in termini di lavoro anzichè di po-
tenza: il lavoro compiuto dalle azioni d’inerzia Line (dw) deve eguagliare la somma di quello
interno Li (dw) e di quello esterno Le (dw), per ogni spostamento virtuale dw e per ogni istante
temporale:
Line (dw) = Li (dw) + Le (dw) , ∀ dw . (34) PLV
La (34) viene comunemente detta Principio dei Lavori Virtuali. Si noti che le due formulazioni
del principio di bilancio sono formalmente identiche: la (33) diventa la (34) se valutiamo il
funzionale P sugli spostamenti virtuali invece che sugli atti di moto di saggio,
14
4.2 Equazioni locali di Bilancio
Le equazioni locali di bilancio sono due, una valida nel corpo, l’altra sul bordo, e sono una diretta
conseguenza del principio di bilancio. Per dedurre tali equazioni a partire dalla (33) facciamo
uso di due relazioni, valide per ogni campo vettoriale del tipo AT v, costruito moltiplicando il
tensore A con il vettore v. La prima relazione è la formula per la derivazione del prodotto di
funzioni:
div (AT v) = div (A) · v + A · ∇v ;
la seconda relazione è il teorema della divergenza per un campo vettoriale:
Z Z
T
div (A v) dV = A m · v da ,
B ∂B
con m la normale al bordo di B. Allora, la potenza interna si riscrive come segue:
Z Z Z Z
i T
P (w) = −S ·∇w dV = [ div (S) · w − div (S w) ] dV = div (S) · w dV − S m · w dA .
B B B ∂B
Usando la rappresentazione appena trovata della potenza interna, il principio di bilancio si può
riscrivere mettendo a fattor comune il campo della velocità di saggio w:
Z Z
[ −ρ ü + div (S) + f ] · w dV + [ t − S m ] · w dA = 0 , ∀ w . (35) eq_bilancio
B ∂B
Dovendo valere per ogni w, le somme tra parentesi quadre devono essere nulle, sia quelle nel
corpo, sia quelle sul bordo, e dunque:
ρ ü = div (S) + f , su B × T ; S m = t , su ∂t B × T . (36) eq_bilancio
Attenzione: tali equazioni riguardano S, ossia, l’incognita è il campo di tensione, e per tale
motivo non sono in genere risolvibili: sono poche! Abbiamo tre equazioni scalari, ognuna per le
tre componenti dei carichi, ma ben sei incognite, le componenti di S.
E’ importante ricordare che l’ingresso di S(X) è un versore n che individua la superficie per
X di normale n; la sua uscita è la forza che agisce su tale superficie. Ad esempio, usando una
rappresentazione matriciale, abbiamo:
S11 S12 S13 1 S11
S12 S22 S23 0 = S12 ,
S13 S23 S33 α 0 α S13 α
15
Attenzione: le equazioni di bilancio riscritte in questa forma sono risolvibili: abbiamo tre equa-
zioni in tre incognite. Nella maggior parte dei casi però, il problema elastico non è risolvibile
in forma esplicita, ma solo attraverso tecniche numeriche. La terna (u , E , S) che soddisfa le
equazioni di bilancio, congruenza e costitutive è detta stato elastico del sistema.
16
Le stesse relazioni si riscrivono in termini di (Y, ν) nel seguente modo:
Y νY 1
S= Ee + tr(Ee ) I , Ee = (1 + ν) S − ν tr(S) I . (44) costi_iso2
1+ν (1 + ν) (1 − 2 ν) Y
Per scrivere la terza rappresentazione della risposta isotropa, quella in termini di (G, k), oc-
corre utilizzare la decomposizione sferico-deviatorico nella (43), che evidenzia un altro termine
proporzionale alla traccia, la parte sferica di Ees :
e e e e 2µ
S = 2 µ (Ed + Es ) + λ tr(E ) I = 2 µ Ed + + λ tr(Ee ) I = G Eed + k tr(Ee ) I . (45) costi_iso3
3
Questa ultima espressione mette in luce il fatto che il parametro G pesa solo le deformazioni
deviatoriche, ossia, le variazioni di forma; per tale motivo è chiamato modulo di taglio. Il
parametro k = 2 µ/3 + λ pesa solo le variazioni di volume, ed è detto modulo di compressione
volumetrica. La relazione (45) va notata anche perché mostra che la parte deviatorica della
tensione dipende solo dalla parte deviatorica della deformazione, e analogamente la parte sferica
di S dipende solo dalla parte sferica di Ee :
Le linee verticali ed orizzontali evidenziano gli accoppiamenti: le componenti Sii della tensione
dipendono solo dalle componenti Eiie delle deformazione; analogamente, le componenti miste Sij ,
17
e . Scriviamo anche la relazione inversa, Ee = F S, in termini
con i 6= j, dipendono solo dalle Eij
dei moduli (Y, ν), sempre usando la rappresentazione matriciale standard in termini di D−1 :
e
E11
1 −ν −ν 0 0 0
S11
e
E22 −ν 1 −ν 0 0 0 S22
e
E33
−ν −ν 1
0 0 0
S33
= 1
. (49) costi_iso4
e
2 E12 Y 0 0 0 2 (1 + ν) 0 0 S12
e
2 E23
0 0 0 0 2 (1 + ν) 0
S23
e
2 E13 0 0 0 0 0 2 (1 + ν) S13
La (49) mostra chiaramente cosa si intende per risposta isotropa, ossia, uguale in ogni direzione.
Ad esempio, nel caso di sollecitazione uniassiale, con una sola componente di tensione diversa
da zero, qualunque sia la direzione e di sollecitazione, la risposta in termini di deformazione ha
sempre la stessa forma:
σ σν
| e{z⊗ e}
S= σ ⇒ E=
Y
e⊗e − (I − e ⊗ e) , ∀ direzione e .
tensione k e
| {z } |Y {z }
deformazione k e deformazione ⊥ e
σ (1 + ν)
S = σa⊗b ⇒ E= a ⊗ b, ∀ coppia a , b .
Y
Riscriviamo per comodità la relazione (48) in termini dei moduli di Young e Poisson:
S11
1−ν ν ν 0 0 0
e
E11
S22 ν 1−ν ν 0 0 0 e
E22
S33
ν ν 1−ν 0 0 0
e
E33
= Ȳ ,
S12 0 0 0 (1 − 2 ν)/2 0 0 e
2 E12
S23
0 0 0 0 (1 − 2 ν)/2 0
e
2 E23
S13 0 0 0 0 0 (1 − 2 ν)/2 e
2 E13
(50) iso_ciccio2
con
Y
Ȳ = .
(1 + ν) (1 − 2 ν)
18
rappresentazione semplice del tensore elastico occorre scegliere una base i cui tre versori sia-
no ortogonali ai tre piani di simmetria: sia β = {bi } la base prescelta, detta base locale o di
laboratorio, che descrive la risposta locale, ossia, in un punto.
In questa base la matrice di rigidezza D ha comunque una rappresentazione poco intuitiva,
mentre la matrice di flessibilità G = D−1 ha una interpretazione immediata; in particolare, i 9
moduli elastici che caratterizzano G per i materiali ortotropi sono:
• 3 moduli di taglio G12 , G13 , G23 , relativi agli scorrimenti nei tre piani coordinati span(bi , bj ).
Si osservi che la matrice di flessibilità è composta da due blocchi 3x3 simmetrici e altri due
blocchi 3x3 nulli: tale fatto semplifica molto il calcolo della sua inversa, ossia, della matrice di
rigidezza D = G−1 ; definiamo (eliminando il pedice β per semplificare la notazione):
1/Y1 −ν12 /Y1 −ν13 /Y1 1/G12 0 0
GY = −ν12 /Y1 1/Y2 −ν23 /Y2 , GG = 0 1/G23 0 , (52)
costi_orto4
−ν13 /Y1 −ν23 /Y2 1/Y3 0 0 1/G13
allora
G−1
" # " #
GY 0 Y 0
G= , ⇒ D = G−1 = ; (53) costi_orto5
0 GG 0 G−1
G
19
ν32 /Y3 . La matrice di rigidezza D si ricava a partire dalle (52,53); abbiamo:
S11
Dβ11 Dβ12 Dβ13 0 0 0 e
E11
S Dβ12
Dβ22 Dβ23 0 0 0 E22
e
22
S33
Dβ13 Dβ23 Dβ33 0 0 0 e
E33
=
;
e
(55) costi_orto
0 0 0 G12 0 0
S
12 2 E12
S23
0 0 0 0 G23 0
e
2 E23
S13 β 0 0 0 0 0 G13 e
2 E13
β β
il pedice β alle componenti del tensore elastico allude al fatto che tali componenti sono relative
alla base locale indicata con β; tali componenti possono essere riscritte in termini di tre moduli
di Young Yi , 3 moduli di Poisson ν12 , ν13 , ν23
Y12 (Y3 ν23
2 −Y )
2 Y1 Y2 (Y3 ν23 ν13 + Y2 ν12
Dβ11 = , Dβ12 = − ,
Dβ Dβ
b2 b2 b2
b1 b1 b1
La seconda classe considerata è quella dei materiali trasversalmente isotropi, materiali che
presentano un asse di simmetria, detto asse di simmetria trasversa, ed hanno una risposta
isotropa nel piano ortogonale a tale asse; in questo caso, la risposta elastica è descritta da
5 parametri che indicheremo con le lettere: a, b, c, d, e. Per ottenere una rappresentazione
semplice del tensore elastico occorre scegliere una base avente uno dei versori parallelo all’asse
di simmetria trasversa; indicata con β = {bi } la base prescelta, consideriamo i tre casi di figura
6:
20
• b1 asse di simmetria, span(b2 , b3 ) piano di isotropia:
S11
a c c 0 0 0 e
E11
S c b d 0
0 0
e
E22
22
S33
c d b 0 0 0
e
E33
=
.
e
(57) costi_tiso
0 0 0 e 0 0
S
12 2 E12
S23
0 0 0 0 (b − d)/2 0 2 E e
23
S13 β 0 0 0 0 0 e e
2 E13
β β
Anche in questo caso il pedice β allude al fatto che tale rappresentazione è relativa alla base
locale β; le componenti della flessibilità D−1 assumono una espressione semplice in termini di:
• due moduli di Young Ya , Yp , relativi all’asse e al piano di simmetria,
• due moduli di Poisson νp , νap relativi ai rapporti di estensione nel piano di isotropia e tra
le direzioni asse-piano,
• un modulo di taglio Gap :
Scriviamo la matrice G = D−1 nel caso in cui b1 sia l’asse di simmetria:,
e
E11 1/Ya −νap /Ya −νap /Ya 0 0 0 S11
Ee −ν /Y 1/Yp −νp /Yp 0 0 0 S22
22 ap a
E33 e
−νap /Ya −νp /Yp 1/Yp 0 0 0
S33
= .
2 Ee 0 0 0 1/Gap 0 0 S12
12
2 E23
e
0 0 0 0 2 (1 + νp )/Yp 0
S23
e
2 E13 0 0 0 0 0 1/Gap S13 β
β β
(60) costi_tiso2
21
Le cinque rigidezze a, b, c, d, e della matrice D si possono ricavare in termini dei moduli elastici
invertendo la (60); si ottiene:
2 Y )
(−1 + νp ) Ya2 Yp (−Ya + νap p
a= , b= , (61)
δ δ (1 + νp )
2 Y )
Yp (νp Ya + νap
νap Ya Yp p
c=− , d=− , (62)
δ δ (1 + νp )
Yp 2
e = Gap , (b − d)/2 = , δ = (−1 + νp ) Ya + 2 νap Yp . (63)
2 (1 + νp )
bi = Q ei , ei = QT bi . (64) cambio_base
Abbiamo visto come per Lin, sia la base, che la regola per il cambiamento di base, si costruiscano
a partire dalle regole messe a punto per i vettori; allo stesso modo, per Sym sia la base che
la relazione che definisce il cambio di base vengono dedotti dalla regole utilizzate per Lin.
Ricordiamo come agisce il cambio di base su A ∈ Lin; in notazione matriciale possiamo scrivere:
|S|α = |Q| |S|β |QT | , |S|β = |C|β |Ee |β , |Ee |β = |QT | |Ee |α |Q| ,
possiamo scrivere
h i
|S|α = |Q| |C|β (|QT | |Ee |α |Q| ) |QT | , ⇒ |S|α = |C|α |Ee |α .
Si noti come per determinare |C|α il cambio di base Q agisca quattro volte.
22
g:costi_tiso
b2 b1
σ σ
e2 base locale
e1
base globale
La stessa relazione costitutiva, rappresentata nella base globale per mezzo della (65), presenta
alcuni accoppiamenti in più:
S11
Dα11 Dα12 Dα13 Dα14 0 0 e
E11
S Dα12 Dα22 Dα23 Dα24
0 0
e
E22
22
S33
Dα13 Dα23 Dα33 Dα34 0 0
e
E33
=
.
e
(67) costi_tiso_
Dα14 Dα24 Dα34 Dα44 0 0
S
12 2 E 12
S23
0 0 0 0 Dα44 Dα56
e
2 E23
S13 0 0 0 0 Dα56 Dα44 e
2 E13
α α α
23
quindi, a parità di tensione, la variazione di volume diventa sempre più piccola al tendere di ν
verso 1/2; inoltre, dato il legame tra k e ν, anche il modulo k tende all’infinito:
tr(E)
lim = 0, lim k = ∞ . (70)
ν→1/2 tr(S) ν→1/2
Ne risulta che per ν = 1/2, le relazioni costitutive (43, 44, 45), cosı̀ come l’energia elastica (47),
sono mal definite. L’energia elastica isotropa di un materiale incompressibile è data da
In questo caso la tensione è composta da due termini, uno è un termine elastico che si deduce
dall’energia, l’altro è una reazione vincolare, e si deduce dal vincolo cinematico tr(Ee ) = 0 nel
seguente modo: calcoliamo la derivata temporale della (68)
∂
dv/dV = ∇u̇ · I , ⇒ Volume = costante ⇔ ∇u̇ · I = Ė · I = div (u̇) = 0 . (72) dotvol
∂t
Tale risultato ci dice che nei moti isocori la velocità di deformazione Ė ha traccia nulla, os-
sia, è ortogonale ai tensori sferici; come consequenza, la potenza della tensione per i materiali
incompressibili è definita a meno di un contributo sferico indeterminato, la tensione reattiva:
La parte reattiva della tensione ha il ruolo di una pressione a viene denotata con
Segue che per un materiale incompressibile, la relazione costitutiva per la tensione è data da:
∂φ
S= + Sreact = 2 µ Eed − p I , & tr(Ee ) = 0; (74) inco
∂Ee
inoltre, la relazione che lega pressione e variazione di volume diventa indefinita:
p = −k tr(Ee ) = ∞ × 0 .
7 Materiali Viscoelastici
Per alcuni materiali la relazione tensione-deformazione varia nel tempo; per modellare tale
comportamento viene modificata la relazione costitutiva:
1. si assume che la distorsione Eo dipenda dal tempo; indicheremo tale tipo di distorsione
con il simbolo Ev , dove l’apice ’v’ allude a viscosità;
3. si assume che la tensione sia la somma di una parte elastica ed una viscosa, indicata con
Sv , che dipende dalla differenza tra deformazione elastica e distorsione viscosa:
S = C E e + Sv , Sv = Cv (Ee − Ev ) .
24
Materiali di questo tipo vengono detti visco-elastici ; la relazione costitutiva per tali materiali,
nel semplice caso di risposta isotropa, è rappresentata da
Le cose importanti da notare sono due: 1) appare un modulo elsatico in più, µv , che descrive la
risposta viscosa; 2) la distorsione viscosa è assunta deviatorica, e dunque anche la componente
viscosa dello sforzo sarà deviatorica.
Per quanto riguarda le equazioni di bilancio, abbiamo l’equazione di bilancio delle forze e
l’equazione che regola l’evoluzione della distorsione viscosa:
Il parametro τ rappresenta un tempo caratteristico e regola la scale dei tempi del fenomeno
viscoso. Per illustrare i fenomeni che tale modello è in grado di descrivere consideriamo una
prova di trazione uniassiale; indichiamo con σ la tensione, con ε la deformazione nella direzione
della trazione, e assumiamo nulla la distorsione viscosa iniziale; la relazione costitutiva (75) e
l’equazione di evoluzione della distorsione forniscono
σ(t) = Ye εe + Yv (εe − εv (t)) = (Ye + Yv ) εe − Yv εv (t) , τ ε̇v (t) = εe − εv (t) , εv (0) = 0 . (78) visco3
All’istante iniziale la deformazione elastica è positiva εe > 0 e dunque ε̇v > 0: la distorsione
viscosa crescerà fino ad eguagliare εe ; abbiamo
t = 0 , εv = 0 ⇒ σ = (Ye + Yv ) εe , (79)
t = ∞ , εv = εe ⇒ σ = Ye εe , (80)
Dalle precedenti relazioni si vede che il modulo elastico Ye descrive la rigidezza asintotica, mentre
la somma Ye + Yv quella istantanea. La deformazione del provino sarà data da
σ σ εe∞ Yv
εe (0) = εeo = , εe (∞) = εe∞ = , e =1+ . (81) visco5
Ye + Yv Ye ε0 Ye
25