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Corso di Teoria delle Strutture

Dispense - parte #1
Richiami di Elasticità Lineare
A.A. 2015∼2016

Versione 1.1.0

Indice
1 Sistema di Riferimento 3
1.1 Cambio di base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.2 Cambio della base di Lin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.3 Esempio 2D . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

2 Richiami di cinematica 6
2.1 Moto e traiettoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
2.2 Velocità di saggio & spostamento virtuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
2.3 I funzionali potenza e lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

3 Elasticità Lineare 3D 9
3.1 Equazioni di Congruenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
3.2 Relazione Costitutiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
3.2.1 Deformazione Elastica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
3.2.2 Materiale Elastico Lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
3.2.3 Energia Elastica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

4 Equazioni di Bilancio 14
4.1 Il Principio di Bilancio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
4.2 Equazioni locali di Bilancio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

5 La Formulazione del Problema Elastico Lineare 15

6 Materiali Isotropi e Anisotropi. 16


6.1 Decomposizione Sferica-Deviatorica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
6.2 Risposta Isotropa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
6.3 Risposta Anisotropa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
6.3.1 Risposta Ortotropa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
6.3.2 Risposta Trasversalmente Isotropa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
6.3.3 Cambio di Base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
6.3.4 Esempio: Cambio di Base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
6.4 Materiali Incompressibili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

1
7 Materiali Viscoelastici 24

z z z

2
1 Sistema di Riferimento
Un sistema di riferimento per uno spazio ambiente 3D è costituito da un punto privilegiato dello
spazio E, detto origine e indicato con ‘o’, e da una base dello spazio vettoriale V che indicheremo
con α = {ei }; la base è formata da una terna di versori ei ortogonali tra loro:

versore: kei k = 1 , ortogonalità: ei · ej = δij .

Tale sistema viene indicato con {o ; ei , i = 1, 2, 3}; nel seguito, ometteremo di scrivere ogni
volta i = 1, 2, 3. Una volta fissato un sistema di riferimento, possiamo:

1. Rappresentare ogni vettore v ∈ V tramite le sue componenti, ossia, tramite le proiezioni


di v sui vettori della base ei :

Componenti di v nella base {ei }: vi = v · ei , ⇔ v = vi ei .

2. Rappresentare i punti dello spazio tramite il vettore posizione r = x − o, ovvero, tramite


le coordinate:
x − o = x1 e1 + x2 e2 + x3 e3 ⇒ x ≡ (x1 , x2 , x3 ) .

3. Costruire una base per Lin, le applicazioni lineari che agiscono su V:

Base di V: {ei } ⇒ Base di Lin: {ei ⊗ ej }

I tensori semplici ei ⊗ ej agiscono sui vettori v nel seguente modo:

(ei ⊗ ej ) v = (ej · v) ei . (1) tensor_prod

4. Rappresentare ogni tensore A ∈ Lin tramite le sue componenti, ossia, tramite le proiezioni
di A sui tensori della base ei ⊗ ej

Componenti di A nella base {ei ⊗ ej }: Aij = A · ei ⊗ ej , ⇔ A = Aij ei ⊗ ej .

5. Rappresentare l’azione di un tensore A sul vettore v tramite prodotti tra le loro compo-
nenti:

v = vh eh , A = Aij ei ⊗ej , ⇒ A v = (Aij ei ⊗ej ) vh eh = Aij vh (ej ·eh ) ei = Aij vj ei .

In breve, possiamo scrivere: u = A v ⇒ ui = Aij vj .

Vettori e tensori si possono anche rappresentare tramite matrici; in questo caso, la base prescelta
viene indicata con il pedice α. Per i vettori abbiamo:
       
1 0 0 v1
|e1 |α =  0  , |e2 |α =  1  , |e3 |α =  0  ; v = vi ei ⇒ |v|α =  v2  .
0 α 0 α 1 α v3 α

Una cosa analoga avviene per i tensori; ad esempio:


   
0 1 0 A11 A12 A13
|e1 ⊗ e2 |α =  0 0 0  , |A|α =  A21 A22 A23  .
0 0 0 α A31 A32 A33 α

3
Attenzione: la base prescelta andrebbe sempre dichiarata quando si usa la rappresentazione
matriciale; spesso questa indicazione viene omessa (ad esempio quando si usa sempre una stessa
base), ma bisogna ricordare che quando si cambia base, cambia anche la matrice che rappresenta
i vettori o i tensori. La rappresentazione matriciale è scomoda dal punto di vista tipografico,
ma può essere comoda per altri motivi; in particolare, l’azione di un tensore A sul vettore v si
rappresenta tramite prodotto righe per colonne
     
A11 A12 A13 v1 A11 v1 + A12 v2 + A13 v3
|A|α |v|α =  A21 A22 A23   v2  =  A21 v1 + A22 v2 + A23 v3  .
A31 A32 A33 α v3 α A31 v1 + A32 v2 + A33 v3 α

Si noti che è proprio la definizione (1) a far si che l’azione di A su v sia esprimibile come un
prodotto righe per colonne tra le matrici che rappresentano il tensore ed il vettore dato.

1.1 Cambio di base


Consideriamo due basi di V: α = {ei } e β = {bi }; le due basi sono relate da un’applicazione
lineare Q, detta cambiamento di base. Poiché le basi hanno vettori unitari e ortogonali tra
loro, l’applicazione Q deve essere una rotazione, ossia, un’applicazione che mantiene invariata
la lunghezza dei vettori, preserva gli angoli tra due vettori qualsiasi, e mantiene l’orientamento
(una base destrorsa viene trasformata in una base destrorsa). Dunque Q−1 = QT , e det Q = 1,
e possiamo scrivere:
bi = Q ei , ei = QT bi . (2) cambio_base

Usiamo ora la rappresentazione matriciale per scrivere le relazioni (2), ricordando una proprietà
importante del cambio di base: l’applicazione Q che manda la base α nella base β è rappresentata
da una matrice |Q| che non cambia al cambiare della base α o β, ossia:

|Q|α = |Q|β = |Q| , per qualunque base α e β.

Allora, per il primo vettore b1 della base β, abbiamo:


      
1 Q11 Q12 Q13 1 Q11
|b1 |β =  0  , |b1 |α = |Q| |e1 |α =  Q21 Q22 Q23   0  =  Q21  .
0 β Q31 Q32 Q33 0 α Q31 α

Dunque, la prima colonna di |Q| è composta dalle componenti del primo versore b1 rispetto la
base α, e cosı̀ via per le altre colonne:
 
|Q| = |b1 |α |b2 |α |b3 |α ; (3)

in forma compatta, possiamo scrivere:

bi = Q1i e1 + Q2i e2 + Q3i e3 = Qji ej . (4) cambio_base

Analogamente, per il cambio di base bi 7→ ei , possiamo scrivere:


    
Q11 Q21 Q31 1 Q11
|e1 |β = |QT | |b1 |β =  Q12 Q22 Q32   0  =  Q12  ⇒ ei = Qij bj = (Qji )T bj .
Q13 Q23 Q33 0 β Q13 β

4
Dato un vettore v, è importante sapere come cambiano le sue componenti a seguito di un cambio
di base; usando la (4), abbiamo:

v = v̂i bi = v̂i Qji ej = vj ej ⇒ vj = Qji v̂i .

In notazione matriciale, possiamo scrivere


        
v̂1 v1 v1 Q11 Q12 Q13 v̂1
|v|β =  v̂2  , |v|α =  v2  ⇒ |v|α =  v2  =  Q21 Q22 Q23   v̂2  = |Q| |v|β .
v̂3 β v3 α v3 α Q31 Q32 Q33 v̂3 β

1.2 Cambio della base di Lin


Abbiamo visto come la base per Lin si costruisca a partire dalla base di V; allo stesso modo,
la relazione che definisce il cambio di base per i tensori viene dedotta da quella utilizzata per
i vettori. Consideriamo due basi di Lin: a = {ei ⊗ ej } e b = {bi ⊗ bj }; utilizzando la (2),
abbiamo la seguente formula per il cambio di base

bi ⊗ bj = (Q ei ) ⊗ (Q ej ) = Q (ei ⊗ ej ) QT , ei ⊗ ej = QT (bi ⊗ bj ) Q ; (5) cambio_base

ovvero, in forma matriciale

|bi ⊗ bj |α = |Q| |ei ⊗ ej |α |QT | , |ei ⊗ ej |β = |QT | |bi ⊗ bj |β |Q| . (6) cambio_base

Dato un tensore A, è importante sapere come cambiano le sue componenti a seguito di un


cambio di base; usando la (5), abbiamo:

A = Âij bi ⊗ bj = Âij (Qhi eh ) ⊗ (Qkj ek ) = Ahk eh ⊗ ek ⇒ Ahk = Qhi Âij QTkj .

In notazione matriciale possiamo scrivere:

|A|α = |Q| |A|β |QT | , |A|β = |QT | |A|α |Q| .

Riassumendo il tutto, abbiamo:




 |bi |α = |Q| |ei |α ,



|ei |β = |QT | |bi |β ,








 |v|α = |Q| |v|β ,


Q : base α 7→ base β ⇒ (7)



 |v|β = |QT | |v|α ,



|A|α = |Q| |A|β |QT | ,








|A|β = |QT | |A|α |Q| .

1.3 Esempio 2D
Consideriamo il cambio di base da una base cartesiana α = {e1 e2 } ad una polare β = {b1 , b2 };
la base β è ruotata rispetto ad α di un angolo ϕ (positivo se antiorario).

5
La matrice che descrive un tale cambio di base è data da (ricordiamo che in 2D le rotazioni
hanno un solo parametro invece dei tre necessari in 3D)
 
cos ϕ − sin ϕ
Q : base α 7→ base β ⇒ |Q| = .
sin ϕ cos ϕ

Il problema tipico che si presenta è il seguente: note le componenti cartesiane di v e A, quali


sono le loro componenti polari? Per quanto riguarda il vettore, posto v = vi ei = v̂j bj , abbiamo
        
v1 v̂1 cos ϕ sin ϕ v1 cos ϕ v1 + sin ϕ v2
|v|α = ⇒ |v|β = = = .
v2 v̂2 − sin ϕ cos ϕ v2 − sin ϕ v1 + cos ϕ v2

Per quanto riguarda il tensore, posto A = Ahk eh ⊗ ek = Âij bi ⊗ bj , abbiamo


      
Â11 Â12 cos ϕ sin ϕ A11 A12 cos ϕ − sin ϕ
|A|β = = .
Â21 Â22 β
− sin ϕ cos ϕ A21 A22 α
sin ϕ cos ϕ

2 Richiami di cinematica
2.1 Moto e traiettoria
Il moto del corpo è descritto da un’applicazione che associa ad ogni punto sostanziale s ∈ B e
ad ogni istante τ ∈ T dell’intervallo temporale, una posizione x ∈ E nello spazio ambiente

p: B×T → E
(8) moto
(s, τ ) 7→ x = p(s, τ ) .

Dato un moto p si considerano le seguenti applicazioni:

u(s, τ ) := p(s, τ ) − s : B × T → V, spostamento del punto s,


p(s, ·) : T → E, legge oraria del punto s,
p(·, τ ) : B → E , configurazione al tempo τ . (9)

Inoltre, dato il moto p, si considerano i seguenti sottoinsiemi di E:

p(s, T ) ⊂ E traiettoria del punto s,


p(B, τ ) ⊂ E forma al tempo τ . (10)

Oss. Con una fotografia (fisso l’istante) vedo la forma del corpo, con un film (fisso un punto
sostanziale) seguo la traiettoria del punto. 

L’applicazione che descrive il moto può essere derivata sia rispetto al parametro temporale che
rispetto al punto sostanziale; il primo tipo di derivata sarà indicata con un puntino, il secondo
con il simbolo ∇ (gradiente). Entrambe i due tipi di derivate del moto sono (limiti di) differenze
di posizioni di E, ossia, le derivate del moto sono rappresentate da vettori di V. Abbiamo

ṗ(s, τ ) = u̇(s, τ ) velocità del punto s al tempo τ ,


p̈(s, τ ) = ü(s, τ ) accelerazione del punto s al tempo τ . (11)

6
fig:moto
Traiettoria del punto s̄

T p(s̄, ·)
p(s̄, τ̄ + ε)

B × {τ̄ }
τ̄
ṗ(s̄, τ̄ )

p(·, τ̄ ) p0 (s̄, τ̄ )

B s̄ Configurazione al tempo τ̄

Figura 1: Il dominio della funzione moto, il prodotto B × T , può essere visualizzato come il
rettangolo a destra. Fissare un istante significa considerare il segmento orizzontale B × {τ̄ };
fissare un punto materiale equivale a considerare il segmento verticale {s̄} × T . L’immagine di
tali segmenti sotto il moto fornisce rispettivamente la configurazione al tempo τ̄ o la traiettoria
del punto s̄. Il vettore ṗ è tangente alla traiettoria, il vettore p0 = ∂p/∂s è tangente alla
configurazione.

Consideriamo inoltre la derivata sostanziale prima ∇p(s, τ ), che dà informazioni sullo spazio
tangente alla forma di B in p(s, τ ), e la la derivata sostanziale seconda ∇2 p(s, τ ), che dà infor-
mazioni sulla curvatura della forma di B. Possiamo infine considerare le derivate seconde miste
(che, ovviamente, commutano)
∇(ṗ(s, τ )) = (∇p(s, τ ))· (12)
Bada! Non confondere il corpo B con lo spazio ambiente E: si tratta di spazi diversi, non solo
dal punto di vista meccanico (gli elementi di B sono punti sostanziali, quelli di E posizioni) ma
anche da quello topologico, ossia, possono avere ad esempio dimensioni diverse. 

2.2 Velocità di saggio & spostamento virtuale


Introduciamo ora l’importante nozione di velocità di saggio. Il campo della velocità di saggio
associa ad ogni punto sostanziale una delle velocità eventualmente realizzabili da quel punto,
a partire dalla posizione che occupa. La nozione di velocità di saggio non va assolutamente
confusa con quella di velocità, ossia con l’unica velocità effettivamente realizzata durante il
moto. Dunque, assumendo che il corpo B sia libero di muoversi in E, e che la sua mobilità sia
descritta dalla funzione p(s, τ ) = s + u(s, τ ), abbiamo

u̇ : B × T → VE velocità effettiva;
(s, τ ) 7→ u̇(s, τ )
(13) vtest
e : B×T
u → VE velocità di saggio.
(s, τ ) 7→ u
e (s, τ )

Chiariamo con un esempio questa importante distinzione. Se consideriamo un corpo puntiforme


vincolato a muoversi lungo una curva, una velocità di saggio in una determinata posizione è
data da un qualsiasi vettore tangente alla curva nella posizione considerata, mentre la velocità

7
effettivamente realizzata è un ben preciso vettore tangente alla curva. Dunque, l’insieme delle
velocità di saggio è costituito dalla retta tangente alla traiettoria (nella posizione considerata);
ovviamente, su tale retta vi sarà anche la velocità effettiva.
Per un corpo puntiforme vincolato a muoversi su di una superfice, una velocità di saggio
in una determinata posizione sarà data da un qualsiasi vettore tangente alla superfice nella
posizione considerata; in tal caso, l’insieme delle velocità di saggio è costituito dal piano tangente
alla superficie, mentre la velocità effettivamente realizzata sarà un ben preciso vettore del piano
tangente. L’insieme costituito da tutti i campi di velocità di saggio (13) dotati di opportune
g:vel_saggio

x u x u̇
u
e
e

u
e u
e u
e

Figura 2: A destra abbiamo un punto x vincolato a muoversi su una curva; nell’istante con-
siderato, la velocità è il vettore u̇ tangente alla curva in x, mentre la velocità di saggio è un
qualsiasi vettore u
e della retta tangente alla curva in x. A sinistra abbiamo un punto x vincolato
a muoversi nel piano; in questo caso la velocità di saggio è un qualsiasi vettore u e tangente al
piano in x.

proprietà di regolarità viene detto Spazio delle velocità di saggio Ũ. A partire dalla definizione
di velocità di saggio, introduciamo anche il campo degli spostamenti virtuali, da non confondere
con il campo degli spostamenti elementari:
du = u̇ dτ spostamento elementare;
(14)
de
u=u
e dτ spostamento virtuale.

2.3 I funzionali potenza e lavoro


Tra le nozioni fondamentali della meccanica vi è quella di potenza. Tale nozione è una nozione
istantanea, ossia, considera il corpo ad un dato istante, e coinvolge simultaneamente sia il moto
del corpo che le “azioni” che agiscono su di esso.
fig:potenza1
INGRESSO: funzioni USCITA: scalari

Campo delle azioni dinamiche


potenza
Campo della velocità

Figura 3: Il computo della potenza richiede la conoscenza del campo della velocità e del campo
delle azioni dinamiche; la potenza è una grandezza scalare.

È utile ricordare a questo punto la nozione di funzionale. Senza entrare nei dettagli, definiamo
funzionale un’applicazione il cui dominio è costituito da uno spazio di applicazioni, ed a valore
nell’insieme dei reali:

8
g:funzionale
Spazio funzionale 3 funzioni funzionale scalari ∈ R

Figura 4: Un funzionale è una particolare funzione che ha come ingresso “intere funzioni” e
come uscita degli scalari; un integrale è un’esempio prototipo di funzionale.

La potenza è un funzionale lineare definito sullo spazio dei campi di velocità di saggio U:
e

P : Ue → R Z
w 7→ P(w) = w · f dV ; (15)
B

infatti, il funzionale potenza P associa linearmente ad ogni campo di velocità w ∈ Ue una


quantità scalare: la potenza spesa dalle azioni dinamiche sull’atto di moto; una cosa analoga si
ha ovviamente per il lavoro, definito sugli spostamenti virtuali dw = w dτ , con w ∈ Ũ

L : Ue → R Z
w 7→ L(w) = dw · f dV ; (16)
B

Osservazione. Con la notazione P(w) intendiamo anche mettere in risalto il fatto che la
potenza P “sente” il campo di velocità w, e non semplicemente i valori w(s) di tale campo. 

fig:potenza3
w2

w1
w10 (ŝ, τ ) = w20 (ŝ, τ )

w1 (ŝ, τ ) = w2 (ŝ, τ )
B

Figura 5: La potenza può “sentire” la differenza tra due campi anche attraverso un solo punto:
in ŝ, sia i due campi w1 e w2 , che le loro derivate prime hanno lo stesso valore; le derivate
seconde sono invece diverse.

3 Elasticità Lineare 3D
La teoria dell’elasticità lineare è basata sull’ipotesi che sia lo spostamento u che il suo gradiente
∇u siano piccoli; in tal caso, non si fa più distinzione tra la configurazione di riferimento e quella
assunta durante il moto: p(B, τ ) ' B. Il corpo B è una regione 3D dello spazio ambiente E, e i
suoi punti saranno indicati con il simbolo X; lo stato del corpo è descritto dal moto x = p(X, t),
ovvero dal campo di spostamento u(X, t) = p(X, t) − X

u: B×T → V
(17) moto
(X, τ ) 7→ u = u(X, τ ) .

9
La frontiera ∂B del corpo viene divisa in due parti: ∂B = ∂u B ∪ ∂t B; su ∂u B sono assegnate
condizioni cinematiche, su ∂t B sono assegnate condizioni dinamiche. La teoria della elasticità ha
come variabile di stato il campo vettoriale dello spostamento u (3 componenti), e coinvolge altri
due campi, entrambe tensoriali e simmetrici (6 componenti): la deformazione E e la tensione S.
Fissata una base ortonormale α = {ei }, abbiamo
       
u1 u E11 E12 E13 S11 S12 S13
|u|α =  u2  =  v  , |E|α =  E12 E22 E23  , |S|α =  S12 S22 S23  .
u3 α w α E13 E23 E33 α S13 S23 S33 α
I tre campi suddetti sono legati tra loro da tre gruppi di equazioni:
1. Equazioni di congruenza: sono una relazione tra 3 spostamenti e 6 deformazioni;
2. Equazioni costitutive: sono una relazione tra 6 tensioni e 6 deformazioni;
3. Equazioni di bilancio: sono una relazione tra 3 forze e 6 tensioni.
Nelle sezioni seguenti saranno brevemente illustrati questi tre gruppi di equazioni.
Osservazione. La deformazione e la tensione pur avendo la stessa struttura (sono entrambe
tensori simmetrici), hanno una natura molto diversa: la deformazione E(X) ci dice come si
deforma un cubo elementare con vertice in X; la tensione S(X) ci dice quale è la forza agente
su una superficie passante per X e di normale n.

3.1 Equazioni di Congruenza


Le equazioni di congruenza sono due, una valida nel corpo, l’altra sul bordo, e riguardano il
campo di spostamento u e la deformazione E

E = sym (∇u) , su B × T ; u = ū , su ∂u B × T . (18) eq_congruen

Attenzione: in tali equazioni l’incognita è il campo di spostamento, e per tale motivo non sono
in genere risolvibili: sono troppe! Abbiamo sei equazioni, le sei componenti di E, per sole tre
incognite, le componenti di u.
La definizione (18) della deformazione E ha la seguente motivazione. Si voglia confrontare
lo spostamento di punti vicini X e X + ε e, separati dal vettore ε e; lo sviluppo in serie al primo
ordine del campo di spostamento fornisce

u(X + ε e) − u(X) = ε ∇u(X) e + o(ε) . (19)

Dunque ε ∇u(X) e misura la differenza tra i due spostamenti u(X + ε e) e u(X). Il gradiente
∇u può essere decomposto nella somma della sua parte simmetrica e anti-simmetrica

∇u = sym ∇u + skw ∇u = E + W

La parte anti-simmetrica W rappresenta una rotazione infinitesima; volendo misurare le defor-


mazioni, si usa solo la parte simmetrica di ∇u.
L’ingresso di E(X) sono i tre spigoli del cubo che partono da X; la sua uscita sono i vettori
da aggiungere agli spigoli originali per determinare il nuovo spigolo. Ad esempio, con solo
E11 =  6= 0, abbiamo
             
 0 0 1   0 0 0 0 0
 0 0 0   0  =  0  , 0 0 0   1  OR  0  = 0  .

0 0 0 α 0 α 0 α 0 0 0 α 0 α 1 α 0 α

10
Dunque, il cubo costruito sugli spigoli (1, 0, 0), (0, 1, 0), (0, 0, 1) viene trasformato nel cubo di
spigoli (1 + , 0, 0), (0, 1, 0), (0, 0, 1). Con solo E12 = γ 6= 0, abbiamo
           
0 γ 0 1 0 0 γ 0 0 γ
 γ 0 0   0  =  γ  , γ 0 0   1  =  0  .
0 0 0 α 0 α 0 α 0 0 0 α 0 α 0 α

In questo caso, il cubo costruito sugli spigoli (1, 0, 0), (0, 1, 0), (0, 0, 1) viene trasformato nel
cubo di spigoli (1, γ, 0), (γ, 1, 0), (0, 0, 1).
Per meglio illustrare quanto detto, consideriamo un quadrato (una faccia di un cubo) definito
dai suoi 4 vertici Xi ; il moto trasforma il quadrato nel parallelogramma di vertici xi = f (Xi );
una volta piazzato il primo vertice x1 , possiamo individuare gli altri usando la relazione

f (Xi + e) = f (Xi ) + ∇f (Xi ) e + o(kek) = f (Xi ) + [I + ∇u(Xi )] e + o(kek) . (20)

Ad esempio, la posizione del vertice x2 è data dalla formula, vedi Fig. (6)

˙ (X1 ) + [I + ∇u(X1 )] e1 = x1 + e1 + ∇u(X1 ) e1 .


x2 = f (X2 ) = f (X1 + e1 )=f (21)

˙ indica eguale a meno di infinitesimi, ossia, che è stato troncato il termine ke1 k.
dove il simbolo =

˙ 2 + ∇f e2
x4 =x
v1
e1
X1 + e2 = X3 X4 = X2 + e2 x1 + ∇f e2 =x
˙ 3
v2

e2 e2 v2
v1 ˙ 1 + ∇f e1
x2 =x
x1 ∇u e1
X1 X2 = X1 + e1
e1 e1

x1 = f (X1 )

Figura 6: Il quadrato di sinistra viene trasformato nel parallelogramma di destra: ogni vertice
Xi viene piazzato in xi = f (Xi ). Una volta posizionato il vertice x1 , il gradiente del moto ∇f
uptake dà indicazioni su come posizionare gli altri vertici.

3.2 Relazione Costitutiva


La relazione costitutiva descrive la relazione tra le 6 componenti delle deformazione e le 6 della
tensione. Prima di specificare le relazioni costitutive tipiche dell’elasticità lineare, introduciamo
l’importante nozione di distorsione, descritta dal campo tensoriale simmetrico Eo : il campo
della distorsione descrive lo stato rilassato locale, ossia, Eo (X) descrive la deformazione che
l’elemento di volume attorno ad X vorrebbe avere. L’esempio più noto e semplice di distorsione
è quella termica: quando scaldiamo un pezzo di metallo, il suo volume vorrebbe aumentare. In
questo caso abbiamo Eo = α(T ) I, ossia, la distorsione termica è sferica, e l’unico parametro
scalare α, detto coefficiente di dilatazione termica, dipende dalla temperatura α = α(T ).

11
3.2.1 Deformazione Elastica
La deformazione elastica Ee è la differenza tra la deformazione E e la distorsione Eo :

Ee = E − Eo . (22) def_elastic

La deformazione elastica si annulla quando E = Eo , ossia, solo quando esiste un campo di spo-
stamento u che soddisfa le condizioni al contorno e tale che sym (∇u) = Eo . Questa condizione
è analoga alla equazione di congruenza (18): data una qualsiasi distorsione (sei componenti), ci
si chiede se esista uno spostamento (tre componenti) le cui derivate consentano di ricostruire la
distorsione data. Abbiamo dunque:

Eo è realizzabile ⇔ esiste u tale che: sym (∇u) = Eo , su B ; u = ū , su ∂u B .

Una distorsione non realizzabile produce uno stato tensionale che può essere molto elevato: molti
componenti strutturali si rompono a causa delle distorsioni e non a causa dei carichi. Si noti
che una distorsione può non essere realizzata sia perché sym ∇u 6= Eo , oppure, perché u 6= ū su
∂u B, ovvero, per entrambe i motivi.

3.2.2 Materiale Elastico Lineare


La relazione costitutiva per i materiali elastici lineari prescrive una relazione lineare tra la
tensione S e la deformazione elastica Ee :

S = C Ee = C (E − Eo ) . (23) eq_costi

Il tensore del quarto ordine C è chiamato tensore elastico, ovvero, rigidezza; tale tensore è
invertibile, e la sua inversa F = C−1 si chiama flessibilità:

Ee = E − Eo = F S . (24) eq_costi2

Dalla relazione costitutiva (23) discende immediatamente il fatto che una distorsione realizzabile
produce una tensione nulla:

Eo = sym (∇u) = E ⇔ E e = E − Eo = 0 ⇔ S = C Ee = 0 ;

al contrario, se Eo 6= sym (∇u) la tensione sarà diversa da zero, a prescindere dai carichi. Il
tensore elastico opera sui tensori del secondo ordine (la deformazione) e restituisce tensori del
secondo ordine (la tensione): è dunque un tensore del quarto ordine, al quale si richiede di essere
simmetrico in modo da garantire l’esistenza dell’energia elastica.
E’ importante ricordare che la nozione di rigidezza è una nozione locale, ossia, la rigidezza
varia da punto a punto; quando la rigidezza è la stessa in ogni punto il materiale viene detto
omogeneo. Fissata una base α = {ai }, la relazione (23) si rappresenta come segue
e
Sij (X) = Cijhk (X) Ehk (X) ; (25) eq_costi2

Notiamo che C è definito solo sui tensori simmetrici (la deformazione elastica è simmetrica) e
restituisce solo tensori simmetrici (la tensione è simmetrica); inoltre è simmetrico lui stesso: per
tali motivi valgono le seguenti eguaglianze:

Cijhk = Chkij , simmetrie maggiori; Cijhk = Cjihk , Cijhk = Cjikh , simmetrie minori.

12
La relazione costitutiva ammette una rappresentazione semplificata che coinvolge solo le 6 com-
ponenti strette di S e Ee . Dalla relazione originale (25) risulta che ad ogni componente della
tensione contribuiscono tutte le componenti della deformazione e dunque, in virtù delle simme-
trie minori di C, le deformazioni miste vanno considerate due volte con lo stesso coefficiente: ad
esempio

Sij e +C
= Cij11 E11 e e
ij22 E22 + Cij33 E33
e +C
+ Cij12 E12 e e e e e
ij21 E21 + Cij13 E13 + Cij31 E31 + Cij23 E23 + Cij32 E32 (26)
e +C
= Cij11 E11 e e e e e
ij22 E22 + Cij33 E33 + Cij12 2 E12 + Cij13 2 E13 + Cij23 2 E23 .

In questo modo, ogni componente della tensione risulta combinazione lineare delle sole 6 com-
ponenti strette della deformazione: possiamo allora rappresentare tensione e deformazione con
vettori colonne a 6 componenti, e la matrice di rigidezza con una matrice 6x6 che indicheremo
con il simbolo D:
  

S11

Dα11 Dα12 Dα13 Dα14 Dα15 Dα16 e
E11

 S   Dα12 Dα22 Dα23 Dα24 Dα25 Dα26  
  e
 E22 

 22   

 S33 
  Dα13 Dα23 Dα33 Dα34 Dα35 Dα36   e
E33

 =   
 ;
 
e 
(27) costi_sta
 Dα14 Dα24 Dα34 Dα44 Dα45 Dα46  
 S   
 12     2 E 12 

 S23 
  Dα15 Dα25 Dα35 Dα45 Dα55 Dα56   e 
   2 E23 
S13 Dα16 Dα26 Dα36 Dα46 Dα56 Dα66 e
2 E13
α α α

BADA: si noti il fattore 2 nelle componenti miste della deformazione, spiegato delle precedenti
considerazioni. Esaminando la (27), si può notare che la rappresentazione della matrice di
rigidezza per il tramite della D coinvolge 21 componenti indipendenti, dette rigidezze, che sono
le componenti strette della matrice simmetrica 6x6: abbiamo la seguente corrispondenza:

Tensore del quarto ordine
C ⇔ D Tensore simmetrico del secondo ordine
con simmetrie minori e maggiori

Si ha una corrispondenza analoga per le matrici di flessibilità

Tensore di Flessibilità F = C−1 ⇔ G = D−1 Matrice di flessibilità.

La rappresentazione (27) è detta ‘standard’; una rappresentazione alternativa, detta alla Voigt,
prevede una diversa ordinazione delle componenti di S e E, e quindi un diverso significato di
alcune componenti Dαij
  

S11

Dα11 Dα12 Dα13 Dα14 Dα15 Dα16 e
E11

 S   Dα12

Dα22 Dα23 Dα24 Dα25 Dα26
  e
E22 
 22  
 
  
 
 S33   Dα13 Dα23 Dα33 Dα34 Dα35 Dα36   e
E33


  =    ; (28) costi_voigt
 S   Dα14

Dα24 Dα34 Dα44 Dα45 Dα46
  e 
2 E12
 23  
 
  
 
 S13   Dα15 Dα25 Dα35 Dα45 Dα55 Dα56   e 
2 E13 
 
S23 Dα16 Dα26 Dα36 Dα46 Dα56 Dα66 e
2 E23
α α α

Nel seguito seguiremo sempre la rappresentazione (27).

13
3.2.3 Energia Elastica
La relazione costitutiva (23) sotto intende l’esistenza della energia elastica, ossia, di una funzione
scalare φ, la cui derivata rispetto al tempo eguaglia l’opposto della potenza interna P i spesa
dalla tensione sulla velocità di deformazione:
1
Energia elastica: φ = C Ee · Ee ⇔ φ̇ = C Ee · Ė = S · Ė = −P i (u̇) : Potenza interna. (29) ene_elastic
2
Dalla (29) consegue che
∂φ
S= = C Ee .
∂Ee

4 Equazioni di Bilancio
Nella definizione di un modello meccanico è utile considerare tre distinte categorie di azioni
dinamiche: le azioni interne, dette tensioni o sollecitazioni ; le azioni esterne, ad esempio, le
forze applicate; le azioni d’inerzia. Conseguentemente, si considerano tre tipi di potenza:

Z
i
P (w) := −S ·∇w dV , potenza interna, (30)
B
Z Z
P e (w) := f · w dV + t · w dA , potenza esterna, (31)
B ∂B
Z
ine
P (w) := ρ ü · w dV , potenza d’inerzia, (32)
B

dove: w è il campo della velocità di saggio; S è il tensore delle tensioni; f e t sono i vettori
dei carichi applicati all’interno e sul bordo del corpo; ρ è la densità del corpo e ρ ü è la forza
d’inerzia.

4.1 Il Principio di Bilancio


Il principio di bilancio richiede che, in ogni istante e per ogni velocità di saggio, la potenza spesa
dalle forze d’ineriza debba essere uguale alla somma della potenza interna e di quella esterna:

P ine (w) = P i (w) + P e (w) , ∀w. (33) bala_prin

In testi più antichi il principio di bilancio viene formulato in termini di lavoro anzichè di po-
tenza: il lavoro compiuto dalle azioni d’inerzia Line (dw) deve eguagliare la somma di quello
interno Li (dw) e di quello esterno Le (dw), per ogni spostamento virtuale dw e per ogni istante
temporale:
Line (dw) = Li (dw) + Le (dw) , ∀ dw . (34) PLV

La (34) viene comunemente detta Principio dei Lavori Virtuali. Si noti che le due formulazioni
del principio di bilancio sono formalmente identiche: la (33) diventa la (34) se valutiamo il
funzionale P sugli spostamenti virtuali invece che sugli atti di moto di saggio,

14
4.2 Equazioni locali di Bilancio
Le equazioni locali di bilancio sono due, una valida nel corpo, l’altra sul bordo, e sono una diretta
conseguenza del principio di bilancio. Per dedurre tali equazioni a partire dalla (33) facciamo
uso di due relazioni, valide per ogni campo vettoriale del tipo AT v, costruito moltiplicando il
tensore A con il vettore v. La prima relazione è la formula per la derivazione del prodotto di
funzioni:
div (AT v) = div (A) · v + A · ∇v ;
la seconda relazione è il teorema della divergenza per un campo vettoriale:
Z Z
T
div (A v) dV = A m · v da ,
B ∂B
con m la normale al bordo di B. Allora, la potenza interna si riscrive come segue:
Z Z Z Z
i T
P (w) = −S ·∇w dV = [ div (S) · w − div (S w) ] dV = div (S) · w dV − S m · w dA .
B B B ∂B
Usando la rappresentazione appena trovata della potenza interna, il principio di bilancio si può
riscrivere mettendo a fattor comune il campo della velocità di saggio w:
Z Z
[ −ρ ü + div (S) + f ] · w dV + [ t − S m ] · w dA = 0 , ∀ w . (35) eq_bilancio
B ∂B
Dovendo valere per ogni w, le somme tra parentesi quadre devono essere nulle, sia quelle nel
corpo, sia quelle sul bordo, e dunque:
ρ ü = div (S) + f , su B × T ; S m = t , su ∂t B × T . (36) eq_bilancio
Attenzione: tali equazioni riguardano S, ossia, l’incognita è il campo di tensione, e per tale
motivo non sono in genere risolvibili: sono poche! Abbiamo tre equazioni scalari, ognuna per le
tre componenti dei carichi, ma ben sei incognite, le componenti di S.
E’ importante ricordare che l’ingresso di S(X) è un versore n che individua la superficie per
X di normale n; la sua uscita è la forza che agisce su tale superficie. Ad esempio, usando una
rappresentazione matriciale, abbiamo:
     
S11 S12 S13 1 S11
 S12 S22 S23   0  =  S12  ,
S13 S23 S33 α 0 α S13 α

5 La Formulazione del Problema Elastico Lineare


Il tipico problema elastico lineare viene formulato in termini di spostamenti utilizzando tutti
e tre i gruppi di equazioni che abbiamo appena introdotti nei paragrafi precedenti, e si basa
sulla riscrittura in termini di spostamento delle equazioni di bilancio. Il problema viene cosı̀
formulato: dati i carichi f (X, τ ) e i carichi al bordo t(X, τ ), trovare il campo di spostamento
u(X, τ ) che verifica le equazioni di bilancio negli spostamenti, le condizioni al contorno (c.c)
dinamiche e cinematiche, e le condizioni iniziali:
ρ ü(X, τ ) = div [C(X)(sym (∇u(X, τ )) − Eo (X)] + f (X, τ ) , bilancio su B × T ;

C(X)(sym (∇u(X, τ )) − Eo (X)) m = t(X, τ ) , bilancio su ∂t B × T , c.c. dinamiche;


(37) eq_bala_spo
u = ū , su ∂u B × T , c.c. cinematiche;

u(s, 0) = uo , u̇(s, 0) = vo , su B × {0}, condizioni iniziali.

15
Attenzione: le equazioni di bilancio riscritte in questa forma sono risolvibili: abbiamo tre equa-
zioni in tre incognite. Nella maggior parte dei casi però, il problema elastico non è risolvibile
in forma esplicita, ma solo attraverso tecniche numeriche. La terna (u , E , S) che soddisfa le
equazioni di bilancio, congruenza e costitutive è detta stato elastico del sistema.

6 Materiali Isotropi e Anisotropi.


La risposta elastica viene classificata secondo due importanti categorie: risposta isotropa e
anisotropa.

6.1 Decomposizione Sferica-Deviatorica


Ogni tensore A può essere decomposto nella somma di due componenti, la parte sferica As , ossia,
proporzionale ad I, e la parte deviatorica Ad , ossia, a traccia nulla, che risultano ortogonali tra
loro:
1
A = Ad + As , As = tr(A) I ; Ad = A − As , ⇒ tr(Ad ) = 0 , As · Ad = 0 . (38) S-D
3
Tale decomposizione è molto importante sia per la deformazione che per la tensione, in quanto
parte sferica e deviatorica hanno un notevole significato meccanico. Per quanto riguarda la
deformazione Ee , la parte deviatorica Eed misura le variazioni di forma, e la parte sferica Ees ,
misura le variazioni di volume:
1 1
Ee = Eed + Ees = Eed + εv I , Ees = tr(Ee ) I ; εv = tr(Ee ) ; (39) dev_sphe
3 3
In particolare, è proprio la traccia che misura la variazione di volume e per tale motivo è chiamata
deformazione volumetrica ed indicata con il simbolo εv . Per quanto riguarda la tensione S, la
parte sferica Ss misura la pressione, definita come l’opposto della componente sferica della
tensione:
1 1
S = Sd + Ss = Sd − p I , Ss = tr(S) I ; p = − tr(S) ; (40) dev_sphe
3 3
Come vedremo, la relazione costitutiva per i materiali isotropi si rappresenta in modo semplice
usando la decomposizione sferica-deviatorica per tensione e deformazione.

6.2 Risposta Isotropa


Un materiale è detto isotropo quando la relazione tensione-deformazione è la stessa in ogni
direzione. In questo caso la risposta elastica è rappresentata da due soli parametri elastici. Fra
le molte coppie di parametri in uso, scegliamo le seguenti: costanti di Lamé (µ, λ); modulo di
Young e di Poisson (Y , ν); modulo di taglio e di compressione (G, k). Tali parametri sono legati
tra loro dalle seguenti relazioni:
Y νY 2 Y
µ= , λ= , k =λ+ µ= , (41) elasticmodu
2 (1 + ν) (1 + ν) (1 − 2 ν) 3 3 (1 − 2 ν)
λ µ (2 µ + 3 λ)
ν= , Y = . (42) elasticmodu
2 (µ + λ) (µ + λ)
Le relazioni S = C Ee e Ee = F S si scrivono in termini di (µ, λ) nel seguente modo:
1 λ
S = 2 µ Ee + λ tr(Ee ) I , Ee =

S− tr(S) I . (43) costi_iso
2µ 2µ + 3λ

16
Le stesse relazioni si riscrivono in termini di (Y, ν) nel seguente modo:
Y νY 1  
S= Ee + tr(Ee ) I , Ee = (1 + ν) S − ν tr(S) I . (44) costi_iso2
1+ν (1 + ν) (1 − 2 ν) Y
Per scrivere la terza rappresentazione della risposta isotropa, quella in termini di (G, k), oc-
corre utilizzare la decomposizione sferico-deviatorico nella (43), che evidenzia un altro termine
proporzionale alla traccia, la parte sferica di Ees :
 
e e e e 2µ
S = 2 µ (Ed + Es ) + λ tr(E ) I = 2 µ Ed + + λ tr(Ee ) I = G Eed + k tr(Ee ) I . (45) costi_iso3
3
Questa ultima espressione mette in luce il fatto che il parametro G pesa solo le deformazioni
deviatoriche, ossia, le variazioni di forma; per tale motivo è chiamato modulo di taglio. Il
parametro k = 2 µ/3 + λ pesa solo le variazioni di volume, ed è detto modulo di compressione
volumetrica. La relazione (45) va notata anche perché mostra che la parte deviatorica della
tensione dipende solo dalla parte deviatorica della deformazione, e analogamente la parte sferica
di S dipende solo dalla parte sferica di Ee :

Sd = G Eed , Ss = k tr(Ee ) I = 3 k Ees , ossia p = −k εv . (46) costi_iso3b

L’energia elastica isotropa ha la seguente semplice espressione:


1 1
φ = µ E e · Ee + λ tr(Ee )2 = µ Eed · Eed + k tr(Ee )2 . (47) ene_iso
2 2
Si noti che nello scrivere la seconda uguaglianza della (47) abbiamo usato la seguente relazione,
conseguenza della ortogonalità tra parte sferica e deviatorica:
1
Ee · Ee = (Eed + Es ) · (Eed + Ees ) = Eed · Eed + Ees · Ees = Eed · Eed + tr(Ee )2 .
3
Diamo anche una rappresentazione matriciale della relazione costitutiva, ossia, una rappresen-
tazione mediata dalla scelta di una base. Ricordiamo che la risposta isotropa è la stessa in
tutte le direzioni, e dunque la sua rappresentazione matriciale sarà la stessa in tutte le basi;
nonostante questo, scrivere questa rappresentazione è utile per almeno due motivi: 1) mette in
luce a colpo d’occhio le dipendenze tra le varie componenti di tensione e deformazione; 2) mette
in evidenza le differenze profonde rispetto alla risposta anisotropa che vedremo nella prossima
sezione. Fissata una base qualsiasi, abbiamo in componenti:
e
S = Sij ei ⊗ ej = 2 µ Eij ei ⊗ ej + λ (E11 + E22 + E33 ) δij .

La corrispondente rappresentazione matriciale in termini della matrice 6x6 D è:



S11
 
2µ + λ λ λ 0 0 0
 e
E11

 S   λ 2µ + λ λ 0 0 0  e
  E22 
 
 22  
  
 S33   λ λ 2µ + λ 0 0

0   E33 e 

 S =
    . (48) iso_ciccio1
0 0 0 µ 0 0   2 E12
  e 
 12   
  
 S23   0 0 0 0 µ 0

  e 
2 E23 
S13 0 0 0 0 0 µ e
2 E13

Le linee verticali ed orizzontali evidenziano gli accoppiamenti: le componenti Sii della tensione
dipendono solo dalle componenti Eiie delle deformazione; analogamente, le componenti miste Sij ,

17
e . Scriviamo anche la relazione inversa, Ee = F S, in termini
con i 6= j, dipendono solo dalle Eij
dei moduli (Y, ν), sempre usando la rappresentazione matriciale standard in termini di D−1 :
 e
E11
 
1 −ν −ν 0 0 0

S11

 e
E22   −ν 1 −ν 0 0 0   S22 
     
 e
E33 

 −ν −ν 1

0 0 0
  
S33 
= 1 
  
   . (49) costi_iso4
e
2 E12  Y  0 0 0 2 (1 + ν) 0 0 S12 
    
   

 e
2 E23



 0 0 0 0 2 (1 + ν) 0





S23 
e
2 E13 0 0 0 0 0 2 (1 + ν) S13

La (49) mostra chiaramente cosa si intende per risposta isotropa, ossia, uguale in ogni direzione.
Ad esempio, nel caso di sollecitazione uniassiale, con una sola componente di tensione diversa
da zero, qualunque sia la direzione e di sollecitazione, la risposta in termini di deformazione ha
sempre la stessa forma:
σ σν
| e{z⊗ e}
S= σ ⇒ E=
Y
e⊗e − (I − e ⊗ e) , ∀ direzione e .
tensione k e
| {z } |Y {z }
deformazione k e deformazione ⊥ e

Analogamente, qualunque sollecitazione di taglio di assi a, b, con |a| = |b| = 1, a · b = 0 genera


una deformazione di taglio lungo gli stessi assi:

σ (1 + ν)
S = σa⊗b ⇒ E= a ⊗ b, ∀ coppia a , b .
Y
Riscriviamo per comodità la relazione (48) in termini dei moduli di Young e Poisson:

S11
 
1−ν ν ν 0 0 0
 e
E11

 S22   ν 1−ν ν 0 0 0   e
E22 
     



S33 

 ν ν 1−ν 0 0 0



 e
E33 

  = Ȳ    ,
 S12   0 0 0 (1 − 2 ν)/2 0 0   e 
2 E12
     



S23 

 0 0 0 0 (1 − 2 ν)/2 0



 e 
2 E23 
S13 0 0 0 0 0 (1 − 2 ν)/2 e
2 E13
(50) iso_ciccio2
con
Y
Ȳ = .
(1 + ν) (1 − 2 ν)

6.3 Risposta Anisotropa


Un materiale è detto anisotropo quando la relazione tensione-deformazione cambia a seconda
della direzione. In questo caso la risposta elastica è rappresentata da molti parametri elastici;
qui consideriamo solo due classi di risposte anisotrope.

6.3.1 Risposta Ortotropa


La prima classe è quella dei materiali ortotropi, materiali che presentano tre piani di simme-
tria fra loro ortogonali, la cui risposta elastica è descritta da 9 parametri. Per ottenere una

18
rappresentazione semplice del tensore elastico occorre scegliere una base i cui tre versori sia-
no ortogonali ai tre piani di simmetria: sia β = {bi } la base prescelta, detta base locale o di
laboratorio, che descrive la risposta locale, ossia, in un punto.
In questa base la matrice di rigidezza D ha comunque una rappresentazione poco intuitiva,
mentre la matrice di flessibilità G = D−1 ha una interpretazione immediata; in particolare, i 9
moduli elastici che caratterizzano G per i materiali ortotropi sono:

• 3 moduli di Young Yi , lungo le tre direzioni bi ;

• 3 moduli di Poisson ν12 , ν13 , ν23 ;

• 3 moduli di taglio G12 , G13 , G23 , relativi agli scorrimenti nei tre piani coordinati span(bi , bj ).

In forma matriciale standard la relazione in termini di flessibilità G si scrive:


 e
    
E11 1/Y1 −ν12 /Y1 −ν13 /Y1 0 0 0 S11
     
 Ee   −ν /Y 1/Y −ν /Y 0 0 0   S22 
 22   12 1 2 23 2   
     

 E33 e  
 −ν13 /Y1 −ν23 /Y2 1/Y 0 0 0
  
S33 
 3  
 =  . (51)
     
   costi_orto3
 2 Ee   0 0 0 1/G 0 0   S12 
 12   12   
     
 e
 2 E23 
 
 0 0 0 0 1/G23 0



 S23 

     
e
2 E13 β 0 0 0 0 0 1/G13 β S13 β

Si osservi che la matrice di flessibilità è composta da due blocchi 3x3 simmetrici e altri due
blocchi 3x3 nulli: tale fatto semplifica molto il calcolo della sua inversa, ossia, della matrice di
rigidezza D = G−1 ; definiamo (eliminando il pedice β per semplificare la notazione):
   
1/Y1 −ν12 /Y1 −ν13 /Y1 1/G12 0 0
   
GY =  −ν12 /Y1 1/Y2 −ν23 /Y2  , GG =  0 1/G23 0 , (52)
   
costi_orto4
   
−ν13 /Y1 −ν23 /Y2 1/Y3 0 0 1/G13

allora
G−1
" # " #
GY 0 Y 0
G= , ⇒ D = G−1 = ; (53) costi_orto5
0 GG 0 G−1
G

inoltre, il calcolo di G−1


G è immediato in quanto GG è diagonale. Si noti anche che la sotto matrice
di flessibilità GY può essere scritta facendo comparire altri tre moduli di Poisson (ν21 , ν31 , ν32 )
nel seguente modo  
1/Y1 −ν21 /Y2 −ν31 /Y3
 
GY =  −ν12 /Y1 1/Y2 −ν32 /Y3  . (54)
 
costi_orto6
 
−ν13 /Y1 −ν23 /Y2 1/Y3
I tre nuovi moduli di Poisson non aggiungono ulteriori parametri elastici, ma sono determinati
da gli altri: poiché GY è simmetrica, deve essere ν12 /Y1 = ν21 /Y2 , ν13 /Y1 = ν31 /Y3 , ν23 /Y2 =

19
ν32 /Y3 . La matrice di rigidezza D si ricava a partire dalle (52,53); abbiamo:
  

S11

Dβ11 Dβ12 Dβ13 0 0 0 e
E11

 S   Dβ12

Dβ22 Dβ23 0 0 0   E22
  e 
 22     

 S33 
  Dβ13 Dβ23 Dβ33 0 0 0  e
E33

 =   
 ;
 
e
(55) costi_orto
 0 0 0 G12 0 0  
 S   
 12     2 E12 


 S23 
  0 0 0 0 G23 0 
 e 
   2 E23 
S13 β 0 0 0 0 0 G13 e
2 E13
β β

il pedice β alle componenti del tensore elastico allude al fatto che tali componenti sono relative
alla base locale indicata con β; tali componenti possono essere riscritte in termini di tre moduli
di Young Yi , 3 moduli di Poisson ν12 , ν13 , ν23
Y12 (Y3 ν23
2 −Y )
2 Y1 Y2 (Y3 ν23 ν13 + Y2 ν12
Dβ11 = , Dβ12 = − ,
Dβ Dβ

Y1 Y2 Y3 (ν12 ν23 + ν13 2 −Y )


Y22 (Y3 ν13 1
Dβ13 = − , Dβ22 = , (56) costi_orto2
Dβ Dβ

Y2 Y3 (Y2 ν12 ν13 + Y1 ν23 2 −Y )


Y2 Y3 (Y2 ν12 1
Dβ23 = − , Dβ33 = ,
Dβ Dβ
dove
2 2
Dβ = Y2 Y3 ν13 − Y1 Y2 + 2 ν12 ν23 ν13 Y2 Y3 + Y1 Y3 ν23 + Y22 ν12
2
.

6.3.2 Risposta Trasversalmente Isotropa


:costi_tiso1
b3 b3 b3

b2 b2 b2

b1 b1 b1

Figura 7: La risposta trasversalmente isotropa è individuata da un asse simmetria e dal piano


ortogonale ad esso; nella figura sono indicati tre esempi in cui l’asse di simmetria coincide con
una delle tre direzioni coordinate.

La seconda classe considerata è quella dei materiali trasversalmente isotropi, materiali che
presentano un asse di simmetria, detto asse di simmetria trasversa, ed hanno una risposta
isotropa nel piano ortogonale a tale asse; in questo caso, la risposta elastica è descritta da
5 parametri che indicheremo con le lettere: a, b, c, d, e. Per ottenere una rappresentazione
semplice del tensore elastico occorre scegliere una base avente uno dei versori parallelo all’asse
di simmetria trasversa; indicata con β = {bi } la base prescelta, consideriamo i tre casi di figura
6:

20
• b1 asse di simmetria, span(b2 , b3 ) piano di isotropia:
  

S11

a c c 0 0 0 e
E11

 S   c b d 0

0 0  
 e
E22 
 22     

 S33 
  c d b 0 0 0 
 e
E33

 =   
 .
 
e
(57) costi_tiso
 0 0 0 e 0 0  
 S   
 12     2 E12 


 S23 
  0 0 0 0 (b − d)/2 0   2 E e  
  23 
S13 β 0 0 0 0 0 e e
2 E13
β β

• b2 asse di simmetria; span(b1 , b3 ) piano di isotropia:


  

S11

b c d 0 0 0 e
E11

 S   c a c 0

0 0
  e
E22 
 22  
 
  

 S33 
  d c b 0 0 0   e
E33


  =    . (58) costi_tiso
 S   0 0 0 e

0 0
  e 
2 E12
 12  
 
  

 S23 
  0 0 0 e 0   e 
2 E23 
 
S13 β 0 0 0 0 0 (b − d)/2 e
2 E13
β β

• b3 asse di simmetria; span(b1 , b2 ) piano di isotropia:


  

S11

b d c 0 0 0 e
E11

 S   d b c

0 0 0
  e
E22 
 22  
 
  

 S33 
  c c a 0 0 0   e
E33 

  =    . (59) costi_tiso
 0 0 0 (b − d)/2 0 0 e 
 S    
 12  
 
  2 E12 

 S23 
  0 0 0 0 e 0   e 
2 E23 
 
S13 0 0 0 0 0 e e
2 E13
β β β

Anche in questo caso il pedice β allude al fatto che tale rappresentazione è relativa alla base
locale β; le componenti della flessibilità D−1 assumono una espressione semplice in termini di:
• due moduli di Young Ya , Yp , relativi all’asse e al piano di simmetria,
• due moduli di Poisson νp , νap relativi ai rapporti di estensione nel piano di isotropia e tra
le direzioni asse-piano,
• un modulo di taglio Gap :
Scriviamo la matrice G = D−1 nel caso in cui b1 sia l’asse di simmetria:,
 e
    
E11 1/Ya −νap /Ya −νap /Ya 0 0 0 S11
     
 Ee   −ν /Y 1/Yp −νp /Yp 0 0 0   S22 
 22   ap a   
     

 E33 e 


 −νap /Ya −νp /Yp 1/Yp 0 0 0





S33 
 =  .
     
  
 2 Ee   0 0 0 1/Gap 0 0   S12 
 12     
     
 2 E23
 e 

 0 0 0 0 2 (1 + νp )/Yp 0



 S23 

     
e
2 E13 0 0 0 0 0 1/Gap S13 β
β β
(60) costi_tiso2

21
Le cinque rigidezze a, b, c, d, e della matrice D si possono ricavare in termini dei moduli elastici
invertendo la (60); si ottiene:
2 Y )
(−1 + νp ) Ya2 Yp (−Ya + νap p
a= , b= , (61)
δ δ (1 + νp )

2 Y )
Yp (νp Ya + νap
νap Ya Yp p
c=− , d=− , (62)
δ δ (1 + νp )

Yp 2
e = Gap , (b − d)/2 = , δ = (−1 + νp ) Ya + 2 νap Yp . (63)
2 (1 + νp )

6.3.3 Cambio di Base


Le rappresentazioni di laboratorio, o locali, della matrice di rigidezza C sono mediate dalla base
β, e vanno adattate al problema in esame; ad esempio, nel caso di materiale non omogeneo, i
cui piani di simmetria variano da punto a punto, è necessario rappresentare il legame elastico in
una base globale che sia valida per tutto il corpo. Sia α = {ei } la base globale e β(X) = {bi }
quella locale; le due basi sono relate da un’applicazione lineare Q = Q(X), detta cambiamento
di base che agisce come visto in (2) che riscriviamo per comodità:

bi = Q ei , ei = QT bi . (64) cambio_base

Abbiamo visto come per Lin, sia la base, che la regola per il cambiamento di base, si costruiscano
a partire dalle regole messe a punto per i vettori; allo stesso modo, per Sym sia la base che
la relazione che definisce il cambio di base vengono dedotti dalla regole utilizzate per Lin.
Ricordiamo come agisce il cambio di base su A ∈ Lin; in notazione matriciale possiamo scrivere:

|A|α = |Q| |A|β |QT | , |A|β = |QT | |A|α |Q| .

Allora, unendo le tre relazioni

|S|α = |Q| |S|β |QT | , |S|β = |C|β |Ee |β , |Ee |β = |QT | |Ee |α |Q| ,

possiamo scrivere
h i
|S|α = |Q| |C|β (|QT | |Ee |α |Q| ) |QT | , ⇒ |S|α = |C|α |Ee |α .

Si noti come per determinare |C|α il cambio di base Q agisca quattro volte.

6.3.4 Esempio: Cambio di Base


Data la base globale α = {e1 }, consideriamo un provino trasversalmente isotropo il cui asse di
isotropia trasversa b1 sia ottenuto ruotando e1 attorno ad e3 di un angolo ϕ; per un caso come
questo occorre adattare la rappresentazione di C alla base globale utilizzando la relazione
 
h i cos(ϕ) − sin(ϕ) 0
|S|α = |Q| |C|β (|QT | |Ee |α |Q| ) |QT | , con |Q| =  sin(ϕ) cos(ϕ) 0  . (65) esempio_tis
0 0 1

22
g:costi_tiso

b2 b1

σ σ
e2 base locale

e1
base globale

Figura 8: Provino sottoposto a trazione uniassiale parallela al lato orizzontale; la direzione


dell’asse di isotropia trasversa è indicata con le linee trattegiate e dunque parallela a b1 .

La relazione costitutiva nella base locale è data da:


  

S11

a c c 0 0 0 e
E11

 S   c b d

0 0 0
  e
E22 
 22  
 
  

 S33 
  c d b 0 0 0   e
E33


  =    . (66) costi_tiso_
 S   0 0 0

e 0 0
  e 
2 E12
 12  
 
  
 0 0 0 0 (b − d)/2 0 e
  
 S23  
 
 2 E23 
S13 0 0 0 0 0 e e
2 E13
β β β

La stessa relazione costitutiva, rappresentata nella base globale per mezzo della (65), presenta
alcuni accoppiamenti in più:
  

S11

Dα11 Dα12 Dα13 Dα14 0 0 e
E11

 S   Dα12 Dα22 Dα23 Dα24

0 0  
 e
 E22 

 22   

 S33 
  Dα13 Dα23 Dα33 Dα34 0 0 
 e
E33

 =   
 .
 
e 
(67) costi_tiso_
 Dα14 Dα24 Dα34 Dα44 0 0  
 S   
 12     2 E 12 

 S23 
  0 0 0 0 Dα44 Dα56 
 e 
   2 E23 
S13 0 0 0 0 Dα56 Dα44 e
2 E13
α α α

6.4 Materiali Incompressibili


La variazione di volume relativa, definita come il rapporto tra elemento di volume deformato
(dv) e elemento di volume di riferimento (dV), è misurata dal determinante del gradiente dello
spostamento:
dv
= det (I + ∇u) = 1 + tr(∇u) + o(k∇uk) . (68) volume
dV
Quindi, nel regime di piccole deformazioni, la variazione di volume è misurata dalla traccia del
gradiente tr(∇u) = tr(E); questo risultato viene usato per caratterizzare i moti isocori, ossia, i
moti a volume costante. Un corpo soggetto solo a moti isocori è detto incompressibile, e per tali
corpi la relazione costitutiva va rivista; si noti che, dalla (44) segue:
1 − 2ν
tr(E) = tr(S) ; (69)
Y

23
quindi, a parità di tensione, la variazione di volume diventa sempre più piccola al tendere di ν
verso 1/2; inoltre, dato il legame tra k e ν, anche il modulo k tende all’infinito:

tr(E)
lim = 0, lim k = ∞ . (70)
ν→1/2 tr(S) ν→1/2

Ne risulta che per ν = 1/2, le relazioni costitutive (43, 44, 45), cosı̀ come l’energia elastica (47),
sono mal definite. L’energia elastica isotropa di un materiale incompressibile è data da

φ = µ Eed · Eed , & tr(Ee ) = 0 . (71) ene_iso_inc

In questo caso la tensione è composta da due termini, uno è un termine elastico che si deduce
dall’energia, l’altro è una reazione vincolare, e si deduce dal vincolo cinematico tr(Ee ) = 0 nel
seguente modo: calcoliamo la derivata temporale della (68)


dv/dV = ∇u̇ · I , ⇒ Volume = costante ⇔ ∇u̇ · I = Ė · I = div (u̇) = 0 . (72) dotvol
∂t

Tale risultato ci dice che nei moti isocori la velocità di deformazione Ė ha traccia nulla, os-
sia, è ortogonale ai tensori sferici; come consequenza, la potenza della tensione per i materiali
incompressibili è definita a meno di un contributo sferico indeterminato, la tensione reattiva:

tr(E) = 0 ⇒ S · Ė = (S + Sreact ) · Ė , per ogni Sreact ∝ I . (73)

La parte reattiva della tensione ha il ruolo di una pressione a viene denotata con

Sreact = p I , parte reattiva della tensione.

Segue che per un materiale incompressibile, la relazione costitutiva per la tensione è data da:
∂φ
S= + Sreact = 2 µ Eed − p I , & tr(Ee ) = 0; (74) inco
∂Ee
inoltre, la relazione che lega pressione e variazione di volume diventa indefinita:

p = −k tr(Ee ) = ∞ × 0 .

7 Materiali Viscoelastici
Per alcuni materiali la relazione tensione-deformazione varia nel tempo; per modellare tale
comportamento viene modificata la relazione costitutiva:

1. si assume che la distorsione Eo dipenda dal tempo; indicheremo tale tipo di distorsione
con il simbolo Ev , dove l’apice ’v’ allude a viscosità;

2. la distorsione viscosa Ev va considerata come una nuova variabile di stato, corredata di


una legge di evoluzione;

3. si assume che la tensione sia la somma di una parte elastica ed una viscosa, indicata con
Sv , che dipende dalla differenza tra deformazione elastica e distorsione viscosa:

S = C E e + Sv , Sv = Cv (Ee − Ev ) .

24
Materiali di questo tipo vengono detti visco-elastici ; la relazione costitutiva per tali materiali,
nel semplice caso di risposta isotropa, è rappresentata da

S = C Ee + Cv (Ee − Ev ) = 2 µe Eed + k tr (Ee ) + 2 µv (Eed − Ev ) . (75) visco1

Le cose importanti da notare sono due: 1) appare un modulo elsatico in più, µv , che descrive la
risposta viscosa; 2) la distorsione viscosa è assunta deviatorica, e dunque anche la componente
viscosa dello sforzo sarà deviatorica.
Per quanto riguarda le equazioni di bilancio, abbiamo l’equazione di bilancio delle forze e
l’equazione che regola l’evoluzione della distorsione viscosa:

div [C Ee + Cv (Ee − Ev ) ] + f = 0 , più condizioni al contorno , (76)

τ Ėv = Ee − Ev , [τ ] = T , più condizioni iniziali (77)

Il parametro τ rappresenta un tempo caratteristico e regola la scale dei tempi del fenomeno
viscoso. Per illustrare i fenomeni che tale modello è in grado di descrivere consideriamo una
prova di trazione uniassiale; indichiamo con σ la tensione, con ε la deformazione nella direzione
della trazione, e assumiamo nulla la distorsione viscosa iniziale; la relazione costitutiva (75) e
l’equazione di evoluzione della distorsione forniscono

σ(t) = Ye εe + Yv (εe − εv (t)) = (Ye + Yv ) εe − Yv εv (t) , τ ε̇v (t) = εe − εv (t) , εv (0) = 0 . (78) visco3

All’istante iniziale la deformazione elastica è positiva εe > 0 e dunque ε̇v > 0: la distorsione
viscosa crescerà fino ad eguagliare εe ; abbiamo

t = 0 , εv = 0 ⇒ σ = (Ye + Yv ) εe , (79)

t = ∞ , εv = εe ⇒ σ = Ye εe , (80)

Dalle precedenti relazioni si vede che il modulo elastico Ye descrive la rigidezza asintotica, mentre
la somma Ye + Yv quella istantanea. La deformazione del provino sarà data da
σ σ εe∞ Yv
εe (0) = εeo = , εe (∞) = εe∞ = , e =1+ . (81) visco5
Ye + Yv Ye ε0 Ye

25

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