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Il fumetto amazzonico tra tradizione e scenari

urbani
Stefano Pau

Parlare di fumetti nel mondo occidentale significa confrontarsi con un


mezzo di comunicazione ritenuto nella maggior parte dei casi come un pas-
satempo per ragazzi. Un tipo di lettura leggera che può trattare le più varie
tematiche ma che solo in casi molto rari può affrontare argomenti scomodi
o in generale “seri”.
In realtà già da diversi decenni esiste una produzione fumettistica che
smentisce completamente questi luoghi comuni e che, da una parte all’altra
del pianeta, ha presentato al pubblico delle opere di altissimo valore esteti-
co e di grande importanza storica o sociale per le tematiche trattate; basti
pensare a molte delle opere etichettate con la definizione particolarmente in
voga di graphic novel, che non rende giustizia a testi di grande pregio per i
quali si sente una sorta di necessità di assimilazione a un genere letterario
come il romanzo, con il quale si ha forse maggior confidenza, per dare una
parvenza di elevazione di status. Basterebbe citare alcune opere fondamen-
tali come A contract with God di Will Eisner, Maus di Art Spiegelman,
L’Eternauta degli argentini Oesterheld e Solano López o Palestina di Joe
Sacco (2002). Tutti fumetti di grande valore sia letterario che storico o so-
ciale.
Anche in Perú, negli ultimi anni, sono stati pubblicati dei lavori molto
interessanti sotto il punto di vista storico e della preservazione della memo-
ria sui fatti che sconvolsero il Paese nell’ultimo quarto del XX secolo, pe-
riodo segnato dalla terribile fase della guerra interna tra le forze eversive di
Sendero Luminoso e del Movimiento Revolucionario Tupac Amaru e le for-
ze armate statali. I titoli di queste opere sono in particolare Rupay: historias
gráficas de la violencia en el Perú 1980-1984 e Barbarie: comics sobre
violencia política en el Perú 1985-1990, realizzate e pubblicate a Lima ri-
spettivamente nel 2008 e nel 2010.
La finalità principale di queste opere è quella di contribuire a non di-
menticare: fare in modo che la popolazione conosca i terribili eventi avve-
nuti e che si possa creare, attraverso anche l’utilizzo di questo mezzo di

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comunicazione (che risulta forse più accessibile rispetto ad altri), una co-
scienza democratica che permetta il non ripetersi di simili violenze.
La produzione fumettistica amazzonica, in particolare quella della città
di Iquitos, vive tuttavia una fase diversa, legata a esigenze di altro tipo, ma
altrettanto importanti sotto il punto di vista sociale. In una regione in cui
l’istruzione scolastica deve confrontarsi con molteplici problemi, il numero
di giovani che abbandonano la scuola è molto alto soprattutto fra i settori
più poveri della società, e la lettura non è una pratica abituale, il fumetto si
trasforma in un mezzo di più facile accesso alla cultura. Lo scopo principa-
le degli autori di fumetti della città, come affermato da uno di essi, Jaime
Choclote, in un’intervista da me realizzata, è proprio quello di incentivare
la lettura.
Choclote, oltre a essere un apprezzato illustratore e pittore, è il più
esperto fra i fumettisti locali e qualche anno fa ha creato l’associazione
Pincel Verde, con lo scopo dichiarato di favorire la creazione fumettistica
nella città di Iquitos. Il fine principale a cui mira l’associazione è quello di
favorire la diffusione della lettura, un’attività importante che tuttavia molte
persone, ragazzi in particolare non praticano; secondo Choclote i romanzi o
i racconti possono a volte risultare pesanti, per coloro i quali non sono abi-
tuati a leggere: il fumetto può invece risultare più piacevole e accattivante
proprio per il fatto di unire alla parola l’immagine sequenziale. Per questo,
l’associazione di cui è presidente ha dato vita a laboratori, corsi, concorsi
ed esposizioni che già da qualche anno sono diventati appuntamenti fissi e
che richiamano l’attenzione di un pubblico numeroso riscuotendo un buon
successo. La seconda ragione che ha spinto Choclote e i suoi collaboratori
alla creazione dell’associazione e alla realizzazione dei Salones de la histo-
rieta amazónica, oltre all’incentivare alla lettura, è stato quello di educare,
veicolare per mezzo del fumetto valori e messaggi che mirano a conoscere
il presente attraverso la conoscenza del passato, con lo scopo di aver chiaro
come dovrebbe o non dovrebbe essere il futuro.
In questo senso, il legame esistente tra la produzione fumettistica iqui-
teña e la realtà amazzonica è di fondamentale importanza. Lo stesso
Choclote è convinto del fatto che nonostante la historieta sia un mezzo che
ha avuto nel mondo occidentale il suo massimo sviluppo, essa si adatti per-
fettamente al mondo amazzonico, all’interno del quale molto spesso alcuni
elementi sono difficilmente rappresentabili col solo uso della parola. Mo-
strare visivamente questi elementi risulta così utilissimo anche a lettori
esterni a quel mondo, in quanto si favorisce la comprensione di modi di
pensare, stili di vita e credenze che spesso differiscono largamente da quelli
occidentali.

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Esiste dunque, nonostante queste opere nascano principalmente in un
ambiente mestizo, una stretta relazione con la cosmovisione tradizionale
delle popolazioni autoctone, che si palesa nelle tematiche trattate, negli
ambienti e nei personaggi rappresentati.
Questa stretta relazione con la realtà locale ha trovato espressione già in
una delle prime opere fumettistiche realizzate nella città di Iquitos.
All’inizio degli anni ‘80, epoca segnata dai continui alti e bassi economici e
dalle prime opere di sfruttamento del petrolio amazzonico, vide infatti la
luce un fumetto che nonostante abbia avuto una vita editoriale piuttosto
breve, rimane come uno dei rari esempi di historieta che riuscì a raggiunge-
re un vasto pubblico, grazie soprattutto all’opera editoriale del Ceta1.
L’opera in questione si intitola Buchisapillo, dal nome del protagonista,
e le sue avventure vennero pubblicate nel 1982 in quattro brevi numeri nei
quali l’autore, Maximino Cerezo Barredo, con una semplicità disarmante
sia nella narrazione sia nel tratto del disegno, mette in risalto le continue
ingiustizie di cui sono vittime gli abitanti delle zone fluviali nei pressi della
capitale del dipartimento, quei ribereños che durante la seconda metà del
‘900 si conformarono come il settore sociale più numeroso della popola-
zione loretana e il più colpito dai problemi economici e sociali derivanti dal
continuo altalenare dell’economia (Santos Granero e Barclay, 2002, p. 429-
431).
Così, nel primo episodio Buchisapillo è alle prese con la produzione di
riso, iniziando dal lavoro comunitario (la minga) che gli permette di avere
dopo qualche mese un ricco raccolto che lo farà sperare in un compenso
con il quale tirare avanti per tutto l’anno. La realtà cittadina però deluderà
le sue aspettative: tra attese inutili e snervanti, approfittatori e imbroglioni
senza scrupoli, il protagonista si ritroverà alla fine con un pugno di mosche.
Una simile sorte gli toccherà anche nel secondo e nel terzo episodio, nei
quali cercherà di entrare alle dipendenze dei più redditizi business
dell’epoca: prima si fa assumere da una compagnia petrolifera chiamata Pe-
trojungla, nome che richiama palesemente l’impresa statale Petroperú, con
la quale sperimenterà mesi di lavoro durissimo in condizioni proibitive, fi-
no all’abbandono da parte della compagnia e l’attesa interminabile per ave-
re l’agognato salario, che ancora una volta verrà ridotto all’osso a causa dei
debiti contratti nel frattempo. Nel terzo episodio invece Buchisapillo inizia
a lavorare per una compagnia di estrazione di legname, uno dei prodotti
maggiormente esportati dalla regione amazzonica in tutta la seconda metà
del ‘900. Nelle prime pagine di questo episodio viene narrata, in una riusci-

1. Centro de Estudios Teológicos de la Amazonía.

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tissima sequenza di vignette, il sistema di habilitación che costituiva la
struttura portante di questa attività commerciale: la piramide sociale viene
percorsa dall’alto in basso, dal ricco uomo d’affari che finanzia i lavori con
una cifra che si assottiglia sempre più a ogni passaggio di mano, permet-
tendo ai vari intermediari di guadagnare cifre consistenti, fino ad arrivare
alla base, agli operai che effettueranno tutta l’attività guadagnando a mala-
pena il necessario per sfamarsi e acquistare gli strumenti di lavoro. Risulta
così rappresentativa l’ultima vignetta, nella quale il protagonista si interro-
ga sull’ipocrisia dello slogan della compagnia: “la riqueza de la Amazonía
para la Amazonía”.
Nell’ultimo capitolo della saga, gli elementi della tradizione delle popo-
lazioni originarie amazzoniche si fanno più evidenti: infatti il protagonista,
in visita presso un villaggio quichua nel quale ha degli amici, viene a sape-
re che nelle settimane precedenti un brujo, uno sciamano malvagio, ha cau-
sato la morte di molti abitanti e le diverse denunce alle autorità sono risulta-
te inutili. Gli abitanti decidono quindi di farsi giustizia da soli, ma sono
presto arrestati e portati in prigione in città. Buchisapillo decide quindi di
dare una mano ai suoi amici quichua, ma incappa nella diffidenza e nel raz-
zismo di avvocati e giudici, fino a rendersi conto che il sistema giudiziario
peruviano non contempla le controversie tra nativi2.
Nonostante il linguaggio e le strategie narrative utilizzate dall’autore per
effettuare tali denunce non siano mai troppo esplicite e dure, pare che la te-
stata sia stata costretta a chiudere anche a causa dell’opposizione di alcune
compagnie che si dedicavano all’estrazione del legname che, dall’alto del
loro potere economico, esercitarono pressioni affinché la pubblicazione del
fumetto terminasse.
Buchisapillo potrebbe essere indicato come il capostipite del fumetto
amazzonico e, sebbene siano molto diverse, le opere realizzate dai membri
dell’associazione Pincel Verde seguono idealmente il percorso da esso trac-
ciato, soprattutto per quanto riguarda la rivendicazione dei diritti (spesso
calpestati) degli strati più bassi della popolazione e la condanna allo sfrut-
tamento indiscriminato delle risorse naturali.

2. È rappresentativo, a questo proposito, la raccolta di saggi intitolata Napoleón en la


floresta (Iquitos: Tierra Nueva 2002) di Miguel Donayre.

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Fig. 1 – La copertina del secondo episodio di Buchisapillo, © Maximino Cerezo Barredo.

Ne sono esempio alcune delle opere realizzate da Jaime Choclote, in


particolare la saga di Sanango, una sorta di supereroe che opera quasi come
un “salvatore” che vigila e protegge la natura e la popolazione amazzonica.

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Lo stesso nome del protagonista è il nome di una pianta curatrice, proprio a
esplicitare lo scopo del suo agire: salvaguardare l’ambiente amazzonico dai
danni causati dai vari sfruttatori. Sanango nasce grazie alla Madre della fo-
resta, un’entità superiore che decide di mettere un freno alla depredazione
della natura, da sempre messa a rischio dalle brame degli estrattori: a parti-
re dall’epoca dello sfruttamento del caucciù, passando per i commercianti
di pelli e di animali vivi, fino alle imprese di produzione di legname e ai
petrolieri. Sanango è una sorta di potente sciamano, che spesso si allea con
esseri sovrannaturali che provengono dalla mitologia e la cosmovisione del-
le popolazioni autoctone della selva, con lo scopo di castigare i responsabili
della depredazione delle risorse naturali e dell’inquinamento dell’ambiente,
che hanno seriamente compromesso le condizioni di vita dei popoli che abi-
tano la foresta. Infatti, danneggiando i luoghi sacri, gli sfruttatori liberano
altresì gli spiriti negativi della foresta, a cui è necessario porre un freno.
Sanango agisce tra la foresta e gli ambienti della città di Iquitos, dal
porto di Belén e l’affollato Pasaje Paquito in cui si concentrano commer-
cianti di ogni tipo, fino alle trafficate strade del centro e il Malecón Tarapa-
cá nel quale in un episodio è protagonista di uno spettacolare inseguimento
a bordo di mototaxi, il mezzo di trasporto più comune in città. Essendo uno
sciamano, le sue armi hanno sempre a che vedere con la magia tradizionale
amazzonica: usa quindi virotes, dardi invisibili che causano danni alle per-
sone colpite, grazie alle visioni ottenute con l’assunzione dell’ayahuasca
riesce a prevedere le azioni dei suoi avversari e utilizza i diversi elementi
naturali per combattere i suoi nemici. Come si è accennato, l’intero imma-
ginario di esseri mitici amazzonici compare nelle avventure di Sanango: dai
“demoni” Supay, Tunchi e Chullachaqui fino agli abitanti del mondo su-
bacqueo: lo Yacuruna ossia l’uomo dell’acqua e le sirene.
Choclote, rende anche omaggio a uno dei capolavori della letteratura
amazzonica, Las tres mitades de Ino Moxo, di César Calvo (1981), uno de-
gli esempi meglio riusciti di rappresentazione della realtà magica del mon-
do della selva peruviana, dando proprio il nome di Ino Moxo a uno dei
maestri spirituali del protagonista.
Le tematiche trattate da Choclote in Sanango sono sempre di toccante
attualità: la deforestazione, l’inquinamento dei fiumi causata dalle imprese
di estrazione petrolifera e tutte quelle attività che mettono in pericolo un
ecosistema fragilissimo e ritenuto a torto un deposito inesauribile di risorse
naturali, vengono puntualmente denunciate anche con la rappresentazione
di personaggi del panorama politico regionale che, nonostante abbiano no-
mi di fantasia, sono facilmente riconoscibili dall’aspetto fisico o dalle pecu-
liarità caratteriali.

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In questo fumetto, Jaime Choclote riesce dunque a combinare magi-
stralmente le problematiche legate all’attualità con una profonda esplora-
zione del mondo dello sciamanesimo, una realtà che è piuttosto familiare
agli abitanti della regione e che quindi potrebbe risultare come uno dei fat-
tori di maggior attrattività nei confronti dei potenziali lettori. In realtà,
l’opera ha raggiunto il pubblico solamente in occasione delle esposizioni
per i Salones de la Historieta Amazónica, ottenendo un grande apprezza-
mento. Tuttavia, nessun editore ha finora scommesso sulla sua pubblica-
zione: l’attività fumettistica rimane quindi per Choclote un’occupazione se-
condaria rispetto alla sua professione di illustratore.
Se in Sanango l’elemento autoctono traspare attraverso la tematica dello
sciamanesimo, in altre opere dello stesso autore la realtà tradizionale amaz-
zonica appare attraverso la trasposizione in comic di alcuni racconti
dell’immaginario mitico dei popoli della foresta. In particolare ciò avviene
in Yachak, un personaggio interessante sotto vari aspetti: egli è prima di
tutto un indigeno e, al contrario di Sanango, è una sorta di antieroe.
Nel primo episodio Yachak non ha una fisionomia vera e propria, è anzi
rappresentato come un’ombra, e riesce, utilizzando la sua astuzia, a scon-
figgere un Supay, un demonio del bosco che terrorizza la comunità. Per la
realizzazione di questo breve episodio Choclote si è ispirato ad un racconto
del popolo Kichwa del fiume Napo, pubblicato su una raccolta di miti inti-
tolata Nosotros los Napu Runa (Napu Runapa rimay) (Mercier, 1979); se-
condo Choclote ogni storia ben raccontata, sia essa scritta o orale, può esse-
re trasposta fumettisticamente. Il fumetto è per lui il mezzo di comunica-
zione che più si presta alla rappresentazione della realtà amazzonica, per
spiegare la quale le parole sono spesso insufficienti.
Nel secondo episodio di Yachak, il personaggio assume delle sembianze
umane lasciando quelle di ombra non ben definita del primo episodio e di-
venta il protagonista di un altro racconto molto diffuso presso varie culture
amazzoniche, che è quello dell’uomo innamorato della Luna: un amore
fulmineo e tragicamente irrealizzabile, narrato in otto tavole artisticamente
formidabili in cui la parola è quasi superflua: l’espressività dei personaggi e
degli ambienti riesce non solo a comunicare lo sviluppo della vicenda ma
anche a tracciare una sorta di teoria del “bello amazzonico”: la perfezione
che porta alla contemplazione estatica.

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Fig. 2 – Una tavola del secondo episodio di Yachak, © Jaime Choclote Martínez

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I racconti dell’immaginario autoctono sono la base sulla quale vengono
create anche opere di altri autori, come ad esempio El silbador del río del
giovanissimo Jerry Gómez, un ragazzo di 16 anni con una predisposizione
evidente per il disegno e il fumetto, che racconta una storia incentrata sul
Tunchi/Tunche, un’anima dannata che vaga tra i fiumi e la foresta annun-
ciandosi con un fischio penetrante e acuto che incute un enorme terrore nel-
le persone che lo sentono (da qui il titolo di “Fischiatore del fiume”). Il tun-
che è un presagio di morte e disgrazie di vario tipo. Nella tradizione amaz-
zonica questo spirito può assumere varie forme, ma generalmente viene
identificato come un bagliore luminoso sospeso a mezz’aria: è interessante
notare come invece Jerry lo raffiguri con un’aria abbastanza familiare per
l’iconografia occidentale della morte: un teschio o uno scheletro coperto da
un mantello nero.
Attorno allo stesso essere si sviluppa anche una storia di un altro autore,
Leyder Portal, che racconta la vicenda di un giovane che si addentra nella
foresta alla caccia del Tunche che terrorizza il suo villaggio; dopo aver tro-
vato lungo il cammino uno scheletro umano, ha una visione in cui gli viene
rivelato che il Tunche è in realtà l’anima di una persona brutalmente uccisa
il cui unico desiderio è solo quello di essere sepolta.
Portal prende come spunto e reinterpreta un’altra leggenda
dell’immaginario amazzonico, quella della Runa Mula, che pare si sia svi-
luppata nei primi secoli dopo la conquista spagnola, basata sulla credenza
che le donne che tradivano il proprio uomo, e in particolare quelle che lo
tradivano con un frate o un prete, nelle notti di martedì e venerdì si trasfor-
massero in degli esseri dal corpo di mulo e testa di donna, una sorta di cen-
tauro amazzonico al femminile. Queste donne al risveglio non ricordavano
nulla della loro doppia vita, e l’unico modo per identificare una di queste
donne era quello di rovesciarle addosso del huito, una tintura naturale di
colore tendente al blu.
La selva è dunque la protagonista principale di tutti questi fumetti, sia
come spazio fisico nel quale avvengono le azioni, sia come personaggio
che agisce attraverso gli esseri che la popolano, sia come entità da proteg-
gere dalla distruzione portata dall’uomo.
Allo stesso modo del già citato Sanango, esiste un altro personaggio che
si dedica esattamente a preservare l’ecosistema amazzonico dai depredatori
e a lottare contro gli esseri maligni della foresta: si tratta di Isango, il prota-
gonista di un fumetto umoristico realizzato dai fratelli John e Paul Ancka
(rispettivamente autore dei testi e dei disegni). Isango è un tranquillo bam-
bino ribereño che va a scuola, aiuta i familiari nelle attività quotidiane co-
me la pesca, ascolta attento i racconti tradizionali narrati dal nonno, ma che,
come un vero super-eroe degno del miglior SuperPippo, quando beve il

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masato3 magico acquisisce poteri incredibili che gli permettono di sconfig-
gere esseri spaventosi come lo Yacuruna e soprattutto di contrastare e sabo-
tare le operazioni delle corporazioni che vogliono inquinare l’Amazzonia.

Fig. 3 – Una tavola (ancora in lavorazione) tratta da “El silbador del río”, © Jerry Gómez

3. Il masato è una bevanda molto comune in tutto il bacino amazzonico ed è ottenuta


dalla fermentazione dei tuberi della manioca (yuca). La sua preparazione è riservata alle
donne indigene, che favoriscono la fermentazione masticando i tuberi previamente bolliti.

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Fig. 4 – La presentazione di Isango, © John e Paul Ancka

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I due creatori di Isango sono però soprattutto autori di fumetti di ben al-
tro genere, opere fortemente influenzate dai comic books nordamericani,
cariche di azione e di spettacolari scene di battaglie. In un breve lavoro inti-
tolato 7 Heroes, si concentrano addirittura in un episodio storico della re-
gione di Loreto: il tentativo di recupero della città di Leticia, situata nel tra-
pezio tra i fiumi Caquetá e Putumayo ceduto dal Perú alla Colombia con il
trattato di Salomón Lozano del 1922 con lo scopo di mettere fine alle con-
tese territoriali tra i due Paesi. Nel 1932 un gruppo di patrioti loretani occu-
parono la città suscitando presto degli scontri con le truppe colombiane: nel
fumetto viene narrata la battaglia di Güepi, nella quale perse la vita lo spa-
ruto gruppo di soldati guidati dal sergente Lores: i fratelli Ancka hanno in
un certo modo reso omaggio al capolavoro di Frank Miller 300, incentrato
sulla battaglia delle Termopili. Allo stesso modo degli spartani di Leonida,
anche i regionalisti guidati da Lores, nettamente inferiori numericamente, si
sacrificano per la patria.
La regione del Putumayo è anche lo scenario di un lavoro ancora in cor-
so d’opera di Jaime Choclote, intitolato proprio Putumayo 1900 – Caucho y
Sangre, nel quale l’autore si confronta con una di quelle tematiche forti che
raramente vengono trattate attraverso il mezzo del fumetto: la più grosso
crimine avvenuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo nella regione amazzo-
nica, ossialo sfruttamento, le vessazioni, le torture, l’assassinio delle popo-
lazioni originarie per l’estrazione del caucciù. Choclote afferma di aver
sempre voluto creare un’opera di divulgazione su questa tragedia, e di
averne avuto l’occasione quando un suo conoscente, autore di teatro, gli ha
chiesto di riadattare una sceneggiatura originariamente scritta per un’opera
teatrale. L’opera effettua una durissima denuncia alle compagnie di estra-
zione della gomma, facendo particolare riferimento allo scandalo suscitato
dai maltrattamenti perpetrati dagli uomini alle dipendenze di Julio César
Arana nei confronti delle popolazioni della regione del Putumayo. Alcuni
dei personaggi che compaiono sono realmente esistiti, come il capataz
Normand, uno degli uomini che erano a capo delle squadre di indigeni che
si occupavano della raccolta della gomma e che erano dei veri propri aguz-
zini, che non esitavano ad infliggere castighi fisici e torture di vario genere
a quei lavoratori/schiavi che non riuscivano a produrre la quantità di gom-
ma richiesta.
Putumayo 1900 si configura dunque come uno di quegli esempi di fu-
metto che trova la sua ragion d’essere nella testimonianza e nella rivendica-
zione storico sociale, come i lavori sulla Guerra Sucia pubblicati negli ul-
timi anni a Lima.
In tutti gli esempi presentati, l’elemento autoctono e la realtà amazzoni-
ca è tuttavia filtrato attraverso i disegni e le parole di autori mestizos che,

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seppure in alcuni casi con grande maestria, rappresentano tale realtà con
uno sguardo che non può essere completamente interno. La domanda che ci
si potrebbe fare sarebbe dunque questa: le popolazioni originarie amazzoni-
che hanno prodotto qualche esempio di fumetto? Nonostante l’oralità sia la
forma narrativa predominante fra queste popolazioni, la risposta alla do-
manda è sì.
Gli esempi di tale produzione, per la verità poco numerosi, provengono
da due regioni spazialmente lontane dalla città di Iquitos.
Il primo è rappresentato dalla tesi di laurea di uno studente del Forma-
biap, il programma per la formazione di maestri bilingui interculturali
dell’Amazzonia Peruviana, appartenente al popolo Ashaninka, stanziato
nella regione della selva central. Il nome dell’autore è Delfín Pongo Ignacio
e la sua esperienza con il fumetto nasce dalla presa di coscienza della ca-
renza di materiali didattici sulla storia del popolo Ashaninka realizzati da
una prospettiva indigena e soprattutto scritti in lingua autoctona. Per questa
ragione, il suo lavoro di ricerca si è orientato verso la progettazione e la
realizzazione di un supporto didattico che permetta ai maestri bilingui in-
terculturali di svolgere al meglio il proprio lavoro, e agli alunni di poter
comprendere e valorizzare la storia dei propri avi, costretti a confrontarsi
con diverse situazioni problematiche a partire dall’arrivo dei colonizzatori.
Per facilitare tale comprensione il mezzo scelto è appunto quello del fumet-
to, che ha la funzione dichiarata di stimolare l’interesse degli alunni grazie
all’unione di testi corti e immagini sequenziali.
L’opera realizzata da Delfín Pongo si basa sull’analisi di alcuni testi sto-
rico-antropologici fondamentali, in particolare l’opera di Stefano Varese La
sal de los cerros (1973) e alcuni testi di Frederica Barclay e Fernando San-
tos (2002) e, soprattutto, sulla raccolta di testimonianze orali di anziani
membri del popolo Ashaninka.
Il risultato di questo lavoro di ricerca è dato da ventinove pagine che
narrano la storia del popolo Ashaninka, divisa in alcune fasi fondamentali;
ciò avviene attraverso dei disegni molto semplici e senz’altro meno elabo-
rati di quelli dei disegnatori dell’associazione Pincel Verde, in cui è presen-
te un narratore di nome Koshoshko che interagisce con un gruppo di scolari
utilizzando la propria lingua materna. Nella prima parte si descrive la fase
di autonomia degli Ashaninka, durante la quale essi occupavano grandi di-
stese di territorio vivendo in armonia con gli esseri della natura. Di seguito
si passa alla fase delle varie ondate di invasione/colonizzazione da parte
degli stranieri e le lotte di resistenza indigena (in particolare quella guidata
da Juan Santos Atahualpa verso la metà del 1700), per poi concludere con
la terza parte nella quale viene descritta la fase dello sfruttamento subito dal

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popolo Ashaninka da parte dei coloni inglesi nelle piantagioni di caffè, fino
alla riforma agraria della fine degli anni ‘60 e la situazione attuale.
La finalità che anima il lavoro di Delfín Pongo è dunque quella di aiuta-
re le nuove generazioni a sviluppare la propria identità per mezzo della va-
lorizzazione del territorio in cui vivono e la storia dei propri antenati.
Tali finalità sono affini a quelle che hanno portato alla realizzazione del
secondo esempio di auto-rappresentazione indigena attraverso il mezzo del
fumetto al quale ho avuto accesso. Si tratta di una produzione recentissima,
pubblicata nella primavera del 2012 e realizzata a Lima, nel pueblo joven4
di Cantagallo, dove da circa quindici anni risiede una comunità di Shipibo
originari della provincia dell’Ucayali. Risiedendo nella capitale del Paese,
lontano dalle proprie terre ancestrali, questa comunità subisce una forte
pressione da parte delle forze omologanti statali e in particolare da parte del
castigliano, che relega a un piano decisamente secondario la propria lingua
materna. Per contrastare quest’azione di negazione delle proprie radici, è
nato Xoke -Non jobo siká (Nuestras historias pintadas) patrocinato dal cen-
tro di Estudios Lingüísticos de la Amazonía e la statunitense Stony Brook
University. Come viene spiegato nella presentazione dell’opera, composta
da dieci racconti della tradizione orale shipibo trasformati in fumetto, Xoke
è il tucano che, nel racconto intitolato El inka mesquino, conserva e proteg-
ge all’interno del suo becco il fuoco fino a consegnarlo al popolo shipibo.
Come il tucano, i dieci fumetti si propongono di tenere in vita la lingua, la
cultura e le tradizioni del popolo shipibo, nonostante si trovino a centinaia
di kilometri dal proprio luogo d’origine.
Per questa ragione, nel progetto sono stati coinvolti tre generazioni di shi-
pibo che, dopo un lungo lavoro di raccolta di dati e la registrazione di nume-
rose narrazioni orali, hanno creato questi dieci brevi fumetti che hanno due
versioni: quella in lingua shipibo e quella in castigliano. In realtà le storie
raccolte e registrate dalla viva voce degli anziani della comunità sono molto
più numerose, e sono rintracciabili sulla pagina www.ailla.utexas.org. Le te-
matiche trattate in questi fumetti sono diverse: da racconti di carattere didat-
tico-educativo, fino a narrazioni che hanno protagonisti gli animali e a miti
legati alle tradizioni come quello in cui le donne shipibo apprendono a realiz-
zare i loro classici disegni copiandoli dalla coda di una sirena.
Nonostante la materia sia dunque tradizionale e legata strettamente alla
propria cultura, l’opera si inserisce in un contesto tremendamente moderno,

4. I pueblos jóvenes sono insediamenti umani sviluppatisi nelle periferie delle maggiori
città peruviane attraverso la continua immigrazione di popolazioni provenienti dalle provin-
ce. In genere sono zone molto povere e si configurano spesso come il corrispettivo delle fa-
velas brasiliane.

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basti pensare che di alcune delle dieci storie è stata realizzata una trasposi-
zione video con narrazione in shipibo e sottotitoli in castigliano, visualizza-
bile su youtube.
In conclusione sembra evidente come il fumetto sia finora un mezzo uti-
lizzato soprattutto in ambienti mestizos per rappresentare gli elementi più
caratteristici del mondo amazzonico, ma è altrettanto fuori da ogni dubbio
come esso possa diventare un mezzo potente che possa mostrare il mondo
amazzonico da una prospettiva interna, un punto di vista auto-
rappresentativo che esuli dalle accezioni negative del folklore e che anzi
possa rivelarsi un mezzo di ri-appropriazione della propria identità e di ri-
vendicazione della propria cultura.

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Varese, Stéfano (1973), La sal de los cerros, Lima, Retablo de Papel.

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