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V. 2015
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La citt ideale del De re publica di Cicerone
tra memoria sogno e utopia
di Chiara Carsana
1
Basti ricordare, per citare solo alcuni dei pi significativi tra questi, la raccolta di studi
Zetzel 1999, dedicata al De re publica e al De legibus; lopera collettiva Powell, North 2001; le
monografie di Atkins 2013 e di Baraz 2012, lopera collettiva Nicgorski 2012, The Cambridge
Companion to Cicero (Steel 2013), per arrivare al volume di Zarecki 2014, la prima opera di
ampio respiro in lingua inglese dedicata allideale delluomo di Stato in Cicerone, a distanza
di pi di mezzo secolo dal Princeps ciceroniano di Lepore 1954 (vd. recensione Arena 2015).
In particolare sul Somnium Scipionis da segnalare la sezione monografica della rivista Les
tudes Philosophiques (Labarrire 2011).
2
Vd. recensione a cura di Carsana 2013; tra gli ultimi studi dedicati allutopia antica vd.
Canfora 2014.
3
Con lunica eccezione di Canfora 1984, p. 14, il quale parla di utopismo ciceroniano:
esso sta per lappunto nel sognare un principe che avesse le fattezze di Scipione, mentre
la realt effettuale era quella dello scontro ineludibile tra i due triumviri supersititi; cf.
infra. Vd. pure Pittia 2008, pp. 27-48: un primo tentativo di approccio in questa direzione al
pensiero politico ciceroniano nel De legibus.
4
Oltre allultimo volume di Canfora 2014, vd. riferimenti bibliografici in Carsana,
Schettino 2008, pp. 1-2, 11-13.
5
Vd. Plin. N.H. praef. 22: qui (Cicero) de re publica Platonis se comitem profitetur
6
Cf. Cic. Att. 4.16.3.
7
Cic. Rep. 2.3 (facilius autem quod est propositum consequar, si nostram rem publicam
vobisostendero, quam mihi aliquam, ut Platonem Socrates, ipse finxero); 21-22.
8
Vd. Carsana, Schettino 2008, p. 1.
13
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Chiara Carsana
9
Per una discussione sullo status semantico del termine utopia, vd. Bacci 1999, pp.
29-32.
10
Th. More, CW 3.2, pp. 551-552; vd. Wegemer 1996, pp. 226-227.
11
Nelledizione Yale di Utopia (Th. More CW 4) vengono individuati pi di cinquanta
possibili riferimenti e allusioni a Cicerone; per uno studio approfondito vd. Wegemer 1996,
pp. 109-127; 226-229.
12
Th. More CW 4.180.
13
Th. More CW 4.50; vd. Surtz 1965, pp. CLVI-CLXIII.
14
Cos viene indicata lopera da Cicerone stesso allinizio del De legibus (1.5.15); cf. Cic.
Q.Fr. 3.5.5 (de optimo statu civitatis et de optimo cive). Questo titolo non altrimenti attestato
se non in opere successive ad Utopia; vd. tra le prime: De optimo reipublicae statu oratio, quam
misit ad patres in Concilio Tridentino (Ludouico Maiorano, 1575), De optimo reipublicae statu
libri sex, in duos tomos diuisi. Quibus accessit Apologeticus liber de Apostolicis traditionibus. (F.
Gregorio Nunnio Coronel Lusitano, 1597), Oratio de optimo rei publicae statu eiusdemque
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La citt ideale del De Re publica di Cicerone tra memoria sogno e utopia
dunque vero che il titolo Utopia un neologismo coniato dal greco, la didasca-
lia che segue invece latina e ciceroniana; 2) le parole con cui More conclude
il bilancio finale del suo racconto (Interea quemadmodum haud possum omnibus
adsentiri quae dicta sunt,, ita facile confiteor permulta esse in Utopiensium republi-
ca quae in nostris civitatibus optarim verius quam sperarim )15, riproducono quasi
alla lettera il famoso giudizio sulla Politeia di Platone espresso da Cicerone nel
De re publica (civitatemque optandam magis quam sperandam)16.
Questi due elementi il sottotitolo di Utopia e la sua conclusione- si ricol-
legano dunque con certezza al dialogo ciceroniano, che tuttavia era noto a
Thomas More e ai suoi contemporanei solo in modo molto parziale e limitato.
Agli inizi del 500 non esisteva ancora una raccolta dei frammenti di citazione
indiretta del De re publica. Il primo a realizzarne unedizione fu Robert Stepha-
nus, il quale li inser con la denominazione di reliquias de commentariis qui de
republica inscripti erant, magno labore collectas vndique, descriptasque libris allin-
terno della M.T. Ciceronis Opera pubblicata a Parigi nel 153917. Lattenzione
e linteresse degli Umanisti per il De re publica erano comunque altissimi. Il
sogno di tutti gli studiosi (gi a partire dal Petrarca) era ritrovare il misterio-
so manoscritto perduto, di cui periodicamente si millantava la riscoperta18.
dunque pi che probabile che More, da dotto umanista, avesse letto le citazio-
ni dellopera ciceroniana riportate da SantAgostino nel De civitate Dei e quelle
di altri autori cristiani (in particolare Lattanzio), come certo che conoscesse
il Somnium Scipionis, tramandato dal commentario di Macrobio, che circolava
autonomamente in numerosi incunaboli gi a partire dal 146919.
La natura frammentaria del testo che More aveva a sua disposizione non
permette di dimostrare con certezza pi di quanto appena stato indicato.
Vorrei comunque procedere, anche se solo in forma ipotetica, in due direzio-
ni, tentando di individuare, da un lato le tracce dellinfluenza esercitata dal
pensiero politico ciceroniano su Utopia, dallaltro gli elementi di affinit che
possibile riscontrare tra le due opere. Tali affinit, anche se indipendenti dalla
Salute (Michael Helwing, 1601). Opere precedenti che forse More conosceva: il De republica
di Lauro Quirini (1449-50), ricco di richiami ad Aristotele e al De re publica di Cicerone
filtrato dal De civitate Dei di SantAgostino (vd. Cappelli 2010, pp. 8-32); il lungo trattato di
Francesco Patrizi, De institutione, statu, ac regimine rei publicae (1471-1494); il De optimo statu
di Filippo Beroaldo (ca 1497); vd. Surtz 1965, pp. CLXXVI-CLXXVII.
15
Th. More CW 4.245-246.
16
Cic. Rep. 2.30.52. La ripresa da parte di More della distinzione optare/sperare tanto pi
significativa in quanto ricorrente allinterno dellopera di Cicerone, il quale abitualmente
usa optare per definire il desiderio di qualcosa di impossibile, e sperare per indicare la
realizzazione di una speranza possibile; vd. riferimenti in Wegemer 1996, pp. 111, 227; Firpo
1979, comm. ad loc.
17
Questa edizione fu seguita da quelle di Carolus Sigonius del 1559 e di Andreas
Patricius del 1561; vd. Heck 1966, pp. 270-289.
18
Vd. Nenci 2008, pp. 129-130.
19
Vd. Wegemer 1996, p. 227; per un elenco delle citazioni del De re publica in autori
posteriori, vd. Heck 1966 (su SantAgostino: pp. 111-153).
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20
Per un parametro definitorio del genere utopico vd. Moneti 1997, p. 4; vd. infra, pp.
36-37.
21
Vd. Wegemer 1996, pp. 80-84, 91-94; Abensour 2013, pp. 259-260.
22
Vd. Wegemer 1996, pp. 80-84; vd. anche Quarta 1991, pp. 11-30: lironia e lautoironia
di More non devono fuorviare e indurre a considerare Utopia come un mero gioco letterario:
Non bisogna mai dimenticare che egli (More) stato uno fra i maggiori maestri di ironia
che siano mai esistiti, e che, pertanto, il suo scherzare intorno allUtopia deve essere posto
in relazione al fatto che di lui era tipico esprimere in termini umoristici le sue convinzioni
pi serie (p. 16).
23
Th. More CW 4.54; vd. Wegemer 1990.
24
Th. More CW 4.98.
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La citt ideale del De Re publica di Cicerone tra memoria sogno e utopia
25
Th. More CW 4.98.
26
Th. More CW 4.98/17-18 (si recenseas ex Octavia locum in quo Seneca disputat cum
Nerone).
27
Vd. Hexter 1965, pp. XXVI-XLI.
28
Th. More CW 4.54.
29
Th. More CW 4.122-124.
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30
Vd. Blythe 1992, p. 30.
31
A conferma di quanto gi discusso a proposito dellutopia antica: vd. Carsana 2008,
pp. 17-25.
32
Vd. Blythe 1992, pp. 39-59 (52); Simonetta 2009, pp. 1-30; Surtz 1965, pp. CLXIII-
CLXVII.
33
Vd. riferimenti a senatus, comitia, oltre che allusioni alle assemblee curiata (le 30
famiglie) e tributa (le quattro parti della citt che rimandano alle quattro trib urbane);
vd. Surtz 1965, pp. 397-400. Th. More utilizza il lessico antico in maniera non sempre
congruente al sistema che descrive: al posto di senatus avremmo potuto trovare concilium
principis, in luogo di comitia, pi appropriatamente senatus. Questo mi sembra un indizio
del fatto che il ricorso alla terminologia istituzionale repubblicana (piuttosto che a quella
imperiale), sia frutto di una scelta consapevole, proprio in quanto non automatica. Per un
indice ragionato del lessico latino di ambito politico-istituzionale in Utopia, vd. Pawlowski,
Wegemer 2011, pp. 47-57. Sia anche detto -per inciso- che le scelte lessicali di More in questo
passo sono molto varie e mutuate non solo dal latino, ma anche dal greco. In questo senso
la scelta di specifici termini afferenti allambito istituzionale della Roma repubblicana si
riconfermerebbero come frutto di una scelta volontaria, in quanto non obbligata da un
repertorio lessicale circoscritto ed esclusivo. Anche per Erasmo la forma ideale di governo
resta la libera citt-stato; vd. Surtz 1965, p. 398.
34
Vd. Logan 2007, pp. 19-30. Lopposizione al dispotismo anche al centro della
riflessione di Giovanni di Salisbury nel Policraticus (8.18-20); in questo caso tuttavia la
soluzione prospettata quella del tirannicidio, piuttosto che quella di un governo misto a
controlli incrociati, che si riscontra invece nellAquinate; in questo senso mi trovo in accordo
con Blythe 1992, p. 48; vd. contra Surtz 1965, p. CLXVII (On the other hand, is difficoult to
believe that no influence at all was exerted by the medieval treatises of John of Salisbury,
Giraldus de Barry, Thomas Aquinas, Aegidius Romanus, and Vincent of Beauvais), che si
ferma per ad un confronto pi superficiale.
35
Vd. Logan 2007, pp. 19-32.
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La citt ideale del De Re publica di Cicerone tra memoria sogno e utopia
sullo Stato. In questo componimento in versi lalternativa che si pone tra mo-
narchia e repubblica. Ma in realt si tratta, per More, di unipotesi solo teorica.
Per quanto egli possa prediligere e vagheggiare una res publica esemplificata
su quella romana, More domanda a se stesso: est ne usquam populus cui regem
sive senatum praeficere arbitrio tu potes tuo? La risposta non pu essere che nega-
tiva. Questo popolo non esiste. Il ne usquam allude a Nusquama, altro nome con
cui Utopia viene chiamata dal suo autore37.
C un fondo di forte autoironia nel definire la propria condizione di im-
potenza da parte di More. In una lettera ad Erasmo scritta nel dicembre del
1516, riferendosi alle lodi ricevute per la propria opera appena pubblicata, egli
commenta: Non puoi immaginarti quanto ora io mi imbaldanzisca, quanto
mi gonfi, quanto mi tenga su. Immagino di continuo che i miei Utopiani mi
vorranno eleggere loro sovrano perpetuo, tanto che mi vedo gi incedere co-
ronato del diadema di frumentocircondato da uninsigne accolta di cittadini
di Amauroto, mi vedo, in pompa solenne, andare incontro agli ambasciatori e
ai principi delle genti straniere, ben miseri al nostro confronto, pieni di sciocca
superbiaAvrei continuato pi a lungo questo dolcissimo sogno (prosecuturus
eram longius hoc dulcissimum somnium), ma la sorgente Aurora lha disperso,
ahim! mi ha scosso di dosso il principato, e ora mi richiama alla mia macina,
cio al foro38.
Lautoironia una grande qualit di More, che non si pu riconoscere a
Cicerone. Il racconto del sogno per ha un sapore decisamente ciceroniano;
una metafora che ha il suo precedente nel Somnium Scipionis (che More certa-
mente conosceva); una metafora di larga fortuna nella riflessione sullUtopia,
fino ai nostri giorni39.
More non attinge alla teoria della costituzione mista dal De re publica di
Cicerone, ma poteva avere in mente limmagine del sole presente nel Somnium
Scipionis: dux et princeps et moderator, metafora del rector civitatis. La sua idea di
regalit temperata, volta al benessere del popolo molto pi che al proprio40,
risulta congruente con questo modello.
LUtopia di More un condensato di riferimenti ai testi classici, di prove-
nienza molteplice, i cui dettati sono rielaborati in una nuova sintesi, nel ri-
spetto del contesto originario da cui sono tratti. In questo ordito di citazioni
mi sembra che, accanto a Platone, Aristotele, Plutarco, Luciano e i Padri della
Chiesa si debba tenere in conto Cicerone, e, almeno in parte, anche il De re
publica41.
Se ammettiamo che il dialogo ciceroniano sullo Stato possa essere stato, in
36
Th. More CW 3.2.E198.
37
Vd. le lettere di More ad Erasmo del 3 settembre, 20 settembre e 31 ottobre 1516.
38
Th. More CW Corr. L29; traduzione italiana di A. Castelli, in Rognoni 2008, pp. 191-192.
39
Vd. infra.
40
Th. More CW 4.94. Questo concetto anche al centro del Policraticus di Giovanni di
Salisbury; vd. tuttavia supra, nota 34.
41
In Utopia sono riecheggiati altri spunti ciceroniani: vd. in particolare la teoria del
Sommo Bene, che riprende la discussione sulle teorie stoiche ed epicuree affrontata nel De
19
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qualche misura, uno dei testi di riferimento da cui nata Utopia, e che comun-
que siano individuabili tra le due opere alcuni interessanti aspetti di affinit,
giunto il momento di fare un passo avanti e di chiedersi in che misura Ci-
cerone stesso, nel comporre la sua opera e nel presentare il proprio progetto
politico, lo ritenesse realizzabile in futuro.
2. La stesura del De re publica tra 54 e 51 a.C.: gli anni della disillusione e della fuga
dalla realt
finibus bonorum et malorum, nel De legibus, nel De officiis; per una discussione approfondita,
vd. Wegemer 1996, pp. 110-114; Quarta 1991, pp. 249-258.
42
Nel maggio del 54 Cicerone scrive ad Attico (Att. 4.14.1) e al fratello Quinto (Q.Fr.
2.13.1) parlando dellopera appena intrapresa che descrive al fratello come ,
spissum sane opus et operosum e chiedendo allamico di mettergli a disposizione la sua
biblioteca e in particolare le opere di Varrone. Agli inizi di luglio (Att. 4.16.2-3) Cicerone ha
deciso di ambientare il dialogo allepoca di Scipione Emiliano (per il quale ha individuato
anche tutti gli interlocutori) e di lasciare uno spazio dellopera ancora per non ben
definito allet contemporanea, valutando la possibilit di inserirvi Varrone (su richiesta
di Attico: ipotesi che verr successivamente scartata): si tratta di un disegno di vasta portata
e molto impegnativo (rem enimmagnam complexus sum et plurimi oti, quo ego maxime egeo).
Fra ottobre e novembre dello stesso anno Cicerone in una fase di elaborazione abbastanza
avanzata: in una lettera a Quinto (Q.Fr. 3.5.1-2) dichiara di aver terminato la stesura dei
primi due libri (iam duobus libris factis) dellopera (de optimo statu civitatis et de optimo
cive). Dopo averne modificato varie volte il piano e la struttura ( saepe iam scribendi totun
consilium rationemque mutavi), si risolto per una suddivisione della materia del dialogo in
nove libri, ambientati nei nove giorni delle feste novendiali del 129 a.C. (tale disposizione,
che comprende anche i tre libri del De legibus, sar ancora nuovamente modificata nella
versione definitiva). Su consiglio di Sallustio ha anche deciso di premettere al dialogo un
proemio in prima persona rivolto al fratello, che si accinge a stendere.
43
Il term. ante quem la lettera di Celio della fine maggio del 51 (Fam. 8.1.4: Tui politici
libri omnibus vigent).
44
Vd. Shackleton Bailey 1971, pp. 84-95.
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La citt ideale del De Re publica di Cicerone tra memoria sogno e utopia
45
Cic. Q.Fr. 3.5.4; vd. supra.
46
Vd. Moatti 2011, pp. 482-484.
47
Cic. Q.Fr. 2.14.4.
48
Cic. Q.Fr. 2.15.4.
49
Cic. Q.Fr. 2.16.2.
50
Cic. Q.Fr. 3. 2.2-3.
51
Cic. Q.Fr. 3. 4.1-2.
52
Cic. Att. 4.15.4.7; 17; 18.2-3 (Amisimus, mi Pomponi, omnem, non modo sucum ac
sanguinem sed etiam colorem et speciem pristinam civitatis. Nulla est res publica quae delectet,
in qua acquiescam Recordor enim quam bella paulisper nobis gubernatoribus civitas fuerit, quae
mihi gratia relata sit. Nullus dolor me angit unum omnia posse (riferito a Pompeo; cf. supra)
ego de meo statu demigro, quaeque vita maxime est ad naturam ad eam me refero, ad litteras et studia
nostra. Dicendi laborem delectatione oratoria consolor Sed accipe alia. Res fluit ad interregnum
et est non nullus odor dictaturae); 19.1-2 (Quin tu huc advolas et invisis illius nostrae rei publicae
germanae putamina? Vide nummos ante comitia tributim uno loco divisos palam, vide absolutum
Gabinium, olface dictaturam, fruere iustitio et omnium rerum licentia).
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53
Testimonianze in Cic. Q.Fr. 2.16.3; Fam. 1.9.4; Ascon. 22.3-5 Stangl; schol.Bob. 146.7;
160.22 Stangl; vd. Alexander 1990, pp. 141-142; Marinone 2004, p. 132.
54
Testimonianze in Cic. Att. 4.18.1; Q.Fr. 3.1.15; 3.3; 4.1-3; 7.1; vd. Alexander 1990, p. 145;
Marinone 2004, p. 133.
55
Cic. Q.Fr. 3.5.8.
56
Testimonianze in Cic. Rab.Post. 19.33; Quint. 11.1.73; Val.Max. 4.2.4; DC 46.8.1; vd.
Alexander 1990, p. 148; Marinone 2004, p. 133.
57
Cic. Q.Fr. 2. 13.2; 14.4; 15.3; 16.1-3; 3.2.2; 3.3; 4.2-3; 5.5; 7.1-5; cf. Att. 4.18.1.
58
Cic. Att. 4. 19.2.
59
Cic. Q.Fr. 2. 16.4; 3. 1.11; 4.4; 5.3; 6.3; 7.6 (alla fine lo avrebbe portato a termine).
60
Cic. Q.Fr. 3. 5.4. Cicerone troppo coinvolto e angosciato dai problemi politici interni.
In questo senso possibile che le parole con cui lAfricano mostra al nipote la vanit e
la natura contingente delle guerre di conquista (Cic. Rep. 6.21-22) sottendano un indiretto
messaggio rivolto a Cesare; vd. Boes 1990, pp. 165-172. Questo tuttavia non comporta,
a mio avviso, una identificazione tra il conquistatore delle Gallie e il rector ciceroniano;
piuttosto potrebbe essere una reazione al De re publica di Aurunculeio Cotta, effettivamente
incentrato sulla figura di Cesare condottiero; vd. Zecchini 1997, pp. 56-57.
61
Cic. Q.Fr. 2.14.4.
62
Att. 4. 18.2.
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63
Cf. Q.Fr. 3. 4.2-3; 6. 3-4. Per il 53 non disponiamo delle testimonianze epistolari che
abbiamo per il 54 (il carteggio col fratello si interrompe nel dicembre del 54; nel 53-52 Attico
si trovava a Roma).
64
Q.Fr. 3. 5.2.
65
Vale a dire un puro teorico della politica.
66
Allo stesso modo tutta la corrispondenza del 54 improntata ad unestrema prudenza:
si temono intercettazioni, bisogna assicurarsi che le lettere siano trasmesse da persone
affidabili, altrimenti meglio tacere: vd. per esempio Cic. Q.Fr. 3.1.21; 3.6.2; Att. 4.15.3; 17.1.
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67
Vd. Canfora 1984; DIppolito 1984; Luciani 2010, pp. 42-45.
68
In particolare lambientazione del 78; vd. infra.
69
Vd. Canfora 1984, pp. 11-16; DIppolito 1984, pp. 75-77.
70
Sulla funzione della metafora nellopera di Cicerone, vd. Gallagher 2002, pp. 509-519.
71
Cic. Rep. 1.31.
72
App. B.C. 1.19.
73
Cic. Rep. 6.12.
74
App. B.C. 1.20; cf. Cic. Fam. 9. 21.3; Q.Fr. 2.3.3; Mil. 16.
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La citt ideale del De Re publica di Cicerone tra memoria sogno e utopia
sto ulteriore passaggio giusto porsi delle domande. Il 78 lanno della morte
di Silla. A partire dallanno successivo lascesa di Pompeo sarebbe stata inarre-
stabile e lo avrebbe portato al consolato sine collega del 52. Publio Rutilio Rufo,
testimone del dialogo, legato allEmiliano col quale aveva iniziato la propria
carriera a Numanzia, dopo aver subito ingiustamente una condanna de repe-
tundis nel 9275, si era ritirato volontariamente in esilio prima a Mitilene e poi
a Smirne, proprio nella provincia nei confronti della quale era stato accusato
di concussione76. l che Cicerone nel De re publica racconta di averlo incon-
trato. Rufo il pi giovane dei partecipanti al dialogo, forse anche lultimo
testimone sopravvissuto77. La sua condizione di esiliato riflette il fallimento di
una generazione che non aveva saputo, o potuto, raccogliere leredit lasciata
dallEmiliano (e che non aveva accettato di venire a compromessi con Silla78).
Lambientazione , fin qui, rigorosamente storica79. La scelta dei personag-
gi chiave e del momento in cui si svolge il dialogo offrono per un segnale
della prospettiva con cui Cicerone guardava alla praticabilit del disegno po-
litico oggetto di discussione. Il principale portavoce del messaggio politico
ciceroniano, Scipione Emiliano, un uomo che sta per morire in circostanze
misteriose e sospette, verosimilmente per mano dei suoi avversari politici80. E
di questa morte imminente anche in qualche modo consapevole, o quanto-
meno preparato ad accettarla81.
Rutilio Rufo, il narratore secondario, era stato vittima del proprio rigore e
della propria onest, in coerenza con i propri principi filosofici82. La sua scelta
di non rientrare in politica ne aveva forse consentito la sopravvivenza. lui a
costituire lelemento di raccordo tra Scipione e Cicerone.
Sono questi i precedenti a cui lautore del De re publica fa riferimento, in
unopera scritta con uno stato danimo di generale pessimismo sul presen-
te. Entrambi non prefigurano il successo, ma piuttosto una pi che probabile
sconfitta per chi intendesse seguire il loro esempio.
Scipione un modello per Cicerone anche in questo senso: il suo impegno
per il bene dello Stato avviene sotto il segno della consapevolezza del futuro
75
Vd. Cic. De Or. 1.229-231; Brut. 30.113-115; vd. Alexander 1990, pp. 49-50.
76
Val.Max. 6.4.4.
77
Sugli interlocutori del dialogo, vd. Brguet 1980, pp. 25-30.
78
Quint. 9.1.13: P. Rutilius,cum reuocante eum P. Sulla manere in exilio maluit; cf. Sen.
Epist. 24.4: Damnationem suam Rutilius sic tulit tamquam nihil illi molestum aliud esset quam
quod male iudicaretur reditum suum Sullae negavit, cui nihil tunc negabatur.
79
Sullattenzione di Cicerone ai dettagli storici dellambientazione, vd. Cic. Att. 4.16.2-3.
80
Cic. Fam. 9.21.3; Q.Fr. 2.3.3; Mil. 16: secondo Cicerone responsabile della sua morte
sarebbe stato Gaio Papirio Carbone, uno dei triumviri.
81
Vd. Cic. Rep. 6. 13-14: in questo punto la profezia dellAfricano fa riferimento a una
duplice possibilit: dictator rem publicam constituas oportebit, si impias propinquorum manus
effugeris. A queste parole Lelio proruppe in un grido e tutti levarono gemiti profondi;
Scipione chiede loro di ascoltare il seguito del racconto. Pi avanti al paragrafo successivo
lEmiliano si dichiara perterritus non tam mortis metu quam insidiarum a meis.
82
Cf. Cic. De Or. 1. 227-230.
25
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che lo attende. La prospettiva del fallimento e del sacrificio della vita non han-
no avuto il potere di farlo recedere, per ventanni83.
Da un punto di vista narrativo, la funzione del sogno finale del libro VI
quella di disvelare agli altri interlocutori del dialogo (e di rammentare ai letto-
ri) questo futuro di sconfitta e di morte, ormai imminente, insieme allapertura
di un orizzonte inatteso. Lincontro col proprio antenato defunto avviene in
una dimensione estranea al tempo, che quella del sogno, e conduce Scipione
in un viaggio nello spazio cosmico al di fuori della terra. In questa sezione
finale dellopera Cicerone trasporta il lettore, insieme a Scipione -mi sembra-
nel territorio dellucronia e dellutopia.
83
Lo sguardo rivolto alla futura crisi della res publica romana, che si prefigura nel momento
di apparentemente massimo successo la sconfitta definitiva di Cartagine attribuito a
Scipione gi a partire da Polibio, nel famoso episodio del pianto dellEmiliano di fronte alla
citt distrutta (Pol. 38.21); Cicerone mi sembra recuperi e rielabori consapevolmente questa
prospettiva interpretativa.
84
Vd. supra.
85
Benjamin 1989 (trad. fr.), pp. 407-410; 842; 893; Benjamin 1962 (trad. it.), p. 80; vd.
Abensour 2009, pp. 69-79, 113-117; Abensour 2013, pp. 15-60.
86
Bloch 1980 (trad. it. 1918), pp. 193.
87
Sulle diverse concezioni del sogno nei testi filosofico-letterari di ambito greco e latino,
vd. utile sintesi in Bouquet 2001, pp. 6-11.
26
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La citt ideale del De Re publica di Cicerone tra memoria sogno e utopia
88
Vd. Timpanaro 1998, p. LXXIV.
89
Cic. Div. 2.119-150.
90
Cic. Div. 2.119.
91
Aristot. De somnio et vigilia 454b10,26; 458a29.
92
Cic. Div. 2.128; cf. 138-140; Aristot. De insomniis 460b28-29.
93
Cic. Div. 2.140.
94
Cic. Rep. 6. 9-10.
95
Cic. Rep. 6.10.
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96
Questa tensione quanto avverte lo stesso Cicerone; qualcosa che va oltre ogni
ragionevole pessimistica valutazione e che, per luomo politico sapiente e virtuoso,
dovrebbe rappresentare la prima molla ad agire per il bene dello Stato: nec sitio ambitiones,
nec desidero gloriam vivo tamen in ea ambitione et labore, quasi id quod non postulo expectem
(Q.Fr. 3.5.3).
97
Cic. Rep. 6.12.
98
Cic. Rep. 6.13-15.
99
Su tutto quanto riguarda la rappresentazione del cosmo nel De re publica e le fonti
filosofiche cui Cicerone fa riferimento, vd. larticolo di Humm in questo stesso numero
della rivista.
100
E segue anche nellorganizzazione del racconto: Cic. Rep. 6.16-18.
101
Cf. Cic. Off. 1.43.153.
102
Cic. Rep. 1.26; vd. Nenci 2008, pp. 52-56. Sulla necessit, secondo Cicerone, di un
contemperamento tra otium e negotium in funzione della formazione del sapiens, vd. Luciani
2010, pp. 68-78.
103
Cic. Rep. 1.16.
104
Cic. Rep. 6.17.
105
Cic. Rep. 1. 45.
106
Cic. Rep. 1. 45; cf. 2.45. Il lessico utilizzato richiama quello astronomico del movimento
delle sfere celesti: Rep. 6. 15.17.
107
Cic. Rep. 1.45; per moderator riferito al rector-princeps civitatis, vd. pure Rep. 5.8; cf. Att.
8.11.1. Per temperans, vd. Rep. 5.1.2. Vd. Nenci 2008, pp. 110-111.
28
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La citt ideale del De Re publica di Cicerone tra memoria sogno e utopia
Allo stesso modo larmonia delle sfere celesti108 rimanda alla concordia, al
superamento dei conflitti interni alla citt. lo stesso Scipione nel libro II ad
istituire un confronto in questo senso:
Come infatti nella musica delle cetre e dei flauti e nello stesso canto necessa-
rio mantenere, nella concertazione di suoni tra loro diversissimi, un accordo
armonioso (concentus est quidam tenendus ex dissimillimarum vocum moderatione
concors), allo stesso modo dallincontro tra le diverse classi sociali, le pi elevate,
le medie e le infime, come succede nella musica, la citt raggiunge la coesione
grazie allaccordo equilibrato tra gli elementi pi diversi (ex summis et infimis et
mediis interiectis ordinibus ut sonis moderata ratione civitas consensu dissimillimorum
concinit). Quella che nella musica chiamata armonia, nella citt detta concor-
dia (quae harmonia a musicis dicitur in cantu, ea est in civitate concordia): il vincolo
pi saldo e perfetto per garantire lintegrit dello Stato (in re publica vinculum
incolumitatis)109.
108
Cic. Rep. 6.18.
109
Cic. Rep. 2.69. La concordia il fine pi alto cui tende anche lUtopia di Thomas More,
che conclude in questo modo il racconto di Itloideo: Infatti, quando si estirpano in patria
assieme agli altri vizi anche le radici dellambizione e delle fazioni (extirpatis enim domi
cum ceteris vitiis ambitionis et factionum radicibus), non c pi pericolo che motivi interni
portino alla discordia, che quel male che da solo mand alla rovina la potenza ben protetta
di molte citt. Ma se salva la concordia in patria, e salutari sono le istituzioni, neanche
linvidia di tutti i principi confinanti () potrebbe scuotere o far vacillare quella nazione
(At salva domi concordia et salubribus institutis, non omnium finitimorum invidia principum
concutere illud imperium aut commovere queat) (Th. More CW 4.244).
110
Il motivo avr larga fortuna e verr ripreso da Plutarco (De unius in re publica
dominazione 4). Lispirazione platonica (Leg. 700a-701a) e aristotelica (Pol. 4.1290a).
111
Vd. Zetzel 2013, pp. 181-195; Powell 2012, pp. 24-26; Atkins 2013, p. 114; Zarecki 2014,
pp. 60-62.
112
Bodei 2009, p. 8.
113
Vd. a tale proposito gi il commento di Favonio Eulogio, che confronta il Somnium con
il mito di Er della Repubblica platonica (Rep. 6.3.3): Imitatione Platonis Ciceronon fabulosa ut
ille assimulatione commentus est, sed sollertis somnii rationabili quadam imaginatione composuit,
videlicet scite significans haec quae de animae immortalitate dicerentur caeloque, nec somnantium
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philosophorum esse conmenta, nec fabulas incredibiles quas Epicurei derident, sed prudentium
coniecturas.
114
A partire da Ennio, cui Cicerone esplicitamente si ispira (Rep. 6.10); sul sogno nellepica
latina vd. Bouquet 2001.
115
Vd. Gallagher 2001; sulla metafora e sulla teorizzazione di uninsieme di immagini
metaforiche connesse luna con laltra (quello che i Greci chiamano allegoria) vd. quanto
dice Cicerone nel De Oratore (3.155; 166-167).
116
Cic. Rep. 6.17.
117
Cic. Rep. 6.20; cf. 1.28.
118
Per laccezione di sogno ad occhi aperti in Cicerone, vd. Cic. Att. 7.23.1.
119
Vd. Atkins 2011, pp. 468-469; Atkins 2013, pp. 76-79.
120
Cic. Rep. 1.70.
30
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La citt ideale del De Re publica di Cicerone tra memoria sogno e utopia
t della propria prospettiva: la descrizione della storia della citt, nel momento
della sua nascita, della sua crescita e del raggiungimento della piena stabilit
(iam firmam atque robustam), gli permetter di raggiungere il suo scopo pi
facilmente di quanto avesse fatto Socrate rappresentandone una immaginaria
(facilius autem quod est propositum conseguarquam si mihi aliquam, ut apud Pla-
tonem Socrates, ipse finxero)121.
Questa affermazione programmatica, che prende le distanze dalla citt
che non c del filosofo greco, e che sembra andare in una direzione opposta
rispetto allutopia platonica, pone evidentemente dei problemi:
1) Quello della relazione tra tale modello storico e il modello cosmico del
sogno di Scipione.
2) Quello della prospettiva storica di Cicerone.
121
Cic. Rep. 2.3.
122
Cornell 2001, pp. 41-56.
123
Forse medesima fonte: vd. Ferrary 1984.
124
Il quale cita Catone ed Ennio, insieme a Polibio, ed inoltre le XII Tavole e gli Annales
Maximi; vd. Cornell 2001, p. 41.
125
Di questo lavoro di ricerca Cicerone parla in una lettera ad Attico; certamente egli
consult e utilizz le opere di Varrone, in particolare le Antiquitates: vd. Cic. Att. 4.14.1; vd.
Rawson 1991 (1972), pp. 58-79.
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greche opera di un unico legislatore (singuli fuissent fere quorum suam quisque
rem publicam constituissent legibus atque institutis suis) era stata il risultato di
una progressiva evoluzione in tempi lunghi: non unius esset ingenio sed multo-
rum, nec una hominis vita sed aliquot constituta saeculis et aetatibus126.
Al contrario di quanto per ci si potrebbe aspettare dal rimando alle Ori-
gines e dallaccento posto sul lavoro compiuto non dal singolo, ma da una co-
munit intergenerazionale di uomini saggi, un aspetto distintivo del raccon-
to di Scipione proprio il personalismo: tutti i passaggi di questo cammino
verso lequilibrio socio-istituzionale ottimale sono avvenuti grazie allazione
di singoli personaggi, quasi che la res publica romana fosse il risultato dello-
pera non di uno, ma di pi successivi legislatori. Questa prospettiva non
investe solo la fase monarchica, ma anche let repubblicana. Sono singoli
uomini politici ad aver attuato le riforme che gradualmente conducono alla
forma di mescolanza pi equilibrata127: in questo senso tra i re saggi e i primi
consoli, Bruto e Valerio Publicola, lunica soluzione di continuit data dal
tiranno Tarquinio, cui Bruto, in qualit di semplice privato cittadino, si con-
trappone. Questo un particolare importante perch, nella visione che Ci-
cerone ne d, il ruolo del rector allinterno della civitas sembra non sempre e
necessariamente determinato dalla carica rivestita128. La parte finale del libro
II che segue il Decemvirato (i cui membri restano significativamente anoni-
mi) irrimediabilmente frammentaria. In uno degli ultimi passaggi Scipione
ripropone limmagine del vir prudens e lo paragona al guidatore di elefanti129:
nel dominio delle componenti irrazionali dello stato si realizza la concordia.
Questa similitudine prepara quella successiva, musicale, che assimila la con-
cordia allharmonia prodotta dalle sfere celesti130.
grazie allazione di singoli uomini politici che si attua larmonia dello
stato perfetto: in questo sta la coerenza di insieme dellopera e il nesso di con-
tinuit tra II e VI libro.
Il modello storico comunque, per Cicerone, quasi perfetto ma non per-
fetto: prospicere enim videor te reliquos reges perseguente quasi perfectam rem publi-
cam131. Questa precisazione significativa e contribuisce a stabilire un nesso
consequenziale tra il modello storico del libro II e il modello cosmico del Som-
nium Scipionis.
Non possibile, come si gi detto, stabilire in che misura Cicerone abbia
rielaborato dati che gli venivano dalla tradizione storiografica e antiquaria cui
attinge per costruire il suo racconto; una tradizione che ci giunta in modo
estremamente frammentario, sicch Cicerone in molti casi la fonte pi antica
128
Il rector si contrappone al tiranno e a qualsiasi forma di governo non fondato sulle
leggi, definito da Cicerone un falso stato (Cic. Rep. 3.42-45); vd. Gabba 1971; Moatti 2011,
pp. 485-488.
129
Cic. Rep. 2.67.
130
Cic. Rep. 2.69.
131
Cic. Rep. 2.22.
32
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La citt ideale del De Re publica di Cicerone tra memoria sogno e utopia
di cui disponiamo. Questo permette di avanzare solo ipotesi, con tutti i limiti
che unoperazione del genere comporta.
Nel presentare la fondazione di Roma, Scipione sottolinea la providentia di
Romolo, che gli ha consentito di scegliere il luogo ottimale per una citt desti-
nata a divenire la capitale di un immenso impero (ut mihi iam tum divinasse ille
videatur hanc urbem sedem aliquando et domum summo esse imperio praebituram)132.
Alla descrizione del sito e alla discussione sui vantaggi e sulla motivazione
della scelta operata da Romolo Cicerone dedica un notevole spazio. A questa
parte iniziale del libro II non stata forse prestata a quanto mi risulta suffi-
ciente attenzione. Mi limito qui ad affrontare la questione in modo sintetico133.
Cicerone insiste molto sugli svantaggi che avrebbe comportato una fondazio-
ne sul mare 134. In questo senso sottoscrive la tesi di Platone 135, da cui per
si smarca, avvicinandosi ad Aristotele, nel momento in cui ammette che la
presenza del mare rappresenta un grande vantaggio per le esportazioni e gli
approvvigionamenti136. Il sito della fondazione romulea ottimale in quanto
abbraccia tutti i vantaggi di una citt marittima evitandone gli inconvenienti,
essendo in riva a un fiume, il Tevere, dal corso perenne e uniforme che sbocca
al mare con unampia foce. Tale posizione era unica in Italia: hanc rerum tantam
potentiam non ferme facilius alia ulla in parte Italiae posita urbs tenere potuisset137.
Romolo, premette Scipione, avrebbe potuto molto facilmente fondare la
citt alla foce del Tevere, dove molti anni dopo Anco Marzio dedusse una co-
lonia (multis post annis rex Ancus coloniam deduxit)138. Egli ag certamente in
questo modo per ragioni morali, per quella particolare tendenza alla corru-
zione e al mutamento dei costumi che la vicinanza del mare comporta139; ma,
ancor prima, fu spinto da concrete motivazioni di carattere difensivo: infatti
la terra ferma avverte con molti segni e con particolare fragore dellarrivo dei
nemici che arrivano allimprovviso, mentre il nemico che viene dal mare pu
avvicinarsi inaspettatamente e in alcuni casi senza offrire indizi sulle proprie
buone o cattive intenzioni140. Queste ultime considerazioni di carattere geo-
morfologico-militare, cui Cicerone attribuisce unimportanza prioritaria, non
derivano n da Platone n da Aristotele e sembrano essere unaggiunta tanto
originale, quanto in apparenza non pienamente congruente con le problemati-
che politico-costituzionali che sono il nucleo dellopera. C da chiedersi quali
ne siano le motivazioni. In questo senso possono offrire degli indizi interes-
132
Cic. Rep. 2.10.
Con il proposito di approfondirla in altra sede.
133
134
Cic. Rep. 2.5-9.
135
Plat. Leg. 4.705a-b; 707b.
136
Arist. Pol. 7.1327a.
137
Cic. Rep. 2.10.
138
Cic. Rep. 2.5; cf. 33.3 (ad ostium Tiberis urbem condidit colonisque firmavit); Liv. 1.33.9;
Dion. Hal. 3.44.4.
139
Questo un topos presente sia in Platone che in Aristotele e ripreso da Cicerone; vd.
Nicolet 2002, pp. 7-11.
140
Cic. Rep. 2.6.
33
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santi alcuni dati biografici relativi allattivit svolta da Cicerone nellanno del
suo consolato.
La rilettura in anni recenti, da parte di Fausto Zevi, di una coppia di iscri-
zioni monumentali collocate sulle due fronti della maggiore porta della citt di
Ostia, la cosiddetta Porta Romana posta alluscita del decumano massimo che
portava verso Roma, ha evidenziato il ruolo di primo piano svolto nel 63 da
Cicerone nella costruzione di una nuova cinta di mura, munita di porte doppie
e di torri, che circondava una superficie di circa 70 ettari e proteggeva larea
portuale di Ostia lungo le banchine del Tevere. Secondo quanto riporta la dop-
pia iscrizione Senatus Populusque Romanus / coloniae Ostiensium muros et portas
dedit /M. Tullius Cicero consul fecit locavitque / P. Clodius Pulcher tr. pl. consummavit
e probavit141. Lepigrafe, che risale al I-II d.C., commemora, in occasione di un
restauro della porta, la storia della costruzione delle mura di cui il console Ci-
cerone, su mandato del senato, aveva provveduto al progetto fino allappalto
dei lavori (locatio operis). Fu poi Clodio, a quanto sembra, a portare a termine
loperazione dopo lesilio di Cicerone, fatto che amareggi notevolmente lex
console142. La decisione di realizzare questopera difensiva imponente era stata
molto probabilmente presa in conseguenza ad unincursione di pirati Cilici
ne parla lo stesso Cicerone nellorazione De imperio Cn. Pompei i quali nel 67,
dopo aver distrutto le navi che si trovavano nel porto, si erano impadroniti
della citt sottoponendo gli abitanti ad ogni sorta di violenze143. Da scavi re-
centi sappiamo anche che allampliamento della cinta muraria segu uninten-
sa attivit di edilizia privata (consequenziale alla messa in sicurezza dellarea
stessa) che possibile datare proprio agli anni 60-50144. A questo stesso periodo
corrisponde anche un rimodellamento dello spazio forense che suggerisce una
maggiore autonomia politica della citt145, sancita probabilmente da una coeva
lex coloniae146, insieme alla edificazione di unarea cultuale147.
Ora, sulla fondazione della citt di Ostia si apre una questione molto com-
plessa, che non qui il caso di affrontare148. Ci che qui interessa rilevare il
141
Per la ricostruzione del testo vd. Zevi, Manzini 2008.
142
Cic. Fam. 1.9.15; vd. Zevi 2013.
143
Cic. Imp.Cn.P. 33.
144
Vd. Zevi 2002, pp. 55-58.
145
Vd. Zevi 2012, pp. 537-540; cos anche Cbeillac Gervasoni 2002, pp. 60-61, che avanza
dei dubbi sulleffettivo potere dei pretori ostiensi, malgrado il titolo prestigioso (vd. pure
nota 2). I Fasti dei duoviri della colonia (molto frammentari) ne danno testimonianza a
partire dal 49 a.C.
146
Come gi suggerito da Meiggs 19732, pp. 173-174.
147
Vd. Zevi 2012, pp. 546-547; 552-554.
148
A tale proposito vd. Coarelli 1988, pp. 136-148; Zevi 2000, pp. 233-242. Secondo
lipotesi di Coarelli, linsediamento di et arcaica sarebbe stato collocato non sulla riva
sinistra (in corrispondenza del castrum, dove si svilupp successivamente la colonia), bens
sulla riva destra del Tevere. A sostegno di tale ipotesi vengono addotte la testimonianza di
Festo (p. 214L) che parla di una Ostiam urbem ad exitum Tiberis in mare fluentis fondata da
Anco Marcio, e di una coloniam, quae postea condita est, unitamente al racconto di Dionigi
di Alicarnasso (3.45.4) che ricorda con precisione la collocazione della fondazione di Anco
Marcio nella zona delle Salinae (testimoniate sulla riva destra).
34
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La citt ideale del De Re publica di Cicerone tra memoria sogno e utopia
fatto che Cicerone sia il primo autore a noi noto a parlare di una deduzione
coloniaria utilizzando un lessico attualizzante ad opera del quarto re di
Roma149. Questa tradizione si sarebbe imposta in et imperiale: essa si trova
recepita in uniscrizione commemorativa della citt ed riproposta da Plinio e
da Floro, che parlano entrambi di una colonia deducta da Anco Marcio150.
Questi elementi, in concomitanza con i dati offerti dalle recenti acquisi-
zioni archeologiche ed epigrafiche, inducono quanto meno alla tentazione di
ipotizzare che sia stato proprio Cicerone lartefice della tradizione sulla dedu-
zione coloniaria di Anco Marcio, al fine di nobilitare (e anche in qualche modo
di rivendicare) il ruolo personalmente assunto nel processo di trasformazione
di Ostia in centro meglio difeso e maggiormente autonomo da Roma da un
punto di vista istituzionale, che si era avviato proprio a partire dalla costruzio-
ne della nuova cinta muraria.
La Roma di et regia si prefigura gi, allapertura del II libro del De re publi-
ca, coi connotati di una citt imperiale: tale visione il risultato di una prospettiva
che tende a ricostruire, e in parte a reinventare consapevolmente il passato. La
descrizione della scelta, dovuta alla providentia di Romolo, del luogo destinato alla
fondazione di Roma e i riferimenti conseguenziali alla deduzione della colonia
di Ostia da parte di Anco Marcio ne possono essere un indizio.
Una medesima prospettiva nel guardare al passato quella sottesa al De
legibus, originariamente concepito come parte del De re publica. Anche qui Ci-
cerone presenta il mos maiorum come un modello perfetto cui non necessario
aggiungere quasi niente di nuovo151, inserendo tuttavia in modo consapevole
allinterno del corpus normativo, e omogeneizzandole linguisticamente al for-
mulario arcaico, proposte innovative la cui fonte per, paradossalmente, la
tradizione152.
Ci troviamo di fronte ad una sorta di utopia retrospettiva153: la formula-
zione di un modello che coincide con un passato non (integralmente) reale e
consapevolmente riformulato in funzione del futuro.
149
Da non confondersi con la tradizione relativa alla fondazione della citt da parte dello
stesso Anco Marcio, che pi antica e risale almeno ad Ennio (Ann. 2.128-129) e a Polibio
(6.11a.6).
150
Plin. NH 3.56 (in principio est Ostia colonia ab romano rege deducta); Flor. 1.1 (Ancus
deinde Marcius Ostiamque in ipso maris fluminisque confinio coloniam posuit iam tum videlicet
praesagiens animo futurum ut totius mundi opes et commeatus illo velut maritimo urbis hospitio
reciperentur).
151
Cic., Leg. 3.12 (quae res cum sapientissime moderatissimeque constituta esset a maioribus
nostris, nihil habui <aut> sane non multum quod putarem novandum in legibus).
152
Romano 2009-2010, pp. 38-40; vd. anche Powell 2001, pp. 17-39.
153
Vd. Carsana, Schettino 2008, pp. 5; 9.
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utile fare riferimento alla distinzione, ricorrente nelle discussioni teoriche, tra
utopia e utopismo. I punti di vista degli studiosi, a tale proposito, sono molto
variegati154, ma partono da un presupposto generale, che mi sembra sia ben
espresso dalla definizione di Maria Moneti, secondo la quale si possono di-
stinguere:
lutopia in senso stretto, costituita dalle opere che si ispirano alla prima utopia
e ne hanno le caratteristiche formali e contenutistiche e lutopia in senso largo,
spesso chiamata utopismo, che comprende una vasta gamma di fenomeni, di
natura molto diversa forme di pensiero, immaginazioni collettive, attese, spe-
ranze, esperimenti sociali, progetti di rinnovamento, movimenti popolari, azio-
ni rivoluzionarie ecc. difficilmente classificabili in modo non controverso155.
154
Vd. Moneti 1997, pp. 4-5.
155
Moneti 1997, pp. 3-4.
156
Vd. in questo senso Moneti 1997, pp. 3-13 (4).
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La citt ideale del De Re publica di Cicerone tra memoria sogno e utopia
Bibliografia
157
C per da dire che anche More non sembra condividere il punto di vista di Itloideo
e in un giudizio finale dato in prima persona critica labolizione della propriet privata in
Utopia: vd. Th. More CW 4.105-106; vd. Wegemer 1996, pp. 120-121.
158
Vd. Abensour 2013: la sua ipotesi di partenza si pone come complemento alla tesi di
Hannah Arendt, secondo la quale la condizione umana contiene tre dimensioni essenziali:
homo laborans, homo faber, homo politicus. Ad esse egli propone di aggiungerne una quarta:
lhomo utopicus. Il suo punto di vista non privo di affinit col pensiero di Ernst Bloch
che considera lutopia come una caratteristica ontologica propria dellessere umano,
consistente nellandare sempre al di l dellesistente; vd. Moneti 1997, p. 4.
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Chiara Carsana
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Abstract
In the De re publica, set in 129 BCE, Scipio Aemilianus, along with some bene meriti de
patria, draws a project of constitutional reform, in order to bridge the gap between
populus and Senate, or rather, to put an end to their double-headed power (cf. the me-
taphor of the two suns). However, he dies before its fulfilment. In an age of returning
crisis, Cicero revives Scipios earlier programme, albeit knowing that it is an ideal
model, hardly applicable to the political reality. Besides, the Ciceronian dialogue on
the State could have been a source for Thomas More in the making of his Utopia.
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Chiara Carsana
Rsum
Dans le dialogue cicronien De re publica, plac en 129 av. J.-C., Scipion milien d-
finit, en compagnie de quelques bene meriti de patria, un projet de rforme constitu-
tionnelle visant remdier la fracture entre populus et Snat, ou, plutt, de mettre
un terme leur division en deux (selon la mtaphore des deux soleils). Mais il meurt
avant davoir pu le mettre en uvre. Cicron, une poque de nouvelle situation de
crise, relance ce programme, tout en sachant quil sagit dun modle idal difficile-
ment applicable la ralit politique. Le dialogue cicronien sur la Rpublique a pu
tre un des textes de rfrence pour lUtopia de Thomas More, comme le suggrent
dintressantes affinits.
Riassunto
Nel De re publica, ambientato nel 129 a.C., Scipione Emiliano insieme ad altri bene
meriti de patria definisce un progetto di riforma costituzionale che consenta di porre
rimedio alla frattura o duplicazione (cf. i due soli) di popolo e senato. Ma morir
prima di averlo potuto mettere in pratica. Cicerone rilancia in una nuova et di crisi
questo programma, consapevole che si tratta di un modello ideale, che non potr
mai (o molto difficilmente) essere pienamente realizzato. Il dialogo ciceroniano sullo
Stato potrebbe essere stato uno dei testi di riferimento dellUtopia di Thomas More,
con cui sono ravvisabili interessanti aspetti di affinit.
Chiara Carsana
Universit di Pavia - Dipartimento di Studi Umanistici
P.zza del lino, 2 (Palazzo San Tommaso) - I - 27100 Pavia
chiara.carsana@unipv.it
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Sommario
Chiara Carsana
La citt ideale del De re publica di Cicerone tra memoria sogno e utopia
Michel Humm
Lharmonie des sphres dans la pense politique grecque et romaine:
de lutopie la cit idale
Marianne Coudry
Des cits pour les pirates: une utopie de Pompe?
Michele Faraguna
I nomophylakes tra utopia e realt istituzionale delle citt greche
Luisa Prandi
Platone e lutopia democratica?
(considerazioni su Menesseno, Timeo 20e-24e, Crizia)
Alberto Giudice
La (re)fondation de Cyrne lpoque dHadrien:
utopie constitutionnelle et idalisation urbanistique