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LE ERBE MEDICINALI E LA TRADIZIONE POPOLARE

Una antica leggenda narra che Esculapio, mitologico dio della medicina, avesse imparato larte del
curare dopo aver visto che una pecora, ormai ridotta in fin di vita, si sforz di mangiare un' erba
selvatica, e dopo averlo fatto riprese forza e vigore.

Luomo ha iniziato a curare i propri malanni servendosi delle erbe spontanee probabilmente
osservando gli animali che lo facevano istintivamente proprio come la pecora di Esculapio.
Luso dei rimedi naturali vegetali poi proseguito per millenni fino a trasformarsi in scienza
delle erbe medicinali o fitoterapia.
Attualmente luomo ricorre ancora alle erbe nonostante lo sviluppo della chimica e della scienza
farmaceutica sembrano aver soppiantato questa antica arte.

IL RUOLO DEI MONACI NELLA FARMACOLOGIA MEDIEVALE


Durante il Medioevo la visione cristiana del mondo esercit legemonia culturale in Europa. Gli
uomini aspiravano alla Citt celeste, contrapposta a quella terrena, e la loro vita era permeata dal
cristianesimo, sia sotto laspetto religioso sia sotto laspetto sociale e politico. Nel Medioevo il
monachesimo svolse unimportante funzione religiosa e culturale. Sul piano culturale i monasteri
contribuirono in misura decisiva alla conservazione della cultura classica.inoltre all'interno delle
mura dei monasteri, in particolare quelli benedettini, si riaccesero l'interesse e lo studio delle opere
naturalistiche e mediche di scrittori come Catone (De agricoltura), Plinio il Vecchio (Naturalis Histo-
ria), Dioscoride (De materia medica) e cos anche l'attenzione per la coltura dei "semplici" (in latino
medievale medicamentum simplex) ovvero le erbe medicinali. Nella tradizione monastica
d'altronde, lo studio di queste ultime e la loro coltivazione rappresentavano attivit talora
indispensabili per la sussistenza stessa del monastero, isolato dal contesto sociale per motivi di
scelta religiosa, ma spesso anche a causa di guerre, incursioni piratesche, pestilenze. Uno dei
primi Hortus simplicium o Hortus medicus (detto anche viridarium nell'Alto Medioevo) fu fondato da
Cassiodoro (politico, letterato e storico romano, che visse sotto il regno romano-
barbarico degli Ostrogoti e successivamente sotto l'Impero Romano d'Oriente) , gi consigliere
dell'imperatore Teodorico, che con la caduta dell'Impero Romano si ritir dalla vita politica.
Appassionato di medicina, scrisse le Istitutiones divinarum et humanorum, in cui raccomandava ai
monaci di coltivare le piante medicinali e di studiare, trascrivendo e miniando, le fonti bibliografiche
del passato. Il giardino delle piante medicinali o Hortus sanitatis, assunse significati spesso
simbolici. La malattia da curare non era solo quella fisica, ma anche dell'anima, presupposti che
attribuivano molta importanza alla valenza spirituale del rimedio, in quanto dotato di una sorta di
approvazione divina. Una volta essiccate, le erbe venivano conservate nell'armarium
pigmentariorum, un armadio dalla robusta struttura, chiuso in modo tale da non lasciar filtrare
troppa aria n luce, per mantenere inalterate le loro propriet terapeutiche. Esse venivano poi
confezionate in prodigiosi decotti e sciroppi, destinati non soltanto alla cura dei monaci, ma anche
degli ammalati che avessero bussato alla porta del convento. Al monacus infirmarius, talora detto
anche monacus medicus,era affidato il compito di assistere i bisognosi di transito, a volte accolti in
una vera e propria struttura assistenziale, l'hospitium. Malati, appestati, poveri, viandanti e
pellegrini, tutti trovavano qui un punto di appoggio in cui riprendere le forze, quasi fosse una
seconda casa. Come supporto logistico ogni grande monastero possedeva anche una farmacia, di
fatto un laboratorio artigianale, dove venivano realizzati medicamenti di grande efficacia. Le
farmacie monastiche che raggiunsero livelli di grande rinomanza furono tante; per citarne
qualcuna, si ricordano quelle di S. Gallo, di Casamari-Trisulti, di Camaldoli, di Praglia. E, strano a
dirsi per quegli anni, la trattatistica nel Medioevo non fu prerogativa dei soli uomini. Anche le donne
scrissero di medicina, come l'illustre Ildelgarda Von Bingen, badessa di un monastero benedettino
posto sulle rive del Reno, in Germania, che, coniugando fede e scienza, si dedic allo studio
dell'uomo e del cosmo. La sua opera si presenta come un trattato di medicina naturalistica
permeata di spiritualit: la malattia, secondo Ildelgarda, era il risultato della separazione dall'Unit.
Grazie alla sue "visioni", realizz tra il 1150 e il 1160 uno dei pi importanti trattati di erboristeria e
storia naturale, il Liber Simplicis Medicinae e il Liber causae et curae. Ella raccomandava ad
esempio la mentuccia per la cefalea e il mal di stomaco, il cumino per la nausea, il tanaceto per la
tosse e raffreddore, l'achillea per le emorragie, ancor oggi impiegate per tali scopi.
L'aggiornamento in campo sanitario avvenne anche grazie alle opere arabe che arrivarono nei
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monasteri, che divennero cos fulcro di differenti culture, ma il sapere classico e quello arabo
vennero mirabilmente amalgamati solo nella Scuola Salernitana.
In origine probabilmente collegata ad un centro monastico, si afferm successivamente come
struttura laica, la cui fama raggiunse tutto il mondo conosciuto, dettando fondamenti di terapia,
igiene e nutrizione, ai quali si attennero per secoli moltissimi medici. La Scuola ebbe un apogeo
intorno al XI-XII secolo e fu, allora, l'unico centro culturale pubblico abilitato a rilasciare il titolo di
dottore. Fu l'inizio del tramonto dell'attivit assistenziale dei monaci. Molta strada era stata
percorsa dai tempi di Cassiodoro, che aveva introdotto nella formazione monastica lo studio della
medicina; col fiorire delle Universit, la societ civile stava cambiando e la figura del medico era il
segnale emergente del rinnovamento. I tempi erano ormai maturi anche per lo sviluppo delle
speziere laiche, antenate delle attuali farmacie. E anche gli Orti dei Semplici cambiarono, venendo
realizzati anche da strutture private e laiche o con funzione didattica; solo nel '500, man mano
che si rendeva pi impellente la necessit di un'accurata verifica dell'identit della specie usate in
medicina, che le varie universit fondarono i primi Orti botanici.
Lo spessore culturale e l'autonomia nella preparazione dei vari rimedi delle farmacie conventuali
confermata dalle testimonianze a noi giunte. Ancora oggi, in alcuni monasteri, come quello di
Camaldoli, tuttora conservato l'antico e affascinante laboratorio galenico.
Dobbiamo proprio alla filosofia conservatorista dei monaci e al loro modo di vedere la vita come un
continuum, il fatto che molte preziose conoscenze antiche di vari medicamenti siano giunte fino ai
giorni nostri. I monaci Osservanti dell'Aracoeli a Roma, ad esempio, confezionavano di routine
teriaca e il mitridato, due dei pi famosi e prescritti medicamenti antichi.
Altri esempi di preparazioni pi moderne, di cui ci giunta testimonianza, vanno dall'acqua
profumigera (per lenire i dolori), allo sciroppo allo ioduro di ferro (contro mal di cuore, asma e per
le convalescenze) alla ferrochina (inappetenza e anemia), mentre la celeberrima Tintura Imperiale
(o Gocce Imperiali) dell'abbazia di Casamari, "energico" digestivo, vant tra i suoi ammiratori
addirittura il poeta Gabriele D'Annunzio, il quale cos ne decantava le virt: "essenza tra il mistr e
l'assenzio con altri succhi medicinali. squisitissima, poche gocce bastano a trasmutare un
bicchiere d'acqua in una specie di opale paradisiaca".

LA FIGURA DELLO SPEZIALE NEL MEDIOEVO


Nel secolo XIII la figura dello speziale si affranca da quella del medico che fino ad allora riuniva in
s le due professioni, stabilendo la diagnosi, la conseguente terapia e approntando i medicamenti
necessari. In questa attivit il medico era coadiuvato dallo speziale o rizotomo che non era altro
che un umile artigiano al suo servizio.
A partire dall'anno mille la professione dello speziale cominci a svolgersi in forme sempre pi
autonome rispetto al medico fino a quando con il secolo XIII, soprattutto per volont di Federico II
di Svevia, nipote di Federico Barbarossa, imperatore e re di Sicilia, non si afferm la piena
autonomia professionale degli speziali. Lo speziale da species (merce rara, spezie) era il venditore
di spezie, nel mondo antico e fino al Seicento, uno dei prodotti commerciali di maggior pregio e
valore utili per la preparazione e per la conservazione dei cibi (pepe, noce moscata, zafferano,
cannella) e la spezieria era il negozio di spezie. Il rizotomo da riza, radice, era il preparatore di
radici.
Il farmacista esercita l'arte della farmacopea cio della preparazione dei farmaci.
Apoteca era la parte della casa in cui si conservano cibi e vino, esteso poi nel significato di
ripostiglio, bottega.
Federico II, come abbiamo studiato in Storia, era un sovrano illuminato e colto, intenzionato a
rendere lo stato ben organizzato, efficiente, centralizzato. Essendo un grande mecenate volle
fortemente la promozione delle scienze, delle lettere e della filosofia.
Fondatore della Universit di Napoli che ancora oggi porta il suo nome, dette un indirizzo in parte
nuovo al pensiero scientifico del tempo, concedendo spazio e credito alla cultura araba e
stimolando gli studiosi ad occuparsi di problemi nuovi riguardanti in modo particolare la
matematica, l'alchimia e le scienze naturali. Nel solco della tradizione della famosa Scuola Medica
Salernitana, Federico II nel corpus normativo che noto come Le Costituzioni di Melfi aveva
inserito un decreto secondo il quale nessun medico poteva esercitare la professione se non si
fosse laureato alla Scuola Medica di Salerno e stabiliva pene severe per i ciarlatani che facevano
commercio di medicamenti falsi e pericolosi. Si arrivava a stabilire la pena capitale per chi avesse
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venduto veleni o medicamenti nocivi capaci di ottenebrare le facolt mentali.
Egli volle regolamentare con puntualit l'esercizio della professione medica e di conseguenza
anche di quella del farmacista, o come dice il testo statutario degli aromatari (da aroma, sostanza
di odore e sapore gradevoli) venditore di aromi.
Vengono puntualmente definiti i rapporti tra medici e farmacisti e si vieta loro ogni forma di
associazione che avrebbe portato a inevitabili conflitti di interesse, si direbbe oggi. Ai medici era
proibito anche avere una propria bottega di farmacia.
Gli aromatari, che si impegnano a preparare i medicamenti secondo le disposizioni dei medici,
dovevano osservare precise norme circa l'apertura e la chiusura dell'esercizio farmaceutico. Il
medico poteva denunciare il confectorarius ( colui che prepara, confeziona) se si era mal
comportato nello svolgimento delle sue mansioni professionali.
Sia i medici che gli speziali dovevano prestare un preciso giuramento di sottostare al controllo
messo in atto dall'autorit statale grazie all'opera di due ispettori preparati e degni di fede, di
nomina imperiale. Ogni infrazione alle regola era punita con pene molto severe che andavano
dalla confisca dei beni e sino alla pena capitale.
Lo spirito delle Costituzioni di Melfi si ritrova in molti statuti delle Arti degli Speziali che fioriranno in
molte citt dell'Italia centro settentrionale, come Firenze e Siena. In essi si fissano i principi
fondamentali su cui basare l'esercizio della professione, quali l'obbligo di giuramento, l'osservanza
di un codice ufficiale, il divieto di fare societ tra medici e speziali, la proibizione per questi ultimi di
esercitare l'arte medica, l'obbligo di osservare la tariffa (un tetto massimo di costo, per contenere i
guadagni in difesa dell'interesse pubblico, da tar, moneta d'oro di origine araba), il controllo
periodico delle spezierie da parte di ispettori imperiali.
Nell'Italia dei comuni, l'affermarsi di forme corporative legate alle professioni comport
l'elaborazione di testi statutari importanti per regolamentare lo svolgimento dell'attivit.
E anche la Corporazione degli Speziali aveva una propria specifica normativa. Tra i primi statuti
del Duecento si ricorda quello veneziano del 1258 e quello di Padova del 1260: in entrambi appare
chiara la sottomissione del farmacista al medico nella preparazione di medicamenti composti. In
particolare nello statuto di Padova si definiscono i requisiti per esercitare la professione: essere
cattolico praticante, essere di buona fama, aver compiuto un tirocinio di almeno tre anni, ottenere il
nullaosta del padre, se minore di 25 anni, essere iscritto alla corporazione, essere in regola con il
pagamento delle quote annuali.
Anche le donne potevano tenere bottega di spezieria.
Norme puntuali regolamentano l'avvio di nuove attivit commerciali in ambito urbano: ogni nuova
spezieria doveva sorgere a almeno cento passi di distanza dalla pi vicina, era fatto obbligo di
disporre di una insegna con un simbolo (logo) che veniva usato anche come marchio per i sigilli.
Durante il Trecento videro la luce nuovi testi statutari dell'arte degli Speziali, in molte realt
dell'Italia centro settentrionale. Si citano le citt di Firenze, Siena, Bologna, Cremona e infine
Milano. Ma il grande sviluppo si ebbe nel Quattrocento.

BIBLIOGRAFIA/SITOGRAFIA
Loredana Matonti, Dall'orto dei semplici alla medicina monastica
http://www.abocamuseum.it/it/museo/per-le-scuole/aboca-museum-erbe-e-salute-nei-secoli/le-
erbe-medicinali-ed-il-loro-uso/erbe-medicinali/
http://users.unimi.it/farmaco/giornale/articleIta05-05-02.html

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