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to Dante Studies, with the Annual Report of the Dante Society
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L'incontro edenico con Beatrice e Io sento
JAMES F. MCMENAMIN
Il ponte, per, poco stabile perch in questi versi il legame con la Vita
Nuova messo in dubbio da un altro riferimento ricco di significato.
Quello che sorprende qui non sono i richiami al libello, ma il fatto che
queste due terzine siano rette da un ultimo verso che rinvia alla canzone
Io sento s d'Amor la gran possanza, scritta non per Beatrice, ma per un'altra
donna, una delle giovani per cui Dante scrisse in altre rime.1
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Dante Studies, CXXIX, 2011
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L'incontro edenico con Beatrice e Io sento s d'Amor la gran possanza, james f. mcmenamin
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Dante Studies, CXXIX, 2011
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L'incontro edenico con Beatrice e Io sento s d'Amor la gran possanza, james f. mcmenamin
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Dante Studies, CXXIX, 2011
Dante scrive addirittura che l'amore che sente per questa donna lo spinge
"a ben far" (v. 51), la stessa espressione adoperata poi nella descrizione di
Beatrice nei primi momenti del suo arrivo:
Per Beatrice, le false immagini del bene segnano l'inizio della fine del
poeta: "Tanto gi cadde, che tutti argomenti / a la salute sua eran gi
corti, / fuor che mostrarli le perdute genti" (Purg. 30.136-138). Dante
conferma quello che dice Beatrice con un "s" e poi si confessa
piangendo: "Le presenti cose / col falso lor piacer volser miei passi, / tosto
che 7 vostro viso si nascose" {Purg. 31.34-36). Nella canzone, il poeta
sottolinea questo piacere, sempre nella stanza centrale, quando scrive che
il suo gran desiderio nato dal piacere che viene accolto nel bel viso di ogni
bel: "per vert del piacimento / che nel bel viso d'ogni bel s'accoglie" (Io sento
s, w. 41-42). Sar questo un esempio delle false immagini di "ben"
evidenziate proprio da Beatrice? Il desiderio di quell'amore, ormai riten
uto falso da Beatrice, quello che lo portava "a ben far" nella canzone,
cio ad agire bene in termini morali:
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L'incontro edenico con Beatrice e Io sento s d'Amor la gran possanza, james f. mcmenamin
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Dante Studies, CXXIX, 2011
libertate / per tutte quelle vie, per tutt' i modi / che di ci fare avei la
potestate" (Par. 31.8587). Dal primo incontro nel paradiso terrestre, che
mette in discussione e indebolisce una canzone fondata sul servizio amor
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L'incontro edenico con Beatrice e Io sento s d'Amor la gran possanza, james f. mcmenamin
Dickinson College
Carlisle, Pennsylvania
NOTE
Per tutte le citazioni della Commedia faccio riferimento all'edizione curata da Anna Maria Chia
vacci Leonardi (Milano: A. Mondadori, 1991) e per le citazioni delle Rime adopero l'edizione curata
da Domenico De Robertis, Le Rime di Dante (Firenze: Casa Editrice Le Lettere, 2002).
1. L'Ottimo, Poletto, Torraca, Mattalia, Hollander e Fosca sembrano gli unici commentatori a
richiamare l'attenzione su questi versi, ma nessuno sembra cogliere la singolarit di tale legame e
soprattutto la particolarit di incontrare questo verso in questo luogo del Purgatorio. Hollander lascia
comunque un punto interrogativo: "Two other poems seem to be dedicated to yet another woman,
one who may be distinct from any of the those already mentioned: "Amor che movi" ("Love, who
send down [your power from heaven]"XC) and "Io sento s d'Amor la gran possanza" ("So much
do I feel Love's mighty power"XCI). The latter is cited indirectly at Purgatorio 30.39, when Dante
sees Beatrice on the chariot: 'd'antico amor sent la gran potenza.' Is this self-citation used as self
criticism?," in Robert Hollander, Dante. A Life in Works (New Hven: Yale University Press), 42.
2. Non solo mancano le prove, ma anche l'esistenza di una tradizione d'interpretazione allegorica
della canzone complica l'identificazione. Vincenzo Pernicone riassume questa linea: "La tradizione
dell'interpretazione allegorica di Io sento s d'Amor e di Amor che movi, che fu del Witte, del Fraticelli,
del Giuliani, dello Zingarelli e di altri, stata ripresa, dopo l'edizione del Barbi, dal Mattalia, dal
Nardi e, pi recentemente, dal Foster e dal Boyde, i quali le considerano composte per la Donna
gentile-Filosofia, e anteriormente alle due canzoni dottrinali. Il Contini non nasconde le sue incer
tezze: potrebbero appartenere al gruppo delle rime per la pargoletta, ma gli pare che, specialmente
nella canzone Io sento s d'Amor si celi un sopra senso, forse allusione all'amore della sapienza" in
Enciclopedia dantesca, 3, ed. Umberto Bosco (Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana), 504. Per uno
studio completo pi recente, si veda Zygmunt G. Baranski, 11 Io sento s d'Amor la gran possanza," in
Dante Alighieri, Le quindici canzoni. Lette da diversi I, 17 (Lecce: Pensa MultiMedia Editore, 2009),
145-211.
3. Dante Alighieri, Rime, ed. Gianfranco Contini (Torino: Einaudi, 1995), 113.
4. Cfr. Baranski, "Jo sento s d'Amor la gran possanza," 154-55.
5. Sono in molti a criticare la canzone, soprattutto per la sua compattezza concettuale. Contini
insiste sulla densit: "E una canzone lenta, riflessiva, faticosa (a stento si liberano qua e l alcuni versi,
cui del resto giova l'isolamento, cos: Io non la vidi tante volte ancora Ch'io non trovasse in lei nova
bellezza), sugli effetti che nel poeta produce l'amore d'una bellissima donna" in Rime, 126). Foster
e Boyde sottolineano la mancanza di liricit: "In tone it is again weighty, unlyricaleven anti
lyricalworthy of rigidorum scolarium vel magistrorum (cf. DVE II.vi.5)," in Dante's Lyric Poetry, voi. 2.
Commentary, eds. K. Foster and P. Boyde (Oxford: Clarendon Press, 1967), 200. Mario Pazzaglia, pur
ribadendo la lentezza della canzone, rivaluta la sua importanza: "un andamento riflessivo, lento, pi
grevemente patetico, e meno originale stilisticamente e ideologicamente; interessante, tuttavia, in
quanto riprende, in una sorta di summa, i modi e le forme della tradizione" in "Due canzoni dan
tesche: Amor, che movi tua vertu da cielo e Io sento s d'Amor la gran possanza," Letture Classensi 26 (1997),
27.
6. "Che sol per lei servir mi tegno caro. / E' miei pensier', che pur d'amor si fanno, / come a lor
segno al suo servigio vanno; / per che l'adoperar s forte bramo" (Io sento s, w. 2730 ); "quanto quel
che la morte / face piacer per ben servire altrui" (Io sento s, w. 37-38); "Io son servente, e quando
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Dante Studies, CXXIX, 2011
penso a cui, / qual ch'ella sia, di tutto son contento, / ch l'uom pu ben servir contra talento" (Io
sento s, w. 43-45); "mi par di servidor nome tenere: / cos dinanzi agli occhi del parere / si fa '1 servir
merz d'altrui bontate. / Ma poi ch'i' mi ristringo a veritate / convien che tal disio servigio conti" (Io
sento s, w. 54-58).
7. "The language used in Doglia mi reca for being possessed by desireT son presa'is the
language of the lyric tradition: we remember, for instance, Giacomo's 'corno l'amor m'ha priso,'
Guido delle Colonne's 's m'ave preso e tolto,' and Dante's 'Ben verace amor quel che m'ha preso /
e ben mi stringe forte' from the canzone Io sento s d'Amor la gran possanza (33-34). It is Francesca's
language: 'Amor, ch'ai cor gentil ratto s'apprende, / prese costui' (100-101), 'Amor, ch'a nullo amato
amar perdona, / mi prese' (1034)," in Teodolinda Barolini, "Dante and Cavalcanti (On Making
Distinctions in Matters of Love): Inferno V in Its Lyric Context," Dante Studies 116 (1998), 50.
8. Cfr. Francesco Biondolillo, Le rime amorose di Dante (Messina: Casa Editrice G. D'Anna, 1960),
120-134.
9. "Le prime cinque stanze si concentrano principalmente sull'amante, come reso subito evi
dente dal fatto che Io sento s la canzone che sciorina il numero pi alto di occorrenze di 'io,' 28
contro i 14 della canz. 1, pi 21 pronomi e 38 verbi di la persona, nei soli primi 80 versi (De Robertis,
91). Inoltre, strano in un testo erotico medievale, il tono seccamente descrittivo: si potrebbe definirlo
analitico, persino oggettivo. [ . . . ] Lo scopo di Dante stendere una descriptio personae: non tanto
centrata su elementi esterni, ma focalizzata sul comportamento dell'io, sul suo stato spirituale, psicologico
e intellettuale" in Baranski, "io sento s d'Amor la gran possanza," 173.
10. "Confusione e paura insieme miste / mi pinsero un tal "s" fuor de la bocca, / al quale
intender fuor mestier le viste" (Purg. 31.13-15).
11. Si veda Lino Pertile, La puttana e il gigante. Dal Cantico dei cantici al Paradiso terrestre di Dante
(Ravenna: Longo, 1998), 24.
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