Sei sulla pagina 1di 2

Margarete Buber - Neumann, autobiografia di una donna condannata

da ogni ideologia e diventata un simbolo degli orrori del nostro secolo


di Claudio Canal

da Il Manifesto, marzo 1995

QUANTI SECOLI ci sono nel nostro secolo? Quanta storia di troppo è stata
pigiata a forza nel Novecento? A guardarlo bene, questo secolo ti appare
come un plastico della storia universale, fors'anche futura. Chi ha avuto la
ventura di percorrerne le strade può dire di essersi accostato al mistero
dell'umanità.
Margarete Thüring è una donna che ha avuto la disgrazia di non perdersi
niente della nostra epoca.

In sintesi: nasce nel 1901 in Germania, a


Potsdam, si lega al figlio del filosofo ebreo
Martin Buber. Nel '26 entra nel Partito
comunista tedesco, nel '29 si unisce a
Heinz Neumann, dirigente del partito e
poi deputato al Reichstag. Non in linea col
partito Neumann viene richiamato nel '32 a
Mosca, poi inviato in Spagna. Per un po' a
Zurigo, Parigi e infine a Mosca dove nel '37
viene arrestato. Sparisce nel nulla.
Margarete racconta questa prima parte
della sua vita in Da Potsdam a Mosca, 1957
(tradotto in italiano nel 1986 da Il
Saggiatore). Nel 1938 viene condannata
anche lei: cinque anni di lavori forzati nel
campo di Karaganda, nel Kazakistan. Con
il patto Ribbentrop-Molotov del 1940, viene consegnata, come gli altri
comunisti tedeschi, ai nazisti, che la internano nel campo di Ravensbrück.
Alle due concentrazioni dedica il volume Prigioniera di Stalin e Hitler,
1948 (ora tradotto da Marisa Margara).

A Ravensbrück conosce Milena Jesenská, la destinataria di tante lettere di Kafka:


"Milena: che impara di continuo sulla sua pelle che gli altri si possono salvare
con il proprio esserci, e con nient'altro". Margarete dedica a questa straordinaria
amica il libro Milena L'amica di Kafka, 1963 (uscito nel 1986 da Adelphi). Muore il 6
novembre 1989 mentre crollano muri e imperi.

Margarete non ha il dono della scrittura letteraria. Per fortuna. Non commuove con
l'immagine azzeccata, il ritmo incalzante, l'intonazione grave. La sua narrazione ha lo
stesso colore livido e un po' mosso di un video girato da un dilettante che si trovi a
testimoniare la tragedia. C'è naturalmente tutto l'orrore delle
memorie dei sopravvissuti e l'esperienza di ciò che è
incredibile. Ma essenzialmente la sua attraversata del
Novecento è in funzione di verità. Non solamente dopo, a
concentramento finito, per convincere che lager e gulag erano
matrici di storia europea, ma soprattutto durante. A Karaganda
la sua verità è una menzogna per le "asociali" che vedono in lei
solo una tedesca che sparla della loro grande patria, è una
bestemmia per le comuniste deportate perché sono convinte di
essere cadute in una trappola, in un infame equivoco che un
giorno il compagno Stalin rivelerà colpendo i colpevoli. Come
scriverà Evtusenko "Molti, tornando alle torture,
scrivevano col sangue sui muri delle loro celle 'Viva
Stalin'". A Ravensbrück Margarete è una "comunista sovietica"
per tutti e una maledetta trotzkista per le comuniste recluse,
che infatti la "processano" e la mettono al bando.

E' ostica la verità che questa donna incarna e racconta. Anche adesso. Il treno che da
Karaganda l'ha portata a Ravensbrück, con il passaggio delle consegne a Brest Litovsk tra
Nkvd e Gestapo, è qualcosa di più di un tragitto geografico e personale. E' un incubo
storico perché stabilisce un contatto e un riconoscimento tra due forme di organizzazione
sociale che avrebbero dovuto essere antagoniste, invece di intersecarsi fluidamente.

Margarete esibisce l'unico punto di vista ineccepibile, quello della vittima che vede e
capisce. Non è re/visionismo il suo, è visione di ciò che è nella ineluttabile potenza della
sofferenza. Una par condicio di cui milioni di persone avrebbero fatto volentieri a meno.
"Da quel che dice pare quasi che Stalin non sia poi tanto diverso da Hitler. La
pensa veramente così?' mi chiese, quasi reclamando una mia smentita. 'Sì, è
proprio così. A mio parere, le efferatezze di Hitler e quelle di Stalin si
distinguono unicamente per una tenue sfumatura. Comunque, il comunismo in
sé mi sembra un'idea positiva, a differenza del nazionalsocialismo, che sin dai
suoi esordi ha manifestato radici, motivazioni e programmi criminali. Non so se
l'errore si nasconda nell'ideologia o nella teoria comunista, oppure se sia stata
la sua applicazione politica da
parte di Stalin a tradire la bontà
dell'idea originale, stabilendo in
Unione Sovietica una sorta di
fascismo'".

Così a pagina 374, cioè alla fine del


racconto dell'agonia e dello sterminio.
"Dio, se potessi essere morta
senza dover morire". Se si
riescono a prendere le distanze dal
dolore esumato da questo libro, se
ne possono anche dedurre
conoscenze che appartengono
all'ordine della ricostruzione storica. . C'è quella che le storiche chiamano la herstory, non
solo nell'amicizia fra Margarete e Milena, ma in tutti i rapporti tra donne, le gerarchie
femminili interne ed esterne, le carnefici, i figli, le diverse vulnerabilità, i maschi dei
campi. C'è un racconto diretto delle deportate zingare e, soprattutto, delle Testimoni di
Geova che sono state deportate anche dalle memoria (Approfitto per segnalare, in
proposito, S. Graffàrd, L. Tristan, I Bibelforscher e il nazismo (1933-1945 /, Ed. Tiresias,
Parigi, 1994).

In ultimo, non sfugge a Margarete il ruolo


economicamente "produttivo" del bestiame umano
smistato e messo al lavoro nei gulag staliniani e nei
lager nazisti.. Nei primi questo serbatoio di schiavi
"contribuì ad erigere l'industria sovietica, alla
bonifica di immense lande desertiche,
all'estrazione delle ricchezze minerarie e a
collegare il paese con una poderosa rete
ferroviaria e fluviale; l'apporto di questi
disgraziati al presunto balzo economico del
gigante sovietico è ancora oggi incalcolabile",
nei secondi "le SS cominciarono ad affittare
dietro compenso le prigioniere come braccianti
agricole ai proprietari terrieri del Meclenburgo,
mentre altre furono destinate alla coltivazione
di orti o alla costruzione di strade. A poco a
poco noi deportare finimmo per assumere un
ruolo chiave nell'industria bellica tedesca". Gli
ebrei, gli zingari, gli omosessuali erano stati internati
a causa del loro corpo, della loro "biologia razziale", Margarete, come Milena, per la loro
mente refrattaria. Grazie a questa anche noi possiamo attraversare il secolo Novecento.

Potrebbero piacerti anche