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Itinerari della giurisprudenza

Disposizioni in tema di fine vita:


unanalisi comparata
della giurisprudenza
a cura di Elena Falletti
Ancora in attesa della promulgazione di una disciplina legislativa in Italia, il dibattito giurisprudenziale sulle disposizioni di fine vita prosegue anche allestero. In questo contributo, da un lato, alla luce di una prospettiva di diritto nazionale, si analizzano le decisioni amministrative inerenti la vicenda Englaro, nonch
levoluzione della giurisprudenza in materia di amministrazione di sostegno. Dallaltro lato, si esaminano
le sentenze pi recenti della giurisprudenza della Corte di Strasburgo e comparata.

Il caso Englaro

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La disciplina della manifestazione delle direttive anticipate di trattamento sanitario in vista delle decisioni di fine vita non ha ancora trovato una soluzione legislativa, rimanendo
nellalveo giurisprudenziale nonostante siano trascorsi alcuni anni dalle controverse decisioni che divisero lopinione pubblica quali le vicende, tra le pi note, di Piergiorgio Welby ed Eluana Englaro.
Nonostante la tragica conclusione avvenuta con la morte, conseguente alla sospensione
dellidratazione e alimentazioni artificiali, la vicenda Englaro ha conosciuto strascichi giudiziari.
Nello specifico si trattato di un contenzioso articolato sotto due profili:
a) sulla legittimit della nota della Regione Lombardia , impugnata davanti al T.A.R. dal
padre, tutore di Eluana Englaro, con la quale il Direttore Generale della Direzione Generale Sanit respingeva la richiesta, formalmente presentata con diffida del 19 agosto 2008,
affinch la Regione mettesse a disposizione una struttura per il distacco del sondino naso-gastrico che la alimentava e idratava artificialmente in stato di coma vegetativo permanente, seguito delle note vicende giudiziarie culminate nella sentenza della Cass. 16
ottobre 2007, n. 21748.
b) sulla condanna della Regione Lombardia emanata dal T.A.R. Milano Lombardia a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali ai familiari di Eluana Englaro per la summenzionata decisione di impedire linterruzione dei trattamenti di sostegno vitale da parte delle
autorit lombarde. Limpugnazione di tale decisione pendente di fronte al Consiglio di
Stato al momento in cui si scrive.
Per quanto concerne il primo profilo, il provvedimento emanato dalla Regione Lombardia
si fondava su due elementi: da un lato, che le strutture sanitarie, compresi gli hospice,
hanno quale compito istituzionale la cura diagnostico-assistenziale dei pazienti e in queste sedi deve essere sempre garantita lassistenza di base, cio la nutrizione, lidratazione e laccudimento delle persone. Dallaltro lato, qualora gli operatori medici e infermieristici, operanti in una delle suddette strutture sanitarie, sospendessero alimentazione e
idratazione artificiali, violerebbero i loro obblighi professionali e di servizio.
Il T.A.R. stabiliva la propria giurisdizione, affermando che la tutela del diritto fondamentale alla salute spettava anche alla giurisdizione amministrativa nel caso avesse dovuto
misurarsi con lesercizio di un potere autoritativo da parte dellamministrazione sanitaria,
la quale lo avesse esercitato illegittimamente. Per quanto concerne il merito, il T.A.R.
lombardo asseriva che il provvedimento regionale impugnato era lesivo del diritto costituzionale del rifiuto di cure, riconosciuto quale diritto di libert assoluto dalla citata sent.
n. 21748/2007, secondo la quale il cui dovere di rispetto si impone erga omnes, nei confronti di chiunque intrattenga con lammalato il rapporto di cura, non importa se operante allinterno di una struttura sanitaria pubblica o privata (T.A.R. Lombardia 26 gennaio
2006, n. 214). Ne conseguiva che il paziente il quale avesse rifiutato siffatte cure, e tra
queste vanno annoverate anche lalimentazione e lidratazione artificiale, avrebbe diritto
che gli siano prestate tutte le misure stabilite dagli standard scientifici internazionali atti
a garantire alla persona un adeguato e dignitoso accudimento accompagnatorio durante tutto il periodo successivo alla sospensione del trattamento di sostegno vitale, rien-

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trando ci a pieno titolo nelle funzioni amministrative di assistenza sanitaria (T.A.R.
Lombardia 26 gennaio 2006, n. 214). Inoltre, lAmministrazione sanitaria, in ossequio ai
principi costituzionali di legalit, buon andamento, imparzialit e correttezza, tenuta a
indicare al paziente, ovvero al suo tutore, la struttura sanitaria idonea secondo i requisiti
strutturali, tecnologici e organizzativi, agli interventi e alle prestazioni strumentali al rifiuto delle cure.
La paziente si spegneva a Udine il 9 febbraio 2009, ci nonostante la Regione Lombardia
impugnava la sentenza del T.A.R. lombardo. Le doglianze della Regione Lombardia rilevanti per questa materia erano le seguenti:
a) sussistenza dellinteresse ad agire , nonostante la morte della persona interessata dal
provvedimento impugnato. A questo proposito, si sottolinea che la Regione Lombardia
sosteneva la titolarit dellinteresse, e quindi della legittimazione ad impugnare, nonostante la morte della paziente, affinch venisse definitivamente accertata la legittimit
del provvedimento amministrativo che respingeva listanza di sospensione dei trattamenti, esercitando un vero e proprio potere discrezionale inteso a definire e ad affermare
che la prestazione richiesta esulerebbe dal novero dei compiti da essa legittimamente
eseguibili. Il Consiglio di Stato ha affermato sul punto che anche a voler tacere della
perdurante utilit di una pronuncia ai soli eventuali fini risarcitori, linteresse della Regione sussisteva senza dubbio quanto meno morale, ad una decisione, nel presente giudizio di appello, sul corretto o non corretto agire della Regione in una vicenda tanto peculiare e delicata sul piano del rapporto tra pretesa del privato e pubblico interesse (Cons.
Stato, Sez. III, 2 settembre, n. 4460).
b) natura di trattamenti terapeutici di idratazione e alimentazione artificiale. Sul punto, i giudici di Palazzo Spada confermavano quanto stabilito dal T.A.R. lombardo sulla natura di
trattamenti medici di alimentazione e idratazione artificiale, aggiungendo che inserimento, il mantenimento e la rimozione del sondino naso-gastrico o della PEG sono dunque atti medici, previsti e attuati nellambito e in funzione di una precisa e consapevole
strategia terapeutica adottata con il necessario consenso del paziente (Cons. Stato,
Sez. III, 2 settembre n. 4460). Le argomentazioni dei supremi giudici amministrativi sottolineavano che altrimenti agendo la Regione avrebbe imposto una visione assolutizzante e autoritativa della cura sostituendosi alla volont del paziente e al suo fondamentale e incomprimibile diritto di autodeterminazione terapeutica, quale massima espressione
della sua personalit. Veniva infatti rimarcato che il diritto alla salute presenta, come
tutti i diritti, un aspetto negativo che consiste nel diritto di perdere la salute, di ammalarsi, di non curarsi, di vivere le fasi finali della propria esistenza secondo canoni di dignit umana propri dellinteressato, finanche di lasciarsi morire (Cons. Stato, Sez. III, 2 settembre n. 4460).
molto interessante, e finanche attuale, il proseguimento del ragionamento giuridico dei
magistrati amministrativi secondo cui la cura non consiste in un principio autoritativo,
imposto dal medico sulla base del suo esclusivo sapere specialistico o della struttura sanitaria, ma va declinata secondo la tutela del valore-persona, alla luce delle tutele costituzionali che proteggono i bisogni, le aspettative e la concezione stessa della vita che
caratterizza il paziente. Tuttavia il Consiglio di Stato sottolineava una importante distinzione, essenziale di questi tempi di sfiducia nella scienza e nella medicina ufficiali, ribadendo che (C)i non deve naturalmente comportare un pericoloso soggettivismo curativo o un relativismo terapeutico nel quale cura tutto ci che il singolo malato vuole o
crede, perch nellalleanza terapeutica e resta fondamentale linsostituibile ruolo del
medico nel selezionare e nellattuare le opzioni curative scientificamente valide e necessarie al caso. Pertanto, (A) fronte del diritto, inviolabile, che il paziente ha, e - nel caso
di specie - si visto dal giudice ordinario definitivamente riconosciuto, di rifiutare le cure,
interrompendo il trattamento sanitario non (pi) voluto, sta correlativamente lobbligo,
da parte dellamministrazione sanitaria, di attivarsi e di attrezzarsi perch tale diritto possa essere concretamente esercitato (Cons. Stato 2 settembre 2014, n. 4460, cit.).
c) responsabilit penale del personale medico che proceda materialmente allinterruzione
dei trattamenti di sostegno vitale. A questo proposito, il Consiglio di Stato si espresso
favorevolmente sullapplicazione della scriminante ai sensi dellart. 51 c.p. alla condotta
di sospensione di alimentazione e idratazione artificiali perch posta in essere in ossequio ai superiori precetti costituzionali e pertanto doverosa. Ci nonostante i giudici di
Palazzo Spada hanno fatto presente lurgenza di un intervento legislativo che dissipi tutte
le contestazioni sorte, anche sul piano penalistico in obbedienza al principio di non contraddizione dellordinamento, che da un lato non pu consentire il diritto di rifiutare le cure e dallaltro incriminare il soggetto che materialmente ponga in essere la condotta interruttiva dellidratazione e alimentazione artificiale.

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d) obiezione di coscienza. A questo proposito, i supremi giudici amministrativi affermavano che essa non ammissibile perch da un lato sussiste lobbligo di facere in capo allAmministrazione, il quale discende dalladempimento di un indefettibile dovere solidaristico, che impone allo Stato e, quindi, allamministrazione sanitaria di aiutare la persona
a rimuovere gli ostacoli di fatto, di ordine fisico o psichico, che non le consentono di realizzare pienamente la sua personalit, anzitutto nel suo percorso di sofferenza, anche attraverso il rifiuto e linterruzione di cure non avvertite pi rispondenti alla visione della
propria vita e della propria dignit. Dallaltro lato detto obbligo scaturisce dallespressa
volont di interrompere il trattamento sanitario, manifestato dal malato, e quindi nellattuazione dellinviolabile principio personalistico (Cons. Stato 2 settembre 2014, n. 4460
cit.).
A seguito di tale pronuncia del Consiglio di Stato, il caso nuovamente tornato di fronte
al T.A.R. Milano Lombardia, poich il ricorrente, padre della persona al centro di questa
triste e nota vicenda, ha chiesto sia in proprio sia in qualit di tutore della figlia, la condanna della Regione Lombardia al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, derivanti dagli atti annullati con sentenza del T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 26
gennaio 2009, n. 214, come confermata dal Cons. Stato, Sez. III, 2 settembre 2014, n.
4460.
Il Tribunale amministrativo regionale lombardo adito ribadisce che il provvedimento impugnato aveva illegittimamente violato il diritto costituzionale della paziente, riconosciutigli sia di fronte ai giudici ordinari sia di fronte a quelli amministrativi. Tuttavia, in via preliminare, il T.A.R. dichiara inammissibile lazione proposta dal padre in qualit di tutore
della figlia, in quanto la donna deceduta e pertanto venuta meno la sua legittimazione ad agire, mentre sussiste la legittimazione ad agire del padre in nome e per conto
proprio. Pertanto, il T.A.R. valuta nel merito listanza e la ritiene accoglibile poich sussistono tutti gli elementi costitutivi della responsabilit in capo alla pubblica amministrazione. I giudici amministrativi evidenziano che la responsabilit civile della P.A., rispetto
alla responsabilit civile tout court, presuppone che il comportamento illecito si inserisca
nellambito di un procedimento amministrativo. Infatti, quando essa discende da un
provvedimento illegittimo, risponde a un modello speciale non riconducibile ai modelli di
responsabilit che operano nel settore del diritto civile. Nel caso specifico, il fatto lesivo
e la sua ingiustizia consistono nellaver impedito che lautorizzazione alla sospensione
della idratazione e alimentazioni artificiali (emanata dalla Corte dAppello di Milano, 9 luglio 2008, in ossequio alla sentenza della Cass. n. 21748/2007) venisse portata a compimento. Al contrario, lamministrazione, in ossequio al principio di legalit, deve osservare
predefinite regole, procedimentali e sostanziali, che scandiscono le modalit di svolgimento della sua azione (art. 97 Cost.) (T.A.R. Lombardia Milano, Sez. III, 6 aprile 2016,
n. 650). Alla luce di ci possibile stabilire la sussistenza del nesso di causalit, in
quanto linottemperanza al giudicato civile prima, ed a quello amministrativo poi, ha determinato la protrazione di uno stato vegetativo permanente in capo al soggetto interessato e contro la sua volont, con tutte le conseguenza che ne sono derivate (T.A.R.
Lombardia Milano, Sez. III, 6 aprile 2016, n. 650). Pertanto, il T.A.R. ha quantificato il
danno subito dal ricorrente come segue: 12.965,78 euro per quel che concerne il danno
patrimoniale, mentre per il danno non patrimoniale, il ricorrente si visto riconoscere
tanto il diritto al risarcimento in nome proprio per la subita lesione del rapporto parentale, quanto in qualit di erede, per quel che concerne la lesione al diritto fondamentale di
autodeterminazione sul trattamento medico cui sottoporsi. Questa duplice valutazione
della liquidazione del danno non patrimoniale avviene in via equitativa, tenendo conto da
un lato del rifiuto doloso della Regione di ottemperare le decisioni scaturite dalla svariate
iniziative giudiziarie del ricorrente, sia dal lungo periodo di tempo intercorso tra il decreto
del 2008 e leffettiva interruzione delle cure in altra Regione. Tali voci vengono risarcite rispettivamente con 20.000 euro a titolo ereditario e 30.000, a titolo di danno per lesione
dei diritti fondamentali. Non viene riconosciuto il necessario nesso di causalit tra la condotta dellamministrazione e le condotte lamentate al fine di veder riconosciuto il danno
morale soggettivo del ricorrente, mentre il risarcimento del danno per la lesione del rapporto parentale viene liquidato in 100.000 euro. La Regione Lombardia ha impugnato
questa sentenza di fronte al Consiglio di Stato e la decisione ancora pendente.
Amministrazione
di sostegno e direttive
anticipate di trattamento

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Negli anni scorsi, una corrente giurisprudenziale di merito aveva sostenuto la legittima
ammissibilit dellamministrazione di sostegno, istituto disciplinato dalla legge 9 gennaio
2004, n. 6, per dar corso alla manifestazione delle direttive anticipate di trattamento nel
caso in cui il beneficiario si fosse trovato in condizioni di fine vita, ma che si trovasse ancora in perfetta salute nel momento della nomina dellamministratore di sostegno (Trib.
Modena 5 novembre 2008, in Dir. fam. e pers., 2009, 277; Trib. Modena 23 dicembre

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2008, ivi, 2009, 699; Trib. Cagliari 22 ottobre 2009, in Fam. e dir., 2010, 161; Trib. Firenze 22 dicembre 2010).
La giurisprudenza di legittimit ha escluso questa ipotesi, affermando che nominare un
amministratore di sostegno ora per allora viola la ratio della normativa poich non
ammissibile la domanda presentata al giudice ordinario da parte del soggetto mentalmente lucido, pienamente capace di intendere e di volere allepoca della proposizione
dellistanza, che, al fine di dare attuazione proprio alle direttive anticipate di trattamento
sanitario, pretenda gi a monte la nomina dellamministratore di sostegno prima ancora
che si verifichi limprevedibile evento di perdita di capacit dagire. Il codice civile stabilisce infatti che lamministratore di sostegno nominato dal giudice, per mezzo di apposito decreto, entro sessanta giorni dalla data di presentazione di relativa richiesta. Questa
istanza potr tuttavia essere presentata soltanto nel momento in cui levento inabilitante
dovesse effettivamente verificarsi, non prima (Cass., Sez. I, 20 dicembre 2012, n.
23707).
Tuttavia, la S.C. ha affermato che in casi eccezionali di confermata gravit, latto di designazione previsto dallart. 408, comma 1, c.c. pu contenere, oltre la designazione, anche le direttive anticipate di trattamento. Tale atto orienta lintervento del medico e impone al giudice di attribuire allamministratore di sostegno poteri funzionali ad attuare le direttive, purch queste siano ancora attuali. Ci nonostante, la persona nella piena capacit psicofisica non legittimata a proporre il ricorso per la nomina dellamministratore
di sostegno, occorrendo, ai sensi dellart. 404 c.c. lattualit dello stato di incapacit.
La giurisprudenza di merito si parzialmente discostata da questo principio, interpretandolo nel senso che la nomina di un amministratore di sostegno non deve necessariamente essere contestuale al manifestarsi dellesigenza di protezione del soggetto, ben
potendo essere disposta anche a favore di chi, nellimmediato futuro, assai plausibilmente verserebbe altrimenti in infermit tale da renderlo incapace di provvedere ai propri interessi (Trib. Modena, Sez. II, 10 dicembre 2015). In particolare, questo orientamento
giurisprudenziale sottolinea che una formalistica soluzione ermeneutica non potrebbe risultare equa. Perci, si ritenuto che la disciplina normativa in tema di protezione mite
del disabile introdotta dalla L. n. 6 del 2004 vada intesa in termini che consenta alla finalit che ha presieduto alla sua introduzione nellordinamento; ovvero, quella di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia nellespletamento delle funzioni
della vita quotidiana (art. 1) (Trib. Modena 1 luglio 2015). Specie in situazioni dove
viene temuto il procrastinarsi del c.d. accanimento terapeutico in caso di ricadute o malattie croniche invalidanti, lamministrazione di sostegno parrebbe essere una soluzione
che consente il rispetto e la piena attuazione delle palesate volont in materia medico sanitaria come consacrate nel documento sottoscritto e depositato dal paziente (Trib. Modena 1 luglio 2015, cit.)
La soluzione giuridica proposta dalla giurisprudenza di merito, seppur localmente circoscritta, quindi si manifesterebbe come segue: in presenza di situazioni personali patologiche in atto, ovvero ancora in fieri ma gi ben presenti e riscontrate clinicamente, pu
essere ammessa la nomina di amministrazione di sostegno nei termini sopra delineati.
Al contrario quando presente la piena sanit di corpo e di mente del ricorrente-beneficiario, non affetto da patologie clinico-psichiatrico di sorta, il quale intenda con una iniziativa giudiziaria di nomina di amministrazione di sostegno sopperire al completo vacuum normativo esistente nellordinamento giuridico interno in tema di direttive anticipate di trattamento, non pu essere legittimato laccoglimento della richiesta di nomina in
previsione futura, a fronte del trasparente ed ostativo dato normativo. (Trib. Modena 10
dicembre 2015, cit.)
Giurisprudenza
della Cedu:
Koch c. Germania

Nel tempo la Corte europea dei diritti umani ha giudicato diversi casi inerenti il tema del
fine vita, come i notissimi Pretty c. Regno Unito, risalente al 2002, Glass c. Regno Unito
del 2003, Rossi c. Italia, del 2008, relativo alla vicenda di Eluana Englaro.
Pi recentemente, la Corte di Strasburgo ha nuovamente affrontato il tema inerente alle
scelte di fine vita, nello specifico la richiesta di aiuto nel suicidio, con la vicenda Koch . Il
ricorrente vedovo di una paziente tetraplegica a seguito di una caduta dalle scale. La
donna, quindi, era in grado di intendere e di volere, ma era incapace completamente di
muoversi ed era collegata con un respiratore artificiale. Considerata la sua vita come
non degna di essere vissuta la signora aveva fatto istanza alle autorit tedesche affinch
le venisse somministrato una dose di farmaco letale al fine di porre termine alla sua esistenza presso il proprio domicilio. Le autorit sanitarie si rifiutarono in ottemperanza dellart. 2.2 della Grund Gesetz sulla tutela della vita, nonch sulla base della legge allora vigente in materia di somministrazione dei narcotici, secondo la quale i farmaci potevano
essere erogati solo per curare ed in supporto alla vita, non per agevolare il suicidio. Nel

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motivare il rifiuto le autorit altres richiamavano lart. 8 Cedu, in quanto esso non poteva
essere invocato per imporre agli Stati contraenti obblighi positivi in aiuto al suicidio, come gi affermato nella sentenza Pretty. La donna in ogni caso poneva fine alla sua vita
presso la clinica Dignitas. In seguito, il marito contest presso le Corti tedesche il rigetto
della richiesta di farmaci del Bundesinstitut fr Arzneimittel. I giudici dichiararono inammissibile listanza sia perch il ricorrente non era titolare del presunto diritto vantato, sia
perch non erano stati violati i diritti della defunta. Il signor Koch quindi si rivolse alla Cedu affermando da un lato che era stato violato il diritto alla morte dignitosa della moglie,
diritto argomentato principalmente sullart. 8 Cedu e dallaltro lato veniva contestata la
violazione dellart. 13 Cedu da parte dello Stato tedesco poich nellordinamento nazionale non vi erano strumenti giuridici per rendere effettivo il diritto rivendicato. La Corte
ha dichiarato in un primo tempo la causa ricevibile, ma successivamente ha dato torto al
ricorrente. A questo proposito, la Corte ha affermato che questo uno dei casi in cui allo
Stato membro riconosciuto un significativo margine di apprezzamento. Infatti, la ricerca comparatistica evidenzia che la maggioranza degli Stati aderenti alla Convenzione
EDU non consentano alcuna forma di assistenza al suicidio, mentre solo quattro Stati
consentono al personale sanitario di prescrivere farmaci letali al fine di permettere ai pazienti di porre termine alla loro vita. Ne consegue che al ricorrente non riconosciuta la
legittimazione ad agire per dolersi della asserita violazione ex art 8 Cedu subita dalla moglie per la natura non trasferibile di questi diritti. La Corte tuttavia conclude che il ricorrente avrebbe potuto dolersi della violazione ex art. 8 Cedu in merito al mancato rispetto
della propria vita privata a causa del rifiuto delle autorit nazionali di prendere in considerazione il suo ricorso (Cedu 19 luglio 2012, Koch contro Germania, ric. n. 497/09). In
Germania, il suicidio assistito stato recentemente disciplinato con una nuova fattispecie, introdotta nel par. 217 del codice penale tedesco (Strafgesetzbuch). Tale norma punisce con pena pecuniaria ovvero la reclusione fino a tre anni chi assiste in modo organizzato o permanente, anche con offerte sul mercato a scopo di lucro o su base associativa, lassistenza al suicidio, mentre al singolo medico viene lasciata libert di coscienza
da valutarsi caso per caso. I contrari a questa disposizione hanno presentato ricorso costituzionale al Bundesverfassungsgericht, il quale, con decisione dell8 gennaio 2016, ha
rigettato listanza cautelare sospensiva della vigenza del riformato par. 217. Questa pronuncia sommaria non consiste in una valutazione nel merito della costituzionalit della
norma contestata, che avver in futuro, ma riguarda esclusivamente un bilanciamento
sommario tra gli interessi che il Parlamento ha inteso proteggere con gli eventuali pregiudizi sofferti dai ricorrenti, tra questi la nota associazione Vereins Sterbehilfe Deutschland e.V. (BVerfG, 21 dicembre 2015-2 BvR 2347/15).
Lambert contro Francia

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Si tratta di un caso con molte affinit con la vicenda di Eluana Englaro e che ha aperto
un dibattito assai acceso in Francia. I ricorrenti sono i genitori e due parenti di Vincent
Lambert, un cittadino francese gravemente ferito in un incidente stradale nel settembre
2008, con un trauma cranico che lo ha reso tetraplegico e non autosufficiente, alimentato e idratato artificialmente attraverso un sondino gastrico. Dal 2011 gli stato diagnosticato uno stato di coscienza minimale mentre nel 2014 stato dichiarato in stato vegetativo permanente. Tuttavia, sin dal 2012 i ricorrenti affermano che il paziente interagisce
e scambia segnali con loro, ma dai primi mesi del 2013 lo staff medico, con laccordo
della moglie del paziente Rachel Lambert, ha iniziato la procedura prevista dalla legge
francese del 22 aprile 2005, conosciuta come Loi Leonetti che consente la sospensione
dei trattamenti cc.dd. salvavita. Tale procedimento stato completato il 10 aprile
2013. I ricorrenti si sono opposti di fronte al Tribunale amministrativo di Chlons-enChampagne chiedendo il ripristino dellalimentazione e idratazione artificiale e di tutte le
somministrazioni farmaceutiche adeguate alle sue condizioni. A seguito di ci, e nonostante lo svolgimento di una procedura collegiale tra membri della famiglia ed personale
medico, si svolta una dura vicenda giudiziaria finita davanti prima al Consiglio di Stato
francese e poi di fronte alla Corte di Strasburgo. Il Conseil dEtat ha stabilito che la Loi
Leonetti sia applicabile al caso in esame e che lidratazione e lalimentazione artificiale
siano tra i trattamenti che possono essere sospesi in caso di accanimento terapeutico.
Inoltre ha ordinato un approfondimento dellistruttoria sullo stato di salute di M. Lambert. Espletata tale indagine, il Consiglio di Stato ha affermato che lanalisi eseguita dal
medico curante non era errata sia sotto il profilo diagnostico, sia sotto il profilo della ricostruzione della volont del paziente, che, come riferito dalla moglie, aveva pi volte
espresso il desiderio di non essere tenuto in vita artificialmente. Pertanto, il Consiglio di
Stato aveva concluso che fossero state soddisfatte tutte le condizioni previste dalla Loi
Leonetti e, quindi, che la decisione dell11 gennaio sulla sospensione dellalimentazione
e idratazione artificiali di Vincent Lambert non potesse essere ritenuta illegale. Di fronte

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a questa decisione i genitori e due fratelli di Vincent Lambert hanno promosso ricorso ex
art. 39 Cedu di fronte alla Corte europea dei diritti umani, che si espressa in sede di
Grande Camera, sulla violazione degli artt. 2, 3 e 8 Cedu.
In riferimento allart. 2 Cedu, in questa sentenza, la Grande Camera ha rilevato che al
momento da un lato non sussista un consenso condiviso tra gli Stati membri in merito
allinterruzione dei trattamenti di sostegno vitale, mentre dallaltro lato esista un consenso, nonostante le divergenze sulla disciplina, in materia del rispetto della volont del paziente nei processi decisionali. Pertanto, il margine di apprezzamento degli Stati deve
considerare non soltanto lautorizzazione o meno alla sospensione dei trattamenti di sostegno vitale, ma prevedere nel dettaglio la procedura che disciplina siffatta sospensione
nel bilanciamento tra la protezione del diritto alla vita del paziente e il diritto al rispetto
della sua vita privata e della sua autonomia decisionale personale. Nel caso in questione
la Corte ha affermato che la Loi Leonetti francese, come interpretata dal Conseil dEtat e
la procedura decisionale meticolosamente condotta siano compatibili con lart. 2 Cedu
poich gli interessi e i punti di vista di tutti i soggetti coinvolti sono stati presi in considerazione sotto i profili legale, medico ed etico. Perci non vi stata alcuna violazione dellart. 2 Cedu da parte delle autorit francesi e, infine, la corte ha dichiarato assorbito il
motivo di ricorso fondato sullart. 8 Cedu e manifestamente infondati quelli inerenti allart. 6 Cedu (Cedu, Grande Camera, 5 giugno 2015, Lambert e al. v. Francia, ric. n.
46043/14).
Tuttavia, la controversia non pu ancora dirsi conclusa poich i genitori del Lambert,
contrari alla sospensione dei trattamenti vitali, hanno intrapreso un nuovo contenzioso
giudiziario sulla rappresentanza legale del loro familiare nei procedimenti che lo riguardano. Tale rappresentanza stata assegnata in capo alla moglie del paziente, ma la decisione stata appellata dagli suoceri per lasserita sussistenza di un conflitto di interessi della signora, parte in causa nella complessa vicenda.
Giurisprudenza
comparata europea

Nel Regno Unito, la materia considerata nella prospettiva della somministrazione delle
cure ad un paziente in grado di manifestare un consenso informato. Al paziente capace
di intendere e volere si riconosce il diritto di rifiutare il trattamento salvavita (In Re T
(Adult: Refusal of Treatment) [1993] Fam 95). In caso di paziente incapace, la materia
regolata dal Mental Capacity Act 2005. Secondo tale disciplina, la Court of Protection ha
dismesso listanza presentata dal Kings College Hospital per somministrare trattamenti vitali a una signora di mezza et affetta da cancro al seno. La donna stata descritta come impulsiva e egocentrica con un carattere deciso e senza ripensamenti. A seguito di
un tentativo di suicidio, la signora venne ricoverata presso il Kings College Hospital, dove
i sanitari tentarono di arginare il peggioramento delle sue funzioni vitali sottoponendola
a dialisi e somministrandole farmaci, terapie rifiutate dalla paziente. Sottoposta a consulenza tecnica psichiatrica, gli esperti affermarono che la paziente non aveva la capacit
di intendere e volere sufficiente per autodeterminarsi. Alla luce di ci, il personale del
Kings College Hospital ha promosso la causa in esame ai sensi del Mental Capacity Act
2005 affinch venisse sottoposta a tutela impedendole di lasciare lospedale, tuttavia il
giudice ha rigettato tale istanza poich secondo il suo giudizio le prove dellincapacit
mentale della paziente apportate dai ricorrenti non erano sufficienti. Ulteriormente, il giudicante ha affermato che non sia sufficiente adottare un comportamento non conforme
ai canoni condivisi dalla societ, per quanto bizzarro o incomprensibile, per giudicare la
persona incapace. Concludeva il giudice che, ai sensi delle disposizioni del Mental Capacity Act 2005, la paziente era in possesso della capacit di accettare o rifiutare il trattamento sanitario sulla base di ci che importante per lei, tenendo conto della sua personalit e dei suoi valori, senza conformarsi alle aspettative sociali ovvero di cosa consista
la decisione normale in situazioni analoghe a questa, nel rispetto della sua volont sovrana sul suo corpo e sulla sua mente (Kings College Hospital NHS Foundation Trust
v C & Anor [2015] EWCOP 80 (30 november 2015)).
Altres di fondamentale importanza la decisione della Supreme Court of United Kingdom in materia di suicidio assistito. Essa ha collegato il merito con argomentazioni sulle
reciproche competenze, gerarchia delle fonti e rapporti tra diritto interno e diritto CEDU.
Si tratta di una duplice istanza: da un lato vi la richiesta di due pazienti sofferenti simili
patologie irreversibili: Mr Nicklinson patisce i postumi di un ictus che lo ha reso completamente paralizzato tranne che per la possibilit di muovere la testa e gli occhi mentre
Mr Lambs pu muovere la sola mano destra. Entrambi richiedono aiuto nel suicidio assistito. Dallaltro lato vi listanza di Mr Martin che, a seguito della sua malattia incurabile,
chiede di essere aiutato ad espatriare in Svizzera per porre termine ai suoi giorni presso
la clinica Dignitas. In queste tre situazioni la Corte Suprema del Regno Unito chiamata
a verificare la presunta incompatibilit della disciplina inglese vigente, pur in considera-

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zione dellampio margine di apprezzamento dello Stato nazionale, in materia di suicidio
assistito in relazione con lart. 8 CEDU sulla tutela della vita privata nel diritto di autodeterminazione. La Supreme Court of United Kingdom riconosce che seppure i giudici inglesi debbano far riferimento allo Human Rights Act 1998 nel determinare se il divieto sul
suicidio assistito sia compatibile con larticolo 8 della CEDU, tuttavia affermano la preminenza del potere legislativo del Parlamento (inglese) poich questo pi democratico e
aperto al dibattito, pertanto maggiormente legittimato a decidere la materia e le corti nazionali sono tenute a rispettare la deliberazione parlamentare. Il punto riguarda proprio
quale organo (Corte europea e la sua giurisprudenza da un lato, Parlamento nazionale
dallaltro) sia in grado di ponderare meglio il bilanciamento tra autonomia privata e tutela
della vita, in particolare relativamente a situazioni in cui si possono trovare persone anziane, deboli e fragili, che vanno protette da rischi di pressioni, le quali non possono mai
essere del tutto eliminate. Il Parlamento inglese, dunque, lorgano legittimato in quanto
organo costituzionale rappresentativo, ci per tre motivi: a) la questione coinvolge una
scelta tra due diritti fondamentali moralmente contrapposti: la sacralit della vita e il principio di autodeterminazione, entrambi tra i valori maggiormente e socialmente condivisi
nella societ inglese; b) il Parlamento ha gi effettuato scelte rilevanti di siffatta natura
negli anni precedenti (e la Corte suprema sottintende che non vede il motivo di sottrargli
questa specifica materia); c) Il processo legislativo parlamentare il miglior strumento,
rappresentativo e democratico, per risolvere questioni fattuali controverse e complesse
che presentano dilemmi sociali e morali che consentono a tutte gli interessi e le opinioni
di prendere parte alla discussione pubblica e venire considerate (R (on the application
of Nicklinson and another) (Appellants) v Ministry of Justice (Respondent); R (on
the application of AM) (AP) (Respondent) v The Director of Public Prosecutions (Appellant) [2014] UKSC 38 (25 June 2014)).
In Belgio, leutanasia diventata legale con la L. 28 maggio 2002. Detta legge stata
modificata il 28 febbraio 2014 con lestensione di tale possibilit ai pazienti terminali minorenni che manifestino capacit di discernimento. Con decisione del 29 ottobre 2015,
la Cour Constitutionnelle ha dichiarato conforme alla costituzione siffatta modifica legislativa. Secondo la Corte, il medico non pu praticare leutanasia senza che la capacit di
discernimento del minore sia attestata per iscritto da uno psichiatra ovvero da uno psicologo infantile. La Corte sottolinea che tale legge aderente sia alla Carta costituzionale
sia ai parametri elaborati dalla Corte di Strasburgo sul tema poich, nel rispetto del margine di apprezzamento riservato agli Stati membri, consiste di un valido strumento contro gli abusi nei confronti delle persone pi deboli e vulnerabili. (Corte cost. belga 29 ottobre 2015, n. 153). Recentemente le cronache hanno dato notizia della prima, contestata, applicazione di questa legge nei confronti di un paziente diciassettenne.
In Olanda leutanasia depenalizzata dal 2000 e dal 2002 la legge olandese disciplina le
condizioni affinch la procedura sia legale. Il paziente deve essere maggiorenne, capace
di intendere e volere, sofferente di patologia incurabile e dolore non alleviabile, infine, essa deve essere condotta dal personale medico, mentre rimane penalmente sanzionata
se effettuata con laiuto di familiari o amici. Pertanto il caso deciso dal Gerechtshof Arnhem-Leeuwarden assume interesse perch riguarda limputazione di omicidio di un soggetto che ha aiutato la madre 99enne a togliersi la vita. I giudici olandesi lo hanno assolto perch limputato si trovato di fronte ad una scelta, cio se obbedire alla legge o al
suo dovere morale di aiutare la madre a morire secondo il suo desiderio di una morte
indolore, pacifica e dignitosa (Gerechtshof Arnhem-Leeuwarden 13 maggio 2015 21008160-13).
In Irlanda, la High Court of Ireland ha deciso un caso relativo a una donna di 26 anni, incinta di 15 settimane, fidanzata con il padre del feto, colpita da grave emorragia celebrale. Nonostante le condizioni della giovane facessero escludere tentativi di rianimazione
in caso di arresto cardiaco, la giovane venne ricoverata nel reparto di terapia intensiva
dove le vennero applicati il sondino nasogastrico per lalimentazione artificiale, nonch
venne sottoposta a tracheostomia e a ventilazione meccanica, con sedute di fisioterapia
per lespulsione delle secrezioni corporee e la cura muscolare e delle articolazioni. Il personale medico consigli al padre di mantenere siffatte cure per tutta la durata della gravidanza per mantenere vitale il feto e consentirgli di raggiungere il compimento della
gravidanza. Il padre invece ritenne che tali misure fossero irragionevoli e dovessero essere interrotte, poich sperimentali e senza alcuna base etica, medica e giuridica adeguata.
Pertanto si rivolse alla High Court per ottenerne linterruzione.
Seppure in Irlanda il diritto costituzionale alla vita sia riconosciuto anche ai nascituri, il
giudice ha reputato che fosse necessario verificare quale fosse lutilit e la praticit nella
prosecuzione delle misure di sostegno alla vita. Nel caso in esame, lo sfortunato feto si
trovava nel grembo di una madre clinicamente morta, in condizioni di difficile stabilizza-

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zione e dove i parametri vitali materni, dai quali dipendeva, erano estremamente deboli.
Sotto un profilo medico, sottolineava il giudice, non era presente alcuna reale prospettiva di mantenere la stabilit dellambiente uterino, sia per la presenza di infezioni, sia per le
quantit di farmaci dagli effetti collaterali potenzialmente lesivi che il corpo materno era costretto ad assumere. Inoltre, le condizioni di salute del corpo materno non erano in grado di supportare una adeguata prosecuzione della gravidanza, con il rischio che il feto
venisse espulso troppo presto e non in grado di sopravvivere. Ulteriormente, la madre
veniva mantenuta in vita ad un costo emotivo enorme per la sensibilit dei sentimenti
della sua famiglia e dei suoi cari. Tali condizioni non erano considerabili dignitose e pertanto il giudice irlandese autorizzava i medici al distacco del sostegno vitale nel rispetto
sia del miglior interesse del nascituro, sia di quello della madre. (P.P -v- Health Service
Executive [2014] IEHC 622 (26 December 2014)).
Decisioni delle Corti
extraeuropee

In Canada, Il 6 febbraio 2015, facendo overruling della risalente sentenza Rodriguez v


British Columbia (AG) [1993] 3 S.C.R. 519, la Corte Suprema del Canada ha stabilito
che le Sect. 14, eutanasia volontaria e 241 (b) suicidio assistito violavano la Canadian Charter of Rights and Freedoms [Carter v. Canada (Attorney General) 2015 SCC
5]. I giudici supremi canadesi hanno affrontato la questione pragmaticamente, valutando
prove empiriche secondo cui i medici, qualificati ed esperti, potessero valutare in modo
affidabile la capacit di intendere e volere e la volont del paziente di accedere al suicidio
assistito senza coercizione ovvero indebite influenze. Per quel che concerne la protezione
di soggetti appartenenti a categorie vulnerabili, o disabili, i giudici canadesi hanno affermato che non vi fosse alcuna prova che lammissibilit del suicidio assistito provocasse
aumento del rischio che queste possano essere indotte al suicidio assistito in un momento di debolezza. Sotto un profilo giuridico, la decisione afferma che ai sensi dellart.
7 della citata Carta, che protegge il diritto alla vita, la scelta del paziente libera se ricade nellalveo di certe condizioni di ammissibilit del suicidio assistito, per una persona
adulta competente. Le circostanze necessarie affinch ci avvenga sono le seguenti: che
(1) il paziente chiaramente acconsenta alla cessazione della vita; e (2) che egli abbia una
condizione medica grave (compresa una disabilit) irrimediabile, n possa essere alleviata con mezzi accettabili per lindividuo e altres provochi una sofferenza duratura e intollerabile per il paziente nelle circostanze della sua condizione.(Carter v. Canada (Attorney
General) 2015 SCC 5). La Corte Suprema del Canada ha concesso sei mesi di tempo al
legislatore federale per adeguarsi e, dopo un rinvio di altri sei mesi, la nuova legge in
materia di suicidio assistito stata promulgata il 17 giugno 2016. Nelle more dellapprovazione della legge, si pronunciata anche la Cour dAppel du Quebec, la quale ha stabilito che la disciplina quebechese sul suicidio assistito non in contrasto con il codice penale, tuttavia le argomentazioni riguardavano non tanto il merito della questione, ma la
gerarchia delle fonti in diritto canadese. Infatti, la Cour dAppel ha stabilito che, in virt
del diritto costituzionale, le disposizioni della provincia del Quebec non possono contrastare con il diritto federale. Qualora lincompatibilit sia manifesta, tali disposizioni devono essere dichiarate inefficaci di fronte al diritto federale (Qubec (Procureure gnrale
c. DAmico, 2015 QCCA 2058)).
In Sudafrica, il suicidio assistito una pratica illegale, tuttavia la North Gauteng High
Court ha ammesso che il medico, il quale aiuta il paziente terminale a porre fine alla sua
vita, non punibile. Il caso, molto controverso e dibattuto dallopinione pubblica del Paese, riguardava un uomo malato terminale di cancro alla prostata che ha presentato istanza alla Corte chiedendo che gli fosse permesso di scegliere il tempo e il luogo della sua
morte con lassistenza di un sanitario. Autorizzando la richiesta, la Corte ha sottolineato
che tale decisione non deve essere intesa come una approvazione della proposta della
legge sul fine vita, in discussione dal 1998 presso il Parlamento sudafricano, ma esclusivamente la garanzia per il paziente allassistenza medica qualificata (Stransham-Ford v
Minister of Justice And Correctional Services and Others (27401/15) [2015]
ZAGPPHC 230 (4 May 2015)). Analoga decisione stata emanata in Nuova Zelanda
dalla High Court of New Zealand a favore di una paziente terminale di cancro al cervello
(Seales v Attorney-General [2015] NZHC 828 (24 April 2015)).
Negli Stati Uniti, una vicenda relativa allinterruzione del sostegno vitale concerne un
bambino di 2 anni che, a seguito di un arresto cardiaco provocato dallasma, stato rianimato per pi di unora. Nonostante il battito cardiaco fosse ripreso, i medici avevano
affermato che i danni celebrali sofferti dal piccolo fossero cos gravi da essere considerato clinicamente morto per assenza di attivit celebrale, senza speranze di riprendere coscienza. In disaccordo con i medici, i genitori hanno trasportato il bambino in un ospedale guatemalteco, dove lelettroencefalogramma col effettuato dava invece segni di ripresa dellattivit celebrale, necessaria per considerare il bambino vivo secondo le di-

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sposizioni del Uniform Determination of Death Act vigente in California. A seguito di queste risultanze, i genitori hanno nuovamente trasportato il bambino al Childrens Hospital
di Los Angeles che, secondo i genitori, avrebbe acconsentito di curare il bambino per un
periodo di lungodegenza. Invece, nellospedale infantile losangelino i risultati del suddetto encefalogramma vennero confutati e lospedale present istanza per interrompere immediatamente la ventilazione artificiale del minore. Tuttavia, nel momento in cui il bambino venne ricoverato, gli era stato garantito il supporto vitale da un ordine giudiziario. Di
fronte alla nuova istanza, i giudici accolsero la richiesta dellospedale, dichiarando il precedente provvedimento nullo, perch la situazione sanitaria del piccolo paziente gi integrava la definizione di morte celebrale ai sensi della legge californiana. A seguito di ci,
il personale medico interruppe immediatamente i trattamenti vitali. I familiari hanno ancora citato in giudizio il personale sanitario per aver provocato la morte del bambino obbedendo a una normativa, a detta loro, contraria alla Costituzione della California perch
violativa della protezione del diritto alla vita, ma questa causa ancora pendente nel momento in cui si scrive (Fonseca V. Kaiser Permanente Med. Ctr. Roseville, (E.D. Cal.
May. 13, 2016; Israel Stinson v. Los Angeles Children Hospital, Aug. 25 2016)).

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