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Colori proibiti

- Potresti dirmi quali numeri vedi su queste tavole? mi chiese il dottore degli occhi.
Non vedevo alcun numero. Solo macchie, pi o meno scure, di diverse dimensioni.
- Facciamo cos, insistette il dottore guarda le tavole attentamente, e poi scrivi su
questo foglio i numeri che riesci a leggere.
Afferrai la matita ed il foglio che il dottore mi porgeva, e mi rimisi a fissare le tavole.
Rivolsi a mia madre uno sguardo sconsolato. Nulla da fare.
Ho sempre amato le farfalle. Le loro ali, sontuose e pulsanti, al momento del riposo;
inafferrabili allo sguardo, durante il volo. Arazzi sfarzosi di punti e linee, macchie chiare e
scure delle pi svariate forme. Fasci di luce e buio, sagome inquietanti, profili segreti.
- Bravo, Bruno disse la maestra. Hai disegnato delle farfalle magnifiche. Ora
colorale. Se apri un nuovo tubetto, controlla che non ce ne sia uno uguale gi aperto.
Questa frase non aveva, per me, alcun senso. I tubetti erano uguali, bianchi, circondati
ognuno da una fascetta pi o meno scura, ma spesso la differenza era inesistente. Sui
tubetti cerano delle piccole scritte ma, a cinque anni, non sapevo ancora leggere. Cos
utilizzavo indifferentemente un tubetto o laltro per dipingere.
- Che strano, Bruno ancora la maestra. Non avevo mai visto una farfalla con le ali di
colore diverso. Le hai dipinte quasi tutte con questa particolarit. Sono molto originali.
Perch la maestra mi diceva questo? Anchio sapevo che le ali di una farfalla sono
identiche tra loro, speculari e simmetriche. Mi sembrava di averle dipinte con regolarit. Gli
arabeschi erano gli stessi, diversi per ogni farfalla, ma corrispondenti per ogni coppia di ali;
se unala presentava sei macchie, lo stesso accadeva per la sua compagna. E dunque?
- Signora, se vuole togliersi ogni dubbio, consulti pure altri specialisti, ma credo di non
sbagliare nella mia diagnosi: acromatopsia.
Seduto accanto a mia madre, sentivo il dottore pronunciare parole incomprensibili.
- Il termine acromatopsia indica incapacit di percepire i colori. un difetto genetico,
che generalmente non peggiora col tempo, n porta alla cecit; chiaramente, servono
precauzioni. Le manifestazioni di questa malattia sono dunque cecit ai colori, bassa
acuit visiva ed estrema sensibilit alla luce. Non esiste una cura, ma solo accorgimenti,
quali lenti filtranti per favorire ladattamento alla luce. La vista di suo figlio cala con
l'aumentare dell'illuminazione, mentre aumenta con il diminuire della stessa.
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Le lenti filtranti. Come fare senza? Le persone con una vista normale provano una
sorta di avversione alla luce in determinate occasioni, ad esempio quando escono da un
cinema al chiarore del sole. In pochi istanti, essi si adattano alla nuova situazione; per me
ladattamento impossibile, e se non indosso le mie lenti avverto una frustrante
sensazione di affaticamento, di sforzo inappagato.
- La luce il cuore della pittura cos linsegnante allAccademia. Prendete Tiziano: il
suo mistero rimanda ad una concezione dell'arte che gioca il suo ruolo attorno agli effetti di
luce e dombra, cuore della sua pittura e della pittura in genere. Nella vostra sterminata
arroganza giovanile trovate che Tiziano sia datato? Parliamo allora di un altro immortale,
Vasilij Vasil'evi Kandinskij. Avete letto il suo "Lo spirituale nellarte"? Suppongo di no. Non
credo che quel libretto cos sottile, cos determinante rientri nelle classifiche dei vostri
best-seller preferiti, n pretendo che possa compensare la vostra insopprimibile teenage
angst. Tuttavia, se vogliamo parlare di luce e di colore, non possiamo prescindere da
Kandinskij. Egli ha scelto di abbandonare il reale per addentrarsi in ci che , appunto,
spirituale. Serve una sorta di purificazione dalla natura immediata per passare a ci che
eterno, e rimane sotteso ed invisibile. La natura, il reale sono meno importanti degli effetti
cromatici in cui trova spazio il gioco di luce ed ombra di ogni dipinto. Le forme devono
dunque agire come complemento cromatico.
La passione per il disegno mi aveva portato al corso "Evoluzione del colore nella pittura:
da Giotto a Kandinskij" presso lAccademia di Belle Arti di Venezia. E i miei problemi?
Nel corso degli anni ho svolto varie ricerche. Ho scoperto che Monet ha dipinto Il ponte
giapponese quasi accecato dalla cataratta, adattando il metodo alla poca vista di cui
disponeva e scegliendo i colori dopo aver disposto i tubetti in un ordine prefissato. Anche
Tiziano, nel rielaborare tra le difficolt dell'et avanzata un soggetto su cui aveva lavorato
in giovent, ottenne unimmagine dai colori virati su tonalit differenti e dai contorni
sfumati, cos da creare nel dipinto unatmosfera pi vicina alla sensibilit moderna rispetto
al dettagliato disegno giovanile. Infine, Edgar Degas. Egli aveva difficolt nel discriminare i
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colori. Accentu cos i contrasti, con luso di cromie progressivamente pi violente. Lo


sviluppo di una forte avversione alla luce gli impose di lavorare in uno studio con luci tenui
ed occhiali con lenti opacizzate. Presto conobbe una zona di assenza, nera e crescente, al
centro dello sguardo. Gli occhi percepivano solo una parte degli oggetti, cos che, volendo
vederli per intero, era costretto a mutare il punto di vista girando loro attorno. Dovette poi
passare dalla pittura ad olio alla grafite, quindi alla fusaggine, alle matite grasse ed ai
pastelli a cera, strumenti dai segni grafici evidenti e ben distinguibili. In seguito pass a
dipingere con le dita. Quando il buio divenne quasi totale, si diede alla scultura.
Sulla scorta di tali illustri esempi, mi iscrissi allAccademia. Affrontai con successo
"Iconografia e disegno anatomico" e "Psicologia della forma", ambiti nei quali il difetto alla
vista non mi ostacolava. Possedevo il senso delle proporzioni, e presto riuscii ad
esprimere al meglio le relazioni che definiscono larmonia tra le varie parti di un modello
ideale. Fui poi illuminato dalla psicologia della Gestalt. Sapevo che la vista aveva
plasmato il mio modo di essere: allAccademia scoprii che le teorie della Gestalt avevano
rintracciato le basi del comportamento proprio nel modo in cui la realt viene percepita, e
non per quello che essa effettivamente , al di fuori della nostra mente. Di qui,
l'affidamento ai miei peculiari processi percettivi nella descrizione del mondo fenomenico
ed il diritto di esprimermi in un linguaggio tanto ricco di forme quanto privo di colori.
- Bruno, la tua prova pratica non raggiunge gli standard minimi richiesti. Il corso di
"Evoluzione del colore nella pittura" prevede che lo studente sappia riprodurre gli stili che
hanno distinto le varie modalit nelluso del colore attraverso i secoli. Non basta saper
disegnare corpi e paesaggi in prospettiva. I tuoi accostamenti cromatici sono inadeguati.
Il mio insegnante mi aveva messo di fronte alla realt: percepita o concreta che fosse,
non cambiava molto. Niente colore, niente superamento dellesame. Fu cos per i corsi di
"Elementi di grafica editoriale", "Cromatologia" ed il "Laboratorio di decorazione". Fui fuori
dallAccademia, e maturai una decisione. Se da noi era il colore a farla da padrone in
materia di estetica, avrei cercato un altro luogo per la mia arte. Il colore era un implacabile
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avversario, e non puoi combattere un nemico che non riesci a vedere. Dovevo cercare un
luogo dove i colori non esistessero.
- Devi essere impazzito, disse mio padre per scegliere di andare a vivere in
Groenlandia. Hai idea dei disagi? Temperature polari a parte, con i problemi che hai rischi
di diventare cieco del tutto. Le lenti filtranti serviranno a poco, in mezzo alla neve.
In Groenlandia mi sarei immerso nel puro bianco, lunico colore che riesco a cogliere
valutando il nero piuttosto come unassenza. L, dove il ghiaccio e la neve la fanno da
padroni, avrei potuto liberare la mia arte dai condizionamenti. Nel regno del bianco, il
termine colore perde di senso. Nel bianco, tutto luminosit. Un colore acromatico.
Arrivato sull'isola mi spostai al suo interno, lontano dal mare e dalle erbose coste
meridionali. Mi stabilii in un villaggio Inuit, in un igloo simile a quello che occupo tuttora.
Non fu facile: gelo, vento sferzante, tempeste di neve formidabili e crudeli.
Dopo la tempesta, per, nei giorni artici spunta invariabilmente il sole, che accende il
bianco di tutto il suo fulgore. In quella nuova alba estraevo matite e carboncini e davo
sfogo allispirazione pi brada, riempiendo fogli su fogli. A volte mi chiedevo se qualcuno,
oltre a pochi Inuit, avrebbe mai visto le mie opere: in questo senso, i risultati hanno
superato le aspettative. Col tempo, sono diventato una sorta di maestro spirituale per la
gente del luogo: i miei disegni sono molto richiesti, e la notizia della presenza, a queste
latitudini, di un eccentrico artista occidentale ha fatto il giro dei vari nuclei abitativi della
zona. Molti vengono ad acquistare i miei lavori. Barattandoli con generi di prima necessit,
mantengo uno stile di vita dignitoso. A ci vanno aggiunte le richieste di quadri ispirati a
simbologie Inuit. Le principali personalit, qui, sono gli sciamani, i quali mi invitano a
disegnare alle loro cerimonie. Al suono del tamburo, essi cadono in trance. Mentre
versano in questo stato ossia, stando alle loro credenze, mentre sono in contatto con
laldil io traggo ispirazione dalle loro movenze e dai loro canti. Dai miei segni, gli
sciamani cercano poi di ricavare previsioni riguardanti il futuro della loro gente.
Non so, per, per quanto dipinger ancora. I timori di mio padre erano fondati. Trafitta
quotidianamente, per molti anni, dal biancore della neve, la vista mi sta abbandonando.
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Ho trascurato di indossare le lenti filtranti, un impaccio nel lavoro. Ora il mondo si sta
trasformando in unombra indistinta; il nero sfuma nel bianco, e tutto sta diventando un po
pi scuro. Gli sciamani, per garantirsi il mio operato - che considerano indispensabile hanno proposto una soluzione: svolgere le cerimonie dentro una caverna di ghiaccio, sulle
pareti della quale io non dipingo, ma incido le tracce di cui hanno tanto bisogno. Da
ipovedente ho sviluppato notevolmente il senso del tatto, e cos posso verificare il mio
operato sfiorando con le dita le immagini incise. Al tramonto della vita mi ritrovo quasi
cieco, intento a tracciare gli ultimi segni su uneffimera tela di ghiaccio. Come la vista
svanisce, cos anche queste opere si dissolveranno, un giorno. Anche se, per il presente,
una relativa fama pu essere un buon surrogato, ci che ogni artista auspica, per la
propria arte, leternit; non ci sar per nessuna eternit, per la mia arte incisa nel
ghiaccio.

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