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Tra Vecchio e Nuovo Eone

Le seguenti riflessioni si limitano a descrivere solo formalmente il cambiamento di approccio e dinterpretazione della
formula "Morte- Resurrezione" nel passaggio tra il passato eone di Osiride e lattuale eone di Horus. Lanalisi tende a
scorgere origine e presupposti fondamentali della formula e a valutare le conseguenze derivanti dallatteggiamento che
ne accompagna listituzionalizzazione e la volgarizzazione, oltre che linterpretazione. Infine, individuato il centro
costitutivo del cambiamento tra vecchio e nuovo eone, rileggeremo la formula alla luce del mutato atteggiamento,
descriveremo cio la risposta thelemica allottica dominante nel passato sui rapporti tra vita e morte.
Lintera questione sar trattata da un punto di vista quasi esclusivamente razionale,e non simbolico - operativo. Non
nostra intenzione infatti occuparci qui della natura concretamente magica di tale formula, quanto piuttosto di riflettere
con le sole armi dellintelletto su un argomento di ampio interesse e vasta portata. La nostra riflessione infatti si
estender fino a penetrare il rapporto che, in vita, intratteniamo con la morte, valutando le motivazioni che determinano
le differenze in tale ambito tra il trascorso eone e quello attuale.
necessario innanzitutto chiarire alcuni punti: per "formula" si intende la traduzione o la riduzione di un concetto, idea,
o di un intero processo, in elementi simbolici convenzionali che rimandano direttamente al nucleo del significato
implicato, permettendone un uso esteso (o unaccessibilit condivisa universalmente), sia teorico che pratico. Ogni
formula rende perci accessibile ed utilizzabile da chiunque un concetto altrimenti distante, difficilmente comprensibile
e non immediatamente distinguibile. Ci pu avvenire attraverso il trasferimento di unidea in una forma concreta,
quindi un movimento discendente, che cattura un "astratto" e lo incarna in una formula; oppure mediante astrazione da
fenomeni naturali osservati, quindi un movimento ascendente, che proietta su un piano ideale un contenuto empirico
reale, che si suppone gi dato.
Nel caso specifico del processo Morte - Resurrezione si tratta della rappresentazione simbolica di un fenomeno naturale
condiviso da ogni essere vivente, cio di un dato derivato dallesperienza sensibile. perci la Natura stessa, qui, ad
aver fornito gli elementi necessari, mentre gli uomini si sono limitati ad organizzarne la rappresentazione in termini
simbolici, essenziali, schematici, archetipici ecc., in modo da imprimere il potere di tale esperienza in una coscienza,
attraverso un atto rituale vissuto e sofferto direttamente.
Una "formula" quindi ha il compito di trattare un concetto come un possibile oggetto, rendendo unidea concretamente
condivisibile, e permettere relazioni e connessioni con altre classi o serie di fenomeni, poich ogni formula a sua volta
traducibile o riferibile ad altre formule. Il paradigma "Morte Resurrezione" pertanto una chiave daccesso di cui
potersi servire anche per estendere il discorso ai rapporti, che la nostra coscienza di esseri viventi intrattiene, con la
Morte a cui tutti siamo destinati

Struttura e forma del Mito del Dio Morente


Il simbolismo tradizionale ereditato attraverso diverse culture, nel corso di ogni tempo, ha trasmesso la
rappresentazione rituale della morte come momento di frattura, distacco, oscuramento o isolamento destinato a
preparare il terreno a un prossimo rinnovamento. Come detto fu la contemplazione e losservazione diretta della Natura
ad aver prodotto la formulazione di uno schema simbolico che si presenta sempre con i medesimi tratti essenziali; pi
precisamente fu linterpretazione che limmaginazione umana diede di una Legge fondamentale dellUniverso: quella
Simmetria Ciclica che eternamente replica lalternarsi di fasi complementari, quel susseguirsi incessante e reciproco di
espansione / ritrazione, manifestazione / ritiro, repulsione / attrazione, luce / tenebre

Ogni nuova acquisizione, ogni ulteriore progresso nel corso dellevoluzione, contrassegnato da una
"Crisi" (letteralmente "Passaggio"), uninterruzione nel fluire costante dellOnda Vita. Questa constatazione port gli
uomini ad organizzare rivisitazioni in chiave rituale dei suddetti fenomeni naturali.
Gli schemi iniziatici di ogni angolo del pianeta, rappresentando in forma cerimoniale drammatica eventi ordinari della
vita assimilabili e sovrapponibili alla coscienza umana, e aggiungendo rossa e viva carne al freddo scheletro della
Ragione e alle aride leggi naturali che questa rispecchia, ci presentano la morte in una veste sempre temibile o
mostruosa, secondo larricchimento dellimmaginazione (serpenti, dragoni e mostri marini che ingoiano
temporaneamente liniziando nascondendolo alla vista degli altri, periodi di isolamento forzato, segregazioni,
occultamenti, ecc.). La morte, cos come siamo abituati a pensarla, caricatura di un momento chiave del processo di
ogni esistenza, quello del TRAPASSO, e viene posta in risalto, accentuata, quindi assume una collocazione privilegiata
che nessunaltra fase di tal processo pu vantare. La morte si distingue In questa veste che la vede protagonista
silenziosa di ogni nuova tappa o fase del movimento - vita, la Morte viene assunta come CONDIZIONE di un prossimo
rinnovamento, cio il FONDAMENTO della possibilit di Resurrezione.
Questo il cuore della Formula del Dio Morente, che DEVE prima esser ucciso per poter poi essere restaurato e
risorgere. Il rapporto cio tra morte e resurrezione dato in termini di causalit: PRIMA devo morire e POI posso
risorgere, la morte causa o condizione della resurrezione. In tal modo si posta una dipendenza della vita
(resurrezione) dalla morte, una subordinazione per cui non pu darsi vita senza una precedente morte. Questa rilevanza
decisiva attribuita alla morte, la legittima a porsi in contrapposizione netta con la direzione naturale del flusso della
nostra vita, a ergersi, come in un rilievo, per farci ombra, cosicch essa viene percepita come un fattore esterno,
estraneo alla vita, che subentra improvvisamente, per volont divina o simili, a strapparci via al nostro mondo. Morte
come antitesi, contrario, opposto di Vita. Questo il culmine della separazione concettuale che ha concesso alla morte
innanzitutto di essere isolata ed evidenziata dal contesto, poi di esser elevata a causa, condizione di una possibilit
futura di rinascita e infine di farsi temere in quanto fattore improvviso, indipendente dal nostro volere, che annulla le
nostre possibilit terrene.
La comprensione dei fenomeni mediante osservazione, ai nostri predecessori, sugger lidea che il solo modo per
prepararsi allevento fosse quello di "anticipare" la morte, di viverla drammaticamente in un contesto rituale atto a
conferire allindividuo una pi piena consapevolezza sulla naturalit di quellevento e ad esorcizzare la paura che esso
incute. Ritroveremo i tratti essenziali di questi elementi dottrinali in molti miti e religioni, nelle leggende simboliche di
Cristo, Osiride, Dioniso e Hiram e in molte fiabe e ancora, a livello anche pratico - operativo, in formule magiche e
simboli quali IAO, LAShTAL, la Fenice, ecc
Il significato della morte in quanto "passaggio", viene esteso ad ogni singola tappa del movimento vitale e in
questottica assume i connotati di fondamento di determinazione di ogni rigenerazione mistica o spirituale; tutte le
Scuole modellate su questi presupposti interpretano ogni successiva evoluzione nellitinerario spirituale di un individuo
in questi termini: lintervento di un elemento sovversivo, distruttivo, da una frattura o stacco temporaneo, il ponte
NECESSARIO per una futura rinascita. Come per la vegetazione dopo il rigido inverno, per il sole dopo ogni notte, per
la farfalla dopo la crisalide, il ritorno a nuova vita sempre preceduto da un immobile silenzio, da un lungo
oscuramento, da un interno isolamento, cos per luomo la nera strettoia della morte annuncia la possibilit di un nuovo
sorgere. La drammatizzazione rituale e la codificazione in termini simbolici (formule) tendono a trasferire e imprimere
allinterno di una coscienza singola lintero contenuto rappresentato, e rendono lindividuo unimmagine vivente della
Legge di Evoluzione della Natura, un emblema dellincedere della Vita e delle regole del suo funzionamento.
Abbiamo quindi indagato a sufficienza per illuminare gli aspetti salienti utili allo sviluppo del nostro discorso: Morte
come passaggio obbligato e condizione necessaria del rinnovamento, questo il cuore pulsante, la colonna portante di

ogni vera religione, iniziazione o Scuola del trascorso Eone di Osiride. "Bisogna che uno tramonti perch laltro sorga",
sembra recitare larcano celato in questa formula, e dobbiamo riconoscere un valore NECESSARIO e UNIVERSALE a
questa Legge, che vige indistintamente per ogni essere vivente ed perci OGGETTIVA, condivisa. Einfatti innegabile
che lineluttabile destinazione di tutto ci che vive in una certa forma sia la Morte.
La solidit e linattaccabilit dellimpianto strutturale della formula Morte - Resurrezione sono pertanto garantite sia
dalla sua universalit, sia dal fatto di essere desunte direttamente dallosservazione delle leggi di Natura.
Dopo aver fatto luce su questi aspetti concernenti il nucleo centrale, la forma e lorigine della Formula, vediamo ora
alcune delle conseguenze (tra le peggiori) sorte in seguito ad un dato modo dinterpretazione di essa e al tentativo di
diffusione o istituzionalizzazione di certi dogmi.

Paura e Castigo: Il sostegno del Dogma nel Vecchio Eone


Il sentimento che accompagna la nostra consapevolezza di dover per forza lasciare questa terra da sempre langoscia?
Da dove e come nasce questa paura? Le filosofie orientali (induismo e buddismo) per prime, almeno per ci che
attestabile e documentabile storicamente, insistettero nel considerare dolore e sofferenza come le pi autentiche
caratteristiche di questa nostra vita, sempre piena di bisogni e desideri da soddisfare, che solo a tratti sono in grado di
colmare, se realizzati, i nostri amari vuoti, senza mai per assicurare una duratura felicit. La loro risposta fu
lideazione di un metodo pratico (yoga) in grado di sopprimere le tendenze, le pulsioni, i desideri ecc., quindi di ridurre
a silenzio il lamento doloroso dei bisogni. Ridussero le sofferenze riducendo le esigenze e reprimendo le tendenze. A
farne le spese per primo non poteva che essere quella serie di impressioni, inclinazioni, percezioni, pulsioni, passioni,
emozioni, idee e tendenze che chiamiamo IO.
Ecco che giungiamo a porre in luce un primo indizio per rispondere alla nostra domanda iniziale: la paura della morte
sorge in presenza di un forte senso dello ego, addirittura radicata nellego, nutrita e partorita dallego e si sviluppa in
maniera direttamente proporzionale al rafforzarsi dellidentificazione di s con le proprie caratteristiche psico - fisiche.
Al crescere dellego aumenter la paura, per quellego, di dover cessare di essere. Pi ci si radica nella propria identit,
tanto pi si avverte il senso della sua futura perdita, e quanto pi opponiamo resistenza al cambiamento e ci attacchiamo
con unghie e denti a noi stessi, tanto pi daremo alla morte un connotato privativo, un paramento terribile e nero.
Il senso di dolorosa separazione altres connesso con il grado di dipendenza dallambiente circostante, al crescere di
questultima aumenter anche il primo.
In precedenza accennavamo al non trascurabile fatto che la morte ha assunto i tratti che la caratterizzano anche per via
di una certa esclusiva priorit e rilevanza di cui ha potuto approfittare.
La morte viene considerata un evento atipico, un episodio a s, avulso dal contesto, isolato e posto in posizione
preminente, lo spauracchio che ci attende allesaurirsi del nostro cammino. Laver evidenziato la morte dallo sfondo del
processo vitale, che pur sempre unitario, la principale causa della riflessione di questo fatto naturale come una
pausa, una parentesi buia, uninterruzione repentina del flusso desistenza, quasi che la morte non appartenesse a questo
processo. La paura, che prima abbiamo posto in relazione con lego come se ne fosse leffetto o la conseguenza, ora pu
anche collegarsi direttamente a questo altro aspetto, fissandosi in una duplice relazione causa - effetto: da un lato lego
la fonte della paura, dallaltro questultima favorisce la considerazione della morte come fatto a s, isolato dal resto del
contesto. Quindi se il senso dellio pi marcato e accentuato, lo anche la paura della morte che annuller quellio. La
paura diventa il centro del rapporto tra ego e morte, la connessione tra lIo, radicato allorigine della vita, e la Morte,

estrapolata dal contesto, che lo sopprimer. Allaffermazione di s conquistata alla nascita risponde la negazione di s
che ci attende alla morte, e Paura il sentimento che unisce questi due punti estremi; questa sorge al nascere di quelli.
Come si vede, le basi per una netta contrapposizione vita-morte sono state gettate e fissate, e la paura la veste che
ricopre questopposizione.
Ma non proprio sfruttando il terrore per la morte che si potuto instaurare e rafforzare limposizione del Dogma come
strumento di controllo politico delle masse? da sempre che paure e speranze, superstizioni e timori, sono utili al
dominio sul volgo, non c da stupirsi che lautorit religiosa sfruttasse la situazione. Nel vecchio eone la morte
condizione della possibilit di una FUTURA resurrezione, posta sempre DOPO, OLTRE e AL DI LA della vita terrena.
La PROMESSA di una SALVEZZA e di una vita eterna pu esser garantita solo dalladesione completa a certi principi,
regole e dettami che tendono ad esercitare un controllo sui comportamenti dei singoli individui, ma la possibilit di
goderne (la beatitudine) sempre spostata in avanti, raggiungibile solo allinfinito. Da un lato la paura di morire
sfruttata come ausilio all'obbligo di certi precetti etici e morali, dallaltro mitigata dalla SPERANZA di poter accedere
al Regno di Dio, sempre che Egli lo voglia, e che il soggetto si sia comportato secondo i dettami. Notiamo quindi che
un ruolo di importanza notevole viene, nel vecchio eone, attribuito alla Paura, che amplifica il tono severo della voce
dellAutorit a cui tutti devono sottomettersi. Ora, nel nostro retroterra culturale, la morte "spiegata" come
CONSEGUENZA di un CASTIGO che Dio riserva ad Adamo ed Eva per aver tradito un suo comando. Questa
prospettiva della punizione ereditata per una "macchia" originaria, per un "errore" allinizio, genera, intrecciandosi con
altri motivi, una tra le peggiori conseguenze che potessero derivare da tale deformazione spirituale: la morte finisce per
prevalere sulla vita, e dato che tutto ci che ha trovato una forma in cui determinarsi o un corpo in cui incarnarsi
destinato a morire, ecco che ogni nascita finir per esser soprattutto una CONDANNA a morte. La prospettiva che ne
deriva sottrae allUomo una grossa fetta di libert, infatti:
1) vincola la nostra emancipazione ad un decreto della Volont Divina (Grazia), introducendo un elemento negativo, un
Male, come intrinseco alla nostra costituzione (Colpa);
2) riduce la nostra Realizzazione ad una Redenzione, il che implica partire da una posizione svantaggiata e avere come
massimo traguardo il ripristino dello equilibrio rotto in partenza, come ereditare un debito altrui e vivere solo per
riuscire, forse, a pagarlo;
3) rimanda ogni possibilit (Speranza) di godere del frutto delle nostre fatiche ad altra dimensione, il premio (Salvezza)
dunque non ci spetta in questa vita, n dipende del tutto da noi, un bene non fruibile qui e ora.
questo intreccio di motivi a favorire quella cultura della mortificazione, della privazione e della restrizione che tanto
contraddistingue la vita nel passato eone di Osiride. La vita terrena diviene cos un supplizio in attesa di una salvezza
post - mortem (comunque sempre affidata, in ultima battuta, al Volere Divino), una caduta o una prigione per lo spirito,
obbligato ad allontanarsi dal proprio centro e abbandonare la propria dimora. Nel vecchio eone la paura per la morte
contamina e sovrasta la vita, costringendo il soggetto a privazioni, limitazioni e meccanismi auto repressivi; la vita
ridotta a un tragico esilio dello spirito, condannato e costretto ad immergersi nella morsa attanagliante della Forma,
nelle strette spire vincolanti della Materia finita e determinata. La morte perci non solo viene prima posta in rilievo
grazie al radicarsi di un ego che ne percepisca il valore privativo, ma arriva addirittura a scavalcare e prevaricare la vita,
affidando a Dolore e Paura il compito di introdurcela e di caratterizzarla. La morte trionfa allorigine e al termine di
questa vita dolorosa.
Si rifletta inoltre sullinteressante questione, che avvalora in parte questa dottrina, del nome dato, nel Cristianesimo, alla
personificazione della potenza generatrice femminile: MARIA. Questo nome etimologicamente connesso alla radice
verbale sanscrita "MR", che significa "morire, uccidere". Altre parole come "morte", "amaro", "mare", "madre",

"materia" ecc., riconducibili allo stesso termine, sembrano enfatizzare lidea che suggerisce che questa vita nella
Materia sia gi una sorta di Morte per lo spirito.
Questa visione comporta come conseguenza una svalutazione dei ricchi contenuti dellesistenza e una drastica riduzione
del potere vitale della libert, messa in grave pericolo dal senso di COLPA.
Se le azioni umane vengono mosse secondo la fonte di Ricompensa - Punizione, e se ogni premio o castigo viene
elargito o inflitto sempre e solo da un potere superiore a cui sottomettere il nostro volere, si ammetter la presenza di un
orribile meccanismo in grado di eliminare ogni traccia o residuo di libert dalla nostra volont. Questa deturpazione
della libert spirituale in aperto contrasto con la Legge di Natura stessa, eppure lo squilibrio a cui siamo assoggettati
fin da subito, mediante uneducazione che nutre e coltiva i sentimenti di sofferenza, dolore, restrizione, colpa ecc.
Il nero orrore con cui abbiamo vestito la morte ha finito per prevalere sul luminoso gioire della vita, invadendo col suo
grave carico di depressione il gaudente fiorire della nascita, contagiando con la sua nausea il piacevole girovagare
dellanima
Cercheremo ora, dopo lanalisi su cause, effetti e conseguenze dell esegesi della nostra formula, di individuare il fulcro
su cui muove la leva che rovescer lottica del vecchio eone per poi vedere su quali livelli si attester la nuova lettura.

Rivoluzione copernicana: La Morte uccisa dalla Vita


Limpossibilit di negare levento morte come fatto universale deve condurci a considerare questo cambiamento
interpretativo a livello puramente formale, di superficie, e non come negazione del fatto in s. Abbiamo gettato uno
sguardo sulle conseguenze derivate dal mutato approccio che ha visto il prevalere del terrore come strumento di
controllo nelle mani dellautorit. Ma per intendere pienamente il cambiamento tra il vecchio e il nuovo eone, almeno
per ci che concerne la nostra formula, dovremo cercare nel vecchio eone stesso, poich la natura non fa salti, quindi i
presupposti per la nuova visione thelemica devono necessariamente trovare la loro collocazione nel trascorso eone di
Osiride. La coscienza delluomo, negli ultimi cinquecento anni, protagonista di un graduale processo di
intellettualizzazione (si tenga presente che leone di Osiride segnato dallelemento ARIA, simbolo del pensiero e del
potere analitico dellintelletto) che, supportato dai sempre crescenti sviluppi tecnologici e scientifici, ha poco a poco
ridotto la dipendenza delluomo dallambiente circostante. Lestensione del potere dinfluenza sul regno naturale ha
contribuito a diminuire fortemente i timori e le paure verso una natura sempre meno ostile e ha elevato luomo al rango
di dominatore. La filosofia Scolastica, che faceva dipendere luomo a Dio, viene lentamente soppiantata da un ritorno
alla visione dellepoca classica, in cui luomo era il centro dellinteresse speculativo e delle ricerche. La nascita di
correnti di pensiero quali lIlluminismo, il Positivismo, il Criticismo, il Realismo ecc., testimoniano il recupero di una
piena fiducia nei propri mezzi e si pongono in aperta antitesi con il frustrante e mutilante "riduzionismo" dogmatico
esercitato dallautorit religiosa (peraltro sempre meno influente sul panorama politico). Lo stile di vita imperante nel
medioevo non pi compatibile con i pruriti di libert che solleticano lanimo umano, non pi conciliabile con le
esigenze che stimolano il nuovo modo di condurre ricerche ed indagini, scevro finalmente dalla superstizione e dal peso
opprimente della inviolabilit del dogma. Luomo tende a liberare se stesso dagli apparati paralizzanti del vecchio eone.
Il primo inesorabile colpo inferto alle fondamenta della prigione in cui giaceva abbandonato lo spirito libero delluomo,
per, ha origine ancor prima, in pieno Rinascimento un periodo florido sotto ogni punto di vista e sul quale ogni
thelemita dovrebbe concentrare maggiori attenzioni. Levento che anticiper la rivoluzione thelemica (e non fu il solo,
un altro nome su tutti: Rabelais) e che riveste importanza vitale per il rovesciamento interpretativo provocato

dallavvento del nuovo eone, la RIVOLUZIONE COPERNICANA. Losservazione sperimentale di Copernico


dichiara che quella del sole al tramonto una morte apparente e la sua rinascita allalba altrettanto illusoria, un difetto
dovuto alla nostra particolare posizione. Con la teoria eliocentrica comprendiamo che in realt siamo noi sulla terra a
ruotare, mentre il sole continua a brillare, glorioso e costante, maestoso e radiante, senza conoscere notte alcuna.
Certamente, negli effetti continueremo a vedere il sole sorgere e tramontare, ma questo fenomeno ora conosciuto e
vissuto come mera apparenza, illusione, dovuta al nostro punto dosservazione. Ugualmente avverr nella
considerazione della morte, che negli effetti continua a sussistere, ma la cui sorte simile a quella della vecchia teoria
geocentrica. Questo punto cardine nella storia delle nostre conoscenze rispecchia perfettamente, non solo
metaforicamente, il cambio di prospettiva adottato nel nuovo eone e pu esser assunto ad emblema della coscienza del
nuovo tempo. Fu quindi leone di Osiride a partorire i suoi stessi becchini, sotto forma di scienziati e filosofi, forieri del
verbo di libert, che corrosero con le armi della critica e dellinnovazione le rigide fondamenta e le polverose strutture
delledificio del dogma, contribuendo a fugare le ombre del timore su cui quei pochi potenti costruirono le loro fortune
alle spalle dei molti poveri.
perci uninversione di prospettiva che rovescia il punto di vista di partenza. Lattenzione si volge agli aspetti
luminosi dellesistenza, favorita dallincalzare del progresso, e il dolore della morte cede il passo allottimismo della
vita. Ci si colloca ora in una posizione che trasferisce il contenuto positivo dellesistenza in ogni singolo movimento del
suo corso; ogni atto o evento colto sempre nella stessa luce, quella della consapevolezza che non vi mai un termine
definitivo al fluire della vita. Il dolore, la sofferenza e la paura stessa NON sono parte integrante della vita, ne sono al
massimo dei temporanei rivestimenti, delle ombre passeggere incapaci di inserirsi nel suo tessuto costitutivo.
La morte in quanto evento cos viene a riassorbirsi nello sfondo da cui venne fatta emergere, riportata alla sua
dimensione pi naturale e per nulla spaventevole. Essa cessa di esser considerata isolatamente, come elemento di spicco
posto in massima evidenza, e viene reintegrata nel nucleo vitale del processo. Riconsegnata alla vita, sua legittima
proprietaria, la morte smette i panni neri del terrore con cui labbiamo vestita, per reinserirsi nel contesto e rendersi
indistinguibile rispetto a qualunque altra fase o tappa del cammino evolutivo. Il fatto di morire non perci negato,
respinto o allontanato, ma al contrario assimilato, compreso, interiorizzato quindi superato. La morte affogata
nella vita.
Come si pu capire facilmente, con ci decadono anche i presupposti dellopposizione tra spirito e materia, o tra vita e
morte. Questo rapporto conflittuale, questa visione dualistica, aveva recitato una parte da protagonista nel vecchio eone,
come abbiamo visto in precedenza. Era uno dei fondamenti cardine del diffondersi della cultura autorepressiva con cui
soggiogare il volgo. Ora quindi la vita nella materia diventa unulteriore possibilit operativa per lo Spirito: il suo
nuovo Regno, e non pi la sua prigione. E cos alla morte, ridotta ormai alla stregua di qualsiasi altro momento del
processo - vita, revocato persino il diritto di suscitare qualche timore. Essa non pi, formalmente, ci che era,
cambia vestito e carattere, contraddice il suo antico modo di presentarsi. C, esiste, ma assoggettata alla Vita che la
possiede interamente e ne dispone quando vuole, usandola come mezzo per trasferire il proprio contenuto in un altro
piano desistenza.
Il passaggio tra le due differenti interpretazioni o approcci estremo, da un opposto ad un altro, senza compromessi: dal
negativo cio privativo, al positivo cio continuativo. Se la morte non affatto perdita, interruzione o termine, allora
non pu che essere possibilit aperta, libert, continuit, e non pu pi incutere paura, se mai pu procurare gioia
La formula osiridea non ha per perso il suo valore, poich il cambiamento dinterpretazione e di approccio avviene a
livello puramente essenziale, e non tange i contenuti materiali dellesistenza. Esattamente come accadde dopo la
rivoluzione copernicana, quando pur non cambiando nulla negli EFFETTI, cambi tutto nella SOSTANZA.
Liniziazione alla formula morte resurrezione resta pertanto necessaria e propedeutica allacquisizione del nuovo

punto di vista. Si deve pertanto penetrare e soffrire sulla pelle quella formula per poterla superare e assumere la nuova
concezione.
Il motivo che rende ancora efficace e valida la formula del Dio Ucciso quello quindi di poterla soppiantare vivendola,
crocevia imprescindibile per il superamento e labbattimento delle barriere pregiudiziali e dei limitanti tab ereditati
culturalmente. La comprensione mediante esperienza diretta di tale formula scalza e delegittima i presupposti su cui
essa stessa si fondava e reggeva.
La formula del Dio Morente un passaggio necessario, sebbene illusorio (anzi proprio in quanto illusorio) per poter
realizzare la sintesi (madre + padre = figlio) tipica delliniziazione al nuovo Eone.
Il mirino si ora spostato: dalla nera paura della perdita alla luminosa possibilit della conquista!

Gioia ed Estasi: l'essenza della Libert nel Nuovo Eone


Una volta considerati gli aspetti salienti del passaggio dal vecchio al nuovo eone, non ci resta che vagliare la natura
dellattuale modo di rapportarsi all'esistenza, come cio concretamente venga interpretata e vissuta questa nuova
concezione e quali effetti scaturiscano dallo stile di vita prospettato dallavvento dellEone di Horus. Quella thelemica
sostanzialmente unetica della LIBERTA, impostata e fondata su un tipo di libert che gi, in essenza, ci appartiene
(dato che la Legge di Libert per TUTTI) e di cui DOBBIAMO (non a caso la Legge espressa con un imperativo:
FA ci che vuoi) riappropriarci scavando tra i detriti e le macerie della personalit, del carattere, delle inclinazioni,
accumulati in anni di esperienze, ereditati con usi e costumi tradizionali, inculcati con leducazione ecc Thelema
cancella lidea del Peccato (Originale), riducendone il concetto a tutto ci che ostacola la Libert, cio assimilandolo
alla semplice Restrizione: Peccato semplicemente tutto ci che impedisce la libert. Con ci viene automaticamente
messo fuori gioco il senso di Colpa, che a sua volta rimuove il concetto di Grazia, che detronizza a sua volta quello di
Speranza e con esso decade anche quello di Salvezza. Le colonne portanti del vecchio Tempio del Dogma, che
imprigionava e inibiva lanelito di libert del gi sofferente spirito delluomo, crollano una ad una, corrose
dallinesorabile incedere del progresso. Un effetto a catena che disintegra in serie i concetti cardine del vecchio eone e
fa piazza pulita di qualunque vincolo NON CI RESTA CHE LA LIBERTA! Troppo ampie sarebbero le
considerazioni etiche sui rapporti tra Volont e Libert in Thelema ai fini del nostro discorso, pertanto concentreremo
lattenzione sul significato pi immediato e facilmente comprensibile della Libert, quello di INDIPENDENZA, che
implica labbattimento di muri ed ostacoli, la sfrenata azione che trova solo in se stessa i propri confini e detta solo a se
stessa le proprie condizioni e limitazioni.
Nel Liber AL vel Legis troviamo molteplici esortazioni al godimento, allesercizio della libert, alla conquista
dellindipendenza ecc. Il massimo grado di libert concepibile viene espressa, nel nostro linguaggio, con il nome di
NUIT, che Infinito Spazio e Infinite Stelle (I.S.I.S.), un sinonimo dellAssoluto Incondizionato. Ora, per un thelemita,
la morte detta anche "bacio di Nuit" o "abbraccio di Nuit", e nel Libro della Legge si consiglia di festeggiarla quanto e
ancor pi della vita (AL, II, 41).
Vediamo quali motivi indurrebbero il thelemita a questo comportamento, alla luce del suddetto rovesciamento del punto
di vista sulla questione. Nuit la pura POSSIBILITA, il fluire inesorabile dellesistenza privo di determinazioni
vincolanti, libert ASSOLUTA (lett. "sciolta" da ogni relazione), totalmente incondizionata. Nel nuovo eone la morte
viene fatta coincidere con il raggiungimento di questa condizione aperta, fluida, senza interruzioni. il riassorbimento
nellintera gamma dei possibili prima ancora che si realizzino, cio in assenza di qualunque determinazione; Nu il
culmine di un movimento che trasporta la vita attraverso varie forme e piani desistenza, leterna direzione dellandar di
Hadit. Se Nuit il Fine (o LA Fine), Hadit il Mezzo. I possibili tendono sempre a vincolarsi per realizzarsi, gli enti
realizzati tendono pur sempre a trapassare o trascendere nella possibilit, che libert intesa come indipendenza dalle

condizioni materiali, empiriche, sensibili. Levento morte, rivisitato e ristrutturato nei suoi pilastri, pu finalmente
IDENTIFICARSI con la Resurrezione. Il termine di ci che vive QUI e ORA coincide con linizio di ci che vive
OVUNQUE e SEMPRE, coito perenne di Nostra Signora dello Spazio Infinito con lesistenza stessa dei possibili che
man mano realizza. La comprensione della simultaneit e continuit del processo ("la coscienza della continuit
dellesistenza") cancella dincanto ogni radicale opposizione dualistica tra vita e morte e destituisce il precedente valore
interpretativo del Mito del Dio Ucciso. Non pi morte e, QUINDI, resurrezione, ma morte resurrezione; cio non vi
morte che non sia gi una resurrezione, poich la vita trasmette se stessa attraverso se stessa, e ogni "morte" non che
la molla o il movente di ogni nuovo scatto di questo mirabile Gioco.
Ecco svelato finalmente il vero nucleo del cambiamento tra vecchio e nuovo eone: ci che prima ci si offriva alla vista
in una relazione consequenziale, o di CAUSALITA, ora si impone alla coscienza come IDENTITA. Prima laccento
era posto sulla morte come condizione necessaria per una successiva resurrezione, perch "causalit" implica rapporto
tra eventi diversi, ancora un dualismo quindi, una distinzione logica o cronologica che differenzia due momenti, una
dipendenza di uno dallaltro, cio una limitazione alla Libert. Ora invece lidentit sopprime la scissione tra i due
momenti, cosicch non vi distanza, differenza o separazione alcuna, ogni complessit ridotta alla semplicit cio
unit, che Perfezione o Libert.
LUomo fonda la propria Legge sulla Libert, nel nuovo eone, che colonna portante della nostra esistenza. LUomo
un mezzo che ha il proprio fine in se stesso, poich la Libert a cui aspira in realt lorigine (Nuit), la radice prima da
cui proviene la sua esistenza, ed anche il mezzo per raggiungerla. Quali effetti produce questa consapevolezza della
presenza della Libert come possibilit intrinseca al nostro vivere? Di una Libert che origine, mezzo e fine? Gli
effetti principali derivanti da tale considerazione sono GIOIA ed ESTASI, a pi riprese evocati nel Libro della Legge.
Entrambi questi termini esprimono altrettante Formule. "Estasi" etimologicamente correlata ad "esistenza", in
entrambi i casi sta a significare "stare fuori" o "porre fuori", il senso pertanto che lestasi sia lessenza o leffetto
primario dellesistenza, come se il fatto di esistere implicasse come suo attributo essenziale lestasi. LEsistenza
manifestazione esterna di un principio interno, questo movimento produce Estasi, che in essenza lEFFETTO
dellesistenza. La Gioia invece il sentimento che sorge dalla considerazione di un bene posseduto, o di una situazione
positiva che ci coinvolge. Riguarda pi le condizioni soggettive che non la forma astratta, concerne cio la coscienza
dellesistenza determinata del singolo pi che lesistenza in s, cio il fatto di sapere di esistere pi che il concetto di
"esistenza". La coscienza di Libert tipica dei figli di questo eone produce gioia ed estasi per la consapevolezza dello
stesso fatto di vivere. Gioia come effetto della consapevolezza della libert di cui siamo dotati e come espressione
dellamore che ci muove. Il termine inglese per Gioia (JOY), secondo Crowley, pu esser letto graficamente come 101,
simbolo delliniziato (0) sospeso tra le colonne del Tempio (1 e 1), che abbraccia idealmente i due estremi opposti
congiungendoli in unidentit. Vi gioia ovunque vi sia un movimento che unisce due contrari, cio ovunque vi sia
Amore, che la Legge dellUniverso. La regola che determina il funzionamento del processo vitale AMORE, cio
continuo annichilimento di opposti che generano nel morire e muoiono nel generare. Il contenuto di vitalit liberato con
gioia nellatto della "morte / unione" dei contrari trabocca dal cuore pulsante delluniverso travolgendo ogni paura,
soffocando ogni dolore, e convertendoli in estasi. Morte come estasi dello spirito liberato in un orizzonte luminoso,
sgombro di nubi e privo di legami contingenti, morte come possibilit pi pura e autentica, apertura ed estensione dello
spirito nellEssere. Questo il gioco di Nuit, che intesse il suo ordito mediante continue divisioni e riunificazioni,
allontanamenti e ricongiungimenti, il cui alternarsi AMORE, il linguaggio della Vita; il cui protrarsi ESTASI, la
forma di quel linguaggio, e il cui effetto primario GIOIA, il tono espressivo di quel linguaggio. Lesistenza, flusso
continuo di vita, LIBERTA, la cui essenza manifesta si traduce in Estasi e Gioia; allinterno di questo eterno atto
damore si rincorrono unioni e separazioni di opposti che morendo nellorgasmo liberano il loro carico vitale. Andata e
Ritorno, Accelerazione e Interruzione, Vita e Morte, Dolore e Gioia tutto un unico movimento, sintesi di contrari

identici in essenza, il Ritmo del Respiro Universale che annuncia, ad ogni contrazione ed espansione, la costante
presenza di una Vita che perpetra se stessa uccidendo se stessa.
Trasformazione, Trasmutazione, Transustanziazione, tutto ci che diviene Trascendenza, Estasi dellEsistenza.
Lalternanza condizione della sua continuit, garanzia della sua stabilit, espressione della sua libert e manifestazione
della sua contemporaneit. Dolori, ombre, paure e sofferenze, inondati e travolti dallesuberanza della Vita, non
possono riemergere dal flusso impetuoso della Gioia per cercar di prevalere, e il loro raro riaffiorare, di tanto in tanto,
serve solo a rafforzare il valore della vita come godimento, piacere e delizia.
LAppeso dei Tarocchi, effigie della formula del Dio Ucciso, emblema delliniziato al vecchio eone che subiva il vivere
anzich cavalcarlo, ora capovolto, per divenire il Matto danzante, ebbro di vita, il Puer che corre senza sosta e senza
meta, simbolo di Libert, vagabondo delleternit, immagine perfetta del Supremo Conseguimento per liniziato al
nuovo eone.
Penetrato lo spirito che anima questa formula di morte e resurrezione, abbiamo finalmente condotto al traguardo questa
serie di riflessioni. Siamo giunti a comprendere sufficientemente le differenze che sussistono allinterno (cio nel
nucleo) e allesterno (nei riguardi quindi della forma e dellapproccio) di questo rapporto, e quali siano le motivazioni
che hanno indotto il prevalere di uninterpretazione piuttosto che dellaltra. Ci siamo limitati ad unanalisi superficiale
condotta solo intellettualmente, entro i confini della ragione, consci della difficolt che comporta ogni tentativo di
tradurre o descrivere in parole, o di inquadrare concettualmente,argomenti di tale portata. Se avete per la pazienza di
seguire attentamente lo svolgimento della riflessione, nonostante le inevitabili involuzioni linguistiche, farete luce,
anche solo in minima parte, sullitinerario che ci ha condotto dal Dolore della Restrizione toccato in sorte ai nostri avi,
alla Gioia della Libert che investe noi e i nostri figli, e dunque lobiettivo prefissato sar stato per me raggiunto.

Morte come antitesi al Vero e Perfetto


Questultima annotazione uninteressante relazione cabalistica che pu inserirsi agevolmente a supporto dellitinerario
appena concluso. La leggenda ebraica del Golem racconta che a questa creatura, che recava la scritta AMTh (Verit)
sulla fronte, era sufficiente cancellare la A iniziale per togliergli la vita. Infatti la radice MTh significa "morte"o
"morto", che pu scriversi anche MUTh o MIThA. La sostanza cambia poco, Mm e Thaw (LAppeso e LUniverso,
XII e XXI) sono le lettere che compongono la radice terminologica per indicare la morte. Come detto, la semplice
introduzione di una Aleph (che elemento aria, il soffio di vita, il Matto che 0) ad inizio di parola stravolge il
significato, da Morte a Verit. Il concetto di Verit Assoluta - sempre difficile da trattare per un thelemita, che privilegia
il relativismo allassolutismo - per noi coincidente con quello di Totalit, ci di quanto pi completo si possa
immaginare. Una qualunque proposizione, enunciato, concetto o idea tanto pi Vera quanto pi si approssima a
contenere i due estremi opposti in s.
Oltre lAbisso (cio in quella illuminata condizione che trascende i dualismi necessari nel mondo fenomenico per
reintegrarli in ununica realt noumenica), si dice, una cosa VERA solo se e in quanto contiene in s
CONTRADDIZIONE, dunque se unisce i contrari al suo interno. lopposto di quanto insegnato in ogni logica
filosofica, dove la contraddizione il fondamento responsabile di ogni falsit o impossibilit. Qui i termini, tanto per
cambiare, si rovesciano ancora, e Verit Assoluta pu esistere solo in presenza di contraddizione, dove cio compreso
tutto il ventaglio di sfumature possibili tra i due estremi opposti. interessante notare che le lettere che compongono la
parola Verit siano corrispondenti agli Arcani maggiori del Matto, dellAppeso e dellUniverso (0 + XII + XXI = 32,
cio i 22 sentieri, le 10 sfere dellAlbero della VITA, e il Principio da cui tutti questi derivano, quindi il TUTTO nel suo
sviluppo da zero in poi, fino al culmine dello slancio creativo). Il concetto di Verit = Totalit si connette
immediatamente a quello di "Perfetto", che in un certo senso ne sinonimo. "Perfetto" per definizione "quel tutto che

non parte di alcun tutto maggiore" (Perfectissimus), quindi anche il concetto di Perfezione rientra in quello di Totalit
ed sinonimo di Verit. In ebraico "perfetto" si dice ThM, cio il contrario esatto di "morte" (MTh). Notiamo quindi
come la morte si trovi pi a subire una privazione che non a imporla (nasce dalla sottrazione di una Aleph),
diminuzione di una perfezione, lacuna in una totalit. la conferma che la morte non presenza ma assenza, mancanza,
e sorge solo per deflessione di un potere maggiore, che ne pertanto il creatore, ma al negativo. Verit (AMTh), inoltre,
viene fatta corrispondere a "Uomo" (ADM) secondo il metodo AIQ BKR, un tipo di temurah. (AMTh, 1 + 40 + 400
come dire ADM, 1 + 4 + 40).
Si creata unidentit tra due termini (Verit e Perfezione, AMTh e ThM) a loro volta stretti in una relazione di
corrispondenza con il concetto di Uomo (ADM), che sembra essere il ricettacolo o la sintesi di una Totalit, il risultato o
culmine del processo vitale, il punto mediano tra i due Assoluti. LUomo quindi connesso alla Verit e alla Perfezione
e come sintesi di contrari sede della Verit e della Perfezione. Questi, tutti insieme, si contrappongono al concetto di
Morte, che a questo punto si riduce allo stadio di imperfezione, vuoto, depressione, passivit, incapace di una realt
positiva che si affermi sulla vita ma anzi, come detto, generata solo per riduzione o sottrazione della Vita stessa. Questa,
simboleggiata efficacemente dallAleph (aria, elemento attivo) che si aggiunge a MTh (acqua e terra, elementi passivi)
o a DM (sangue) nella parola ADM, sovrasta la morte che viene ancor pi delegittimata, fino a perdere quel velo oscuro
che la accompagna da sempre.
La morte in quanto opposta al Vero e al Perfetto, in un certo senso da non prender tanto alla lettera, non esiste affatto
per luomo, cio non appartiene alla vita se non come suo espediente per giustificare il cambiamento, lescamotage per
passare da uno stadio ad un altro, proseguendo il suo cammino. Ridotta ad elemento passivo il cui contenuto reso
tangibile solo dallincalzare stesso della vita, che la usa per evolvere e lanciare se stessa oltre se stessa e per scandire
larrivo ad ogni nuova tappa, la morte compresa ora o come Falsit e illusione, in quanto contrapposta alla Verit, o
come Imperfezione, vuoto, lacuna, in quanto contraria al Perfetto. Il legame tra questi due concetti (Vero e Perfetto =
Totalit) e quello di Uomo che sintesi del Tutto, uccidono definitivamente la Morte nella sua vecchia concezione. Per
sancire la nostra analisi in termini paradossali, cos adatti alla situazione, diciamo: la Morte della morte.
Si mostrato a sufficienza che nel nuovo eone, pertanto, la Formula Morte - Resurrezione subisce uninversione
mediante Sintesi, che in verit un esempio del destino che Horus riserva ad ogni opposizione o dualismo, poich
nellidea del Figlio sono implicati i concetti di Sintesi e Identit, Continuit e Vitalit. Luomo concilia Verit e
Perfezione in una sintesi di Finito e Infinito, Positivo e Negativo, e la sua immagine adeguata il Matto dei Tarocchi
(Aleph), il modello di Libert a cui sempre tendere, che si completa con LUniverso (Thau) che ne rappresenta lo
sviluppo ultimato, il compimento della sua possibilit. Aleph e Thau sono la prima e lultima lettera dellalfabeto
ebraico (ancora lunione di due opposti) e insieme danno la parola Ath, "essenza", a suggerire che il senso interno o
essenziale di ogni cosa lunione degli estremi, la sintesi. Ma Ath vale quanto ARR (401), "maledire", e ci insegna che
lEssenza (ATh) di ogni manifestazione il dualismo, lopposizione dei contrari, ma questa anche la sua maledizione
(ARR) [Vedi Liber B vel Magi]. Nello scorso eone invece LAppeso (Mim) era lemblema adatto ad esprimere quel tipo
di iniziazione, una specie di Matto capovolto, quindi lintervento della Aleph in MTh (morte) esprime la natura del
cambiamento tra vecchio e nuovo eone, per portarci dalla nera dimensione di terrore della morte, alla radiosa e gioiosa
comprensione della continuit della vita.

Il documento, che di seguito presentiamo ai nostri visitatori, una lettera inedita di Aleister Crowley nella traduzione offertaci dal Fra.'. al awr fh swr
(Capo Italiano dellO.T.O.). A Lui i nostri sinceri ringraziamenti per aver scelto il portale della Montesion per la diffusione in rete di questo documento. Ogni
diritto gli riconosciuto.

al awr fh swr

Il documento opera della maestria del suo autore. La traslitterazione ebraica quella in uso nel testo in originale, vale a dire non secondo il modo di scrittura
ebraico da destra a sinistra ma da sinistra a destra.
Il contenuto non riflette di necessit la posizione della Loggia o del G.O.I.
La diffusione in rete del documento subordinata alla citazione della fonte e dell'autore.

Fai ci che vuoi sar tutta la Legge


1. Il Viaggio
Lo spirito , per sua stessa natura, perfetta purezza, perfetta calma, perfetto silenzio; e come un pozzo sgorga dalle
intime falde della terra, allo stesso modo l'anima si nutre del sangue di dio, l'estasi delle cose.
Quest'anima non pu in alcun modo venir ingiuriata, guastata o rovinata. Ma ogni cosa che di volta in volta vi si
aggiunge la contrista; e ci dolore. Di ci ne testimonianza il linguaggio stesso: ogni parola che indichi infelicit
prima di tutto significa disturbo, inquietudine, preoccupazione. La radice dell'idea del dolore l'agitazione. Per tanto
tempo l'uomo nella sua ricerca della felicit ha percorso la strada errata. Per saziare la sua sete egli ha aggiunto, in
quantit sempre crescenti, sale all'acqua della vita; per coprire i piccoli salti della sua immaginazione ha fatto sorgere
montagne dove fiere selvagge e pericolose dimoravano.
Per curare la scabbia egli ha scorticato il paziente; per esorcizzare il fantasma ha evocato il demonio. Come tutto questo
ebbe inizio, il principale dei problemi filosofici. I Rishmi, i sette che erano assisi sul monte Kailasha a meditare,
risposero che l'anima diviene autocosciente; ed urlando: "Io sono Quella!" divennero doppi nel momento in cui
asserivano che essa era una.
Una simile teoria pu essere considerata non troppo differente dalla verit da chiunque ritorni alla torre sui bastioni
dell'animo e scorga la citt. Ma lasciamo ai dottori il discutere le cause della malattia; per colui che ne soffre
sufficiente conoscerne la cura e porla in pratica.
Abana e Pharpar, i fiumi di Damasco, non valgono la semplicit del Giordano.
Il Profeta ha parlato; non nostro dovere obbedire: e tanto dolci e virtuose sono queste acque che al primo contatto
raggelano lo spirito con la sicura anticipazione della cura.
Non dubitare, Fratello! La ragione infatti pu elaborare ridde di ipotesi; non sono forse questi i veri sintomi del male?
Non ti serve altro che il pi ortodosso buon senso, eredit dei pi semplici e felici antenati, che ti stata trasmessa con
la verga. La cura del male semplice; per l'inquietudine, la pace; per il logorio, la quiete. Per apprendere l'equitazione
inutile lo studio del manuale, ma necessario montare; come il miglior modo di nuotare entrare nell'acqua e muovere
le braccia; in tal modo il senso freddo, e non la febbricitante ragione, che dice: per avere quiete, si pratichi la quiete.
Vi sono uomini di volont cos forte, cos capaci di concentrare la mente, da rifiutare le influenze che non desiderano
ricevere, da isolarsi da ogni rumore, anche quelli fastidiosi ed insistenti di una grande citt. Ma per la maggior parte
degli uomini, preferibile cominciare in condizioni pi favorevoli, scalare montagne col bel tempo, anzich nella
tormenta. E l'aspirante meticoloso risponder: "Provvedi che la cura sia completa, provvedi che il male non ritorni non
appena si smette di somministrare la medicina."
Ah! Questo s che arduo: cos profondamente insediata la malattia che perfino dopo anni di completa assenza di
sintomi, essa approfitta di un attimo di debolezza per ristabilire nuovamente il proprio dominio.

febbre malarica che si cela nel profondo, che si nasconde nell'essenza del sangue, che ha fatto s che la reale sorgente
di vita partecipasse con essa al sacramento di morte.
- " stato trovato un ragno nella coppa eucaristica?"
- " stato trovato un rospo nel fonte battesimale?"
- No: il rimedio sicuramente efficace; ma spesso non guarisce una volta per tutte, al di l di ogni ricaduta.
Eppure semplice; una volta che i sintomi abbiano debitamente cessato di manifestarsi, non torneranno mai con eguale
intensit; e se il malato avr l'intelligenza di continuare a curarsi, la febbre scomparir del tutto.
Cos' perci determinante? Curare il paziente una volta; far s che abbia fiducia nell'efficacia della cura cos che, se per
caso, gli accadesse di ammalarsi di nuovo, senza un dottore a disposizione, sarebbe in grado di provvedere da solo.
Se, perci, il pensiero a disturbare l'anima, non vi che un solo modo di procedere: smettere di pensare.
Questo il compito pi arduo da intraprendere per un uomo. "Datemi un fulcro per la leva", diceva Archimede, "e vi
sollever il mondo".
Ma cosa si pu fare, quando si parte integrante dell'intero meccanismo di moto che si desidera fermare? La Prima
Legge di Newton si abbatte come la lama del boia sul nostro tentativo. Buon per noi che ci non sia tanto vero quanto
ovvio! Poich l'unica cosa che ci salva, l'unica soluzione di tutto questo il riposo. Il movimento solo possibile in una
coppia reciproca; la somma dei suoi vettori zero. Il nodo dell'universo solo apparente; pur se appare di Gordio, lo si
tiri fermamente ed esso si scioglier.
questa apparenza che provoca il danno; le tenebre sono scese sul golfo, le nuvole si addensano minacciosamente in
forme mostruose; una falsa luna si illumina dietro di esse; abisso nell'abisso da ogni parte, oscurit e pericolo; il suono
diabolico di ostili entit! Un riflesso di stelle ed ecco il Ponte d'Oro! Stretto e lungo, tagliente, quasi il filo del rasoio,
sfavillante come la lama di una spada; un vero ponte purch non ci si appoggi a destra o a sinistra.
Varcatelo - bene! Ma tutto ci un sogno. Svegliatevi! Dovete sapere che tutto questo, il golfo, la luna, il ponte, il drago
ed ogni altra cosa, non sono che fantasmi del sonno; ricordatevi che varcare il ponte in sogno l'unico modo per
svegliarsi.
Non so quanti altri uomini abbiano la mia stessa esperienza nell'autoindurre il sogno, o piuttosto nel contesto tra il
perseguito e il non perseguito, nel sogno.
Ad esempio sono su una vetta ghiacciata con Oscar Eckstein. Egli scivola da un lato, io mi getto dall'altro. Iniziamo ad
scavare gradini fino al picco; l'ascia mi scappa di mano, o forse mi viene strappata. Iniziamo a tirarci su fino alla cima
con la corda; la corda comincia a sfilacciarsi. Fortunatamente essa poggia su uno sperone di roccia. Un avvoltoio si
avventa si di noi; invento una pistola e gli faccio saltare le cervella.
E cos via, attraverso migliaia di avventure, rendendomi padrone di ogni evento, non appena esso si concretizzi. Ma
sono cresciuto ora, e sono sazio di brivido.
Ora, al primo accenno di pericolo, metto le ali e plano maestosamente sul ghiacciaio. Questa digressione utile allo
scopo di sovrapporre tale triangolo su quello del "compito": fermare il pensiero. Appare semplice, ed semplice,
quando lo si padroneggiato. Fino a quel momento atto solo a portarvi lontano dalla semplicit.
Io stesso ho scritto qualche milione di parole per smettere di pensare! Ho coperto chilometri di tela con quintali di
vernice per fermare il pensiero. Perci pu darsi ch'io sia da considerare un'autorit dei metodi errati; e forse, per
esclusione, del modo giusto!

Sfortunatamente, non tanto facile come questo ... vi sono sessantanove modi di comporre canti tribali, e ciascuno di
questi giusto. E quello giusto per uno spesso sbagliato per l'altro. Ma fortunatamente, pi reso essenziale
l'obbiettivo, pi scarni e semplici saranno i metodi. Ovunque, nei miei scritti, si trova un resoconto dettagliato ed
accurato del processo. Questo saggio solo un'apologia ad un possente motore catalizzante. Servono le spalle di Ercole
per ruota del carro del principiante, la cui diffidenza suggerisce la sua incapacit a seguire quelle istruzioni nelle
difficoltose circostanze della quotidianit, o per l'entusiasmo di chi saggiamente determina come Kirk Patrick di 'Mak
Siccar'!
Infatti, le preoccupazioni mondane, la falsit del denaro, la lussuria della carne e dell'estetica, l'orgoglio della vita, e
tutti gli altri nemici dei santi, soffocano la parola e la rendono sterile.

2. Il Deserto
Se la pace di un monastero falsa per la lenta, insana ed artificiale monotonia, la vera cura per ogni disturbo del
pensiero la natura, l'essenza del deserto.
Qui l'anima si sottopone ad una triplice trama: primo, la novit del "paesaggio", la sua strana e saliente semplicit dal
potere lenitivo. Ci propedeutico alla cura; si respira infatti l'atmosfera di casa;
si sicuri della vocazione dell'anima. Secondo, la frivolezza della mente, una volta saziata dalla novit, si annoia,
diviene insofferente anche ad una passionale ribellione.
Il Novizio si avventa contro le sbarre; lo straniero del deserto vola verso Londra o Parigi con il diavolo alle calcagna.
Un vero saggio non frena l'accolito che non capace di trattenere se stesso; ma nel deserto, l'esule, se dubita dei propri
poteri - ancora di pi, forse, se non li disconosce! - potrebbe rendere impossibile il ritorno.
Ma come dovrebbe agire in tal caso? Credete me, che ho provato, il viaggio pi lungo, le difficolt pi aspre, sono
come nulla, una freccia luminosa di gioia, quando il grande orrore stato lasciato alle spalle e si ha davanti il santuario
di Parigi!
Perch in verit, il grande orrore - solitudine - nel momento in cui lo spirito non pu immergersi, per molto, in una
mente in continuo mutamento, ridere mentre le sue piccole onde solari lambiscono la pelle, ma, fare silenzio nel castello
di pochi pensieri, passeggiare nella sua stretta prigione, scaricando la pietra del tempo, nutrendosi dei suoi stessi
escrementi.
Non splendono stelle nell'oscurit di tale notte, n si agita schiuma sul mare, putrido e stagnante.
Anche la forma vibrante che il deserto conferisce al corpo, come una lancia nella gola dell'anima.
Il passionale bisogno di agire, pensare, scava lo spirito sin nel profondo come un cancro. lo scorpione che punge se
stesso nella sua agonia, e nessun'altro veleno pu aggiungersi alla tortura del cerchio di fuoco; nessuna angoscia
ulteriore lo strappa al suo annichilimento. Ma contro questi parossismi vi un ottuplice sedativo. Il delirio di follia si
perde in uno spazio senza suoni; gli appelli di colui che affoga, non sono raccolti dal mare. Questi sono gli otto geni del
deserto. Sono gli otto elementi del fohi:
Maschile Femminile
Il Lingam (vita) La Yoni (spazio. Le stelle)
Il Sole La Luna
Il Fuoco L'Acqua
L'Aria (legno) La Terra

Nel deserto essi sono scissi: ciascuno di essi nudo. Sono puri ed imperturbati; non si spezzano o si dissolvono per
mezzo di incontri o comunioni; ciascuno se stesso ed isolato, in armonia con gli altri, ma in alcun modo interferendo.
Le linee di demarcazione sono nette e secche; ma inspiegabilmente da esse nasce morbidezza. Sono immitigabili, gli
otto elementi, eppure insieme, essi mitigano incommensurabilmente.
La mente che si rivolta contro di loro inchiodata a terra dalla loro persistente pressione: come quando si getta un
microscopico cristallo di sale nell'acqua, esso viene eroso silenziosamente e rapidamente, e non pi. L'acqua non si
increspata; la sua azione quella del destino, infinitamente ineluttabile quanto infinitamente calma.
In tal modo la mente si adegua a questo o a quel pensiero; e poi viene ricondotta indietro al silenzio dagli otto grandi
fatti. Il vento del deserto non tollera alcun ostacolo nella sua corsa; il sole risplende bruciante sulla terra cotta del
villaggio; la sabbia sotterraneamente e inesorabilmente corrode l'oasi, eccezion fatta per il breve momento in cui l'uomo
pone la sua opera contro di essa.
Eppure nonostante questo, la sorgente sgorga magicamente dalla sabbia, e neanche il simun pu costringerla o
evaporarla; tantomeno l'immane sterilit del deserto riesce a sconfiggere la vita. Guardate in ogni dove, ogni duna di
sabbia ha i propri abitanti - non coloni, ma indigeni dell'apparentemente inospitale distesa. La luna stessa che
placidamente compie la sua rivoluzione intorno alla terra, cambia apparentemente, quasi a dire: "Anche in questo modo
ti avvicinerai al sole. Sono nuova o sono piena? Non fermare su questo il tuo pensiero; poich il mio modo d'essere non
che il punto di vista da cui tu mi guardi. Io sono solo lo specchio della Luce Solare, buio o luminoso secondo
l'angolazione del tuo sguardo. Lo specchio muta? Non sempre di levigato argento? Non ho forse invece una faccia
sempre rivolta verso il sole? Prenderai gioco di te stesso se mi chiami 'Colei che Cambia'." Con riflessioni di questo
tipo, pu darsi che porrete fine alla ribellione della mente contro il deserto.
Poich la vita stessa, qui nell'oasi qualcosa di ordinato da questi elementi.
La notte fatta per dormire, non vi nulla per cui vegliare, non vi luce artificiale, n nutrimento letterario artificiale.
Non vi scelta di carne: si sempre affamati. Il condimento del deserto fame, fame unica come le salse per gli inglesi.
Dopo aver mangiato, bisogna mettersi in cammino; e vi un solo luogo dove andare. Vi una sola lezione da imparare:
la pace; un solo commento sulla lezione: il ringraziamento. L'amore stesso diviene semplice ed essenziale come il resto
della vita.
Uno sguardo nel Caf Maure, un patto silenzioso con la delizia, una dolce fuga verso lo spazio aperto tra le dune sotto
le stelle dove il villaggio stato gettato, come non fosse mai esistito, come sono in quel momento felice tutte le
trasgressioni del peccatore, ed ogni urlo di vita, eccetto la virt del Santo Uno; oppure verso l'ombroso angolo di un
giardino dell'oasi, accanto al ruscello, dove, attraverso le palme che vibrano dolcemente, giungono i primi raggi lunari
da oriente, e la vita rabbrividisce e vibra in un intorpidito unisono; tutto, tutto in silenzio, n nomi, n lamenti vengono
scambiati, ma un atto si conduce al termine con chiara volont. Mai pi. Nessun rumore, o confusione, o disperazione, o
auto tortura, nemmeno nel ricordo, e ci all'inizio orribile; ci si aspetta cos tanto dall'amore, tre volumi di falsit, un
labirinto invece di un giardino. Da principio difficile capire che ci amore non pi di quanto un brufolo sia parte del
collo di un uomo.
Tutte le spezie con cui siamo abituati a condire la pietanza per i nostri palati depravati, da Maxim, da S. Margaret, corse
in automobile, la Corte dei Divorzi, questi insani piaceri. Non sono l'amore. Tantomeno l'amore l'esaltazione delle
emozioni, sentimenti, follie. La porta di servizio non l'amore (o il ponte in via degli innamorati); amore la corporea
estasi di dissoluzione, la tortura della morte della carne, in cui l'Ego per un momento simile ad un Eone che ha
smarrito l'ineluttabile coscienza di s; e diviene un unico con la coscienza di un altro, presagendosi quel pi alto
sacramento di morte, quando "lo Spirito ritorna a Dio che lo origin". E questo segreto ha pure la sua funzione

nell'economia della vita. Mediante la strada del silenzio si arriva al cancello della Citt di Dio. Come la mente il
possente guerriero (cio Pace Imperturbabile) di questi elementi del deserto, cos infine l'Ego si ritrova da solo, senza
armatura, conscio di s e di null'altro.
Questa la suprema angoscia dello spirito: comprende se stesso come se stesso, una cosa separata da ci che non se
stesso, da Dio. In quest'impulso vi sono due vie: se paura ed orgoglio permangono nell'anima e, essa si richiude in s,
come uno stregone nella torre, che batte i denti in agonia. "Io sono io", urla, "Non perder me stesso". Ed in tale stato di
dannazione, viene lentamente lacerato dagli artigli delle circostanze che si disintegrano amaramente, per ogni suo
struggimento, attraverso i secoli dei secoli, i suoi stracci sono destinati ad essere lacerati nel letamaio oltre le mura della
citt.
Ma se lo spirito comprende la benedizione di quella sublimazione che abbranca l'universo e lo divora, che senza
speranza o paura, senza fede o dubbio, senza amore o odio, dissolve s stesso e quindi vive ineffabile la sua essenza
nella generosa beatitudine di Dio. Esso urla come Shelley, che "le catene di piombo sul volo di fuoco" lanciano metallo
fuso dalle sue membra: "mi affanno, affondo, tremo, spiro" e nell'ultima esalazione diviene uno con il primitivo e finale
respiro, il Santo Spirito di Dio. Tale deve essere l'acme di ogni ritiro nel deserto da parte di ogni Aspirante ai Misteri, il
quale possieda la scintilla di fuoco in lui; egli viene in armonia con la quiescenza fisica (alla regolarit, semplicit, unit
di movimento) dal costante esempio e compulsione degli elementi. Egli viene obbligato all'introspezione dalla
essenzialit del paesaggio esteriore, la percezione oltre le sensazioni, la legge che posta sotto la percezione, ed infine
quella coscienza che fonte di legge. Prima o poi, secondo la sua energia o la sublimazione della sua volont, egli deve
strappare il velo e ammaliarsi dei muri lucenti dello spazio, deve proferire nell'estasi raggiunta: "Questo l'Io!". Ora
fatelo scegliere! Da questo momento dell'annichilimento del S in Pan, egli guarito dalla malattia, "autoconoscenza".
Egli pu ritornare tra i suoi amici, e muoversi tra loro come un re, brillare tra loro come una stella. A lui giungeranno
ineluttabilmente per la luce, a lui giungeranno per risanare le ferite. Egli alzer la sacra lancia, e toccher il fianco del
re, che non venne ferito da arma minore; ed il re sar sanato. Infiler la punta della lancia nel Santo Graal, e di nuovo
risplender di vita ed estasi, spandendo il dono di refrigerio misterioso ad ogni compagnia di cavalieri. Poi, avranno le
rocce della vita lacerato il suo corpo, e la neve raffreddatolo, e non vi sar direzione verso cui volgersi? Avr egli
raggiunto il segreto? Non sar egli entrato nel Santuario del Pi Sommo? Sar prescelto ed armato contro tutte le cose?
Non egli padrone del destino e degli eventi? Cosa pu toccarlo, essendo divenuto intangibile, perduto in Dio? O
conquistarlo, essendo divenuto inconquistabile per aver conquistato se stesso essendosi donato infine a Dio?
Tanto si pu scrivere sulla sabbia, quanto il dolore pu incidere sulla sua anima. Tanto possibile oscurare il sole,
quanto soffocare la luce che in lui.
Questo scrissi nei giardini di palme di Tozeur, vicino alle acque della sorgente; cos scrissi mentre il sole maestosamente
calava nel cielo, ed il vento sussurrava di non provenire da alcun luogo ed in nessun luogo essere diretto, come
scivolasse da eternit ad eternit.
Amen.
Amore la legge, amore sotto la volont
Aleister Crowley,
Tozeur, 17 marzo 1914 e.v.

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