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Capitolo 2.

Ottica

Introduzione
Come si visto nel capitolo precedente, la luce un fenomeno di natura ondulatoria. Di
conseguenza, la propagazione della luce equivalente alla propagazione di unonda. Nello
studio dellottica geometrica invalso da lungo tempo, luso di considerare i cosiddetti
raggi di luce, che rappresentano in definitiva le traiettorie rettilinee delle particelle di
luce descritte nella teoria di Newton. Tali raggi possono essere visualizzati mediante
lutilizzo di schermi forati posti lungo il cammino della luce. Come sappiamo dalla nostra
esperienza, un ostacolo incontrato dal fascio luminoso, produce unombra che
esattamente la proiezione dellostacolo lungo la direzione di propagazione della luce.
Dunque, con uno schermo forato possiamo pensare di poter produrre un cilindro di luce,
sottile a piacere, purch il foro sia abbastanza piccolo. Le cose non stanno esattamente
cos. Gi nel Settecento, Padre Francesco Maria Grimaldi si accorse che, con un foro
troppo sottile, si aveva luce dove doveva esserci ombra. Insomma, qualcosa non
funzionava. Se vero che un sottile cilindretto di luce dimostra che la luce si propaga in
linea retta, daltra parte, non possibile ottenere un cilindro sottile come si vuole. Un
raggio di luce pu essere unutile astrazione, ma non risulta descrivere efficacemente
losservazione sperimentale per qualsiasi grado di approssimazione: sotto un certo limite,
la propagazione della luce non appare pi essere rettilinea.
In effetti, lidea di raggio luminoso come cammino di una particella di luce o comunque
come cammino della luce viene normalmente utilizzata nella cosiddetta ottica geometrica.
Con il termine ottica geometrica si intende quel settore dellottica che studia tutti gli
strumenti ottici, semplici o complessi, basati sulle leggi della rifrazione e riflessione e che
utilizza metodi puramente geometrici. Per la verit, ci si gi resi conto che la luce non si
propaga in linea retta, almeno non sempre, e che ha una natura ondulatoria. Dunque, il
passaggio attraverso mezzi trasparenti deve essere descritto utilizzando i metodi di
Huygens, Kirkhhoff e Fresnel.
Come spiegare le deviazioni dalla legge di propagazione rettilinea? Secondo Huygens*,
possibile costruire un fronte donda a partire dal fronte donda precedente. Occorre
semplicemente considerare ogni punto del fronte donda iniziale come sorgente di
unonda sferica. Il fronte donda successivo si ottiene facendo la convoluzione delle
ampiezze di tutte queste onde sferiche. Per essere pi precisi, occorre moltiplicare le
ampiezze per un fattore, il cosiddetto fattore dobliquit, che modula lampiezza in
funzione dellangolo: massima in avanti, nulla allindietro. Questo fattore, dunque,
elimina le onde che altrimenti verrebbero emesse allindietro ed ha la forma:
1 + cos
f ( ) =
. Naturalmente, usando il principio di Huygens, facile tenere conto di
2
eventuali ostacoli opachi: basta eliminare quei contributi del fronte donda che sono
fermati dallostacolo. Tuttavia evidente che, cos facendo, si eliminano dei contributi ed
*

Trait de la lumire, Dunod, Paris 1992.

Cap. 2 Ottica

il fronte donda successivo non sar pi, almeno ai bordi, quello che sarebbe stato in
assenza dello schermo. Si disegni unonda piana e si considerino tutte le onde circolari che
si propagano dai punti del fronte donda: facile convincersi che il fronte donda
successivo sar un piano, ma, se il primo fronte incide su uno schermo tutto opaco tranne
che per un foro circolare, le onde che passano attraverso lostacolo daranno luogo ad un
nuovo fronte donda che si propagher ad un certo angolo rispetto alla direzione iniziale e
pertanto determineranno una illuminazione dove ci si sarebbe aspettata la sola presenza di
ombra.
1. Linterferenza
Uno dei fenomeni pi caratteristici delle onde linterferenza. Linterferenza una
conseguenza del fatto che le onde obbediscono al principio di sovrapposizione: la
perturbazione totale in un punto dello spazio dunque la sovrapposizione delle
perturbazioni presenti. In determinate circostanze, che verranno adesso esaminate,
lintensit della luce in alcuni punti dello spazio pu essere nulla o massima, cio variare
spazialmente, seguendo uno schema indipendente dal tempo.
Occorre subito puntualizzare che esiste una condizione preliminare, condizione la cui
necessit non immediatamente evidente, perch si verifichi il fenomeno
dellinterferenza. Tale condizione che le sorgenti siano in fase. Ripensando allo schema
dellatomo di Bohr, si ricordi che lemissione di luce da parte di un atomo avviene in
piccole quantit di energia: quelle relative al salto energetico tra due livelli. In termini
ondulatori, questo implica lemissione di un campo elettromagnetico oscillante, di breve
durata, che raggiunge un punto dello spazio ad un tempo e con una fase largamente
arbitraria. Se allo stesso punto giunge contemporaneamente una seconda perturbazione, le
due si sommano dando luogo ad un campo elettromagnetico che pu essere massimo o
minimo a seconda della differenza di fase delle due perturbazioni. Tuttavia, altre onde
emesse in tempi successivi presenteranno differenze di fase ancora diverse e daranno
dunque luogo ad onde elettromagnetiche di ampiezza diversa ad altri istanti.
Lilluminazione dunque sar una funzione rapidamente variabile del tempo e quella che si
pu percepire una media dei valori temporali. Affinch esista unilluminazione costante
in un punto, la relazione di fase tra le due onde interferenti deve rimanere costante nel
tempo. Questo si pu ottenere, sovrapponendo in uno stesso punto non due onde generate
da sorgenti separate, ma una stessa onda che raggiunga il punto, attraverso due cammini
diversi: se la differenza di fase dipende o dalla diversa distanza percorsa o dalla velocit
con cui si sono percorse queste distanze (per esempio, a causa di diversi indici di
rifrazione) essa rimarr la stessa ad ogni emissione di luce e sar dunque indipendente dal
tempo. Usando la matematica per discutere il fenomeno, si possono prendere due onde
piane, con la stessa ampiezza e la stessa pulsazione:

1 ( x, t ) = Ae i (t k1 x1 1 )

2 ( x, t ) = Ae i (t k2 x2 2 )

Cap. 2 Ottica

Si badi che stessa pulsazione non vuole necessariamente significare stesso vettore donda
o lunghezza donda, perch, se i due cammini ( x1 , x 2 ) avvengono in materiali con indici
di rifrazione diversi, le lunghezze donda saranno diverse.

1 ( x, t ) = Ae i (t +1 )
con 1, 2 = k1, 2 x1, 2 1, 2

2 ( x, t ) = Ae i (t + 2 )
La loro somma pu essere riscritta come:

= 1 + 2 = Be i (t + ) ,
con:

B = A 2 + 2 cos ,

tg =

sen 1 + sen 2
cos 1 + cos 2

= 1 2 = + k 2 x2 k1 x1 .
Lintensit dellonda sar: I B = 2 I 0 (1 + cos ) I = 4 I 0 cos
2

Da questultima formula, si deduce che lintensit varier, e varier in modo indipendente


dal tempo, in funzione del punto dello spazio considerato. In altre parole, lintensit avr
minimi e massimi secondo uno schema stazionario nel quale minimi e massimi si
susseguono a seconda della differenza di cammino ottico ( (kx ) ) delle due onde dalle
rispettive sorgenti. Per cammino ottico si intende il prodotto della distanza per lindice
B

di rifrazione, ovvero, nei casi pi complessi, lintegrale l =

n( x)dx . In particolare, si
A

avr un massimo dellilluminazione per

= 2m ed un minimo, per = ( 2m + 1)

con m numero intero.


Si noti che stiamo parlando di luce monocromatica. Se la luce fosse bianca, le posizioni
dei minimi di illuminazione sarebbero spazialmente distinte luna dallaltra, a seconda del
colore.
Di conseguenza, se in un punto si ha un minimo, per esempio per il rosso, allora il verde
sarebbe la frequenza dominante ed il punto appare verde. Si troverebbero dunque delle
frange colorate.
Se si vuole utilizzare una sola sorgente per mantenere le due onde in fase, si ha bisogno di
un qualche sistema in grado di dividere unonda, facendo seguire cammini diversi alle due
perturbazioni e portandole poi ad interferire nello stesso punto. Vediamo alcuni di questi
sistemi.
Negli specchi di Fresnel, si usano appunto due specchi per sdoppiare i due cammini. In
questo caso, i due vettori donda sono identici: sono diversi solo i cammini geometrici
( kx ) = kx . Come mostrato in fig. 16, i due raggi sembrano provenire dalla due
immagini S1 e S 2 della sorgente formate dagli specchi piani.

Cap. 2 Ottica

Un secondo sistema per dividere unonda in due rappresentato dal biprisma, disegnato in
fig. 17 e dagli specchi di Lloyd in fig. 18.
schermo
schermo

S1
S1

S2

Fig. 17: Biprisma di Billet.

S2
Fig. 16: Specchi di Fresnel.

Dopo aver separato i due cammini, si


possono poi far passare le due onde
Schermo attraverso mezzi caratterizzati da
indici di rifrazione diversi. Essendo
diverse le due velocit, ci sar
comunque uno sfasamento. In effetti,
lo sfasamento proprio una misura
della diversa velocit e dunque del
diverso indice di rifrazione. Il sistema
ci d dunque la possibilit di
misurare lindice di rifrazione di un
mezzo rispetto al vuoto, se uno dei
due cammini nel vuoto, o rispetto
allindice di rifrazione di un altro
mezzo.

S1

S2

Fig. 18: Specchi di Loyd.

Cap. 2 Ottica

Vuoto

n
Fig. 19: Misura dellindice di rifrazione.

Fenomeni dinterferenza avvengono nelle lamine sottili. Cominciamo dalle lamine sottili a
facce piane e parallele.

schermo

Lente convergente

Si consideri il caso di incidenza


normale ( i = 0 ) su una lamina
di spessore d. La differenza di
cammino :

n1
i
D
A
C
d

n2

r
B

Fig. 20: Interferenza in una lamina sottile.

= + 2k 2 d = + 2n 2
= +

n2 d

Poich si sta considerando il caso di incidenza normale, lunico parametro che pu essere
cambiato lo spessore della lamina. Al variare di d dunque, si avranno dei massimi
quando le due onde sono in fase e si rinforzano, cio quando = 2m , ed invece dei
minimi quando le due onde sono in opposizione di fase e dunque si cancellano
reciprocamente, = (2m + 1) . Ovvero:

Tutte le volte che si verifica una riflessione alla superficie di separazione tra un mezzo
dindice di rifrazione minore e uno dindice di rifrazione maggiore, occorre variare la fase
dell'onda riflessa di .

d=

Cap. 2 Ottica

I min : d = 2 p

0
4n 2

e I max : d = ( 2 p + 1)

4n 2

, con p numero intero. Si noti che il

significato di queste formule il seguente: nello spazio sopra la lamina le due onde
riflesse si cancellano (o si rinforzano, a seconda dei casi), e dunque non c onda riflessa.
Questo vuol dire che tutta la luce che cade sulla lamina sottile, la attraversa. In verit,
occorrerebbe fare lo stesso calcolo, tenendo conto delle diverse ampiezze delle onde
riflesse (coefficienti di Fresnel) sulle due superfici, per sapere quale frazione della prima
onda riflessa viene cancellata dalla seconda. Ad ogni modo, utilizzando le considerazioni
fatte, si possono realizzare dei rivestimenti ottici antiriflettenti, che massimizzano cio la
luce che attraversa lottica e minimizzano la parte riflessa. Un esempio di lamine piane
dato da macchie dolio sullacqua. Lolio, trasparente, si dispone in uno strato molto
sottile sullacqua e la luce solare che incide su queste macchie d luogo ad uniridescenza
tipica, dovuta appunto allinterferenza tra i raggi riflessi sulle due superfici dello strato
dolio. Nei punti dove un colore si cancella, la superficie dellolio appare colorata proprio
per mancanza di quel colore, il che spiega liridescenza. Riprendiamo adesso la situazione
descritta in fig. 20, ma poniamo i 0 . Guardiamo ai raggi emergenti ad un angolo preciso
(frange di eguale inclinazione). I due raggi riflessi dalla superficie inferiore e da quella
superiore possono essere portati ad interferire con una lente (il cristallino per esempio).
La differenza di cammino ottico sar stavolta pari a:

l = 2n2 AB DC = 2n2

d
d
d
2n2
sen 2 r = 2n2
(1 sen 2 r ) =
cos r
cos r
cos r

= 2n2 d cos r , che d i massimi a:

= k l + = 2m 2n2 d cos r =
cos r =

2m 1
0 .
2

Ovvero

per

0
(2m 1) . La formula l = 2n2 d cos r viene usata anche nel caso di raggi X
4dn 2
che battano ad un angolo su un cristallo. I diversi piani di atomi che formano il cristallo
riflettono i raggi X e si ha interferenza a certi angoli per cui l = 2d sin = , in quel
caso occorre infatti porre n = 1 e si usa langolo complementare di i . Dallangolo per
cui si ha interferenza costruttiva si calcola la lunghezza donda dei raggi X.
Si noti che nella fig. 20 solo la luce emergente dalla superficie superiore considerata:
facile capire che i raggi emergenti dalla superficie inferiore daranno anche loro
interferenza, se una lente viene usata per fare convergere i raggi su uno schermo. In pi si
deve notare come la luce viene riflessa molte volte allinterno della lamina e perci si
potranno avere molti raggi emergenti (sopra o sotto) se solo una parte piccola
dellintensit luminosa attraversa la superficie del vetro finendo nellaria ad ogni
riflessione.

Cap. 2 Ottica

Fascio incidente
Lamina di vetro

Possiamo calcolare lintensit della luce riflessa o trasmessa, sommando le ampiezze dei
diversi raggi e quadrando lampiezza.
Se A lampiezza dellonda incidente, lampiezza dei raggi riflessi sono:

Er0 = A ' eit

Er1 = A ' e i eit


Er2 = A ' 3ei eit
.

Erm = A ' 2 m 1e im eit


In cui , e ', ' sono rispettivamente i coefficienti di riflessione e trasmissione alla
2
nd cos r come prima.
superficie di separazione vetro-aria e aria-vetro. = 2

Sommando tutte le ampiezza, abbiamo:

E = A '+ '

= A '+ ' e i

2 m1e im eit = A '+ ' e i

)
( e )

2 m 1e i ( m 1) eit =

2 m 2 e i ( m 1) eit = A '+ ' e i

2 i

( m 1)

it
e =

ei
= A '+ '
1 2e i

it
e . Si pu dimostrare che per i vari coefficienti di riflessione

2
e trasmissioni valgono le relazioni: + ' = 1 e = ' . Sostituendo, possiamo

', '

eliminare

e i 1 it
e , Da cui otteniamo lintensit
2 i
1

e otteniamo: E = A

della radiazione riflessa:

e i 1 ei 1
1 e i ei + 1
2 2 cos
2
Ir = I0
= I0
= I0 2
2 i
2 i
2 i
2 i
4
1 e e
1 + 4 2 cos
1 e 1 e
2

Cap. 2 Ottica

Lintensit della radiazione trasmessa si ottiene nello stesso modo. Per semplicit
ammettiamo semplicemente che lintensit della luce trasmessa sommata a quella della
luce riflessa deve essere uguale allintensit entrante in accordo con la conservazione
dellenergia e otteniamo: I t = I 0 I 0 2 2

1 cos
2 2 (1 cos )
.
=
I
0
1 + 4 2 2 cos
1 + 4 2 cos

Lintensit della radiazione in funzione dellangolo


picchi ben separati.

per

molto piccola consiste in

La lamina non deve necessariamente essere a facce piane e parallele.


Si consideri, infatti, il caso di un cuneo.

Nei punti di spessore d = x ,


si ha interferenza tra le due
onde riflesse verso lalto, con il
massimo di riflessione se:
d

x = (2m + 1)

4n 2

minimo se: x = m

ed

il

0
.
2n 2

X
Fig. 21: Interferenza su un cuneo.
Gli anelli di Newton, sono un fenomeno di interferenza che si vede mettendo una lente
piano convessa su una lastra di vetro piana.
Lo straterello daria tra i due vetri una lamina con spessore variabile. Se indichiamo con
R il raggio di curvatura della lente, lo spessore d dello straterello costante su un cerchio

x 2 x2
di raggio x, con: d = R R x = R R 1 ( )
.
R
2R
2

Dunque si vedranno anelli luminosi seguiti da anelli scuri. Gli anelli luminosi (massimi) si

R
x2
, ovvero a x = (2m + 1) 0 . Una formula analoga
4
2R
2
pu essere scritta per gli anelli scuri.
Malgrado lo studio accurato del fenomeno degli anelli, Newton non giunse alla
conclusione che la luce fosse un fenomeno ondulatorio.

avranno a d = (2m + 1)

Vedere: I. Newton, Opticks, Dover (1979), pag. 198 e seguenti. Il fenomeno delle frange
colorate prodotte dalle macchie dolio sullacqua stato studiato da R. Hooke.

Cap. 2 Ottica

Nel 1803, T. Young present


vari esperimenti alla Royal
Society che dimostrarono la
R
natura ondulatoria della luce.
R
Tra
questi
lesperimento
universalmente noto come
esperimento di Young. Uno
schermo
con
un
foro
rettangolare posto davanti ad
r
una sorgente luminosa. La luce
che passa attraverso la fenditura
non si propaga rettilineamente,
x
ma a causa della diffrazione si
propaga anche al di fuori
dellombra geometrica. La luce,
passata la fenditura, arriva su
Fig. 22: Gli anelli di Newton.
un secondo schermo con due
fenditure parallele.
Su un terzo schermo, stavolta
Onde
senza fenditure, si osservano le
piane
frange di interferenza. Possiamo
S1
descrivere il sistema sorgente
pi prima fenditura, come una
sorgente capace di illuminare le
due fenditure che diventano
S2
cos due sorgenti in fase. Le
frange che vediamo sullo
Onde
schermo finale sono dunque
sferiche
dovute allinterferenza tra le
Fig. 23: Lesperimento di
onde emesse dalle due sorgenti
Young.
S 1 e S 2.
Consideriamo allora le due onde sferiche che partono dalle due sorgenti:

1 =

01
r1

cos(kr1 t ) e 2 =

02
r2

cos(kr2 t ) .
Sullo schermo finale queste due onde arriveranno
con
una
differenza
di
fase

Per i dettagli storici, vedere: D. Park, Natura e significato della luce, McGraw Hill, pag.

255 e seguenti.

10 Cap. 2 Ottica

= kr = k (r1 r2 ) =

( r1 r2 ) . Come

abbiamo gi detto, nei punti in cui = 2m ,


avremo un massimo dintensit e, dove
= ( 2m + 1) , avremo dei minimi.
Dalla fig. 24, ricaviamo per la differenza dei
cammini: r1 r2 = dsen =
Dunque
d

sen =
2

avremo

m
d

massimi

nelle

(dalla

dsen .
direzioni

condizione

dsen = 2m ) e minimi nelle direzioni

sen =

( 2m + 1)
.
2d

Lintensit sar cos :


Fig. 24: Interferenza da due
fenditure.

I = 4 I 0 cos 2 ( dsen ) , nellipotesi di uguali


ampiezze delle due perturbazioni.

Si tenga presente che si sono trascurati i fattori che rendono disuguali le due ampiezze, per
esempio il fattore r al denominatore. E anche vero che le componenti del vettore elettrico
giacente nel piano del foglio non sono esattamente parallele. In aggiunta, lintensit della
1 + cos
luce decresce con langolo , a causa del fattore dobliquit f ( ) =
. Infine, si
2
noti che langolo definito per una fenditura, e per laltra sar diverso. Qui si suppone
comunque che sia d << l , il che rende la definizione di uguale per le due fenditure. In
fig. 25, viene presentato il grafico dellilluminazione in funzione dellangolo per una
distanza tra le fenditure di 1mm e per luce con = 540nm . Il fattore dobliquit al
quadrato stato incluso.
2a. Linterferometro di Michelson
Abbiamo gi visto limportanza di questo apparato (fig. 26) nel Cap. 1. Adesso vogliamo
spiegarne il funzionamento sulla base dellinterferenza. I due fasci di luce vanno ad
interferire dopo aver percorso dei cammini pari al doppio della lunghezza dei rispettivi
bracci. Dunque lo sfasamento determinato dal doppio della differenza di lunghezza dei
bracci d = d 2 d1 . Questo significa che linterferometro pu essere equiparato ad una
lamina sottile di spessore d = d 2 d1 , a facce piane e parallele, se gli specchi sono
perfettamente ortogonali, o ad un cuneo, se non lo sono. Poich linterferometro funziona

Cap. 2 Ottica

11

in aria, lindice di rifrazione 1 e si tratta dunque di una lamina sottile in aria. Gli
intervalli temporali usati nel cap.1 di Fisica Generale 1 si trasformano in differenze di fase
moltiplicandoli per : = . Per il resto lapparato gi stato discusso. Nel primo
capitolo del corso di Fisica Generale I, abbiamo stabilito che, secondo la relativit
4
classica, t t ' = ( d1 + d 2 ) 2 , ovvero che differisce da 0 per il fattore
c
4
(d1 + d 2 ) 2 , in cui la frequenza della sorgente. Lesperimento di Michelson
c
pertanto progettato proprio per verificare lesistenza di questo fattore. Volendo usare un
interferometro per mettere in evidenza lesistenza di questa correzione, occorre che:
4
c (d1 + d 2 ) 2 . Poich nellesperimento di Michelson: = 104 2 = 10 8 ,
c
5 107 m e d1 11m , questa condizione soddisfatta.

I (ua)

1,0

0,8

0,6

0,4

0,2

0,0
-0,2

0,0

0,2

sen()
Fig. 25: Illuminazione tra due fenditure.

12 Cap. 2 Ottica

Specchi
d2
Specchio
semiriflettente
d1
Fascio di luce
S1

S2

Fig. 26: Interferometro di Michelson.


Gli interferometri (vedere anche di seguito) possono essere usati per una variet di misure.
Se i due fasci che vengono portati ad interferire sono spazialmente ben separati, allora
possono essere usati per misurare la variazione di cammino ottico in uno dei suoi bracci
causata dallinserzione sul cammino del fascio di un pezzo di materiale trasparente e per
conseguenza, nota la dimensione del campione, del suo indice di rifrazione
(interferometro di M., di Jamin, di Mach-Zender). Si po aggiungere che lindice di
rifrazione pu dipendere da vari parametri fisici, per esempio la temperatura o la
concentrazione di un soluto in un solvente, questi parametri possono quindi essere
misurati. Nel caso dellinterferometro di M. si potuto misurare la lunghezza del metro
campione in termini della lunghezza donda di una riga particolare (riga rossa del Cd) e
per conseguenza ridefinire il campione di lunghezza.
Il metodo banale in teoria, molto complesso in pratica, Poich al variare della lunghezza
di un braccio si ottengono passaggi alternati di piena luminosit a oscurit. Un passaggio
dal massimo al minimo di luminosit implica un movimento pari alla met della
lunghezza donda della luce usata: dopo N passaggi si sar misurata una lunghezza pari a
N / 2 . La misura del metro campione richiederebbe un conteggio assai elevato di
cambiamenti di luminosit, pertanto il procedimento pi complicato.
2b. Interferometro di Jamin
E fatto disponendo due lamine di grosso spessore (per esempio 4 cm) parallele tra loro e a
45 rispetto al fascio incidente ( S1 ed S 2 ). Le due lamine hanno la superficie posteriore

Cap. 2 Ottica

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argentate in modo da riflettere la luce. Il fascio incidente sulla superficie anteriore di

S1

si divide in un fascio riflesso sulla superficie anteriore ed un fascio rifratto nella lamina e
poi riflesso dalla superficie posteriore. I due fasci ben separati lateralmente tra loro, sono
poi portati ad interferire sulla faccia anteriore di S 2 .
Fascio incidente

S1
S2
Superficie riflettente
posteriore

Se le due lamine fossero esattamente uguali ed esattamente parallele, il sistema sarebbe


uguale ad una lamina in aria di spessore costante e la superficie anteriore di S2 sarebbe
uniformemente illuminata. Se si ruota intorno ad un asse perpendicolare alla pagina una
delle lamine si osserveranno frange dinterferenza come in una lamina a cuneo.
2c. Interferometro di Mach-Zender
Un fascio monocromatico viene diviso in due fasci da uno specchio semitrasparente (St). I
due fasci sono riflessi da due specchi ( S1 ed S 2 ). e interferiscono sulla superficie
posteriore di una lamina di vetro (L).
S1
L

St
Fascio incidente
S2

14 Cap. 2 Ottica

2d. lamina di Lummer e Gehrke


Consiste in una lamina di vetro in cui un fascio di luce subisce riflessioni multiple sulle
sue superfici interne, lasciando uscire un po di luce ad ogni riflessione. La luce in uscita
viene fatta interferire su uno schermo, usando una lente convergente.

Interferenza
Fascio incidente

Schermo

Lamina di vetro

Lente convergente

2e, Interferometro di Fabry-Perot


Un uso delle lamine a facce piane e parallele nellinterferometro di Fabry-Perot. La luce
passa ripetutamente attraverso la lamina e la quantit di luce che passa attraverso la
lamina varia a seconda della lunghezza donda, lo spessore della lamina, lindice di
rifrazione secondo la stessa regola: per avere un massimo, occorre che (notate
: non c riflessione!)
leliminazione
del
fattore
addizionale

= k l =

2n2 d cos r = 2m . Facendo cadere la luce sullinterferometro, avremo

una luminosit del fascio passante che dipende dalla lunghezza donda. Ne segue che si

Cap. 2 Ottica

15

pu misurare molto accuratamente la lunghezza donda, variando lo spessore della lamina,


che viene realizzata con due specchi semiriflettenti. In questo caso sar: n2 = 1 . Il
sistema pu essere usato anche come filtro: lasciando cadere sul fabry-perrot della luce
con uno spettro continuo di frequenze, solo certe frequenze passeranno.
3. Interferenza tra N fenditure
Consideriamo un sistema come quello in fig. 27. Generalizzando quello che abbiamo fatto
con due fenditure, sappiamo che tra le onde
provenienti da due successive fenditure c uno
sfasamento
SN

dsen .

Dobbiamo sommare le N perturbazioni


provenienti dalle fenditure, ognuna delle quali
avr

la

forma:

k = k 1 +

k = 0 k e i t e i

con

. Mettendo in evidenza il

fattore con la dipendenza temporale, abbiamo:

( x, t ) = k ( x, t ) = e it 0 k e i

S1

Schermo

questo punto occorre calcolare la somma di


numeri complessi: 0 =

0k e

i k

. Poich un

Fig. 27: Interferenza tra


N fenditure.

numero complesso pu essere rappresentato da

16 Cap. 2 Ottica

un vettore nel piano complesso, prendiamo il


primo di questi numeri come vettore lungo
lasse reale e sommiamogli gli altri, tenendo
conto dello sfasamento relativo a quello
precedente (vedi fig. 29). Lo sfasamento
apparir come un cambiamento di inclinazione
pari a rispetto al vettore precedente. I vettori
allora si dispongono su un cerchio, essendo le
loro lunghezze 0 k tutte uguali. Ne segue che il

vettore somma : 0 = 2 sen

possiamo scrivere che: 01 = 2 sen

01

N
. Del resto,
2

conclusione,

0 = 01

abbiamo:

. In

N
2 .

sen
2

sen

Infine, elevando al quadrato, avremo:

Fig. 28: Somma di vettori complessi.

N
2 ) 2 . Questa formula si riduce a quella gi trovata, nel caso in cui
I 0 ( ) = I 01 (

sen
2
sen

N = 2 , usando lidentit trigonometrica: sen (2

) = 2sen

cos

. E evidente che

lilluminazione ha un massimo per = 0 , dove sia il numeratore che il denominatore


vanno a zero. In genere, numeratore e denominatore sono nulli in quelle direzioni tali che

sen = m

, con m numero intero. In tal caso, usando la regola dellHopital, evidente

che lintensit va come N 2 . Nelle direzioni definite dalla relazione: sen =

m
, con
N d

m = 1,..., N 1, N + 1... , il numeratore nullo, ma non il denominatore. Si hanno cos


2m + 1 1
dei minimi. Nelle direzioni in cui il numeratore ha un massimo sen =
e il
2 N d
denominatore non nullo, si hanno massimi secondari. In fig. 29, abbiamo riportato il

sen 2 (
grafico della funzione

N
)
2 , cio dellilluminazione, in unit arbitrarie, per N=4.

sen 2 ( )
2

Cap. 2 Ottica

17

20

I(ua)

15

10

0
-0,10

-0,05

0,00

0,05

0,10

sen( )

Fig. 29: Illuminazione da quattro fenditure.


Rifacendo lo stesso grafico con numeri grandi, corrispondenti ad N di parecchie migliaia, i
massimi primari crescono in altezza come N 2 rispetto ai massimi secondari (che
rimangono dellordine dellunit). Di conseguenza, lilluminazione tutta concentrata
nelle direzioni dei massimi principali. Gli altri parametri del grafico sono: d=3,3m e
=300nm.
4. La diffrazione
Come sappiamo, la luce non si propaga sempre in linea retta. I fenomeni nei quali
presente una deviazione dalla propagazione rettilinea si chiamano fenomeni di diffrazione.
Qui ci si vuole occupare a scopo illustrativo di due casi notevoli: la diffrazione attraverso
una fenditura utile per la descrizione del reticolo di diffrazione - e quella attraverso un
foro - per capire i limiti della risoluzione negli strumenti ottici. Fenomeni di diffrazione
sono pure il passaggio di luce in zone che, geometricamente, dovrebbero essere dombra.
Siamo abituati a questi fenomeni: per esempio, guardando attraverso le ciglia sorgenti di
luce, osserviamo frange colorate. Si tratta appunto di frange dovute alla diffrazione. Si
consideri allora una fenditura di altezza h.
Si divida la fenditura in strisce di
altezza infinitesima dy e si
sovrappongano le perturbazioni

18 Cap. 2 Ottica

provenienti da queste striscioline,


utilizzando una lente convergente. La
differenza di cammino tra la
strisciolina a y=0 e quella a
coordinata y : l = ysen , di
conseguenza, la differenza di fase
y
= 2 sen . La perturbazione

proveniente dalla fenditura la


somma
delle
perturbazioni
infinitesime che provengono da
ciascuna strisciolina.

dy

Fig. 30: Diffrazione da una fenditura.

Dunque:

dE = E c

dy i (t + )
. Sommandole con lo stesso metodo usato per
e
h

linterferenza da N fenditure
h
2

E=

=e

it

h
2

E
dy i (t + )
Ec
e
= eit c
h
h

con:

dye

Ec

h 2 sen

= Ec eit

h
2

=e

it

h
2

(cos + isen )d = e

it

Ec

h 2 sen

d =

Ec
h
sen( sen ) =
h sen

senz
z

z =

senz 2
h
sen . In conclusione, lilluminazione va come (
) . In fig. 31 viene

riportato il grafico dellilluminazione in funzione di sen. In esso si vede nettamente la


presenza di picchi secondari dilluminazione.

N
)
2
Notare che la formula precedente:
della interferenza da
2
sen ( )
2
sen 2 (

fenditure di

altezza si riduce alla formula della diffrazione da unapertura di altezza per


e 0 in modo che lim
= .

Cap. 2 Ottica

19

Un altro caso di diffrazione si ha quando la luce passa attraverso un foro circolare.


Limportanza di questo fenomeno sta nel fatto che ogni strumento ottico ha lenti circolari
montate in un tubo che limita lapertura dello strumento. Si tratta dunque di unapertura
circolare che produrr come immagine di un punto una serie di frange di diffrazione, e non
un unico punto. Per un dato diametro dellobiettivo, un telescopio former limmagine di
una stella come un macchia luminosa di diametro finito, seguita da frange scure e chiare.
Anche considerando come diametro dellimmagine il diametro del circolo centrale
luminoso, questo non sar zero. Pertanto, due stelle angolarmente vicine non possono
essere risolte se la loro distanza angolare inferiore alla somma dei raggi delle due zone
centrali luminose dovute alla diffrazione. Questo fenomeno limita allora la risoluzione
angolare del telescopio, in aggiunta a qualunque altro problema di aberrazione. Pi
esattamente si pu dimostrare che langolo sotto il quale viene visto un punto, ovvero la
sua immagine dato da: sen =

1,22
(Condizione di Rayleigh), con D diametro del
D

foro circolare, ovvero dellobbiettivo. Per esempio, con un obbiettivo di 5cm ed una

=0,5m, si ha 10 5 2,5" darco.


5. Il reticolo di diffrazione
Si abbia nuovamente un sistema di N fenditure, come visto al par. 3. Nel par. 3 non si
considerato il fatto che la luce uscente da ciascuna fenditura non emessa in maniera
uniforme in funzione dellangolo. Poich si appena visto che, a causa della diffrazione,
lilluminazione funzione dellangolo, si devono completare le considerazioni viste
tenendo conto del fatto che lampiezza della luce varia con langolo.
Il problema presto risolto, moltiplicando lilluminazione come calcolata al par. 8, per il

senz 2
) calcolato al paragrafo precedente. In conclusione:
z
h
N
N
sen ( sen ) sen (
dsen )
sen
senz 2

2
2
2
) = I 01 (
) (
)2
I 0 ( ) = I 01 (
) (

z
sen
sen
sin( dsen )
2

fattore (

Il grafico di questa funzione viene riportato in fig. 32 per due lunghezze donda (=300nm
e 600nm), per fenditure da 33m e per una separazione tra le fenditure pari a 3,3m.
Dalla fig. 32 si deduce che, data una perturbazione monocromatica, i massimi principali
risultano localizzati ad angoli ben precisi.
Se la luce entrante nel reticolo non monocromatica, alle diverse lunghezze donda
corrisponderanno posizioni angolari ben diverse e dunque si avr una precisa dispersione
dei vari colori, come e meglio che nel caso di un prisma. Il reticolo di diffrazione
dunque uno strumento che serve a misurare le diverse lunghezze donda presenti nella
luce incidente, trasformando una misura di lunghezza donda in una misura di angolo.

20 Cap. 2 Ottica

1,0

0,8

(senz/z)

0,6

0,4

0,2

0,0
-1,0

-0,5

0,0

0,5

1,0

sen()

Fig. 31: Diffrazione da una fenditura.


6. Lo spettro dellatomo didrogeno
Utilizzando un reticolo di diffrazione, si pu esaminare lo spettro della luce emessa da un
gas ad alta temperatura. In particolare, si pu studiare lo spettro della luce emessa
dallatomo didrogeno, essendo questo latomo pi semplice.
La caratteristica pi importante dello spettro di emissione di un gas che le emissioni
avvengono solo su precise frequenze: lo spettro, cio la distribuzione delle frequenze,
appare come una sequenza di righe luminose su uno sfondo buio. Pi esattamente
possibile descrivere le frequenze ammissibili con la formula (di Balmer):
K 1
1
= ( 2 2 ) , dove fissato il numero intero n = 1,2,3... (cio fissata la serie di righe),
h n
k
si troveranno tutte le righe corrispondenti alla sequenza dei numeri interi k = n, n + 1,... In

Cap. 2 Ottica

21

verit esiste anche un principio di combinazione di Ritz che sostiene che la differenza tra
due termini del tipo =

K 1
costituisce sempre una frequenza possibile.
h n2

Come si vede, la formula delle frequenze ammissibili identica nella forma a quella
descritta al Cap. 4 e relativa ai salti energetici tra due orbite di Bohr

H = H n H m = K (

1
1
1
e4
1

)
,
con:
K
=
m
=cost.
2
2
2
2 (4 0 ) 2
k
n

Di conseguenza, se ammettiamo con Planck che lenergia del campo elettromagnetico


esprimibile nella forma: H = h , dove h la costante di Planck e la frequenza della
luce, allora, la quantizzazione dell'energia operata da Bohr risulta equivalente ad una
quantizzazione delle frequenze emesse. Un problema insormontabile con latomo di Bohr
costituito dal fatto che lelettrone in rotazione intorno al protone irraggia secondo la
legge di Larmor e rapidamente decade sul nucleo. Latomo di Bohr instabile!
Calcoliamo lordine di grandezza del tempo impiegato dallelettrone a finire sul nucleo.
Per un moto circolare, usando la formula di Larmor, lenergia irraggiata per unit di tempo

2 e2 v4
P=
.
3 4 0 c3 r 2

Con

ovvio

significato

dei

simboli:

dE
1 2 e2 v 4
e2 1
dt =
dt
=
mvdv
+
dr
dt
4 0 3 c3 r 2
4 0 r 2
1

v2
e2 1
e2 1
e2 1 2
2
m
=

mv
=

v
=
(
)
r
4 0 r 2
4 0 r
4 0 mr

mvdv =

differenziando:

e 2 dr
. Sostituendo:
8 0 r 2

2 1 e2 v 4
e2 1
2 1 e2 1
e2 1 2
e2 1
e2 1
dt
=
mvdv
+
dr

(
)
dt
=

dr
+
dr
3 4 0 c3 r 2
4 0 r 2
3 4 0 c3 r 2 4 0 m r
8 0 r 2
4 0 r 2

4 1
e2 1 2
4 e4
1
1
(
)
dt
=
dr

dt = dr dt = r 2 dr
2 3
2 3
2 2
3 m c 4 0 r
3 m c (4 0 ) r

4 1
e2 2 4 2
1 e2
21 3 1
(
)
=
r
c
=
3,15

10
m
s
r
=
= 2,8 1015 m ,
,
con
e
e
3 m2 c3 4 0
3
mc 2 4 0

raggio classico dellelettrone. Integrando:


r (t ) = r0 (1 3

r03

1
t)3

, ricordando che per un atomo didrogeno: r0 = 0,53 10 10 m , si

deduce che: r = 0 a t = 12 ps .

22 Cap. 2 Ottica

0,6
O rig in P r o 8 E va lu at io n

O rig in P ro 8 E valu a tion

O rig in P r o 8 E va lu at io n

O rig in P ro 8 E valu a tion

O rig in P r o 8 E va lu at io n

O rig in P ro 8 E valu a tion

O rig in P r o 8 E va lu at io n

O rig in P ro 8 E valu a tion

O rig in P r o 8 E va lu at io n

O rig in P ro 8 E valu a tion

O rig in P r o 8 E va lu at io n

O rig in P ro 8 E valu a tion

O rig in P r o 8 E va lu at io n

O rig in P ro 8 E valu a tion

0,5

0,3

r(m) 10

10

0,4

0,2

0,1

0,0
0

t(ps)

10

12

Cap. 2 Ottica

23

Illuminazione(ua)

1000000

800000

600000

400000

200000

0
0,020

0,025

0,030

0,035

0,040

0,045

0,050

sen()

Fig. 32: Illuminazione da reticolo di diffrazione.

7. La formula di Kirchhoff e la diffrazione


Ricaviamo adesso la formula di Kirchhoff che d una trattazione matematica del principio
di Huygens-Fresnell.
Partiamo dallequazione delle onde e consideriamo unonda monocromatica:

( x, y, z, t ) = ( x, y, z )e it . Sostituiamo nellequazione delle onde e otteniamo:


+ k 2 = 0 che lequazione di Helmholtz (modifica dellequazione di Poissons
2
che ha k = 0 ). Prendiamo adesso due onde con lo stesso valore di k: 1 e 2 .
Scriviamo lequazione di Hemholtz, moltiplichiamo la prima per 2 , la seconda per 1
e sottraiamo. Si ha: 2 ( 1 + k 2 1 ) 1 ( 2 + k 2 2 ) = 0 . Integriamo su un volume
da una superficie che racchiude tutto (vedi disegno in basso) e otteniamo:

V,

24 Cap. 2 Ottica

( 1 + k 2 1 ) 1 ( 2 + k 2 2 ))dV = 0

= ( 2 1 1 2 ) ndS = ( 2
S

d 1
d 2
) ndS
1
dn
dn
d 1, 2

= 1, 2 n . Prendiamo
dn
adesso come 1 , la soluzione dellequazione di Helmholtz ( ) e come 2 , la funzione
1 ikr
e che anchessa soluzione dellequazione di Helmholtz
r

1 d2
2
2 r 2 + k 2 = 0 ovunque tranne che nellorigine. Possiamo dire che 2 la
r dr

Dove la derivata lungo la normale alla superficie

funzione di Green G = G (r ) per il nostro caso. In effetti G(r ) + k 2G(r ) = 4 (r ) . In


essa r la distanza del punto P dal punto sulla superficie. Per conseguenza il primo
membro della precedente relazione, si riduce a:

1 4 ( r )dV
V

Otteniamo: (r ) =

1
1 ikr d
d 1 ikr

( e ))d
( e
4 r
dn
dn r

Cap. 2 Ottica

1
4

1
=
4

25

1
d
d 1 ikr
( e ikr

( e ))d =
r
dn
dn r

1
d
d 1 1 de ikr
( e ikr
e ikr
( )
) d
r
dn
dn r
r
dn

Da cui si ha che:

( x, y , z , t ) =

1
4

(r e

ikr

1
4

(r e

i ( t r / c )

e i t

d
1 dr
1
dr
+ e ikr e it 2
+ ik e ikr e it
) d
dn
r
dn
r dn

Ovvero:

( x, y , z , t ) =

d 1 i (t r / c )
1 dr
+ e
(ik + ) )d
dn r
r dn

Come si vede la perturbazione al punto P al tempo t data dalla somma di perturbazioni

r
a punti distanti r da P, per raggiungere il qual
c
r
punto il tempo preso dalla perturbazione appunto . In conclusione, il valore del campo
c
a P al tempo t determinato dalle perturbazioni prodotte dai punti di una superficie S, ad
un tempo antecedente a t di un tempo che esattamente uguale al tempo che la
generate ad un tempo anteriore1: t

perturbazione prende ad andare dal punto della superficie al punto P. Il potenziale

(t r / c) = ( x, y, z )e

r
i ( t )
c

si chiama il potenziale ritardato.

Per la verit, nellintegrale appare non solo la perturbazione, ma anche la derivata


normale alla superficie; tuttavia si pu dimostrare che le due cose non sono indipendenti.
In conclusione, possiamo scrivere:

Notare che, se avessimo preso la onda nella forma

posto di t

1 ikr
r
e , si sarebbe avuto t + al
r
c

r
. In questo caso avremmo dovuto dire che la perturbazione a P ora
c

determinata da quello che accadr sulla superficie nel futuro. Accanto a soluzioni ritardate
esistono soluzioni anticipate, che qui scartiamo per ragioni evidenti. Tuttavia lesistenza di
queste soluzioni sottolinea il fatto che lelettromagnetismo invariante sotto linversione
temporale.

26 Cap. 2 Ottica

( x, y , z , t ) =

1
4

1 d
1
dr
(t r / c) + 2 (t r / c) +
r dn
dn
r

ik
dr
(t r / c) )d
r
dn
i ( t r / c ) ikz
Prendiamo: (t r / c ) = Ae
e , cio unonda piana che procede lungo lasse
Ze

( x, y , z , t ) =
=

1
4

1
=
4

1
4

1 d

dz

dr

r dz (t r / c) dn + ( r + i ) (t r / c) dn d =

r ik (t r / c) cos

1
2

+ ( + i ) (t r / c) cos d .

1
1 2

r i (cos1 + cos ) + r 2 cos (t r / c)d

Prendiamo la parte reale:

( x, y , z , t ) =

1
4

1 2

r (cos + cos )sin(kz + (t r / c) +


1

cos cos(kz + (t r / c) d
2
r

1
1
Trascuriamo il termine dipendente da 2 , rispetto a quello dipendente da .
r
r
A 1 cos 1 + cos
( x, y , z , t ) =
sin( kz + (t r / c))d =
r
2

A 1
f ( ) sin k [ct (r + z )]d
r

che

f ( ) =

la

formula

di

cos1 + cos
.
2

Huygens-Fresnell,

in

cui

il

fattore

di

obliquit

Supponiamo di avere unonda piana che arriva su uno schermo piatto con un foro.
Prendiamo come superficie lo schermo pi una semisfera a lato del punto P. Lasse Z sia
ortogonale allonda incidente presa parallela al piano dello schermo forato (vedi disegno).

Cap. 2 Ottica

27

cos1 = 1 rigorosamente, perch la normale allo schermo ha la direzione


1 + cos
dellasse Z e dunque f ( ) =
.
2
Il contributo alla perturbazione in P, dovuto alla parte dello schermo non forato sar
In questo caso,

ovviamente zero. Anche il contributo dovuto alla semisfera il cui raggio facciamo
divergere sar nullo, perch la perturbazione viaggerebbe allindietro e il fattore
dinclinazione sarebbe nullo. Dar cos contributo solo la superficie del foro. Dobbiamo,
dunque, calcolare solo lintegrale su tale superficie. Inoltre, se poniamo la posizione dello
schermo opaco a

z = 0 , sar ( x, y, x, t ) =

A 1
f ( ) sin k [ct r ]d .
r

Cominciamo col considerare una fenditura rettangolare di lati 2a e 2b e calcoliamo


lintegrale sullarea del rettangolo.

X
Schermo opaco

Q(,,)
Onda incidente

P(x,y,z)

fenditura
Y

2b

Nel disegno langolo (non marcato per evitare confusione) langolo formato da r con
la normale allo schermo opaco nel punto dintegrazione Q. Lorigine degli assi coordinati
nel centro della fenditura.

( x, y , z , t ) =

A 1 1 + cos
A 1
sin k (ct r )d
sin k (ct r )d . Lultima
r
2
r

approssimazione dovuta al fatto che supponiamo lo schermo su cui si trova P molto

28 Cap. 2 Ottica

lontano ( z molto grande rispetto a

b: massimo valore di tan =

b
<< 1 0 )
z

z
1 per qualunque punto Q.
r
2
2
2
2
Poniamo = x + y + z , definiamo come , , le coordinate del punto Q e
dalla fenditura e dunque: cos =

abbiamo che:

r 2 = ( x ) 2 + ( y ) 2 + ( z ) 2 = 2 + d 2 2( x + y + z ) =

= 2 (1

d2

r = ( 1 2
=

x + y + z

x + y + z

x + y + z

) 2 (1 2

) (1

x + y + z

)=

x + y + z

x + y

Lultimo passaggio giustificato ( =0) se la fenditura giace sul piano


Rimpiazziamo:

A 1
x + y
sin k ct +
d d =
( x , y, z, t ) =

A1
x + y
x + y
sin k (ct ) cos( k
)d d + cos k (ct ) sin( k
)d d

Del resto:

cos(k

x + y

b a

cos(k

b a

2
xy

sin( k

b a

)dd =

cos(k

x + y

b a

) cos(k

+a

sin(k
a

b a

)dd

sin(k

b a
+b

)
b

2
xy

cos(k

)dd =
x

) sin(k

+a

cos(k
a

)dd =

+b

)
b

z = 0.

Cap. 2 Ottica

=4

sin(k

xy

sin(k

)dd =

xa

sin(k
)=4

b a

b a

yb

) sin(k

x + y

xa

29

) sin(k

yb

)
.

sin(k ) cos(k )dd +

b a

cos(k ) sin(k )dd == xy cos(k )

b a

sin(k

xy

+a

cos(k

+a

sin(k

+b

)
b

+b

=0

)
b

In conclusione:

( x, y , z , t ) = 4

= 4ab

In cui:

sin(k

xa

sin( k

xa

) sin( k

yb

) sin(k

xa

yb

yb

)
sin k (ct ) =

)
sin k (ct ) =

sin z x sin z y
sin k (ct )
zx
zy

S = 4ab (a e b sono i semilati della fenditura), z x = k

xa

, zy = k

yb

. La

formula trovata coincide, mutatis mutandis, con quella trovata precedentemente al par.4.
Nel caso della fenditura rettangolare si trova il primo minimo a

zx = =

2 xa

x=

2a

e y=

2b

Nel caso di un foro circolare si trova la stessa formula con a , b = R , R = raggio del
foro.

( x, y , z , t ) =
Nel

d=

caso

2 R

del

sin z x sin z y
sin k (ct ) .
zx
zy

foro

sin =

circolare

troviamo

il

diametro

del

primo

, in cui: D = 2 R = diametro del foro, per sin =

minimo:

, vedere

30 Cap. 2 Ottica

la definizione alla fine del par.4 a proposito della condizione di Rayleigh. Nel caso di uno
strumento ottico, abbiamo: = distanza focale dellobbiettivo. In realt, come si
precedentemente detto, sin = 1,22
teoria non scalare.

dove il fattore moltiplicativo si ottiene con una

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