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Ottica
Introduzione
Come si visto nel capitolo precedente, la luce un fenomeno di natura ondulatoria. Di
conseguenza, la propagazione della luce equivalente alla propagazione di unonda. Nello
studio dellottica geometrica invalso da lungo tempo, luso di considerare i cosiddetti
raggi di luce, che rappresentano in definitiva le traiettorie rettilinee delle particelle di
luce descritte nella teoria di Newton. Tali raggi possono essere visualizzati mediante
lutilizzo di schermi forati posti lungo il cammino della luce. Come sappiamo dalla nostra
esperienza, un ostacolo incontrato dal fascio luminoso, produce unombra che
esattamente la proiezione dellostacolo lungo la direzione di propagazione della luce.
Dunque, con uno schermo forato possiamo pensare di poter produrre un cilindro di luce,
sottile a piacere, purch il foro sia abbastanza piccolo. Le cose non stanno esattamente
cos. Gi nel Settecento, Padre Francesco Maria Grimaldi si accorse che, con un foro
troppo sottile, si aveva luce dove doveva esserci ombra. Insomma, qualcosa non
funzionava. Se vero che un sottile cilindretto di luce dimostra che la luce si propaga in
linea retta, daltra parte, non possibile ottenere un cilindro sottile come si vuole. Un
raggio di luce pu essere unutile astrazione, ma non risulta descrivere efficacemente
losservazione sperimentale per qualsiasi grado di approssimazione: sotto un certo limite,
la propagazione della luce non appare pi essere rettilinea.
In effetti, lidea di raggio luminoso come cammino di una particella di luce o comunque
come cammino della luce viene normalmente utilizzata nella cosiddetta ottica geometrica.
Con il termine ottica geometrica si intende quel settore dellottica che studia tutti gli
strumenti ottici, semplici o complessi, basati sulle leggi della rifrazione e riflessione e che
utilizza metodi puramente geometrici. Per la verit, ci si gi resi conto che la luce non si
propaga in linea retta, almeno non sempre, e che ha una natura ondulatoria. Dunque, il
passaggio attraverso mezzi trasparenti deve essere descritto utilizzando i metodi di
Huygens, Kirkhhoff e Fresnel.
Come spiegare le deviazioni dalla legge di propagazione rettilinea? Secondo Huygens*,
possibile costruire un fronte donda a partire dal fronte donda precedente. Occorre
semplicemente considerare ogni punto del fronte donda iniziale come sorgente di
unonda sferica. Il fronte donda successivo si ottiene facendo la convoluzione delle
ampiezze di tutte queste onde sferiche. Per essere pi precisi, occorre moltiplicare le
ampiezze per un fattore, il cosiddetto fattore dobliquit, che modula lampiezza in
funzione dellangolo: massima in avanti, nulla allindietro. Questo fattore, dunque,
elimina le onde che altrimenti verrebbero emesse allindietro ed ha la forma:
1 + cos
f ( ) =
. Naturalmente, usando il principio di Huygens, facile tenere conto di
2
eventuali ostacoli opachi: basta eliminare quei contributi del fronte donda che sono
fermati dallostacolo. Tuttavia evidente che, cos facendo, si eliminano dei contributi ed
*
Cap. 2 Ottica
il fronte donda successivo non sar pi, almeno ai bordi, quello che sarebbe stato in
assenza dello schermo. Si disegni unonda piana e si considerino tutte le onde circolari che
si propagano dai punti del fronte donda: facile convincersi che il fronte donda
successivo sar un piano, ma, se il primo fronte incide su uno schermo tutto opaco tranne
che per un foro circolare, le onde che passano attraverso lostacolo daranno luogo ad un
nuovo fronte donda che si propagher ad un certo angolo rispetto alla direzione iniziale e
pertanto determineranno una illuminazione dove ci si sarebbe aspettata la sola presenza di
ombra.
1. Linterferenza
Uno dei fenomeni pi caratteristici delle onde linterferenza. Linterferenza una
conseguenza del fatto che le onde obbediscono al principio di sovrapposizione: la
perturbazione totale in un punto dello spazio dunque la sovrapposizione delle
perturbazioni presenti. In determinate circostanze, che verranno adesso esaminate,
lintensit della luce in alcuni punti dello spazio pu essere nulla o massima, cio variare
spazialmente, seguendo uno schema indipendente dal tempo.
Occorre subito puntualizzare che esiste una condizione preliminare, condizione la cui
necessit non immediatamente evidente, perch si verifichi il fenomeno
dellinterferenza. Tale condizione che le sorgenti siano in fase. Ripensando allo schema
dellatomo di Bohr, si ricordi che lemissione di luce da parte di un atomo avviene in
piccole quantit di energia: quelle relative al salto energetico tra due livelli. In termini
ondulatori, questo implica lemissione di un campo elettromagnetico oscillante, di breve
durata, che raggiunge un punto dello spazio ad un tempo e con una fase largamente
arbitraria. Se allo stesso punto giunge contemporaneamente una seconda perturbazione, le
due si sommano dando luogo ad un campo elettromagnetico che pu essere massimo o
minimo a seconda della differenza di fase delle due perturbazioni. Tuttavia, altre onde
emesse in tempi successivi presenteranno differenze di fase ancora diverse e daranno
dunque luogo ad onde elettromagnetiche di ampiezza diversa ad altri istanti.
Lilluminazione dunque sar una funzione rapidamente variabile del tempo e quella che si
pu percepire una media dei valori temporali. Affinch esista unilluminazione costante
in un punto, la relazione di fase tra le due onde interferenti deve rimanere costante nel
tempo. Questo si pu ottenere, sovrapponendo in uno stesso punto non due onde generate
da sorgenti separate, ma una stessa onda che raggiunga il punto, attraverso due cammini
diversi: se la differenza di fase dipende o dalla diversa distanza percorsa o dalla velocit
con cui si sono percorse queste distanze (per esempio, a causa di diversi indici di
rifrazione) essa rimarr la stessa ad ogni emissione di luce e sar dunque indipendente dal
tempo. Usando la matematica per discutere il fenomeno, si possono prendere due onde
piane, con la stessa ampiezza e la stessa pulsazione:
1 ( x, t ) = Ae i (t k1 x1 1 )
2 ( x, t ) = Ae i (t k2 x2 2 )
Cap. 2 Ottica
Si badi che stessa pulsazione non vuole necessariamente significare stesso vettore donda
o lunghezza donda, perch, se i due cammini ( x1 , x 2 ) avvengono in materiali con indici
di rifrazione diversi, le lunghezze donda saranno diverse.
1 ( x, t ) = Ae i (t +1 )
con 1, 2 = k1, 2 x1, 2 1, 2
2 ( x, t ) = Ae i (t + 2 )
La loro somma pu essere riscritta come:
= 1 + 2 = Be i (t + ) ,
con:
B = A 2 + 2 cos ,
tg =
sen 1 + sen 2
cos 1 + cos 2
= 1 2 = + k 2 x2 k1 x1 .
Lintensit dellonda sar: I B = 2 I 0 (1 + cos ) I = 4 I 0 cos
2
n( x)dx . In particolare, si
A
= 2m ed un minimo, per = ( 2m + 1)
Cap. 2 Ottica
Un secondo sistema per dividere unonda in due rappresentato dal biprisma, disegnato in
fig. 17 e dagli specchi di Lloyd in fig. 18.
schermo
schermo
S1
S1
S2
S2
Fig. 16: Specchi di Fresnel.
S1
S2
Cap. 2 Ottica
Vuoto
n
Fig. 19: Misura dellindice di rifrazione.
Fenomeni dinterferenza avvengono nelle lamine sottili. Cominciamo dalle lamine sottili a
facce piane e parallele.
schermo
Lente convergente
n1
i
D
A
C
d
n2
r
B
= + 2k 2 d = + 2n 2
= +
n2 d
Poich si sta considerando il caso di incidenza normale, lunico parametro che pu essere
cambiato lo spessore della lamina. Al variare di d dunque, si avranno dei massimi
quando le due onde sono in fase e si rinforzano, cio quando = 2m , ed invece dei
minimi quando le due onde sono in opposizione di fase e dunque si cancellano
reciprocamente, = (2m + 1) . Ovvero:
Tutte le volte che si verifica una riflessione alla superficie di separazione tra un mezzo
dindice di rifrazione minore e uno dindice di rifrazione maggiore, occorre variare la fase
dell'onda riflessa di .
d=
Cap. 2 Ottica
I min : d = 2 p
0
4n 2
e I max : d = ( 2 p + 1)
4n 2
significato di queste formule il seguente: nello spazio sopra la lamina le due onde
riflesse si cancellano (o si rinforzano, a seconda dei casi), e dunque non c onda riflessa.
Questo vuol dire che tutta la luce che cade sulla lamina sottile, la attraversa. In verit,
occorrerebbe fare lo stesso calcolo, tenendo conto delle diverse ampiezze delle onde
riflesse (coefficienti di Fresnel) sulle due superfici, per sapere quale frazione della prima
onda riflessa viene cancellata dalla seconda. Ad ogni modo, utilizzando le considerazioni
fatte, si possono realizzare dei rivestimenti ottici antiriflettenti, che massimizzano cio la
luce che attraversa lottica e minimizzano la parte riflessa. Un esempio di lamine piane
dato da macchie dolio sullacqua. Lolio, trasparente, si dispone in uno strato molto
sottile sullacqua e la luce solare che incide su queste macchie d luogo ad uniridescenza
tipica, dovuta appunto allinterferenza tra i raggi riflessi sulle due superfici dello strato
dolio. Nei punti dove un colore si cancella, la superficie dellolio appare colorata proprio
per mancanza di quel colore, il che spiega liridescenza. Riprendiamo adesso la situazione
descritta in fig. 20, ma poniamo i 0 . Guardiamo ai raggi emergenti ad un angolo preciso
(frange di eguale inclinazione). I due raggi riflessi dalla superficie inferiore e da quella
superiore possono essere portati ad interferire con una lente (il cristallino per esempio).
La differenza di cammino ottico sar stavolta pari a:
l = 2n2 AB DC = 2n2
d
d
d
2n2
sen 2 r = 2n2
(1 sen 2 r ) =
cos r
cos r
cos r
= k l + = 2m 2n2 d cos r =
cos r =
2m 1
0 .
2
Ovvero
per
0
(2m 1) . La formula l = 2n2 d cos r viene usata anche nel caso di raggi X
4dn 2
che battano ad un angolo su un cristallo. I diversi piani di atomi che formano il cristallo
riflettono i raggi X e si ha interferenza a certi angoli per cui l = 2d sin = , in quel
caso occorre infatti porre n = 1 e si usa langolo complementare di i . Dallangolo per
cui si ha interferenza costruttiva si calcola la lunghezza donda dei raggi X.
Si noti che nella fig. 20 solo la luce emergente dalla superficie superiore considerata:
facile capire che i raggi emergenti dalla superficie inferiore daranno anche loro
interferenza, se una lente viene usata per fare convergere i raggi su uno schermo. In pi si
deve notare come la luce viene riflessa molte volte allinterno della lamina e perci si
potranno avere molti raggi emergenti (sopra o sotto) se solo una parte piccola
dellintensit luminosa attraversa la superficie del vetro finendo nellaria ad ogni
riflessione.
Cap. 2 Ottica
Fascio incidente
Lamina di vetro
Possiamo calcolare lintensit della luce riflessa o trasmessa, sommando le ampiezze dei
diversi raggi e quadrando lampiezza.
Se A lampiezza dellonda incidente, lampiezza dei raggi riflessi sono:
E = A '+ '
= A '+ ' e i
)
( e )
2 m 1e i ( m 1) eit =
2 i
( m 1)
it
e =
ei
= A '+ '
1 2e i
it
e . Si pu dimostrare che per i vari coefficienti di riflessione
2
e trasmissioni valgono le relazioni: + ' = 1 e = ' . Sostituendo, possiamo
', '
eliminare
e i 1 it
e , Da cui otteniamo lintensit
2 i
1
e otteniamo: E = A
e i 1 ei 1
1 e i ei + 1
2 2 cos
2
Ir = I0
= I0
= I0 2
2 i
2 i
2 i
2 i
4
1 e e
1 + 4 2 cos
1 e 1 e
2
Cap. 2 Ottica
Lintensit della radiazione trasmessa si ottiene nello stesso modo. Per semplicit
ammettiamo semplicemente che lintensit della luce trasmessa sommata a quella della
luce riflessa deve essere uguale allintensit entrante in accordo con la conservazione
dellenergia e otteniamo: I t = I 0 I 0 2 2
1 cos
2 2 (1 cos )
.
=
I
0
1 + 4 2 2 cos
1 + 4 2 cos
per
x = (2m + 1)
4n 2
minimo se: x = m
ed
il
0
.
2n 2
X
Fig. 21: Interferenza su un cuneo.
Gli anelli di Newton, sono un fenomeno di interferenza che si vede mettendo una lente
piano convessa su una lastra di vetro piana.
Lo straterello daria tra i due vetri una lamina con spessore variabile. Se indichiamo con
R il raggio di curvatura della lente, lo spessore d dello straterello costante su un cerchio
x 2 x2
di raggio x, con: d = R R x = R R 1 ( )
.
R
2R
2
Dunque si vedranno anelli luminosi seguiti da anelli scuri. Gli anelli luminosi (massimi) si
R
x2
, ovvero a x = (2m + 1) 0 . Una formula analoga
4
2R
2
pu essere scritta per gli anelli scuri.
Malgrado lo studio accurato del fenomeno degli anelli, Newton non giunse alla
conclusione che la luce fosse un fenomeno ondulatorio.
avranno a d = (2m + 1)
Vedere: I. Newton, Opticks, Dover (1979), pag. 198 e seguenti. Il fenomeno delle frange
colorate prodotte dalle macchie dolio sullacqua stato studiato da R. Hooke.
Cap. 2 Ottica
1 =
01
r1
cos(kr1 t ) e 2 =
02
r2
cos(kr2 t ) .
Sullo schermo finale queste due onde arriveranno
con
una
differenza
di
fase
Per i dettagli storici, vedere: D. Park, Natura e significato della luce, McGraw Hill, pag.
255 e seguenti.
10 Cap. 2 Ottica
= kr = k (r1 r2 ) =
( r1 r2 ) . Come
sen =
2
avremo
m
d
massimi
nelle
(dalla
dsen .
direzioni
condizione
sen =
( 2m + 1)
.
2d
Si tenga presente che si sono trascurati i fattori che rendono disuguali le due ampiezze, per
esempio il fattore r al denominatore. E anche vero che le componenti del vettore elettrico
giacente nel piano del foglio non sono esattamente parallele. In aggiunta, lintensit della
1 + cos
luce decresce con langolo , a causa del fattore dobliquit f ( ) =
. Infine, si
2
noti che langolo definito per una fenditura, e per laltra sar diverso. Qui si suppone
comunque che sia d << l , il che rende la definizione di uguale per le due fenditure. In
fig. 25, viene presentato il grafico dellilluminazione in funzione dellangolo per una
distanza tra le fenditure di 1mm e per luce con = 540nm . Il fattore dobliquit al
quadrato stato incluso.
2a. Linterferometro di Michelson
Abbiamo gi visto limportanza di questo apparato (fig. 26) nel Cap. 1. Adesso vogliamo
spiegarne il funzionamento sulla base dellinterferenza. I due fasci di luce vanno ad
interferire dopo aver percorso dei cammini pari al doppio della lunghezza dei rispettivi
bracci. Dunque lo sfasamento determinato dal doppio della differenza di lunghezza dei
bracci d = d 2 d1 . Questo significa che linterferometro pu essere equiparato ad una
lamina sottile di spessore d = d 2 d1 , a facce piane e parallele, se gli specchi sono
perfettamente ortogonali, o ad un cuneo, se non lo sono. Poich linterferometro funziona
Cap. 2 Ottica
11
in aria, lindice di rifrazione 1 e si tratta dunque di una lamina sottile in aria. Gli
intervalli temporali usati nel cap.1 di Fisica Generale 1 si trasformano in differenze di fase
moltiplicandoli per : = . Per il resto lapparato gi stato discusso. Nel primo
capitolo del corso di Fisica Generale I, abbiamo stabilito che, secondo la relativit
4
classica, t t ' = ( d1 + d 2 ) 2 , ovvero che differisce da 0 per il fattore
c
4
(d1 + d 2 ) 2 , in cui la frequenza della sorgente. Lesperimento di Michelson
c
pertanto progettato proprio per verificare lesistenza di questo fattore. Volendo usare un
interferometro per mettere in evidenza lesistenza di questa correzione, occorre che:
4
c (d1 + d 2 ) 2 . Poich nellesperimento di Michelson: = 104 2 = 10 8 ,
c
5 107 m e d1 11m , questa condizione soddisfatta.
I (ua)
1,0
0,8
0,6
0,4
0,2
0,0
-0,2
0,0
0,2
sen()
Fig. 25: Illuminazione tra due fenditure.
12 Cap. 2 Ottica
Specchi
d2
Specchio
semiriflettente
d1
Fascio di luce
S1
S2
Cap. 2 Ottica
13
S1
si divide in un fascio riflesso sulla superficie anteriore ed un fascio rifratto nella lamina e
poi riflesso dalla superficie posteriore. I due fasci ben separati lateralmente tra loro, sono
poi portati ad interferire sulla faccia anteriore di S 2 .
Fascio incidente
S1
S2
Superficie riflettente
posteriore
St
Fascio incidente
S2
14 Cap. 2 Ottica
Interferenza
Fascio incidente
Schermo
Lamina di vetro
Lente convergente
= k l =
una luminosit del fascio passante che dipende dalla lunghezza donda. Ne segue che si
Cap. 2 Ottica
15
dsen .
la
forma:
k = k 1 +
k = 0 k e i t e i
con
. Mettendo in evidenza il
( x, t ) = k ( x, t ) = e it 0 k e i
S1
Schermo
0k e
i k
. Poich un
16 Cap. 2 Ottica
01
N
. Del resto,
2
conclusione,
0 = 01
abbiamo:
. In
N
2 .
sen
2
sen
N
2 ) 2 . Questa formula si riduce a quella gi trovata, nel caso in cui
I 0 ( ) = I 01 (
sen
2
sen
) = 2sen
cos
. E evidente che
sen = m
m
, con
N d
sen 2 (
grafico della funzione
N
)
2 , cio dellilluminazione, in unit arbitrarie, per N=4.
sen 2 ( )
2
Cap. 2 Ottica
17
20
I(ua)
15
10
0
-0,10
-0,05
0,00
0,05
0,10
sen( )
18 Cap. 2 Ottica
dy
Dunque:
dE = E c
dy i (t + )
. Sommandole con lo stesso metodo usato per
e
h
linterferenza da N fenditure
h
2
E=
=e
it
h
2
E
dy i (t + )
Ec
e
= eit c
h
h
con:
dye
Ec
h 2 sen
= Ec eit
h
2
=e
it
h
2
(cos + isen )d = e
it
Ec
h 2 sen
d =
Ec
h
sen( sen ) =
h sen
senz
z
z =
senz 2
h
sen . In conclusione, lilluminazione va come (
) . In fig. 31 viene
N
)
2
Notare che la formula precedente:
della interferenza da
2
sen ( )
2
sen 2 (
fenditure di
Cap. 2 Ottica
19
1,22
(Condizione di Rayleigh), con D diametro del
D
foro circolare, ovvero dellobbiettivo. Per esempio, con un obbiettivo di 5cm ed una
senz 2
) calcolato al paragrafo precedente. In conclusione:
z
h
N
N
sen ( sen ) sen (
dsen )
sen
senz 2
2
2
2
) = I 01 (
) (
)2
I 0 ( ) = I 01 (
) (
z
sen
sen
sin( dsen )
2
fattore (
Il grafico di questa funzione viene riportato in fig. 32 per due lunghezze donda (=300nm
e 600nm), per fenditure da 33m e per una separazione tra le fenditure pari a 3,3m.
Dalla fig. 32 si deduce che, data una perturbazione monocromatica, i massimi principali
risultano localizzati ad angoli ben precisi.
Se la luce entrante nel reticolo non monocromatica, alle diverse lunghezze donda
corrisponderanno posizioni angolari ben diverse e dunque si avr una precisa dispersione
dei vari colori, come e meglio che nel caso di un prisma. Il reticolo di diffrazione
dunque uno strumento che serve a misurare le diverse lunghezze donda presenti nella
luce incidente, trasformando una misura di lunghezza donda in una misura di angolo.
20 Cap. 2 Ottica
1,0
0,8
(senz/z)
0,6
0,4
0,2
0,0
-1,0
-0,5
0,0
0,5
1,0
sen()
Cap. 2 Ottica
21
verit esiste anche un principio di combinazione di Ritz che sostiene che la differenza tra
due termini del tipo =
K 1
costituisce sempre una frequenza possibile.
h n2
Come si vede, la formula delle frequenze ammissibili identica nella forma a quella
descritta al Cap. 4 e relativa ai salti energetici tra due orbite di Bohr
H = H n H m = K (
1
1
1
e4
1
)
,
con:
K
=
m
=cost.
2
2
2
2 (4 0 ) 2
k
n
2 e2 v4
P=
.
3 4 0 c3 r 2
Con
ovvio
significato
dei
simboli:
dE
1 2 e2 v 4
e2 1
dt =
dt
=
mvdv
+
dr
dt
4 0 3 c3 r 2
4 0 r 2
1
v2
e2 1
e2 1
e2 1 2
2
m
=
mv
=
v
=
(
)
r
4 0 r 2
4 0 r
4 0 mr
mvdv =
differenziando:
e 2 dr
. Sostituendo:
8 0 r 2
2 1 e2 v 4
e2 1
2 1 e2 1
e2 1 2
e2 1
e2 1
dt
=
mvdv
+
dr
(
)
dt
=
dr
+
dr
3 4 0 c3 r 2
4 0 r 2
3 4 0 c3 r 2 4 0 m r
8 0 r 2
4 0 r 2
4 1
e2 1 2
4 e4
1
1
(
)
dt
=
dr
dt = dr dt = r 2 dr
2 3
2 3
2 2
3 m c 4 0 r
3 m c (4 0 ) r
4 1
e2 2 4 2
1 e2
21 3 1
(
)
=
r
c
=
3,15
10
m
s
r
=
= 2,8 1015 m ,
,
con
e
e
3 m2 c3 4 0
3
mc 2 4 0
r03
1
t)3
deduce che: r = 0 a t = 12 ps .
22 Cap. 2 Ottica
0,6
O rig in P r o 8 E va lu at io n
O rig in P r o 8 E va lu at io n
O rig in P r o 8 E va lu at io n
O rig in P r o 8 E va lu at io n
O rig in P r o 8 E va lu at io n
O rig in P r o 8 E va lu at io n
O rig in P r o 8 E va lu at io n
0,5
0,3
r(m) 10
10
0,4
0,2
0,1
0,0
0
t(ps)
10
12
Cap. 2 Ottica
23
Illuminazione(ua)
1000000
800000
600000
400000
200000
0
0,020
0,025
0,030
0,035
0,040
0,045
0,050
sen()
V,
24 Cap. 2 Ottica
( 1 + k 2 1 ) 1 ( 2 + k 2 2 ))dV = 0
= ( 2 1 1 2 ) ndS = ( 2
S
d 1
d 2
) ndS
1
dn
dn
d 1, 2
= 1, 2 n . Prendiamo
dn
adesso come 1 , la soluzione dellequazione di Helmholtz ( ) e come 2 , la funzione
1 ikr
e che anchessa soluzione dellequazione di Helmholtz
r
1 d2
2
2 r 2 + k 2 = 0 ovunque tranne che nellorigine. Possiamo dire che 2 la
r dr
1 4 ( r )dV
V
Otteniamo: (r ) =
1
1 ikr d
d 1 ikr
( e ))d
( e
4 r
dn
dn r
Cap. 2 Ottica
1
4
1
=
4
25
1
d
d 1 ikr
( e ikr
( e ))d =
r
dn
dn r
1
d
d 1 1 de ikr
( e ikr
e ikr
( )
) d
r
dn
dn r
r
dn
Da cui si ha che:
( x, y , z , t ) =
1
4
(r e
ikr
1
4
(r e
i ( t r / c )
e i t
d
1 dr
1
dr
+ e ikr e it 2
+ ik e ikr e it
) d
dn
r
dn
r dn
Ovvero:
( x, y , z , t ) =
d 1 i (t r / c )
1 dr
+ e
(ik + ) )d
dn r
r dn
r
a punti distanti r da P, per raggiungere il qual
c
r
punto il tempo preso dalla perturbazione appunto . In conclusione, il valore del campo
c
a P al tempo t determinato dalle perturbazioni prodotte dai punti di una superficie S, ad
un tempo antecedente a t di un tempo che esattamente uguale al tempo che la
generate ad un tempo anteriore1: t
(t r / c) = ( x, y, z )e
r
i ( t )
c
posto di t
1 ikr
r
e , si sarebbe avuto t + al
r
c
r
. In questo caso avremmo dovuto dire che la perturbazione a P ora
c
determinata da quello che accadr sulla superficie nel futuro. Accanto a soluzioni ritardate
esistono soluzioni anticipate, che qui scartiamo per ragioni evidenti. Tuttavia lesistenza di
queste soluzioni sottolinea il fatto che lelettromagnetismo invariante sotto linversione
temporale.
26 Cap. 2 Ottica
( x, y , z , t ) =
1
4
1 d
1
dr
(t r / c) + 2 (t r / c) +
r dn
dn
r
ik
dr
(t r / c) )d
r
dn
i ( t r / c ) ikz
Prendiamo: (t r / c ) = Ae
e , cio unonda piana che procede lungo lasse
Ze
( x, y , z , t ) =
=
1
4
1
=
4
1
4
1 d
dz
dr
r dz (t r / c) dn + ( r + i ) (t r / c) dn d =
r ik (t r / c) cos
1
2
+ ( + i ) (t r / c) cos d .
1
1 2
( x, y , z , t ) =
1
4
1 2
cos cos(kz + (t r / c) d
2
r
1
1
Trascuriamo il termine dipendente da 2 , rispetto a quello dipendente da .
r
r
A 1 cos 1 + cos
( x, y , z , t ) =
sin( kz + (t r / c))d =
r
2
A 1
f ( ) sin k [ct (r + z )]d
r
che
f ( ) =
la
formula
di
cos1 + cos
.
2
Huygens-Fresnell,
in
cui
il
fattore
di
obliquit
Supponiamo di avere unonda piana che arriva su uno schermo piatto con un foro.
Prendiamo come superficie lo schermo pi una semisfera a lato del punto P. Lasse Z sia
ortogonale allonda incidente presa parallela al piano dello schermo forato (vedi disegno).
Cap. 2 Ottica
27
ovviamente zero. Anche il contributo dovuto alla semisfera il cui raggio facciamo
divergere sar nullo, perch la perturbazione viaggerebbe allindietro e il fattore
dinclinazione sarebbe nullo. Dar cos contributo solo la superficie del foro. Dobbiamo,
dunque, calcolare solo lintegrale su tale superficie. Inoltre, se poniamo la posizione dello
schermo opaco a
z = 0 , sar ( x, y, x, t ) =
A 1
f ( ) sin k [ct r ]d .
r
X
Schermo opaco
Q(,,)
Onda incidente
P(x,y,z)
fenditura
Y
2b
Nel disegno langolo (non marcato per evitare confusione) langolo formato da r con
la normale allo schermo opaco nel punto dintegrazione Q. Lorigine degli assi coordinati
nel centro della fenditura.
( x, y , z , t ) =
A 1 1 + cos
A 1
sin k (ct r )d
sin k (ct r )d . Lultima
r
2
r
28 Cap. 2 Ottica
b
<< 1 0 )
z
z
1 per qualunque punto Q.
r
2
2
2
2
Poniamo = x + y + z , definiamo come , , le coordinate del punto Q e
dalla fenditura e dunque: cos =
abbiamo che:
r 2 = ( x ) 2 + ( y ) 2 + ( z ) 2 = 2 + d 2 2( x + y + z ) =
= 2 (1
d2
r = ( 1 2
=
x + y + z
x + y + z
x + y + z
) 2 (1 2
) (1
x + y + z
)=
x + y + z
x + y
A 1
x + y
sin k ct +
d d =
( x , y, z, t ) =
A1
x + y
x + y
sin k (ct ) cos( k
)d d + cos k (ct ) sin( k
)d d
Del resto:
cos(k
x + y
b a
cos(k
b a
2
xy
sin( k
b a
)dd =
cos(k
x + y
b a
) cos(k
+a
sin(k
a
b a
)dd
sin(k
b a
+b
)
b
2
xy
cos(k
)dd =
x
) sin(k
+a
cos(k
a
)dd =
+b
)
b
z = 0.
Cap. 2 Ottica
=4
sin(k
xy
sin(k
)dd =
xa
sin(k
)=4
b a
b a
yb
) sin(k
x + y
xa
29
) sin(k
yb
)
.
b a
b a
sin(k
xy
+a
cos(k
+a
sin(k
+b
)
b
+b
=0
)
b
In conclusione:
( x, y , z , t ) = 4
= 4ab
In cui:
sin(k
xa
sin( k
xa
) sin( k
yb
) sin(k
xa
yb
yb
)
sin k (ct ) =
)
sin k (ct ) =
sin z x sin z y
sin k (ct )
zx
zy
xa
, zy = k
yb
. La
formula trovata coincide, mutatis mutandis, con quella trovata precedentemente al par.4.
Nel caso della fenditura rettangolare si trova il primo minimo a
zx = =
2 xa
x=
2a
e y=
2b
Nel caso di un foro circolare si trova la stessa formula con a , b = R , R = raggio del
foro.
( x, y , z , t ) =
Nel
d=
caso
2 R
del
sin z x sin z y
sin k (ct ) .
zx
zy
foro
sin =
circolare
troviamo
il
diametro
del
primo
minimo:
, vedere
30 Cap. 2 Ottica
la definizione alla fine del par.4 a proposito della condizione di Rayleigh. Nel caso di uno
strumento ottico, abbiamo: = distanza focale dellobbiettivo. In realt, come si
precedentemente detto, sin = 1,22
teoria non scalare.