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2)
Poiché l'amore per la Madre non può essere sradicato
dal cuore degli uomini, la figura della madre amorosa
non può mai essere eliminata dalle religioni.
Nella religione ebraica gli aspetti materni di Dio si
ritrovano nelle varie correnti del misticismo. Nella
religione cattolica la madre è simbolizzata dalla Chiesa
e dalla Vergine. Nel protestantesimo la figura della
madre rimane nascosta: tuttavia l'affermazione che
nulla di ciò che l'uomo fa può meritargli l'amore di Dio
conferisce alla dottrina luterana aspetti propri
dell'amore materno.
3)
Oltre agli aspetti materni e paterni di Dio, la natura
dell'amore per Lui è determinato dal grado di maturità
raggiunto dall'individuo, sia nel concetto di Dio, sia nel
suo amore per Dio.
Ci chiediamo, come è la persona veramente religiosa?
la persona veramente religiosa, se segue l'essenza
dell'idea monoteistica, non prega per qualche cosa,
non si aspetta niente da Dio;
non ama Dio come un figlio ama il padre o la madre;
ha acquisito l'umiltà di conoscere i propri limiti al
punto di rendersi conto che non sa niente di Dio.
Ha fede nei principi che Dio rappresenta; crede nella
verità, vive per l'amore e la giustizia e considera tutto
della sua vita prezioso, in quanto che gli dà la
possibilità di arrivare ad un più completo sviluppo del
suo potere umano.
Amare Dio significa desiderare il raggiungimento della
piena capacità di amare, per la realizzazione di ciò che
"Dio" rappresenta in se stesso.
4)
Un altro lato del problema dell'amore per Dio è
rappresentato dalla differenza fondamentale
dell'atteggiamento religioso tra l'Est (Cina ed India) e
l'Ovest.
Questa differenza può essere espressa in termini
logici, secondo la logica aristotelica e la logica
paradossale.
Dopo Aristotele il mondo occidentale ha seguito i
principi logici della filosofia aristotelica.
Questa logica è basata sulla legge di identità, la legge
di contraddizione e la legge del terzo escluso.
Aristotele spiega chiaramente la sua posizione nella
seguente frase: "E' impossibile per la stessa cosa nello
stesso tempo appartenere e non appartenere alla
stessa cosa nello stesso modo".
Questo assioma della logica aristotelica ha influenzato
così profondamente le nostre convinzioni che esso ci
sembra naturale ed evidente.
In contrasto con la logica aristotelica è ciò che si può
chiamare logica paradossale, che presume che gli
opposti non si escludono l'un l'altro.
La logica paradossale era predominante nel pensiero
cinese ed indiano, nella psicologia di Eraclito e poi di
nuovo sotto il nome di dialettica, divenne la filosofia di
Hegel e di Marx.
Eraclito presume che il conflitto tra gli opposti sia la
base di tutta l'esistenza.
5)
Nel pensiero taoista, come in quello indiano e in quello
socratico, il gradino più alto al quale può condurre il
pensiero, è "sapere che non sappiamo".
E' una conseguenza di questa filosofia che Dio non può
essere nominato. La realtà fondamentale, l'Uno
fondamentale, non può essere afferrato in parole o in
pensieri.
Nella loro ricerca dell'unità dietro alla molteplicità, i
pensatori brahmiani arrivarono alla conclusione che i
due opposti percepiti non riflettono la natura delle
cose, ma della mente che percepisce.
Il pensiero che percepisce deve superare se stesso, se
vuole raggiungere una vera realtà. L'opposizione è
una parte della mente umana, e non è in se stessa
elemento di realtà.
6)
Ora ci chiediamo: nel concetto dell'amore per Dio,
quali differenze riscontriamo tra logica aristotelica e
logica paradossale?
I maestri di logica paradossale dichiarano che l'uomo
può percepire la realtà solo nelle contraddizioni e non
può mai percepire nel pensiero l'estrema realtà-unità,
l'Uno stesso.
La ricerca dello scopo principale non può trovare la
risposta nel pensiero.
L'unico modo in cui il mondo può essere afferrato
definitivamente sta non nel pensiero, ma negli atti,
nell'esperienza dell'unità.
Così la logica paradossale porta alla conclusione che
l'amore per Dio non è né la conoscenza di Dio nel
pensiero, né il pensiero del nostro amore per Dio, ma
l'atto di sentire l'unità con Dio.
7)
Ciò porta all'enfasi sul vero modo di vivere.
Questo appare chiaramente nelle religioni orientali.
Nel brahmanismo come nel buddismo e nel taoismo, lo
scopo principale delle religione, non è la giusta fede,
ma la giusta azione.
Questa enfasi sull'atto e non sul pensiero porta a
molte conseguenze: prima di tutto, porta alla
tolleranza.
Se il giusto pensiero non è la verità fondamentale e
non è la via della salvezza, non c'è ragione di
combattere gli altri, il cui pensiero è arrivato a diverse
formule.
Secondariamente, porta all'enfasi di trasformare
l'uomo, anziché allo sviluppo del dogma da una parte
e della scienza dell'altra.
Dai punti di vista indiano, cinese e mistico, il compito
religioso dell'uomo non è di pensare giusto, ma di
agire giusto, e/oppure di diventare uno con l'Uno
nell'atto della meditazione concentrata.
8)
L'opposto vale per la corrente principale del pensiero
occidentale.
Poiché ci si aspettava di trovare la verità principale nel
pensiero giusto, l'enfasi maggiore era nel pensiero,
sebbene l'azione giusta fosse pure ritenuta
importante.
Nello sviluppo religioso questo portò alla formulazione
di dogmi e all'enfasi che "credere in Dio" fosse lo
scopo principale di ogni concezione religiosa.
Questo, naturalmente, non significava che non ci fosse
anche il concetto che si dovrebbe vivere nel giusto.
Ma nonostante ciò, la persona che credeva in Dio -
anche se non viveva in Dio - si sentiva superiore a
quella che viveva in Dio, ma non credeva in Lui.
Riassumendo, nel predominante sistema religioso
occidentale, l'amore per Dio è essenzialmente
un'esperienza di pensiero;
nelle religioni orientali e nel misticismo, l'amore per
Dio è un'intensa sensazione di unità, inseparabilità,
legata con l'espressione di questo amore in ogni atto
della vita.
9)
Possiamo ora fare un importante parallelo tra l'amore
per i propri genitori e l'amore per Dio.
Il bambino è attaccato alla madre come alla "terra
d'origine": si sente indifeso ed ha bisogno del suo
amore confortante.
Poi si rivolge al padre come al nuovo centro dei propri
affetti, il padre rappresenta una guida del pensiero e
dell'azione; in questo stadio è spinto dal bisogno di
meritarsi gli elogi paterni e di evitargli i dispiaceri.
In uno stadio di piena maturità non necessita più della
madre e del padre come poteri di protezione e di
comando; ha stabilito in se stesso i principi materni e
paterni. E' diventato il padre e la madre di se stesso.