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Indice
1 NASCITA DELLA MECCANICA QUANTISTICA
1.1 Il modello atomico di Thomson . . . . . . . . . . . . .
1.2 Eetto fotoelettrico e relazione di Planck-Einstein . .
1.3 Eetto Compton e relazione di de Broglie . . . . . . .
1.4 Le relazioni di indeterminazione . . . . . . . . . . . . .
1.4.1 Indeterminazione posizione-impulso . . . . . .
1.4.2 Energia-Tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.5 Dallatomo di Thomson a quello di Bohr . . . . . . . .
1.6 Latomo di idrogeno secondo Bohr . . . . . . . . . . .
1.6.1 Lo stato fondamentale . . . . . . . . . . . . . .
1.6.2 Primo stato eccitato . . . . . . . . . . . . . . .
1.6.3 Latomo di Bohr e gli spettri atomici . . . . . .
1.7 Appendice: Il raggio classico dellelettrone . . . . . . .
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4
5
7
10
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19
22
23
23
25
2 EQUAZIONE DI SCHROEDINGER
27
2.1 I postulati della Meccanica Quantistica . . . . . . . . . . . . . . . 27
2.2 Funzione donda ed equazione di Schoedinger . . . . . . . . . . . 28
2.3 La particella libera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
2.4 Velocit di gruppo e moto della particella libera . . . . . . . . . . 31
2.4.1 Discussione sulla funzione donda rappresentata dal pacchetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
2.5 La buca di potenziale infinita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
2.6 Loscillatore armonico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
2.7 Condizioni al contorno periodiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
2.8 Particella in presenza di una barriera . . . . . . . . . . . . . . . . 42
2.9 Latomo dIdrogeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
2.10 Appendice: Particella in una buca di potenziale . . . . . . . . . . 45
2.11 Appendice: Particella in un potenziale periodico . . . . . . . . . 45
3 LE DIVERSE STATISTICHE
3.1 Elementi di termodinamica e teoria
3.1.1 Il gas perfetto . . . . . . . .
3.2 Elementi di teoria cinetica . . . . .
3.3 Clausius e il modello di gas . . . .
cinetica
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46
46
48
48
48
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3.5
3.6
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62
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66
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73
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98
100
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5.4
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123
Capitolo 1
NASCITA DELLA
MECCANICA
QUANTISTICA
Alla fine del XIX secolo la Meccanica, iniziata da Newton e lElettromagnetismo
sistemato da Maxwell erano le due teorie pi importanti che si avevano a
disposizione per indagare la realt fisica.
La Meccanica era ormai ben consolidata, anzi costituiva la base della visione
del mondo, lelettromagnetismo, con la conferma sperimentale di Hertz , sulla natura elettromagnetica della luce, faceva rapidamente nuovi progressi. Le
due teorie erano per molti aspetti complementari. La Meccanica si interessava di corpi, quindi di oggetti limitati nello spazio, la seconda di campi ovvero
di oggetti definiti in tutto lo spazio. Nel primo caso, due soggetti della teoria
non potevano occupare lo stesso spazio, nel secondo caso, i fenomeni di interferenza e dirazione indicavano invece che i campi si potevano sovrapporre nei
diversi punti dello spazio. Le due teorie erano destinate ad incontrarsi perch
le cariche accelerate erano sorgenti di radiazione elettromagnetica (onde elettromagnetiche) e le neo teorie sulla costituzione della materia prevedevano che
la materia fosse costituita di particelle cariche, sia positive che negative, che
accelerate dovevano emettere radiazione elettromagnetica. E tutto questo era
confermato dal fatto che atomi e molecole emettevano e assorbivano onde elettromagnetiche. Era noto, infatti, che gli atomi emettevano, sotto determinate
condizioni, delle caratteristiche linee spettrali, che diversi fisici sperimentali stavano (Lyman, Paschen, Brackett, Pfund, Balmer e altri) cercando di classificare.
In altre parole, i processi di emissione e assorbimento della luce erano evidenti
e non si poteva prescindere dal dare una formulazione sulla struttura della materia. Ovviamente non erano solo questi, i fenomeni che imponevano la ricerca
di un modello sulla struttura della materia, ma sar di questi che inizialmente
ci occuperemo.
Il modello atomico che prevalse fino al 1912 fu quello di J.J. Thomson (1904).
4
1.1
Secondo tale modello, latomo, supposto sferico, era costituito da elettricit positiva distribuita uniformemente allinterno della sfera e dentro tale distribuzione
dovevano essere presenti delle cariche negative supposte puntiformi, chiamate
elettroni. Lazione elettrica della distribuzione di carica positiva, come vedremo,
produceva una forza elastica sulle cariche elettriche negative. Le frequenze proprie degli elettroni coincidevano con le frequenze delle righe spettrali emesse
dagli atomi.
Il modello atomico di Thomson dava ragione di diversi esperimenti tra cui
la dimensione degli atomi che era nota dai risultati della teoria cinetica dei gas.
Lattrazione verso il centro della sfera delle cariche elettriche giustificata
dalla legge di Gauss dellelettromagnetismo e genera una forza elestica sulla
carica. Questa forza sar lorigine del moto oscillatorio che produrra le onde
elettromagnetiche e che consentir lassorbimento della radiazione.
Se si ha una sfera uniformemente carica, di raggio , la sua densit di carica
sar
= 4 3
3
dove la carica totale della sfera. La forza agente su un elettrone che si trova
ad una distanza dal centro della sfera, si ottiene usando la legge di Gauss.
Infatti, possiamo scrivere
I
()
E u 2 =
0
dove
() =
3 = 3 = 3 3
3
Dalle due precedenti equazioni otteniamo il campo elettrico attrattivo che agisce
sullelettrone
=
40 3
per cui la forza agente sullelettrone, la cui la indicheremo con
=
=
40 3
(1)
La forza proporzionale alla distanza dal centro della sfera (il segno meno deriva
dal segno negativo della carica dellelettrone). Questa forza di tipo elastica:
gli elettroni sottoposti a questa sola forza eseguono un moto armonico semplice.
Di qui anche le frequenze proprie degli elettroni.
Infatti, noto che il moto periodico ammette una frequenza che legata alla
costante elastica dalla legge
r
r
1
1
1
=
=
(2)
2
2 40 3
5
2
' 23 1028
40
1
=
2
2 1
3
(4)
(6)
Questo risultato coincideva con i risultati predetti dalla teoria cinetica dei
gas.
Dalla teoria dellelettromagnetismo era stato anche derivato un valore delle
dimensioni dellelettrone. Tale valore, detto raggio classico dellelettrone,
derivato in forma semplice nellappendice ed dato da
=
2
' 2 8 1015
2
(7)
1.2
Vi erano alcuni risultati che non si riuscivano a giustificare allinterno del modello atomico di Thomson e della teoria elettromagnetica di Maxwell. Tra i problemi non conciliabili vi era il problema della stabilit degli atomi. Ogni carica
accelerata emette radiazione elettromagnetica. Poich la radiazione porta via
dallatomo dellenergia, latomo dovrebbe progressivamente perdere la sua energia e quindi spegnersi, in un tempo sicuramente finito. Poich ci non accade ci
deve essere qualche meccanismo che lo impedisce. Questo meccanismo non era
stato individuato e la ricerca del motivo della stabilit degli atomi rimaneva un
problema aperto.
Inoltre, gli spettri di emissione degli atomi erano stati classificati ma una
teoria soddisfacente non era stata elaborata. Si poteva pensare che le diverse
righe di emissioni erano legate a diverse costanti elastiche presenti negli atomi,
ma il motivo del perch erano quelle particolari per ogni atomo, non erano state
individuate.
La strada per la comprensione di questi fenomeni fu aperta dallo studio di un
particolare sistema di interazione luce materia: la luce confinata in una cavit
in equilibrio termodinamico con le pareti della cavit (corpo nero). Nel 1900, E.
Planck per trovare lo spettro della radiazione elettromagnetica (spettro di corpo
nero), che era in equilibrio con gli oscillatori, di cui erano costituite le pareti fu
costretto ad ipotizzare, che le uniche energie che la radiazione e gli oscillatori
potevano scambiare erano quantizzate secondo la seguente espressione
E =
(1)
(2)
Planck, in contrasto con tutti i risultati teorici e sperimentali, aveva ipotizzato una natura discontinua della radiazione elettromagnetica: erano permesse,
nello scambio tra la radiazione e gli atomi della parete, solo determinati valori
discreti delle frequenze . La strada era aperta per quella che si riveler una vera
rivoluzione ma non fu compresa subito, neanche dal suo proponente. Ci non
deve sorprendere perch se si assume che solo determinati oscillatori, quindi determinate frequenze, sono associabili a ciascun atomo, la discretizzazione dello
scambio era naturale allinterno del modello di Thomson. Rimaneva sempre il
problema del perch ogni atomo avesse le proprie determinate frequenze.
Il passo successivo nella discretizzazione degli enti fisici fu fatto nel 1905
da A. Einstein che, per spiegare il fenomeno delleetto fotoelettrico, di cui
parleremo nel prossimo paragrafo, ipotizz che la luce, nei processi di scambio
con la materia (emissione e assorbimento) potesse considerarsi costituita di
pacchetti di energia della forma proposta da Planck. Lattenzione, o se si vuole,
la responsabilit della natura discreta dellemissione e dellassorbimento, erano
7
stati trasferiti dal modello atomico a quello della luce. Questa attenzione verso
la luce e non verso la struttura della materia, cio verso il campo e non verso la
materia sar una costante degli interventi fondamentali di Einstein. Egli sar
sampre pi interessato ai campi che non alla struttura specifica della materia.
Veniamo agli esperimenti sulleetto fotoelettrico. Nel 1880 Heinrich Hertz,
quello stesso scienziato che aveva provato sperimentalmente che la luce unonda
elettromagnetica esegu un esperimento che avrebbe messo in crisi la natura ondulatoria della luce. Inviando della luce ultravioletta su una superficie metallica
venivano emessi degli elettroni dal metallo.
Per interpretare tale fenomeno sulla base della natura elettromagnetica della luce possiamo procedere nel modo seguente. Un elettrone (di conduzione)
del metallo pu pensarsi debolmente legato da una forza di tipo elastica ad
un qualsiasi atomo. Londa elettromagnetica incidente sul metallo induce una
oscillazione forzata dellelettrone e lelettrone pu uscire dal metallo. Le propriet del metallo sono tali da permettere agli elettroni di essere trattenuti fino a
quando lenergia ricevuta dal metallo non raggiunge un valore preciso.
Sintetizzando, secondo la fisica classica dovrebbero accadere le seguenti cose
a) Poich gli elettroni sono legati, occorre una certa energia, per estrarre gli
elettroni dal metallo
b) Lenergia in pi rispetto allenergia di legame dovrebbe essere trasformata
in energia cinetica dellelettrone emesso. Di conseguenza se si aumenta lintensit dellonda incidente dovrebbe aumentare lenergia cinetica degli elettroni
emessi.
c) Anche a piccole intensit si potrebbe aumentare lemissione aspettando
abbastanza a lungo.
d) La lunghezza donda dellonda incidente non dovrebbe influenzare lemissione.
Cosa mostravano gli esperimenti:
a) Gli esperimenti evidenziavano il carattere istantaneo dellemissione fotoelettrica.
b) Lenergia degli elettroni risultava indipendente dallintensit
c) Con certe lunghezze donda si aveva emissione di elettroni, mentre con
lunghezze donda maggiori, anche aspettando a lungo non si aveva emissione.
d) Il numero di elettroni emessi, per ogni fissata lunghezza donda, risultava
proporzionale allintensit della radiazione incidente.
(1)
(3)
(4)
(5)
= 1 05 1034
2
Unonda elettromagnetica classica trasporta sia energia che quantit di moto.
Leetto fotoelettrico tratta della natura quantistica del contenuto energetico
della luce (quantizzazione dellenergia) , mentre sar leetto Compton a trattare
della natura quantistica della quantit di moto trasportata dalla luce.
~=
1.3
EB
0
(1)
E=
(3)
Lassunzione della (3) era una naturale conseguenza della teoria della relativit ristretta che egli, sempre nel 1905, aveva elaborato. Secondo tale teoria,
lenergia totale E posseduta da una particella libera e la sua quantit di moto,
sono legate dalla seguente relazione:
2
E 2 = () + 2 4
(4)
(5)
(6)
Negli articoli del 1916-17 lassunzione della quantit di moto era riferita alla
radiazione, in maniera chiara, perch nella ipotesi di cui Einstein si era servito
non si faceva alcun riferimento alle propriet dei corpi.
=
10
A conferma che Einstein non era interessato alle propriet dei corpi, non
relativistici, mostriamo la seguente derivazione.
Poich la lunghezza donda legata alla frequenza dalla relazione
=
(7)
troveremo
(8)
11
(1 cos )
(12)
' 20 1012
(13)
2
= 2 82 1015
2
(14)
12
1.4
Le relazioni di indeterminazione
Dai corsi di meccanica classica si impara che, nota la posizione di un punto materiale e la sua velocit ad un certo istante, possibile determinare esattamente
la sua storia passata e futura.Vedremo tra breve, invece, che quando si misurano
le grandezze fisiche di una quantit microscopica la precisione sulla posizione di
un corpo, non pu essere spinta oltre un certo limite, se non a discapito della totale mancanza di informazioni sulla velocita del corpo stesso. Mancando
cos la contemporanea determinazione della posizione e velocit di un corpo, la
conoscenza di ogni sua posizione passata o futura risulter indeterminata. Il
determinismo classico scompare nella fisica moderna.
Per capire perch il determinismo presente, nella forma che abbiamo discusso, solo a livello macroscopico dobbiamo riprendere la discussione della relazione
di de Broglie e della sua validit per tutte le particelle.
Valutiamo la lunghezza donda associata ad una biglia, di 10 grammi, delle
dimensioni di un centimetro che si muove alla velocit di mille metri al secondo:
=
6 63 1034
=
= 6 63 1035
102 103
6 63 1034
'
= 6 63 107
1030 103
1.4.1
Indeterminazione posizione-impulso
(1)
= sin
2
14
Langolo anche una deflessione (angolo formato dalla direzione incidente della
velocit e dalla direzione della velocit dopo lattraversamento della fenditura)
e pu essere valutato anche dal piccolo triangolo in figura
= sin
2
In definitiva, usando la relazione di de Broglie, avremo
= 2 sin = 2
sin
(2)
(3)
(4)
(5)
1.4.2
Energia-Tempo
Una relazione di Heisenberg che utilizzeremo spesso quella tra energia e tempo.
Proviamo a dare una semplice dimostrazione di questa nuova relazione dindeterminazione, senza la pretesa di essere rigorosi. Le relazioni dindeterminazione
in realt sono legate alle propriet delle trasformate di Fourier che abbiamo gi
incontrato nellinterazione tra radiazione e oscillatore. Secondo la definizione
adottata in questo testo se
1
() =
2
()
()
15
Fin dagli anni venti era noto che la quantit dinformazione che si pu trasmettere dipende dal tempo di trasmissione e dallintervallo di frequenza utilizzato.
Per capire il contenuto di questa aermazione consideriamo il seguente segnale:
1 12 12
0
(6)
() =
Z12
12
1 2
2
Infine, poich
sin =
() =
2
sin
otterremo
16
(7)
2
Si trova che tale larghezza vale
= 4
Poich = 1, abbiamo
= 4
(8)
1
2
(9)
Questa relazione classica pu essere usata per una semplice derivazione della
corrispondente relazione quantistica. Infatti, poich sappiamo che
E = ~
moltiplicando per ambo i membri arriveremo alla relazione dindeterminazione
quantistica energia-tempo:
~
E
(10)
2
Supponiamo che lenergia di un dato sistema sia misurata con unincertezza E
e che la misura richieda, per eettuarla, un intervallo di tempo . Secondo
la (10) occorre un tempo infinito per misurare con esattezza lenergia di un
sistema.
Esiste una dierenza tra le due precedenti relazioni. Nella (5) si aerma che
la posizione e la quantit di moto (le componenti omologhe) di una particella
non possono esistere nello stesso stato. Nella relazione (10), si fa riferimento ad
uno stato del sistema e si aerma che se questo stato ha una durata finita, allora
la sua energia (nello stesso stato) non pu essere determinata esattamente ma
compresa in una regione energetica di una certa ampiezza.
1.5
40 3
La forza proporzionale alla distanza dal centro della sfera (il segno meno deriva
dal segno negativo della carica dellelettrone).
Se una carica positiva 1 attraversa la sfera, la forza repulsiva agente sulla
carica si scriver
1
=
40 3
17
Una particella con carica positiva che passasse vicino al centro dellatomo sarebbe
sottoposta ad una forza meno intensa di una identica particella che passasse pi
lontana dal centro.
Questa una forza che aumenta la sua intensit con il quadrato della distanza
man mano che ci si avvicina al centro dellatomo.
18
1.6
Di conseguenza, tutti gli elettroni dovrebbero cadere sul nucleo dopo un certo
tempo. Poich ci non accade dobbiamo convenire che esiste un qualche motivo
per la stabilit dellatomo. Seguendo Bohr facciamo le seguenti ipotesi:
1) Non tutte le orbite sono permesse. Sono permesse solo quelle orbite le cui
lunghezze sono un multiplo intero di una lunghezza donda associata al moto
dellelettrone.
2) quando gli elettroni sono su tali orbite non irradiano.
19
Lenergia potenziale associata alla posizione dellelettrone (il nucleo supposto fermo ed un sistema di riferimento inerziale posto con lorigine sul nucleo)
sar
1 2
(1)
40
dove la carica dellelettrone e la carica del protone; inoltre 0 la
costante dielettrica del vuoto. Porremo, come sempre,
U =
2 =
2
40
2
2
(2)
+
2
Poich lelettrone un oggetto quantistico, la sua quantit di moto dovr essere
legata alla lunghezza donda, posseduta dallo stesso,
E =
=
20
(3)
(4)
dove = 1 2 3 4 .
~
=
2
~
2
(5)
(6)
ovvero il prodotto del raggio dellorbita dove risiede lelettrone per la quantit di moto posseduta dallelettrone pari alla costante di Planck per .
Allora, la condizione di quantizzazione di Bohr equivalente al principio di
indeterminazione. In definitiva, lenergia totale posseduta dallelettrone sar
E =
+ 2
(7)
~2 2
(8)
Abbiamo riscritto lenergia totale in funzione della sola distanza dellelettrone dal nucleo. Vi appaiono due contributi, quello attrattivo di tipo coulombiano e quello cinetico quantistico di tipo repulsivo. Lelettrone si porter ad
una distanza che rappresenter una posizione di minimo per lenergia, in funzione di . A tale posizione di minimo per lenergia corrisponder un valore
della distanza dellelettrone dal nucleo, , che sar dato da
E
=0
=
21
~2 2
=
= 2
2
dove
= 1 =
~2
= 0 53 1010
2
(9)
(10)
2
2
1 2
+ 2 = +
=
2
2
2
2
1 1 2
E = 2
1.6.1
(11)
Lo stato fondamentale
1 2
= E = 13 6
2
(12)
(1)
(2)
1 = 106
1 = 109
e sottomultipli
1 = 103
1.6.2
Per ottenere i risultati dellenergia e del raggio nedio del primo stato eccitato
suciente porre = 2 nei risultati precedenti. Per lenergia avevamo trovato
E =
1
E
2
(13)
E2 =
1
E
22
(14)
1.6.3
(15)
= 2
(17)
E E
23
(18)
Poich
1
E
1
1
1
2
=
(E E ) =
(19)
(20)
!
1
1
1
2
(21)
=
dal confronto di queste due equazioni otteniamo una espressione teorica per la
costante di Rydberg
E
=
(22)
La diseccitazione accompagnata dallemissione di un fotone (figura a sinistra), mentre per eccitare un elettrone occorre inviare un fotone (o altra particella) (figura a destra)
Nella figura seguente sono mostrati i valori dei diversi livelli energetici,
dellelettrone atomico.
24
1.7
1
=
40
2
2
4
0
2
1
40
2
=
4
40
1
1 1
1
1
=
2 =
2
2
40
2 40
1
= lim
R0 80 R
Possiamo dire che lidea di localizzare lenergia nel campo elettrico non
consistente con la nostra ipotesi di carica puntuale.
Ora, ipotizziamo che lelettrone sia un corpo sferico di raggio . Vogliamo
stimare, sulla base dellenergia che esso possiederebbe, quale sia il valore del suo
raggio.
25
1 2 1
2 40
1 2 1
2 40
1 2
1
2 40 2
26
Capitolo 2
EQUAZIONE DI
SCHROEDINGER
In questo capitolo verr presentata e utilizzata lequazione fondamentale della
meccanica microscopica. Rimandando ai testi specifici per ogni approfondimento, cercheremo di mostrare come si usa lequazione di Schroedinger nel caso
unidimensionale applicandola a casi che sono di sicuro utilizzo nella fisica dei
solidi e in altri campi dellingegneria.
2.1
Senza alcun commento, daremo qui di seguito i postulati che sono alla base della
Meccanica Quantistica:
1. Ad ogni sistema fisico associato uno opportuno spazio (detto di Hilbert).
Ogni stato del sistema rappresentato da un elemento (vettore donda o funzione
donda) dello spazio con normalizzazione unitaria:
Z
2
|| = 1
Lo stato contiene tutte le informazioni sul sistema.
2. Ad ogni grandezza fisica osservabile associato un opportuno operatore
(autoaggiunto) che opera nello spazio di Hilbert.
3. Levoluzione temporale di uno stato descritta dallequazione di Schroedinger:
~
Figura 2.1:
5. Prima di una misura, lo stato esprimibile solo come combinazione
lineare di autostati di . Supponendo solo autovalori discreti per losservabile,
scriveremo
X
=
()
con
||2 =
| ()|2 = 1
Z
2
| ()| =
2.2
(1)
(r)
~2 2
=
(r) + (r) (r)
2
28
(3)
~2 2
~
(4)
=
+ (r)
2
che pu essere risolta con il metodo della separazione delle variabili. Si cercano
soluzioni della funzione donda nella forma
(r) = () (r)
(5)
~2 2
( () (r))
=
( () (r)) + (r) ( () (r))
da cui
( () (r))
~2
=
() 2 (r) + () (r) (r)
2
e dividendo per (r) , si trova
1 ()
1
~2 2
~
=
I due membri sono uno dipendente dal tempo e laltro dalle coordinate spaziali.
Dovendo essere uguali per tutti i valori delle posizione e del tempo devono essere
entrambi uguali ad una costante. Allora, si avranno le due equazioni
~
1 ()
=
()
~2 2
1
2
~
2
(r) + (r) (r) = (r)
2
La soluzione della (6)
() = exp = exp ()
~
(6)
(7)
(8)
dove una costante arbitraria. Introducendo abbiamo fatto uso della relazione di Planck-Einstein. Lequazione (7) detta equazione di Schoedinger
indipendente dal tempo (o stazionaria). Allora, nel caso di un potenziale
indipendente dal tempo, la funzione donda del problema si scrive
(r) = exp () (r)
(9)
2.3
La particella libera
~2
(1)
(2)
e riscriviamo la (1)
2 ()
+ 2 () = 0
2
La soluzione della (3) pu porsi nella forma:
() = exp () + exp ()
(3)
(4)
(6)
~2 2
2
(7)
La relazione
~2
=
(9)
2
detta di relazione di dispersione.
Non essendoci alcuna limitazione sui possibili valori di , anche in M.Q. sono
permesse tutte le energie e quantit di moto. Anzi, per ogni valore di vi
una precisa energia o velocit. Esse sono note con una precisione alta quanto
si vuole. Questa precisione sulla quantit di moto comporter, come vedremo
una completa mancanza di informazione sulla posizione della particella.
Per sapere la posizione della particella dobbiamo considerare il modulo quadro
della funzione donda, e poich |exp ()|2 = 1, troveremo
| ( )|2 = 2
30
(10)
2.4
(1)
Ma anche la funzione
( ) =
()
(2)
(3)
= 2 1
(4)
() ' (0 ) + ( 0 )
(5)
=0
31
Posto
=
=0
otteniamo
(6)
() ' 0 + ( 0 )
(7)
[(0 + (0 ))]
Avremo
( ) ' (0 0 )
[ ]
Posto
0 = ( )
avremo
(0 0 )
( ) '
( )
2 ( )
exp (0 ) 0
1 ( )
Posto
= ( )
potremo scrivere
( ) '
(0 0 ) 2
1
Usando la (3)
h 2
i
1
1
2
2 1 = ( 2 +0 2 ) ( 2 +0 2 )
si trova
h
i
2 1 = 0 2 2 = 20 sin
2
Allora,
(0 0 ) 0
sin
2
( ) '
32
sin
( ) (0 0 )
( )
2
(8)
sin
(9)
dove
( )
2
Tale funzione ha un massimo in = 0 e vale 1:
=
lim
(10)
sin
=1
~ 2
=
~
2
(11)
=
=
(12)
= ~
(14)
2.4.1
2
2 sin
| ( )| = 4
( )
( )
sin
2 ( )
Re [ ( )] = 2
cos [0 0 ]
( )
2.5
(15)
(16)
Proveremo ora ad usare in un caso semplice lEquazione di Schroedinger stazionaria. Lesempio serve a sottolineare come, anche nei casi pi semplici, la nutura
quantistica delle particelle presenta delle notevoli dierenze con i risultati della
fisica classica.
Il caso che vogliamo discutere quello di una elettrone confinato tra due
pareti di potenziali di altezza infinita. Il moto sia unidimensionale e lelettrone
sia supposto confinato in una regione unidimensionale 0 .
34
~2 2
() + () () = ()
2 2
(1)
~2 2
() = ()
2 2
(2)
2
~2
(3)
la (2) diventa
2
() = 2 ()
(4)
2
Lequazione identica allequazione della particella libera. Quindi essa si
scriver
() = exp () + exp ()
(5)
() = 0
(6)
Queste condizioni al contorno, unite alla cosiddetta condizione di normalizzazione consentiranno di risolvere il problema dellelettrone confinato in una
buca di potenziale infinita. Dalla condizione (0) = 0 , segue
+ =0
35
sin
2
(7)
(8)
~2 2
~2 2
= 2
2
2 2
(9)
(10)
36
() = 1 sin
= 1 2 3 (11)
| ()|2 = 1
(12)
ovvero
Z
2
21 sin2 = 21
sin () = 1
1 2
=1
2 1
da cui, a meno di un fattore di fase, cio di un numero complesso di modulo
unitario, segue
r
2
1 =
(13)
= 1 2 3
(14)
~2 2
~2 2
= 2
2
2 2
37
(9)
e dalle (14)
() =
2
sin
= 1 2 3
(14)
~2 2
2 2
(15)
(16)
(il segno positivo si riferisce al moto nella direzione positiva dellasse x, quello
meno nella direzione opposta). Se avessimo avuto una energia nulla avremmo
anche avuto una componente della quantit di moto nulla, ovvero una conoscenza precisa della posizione. Invece, poich la massima incertezza sulla posizione
pari alla larghezza della buca, , lincertezza sulla quantit di moto sar
~
(17)
~2 2
~2 2
~2 2
2
= (2 + 1)
2
2
2
2
2 2
(18)
Possiamo verificare che la separazione dei livelli diversa da zero solo per stati confinati: una particella libera avr autovalori continui dellenergia, come
abbiamo verificato. Infatti, man mano che diventa sempre pi grande, la
separazione tra livelli consecutivi diventa sempre pi piccola, fino a che, per
, la separazione si annulla.
Facciamo dei grafici
()
2
= sin
()
= sin (2)
1.0
0.5
0
0.0
0.2
0.4
0.6
0.8
-0.5
0.2
1.0
x/L
0.4
0.6
0.8
1.0
-1
-1.0
()
= sin (2)
()
=1
= sin (4)
=2
1.0
0.5
0.5
0.0
0.0
| ()|2
2
2.6
1.0
0.2
0.4
0.6
= sin2 (2)
0.8
0.0
1.0
0.0
x/L
| ()|2
2
=1
0.2
0.4
0.6
= sin2 (4)
0.8
1.0
x/L
=2
Loscillatore armonico
1
2 () 2
2 2
+
() = 0
(2)
2
~2
2
Introduciamo la variabile adimensionale (Kompaneyets, pg.266)
r
~
Poich
=
=
~
39
2 =
~ 2
(3)
(4)
abbiamo
2
2
2 ()
+
()
~
~2
~
2
(5)
2
~
(6)
2 ()
+
( 1) () = 0
~
~
2
ovvero, in definitiva
2 ()
+ ( 1) () = 0
2
(7)
Lequazione (7) non contiene, in maniera esplicita, alcun parametro del problema. I valori permessi di devono essere dei numeri ed essendo la particella
confinata saranno discreti. Si pu mostrare che questi valori di sono dati dalla
relazione
= (2 + 1)
= 0 1 2 3
(8)
Dalla (6) segue
1
= +
~
2
(9)
1
~
2
(10)
2.7
(11)
Abbiamo imparato che una particella confinata in una regione finita dello spazio
avr sempre uno spettro discreto di valori dellenergia. Quando si trattano
sistemi complessi, come pu essere un solido reale, si pone il problema di fare
delle approssimazioni. Quello che supporremo di pensare il solido diviso in
tanti cubetti (celle unitarie), tutti della stessa forma, stesso volume e con gli
stessi contenuti, che si ripetono in tutte le direzioni dello spazio:
40
(1)
dove
= 0 1 2
(3)
Di conseguenza, le sole energie permesse saranno
2
~2 2
= 2
2
(4)
~2 2
~2 2 2
2
2
2
=
=
+
+
2
2
(5)
dove, essendo
(6)
e
= 0 1 2
(7)
~2
2
+ 2 + 2
(8)
e
~2 2
=
2
"
=
2
41
(9)
2 #
(10)
=
2
2.8
Supponiamo che una particella di massa M nel suo moto lungo la direzione
positiva dellasse x incontri una regione a potenziale costante, cio la particella
possiede, in questa regione, anche una energia potenziale 0 :
GRAFICO
Nella regione I ( 0) leq. di S. si scriver
2
2
() + 2 1 () = 0
2 1
~
(1)
(2)
(3)
(4)
1
1 ( = 0) = 0
=0
(5)
=0
Nella regione II ( 0) lequazione stazionaria sar
2
2
() + 2 ( 0 ) 1 () = 0
2 1
~
(6)
(7)
avremo lequazione
2
() + 22 2 () = 0
2 2
(8)
e scrivere la soluzione
2 () = 2 2 + 2 2
42
(9)
|2 |2
(11)
|1 |
1 2
1 + 2
(14)
Caso 0 :
In tal caso possiamo definire una costante positiva tale che
~2 2
= 0
2
(15)
avremo lequazione
2 02
2 02 = 0
2
(16)
(17)
43
(20)
dove 002 e 200 sono costanti arbitrarie complesse. Anche in questo caso esiste
una probabilit finita di trovare la particella nella seconda regione.
2.9
Latomo dIdrogeno
Se si ipotizza che lelettrone sia legato al nucleo mediante una energia potenziale
di tipo coulombiano
2
(1)
() =
si trover che arche in questo caso, essendo confinati gli elettroni le energie
permesse saranno
1
(2)
2
44
2.10
2.11
.....
45
Capitolo 3
LE DIVERSE
STATISTICHE
Dobbiamo imparare a trattare secondo la nuova meccanica gli insiemi di particelle. Questo perch raramenti si considerano nei dispositivi singole o poche
particelle. Dopo una breve introduzione ai risultati della termodinamica impareremo prima le distribuzioni classiche e poi quelle quantistiche.
3.1
Loggetto del nostro studio sar il gas perfetto monoatomico. Esso un insieme
di particelle, di massa uguale senza dimensione, cio supposte puntiformi, che
per la maggior parte del loro tempo si muovono di moto rettilineo uniforme, a
meno che non supporremo che su ciascuna di essa si eserciti una forza derivabile
da un potenziale. Assumeremo lipotesi di gas rarefatto, secondo la quale, la
probabilit che tre particelle subiscano, in un dato punto dello spazio, un urto
contemporaneamente, sia altamente improbabile.
I maggiori contributi alla teoria cinetica dei gas sono legati ai nomi di
Clausius , Maxwell,e Boltzmann.
Premettiamo che lo studio del gas perfetto, come di tanti altri si poteva fare
sulla base della Termodinamica che, senza alcun riferimento alla costituzione
della materia, era in grado di fornire informazioni sullo stato complessivo del
sistema.
Su un sistema cos complesso le informazioni che possiamo avere su di esso,
quindi le uniche accessibili a noi, sono legate agli stati macroscopici del sistema.
Grandezze come il volume in cui racchiuso il gas, la pressione esercitata sullambiente, la temperatura del gas ed altre ancora, sono le grandezze
fisiche che caratterizzano tali stati macroscopici. La rinuncia, o se si preferisce
il mancato riferimento alla costituzione microscopica del gas costituisce la forza
della Termodinamica perch consente la sua applicazione alla totalit dei siste-
46
(1)
=
(2)
mentre il Terzo Principio, stabilito nel 1910 da H-W. Nernst, recita nella forma
moderna nel modo seguente:
Al tendere della Temperatura allo zero assoluto, lEntropia di un sistema
tende a una costante universale che pu essere posta uguale a zero.
Il primo risultato che indicava in maniera chiara questa tendenza verso lo
zero dellEntropia, come ammise lo stesso Nernst, fu la teoria del calore specifico
di Einstein che prediceva che i calori specifici dei solidi tendono a zero alle bassa
temperature. Di questa teoria parleremo in questo capitolo pi avanti.
La precedente formulazione non tiene conto del fatto che il sistema termodinamico possa scambiare particelle con il suo ambiente, per cui laggiunta o la
sottazione di una particella al sistema pu modificarne lenergia interna. Per
tener conto di questa opportunit il Primo Principio viene esteso alla variazione
di particelle del sistema scrivendo
= +
(3)
47
3.1.1
(4)
Il gas perfetto
(5)
(6)
(7)
si pu mostrare che
dove la capacit termica a volume costante.
3.2
La teoria cinetica dei gas (Clausius con i suoi lavori del 1857-1858 inizi le
indagini sulle propriet microscopiche dei gas introducendo il concetto di cammino libero medio e stabilendo la connessione tra lenergia cinetica media per
molecola e la temperatura del gas; nel 1860 Maxwell applic per primo i concetti
statistici alla determinazione della distribuzione delle velocit molecolari) fa invece ipotesi esplicite sui costituenti il sistema fisico. Questi scienziati gettarono
le basi per una visione atomistica e quindi discreta della materia. Sebbene
lipotesi atomistica risalga a Leucippo e Democrito, essa divenno solo con la
teoria cinetica una ipotesi fisica. Se si pensa che tutta la tradizione meccanicistica era fondata su una ipotesi di continuo della materia, la teoria cinetica
rappresent una svolta sulla concezione fisica della Natura. Continuo e discreto, sotto diverse forme, sono state due categorie sempre dibattute sia sul piano
filosofico che fisico.
3.3
E possibile determinare la pressione P esercitata da un gas di particelle contenute in un contenitore di Volume V, sulle pareti del contenitore. Si trova (vedi
Appendice) che
48
2 1 X v2
3 =1 2
(1)
1 X v2
:=
=1 2
(2)
(3)
Lequazione (3) lequazione dei gas perfetti secondo le leggi della meccanica
classica. Una completa identificazione della (3) con lequazione dei gas perfetti,
nota per via termodinamica,
=
(4)
comporta la proporzionalit tra il concetto di temperatura e lenergia cinetica
media per molecola.
Si comprende allora che per legare un parametro macroscopico, la temperatura, al mondo microscopico bisogna fare una media di tanti valori microscopici.
Cosa una media? In fondo solo un modo di riscrivere il concetto di
media aritmetica. Se si hanno solo due valori di una grandezza fisica, definiamo
valore medio la quantit
1 + 2
=
2
Se invece di due valori abbiamo valori, scriveremo
=
1 + 2 + +
1 X
=1
(5)
La (2) non altro che un esempio della (5). Ora supponiamo che alcuni di
questi valori siano uguali. Cio ci siano 1 ivalori di 1 , n2 valori di 2 e cos
via. Potremo scrivere
=
1 1 + 2 2 + +
(6)
con
= 1 + 2 + +
(7)
=
(8)
49
(9)
=1
3.3.1
Dopo il primo lavoro fatto da Clausius (1857) sulla teoria cinetica, che aveva il
compito di collegare la termodinamica con la teoria atomica gli fu fatto osservare
che le velocit delle molecole, predette dalla sua teoria, erano in contrasto con
diverse osservazioni sperimentali. In particolare, poich le predette velocit
erano di diverse centinaia di metri al secondo, ci si doveva aspettare che un
gas si sarebbe diuso e mescolato con altri gas molto rapidamente. Tuttavia
era noto che un gas lasciato libero in una stanza impiegava un certo tempo a
diondere. Clausius si erse conto della corretta osservazione che gli era stata
fatta e risolse il problema: una molecola di un gas reale non era libera di muoversi
su distanze macroscopiche perch urtava con una certa frequenza altre molecole
e la distanza media tra due collisioni consecutive era un parametro microscopico
(valuter in circa 1000 il rapporto tra il cammino libero medio e la dimensione di
una molecola; non fu in grado i valutare la dimensione della molecola ma cap
che mille volte la dimensione di una molecola era una distanza microscopica.
Quindi, sebbene le velocit delle particelle del gas erano elevate, pur tuttavia
facendo tante collisioni, avrebbero impiegato un certo tempo a diorndere in
una stanza.
Nel secondo articolo apparso nel 1858 Clausius pone molta attenzione sugli
eetti delle forze molecolari e ipotizza che associata ad ogni molecola ci sono due
forze: quando due molecole si avvicinano tra di loro si esercita una attrazione,
che inizia ad essere sensibile anche ad una certa distanza, e cresce al decrescere
della distanza; ma, quando esse arrivano luna nelle vicinanze dellaltra la forza
incomincia ad allontanarle. In altre parole, le forze intermolecolari sono attrattive a certe distanza e repulsive a distanza minori. Questo vuol dire che esiste
50
una distanza alla quale le due forze si bilanciano. Ci porter a supporre che le
molecole del gas possano essere pensate come delle sfere di raggio 0 di dimensioni trascurabili rispetto al contenitore del gas. Inoltre linfluenza di ciascuna
molecola su di unaltra si manifester solo allatto di una collisione che avverr
se i centri delle due sfere si avvicineranno di una distanza inferiore a 20 . Con
questa ipotesi Clausius inaugur la ricerca sulla struttura della materia.
Per il momento trascuriamo la dimensione delle sfere e supponiamo che esse
siano puntiformi in maniera tale che ciascuna di essa percorra una traiettoria
che descrivibile da un solo parametro, lascissa curvilinea, . Come il tempo,
lascissa curvilinea cresce sempre.
Processo di Bernoulli
Per comprendere meglio la discussione successiva dobbiamo introdurre processo di Bernoulli.
Il processo di Bernoulli si riferisce ad una successioni di eventi e si caratterizza per le seguenti tre condizioni:
1) Il risultato di ogni prova pu essere solo successo o fallimento.
2) La probabilit di successo, che indicheremo con e quella di fallimento
che indicheremo con sono costanti in ciascuna prova e devono verificare la
condizione:
+ =1
(11)
3) Il risultato di ciascuna prova indipendente dai risultati delle prove
precedenti.
Non vi alcuna memoria del passato. Neanche il presente ha influenza sul
futuro.
Ritorniamo al moto della particella.
Consideriamo una particella e focalizziamo la nostra attenzione sulla sua
traiettoria. Dividiamo tutto la traiettoria in segmenti in ciascuno dei quali
la particella ha solo due opportunit: fare o non fare una collisione.
Le prime due condizioni del processo di Bernoulli sono verificate. Al posto
della terza condizione poniamo le due seguenti condizioni:
1) supponiamo che la probabilit che una particella faccia una collisione in
un tratto della sua traiettoria sia proporzionale al tratto stesso:
`
col =
dove una costante da determinare.
2) la precedente probabilit la stessa in ogni punto della traiettoria (Il
futuro dipende dal passato solo attraverso il presente).
Entrambe le condizioni esprimono una precisa richiesta circa la distribuzione
spaziale delle molecole del gas: le molecole devono essere distribuite a caso.
Abbiamo, allora, specificato il tipo di statistica che deve governare i processi
collisionali nel gas di Clausius.
Introduciamo una funzione che esprima una probabilit di non fare alcuna
collisione lungo un percorso finito, ma microscopico, di una particella. Quindi,
indichiamo con () la probabilit che una particella percorra il tratto della
51
traiettoria senza fare collisioni; inoltre, in base alla statistica scelta per le collisioni, la probabilit di non fare una collisione nel tratto , pu indicarsi con
(1 ). Con tali presupposti pu scriversi una equazione per (). Infatti,
si trova
( + ) = () (1 )
= () (1 )
() = exp ()
(12)
Per calcolare il cammino libero medio, la distanza media tra due collisioni,
non si pu fare solo ricorso alla distribuzione (), ma occorre considerare la
densit di probabilit () tale che
() = ()
rappresenti la probabilit che una particella percorra il tratto senza collisioni,
ma immediatamente dopo (tratto ) faccia una collisione. Se indichiamo con
il cammino libero medio, per definizione, possiamo scrivere
Z
(13)
=
0
() = exp
() = exp
(14)
(15)
(16)
52
(17)
3.3.2
L
.
y
y y+dy
53
1
1
=
0
(18)
che rappresenta la cercata relazione tra cammino libero medio, sezione durto
e il parametro .
3.3.3
Clausius e le distribuzioni
!
! ( )!
3
1
(19)
( ) =
=0
(20)
Nella derivazione della distribuzione di Clausius erano state modificate le assunzioni. La terza assunzione era stata sostituita dalle due seguenti assunzioni:
3) che la probabilit di fare una collisione doveva essere proporzionale al
tratto .
Abbiamo trovato che questa probabilit era
0 =
54
molecola. In altre parole, bisogna escludere che in ogni volumetto possano esserci
pi di una particella.
4) Il futuro doveva dipendere solo dal presente.
Se si aggiungono alle prime due condizioni del processo di Bernouilli queste
ulteriori condizioni, la distribuzione binomiale diventa la distribuzione di Poisson (vedi probabilit e statistica):
() =
exp ()
!
(21)
(22)
X
X
exp ()
() =
=
(23)
=
!
=0
=0
=0
( )
exp ()
=
!
(24)
Notiamo subito che per = 0, il cui significato quello che non ci sono particelle nel volumetto e quindi non ci sono collisioni, la (21) ci rid la distribuzione
di Clausius:
3
(0) = exp () = exp
= exp ()
(25)
!
2
1
( )
() =
exp
(26)
2
2
Abbiamo, allora, stabilito che la statistica delle collisioni in un gas di particelle la statistica di Poisson.
3.3.4
La funzione memoria
55
(1)
Questa legge piuttosto frequente in molti campi della fisica. Per esempio,
troveremo che la legge del decadimento radioattivo si scrive
(2)
0
E potremmo continuare con molti altri esempi. Una delle ipotesi necessarie
per la determinazione della legge esponenziale che il futuro dipende solo da
presente. Questa ipotesi equivale alla impossibilit per il processo in esame a
mantenere delle correlazioni tra gli eventi consecutivi. In qualche modo, vi una
perdita di memoria ad ogni evento. Vogliamo qui dare delle semplici indicazioni
di come luna sorta di memoria possa essere introdotta in forma matematica.
Consideriamo la generica equazione nella forma (1)
Possiamo estendere linfluenza sul futuro aermando che ci che accade tra
e + (qui di seguito prenderemo come variabile one-way proprio il tempo,
ma sappiamo che possiamo prendere anche altre variabili dal comportamento
analogo) non dipende solo da ci che accadutu al tempo , ma anche da ci che
accaduto ad un intervallo di tempo antecedente a . In altre parole, invece
di prendere nella (1) solo il valore di () al tempo , prendiamo il valore medio
di () in un certo intervallo:
=
(0 ) 0
(4)
(5)
0+
per cui
1
(6)
(0 ) 0 = ()
(7)
nel limite in cui tende a zero. Questo limite va inteso non come limite
puntuale ma nel senso delle distribuzioni.
56
()
1
=
(0 ) 0
(8)
+2
(0 ) 0
(9)
Definiamo la funzione
0 0 12
0
1 |0 | 12
( ) =
0 0 12
(10)
Questa
una funzione gradino, che vale 1 allinterno dellintervallo compreso
0 0
2 2
(0 ) = lim
1
0
0
2 2
mentre
(11)
( 0 ) 0 = 1
(12)
3.3.5
(16)
Nello studio di un gas non interessa il comportamento (la dinamica) della singola particella ma il comportamento macroscopico del sistema. Una conoscenza
degli stati macroscopici del sistema deducibile dalla funzione di distribuzione
(r v ) la cui definizione tale che
(r v ) 3 3
(3)
3.3.6
La distribuzione di Maxwell
=
= () 3
(6)
2
() = exp
(7)
2
59
dove la massa di una particella (le particelle sono supposte tutte uguali),
una costante da determinare ed una costante deducibile dalla condizione
di normalizzazione (4).
Determiniamo questultima costante. Dalla (6), passando in coordinate
sferiche, si pu scrivere:
Z
2
2
= 4 exp
2
Posto
=
avremo
= 4
Poich
otterremo
(8)
2 exp 2
1
exp 2 =
4
2
(9)
32
(10)
2
exp
(11)
32
3.3.7
Calcoliamo il valor medio dellenergia cinetica. Nel nostro caso lunica energia
che le particelle possiedono quella cinetica, per cui, per la (5),
Z Z
2
2
(12)
=
(r v ) 3 3
2
2
che diventa
2
=
2
3 ()
2
= 4
2
ovvero
2
= 4
2
Poich
32
2
Z
60
4 exp 2
4 exp 2
3
exp 2 =
8
4
32
(13)
troviamo
2
31
=
2
2
(14)
2
2
(15)
Questi sono i risultati di Maxwell che a partire dal1860, si dedic alla teoria
cinetica introducendo in essa gli elementi di statistica.
Attraverso gli studi di Kroenig e Clausius sullequazione di stato dei gas
perfetti (vedi appendice) si era precedentemente compreso che lenergia del gas
era legato al moto traslazionale delle particelle e che per riprodurre lequazione
di stato dei gas occorreva legare la temperatura del gas allenergia cinetica media
per particella attraverso la formula
1
2
3
2
2
(16)
dove la costante era legata al numero di Avogadro, e alla costante dei gas,
dalla relazione
=
(17)
(18)
dove abbiamo aggiunto il pedice B alla costante che ora chiamata costante di
Boltzmann, il cui valore
' 1 38 1023
(19)
3.4
32
2 1
exp
2
(20)
La distribuzione di Boltzmann
La distribuzione di Maxwell si riferisce ad un gas non interagente se non attraverso collisioni istantanee ed elastiche tra le particelle e tra le particelle e le
pareti del contenitore. Ma cosa succede se le particelle sono soggette ad una
forza esterna F ? Se essa deducibile da una potenziale (energia potenziale)
F = (r)
61
(21)
Boltzmann, nei suoi contributi al problema, nel periodo che va tra il 1866 e
1872, mostr che, in un sistema di riferimento in cui il gas in quiete macroscopica, una soluzione stazionaria dellequazione cinetica che governa levoluzione
della distribuzione (r v ) si pu scrivere
(r v) = (r) ()
dove
(r) =
(22)
3 (r v) = 0 exp ( (r))
(23)
2
+ (r)
2
(24)
32
3
exp
3
() = 0
2
(25)
=
=
2
troveremo
3
= 4 = 2
per cui
2
() = 0
3.5
32
32
exp
(26)
Come applicazione dellatomo di Bohr studieremo la radiazione elettromagnetica in una cavit. Il motivo di tale scelta lo si deve al fatto che Einstein, nel 1917,
quando ancora non era stata formalizzata la Meccanica quantistica, utilizzando
come sola ipotesi quantistica lassunzione del modello di atomo di Bohr fu in
grado di derivare la distribuzione del gas ideale di fotoni. Questa distribuzione
era stata gi derivata da Planck ma utilizzando la distretizzazione dellenergia
nello scambio tra la radiazione elettromagnetica e gli atomi della parete della
cavit. Latomo di Bohr ora suggeriva il motivo della distretizzazione dellenergia nello scambio ed Einstein lo comprese rapidamente. Poich la derivazione
data da Einstein importante anche per le diverse ricadute avute in diversi
campi della fisica pensiamo sia utile riproporla.
62
3.5.1
Quando abbiamo studiato il gas ideale racchiuso in una scatola abbiamo mostrato che lenergia di tutto il gas si poteva ottenere moltiplicando lenergia media
per molecola per il numero totale di particelle che costituivano il gas:
=
Questo modo di procedere pu applicarsi ad un qualsiasi sistema fisico analizzabile statisticamente. La radiazione elettromagnetica contenuta nella cavit rientra tra questi possibili sistemi. Possiamo procedere allo stesso modo
valutando quante onde sono contenute nella cavita, valutare lenergia media
per onda e ottenere lenergia totale della radiazione racchiusa dentro la cavit. La radiazione elettromagnetica contenuta nella cavit costituita di onde
stazionarie ma il loro numero purtroppo infinito. Poich lenergia media per
onda stazionaria indipendente dalla frequenza dellonda il risultato finale che
si ottiene sar infinito. Questa divergenza nota come catastrofe ultravioletta,
individuata per la prima volta da Jeans rimase un problema irrisolto per la fisica
classica.
Nel 1901 Max Planck ipotizz che la radiazione elettromagnetica fin ad allora
considerata come treni donda continui nella cavit e in particolare nei femomeni
di assorbimento ed emissione con le pareti poteva considerarsi come costituita da
pacchetti di energia con una precisa individualit e le energie permesse dovevano
essere del tipo
=
gi incontrato. Questa individualit assegnata ai pacchetti di energia suggeriscono che anche le onde elettromagnetiche, almeno nei processi di assorbimento ed emissione, presentavano un carattere particellare. Su questo suggerimento proveremo a dare una descrizione termodinamica della radiazione
contenuta nella cavit.
Ci proponiamo di studiare il comportamento della radiazione posta nella
cavit nellipotesi che essa sia costituita da un gas di particelle-fotoni liberi.
La temperatura del gas, allequilibrio, non pu che essere la temperatura
delle pareti, con cui esso interagisce. Il suo volume sar quello della cavit e la
pressione possiamo provare a derivarla in maniera qualitativa.
Secondo la teoria cinetica dei gas classica la pressione che un gas esercita
su una parete di una scatola che lo contiene , nella formulazione semplice che
63
11 X
2
3 ==1
(1)
1 X
2 =
2 ==1
Se le particelle hanno tutte la stessa massa (la massa dei fotoni nulla;
tuttavia questo termine sparir dai risultati finali) possiamo scrivere
1
= 2
2
dove la massa di una particella e 2 la velocit quadratica media.per
cui
X
2 = 2
==1
La pressione si scriver
1
0 2
3
(2)
1
0 2
3
(3)
1 2
(4)
64
(7)
0 2
2
+
2
20
(8)
e quindi lenergia interna del nostro gas potrebbe in linea di principio essere
determinata
Z
2
(9)
=
3.5.2
Densit spettrale
Questi risultati erano noti agli scienziati della fine del diannovesimo secolo.
Poich la radiazione elettromagnetica costituita da onde di diversa frequenza
(o lunghezza donda) conviene introdurre la densit spettrale, definita dalla
relazione
Z
(10)
(11)
e quindi sia la densit di energia che lenergia interna del gas fotonico contenuto
nella cavit dipendono solo dalla temperatura:
= ( )
= ( )
3
'Tale formula detta di Rayleigh-Jeans.
( ) =
65
(12)
Tra gli inconvenienti che questa formula presenta vi il valore infinito della
densit di energia (catastrofe ultravioletta)
Z
8 2
=
(13)
( ) = 3
0
La fisica classica, nel suo complesso, non era in grado di spiegare il sistema
fisico costituita dalla radiazione elettromagnetica contenuta nella cavit.
3.5.3
La teoria di Planck
Sulla base di questa assunzione Planck mostr che lenergia media non era
pi indipendente dalla frequenza:
=
exp
(14)
1
8 3
exp
1
exp
'1+
(15)
(16)
3.5.4
(17)
Con il lavoro di Planck del 1900 sulla distribuzione della radiazione elettromagnetica contenuta in una cavit si era introdotto il concetto che le energie
possedute dalla radiazione, allequilibrio con le pareti, potevano essere discrete.
Nel 1905 Einstein aveva ipotizzato che la radiazione stessa poteva essere costituita di pacchetti discreti di energia. Tuttavia, rimaneva molto da fare sulla
costituzione della materia.
Il modello atomico scaturito dagli esperimenti di E. Rutherford, nel 1912,
era un modello planetario in cui la carica positiva delle dimensioni di 1015
era circondata da elettroni che orbitavano su orbite di dimensioni dellordine
di 1010 . Queste orbite definivano la dimensione atomica. Secondo le leggi
66
67
3.5.5
(1)
e lo stato futuro dipende solo dal presente. La costante detta costante di
disintegrazione. Ci proponiamo di determinare la funzione () (probabilit di
sopravvivenza) che rappresenta la probabilit che al tempo un atomo non sia
ancora decaduto. Possiamo scrivere
( + ) = () (1 )
che ammette la seguente soluzione:
() = exp ()
(2)
()
da cui
exp () =
(3)
() = exp
(4)
() = 0 exp
(5)
3.5.6
(5a)
Ci vuol dire che la probabilit di transizione per unit di tempo in una transizione dallo stato eccitato ad uno proporzionale al numero di atomi, ,
presenti al tempo nello stato eccitato . Indicheremo con il coeciente
di proporzionalit (esso linverso della vita media):
()
=
(1)
c) Il numero di atomi che sono in uno stato qualsiasi, anche se tali stati sono
discreti, segue la statistica di Boltzmann.
Quindi il numero medio degli atomi in uno stato di energia , allequilibrio
termodinamico caratterizzato dalla temperatura ,
= exp
(2)
(3)
()
+ ()
Poich la probabilit di occupazione di uno stato con una certa energia dato
dalla distribuzione di Boltzmann avremo:
()
=
+ ()
da cui
( ) =
()
+ ()
(4)
()
+ ()
70
(5)
(6)
~ 1
(5a)
.
Non rimane che determinare il rapporto
() =
(5b)
Inoltre, sempre nello stesso limite, la densit spettrale di Planck deve tendere
alla formula di Rayleigh-Jeans (eq.(16) della precedente sezione)
() =
8 2
3
(6)
quindi,
8
= 3 2
da cui
8
= 3 3
(7)
1
che esattamente lespressione trovata da Planck. La densit di probabilit
() =
() =
71
(9)
3.6
72
3.6.1
La distribuzione di Boltzmann
Supponiamo di avere un gas di particelle non interagenti se non attraverso le collisioni. Ogni particella avr la sua energia cinetica e si potr pensare
la seguente suddivisione. Uno stato con energia sar indicato con |i. Ci
saranno un certo numero di particelle con la stessa energia e questo vuol dire che
ci saranno un certo numero di stati che corrispondono ad una stessa energia (si
parla di densit degli stati e si definisce una funzione () tale che () rappresentii numero di stati contenuti nellintervallo di energia +). Quando
il numero di stati molto maggiore delle particelle disponibili, la probabilit di
occupazione di uno stato molto minore dellunit (condizione per la validit
della statistica classica). Se () indica la probabilit di occupazione di uno
stato la statistica classica vera quando
() 1
Supponiamo che due particelle, una in uno stato (scatola) con energia 1 e
laltra nello stato (scatola) con energia 2 facciano una collisione e finiscano,
rispettivamente, nello stato con energia 3 e 4 :
(1 2 )
(3 4 )
(1a)
(1 2 )
(1b)
e si pu anche aermare che, allequilibrio termodinamico, il numero di collisione nellunit di tempo che avvengono in un verso deve essere uguale a quelle
nel verso opposto, altrimenti avremmo una modifica della distribuzione delle
particelle nei vari stati (principio del bilancio dettagliato).
Nella statistica di Boltzmann il numero di collisioni nellunit di tempo che
avvengono con le modalit della (1a) proporzionale al numero di particelle che
sono negli stati di partenza (1 2 ) e sono totalmente indipendenti dalle particelle che inizialmente sono negli stati finali, (3 4 ) . Allo stesso modo, nelle
collisioni di tipo (1b) il numero di collisioni nellunit di tempo, sono proporzionali al numero di particelle che sono negli stati (3 4 ), e sono indipendenti da
quelle negli stati finali (1 2 ).
Se indichiamo con () la probabilit di occupazione di uno stato con energia , il numero di collisioni per unit di tempo di tipo (1a) sar proporzionale
al numero di particelle presenti negli stati iniziali (1 2 ), che possiamo scrivere
come
= (1 ) (2 )
(2a)
mentre per quelle di tipo (1b)
= (3 ) (4 )
(2b)
e allequilibrio si dovr avere che li numero di collisioni del primo tipo deve
essere uguale a quello del secondo tipo. Ne segue che
(1 ) (2 ) = (3 ) (4 )
74
(3)
(4)
per cui
4 = 1 + 2 3
e la (3) si pu riscrivere
(1 ) (2 ) = (3 ) (1 + 2 3 )
(5)
1
(1 + 2 3 )
1 (1 )
=
(1 ) 1
(1 + 2 3 ) (1 + 2 3 )
1
1 (2 )
(1 + 2 3 )
=
(2 ) 2
(1 + 2 3 ) (1 + 2 3 )
1 (1 )
1 (2 )
=
(1 ) 1
(2 ) 2
Questultima uguaglianza solo possibile se entrambi i membri sono costanti:
1 ()
=
()
(6)
(7)
(8)
75
3.6.2
La distribuzione di Fermi-Dirac
Il passaggio dalla fisica classica alla fisica quantistica dei sistemi di particelle ha
il suo perno principale nella distinguibilit o meno delle particelle identiche. In
fisica classica tutte le particelle identiche sono sempre distinguibili, mentre nella
fisica quantistica le particelle identiche non sono distinguibili. Inoltre, per un
sistema di fermioni deve valere il Principio di esclusione di Pauli: due fermioni
identici non possono occupare lo stesso stato. Diventa quindi determinante, nei
processi collisionali sapere, se gli stati finali in cui dovrebbere finire le particelle,
dopo lurto, sono occupati o meno. Di qui segue che per un gas di fermioni, il
numero di collisioni nellunit di tempo che avvengono con le modalit della
(1a) proporzionale sia al numero di particelle che sono negli stati di partenza
(1 2 ) che alla necessit che gli stati di arrivo delle particelle siano liberi.
In termini matematici, poich (), rappresenta la probabilit di occupazione di uno stato con energia , la probabilit di non occupare una stato
con la stessa energia si scriver 1 (). Allora, il numero di collisioni si potr
scrivere:
= (1 ) (2 ) [1 (3 )] [1 (4 )]
(15a)
Allo stesso modo, nelle collisioni di tipo (1b), il numero di collisioni nellunit di
tempo, sono proporzionali sia al numero di particelle che sono negli stati iniziali
(3 4 ), che alla probabilit che gli stati finali (1 2 ) siano liberi:
= (3 ) (4 ) [1 (1 )] [1 (2 )]
(15b)
1
1
1
1
1
1 =
1
1
(1 )
(2 )
(3 )
(4 )
(16)
Se si pone
() =
1
1
()
(17)
la (16) si pu scrivere
(1 ) (2 ) = (3 ) (4 )
(18)
Formalmente la (18) uguale alla (3), per cui rifacendo il procedimento usato
per la distribuzione di Boltzmann si avr
1
1 = exp ( )
()
(19)
(21)
da cui
() =
(22)
= exp
dove il potenziale chimico, e scrivere
() =
exp
(23)
+1
3.6.3
1
2
Se allora
lim () = 0
e quindi
lim () = 1
77
Mentre se ,
lim () =
e quindi
lim () = 0
79
Capitolo 4
CONDUZIONE
ELETTRICA NEI SOLIDI
Inizieremo lo studio della conduzione elettrica nei solidi con un modello deducibile dalle conoscenze della fisica di base.
4.1
v
= E0
(1)
v
= E0 v
(2)
dove una costante le cui dimensioni sono quelle di una massa divisa per un
tempo.
80
v () = E0 + v0 E0 exp
(3)
(4)
v () = E0 1 exp
(5)
E0
(6)
E0
(7)
(8)
2
E0
(9)
(10)
81
(11)
(12)
4.2
Modello di Drude
Ogni atomo pu pensarsi costituito da uno ione positivo, costituito dal nucleo
e da un certo numero di elettroni (quelli pi interni, detti elettroni di core) e
da una parte negativa costituita dagli elettroni di valenza (quelli pi esterni).
Quando si forma un solido (pensiamo ad un metallo) possiamo pensare che lo
ione positivo localizzato in un sito particolare, mentre gli elettroni di valenza
diventano delocalizzati, cio possono liberamente muoversi in tutto il solido.
Tali elettroni sono detti elettroni di conduzione. In questo modello generale
abbiamo sempre degli ioni positivi e elettroni liberi, cio il sistema in studio
sempre fatto da due componenti.
Il modello di Drude tratta linsieme di elettroni di conduzione come un gas
di elettroni liberi in cui per
1. Linterazione tra elettroni trascurata.
Nel modello di gas della teoria cinetica gli elementi del gas, se non vi una
forza esterna, sono praticamente liberi e saltuariamente essi subiscono collisioni
elastiche tra di loro e con la parete. Nel modello di Drude, gli elementi del
gas elettronico non possono collidere tra di loro ( si parla di approssimazione ad
elettroni indipendenti (independent electron approximation)).
2. Gli elettroni possono collidere con gli ioni positivi del solido, che sono
ipotizzati distribuiti spazialmente a caso.
La distribuzione random degli ioni positivi ci suggerisce che la probabilit,
per un elettrone, di fare una collisione con uno ione positivo qualsiasi, in un
intervallo temporale infinitesimo sar proporzionale allintervallo temporale:
=
82
(1)
0
un tempo medio tra due collisioni, detto tempo di rilassamento. Il valore di
, a temperatura ambiente e gi stato stimato
= 1014 1015
4. Le leggi della dinamica di Newton governano il moto degli elettroni.
Qual la legge di variazione temporale della quantit di moto? Data la
natura markoviana dei processi collisionali potremo scrivere
p ( + ) = p () 1
(3)
p ( + ) = [p () + F () ] 1
(4)
(5)
Questa equazione conferma la termalizzazione del moto elettronico in assenza di forza esterna. Nel modello semplice analizzato la termalizzazione era
svolta dalla forza dissipativa. Questo vuol dire che le impurezze (e le vibrazioni
reticolari) svolgono il ruolo di ambiente esterno rispetto al gas elettronico.
Si pu vedere subito che la (5) si riduce allequazione discussa nel precedente
paragrafo. Infatti, poich p = v, se assumiamo per F () = E , otteniamo
v
1
= v+ E ()
in cui si vede che lambiente agisce come una forza di attrito. Allora la (5)
contiene lequazione (2) del precedente paragrafo.
Inoltre, notiamo che nella (5) la forza non dipende dalla variabile spaziale,
cio essa spazialmente uniforme.
Questa equazione simile, nella forma, allequazione usata da Langevin nella trattazione del moto browniano. La dierenza nella natura della forza:
deterministica nel caso della conduzione elettrica, stocastica nel caso del moto
browniano.
83
4.2.1
p ()
E ()
da cui
E ()
1
Anche per la densit di corrente possiamo scrivere
p () =
j () = Re {j () exp ()}
ed ottenere
j () =
(8)
(9)
p ()
2
1
E ()
1
(10)
2
1
(11)
Allora
() =
2
= 0
4.3
Modello di Sommerfeld
4.3.1
Gli elettroni sono fermioni. La densit degli stati associata alla distribuzione di
Fermi
32
(1)
() = 2
2
2
~
dove abbiamo tenuto in conto anche della degenerazione di spin.
elettrone occupa uno stato. Possiamo fare un grafico di questa curva:
Ogni
= 1
(2)
= 0
mentre sotto a destra abbiamo il prodotto della distribuzione e della densit
degli stati, sempre a = 0.
85
Questo vuol dire che la probabilit che uno stato sotto il livello di Fermi sia
occupato uguale ad 1, mentre la probabilit che sia occupato uno stato sopra
il livello di Fermi 0. Allora il numero di elettroni presenti in un gas di Fermi
a = 0 , cio il numero di stati elettronici occupati, :
Z
=
() ()
(3)
0
2 2
2
~2
32
(4)
~2 2 23
3
2
(5)
(6)
4.3.2
13
= 3 2
(8)
13
= 3 2
86
p =
v
~
~
mentre quelli a destra che prima erano stati non occupati, diventano stati
occupati. Si generata una situazione non pi dinamicamente bilanciata e
87
questo produce una corrente, che ovviamente dovuta solo agli elettroni che sono
finiti in quegli stati appena fuori della superficie di Fermi, ora occupati. Questo
comporta che solo una piccola parte degli elettroni di conduzione partecipa alla
corrente elettrica.
In sostanza possiamo dire che mentre nel modello classico tutti gli elettroni
di conduzione partecipavano alla corrente elettrica con una velocit media di
deriva, v nel caso quantistico solo quelli che nello spostamento della sfera di
Fermi sono finiti ad occupare gli stati, appena fuori della superficie di Fermi.
Tutti questi elettroni provenienti da vicino alla superficie di Fermi avranno tutti
una velocit prossima alla velocit di Fermi, . Tale velocit di diversi ordini
di grandezza maggiore della velocit di deriva. In definitiva, il modello quantistico prevede un minor numero di elettroni che partecipano al fenomeno della
conduzione elettrica, ma tutti questi elettroni vi partecipano con una velocit
molto pi grande. Si pu mostrare che
0 =
dove il tempo medio tra due collisioni per elettroni vicino alla superficie di
Fermi. Dagli esperimenti si pu dedurre tale valore, misurando 0 . Questi valori
sono quelli che si calcolavano con il modello classico, solo che ora, la quantit
fondamentale dei processi collisionali, cio il cammino libero medio, sar
=
Questo comporta, visto che la velocit di Fermi molto maggiore della velocit
di deriva che gli elettroni percorrono, tra due collisioni, un tratto molto maggiore
della distanza interatomica:
= (100 1000) 1010
In questo modello in cui tutta la sfera di Fermi si sposta abbiamo dimenticato
le collisioni con gli ioni positivi. Le collisioni avvengono con le impurezze del
solido (imperfezioni del cristallo) e con le vibrazioni reticolari. Il fatto che il
cammino libero medio risulta molto pi grande della distanza interatomica ci
dice che le collisioni avvengono non nel sito dove parte lelettrone ma molto
distante da esso. Le collisioni con le vibrazioni reticolari dipendono molto dalla
temperatura.
4.3.3
La teoria che abbiamo qualitativamente descritta considera gli elettroni di conduzione come una gas di elettroni liberi. Ma gli elettroni di conduzione sono
distribuite in stati elettronici che costituiscono delle bande.
88
4.4
(1)
rappresenta il numero medio di particelle, nello spazio delle fasi (detto anche
spazio ; spazio dove un punto rappresenta una molecola), che sono contenute
nel volumetto 3 3 , al tempo . Allora,
(r p ) =
89
3 3
(2)
una densit di punti nello spazio delle fasi. Nella precedente trattazione avevamo fatta riferimento allo spazio delle fasi come prodotto dello spazio reale
per quello delle velocit. Per ragioni che sono legate allo sviluppo della meccanica classica nella sua formulazione, detta Formulazione Hamiltoniana, e poi
alla formulazione della meccanica quantistica si preferisce uno spazio delle fasi
prodotto delle coordinate spaziale e della quantit di moto.
Lequazione cinetica di Boltzmann una equazione di continuit nello spazio
delle fasi, dove la (r p ) svolge il ruolo della densit.
Ricordiamo che lequazione di continuit un modo alternativo di spiegare
una legge di conservazione. Consideriamo un volumetto in un certo spazio. Se
il volumetto costituisse un sistema isolato, una certa quantit fisica (per esempio, la massa, la carica, il numero di particelle o oltre quantit fisiche) si
conserverebbe nel tempo. Ci comporterebbe che nel volumetto sarebbe presente sempre la stessa quantit fisica. Ma se il sistema in interazione con il
suo ambiente esterno la quantit fisica considerata tende a variare nel volumetto. La variazione che essa subisce deve essere legata al flusso netto (quello che
entra e quello che esce) della stessa quantit attraverso la superficie chiusa che
racchiude il volumetto. Se il flusso complessivo in dimunuzione allora la quantit allinterno del volumetto in diminuzione, se il flusso netto in aumento
vuol dire che la quantit fisica allinterno del volumetto in aumento. Nel caso
che stiamo analizzando lo spazio uno spazio astratto (quello delle fasi) e nel
volumetto ci sono i punti rappresentativi del gas fisico che stiamo considerando.
Possiamo ipotizzare che i punti rappresentativi nello spazio delle fasi costituisca
un continuo di punti.
Limitiamoci al caso di un gas monoatomico. Abbiamo visto che lequazione
di continuit si scrive
( ) ( ) ( )
=
+
+
(3)
+ div (v) = 0
(3a)
2 =
3 =
4 =
5 =
6 =
2 =
3 =
4 =
90
5 =
6 =
( 1 ) ( 2 ) ( 3 ) ( 4 ) ( 5 ) ( 6 )
+
+
+
+
+
=
1
2
3
4
5
6
Ma
2 =
=
=
4 =
5 =
(4)
3 =
(5)
6 =
(6)
( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( )
+
+
=
+
+
+
(7)
e se la forza non dipende dalla velocit si otterr
+
+
(8)
=
+
+
+
(9)
= v F p
=
+ v + p p
(10)
=0
(11)
Questa equazione implica che un volume dello spazio delle fasi quando si
sposta mantiene costante il proprio valore (teorema di Liouville).
4.4.1
non erano state prese in considerazione nella derivazione dellequazione di Boltzmann e che come vedremo sono il mezzo attraverso il quale il gas pu ripristinare
lequilibrio si aggiunge un ulteriore termine allequazione di Boltzmann. Cos le
forze newtoniane e il termine collisionale appaiono come contributi separati:
F p = F p +
(12)
dove abbiamo messo in risalto la diversa natura delle azioni che svolgono le
collisioni dalle forze esterne tradizionali. Le collisioni hanno pi il ruolo di un
ambiente esterno. Lequazione di Boltzmann diventa
(13)
= v F p
In conclusione, gli elettroni di conduzione possono ancora essere trattati
come un gas elettronico, ma ora tale gas lontano dallequilibrio. Esso rappresentato da punti in uno spazio astratto (quello delle fasi) dove i vari punti
possono essere soggetti a forze esterne ma anche a collisioni. Durante tali processi la funzione di distribuzione evolve nel tempo e tale evoluzione descritta
dallequazione cinetica (13).
Approssimazione di tempo di rilassamento
Si chiama approssimazione di tempo di rilassamento quella in cui il termine
collisionale ha la seguente forma
0
=
(14)
0
=
la cui soluzione
(15)
() 0 = [ (0) 0 ] exp
(16)
Abbiamo allora il significato del tempo di rilassamento e del ruolo delle collisioni: il tempo di rilassamento il tempo durante il quale, il sistema allontanato
dallequilibrio da una perturbazione esterna, fa ritorno allo stato di equilibrio.
Ed attraverso i processi collisionali che si ripristina lequilibrio.
Lapprossimazione di tempo di rilassamento tanto pi valida quanto pi
lallontanamento dallequilibrio piccolo.
92
4.4.2
La soluzione stazionaria
=0
(17)
= v F p
(18)
Se il mezzo omogeneo,
= 0
= F p
(19)
(20)
(21)
= 0 F p
(22)
e risolviamo per :
4.5
(23)
Abbiamo imparato che il gas di elettroni liberi che costituiscono gli elettroni di
conduzione deve considerarsi un gas quantistico di fermioni. In fisica classica,
gli oggetti fisici fondamentali rientravano in due categorie ben distinte: o erano
particelle o erano onde. In Meccanica quantistica gli oggetti quantistici presentano nello stesso tempo sia una natura particellare che una natura ondulatoria,
per cui lenergia e la quantit di moto di un elettrone indicata dalle relazioni
p = k
(29)
dove
= 6 6 1034
(30)
(31)
(32)
(33)
4.6
v
= v
(2)
(3)
v () =
+ v0
94
(4)
e si ha
v
=
v
ln ( v) = +
ln ( v0 ) = c
quindi
ln ( v) =
ln ( v0 )
da cui
=
e
Ancora
ln ( v) +
ln ( v0 )
v0
= ln
v
v0
=
v
v () =
+ v0
=
+ v0
e si ha
() =
+ 1
+
v0
(5)
0=
v0
+ 1
95
da cui
1 =
v0
La 85) diventa
() =
+
+
v0
v0
() =
+
i
h
v0
1
4.7
0
0
L [ ( 0 )] = L [ ()]
(30)
L [ ()] = L [ ()]
(31)
1
L [ ()] =
()
= (0) + L [ ()]
L
Sappiamo che
Allora
( 0 )
= ( 0 )
( 0 )
1
L [ ( )] = L
= L [ ()] = = 1
(29)
96
(32)
(33)
(34)
(35)
inoltre
L [g ()] = L [g ()] = g ()
g ()
L
= g ()
(36)
(37)
1
+
(38)
(39)
Ora, poich, se si ha
() = ()
(40)
1
+
(41)
la sua trasformata
L [ ()] =
possiamo dire che, nello spazio dei tempi, la funzione di Green della nostra
equazione si scrive
(42)
( 0 ) = ( 0 )
e quindi una soluzione particolare diventa
Z
0
f () = ( 0 )
0 ( ) f (0 )
(43)
cio
f () =
0 ( ) f (0 )
(44)
v () = v0
+
0 ( ) f (0 )
0
97
(45)
Capitolo 5
CALORI SPECIFICI E
VIBRAZIONI
RETICOLARI
5.1
Calori specifici
=
= 3
La situazione per i gas era alquanto pi complessa. Se abbiamo una sostanza
allo stato gassoso, il trasferimento di calore dallambiente al gas monoatomico
diventa energia degli atomi.
98
2
2
lenergia totale del sistema gas
3
=
2
(27)
3
=
=
(28)
(29)
Lenergia cinetica media per particella, vista lisotropia delle velocit del gas
comporta che ad ogni grado di libert di una particella associata in media una
energia pari a
1
2
(30)
5
2
Cos una molecola triatomica i cui atomi vivono su una sola retta avr 6 gradi
libert e si avrebbe
=
6
2
e quindi, = 52. Infine, alle alte temperature le due particelle non sono
pi rigidamente vincolate ma possono anche vibrare,
e quindi, = 72,
Ma gli esperimenti non andavano secondo tali previsioni, per cui la teoria
classica non era in grado di spiegare i calori specifici dei gas.
Laltro grande limite della teoria classica erano legati alla impossibilit di
spiegare i risultati sperimentali di Dewar (1898) che avendo eseguito misure di
calori specifici sui solidi a basse temperature era arrivato alla conclusione che
tali valori tendevano praticamente a zero alle basse temperature.
Sintetizziamoi risultati sperimentali noti sulle capacit termiche dei solidi.
Ad alte temperature, il calore specifico per solidi non metallici risulta costante
ma a basse temperature tende a zero con una dipendenza dalla terza potenza
della temperatura,
3
3
(33)
(34)
5.1.1
Il modello di Einstein
Nel solido gli atomi non possono muoversi liberamente ma sono vincolati in
posizioni fisse: non potranno n traslare n ruotare. Essi potranno solo vibrare. Il primo passo era quindi quello di ipotizzare che ciascun atomo non
100
era proprio fisso in una data posizione, ma poteva vibrare intorno alla sua posizione di equilibrio. Era quindi naturale pensare, in prima approssimazione,
che ogni atomo eseguisse delle oscillazioni intorno alla posizione di equilibrio.
In generale, tali oscillazioni saranno anarmoniche ma per incominciare si pu
ipotizzare che ciascun atomo esegua oscillazioni armoniche intorno alla posizione
di equilibrio. Se ci sono atomi in un solido, ci saranno oscillatori atomici.
Si pu allora aermare che gli atomi oscillano di moto armonico semplice, in
maniera indipendente, ed assumendo lisotropia delle oscillazioni, ci saranno 3
direzioni indipendenti per le oscillazioni (diremmo 3 soli gradi di libert per ogni
oscillatore).
Questo sar il punto di partenza, adottato sia da Boltzmann che da Einstein.
Einstein nel 1907 propose di considerare linsieme degli oscillatori del solido
come un gas di oscillatori indipendenti ed isotropi. Per ciascun grado di libert,
ciascun oscillatore poteva prendere i seguenti valori dellenergia:
= 0 +
= 0 1 2 3
(1)
(2)
Pensiamo a questo gas partendo dallo zero assoluto, nel quale tutti gli oscillatori sono tutti nel loro stato pi basso di energia. Se introduciamo una
quantit di energia pari a , questa quantit pu essere presa da uno qualsiasi degli oscillatori. Se viene inserita una quantit di energia pari a 2,
questa quantit pu essere presa da due oscillatori qualsiasi, ma anche tutta
da uno qualsiasi degli oscillatori. Cos procedendo si comprende che, man
mano che lenergia inserita aumenta, la sua distribuzione tra gli oscillatori
diventa molto complessa. Si pu procedere prendendo a prestito il formalismo
sviluppato da Boltzmann.
La probabilit che il generico oscillatore possedide lenergia data da
P =
(3)
(4)
X
0
exp
exp
=1
da cui
exp
= P
exp
101
(5)
(6)
diventa
=
ovvero
= 0 +
0 P +
X
Posto
exp
X
1
exp
exp
= 0 + P
(7)
= exp
X
X
1
exp
= (1 )
=
avremo
perch 1. Allora
1
exp
=
1 exp ( )
(8)
e la (7) diventa
= 0 + [1 exp ( )]
exp
(7a)
1
exp
(9)
= exp ( )
[1 exp ( )]2
per cui
= 0 + [1 exp ( )] exp ( )
da cui
= 0 +
1
[1 exp ( )]2
exp ( ) 1
(10)
Per ottenere lenergia termica del solido baster moltiplicare per il numero di
oscillatori, che ricordiamo pari al numero di atomi che costituiscono il solido,
quindi:
= 3 0 +
(11)
exp ( ) 1
Per una mole di gas, si otterr
= 3 0 + 3
exp ( ) 1
(11a)
= 3
exp ( )
[exp ( ) 1]2
(12)
per cui
' 3 1 +
' 3
2. Basse temperature.
In tal caso,
[exp ( ) 1]2 ' [exp ( )]2 ' exp (2 )
per cui
exp ( )
[exp ( ) 1]2
e infine
= 3
' exp ( )
exp ( ) 0
(13)
103
5.1.2
(16)
per cui, come aveva scritto Boltzmann, lenergia media doveva scriversi
R
( )
= R
(17)
( )
(18)
1
= ~ +
(20)
2
104
dove il termine ~ sar determinato dalle masse degli atomi e da una sorta
di costante di elasticit. Esister un livello non nullo dellenergia vibrazionale,
mentre tutte le energie permesse ad ogni singolo oscillatore (stati eccitati vibrazionali) saranno distanziati, in maniera uguale.
Infine, il comportamento dei calori specifici alle basse temperature, come
abbiamo gi accennato, il primo esempio della tendenza verso lo zero del valore
dellEntropia cos come previsto dal Terzo principio della Termodinamica,
perch dire che il calore specifico tende a zero allo zero assoluto, equivale ad
una identica aermazione per lEntropia.
Come si vede il contributo di Einstein allo sviluppo della fisica moderna
avviene in diversi ambiti e tutti di grande importanza.
5.2
Nello studio di una particella posta in una buca di potenziale a pareti infinite
abbiamo trovato che i valori permessi dellenergia erano discretizzati e valevano
~2 2 2
=
(1)
2
(2)
2
e ricavando dalla (1) si otterr
=
~2
2
12
(3)
~2
2
12
(3a)
~2
2
12
(4)
1
2
=
(5)
2 ~2
105
Z
Z
2
1
0 =
2
2
~
0
0
ci dar il numero totale di stati quantistici con energia uguale o minore dellenergia dello stato Allora, lintegrando
12
1
2
(6)
() =
2 ~2
rappresenta il numero di stati, per unit di energia, per ogni energia, cio
una densit di stati associata ad ogni energia. In altre parole,
()
il numero medio di stati la cui energia compresa tra ( + ).
Vi sono un gram numero di propriet fisiche di un sistema che dipendono
dalla forma della funzione (). Il modello di Einstein del calori specifici dei
solidi stato il primo modello teorico a far uso esplicito della densit degli stati.
5.2.1
La derivazione alternativa
Data limportanza del concetto di densit degli stati daremo una derivazione
alternativa della sua presentazione, in maniera da consentire la sua utilizzazione
per diversi sistemi fisici.
Abbiamo visto nel problema della buca a pareti infinite che i vettori donda
potevano prendere valori distreti dettati dalla relazione
=
(7)
e che quindi anche la quantit di moto permessa alla particella confinata era
= ~
(8)
1 () =
106
(9)
(10)
2 () = 1 ()
per cui
2 () = 1 ()
(12)
1
~
(13)
(14)
(15)
Se si usa la relazione
=
si ottiene
2
2
(16)
1
2
() =
2 ~2
5.2.2
Per studiare le particelle nei solidi, basta studiare una particella in una scatola
perch il solido una replica della stessa scatola nelle tre direzioni dello spazio.
Quindi per studiare alcune propriet di un solido si pu partire studiando una
particella confinata uin una scatora di forma arbitraria (cella elementare) con
opportune condizioni al contorno.
Nello studio di una particella confinata in una scatola tridimensionale, con i
lati ( ) abbiamo trovato i seguenti valori permessi del vettore donda
=
(17)
dove i valori dei vari erano interi, arbitrari, sia positivi che negativi.
In base ai risultati del paragrafo precedente possiamo definire per ciascuna
componente una densit degli stati in funzione del vettore donda
1 ( ) =
1 ( ) =
1 ( ) =
(18)
=
2 2 2
(2)3
(19)
2 2
Cerchiamo di comprendere quello che abbiamo fatto. Con i tre lati 2
stati (19) manca di un fattore 2, dovuto al fatto che gli elettroni possiedono un
momento magnetico di intrinseco, detto spin. Lo spin pu prendere solo due
valori e ogni elettrone pu assumere uno dei due valori. Due elettroni con spin
diverso sono elettroni dierenti.
Possiamo considerare la densit degli stati nello spazio p e scrivendo prima
quelle per le componenti e
2 ( ) =
1
~ 2
2 ( ) =
1
~ 2
2 ( ) =
1
~ 2
(20)
e poi
2 (p) =
(2~)
(21)
(22)
ma osservando che nello spazio k, le superfici con determinato energia sono sfere,
per cui la corretta uguaglianza
() = 1 (k) 42
Poich
=
(23)
(24)
1
1
2
=
=
~
~ 2
e si ottiene
2
32
() = 1 (k) 3 (2 )
(26)
~
che esplicitata dar
32
(27)
() = 2
4
~2
109
32
2
() = (2 + 1) 2
(28)
2
4
~
dove il valore dello spin della particella. Per lelettrone, lo spin vale 1/2 e si
ottiene per la densit degli stati la seguente espressione finale
32
2
() = 2
(29)
2
2
~
Spieghiamo in maniera pi geometrica quello che abbiamo fatto. Siamo
partiti da una densit degli stati permessi agli elettroni
1 (k) = 2
(2)3
4
2
k =
3
~2
Allora, il numero di stati elettronici permessi, contenuti in questa sfera, che
rappresentano il numero di stati permessi con energia compresa tra 0 ed , sono
32
4
2
= k 1 (k) = 2
~2
(2)3 3
A questo punto, la densit degli stati pu essere definita dalla uguaglianza
Z
=
(0 ) 0
0
per cui
() =
e quindi
() =
2 2
2
~2
32
5.2.3
(30)
Conviene allora partire dalla densit degli stati in funzione della quantit di
moto
2 (p) =
(21)
3
(2~)
e definire la densit degli stati come
() = 2 (p) 42
(31)
usando le stesse considerazioni svolte nello spazio k, solo che ora le facciamo
nello spazio p. Possiamo allora scrivere
() = 2 (p) 42
(32)
otteniamo
4 2
(33)
4 2
(2~) 3
(34)
() = 2 (p)
Sostituendo lespressione (21) otteniamo
() =
4 2
3
(2~) 3
(35)
Poich il valore dello spin del fotone 1, troveremo la seguente densit degli
stati per i fotoni
3 1 2
(35)
() = 2
2 (~)3
Si pu definire anche una densit degli stati in funzione della pulsazione
() = ()
e scrivere
() = ()
111
(36)
(37)
Poich
= ~
(38)
(39)
e poi
() =
3 1 2
2 2 ()3
(40)
5.3
Il modello teorico che spiegava in maniera corretto i calori specifici anche a basse
temperature fu stabilito nel 1912 da P. Debye per le sostanze non metalliche e
poi da M. Born e T. von Karman (1912-1913) che usarono in maniera rigorosa
le condizioni periodiche del cristallo.
Il calore specifico molare nel modello di Einstein non tende correttamente a
zero. Non abbiamo ancora la formulazione giusta. Dov lerrore commesso da
Einstein, nella sua interpretazione del gas di oscillatori? Siamo in un solido e
gli atomi vicini sono sicuramente in interazione, senza contare che linterazione
coulombiana potrebbe coinvolgere anche atomi non contigui. In altre parole, il
gas di oscillatori deve essere necessariamente un gas interagente.
Ritorniamo al gas interagente. Gli atomi, di cui si pu pensare costituito
il solido, non possono essere descritte da un modello di gas perfetto. Dato il
numero elevato di atomi non si pu sperare di dare una descrizione completa del
sistema senza avanzare ipotesi semplificative. Basti pensare che ci sono
/ gli
atomi dovremmo scrivere 3N equazioni del moto e conoscere la forza risultante
agente una un generico atomo quale risultato dellazione dei rimanenti 1
atomi. Abbiamo gi avuto modo di usare il modello di atomo come oscillatore, dove il moto oscillatorio era eseguito dallelettrone nellatomo. Ora nella
discussione degli aspetti termici del solido vogliamo usare un modello analogo.
Abbiamo gi detto che le particelle atomiche non sono ferme ma si possono
pensare come particelle oscillanti intorno alla loro posizione di equilibrio. Si
poteva assumere che le vibrazioni termiche erano piccole rispetto alla costante
reticolare . Cos mentre per spiegare linterazione luce materia abbiamo usato
un modello di oscillatore fondato sulloscillazione dellelettrone in ogni singolo
atomo, nei solidi lo stesso atomo che oscilla intorno alla posizione di equilibrio. Era questo il modello usato da Einstein. Nel solido tuttavia la vicinanza
tra gli atomi impedisce che essi possano essere considerati come oscillatori indipendenti. Si assume allora che ciascon atomo legato in maniera elastica ai
primi vicini e che la forza risultante su ciascuno dipenda dai primi vicini (approssimazione armocica). Questa interazione a primi vicini dar origine ad un
112
risultato poi ampiamente diuso nella fisica delle particelle interagenti: questo
insieme di oscillatori interagenti debolmente pu essere trasformato in un insieme di oscillatori virtuali non interagenti e questi nuovi oscillatori vibrano
frequenze particolari, dette frequenze normali del sistema (modi normali del
sistema accoppiato). Queste modi normali rappresentano delle vibrazioni collettive del solido. Queste saranno le nuove vibrazioni reticolari da considerare per
spiegare il maniera corretta il calore specifico dei solidi. Ritorneremo dopo ai
modi normali.
5.3.1
La teoria vibrazionale del moto termico dei solidi rassomiglia, come abbiamo
gi visto con Einstein, alla teoria sviluppata da Planck per il corpo nero. Il
moto termico degli atomi (ioni o molecole) pu essere considerato con buona
approssimazione come un insieme di oscillatori armonici. Tuttavia a causa della
vicinanza degli altri atomi questi oscillatori saranno accoppiati e il moto termico
in un solido non potr considerare questi oscillatori indipendenti. Il modello
lineare di questi oscillatori sar quello di una catena lineare di atomi legati,
gli uni algli altri, da una forza elastica, che in prima approssimazione, sar
proporzionale allo spostamento. Partire da due soli atomi accoppiati tra di
loro da una molla, mentre leetto di tutti flia altri atomi si ridurr ancora ad
una molla, perch solo lazione dei primi vicini ad avere un eetto, in prima
approssimazione.
5.3.2
1 2 1
1
2
1 + (1 2 ) + 22
2
2
2
(1)
2 1
= 21 + 2
2
2 2
= 22 + 1
2
(2)
2 = 2 cos ( + )
113
(3)
2 2 1
2=0
1 + 2 2 2 = 0
2 2
2 =0
(4)
(5)
2 4 4 2 + 3 = 0
22 = 3
(6)
(7)
(8)
5.3.3
Considerazioni preliminari
Questo insieme pu essere trattato come se fosse una molla, fissando per
esempio le estremit:
Se le estremit sono fissate il suo modo fondamentale pi basso, corrispondente alla frequenza pi bassa, min associato con londa stazionaria con i nodi
posti sui soli atomi fissi.
Il moto successivo avr i nodi non solo agli estremi, ma anche alla met
esatta della lunghhezza della molla e cos via:
(1)
Associata a tale lunghezza donda vi sar una frequenza (pulsazione) massima data da
2
=
max =
(2)
min
dove la velocit dellonda (in questo caso suono) che si propaga lungo la
molla.
In maniera analoga, vi sar una frequenza minima che sar legata alla
lunghezza della molla :
2
min =
=
(3)
max
115
(4)
Queste vibrazioni sono dette acustiche, perch coprono lintero spettro delle
frequenze acustiche e sono le sole possibili per una catena lineare.
Secondo caso: piccole lunghezze donde: .
Nel secondo caso, le due dierenti specie oscillano in opposizione di fase,
comportandosi come se fossero delle sottospecie separare. Esse oscillano le une
relative alle altre. Tali oscillazioni sono dette ottiche.
Si pu fare un grafico della curva di dispersione = dove ora per separazione interatomica bisogna considerare la distanza tra due atomi della stessa
specie. Indicheremo con 1 la nuova distanza interatomica:
min =
2
1
(5)
La frequenza dei modi acustici cresce al crescere del vettore donda fino ad un
massimo pari a = 21 mentre i modi ottici presentano un massimo a = 0
117
e poi hanno un minimo allo stesso valore di per cui quelli acustici presentano
un massimo. I modi ottici si presentano non solo nelle catene diatomiche ma
anche in catene di ordine superiore.
I modi normali acustici giocano un ruolo importante nel calcolo del calore
specifico, nellespansione termica, nella conduzione del calore, etc....
Notiamo che tra i modi acustici e quelli ottici esistono delle frequenze che
non portano ad alcuna vibrazione. Non tutte le vibrazioni sono consentite.
3) la terza dierenza tra la propagazione delle onde elettromagnetiche considerate da Planck e le vibrazioni reticolari nella velocit di propagazione delle
onde. Per onde elettromaghetiche, nel vuoto, abbiamo visto che esse sono solo
trasversali e la velocit di propagazione sempre .
Per le vibrazioni reticolari abbiamo una dierente velocit di propagazione,
una per le vibrazioni trasverese, ed una per le vibrazioni longitudinali, .
Avremo allora due dierenti leggi di dispersione
=
(6)
(7)
5.3.4
1 (k) 3 = 4
2
(8)
2
Abbiamo visto che per ogni stato di polarizzazione, eq.(6) vi una relazione di
dispersione lineare del tipo
=
per cui, la densit dei modi normali, per ogni polarizzazione, si pu scrivere
come
3
() = 4
2
2
Poich = 1
() = 4
118
(9)
4
2
1
() =
+
2
3
3
3
(2)
dove abbiamo indicato il volume del solido con = 3 . Possiamo introdurre
una velocit media al posto di quelle trasversali e longitudinali definendola come
3
1
2
= 3+ 3
3
(10)
12
(2)
ovvero
3 1 2
(11)
2 2 3
Si confronti questa densit degli stati fononici con quella dei fotoni derivata
in precedenza:
() =
3 1 2
2 2 3
Essa essenzialmente la stessa, con le dierenze spiegate appena sopra.
Per finire, abbiamo visto che deve esistere una frequenza massima, , che
nota come frequenza di Debye (frequenza non presente nel caso dei fotoni). La
frequenda di Debye deve essere legata attraverso la (2) alla distanza interatomica. Tuttavia la teoria di Debye in grado di dare una valutazione pi precisa
di tale frequanza.
Con queste restrizioni, (si dice che ci si limita allo spettro dei modi normali
di un reticoli di Bravais) i modi normali sono al pi 3 . Quindi,
Z
() = 3
(12)
() =
si trova
da cui
3
= 3
2 2 3
(13)
13
2 3
= 3 2
(14)
119
(15)
2
3
(16)
5.3.5
( ) ()
(17)
1
= 9 3
~
0
Ponendo
=
~ 3
exp (~ ) 1
(18)
(19)
potremo scrivere
= 9
4 Z
exp () 1
(20)
Alte Temperature
Nel caso in cui , possiamo approssimare
exp () ' 1 +
e scrivere
' 9
4 Z
ed ottenere
' 3
(20a)
120
(21)
Basse Temperature
Alle basse temperature possiamo sostituire lestremo superiore della (20) con
, e scrivere
4 Z
3
' 9
(22)
exp () 1
0
Poich
otterremo
'
3 4
5
4
3
=
exp () 1
15
3
12 4
=
5
(23)
(24)
(25)
che riproduce la corretta dipendenza della capacit dalla terza potenza della
temperatura.
5.3.6
rappresenta il numero totale di fononi. Con () abbiamo indicato la distribuzione di Bose-Einstein. Allora, il numero di fononi per unit di volume
(densit numerica di fotoni) sar
Z
()
1
2
=
=9
(27)
3 0
exp (~ ) 1
che riscriviamo come
= 9
3 Z
exp () 1
(28)
Alte temperature
In questo limite, come nei calcoli precedenti, possiamo espandere lesponenziale
in serie di potenze e trattenere solo i primi due termi. In tal caso
Z
2
'
exp () 1
(29)
(30)
(31)
=
0
'
2
Il numero totale di fononi sar
'
2
1
2
2
=
3
(32)
2
2
Basse Temperature
Come nel caso precedentemente analizzato, alle basse temperature, possiamo,
in questo limite, usare linfinito come estremo superiore dintegrazione e poich
Z
2
2
=
(33)
exp () 1
3
0
alla fine troveremo che in numero di fotoni per unit di volume sar
' 32
122
(34)
4
3
' 4
5
(24)
2
=
5
(35)
5.4
22
2
~2
32 Z
0 0 = 2
2
2
~2
32
2 32
(1)
Per valutare tale valore, lo correliamo alla temperatura del gas, usando per
il valor medio. Avremo
32
32
2
2 3
( ) = 2
(2)
2
~2
3 2
Il rapporto
= 2 2
( )
~2
2
32
3
2
2
3
32
(3)
' 1025 3
' 5 0 1026
123
' 4 1023
' 106 1
( )
(4)
124