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Davide Cagnoni (n◦ matricola 702651)

Teoria della relatività e Teoria dei quanta:


due paradigmi a confronto

Relazione per il corso di Temi filosofici dell’ingegneria e della scienza,


Prof.sa Viola Schiaffonati,
AA 2008/09

31/08/2009
Introduzione
Thomas Samuel Kuhn pubblica nel 1962 la sua opera fondamentale nel campo della filosofia
della scienza, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, in cui delinea un modo comple-
tamente nuovo di studiare la scienza. Se infatti negli anni precedenti il dibattito si era
concentrato principalmente su ‘come dovrebbe essere’ la scienza, egli sposta il nucleo del dis-
corso sul ‘come è’ la scienza, o meglio sul ‘come è stata’; se il dibattito si era concentrato (e
pensiamo per esempio all’opera di Popper) sul ‘come si accumula’ la conoscenza scientifica,
per Kuhn il nucleo della questione è più semplicemente ‘come è cambiata’ la scienza lungo
la storia.1 Da un diverso punto di vista si potrebbe dire che, se i filosofi della scienza si
erano prima occupati di come definire un linguaggio scientifico, di come valutare le qualità
della asserzione scientifica, Kuhn si preoccupa di osservare come lavorino (o abbiano lavora-
to) gli scienziati, o meglio ancora le comunità scientifiche, portandosi in un’ottica assai più
storico-sociologica che non logica quale era quella precedente.
Albert Einstein pubblica nel 1950 Pensieri degli anni difficili (titolo originale Out of my
later years), una sorta di ‘diario’ in cui raccoglie suoi ‘pensieri scritti’ (elaborati a partire
dal 1933 e fino al 1950) riguardanti le più svariate tematiche: la guerra, l’educazione, la
scienza, la filosofia, la politica internazioneale, la storia del suo popolo, il ricordo di persone
importanti, in senso scientifico, filosofico o affettivo, e ancora altro. Vi esprime in modo
semplice anche il fondamento della teoria che lo ha reso famoso, la meccanica relativistica,
e vi esprime dubbi su di un’altra, la meccanica quantistica, che con il suo lavoro sull’effetto
fotoelettrico ha contribuito a iniziare.
Werner Heisenberg pubblica nel 1958 Fisica e filosofia, opera in cui si propone di spiegare i
fondamenti scientifici e soprattutto filosofici della ‘teoria dei quanta’ e in modo particolare del
cambiamento nella nozione di causalità che caratterizza lo sviluppo della fisica quantistica,
attraverso una ricerca che lo porta ad esaminare da vicino anche la teoria della relatività.
Questo scritto si propone di fare un’analisi ‘parallela’ dei tre libri citati, cercando di
adottare la prospettiva kuhniana del paradigma rispetto alla teoria della relatività e a quella
dei quanta, per capire quanto il modello del filosofo americano si possa adattare a quella
che oggi chiamiamo la fisica moderna. Seguiremo l’impianto concettuale de La struttura, per
alternare le riflessioni sulle due teorie in modo indipendente, cosicchè sia possibile leggerlo in
due modi, come una sorta di ‘sintesi’ dell’opera kuhniana o come una ‘dimostrazione’ della
sua applicabilità alla recente storia della scienza ed al pensiero di due eminenti scienziati
rispetto ad essa.

1 Il ruolo della storia e i diversi ‘momenti’ della scienza


Vediamo quindi anzitutto come nell’opera di Kuhn si delinea questo distaccamento dalla
tradizione precedente. Per prima cosa, egli critica quella concezione della scienza dalla quale
un po’ tutti siamo dominati, per ragioni in definitiva pedagogiche: la concezione che ci
deriva dai manuali scientifici. Se infatti la loro funzione è giustamente quella persuasivo-
pedagogica, l’uso degli stessi in senso storico porta a fraintendimenti. Essi infatti «sembrano
1 per una panoramica sulla filosofia della scienza prima di Kuhn, cfr la sezione V di M. Dorato, Cosa c’entra l’anima con

gli atomi? Introduzione alla filosofia della scienza, Editori Laterza, Roma-Bari 2007.

1
spesso implicare che il contenuto della scienza sia esemplificato unicamente dalle osservazioni,
dalle leggi e dalle teorie descritte nelle loro pagine».2 Da ciò discenderebbe allora che il
compito dello storico della scienza sia quello di determinare quando e come ogni elemento
si sia aggiunto all’edificio della scienza contemporanea, e quali siano stati gli ostacoli, gli
errori, i miti che ne hanno ostacolato l’accrescersi. Questo compito però risulta tanto più
difficile quanto più si voglia andare in profondità nel rispondere a quel tipo di domanda,
e pertanto Kuhn propone una soluzione piuttosto drastica: «è sbagliato fare domande di
questo genere. Forse la scienza non si sviluppa per accumulazione di singole scoperte e
invenzioni».3 E proprio qui interviene la struttura che Kuhn formalizza sotto il nome di
paradigma e che definisce come i «risultati raggiunti dalla scienza del passato, ai quali una
particolare comunità scientifica, per un certo periodo di tempo, riconosce la capacità di
costituire il fondamento della sua prassi ulteriore».4
L’introduzione del paradigma ci permette allora di distinguere tre diversi momenti in cui
la scienza si comporta in modi differenti:
scienza preparadigmatica che come dice il nome stesso è tipica della fase iniziale di ogni
scienza, e in cui la situazione è quella di un proliferare di scuole che interpretano in
modo diverso gli svariati fatti a cui la natura li mette di fronte, spesso indicando in
fenomeni rispettivamente differenti quelli che sono i principali oggetti d’indagine, in
esperimenti differenti quelli che sono gli esperimenti chiarificatori, in concetti differenti
quelli su cui si basa la scienza in questione
scienza normale che può nascere solo una volta che dalla scienza preparadigmatica emerga,
o meglio sia assunta come base, una sola delle teorie che prima proliferavano, e che
formerà il paradigma. Chi fa scienza normale (cioè la maggior parte degli scienziati) ha
come unico scopo quello di risolvere i problemi che il paradigma stesso gli pone di fronte
come problemi sensati, ha come mezzi ed esempi i risultati della scienza passata che il
paradigma gli fornisce e il suo lavoro di ricerca assomiglia, secondo Kuhn, alla risoluzione
di ‘puzzle’ o ‘rompicapi’, nel senso che lo scienziato normale ha, se non la certezza di
poter trovare una soluzione, una fiducia quasi assoluta che il paradigma sia in grado
di fornire gli strumenti necessari. Una fiducia tanto grande che nemmeno l’anomalia
da sola riesce a distruggere secondo Kuhn. L’anomalia infatti rientra nell’ambito della
scienza normale come un insuccesso dello scienziato e non del paradigma, in quanto è lo
scienziato che non riesce, come hanno fatto i suoi predecessori, a ricondurre, a forzare
la natura entro il suo paradigma.5 .
scienza straordinaria che è la risposta alla crisi, la quale nasce nel momento in cui una
anomalia passa dallo status di problema non ancora risolto a quello di anomalia ri-
conosciuta dalla maggior parte della comunità scientifica, e diviene oggetto del lavoro
dei più eminenti esponenti della comunità.
Se essa continua a resistere ancora - ciò che di solito non fa - molti di essi possono
giungere a considerare la sua soluzione come l’argomento principale della loro disciplina. Per
2 T.S.Kuhn,La struttura delle rivoluzioni scientifiche,[1962;1970], trad.it. di A.Carugo, Einaudi, Torino 20095 p.19; d’ora

in poi, SRS.
3 SRS, p.20.
4 SRS, p.29, corsivo mio
5 cfr SRS, pp.44, 57, 105, 107.

2
essi, il campo non avrà più lo stesso significato che aveva prima. In parte, la differenza
deriva dal nuovo punto focale dell’indagine scientifica. Una ragione ancor più importante
del mutamento risiede nella natura divergente delle numerose soluzioni parziali prodotte dal
fatto che sul problema si è concentrata l’attenzione di tutti.6

Proprio queste soluzioni pure rifacendosi in un certo senso al precedente paradigma,


fanno ricorso a diverse articolazioni dello stesso, tanto che non sono considerabili esse
stesse parte del paradigma e vengono spesso descritte come adattamenti ad hoc. Le
regole della scienza normale vengono sfuocate, addirittura alcuni problemi con le relative
soluzioni che prima erano accettate vengono rimessi in discussione.7

1.1 Storia e scienza per Einstein


Vediamo ora come nella trattazione einsteiniana si possa ritrovare parte dell’idea di sviluppo
della scienza che Kuhn ci presenta: parliamo innanzitutto della situazine preparadigmatica,
cui Einstein fa cenno nella sua discussione sul rapporto tra scienza e società. Ritroviamo
infatti quella stessa idea che Kuhn presenta della fiducia dell’uomo nel paradigma, ma questa
volta in senso più ampio:
Nei tempi prescientifici non era possibile raggiungere con il solo pensiero risultati che tutta
l’umanità potesse accettare come certi e necessari. Ancora meno vi era la convinzione che tutto
ciò che accade in natura è soggetto a leggi inesorabili.[..]L’uomo medio può riuscire a seguire
i dettagli della ricerca solo in misura modesta; ma può almeno rendersi conto di un vantaggio
grande ed importante: la fiducia che il pensiero umano è degno di fede e che le leggi naturali
sono universali.8

Riferito comunque ad una scienza ai suoi albori, il concetto sembrerebbe essere abbastanza
simile a quello esposto da Kuhn quando esprime la fiducia ‘certa’ degli scienziati nel fatto
che il paradigma possa spiegare i fatti della natura. Einstein però intende le basi di questa
fiducia fondate su motivi molto diversi, che Kuhn non considera affatto: per il tedesco infatti
la fiducia è dovuta solo all’accordo della teoria con gli esperimenti: questo è il «perenne vanto
della scienza», e pare molto diverso da quello che Kuhn presenta come ‘promessa di successo’
di un paradigma.
Per quanto riguarda la descrizione della scienza straordinaria (che nella esperienza ein-
steiniana viene per prima, in quanto già è presente un paradigma, quello ‘newtoniano’, per la
fisica), abbiamo invece un accordo tra la formalizzazione di Kuhn e il racconto della ‘nascita’
della relatività. Abbiamo così il riconoscimento delle anomalie, delle incapacità della mecca-
nica classica di spiegare i fenomeni elettromagnetici, che si palesa con il lavoro di Maxwell;
poi i successivi rilassamenti delle idee radicate nel paradigma precedente: l’indipendenza tra
spazio e tempo negata dalle trasformazioni di Lorentz e il cambiamento nel concetto di simul-
taneità introdotto con la relatività ristretta o speciale; giungiamo infine alla negazione degli
oggetti che assumevano un ruolo fondamentale per introdurne di nuovi: la forza sparisce,
in favore del campo, come oggetto dello studio della fisica, per esempio, con la teoria della
relatività generale.9
6 SRS,
pp.109-110
7 SRS,
p. 110.
8 A.Einstein, Pensieri degli anni difficili,[1950], trad.it. di L.Bianchi, Bollati Boringhieri, Torino 1965, p. 32; d’ora in poi,

PAD.
9 PAD, pp. 45 e seg., 233 e seg.

3
Infine per quanto riguarda il periodo di scienza normale abbiamo qualcosa di abbastanza
sorprendente: nonostante infatti Einstein scriva parecchi anni prima della pubblicazione de
La struttura, troviamo che mentre parla del rapporto tra scienza e realtà scrive:
Secondo me non si può dire nulla riguardo al modo in cui i concetti devono essere costruiti
e collegati, e al modo in cui noi dobbiamo coordinarli con le esperienze. Il successo dei risultati
rappresenta il fattore determinante che ci guida nella creazione di un tale ordine fra le esperienze
sensoriali. Tutto ciò che è necessario è l’enunciazione di un gruppo di regole, poichè senza tali
regole l’acquisizione della conoscenza nel senso desiderato sarebbe impossibile. Si può paragonare
tale situazione a quella di un giuoco: se pur le regole sono arbitrarie, solo il loro rigore e la loro
inflessibile applicazione rende possibile il giuoco. La loro determinazione tuttavia non sarà mai
definitiva. Essa risulterà valida solo per un particolare tipo di applicazione.10

Vi troviamo sorprendentemente molti elementi della riflessione kuhniana sulla scienza nor-
male, nonostante qui Einstein stia parlando della scienza in generale. Potremmo attribuire
ciò soprattutto al fatto che la tradizione della filosofia della scienza non ha elaborato, al
tempo in cui il fisico scrive (1936), nulla di simile alla distinzione tra scienza normale e
straordinaria, e quindi Einstein è indotto a vedere in un tutt’uno ciò che noi possiamo dis-
tinguere sulla base della formalizzazione kuhniana. Anche lo stress sulle regole, che Kuhn
elimina nella sua trattazione, potrebbe essere interpretato come un frutto della particolare
attenzione alla ‘giustificazione’ di cui la filosofia della scienza si nutriva da tempo.

1.2 Storia e scienza per Heisenberg


Anche nella storia della meccanica quantistica come la presenta Heisenberg possiamo ritrovare
alcuni elementi caratteristici della formalizzazione kuhniana. In primis, abbiamo che la ‘nasc-
ita’ del paradigma deriva proprio da un’anomalia: la luce presenta tratti descrivibili solo
attraverso la teoria ondulatoria (rifrazione, interferenze) e trati descrivibili solo con quella
corpuscolare-fotonica (effetto fotoelettrico, calore specifico dei corpi).11 Da questa fase di
crisi delle teorie precedenti,in breve tempo comincia a formarsi un nucleo di scienziati che
lavora su queste difficoltà, «anche molto tempo prima che si avesse una solida formulazione
della teoria dei quanta».12 . Potremmo dire che il paradigma è già formato a questo punto: i
lavori di Planck, Einstein, Bohr hanno «aperto una nuova linea di ricerche» pur non potendo
ancora risolvere molti problemi e contraddizioni che si presentano ai fisici.13 La convinzione
che il paradigma sia già formato è esaltata dal fatto che «i paradossi della teoria dei quan-
ta non scomparvero durante questo processo di chiarificazione; al contrario, essi divennero
ancora più marcati ed appassionanti».14 Possiamo riconoscervi due delle caratteristiche su
cui pone di più l’accento Kuhn: la fiducia che il paradigma accolto sia in grado di risolvere
i probelmi che si presentano, nonchè la passione dello scienziato nel risolvere i ‘puzzle’: se
così non fosse, probabilmente Heisenberg avrebbe definito i paradossi in tutt’altro modo che
appassionanti!
10 PAD, p.39
11 W.Heisenberg, Fisica e filosofia, [1958], trad it. G.Gignoli, il Saggiatore, Milano 2008, p. 44; d’ora in poi, FF.
12 FF, p. 48
13 FF, p. 47
14 FF, p. 49

4
2 Il paradigma e le regole della ricerca
Ci focalizzeremo ora in modo particolare sulle qualità del paradigma, e sul perchè esso abbia
la priorità rispetto alle regole, ai concetti o a qualsivoglia altro oggetto della scienza. Par-
tiamo come Kuhn dal significato corrente del termine paradigma:«esempio, modello degno
di essere imitato, termine di paragone, di riferimento: p. morale».15 Nella accezione kuhni-
ana, il paradigma è più di rado un modello da imitare che non un termine di riferimento, e
precisamente uno strumento per una miglior articolazione sotto nuove condizioni anche più
restrittive (come ad esempio, nota Kuhn, un verdetto accettato nella pratica giuridica).
Analizziamone per prime le carateristiche allorchè esso compare per la prima volta: un
paradigma prende la sua posizione nel momento in cui riesce meglio dei suoi competitori a
risolvere alcuni problemi che sono considerati importanti dalla specifica comunità scientifica.
Meglio non significa però necessariamente nè in modo completo per un qualche determinato
problema, nè in modo soddisfacente secondo alcuni criteri per la maggior parte dei problemi.
Quello che rende un paradigma tale è in qualche modo una potenza nel senso aristotelico del
termine, ossia come esso lasci intuire di poter essere usato nella risoluzione di quei problemi
ancora incompleti che affronta. Il compito di articolare il paradigma, e di raggiungere una
ulteriore conoscenza dei fatti che esso indica come più importanti o più rivelatori, aumen-
tando il grado in cui le previsioni del paradigma vi si accordano, questo è il compito della
scienza normale per come la abbiamo definita precedentemente.16
Il paradigma inoltre forza l’attenzione della ricerca normale su un’area molto ristretta
della natura, potremmo dire con Kuhn «drasticamente limitata»,17 il che produce una dif-
fidenza degli scienziati verso le nuove scoperte e un disinteressamento nei confronti di quei
fenomeni naturali che il paradigma ritenesse poco importanti o anche troppo complicati per
essere studiati, ma anche una pressante concentrazione su quei problemi che sono oggetto
di studio, in grado di portare ad una conoscenza assai approfondita che sarebbe altrimenti
inimmaginabile; conoscenza tale che spesso alcuni dei risultati ottenuti e dei problemi risolti
rimangono riconosciuti come validi addirittura oltre la ‘morte’ del paradigma.18 Esistono
inoltre i già citati meccanismi che portano al rilassamento di queste restrizioni nel momento
in cui il paradigma corrente cessa di funzionare con efficacia, momento in cui gli scienziati
cambiano la loro ricerca, o meglio il loro modo di usare il paradigma nella ricerca.
Vediamo ora quali possono essere i tipi di regole che ogni paradigma impone sulla ricerca,
in accordo con il senso esteso del termine regola che utilizza Kuhn:19
• Le prime regole che vengono alla mente sono quelle esplicite: leggi, concetti, teorie che
un paradigma propone. Queste ci aiutano nella formulazione dei problemi-rompicapo e
ci forniscono allo stesso tempo criteri per accetterne le soluzioni. Citiamo ad esempio
le ‘leggi di Newton’, che forniscono appunto leggi matematiche e al contempo concetti
quali massa, forza, spazio e tempo;
15 T. De Mauro,Il dizionario della lingua italiana, http://old.demauroparavia.it/79190, aggiornato al 20/08/09
16 cfr SRS, p. 45
17 ib.
18 riguardo la diffidenza verso le nuove scoperte, cfr B. Barber, Resistance by scientists to scientific discovery, in Science,

Gen. 1961, pp. 596-602


19 cfr SRS, pp. 60-64

5
• Abbiamo poi ad un livello più concreto regole che possiamo chiamare strumentali: una
serie di assunti che ci dicono quali strumenti sia preferibile usare e come usarli, cioè quali
sono le modalità considerate legittime. Portiamo come esempio (che approfondiremo in
seguito) lo studio che i meccanici quantistici fanno dello strumento di osservazione;
• Altre regole stanno ad un livello più filosfico-metafisico: sono quelle che danno una con-
cezione della natura e degli oggetti della scienza. Ad esempio, la concezione meccanicista
dell’universo adottata nella scienza dopo Cartesio;
• L’ultima classe di regole è quella che ha a che vedere con il ruolo dello scienziato nella
vita scientifica: ad esempio, «lo scienziato deve sentirsi impegnato a comprendere il
mondo ed estendere la portata e la precisione dell’ordine» che gli viene dato sotto
forma del paradigma assunto.
Notiamo come nessuna delle ultime tre categorie di regole sia necessaria alla definizione
del lavoro dello scienziato, e come al contempo la sola assunzione delle regole esplicite non
determini in modo sufficientemente completo l’attività scientifica: proprio su questo fatto
si basa l’affermazione di Kuhn che «le regole [..] derivano dai paradigmi, ma i paradigmi
possono guidare la ricerca anche in assenza di regole». Per avere regole comuni infatti, una
comunità scientifica ha bisogno un più grande sforzo di astrazione dal paradigma: ma mentre
è facile per una comunità essere d’accordo nell’identificazione di un paradigma, è più difficile
accordarsi sulla sua interpretazione o razionalizzazione:
Il fatto che gli scienziati di solito non si chiedono, o non discutono, che cosa renda legittimo un
particolare problema o una particolare soluzione ci induce a supporre che, almeno intuitivamente,
essi conoscono la risposta. Ma può anche semplicemente indicare che né la domanda né la risposta
sono considerate rilevanti per la loro ricerca. I paradigmi possono essere anteriori, più vincolanti
e più completi di ogni insieme di regole di ricerca che si possa inequivocabilmente astrarre da
essi.20
Vediamo quali sono gli altri argomenti che Kuhn porta a sostegno della tesi suddetta:21
• come già accennato, la grande difficoltà a formalizzare le regole che hanno condotto le
particolari tradizioni scientifiche nella storia;
• il fatto che gli scienziati non imparino regole, concetti, teorie solo in astratto, ma lo
facciano in modo embrionalmente legato alle loro stesse applicazioni;
• la tensione verso la comprensione delle regole si manifesta ogniqualvolta i paradigmi
diventano insicuri, ossia nei momenti che precedono e accompagnano le crisi;
• per ultimo, la sostituzione dei paradigmi alle regole rende più comprensibile la special-
izzazione nella scienza. Se le regole esplicite esistenti sono comuni a vaste comunità
scientifiche, i paradigmi spesso non lo sono: ciò spiegherebbe come piccole rivoluzioni
siano possibili in campi specialistici della scienza senza coinvolgere tutta la comunità
scientifica, e come la stessa teoria possa avere in campi diversi significato diverso.22
20 SRS, p. 68
21 SRS, pp. 69-74
22 É interessante a tal proposito l’esempio di come per un chimico l’atomo di elio sia una molecola, comportandosi come

tale rispetto alla teoria cinetica dei gas, mentre per un fisico non lo sia, non presentandone le caratteristiche ad un esame
spettroscopico. Si noti come la scelta derivi dal paradigma, ovvero da come decide un fisico piuttosto che un chimico se sta
analizzando molecole, e non da regole esplicite. cfr J. K. Senior, The vernacular of the laboratory, in Philosophy of Science,
XXV, 1958, pp. 163-168

6
2.1 La relatività come paradigma
Partiamo ora dalla fiducia nel paradigma: molti problemi posti dalla teoria della relatività
non sono tuttora stati completamente risolti, e talvolta anche alcune ‘prove’ classiche della
teoria sono state ridimensionate.23 Tuttavia la fiducia di Einstein, specialmente nel campo
che più crea problemi alla teoria, quello dei fenomeni su scala atomica, è documentata:
[..] finora, la teoria di campo non è riuscita a fornire una spiegazione della struttura corpus-
colare della materia e dei fenomeni quantici. É dimostrato, tuttavia, che la convinzione che la
teoria di campo sia incapace di dare, con i suoi metodi, una soluzione a questi problemi si fonda
su un pregiudizio.24

Vediamo tuttavia come oggi queste ‘anomalie’ stiano producendo nuove teorie, pensiamo alla
teoria delle stringhe per esempio, proprio in accordo con ciò che dice Kuhn, che forse non
sono ancora definibili paradigmi essendo ancora vivo il campo della ricerca ‘relativistica’,
ma potrebbero essere interpretabili come quei rilassamenti del paradigma che nascono dalle
anomalie riconosciute.
Per quanto riguarda le regole riconoscibili, in accordo con le categorie che abbiamo isolato,
possiamo facilmente estrarne alcune:
• La costanza della velocità della luce, l’invarianza rispetto alle trasformazioni di Lorentz
come esempi di regole esplicite;
• L’utilizzo di strumenti matematici uniformi: per Einstein è «ovviamente innaturale»
usare insieme equazioni a derivate parziali ed equazioni differenziali ordinarie ad esem-
pio;25
• Il fondamento della scienza nelle esperienze sensoriali, la necessità di un’unità formale
e logica delle regole esplicite possono essere guardate come regole filosofiche;26
• Le idee sul ruolo della scienza nella società, per esempio, piuttosto che l’elogio della
statura morale di Marie Curie, ci fanno pensare a delle ‘regole’ di tipo morale che
la scienza si deve imporre, nella ricerca non solo della verità scientifica quanto della
realizzazione della migliore condizione possibile per l’umanità.27
Proprio quest’ultima affermazione mette in evidenza come nel paradigma adottato da Ein-
stein ci siano regole che potrebbero essere anche non accettate come tali da altri scienziati: un
esempio appunto di come il paradigma non derivi dalle regole che gli scienziati si impongono.

2.2 La teoria dei quanta come paradigma


Nella trattazione di Heisenberg abbiamo già visto come la fiducia nel paradigma e la possi-
bilità di aprire nuove ricerche sia riportato, vediamo ora il ruolo che ha la specializzazione
23 cfr H.Friedrich, Is general relativity ‘essentially understood’ ?, [2005], Annalen Phys. 15: 84Ű108, http://arxiv.org/abs/gr-

qc/0508016, e anche, sullo stato attuale delle conferme sperimentali, C.M.Will, The Confrontation between General Relativity
and Experiment, [2006], Living Rev. Relativity, http://www.livingreviews.org/lrr-2006-3, entrambi aggiornati al 25/08/2009
24 PAD, p. 75, corsivo mio; cfr anche le pagine 56-62 e 71-73 per una più estesa trattazione delle ‘promesse’ della teoria di

campo
25 PAD, p. 55. Abbiamo trattato la matematica come uno strumento, parlando qui di fisica teorica.
26 cfr PAD, pp. 40-41
27 cfr PAD, pp. 30-34

7
della scienza, e nel contempo l’uso degli strumenti. Per fare questo dobbiamo dare una breve
spiegazione dell’interpretazione dell’esperimento nella meccanica quantistica: il primo passo
dell’esperimento è la suddivisione tra l’oggetto dell’esperimento (di solito un atomo, una
molecola, o un oggetto comunque piccolo) e l’osservatore (lo strumento di misura). Ciò che
suona paradossale, è che per descrivere lo strumento-osservatore si usa la meccanica classica
o relativistica, non la meccanica quantistica. Essa invece si specializza nello studio unica-
mente del comportamento dell’oggetto dell’esperimento (questa affermazione non è del tutto
vera, nel senso che non è ben definito il ‘comportamento’ dell’oggetto ma solo i suoi stati
prima dell’esperimento e dopo la misurazione). Il paradigma decide che è troppo complicato
cercare di descrivere anche la struttura dell’ osservatore in termini di meccanica quantisti-
ca, e quindi lo considera un non problema. Ciò non toglie comunque che si debbano avere
conoscenze certe su come agisce lo strumento, e questo è il senso in cui Kuhn intende che
esistano delle regole strumentali.28
Anche in questo caso possiamo riconoscere alcune regole che stiano nelle classi definite da
Kuhn:
• Le equazioni delle onde di probabilità, le relazioni di indeterminazione sono esempi di
regole esplicite;
• Le suddette supposizioni che gli strumenti di misura siano descrivibili mediante la
meccanica classica o relativistica sono esempi di regole strumentali
• Un esempio fra molti possibili, l’assunzione di un punto di vista che Heisenberg stesso
definisce ‘realismo pratico’ può essere un esempio di regola di tipo filosofico.29
Questa volta, però, abbiamo anche un esempio di come diversi elementi della comunità
scientifica possano essere in disaccordo sulle regole pur accettando lo stesso paradigma:
attraverso tutto il capitolo ottavo di Fisica e filosofia, Heisenberg esamina diverse interpre-
tazioni o controproposte a quella che chiama ‘l’interpretazione di Copenaghen’ della teoria
dei quanta. Sebbene diversi tra gli scienziati citati non si possano riferire al paradigma
quantistico (pensiamo ad Einstein che continua la ricerca di una soluzione relativistica per
i problemi atomici), altri propongono riformulazioni della teoria che possono avere le stesse
basi a livello di leggi, o di esperimenti, quindi in un certo senso lo stesso paradigma, ma che
propongono regole logiche o filosofiche anche molto diverse (per citare i più noti, Schrödinger
e de Broglie).30

3 La crisi e la scelta tra paradigmi


Tratteremo ora in modo un po’ semplificato i due oggetti che Kuhn chiama ‘crisi del paradig-
ma’ e ‘scienza straordinaria’: la crisi del paradigma è quel periodo in cui la comunità sci-
entifica legata ad un paradigma inizia a sentirlo come insufficiente, non nutre più la fiducia
‘necessaria’ per la scienza normale ed inizia a lavorare rilassando gli schemi che il paradig-
28 cfr FF, p. 67
29 cfr FF, p. 97 e seg
30 cfr FF, p. 153 e seg.

8
ma impone.31 Questo lavoro è ciò che prende il nome di scienza straordinaria. Esponiamo
brevemente alcuni passaggi e caratteristiche che sono propri di questo periodo della scienza:32
• Al contrario della scienza normale, la scienza straordinaria si rivolge spesso all’indagine
filosofica, come un modo per indebolire l’influenza della tradizione isolandone le com-
ponenti, e suggerire una nuova base;
• Uso assai maggiore degli ‘esperimenti pensati’, come modo per mettere a confronto
il paradigma con le conoscenze esistenti per isolare il nucleo della crisi con chiarezza
empiricamente irraggiungibile;
• Ricerca volta a dare una struttura all’anomalia o alle anomalie che provocano la crisi:
questa ricerca talvolta anticipa parte della struttura che poi formerà il nuovo paradigma;
• Nascita di articolazioni anche molto diverse del vecchio paradigma: in questo c’è una
certa somiglianza con il periodo di ricerca preparadigmatica, pur concentrandosi le
differenze su aspetti particolari e non sull’intero campo di studio;
• Ultimo ma non meno importante, il disagio crescente della comunità scientifica, che
prepara la strada all’accettazione del nuovo paradigma.
É durante questo momento di crisi che possono avvenire quelle che si è soliti chiamare
rivoluzioni, e che per Kuhn non sono altro che cambiamenti di paradigma: ma se la nascita
di un nuovo paradigma è di solito dovuta ad uno scianziato oppure ad un gruppo di lavoro
ristretto, la rivoluzione, nel senso della accettazione del nuovo paradigma da parte della
comunità scientifica, può essere, e normalmente è, un passaggio più lungo e difficile, basato
soprattutto sulla ‘persuasione’.
É qui che si manifesta un’altra delle caratteristiche fondamentali della concezione del
paradigma di Kuhn: ‘l’incommensurabilità’ tra diversi paradigmi, che è proprio ciò che ci
permette di chiamare rivoluzione il passaggio di paradigma. Come in campo politico infatti
abbiamo che una rivoluzione prevede il passaggio tra istituzioni mutuamente esclusive (ba-
nalmente, i rivoluzionari sono considerati fuorilegge dalla struttura politica preesistente, che
a sua volta non è riconosciuta dai primi), attraverso un periodo di mancanza di istituzioni
riconosciute, nelle rivoluzioni scientifiche abbiamo un passaggio tra riferimenti, esempi, con-
cetti mutuamente esclusivi (non necessariamente nella totalità del paradigma, anche solo in
una parte di esso) attraverso un periodo in cui si ha l’assenza di una ‘autorità riconosciuta’
quale è il paradigma nella scienza normale.33 Ed è in particolare proprio questa mancanza
di qualechesia criterio per valutare che rende particolare la discussione sui paradigmi: infatti
è impossibile adoperare gli stessi criteri che si utilizzano in condizioni di scienza normale, i
quali sono essenzialmente basati sul paradigma che è oggetto di discussione. Paradossalmente
però, sono proprio questi paradigmi che rientrano nelle discussioni su loro stessi, rendendo
il dibattito necessariamente circolare: ogni parte utilizza il suo paradigma per argomantare
a favore dello stesso.
La circolarità che ne risulta, naturalmente, non rende sbagliate o inefficaci le argomentazioni.
Colui che premette un paradigma quando discute per difenderlo, può nodimeno fornire un chiaro
31 Questo è ciò che Kuhn indica come passaggio universalmente riconoscibile della ricerca straordinaria. cfr SRS, p. 111
32 cfr SRS, pp. 115-118
33 cfr SRS, p. 119-121

9
esempio di quella che sarà la prassi scientifica per coloro che adotteranno il nuovo modo di
vedere la natura. Un tale esempio può essere immensamente persuasivo, e spesso convincente.
Tuttavia, quale che sia la sua forza, lo status dell’argomentazione circolare è soltanto quello della
persuasione. Esso non può essere reso logicamente o probabilisticamente convincente per coloro
che si rifiutano di inserirsi nel circolo.34

Ciò che accomuna entrambe le parti impegnate nel dibattito non è sufficiente per assumere
il ruolo di metro di giudizio: non c’è in definitiva nessun criterio superiore al consenso
della popolazione interessata, ovvero della comunità scientifica. Per scoprire in che modo
avvengano le rivoluzioni bisogna pertanto approfondire non soltanto la corrispondenza con
la natura o la struttura logica, ma anche le tecniche di persuasione efficaci nelle comunità
scientifiche.
Inoltre, Kuhn rifiuta ciò che veniva prima di lui dato per scontato: il fatto che quando si
tratta di valutare una teoria scientifica l’obiettivo sia quello di valutare se questa corrisponda
ad un mondo esterno indipendente dalla mente.35 Infatti tale mondo non esiste, nel senso
che scienziati appartenenti a parti diverse, saranno in disaccordo sui problemi concreti che
ogni teoria si propone di risolvere, i criteri e persino la definizione della scienza saranno
diverse. «Svolgendo la loro attività in mondi differenti, i due gruppi di scienziati vedono
cose differenti quando guardano dallo stesso punto nella stessa direzione».36 Detto in altre
parole, la scienza non è ‘dati che precedono le teorie’ bensì ‘interpretazione di fatti’ la quale
poi genera i dati.
Un altro modo di vedere la sua descrizione è quello di notare come la scienza secondo
Kuhn sia un processo del quale è definito il punto di partenza ma non quello di arrivo. Al
contrario, ad esempio, di Popper, che vede la scienza come un percorso asintotico verso la
‘descrizione esatta della natura’, per Kuhn questo obiettivo non esiste: la scienza cambia in
un modo simile all’evoluzione biologica, senza un fine apparente. Ciò non vieta a Kuhn di
parlare di progresso, nel senso che la scienza in stadi sucessivi giunge ad una comprensione e
descrizione più raffinata della natura, ma è da intendersi in senso di una evoluzione ‘a partire
da’ e non ‘verso’.37

3.1 Il confronto tra relatività e teoria dei quanta


Ci concentreremo ora sulla critica di Einstein alla meccanica quantistica e sulla risposta di
Heisenberg a questa critica, per vedere un esempio di discussione tra due paradigmi che si
fondi sui paradigmi stessi. Innanzitutto vediamo come questo sia davvero un confronto tra
paradigmi concorrenti, in quanto Einstein vorrebbe proporre un’articolazione di teoria di
campo che si possa estendere ai fenomeni in scala atomica, articolazione comunque non an-
cora sviluppata ma fondata appunto sul paradigma della relatività generale, mentre secondo
Heisenberg l’unica interpretazione possibile dei fenomeni è quella basata sui principi della
meccanica quantistica.
Vediamo allora su cosa si basano rispettivamente la critica e la corrispondente risposta:
34 SRS, p. 121-122
35 cfr T.S.Kuhn,La strada percorsa da “La struttura” [1991], in Dogma contro critica. Mondi possibili nella storia della
scienza, a cura di S.Gattei, Raffaello Cortina, Milano 2000, p. 144;
36 SRS, p. 181
37 cfr SRS, p. 205, e La strada percorsa da “La struttura”, cit., p. 145

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Einstein basa la sua critica sull’incompletezza nella rappresentazione degli oggetti reali,
che fa della meccanica quantistica una deviazione dalla strada per la rappresentazione
di una base unitaria della fisica. «L’incompletezza della rappresentazione è il prodot-
to della natura statistica (quindi della incompletezza) delle leggi». Infatti le onde di
probabilità che descrivono, ad esempio, l’energia della particella durante l’esperimento
non seguono la legge quantica (le onde di probabilità hanno un’energia che varia con
continuità nel tempo, quindi è possibile trovare energie comprese tra due livelli quantici
distinti). L’unica interpretazione possibile è allora quella che fa dell’onda di probabilità
la descrizione di un insieme di sistemi, piuttosto che di un singolo sistema. «Ciò che
accade al singolo sistema rimane, è vero, completamente oscuro in questo tipo di ra-
gionamento; questo fatto enigmatico viene interamente eliminato dalla rappresentazione
mediante il ragionamento statistico». Il problema allora diventa: non è in alcun modo
possibile investigare le alterazioni del singolo sistema, nella loro struttura e nei loro
rapporti causali ? Rispondere che ‘non si può’ «è logicamente possibile senza alcuna
contraddizione; ma è così contrario al mio istinto scientifico che non posso rinunciare
alla ricerca di una concezione più completa». Concezione la quale riposa nelle eventuali
soluzioni, per quanto computazionalmente di difficoltà enorme, delle equazioni di campo
relativistiche senza singolarità, che tornerebbero a rendere possibile quella definizione
causale deterministica della realtà.38
La risposta di Heisenberg è concisa nei suoi punti essenziali: la fisica si propone di dare
una descrizione della natura. La descrizione è basata sul linguaggio, il quale rappresenta
i concetti della vita quotidiana, che possono venire affinati dai concetti della fisica
(classica). Chiedendo perciò una ‘descrizione’ di ciò che ‘realmente’ ‘accade’, queste tre
parole forzano ad esprimersi nei termini della fisica classica, per sua natura inadatta
rispetto ai particolari degli eventi atomici e sub-atomici, in quanto i concetti relativi
possono essere applicati solo nei punti di osservazione, non a ciò che intercorre tra le
osservazioni. L’ontologia materialistica secondo la quale gli eventi atomici debbano
essere reali non si può quindi applicare, nonostante la base dell’interpretazione fisica sia
assolutamente da ricondursi a ciò che è il ‘reale’.39
É evidente come Einstein faccia leva sul suo paradigma: la concezione classica della causalità,
la necessità di unità logica nella teoria (di cui abbiamo già parlato) che porta a definire come
non reali le onde di probabilità, e ancora il rifiuto di fondare parte della scienza su qualcosa
di non reale. Allo stesso modo Heisenberg rifiuta le obiezioni adducendo gli elementi del
suo paradigma: la causalità nel senso ‘nuovo’ definito dall’interpretazione di Copenaghen (e
spiegato e confrontato con quello classico nell’introduzione di Fisica e filosofia, scritta da
F.S.C. Northrop), la possibilità di ammettere come oggetto della scienza qualcosa che non
sia ‘oggettivabile’, nel senso di quello che Heisenberg stesso chiama realismo pratico.40
Riguardo l’incommensurabilità, da ciò che abbiamo detto risulta evidente come i due
paradigmi siano formalizzazioni del mondo molto differenti, e sebbene da entambi gli scien-
ziati ci sia una stima reciproca per il successo delle opposte teorie, essi lavorano in modi e
su problemi tanto differenti che non possono essere paragonati.
38 PAD, p. 66-69
39 FF, p. 170-172
40 sulle diverse accezioni del realismo, cfr FF, p. 100 e seg.

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4 Alcune osservazioni
Abbiamo fin qui visto come i concetti formalizzati da Kuhn si adattano abbastanza bene
ad una possibile analisi storica del cammino della scienza, mentre possono apparire forzati
alcuni passaggi dal pensiero di Einstein o Heisenberg sulla scienza a quello di Kuhn. Ciò è
tuttavia logico in quanto i casi che abbiamo discusso sono stati sicuramente esaminati dal
filosofo americano, come dimostrano le varie citazioni nella sua opera, mentre le idee degli
scienziati, oltre a derivare da un punto di vista diverso, non occupandosi essi di storia o
filosofia della scienza se non nel limite utile alla loro ricerca, risalgono anche ad un periodo
precedente.
Proprio la scala temporale ci conduce invece ad una osservazione ulteriore: potremmo
notare che l’idea di progresso della scienza di Einstein (che è quello che scrive per primo) è
analoga all’idea che precede Kuhn, dello sviluppo asintotico verso la descrizione della realtà.
Per Heisenberg (che scrive solo quattro anni prima di Kuhn) invece non riusciremmo ad
indurre nulla di simile, in quanto ciò che è reale è per lui solo ciò che si può descrivere
in termini del linguaggio, e quindi della scienza passata: «le cose ed i processi che sono
descrivibili nei termini dei concetti classici, vale a dire il reale».41 Questo potrebbe essere
considerato un sintomo di una crisi nel campo della filosofia della scienza che si faceva sentire
in modo forte nel periodo precedente a Kuhn, e che, usando i suoi stessi concetti applicati
a questo campo, potremmo dire essersi risolta con il passaggio ad un nuovo paradigma, che
delinea come già detto un modo storico e non più logico di guardare allo sviluppo della
scienza.

41 FF, p. 172

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Bibliografia
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