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Nella valle dell’Indo, presso l’attuale confine fra Pakistan e India, nella regione
del Ladakh I, una minoranza etnica, i Brok-paII, propone degli interessanti spunti
I Brok-pa di mDa raccontano nei loro inni di provenire dalla valle di Gilgit, di
avvalora la tradizione che essi discendano d quelle popolazioni ‘darde’ che abitano
gli elementi che compongono la struttura base della cultura darda (Jettmar 1980).
all’allevamento dei caprini, dove centrale è una vera e propria sacralità della capra
sull’opposizione bipolare tra zone montane e spazio del villaggio, le une legate
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Tav. 1
Area della media valle dell'indo con i principali siti di petroglifi.
Importanti raggruppamenti di incisioni rupestri ed iscrizioni individuate lungo la Karakorum Highway (Jettmar 1987): 1 Ponte
di Shatial; 2 Thor Nord; 3 Thor, Minar-Gah; 4 Oshibat; 5 Hodar; 6 Ziyarat; 7 siti vicini a Thalpan; 8 siti vicino a Chilas; 9 Ponte
di Alam; 10 Hunza-Haldeikish; 11 monastero ed iscrizioni vicino al castello di Shigar.
Petrotrogli ed incisioni individuate nell’area Brok-pa in Ladakh. α siti prossimi al villaggio di mDa e Baldes e Beima; β siti
posti alla confluenza della valle di Hanu: γ siti nell’area tra Achinatung e Skirbuchan
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all’ attività pastorale, simbolo di purezza, l’altro riservato alle attività agricole e
divisione sociale dei ruoli, gli uomini, pastori, vicini alla sfera della purezza, le
donne al contrario, dedite ai lavori agricoli, legate alla sfera della sessualità,
La visione della purezza delle montagne e dei pascoli alti è connessa con l’idea
che le divinità abbiano lì la loro dimora, che svolgano l’attività pastorale negli
alpeggi, rendendo così l’attività della pastorizia, prerogativa maschile, una sorta di
economica e religiosa della capra, che permea tutti gli aspetti della vita e della
cultura materiale.VIII
presenti sui banchi rocciosi nella valle dell’Indo e nelle valli laterali possano
essere interpretate in modo più esauriente non solo leggendole alla luce di questo
ideologia pastorale, di cui due esempi viventi sono i Kalash delle valli del Chitral ,
Da una breve ricognizione sul campo effettuata in Ladakh nell’estate 2003IX nei
Proprio in questi siti, diffusi lungo le sponde dell’Indo, mai troppo distanti
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dall’abitato, già individuati da Francke, appare evidente una certa continuità di
certa sicurezza, alcuni temi principali rappresentati da scene che appaiono ripetute
Tav. 2
Il grande masso granitico sulla riva dell'indo presso il villaggio di mDa, area identificata con α nella tavola 1
villaggio di mDa (cfr. Tav. 1, α)XI. A una prima analisi si nota una prevalenza di
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figure animaliXII e antropomorfe estremamente stilizzate oltre ad una serie di
segni geometrici, svastiche riverse che in questa sede non verranno presi in
si connotano di almeno due soggetti, un uomo armato di arco che insegue una o
l’animale, come ad accudirlo (tav. 3). La scena, nel rapporto tra animale ed uomo
e rispetto alle altre scene presenti dove gli animali compaiono separati e
fortemente caratterizzati, può indicare una familiarità tra i due soggetti. Il terzo
presentano le mani enfatizzate rispetto al resto del corpo XIV, altre impugnano una
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Tav. 3
Tav. 4
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rappresentazione rispetto alle incisioni riferibili all’orizzonte più antico, mentre
rappresentazioni dei caprini, sia antiche che recenti, è evidente una enfasi delle
corna e una omogeneità nello stile di raffigurazione, che trova riscontri negli
esemplari più stilizzati di altri siti rupestri rilevati lungo la Karakorum Highway
(Jettmar, 1987, fig. 47; Jettmar König Thewald, 1989, figg. 60,136).
Dal punto di vista etnografico, dobbiamo rilevare come già accennato una presenza
una transumanza verticale verso i pascoli alti dello Chorbat La.XVI Quest’area,
comune sia al villaggio di mDa che ai villaggi della valle di Hanu, è fortemente
del rientro delle greggi che si configura come un tempo particolarmente denso
coincidendo anche con il momento del secondo raccolto e con il periodo della
celebrazione del festival del Bononah XVIII Questa complessa celebrazione,XIX che
cerimonia, che sarà poi cucinato secondo precise modalità rituali, ed il consumo di
focacce di farina d’orzo cotte su fuoco di ginepro. Questi ed altri elementi della
festa, che qui per mancanza di spazio non verranno presi in esame, sono preliminari
e necessari per istaurare quel livello di comunicazione che permetterà una discesa
controllata delle divinità tra gli uomini e nei loro spazi. Cruciale per la
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comunicazione con gli dei è la recitazione-ripetizione degli inni sacri da parte di
di questi inni (Francke 1905) si evince una centralità attribuita alle attività di
degli uomini con la realtà. In modo particolare lo spazio dei pascoli alti si carica in
valore positivo si ripercuote a vari livelli anche nella struttura abitativa (Dollfus
1985) e nella gestione degli spazi che circondano il paeseXXI, ma non esclude la
(Vohra 1989, p. 63). In questa prospettiva il rapporto tra puro ed impuro si lega
direttamente con la sfera della fertilità e della riproduzione, quale momento impuro
necessario. Se è vero che il pastore che scende dagli alti pascoli è visto come
abitanti, anche gli animali si caricano in questa prospettiva; è però proprio il ritmo
della discesa verso valle ad evitare che ne risenta invece la fertilità, quale capacità
riproduttiva necessaria al benessere del gregge, e che infatti viene regolata dalla
Labdag (Vohra ibid, pp. 63-66), un operatore rituale che si occupa di officiare
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sacrifici e ed eseguire le offerte. Egli si ritira per cinque giorni in una grotta esterna
tutti i comportamenti che denotano il suo essere brok-pa. Percorre sentieri esterni
all’abitato, si astiene dai rapporti sessuali, elimina i cibi come il burro, il sale, la
birra d’orzo ed anche gli altri vegetali coltivati normalmente attorno al paese, in
quanto ostacoli alla discesa della divinità di cui dovrà farsi tramite. Solo alla fine di
questa operazione di avvicinamento alla sfera del divino, si potrà procedere alla
chiamata delle deità sulla terra, venendo in questo modo a strutturare un ritorno
dell’umano dal divino. Il successivo canto degli inni, eseguito dai Brongopa,
sembra proprio operare una classica riattualizzazione dei tempi delle origini (Vohra
cose, di cui l’identità brok-pa è una componente inscindibile insieme alle attività di
sussistenza agro-pastorali.
Tav. 5
Riparo sottoroccia poco a monte dell’attuale tracciato stradale. Il pannello le incisioni si trova appena sotto
lo strada, mentre il villaggio di mDa è identificabile in alto a sinistra sul fianco destro del fiume, a circa dieci
minuti di cammino.
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L’intera pratica della purificazione del Labdag si svolge in un riparo sottoroccia non
localizzato nello studio di Vohra, luogo che almeno per le celebrazioni recenti
eseguite a mDa, sembra si possa identificare con un riparo che si presenta annerito
monte del sito principale dei petroglifi dove spiccano tra le incisioni più recenti
abitante degli spazi alti della montagna, è evidente anche dalla presenza delle
differenti deühaXXIV, luoghi di culto officiati con continuità durante l’anno, sedi di
particolari deità, dove le corna degli ibex cacciati vengono deposte a creare un
Tav. 6
Sito di una delle dehüa di mDa probabilmente dedicata a Sringmo Lha Mo. Posta in alto rispetto al paese, ospita
un doppio altare: a sinistra un luogo di offerta costituito da un grande mucchio di corna di ibex e rami di ginepro. A
destra il luogo dove ha sede la divinità stessa, e dove vengono eseguiti i sacrifici degli animali. Al momento del
rilevamento un capretto bianco era allevato proprio in prossimità del sito per essere poi sacrificato in occasione
delle festività autunnali.
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Fondate a livello mitico dall’atto stesso di fondazione dei primi villaggi, sono poste
proprio in relazione alla loro carica di purezza che deve essere preservata e
pa sembra, ad una prima analisi sul terreno, fornire importanti elementi per la
continuità di utilizzo fino a tempi recenti, anche se in questa sede non è stato
quanto preso in esame, risulta evidente una certa compatibilità tra gli elementi
particolare nelle aree di confluenza tra l’Indo ed i suoi tributari che scendono dalle
valli laterali : “We may immagine that the population of each valley came down to
the mouth of the river for festivals, especially in wintertime” (ibid.) Interpretare
questi siti come santuari legati alla potenza generativa quale risultante dall’incontro
tra gli ambiti del puro e dell’impuro, trova una sua ragion d’essere proprio nella
forza creatrice liberata nel rituale del Bononah dove si attua un ritorno alle origini
cerimoniale, che offre momenti ambigui e quindi pericolosi ma proprio per questo
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fortemente ritualizzati, ben si presta per interpretare la presenza massiccia di
Tav. 7
fertilità e quindi alla reiterazione della vita. “(…) without such dark forces there
could be no fertilità – so sanctuaries were necessary the bottom of the valley. Such
women.” (ibid.) E proprio per questo tali luoghi recano tracce permanenti sulle
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I
A nord-ovest del sub-continente indiano, dove si incontrano Hindukush e Karakorum, si trovano
popolazioni indo-Ariane che parlano delle lingue che appartengono ad un gruppo chiamato ‘dardico’. Nel
Ladakh i villaggi di Garkhon, mDa, Baldes, Beima lungo la valle dell’Indo ed Hanu Thong, Yogma Hanu e
Goma Hanu nella valle del fiume Hanu, affluente di destra dell’Indo, rappresentano l’estrema roccaforte
orientale dardica. Attualmente si definiscono di religione lamaista, sebbene vi si discostano per molte
importanti ritualità.
II
I primi a fornire notizie dei Brok-Pa sono Drew (1875) R.B. Shaw (1877), quindi Biddulph (1880) nella
sua un’ampia panoramica dei popoli dell’Hindukush (1880). Gli autori inglesi riferiscono un mito secondo il
quale i Bork-pa sarebbero originari di Chilas e Astor e solo nel XVII sec. sarebbero emigrati nell’area che
occupano attualmente. Successivamente Francke (1907), un missionario inglese, è tra i primi a raccogliere
e a sistematizzare un ampio materiale di inni delle origini dei Brok-pa fortemente ritualizzati ed eseguiti in
specifiche situazioni cerimoniali; egli inoltre propone ulteriori ipotesi sulla origine di questo popolo e sulla
loro stretta relazione con la cultura darda. Successivamente G. Dainelli, che in relazione ai Brok-pa dei
villaggi in esame afferma si chiamano in realtà Machnopa, si sofferma sulle tipologie abitative analizzando
il rapporto tra ambiente e sistemi di produzione(1924). Nel 1979 Jettmar scrive un resoconto etnografico sui
dardi buddisti,di ritorno da un viaggio in Ladakh, riportando i sistemi di credenze religiose, soffermandosi
in particolare sulla presenza di un complesso di cultualità fortemente legato al territorio.
III
Si deve sempre a Franche la segnalazione ed un primo tentativo di analisi dei numerosi siti di graffiti
rupestri; egli identifica i siti di Dhumkar, Achinatang, mDa, Skurbuchan, Kalatse lungo l’Indo ed altri lungo
la via di Leh. Afferma come i dardi siano grandi esecutori di petroglifi nei quali dominante è la presenza di
animali di stili differenti, tra i quali prevale la raffigurazione di caprini. Ma l’autore nota come sia
particolarmente interessante la presenza in un banco roccioso presso la confluenza tra la valle di Hanu e
quella dell’Indo di raffigurazioni umane con abiti ancora in uso agli inizi del ‘900: “On the rocks of the
Hanupata the Dard women are rapresented as wearing long ungirded gowns and very high pointed caps, a
costume which agrees with the one still worn by the Dard women of Dras.” (Francke, 1907 p. 26).
IV
Dissemimate lungo il corso dell’Indo e dei suoi affluenti, nei distretti di Gilgit, nel Baltistan, nel Diamir e
nella frangia settentrionale dell’Indus Kohistan, si trovano petroglifi ed iscrizioni su roccia che già erano
state in parte studiate da Aurel Stein nella prima metà del ‘900, e che poi sono diventate oggetto di una
ricerca sistematica da parte di un gruppo di studiosi tedeschi e pakistani negli anni ’80 (Jettmar, König,
Thewald, 1989). Di non facile datazione, sembra comunque che si possa risalire indietro alla fine del I
millennio a.C., questi siti sono stati di volta in volta riutilizzati, proponendo oggi spesso un fitto intrico di
figure e iscrizioni, testimonianza di movimenti migratori e di spostamenti carovanieri, che aiutano a
ricostruite la storia di una regione che si estende tra le catene dell’Hindukush e Karakorum e l’estremità
occidentale dell’Himalaya.
V
Il Nuristan un tempo era definito Kafirstan, ovvero ‘terra dei pagani’, così denominato dai musulmani, in
quanto si trattava di un territorio ancora non convertito all’Islam. Solo tra il 1895-96 l’emiro afgano Abdur
Rachman riuscirà a conquistare questa regione e ad introdurre l’Islam, cambiandone il nome in Nuristan,
‘terra della luce’. La principale fonte di notizie riguardante il Kafiristan pre-islamico è Robertson 1896.
VI
Le attività sociali, economiche, religiose e politiche sono legate al possesso delle capre. Anche il mito lo
conferma: S. Jones (1972) riporta un mito Waigali (Nuristan), nel quale l’eroe culturale Deputa, divenuto
povero dopo la perdita del padre, grazie al dono di alcune capre da parte del nonno, lavorando duramente,
riuscì a diventare un uomo ricco, potente e famoso.
VII
Per un approfondimento sul termine Dardistan che individua un’ampia porzione di territorio che si
estende dal Nuristan afgano alle regioni di Gilgit e Hunza ed oltre fino al Ladakh si veda Leitner , 1894;
Jettmar, 1980; Tucci, 1977; Cacopardo & Cacopardo 2001.
VIII
La rappresentazione della capra, tanto diffusa nei petroglifi della valle dell’Indo, si ritrova nella scultura
lignea kafira del Nuristan afgano e tra i Kalash del Chitral (Pakistan), che ne riprendono le corna stilizzate
per decorare pannelli, porte, finestre, capitelli e sedie, in quanto sono prerogativa, e non mero ornamento, di
cui può fregiarsi solo l’uomo di rango. Tracciata in modo essenziale la capra compare anche nelle pitture
murali del tempio della dea Jeshtak nella valli Kalash, la cui entrata è enfatizzata dalla presenza di due
protomi di ariete. (Cfr. ad esempio (Edelberg & Jones 1979; Loude & Liévre 1984)
IX
A causa della limitata permanenza nell’area, l’analisi di parte degli eventi rituali si basa principalmente
sull’etnografia prodotta da Vohra
X
E’ interessante notare come nel 1960 nella Valle di Bagrot è stata documentata da Snoy l’esecuzione di
alcuni petroglifi che rappresentano capre selvatiche ad opera di pastori. Jettmar (1979) riporta come questo
dato etnografico, confrontato con le presenze delle pitture di capre praticate dai Kalash ancora oggi
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all’interno di edifici sacri, sia fondamentale per interpretare le presenze dei petroglifi lungo il corso
dell’Indo da un punto di vista simbolico-religioso.
XI
Il sito in esame è costituito da una serie di almeno 4 pannelli di roccia posti circa a circa 1 chilometro a
monte di mDa. Il principale è costituito da un grande banco di granito perfettamente levigato dall’erosione
del fiume. Rispetto alla strada attuale si trova alcuni metri sotto, a non più di 7-8 metri sopra il corso
dell’Indo. Cfr. tavola 2. A questo se ne aggiungono altri minori posti sempre nell’area adiacente, sia a
monte che a valle della strada. Non si esclude che i recenti lavori di sbancamento legati alla costruzione
della strada ne abbiano distrutti o coperti altri.
XII
Prevalgono le raffigurazioni di caprini, ma sono presenti anche bovini ed altri non ancora identificati.
XIII
Cfr. ad esempio Desio, 1985; Arif, 1992; Vidale, Olivieri, 2002; Jung, 2003.
XIV
Tali figure con le braccia sollevate, le mani aperte con i palmi rivolti verso l’osservatore vengono di
solito definite come oranti; cfr. Jung, 2003, pp. 484-502, in partic.p.499.
XV
Si deve comunque rilevare che l’ormai pluridecennale presenza militare nell’area, situata esattamente a
ridosso del controverso confine indo-pakistano, ha prodotto proprio per le zone di montagna frequentate
dai Brok-pa nuove strategie economiche legate all’approvvigionamento dei cibi freschi necessari alla
pattuglie indiane. Questo insieme ad una serie di limitazioni nell’uso dei territori per le pratiche pastorali e
alla continua intrusione di estranei considerati ‘impuri’ nelle zone alte della montagna, sta pesantemente
spingendo verso drastici mutamenti socio-economici.
XVI
Il controllo degli animali è attualmente affidato a gruppi di sei persone che si danno il cambio ogni dieci
giorni. L’area della montagna specificamente legata alle greggi di mDa si chiama Yanograw.
XVII
Proprio per la zona dei pascoli alti si fa riferimento negli inni ai luoghi dove arrivarono gli antenati dei
Brok-pa nella loro migrazione da Gilgit, come il sito di Hangdangsmin, Nir mDa, Mal Mal Khutu, Uno
Grung, tutti luoghi tuttora legati all’allevamento estivo
XVIII
Il termine Bononah viene tradotto come “festival del grande raccolto” (Vohra 1989, p.59) e viene
celebrato ogni anno in un posto differente secondo una rotazione che comprende attualmente tre villaggi.
Come nota anche Vohra (ibid) stretti sono i parallelismi con il Chaumos, festa del solstizio invernale
celebrata dai Kalash del Chitral. Essa si svolge durante quasi tutto l’arco del mese di dicembre ed è legata al
culto del dio Balumain,che ritorna tra gli uomini solo in questa occasione rituale. Si tratta di una divinità
connessa con il sole e la fecondità. La complessa celebrazione del Chaumos, richiesta secondo il mito dallo
stesso Balumain, si articola in diversi rituali propiziatori di una rigenerazione della comunità agro-pastorale.
Cruciali sono i momenti in cui si riproducono figure di ibex sia in pasta di pane sia dipinte, riproduzioni che
riattualizzano un momento mitico, quando ogni cosa venne decisa, quando Balumain arrivò nelle valli
Kalash per la prima volta e insieme alla figlia di una ‘fata’ trova in un pascolo una roccia, la quale, bagnata
dal latte, si trasforma in splendide sculture animali e umane. Tale posto è conosciuto oggi come Dizila wat,
“pietre della creazione”, si trova nella valle di Otrok, limitrofa alla valle di Bumboret, e una parete di rocce
dell’area conserva graffiti di capre selvatiche ed esseri umani. (Loude, Lieve, 1984; Snoy 1974)
XIX
Il primo tentativo sistematico di raccogliere informazioni riguardo il Bononah, come parte integrante del
sistema religioso brok-pa, si deve a Francke (1905), il quale pubblica 18 inni del Bononah, analizzandoli da
un punto di vista linguistico. Jettmar (1975) tenta per primo una analisi di questo materiale evidenziandone i
temi principali, come il riferimento alla cosmologia, l’enfasi attribuita alle greggi e alla caccia. Infine Vohra
(1989) in uno studio dedicato alla religione dei Dardi del Ladakh, approfondisce alcuni aspetti degli inni
brok-pa ed fornisce una descrizione non sempre esauriente della festa.
XX
Molti inni hanno come tema principale la vita pastorale o la caccia e le offerte eseguite alle divinità in
caso di caccia fortunata: dei 21 inni che Vohra dichiara essere riconosciuti come patrimonio comune e
condiviso almeno tra i Brok-pa di Garkun e mDa, 5 sono Daruca (di caccia) e 6 Pajuli (pastorali e
d’allevamento)
XXI
Per una analoga analisi dell’organizzazione dello spazio secondo la diade puro/impuro nella cultura
Kalash si veda ad esempio Cacopardo e Cacopardo 2001.
XXII
Dei molti ambiti in cui hanno luogo i cerimoniali di purificazione, è emblematica la necessità di dover
purificare gli animali prima di portarli ai pascoli alti.
XXIII
Le fumigazioni di ginepro ricorrono frequentemente negli ambiti rituali dell’area individuata con il
nome di Dardistan. Tutt’oggi le principali feste Kalash sono accompagnate dall’uso di questa pianta il cui
fumo purifica e mette in comunicazione con le divinità di cui si chiede l’intervento ( Loude, Lièvre, 1984).
Da segnalare anche il Chili- gari-ai, rituale rilevato nella valle di Astor ( Nayyar, 1982), il cui nome
significa “ginepro e capra”, durante il quale il fumo purificatorio ed aromatico del ginepro costituisce
elemento rituale fondamentale, tanto da dare il nome all’evento. Nella valle di Hunza un mito racconta che
fin da tempi antichi esisteva un albero di ginepro nel giardino di un uomo chiamato Keramo Darbèsh;
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questo ginepro era venerato dalla gente di Hunza e veniva chiamato Boyo. Accadde che qualcuno osasse
tagliarlo, ma subito dopo incontrò la morte e il ginepro ricominciò a crescere (Lorimer 1934, p.113)
XXIV
A testimoniare il complesso intreccio tra gli elementi mitici presenti nelle celebrazioni del Bononah e
la cultualità regolarmente tributata durante l’anno troviamo anche l’esistenza di una deità, Mande, che oltre
ad avere un ruolo di primo piano nel festival ed un inno espressamente dedicato, viene anche riconosciuta
come protettrice delle greggi e della fertilità delle stesse.
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