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IL PRIMO ANNO DI SCUOLA INFLUENZA IL SUCCESSO O L’INSUCCESSO

SCOLASTICO DEGLI ANNI SEGUENTI

Numerosi studi (Dunlop & Fabian, 2003; Fabian & Dunlop, 2002; Kagan & Newman,
1998; Perry, Dockett, & Howard, 2000; Richardson, 1997) dimostrano che il successo o
l’insuccesso scolastico del primo anno hanno una correlazione positiva con gli anni
successivi. Ciò significa che il primo anno di scuola primaria ha un’importanza
fondamentale in quanto modella gli schemi di rappresentazione mentali e le
basi/abilità per approcciarsi all’apprendimento. Ciò non significa che questi non
vengano modificati nel corso delle esperienze, ma, certamente, così come i primi anni
di un bambino sono fondamentali per la sua crescita, allo stesso modo i primi anni di
scuola lo sono per il futuro da studente.
Il primo anno di scuola è considerato critico in quanto soggetto a numerosi
cambiamenti che, combinati, possono dar luogo a un forte stress. Parlando di eventi
stressanti mi riferisco in particolare al cambio di caregivers (genitori, nonni, educatrici,
baby sitter, maestre..) e alle numerose esperienze a cui i bambini sono esposti in poco
tempo ( nido, famiglia allargata, scuola materna, scuola elementare, oratorio, cag,
gruppo dei pari, vicinato…). Tutto ciò ci permette di fare una prima considerazione,
ovvero che le politiche sociali e scolastiche hanno il dovere di interrogare il loro
operato, che deve necessariamente favorire una transizione quanto più positiva e
serena possibile.
Come ho detto all’inizio, vi sono numerosi studi riguardo questo argomento; uno tra i
più importanti rimane certamente lo studio internazionale1 condotto dal Dr. Fabian e
dal Prof. Dunlop circa le numerose questioni intorno al passaggio dalla scuola materna
alla scuola primaria. “Transizione significa cambiamento e può far riferimento a
variazioni delle attività o degli ambienti. Spesso il cambiamento porta discontinuità,
che può essere stressante se non è gestita con attenzione. I bambini fanno spesso
esperienza di duri cambiamenti durante i loro primi anni di vita..” scrivono Dr Clarke e
Dr See nell’introduzione di uno studio pilota condotto sullo stesso tema a Singapore.
In sostanza per transizione intendiamo un cambiamento “ecologico” ovvero che
riguarda tutte le sfere del bambino, come individuo e come mebro della famiglia e
della comunità (così come dimostra la Convenzione Internazionale sui Diritti
dell’Infanzia) Tutti gli studi sono concordi nell’affermare che ciò che più importa ai
bambini in questo periodo di transizione è trovarsi degli amici, essere amato/ben

1 Fabian, H. and Dunlop, A-W. (2006) Outcomes of good practice in transition processes for
children entering primary school. Background paper prepared for the Education for All Global
Monitoring Report 2007 Strong foundations: early childhood care and education.UNESCO
voluto dai compagni e dagli insegnanti e conoscere le strutture scolastiche a
disposizione. I bambini hanno inoltre espresso preoccupazione riguardo alla difficoltà
di conoscere e rispettare tutte le nuove regole, nonché paura dei loro insegnanti e di
diventare vittime di bullismo da parte dei bambini più grandi.
Il fattore fondamentale che fa la differenza rispetto all’intensità e alla quantità di
preoccupazioni dei bambini è l’età. Ciò è stato dimostrato infatti dallo studio condotto
a Singapore, in cui l’obbligo scolastico inizia a 6-7 anni e le difficoltà riscontrate sui
bambini sono nettamente minori rispetto alla Gran Bretagna dove l’obbligo scolastico
inizia a 4-5 anni. Un’altra differenza fondamentale è sicuramente il cambiamento
spesso radicale del metodo di insegnamento: alla scuola dell’infanzia le insegnanti
utilizzano apprendimento basati sul gioco, mentre tutto ciò viene spesso allontanato
durante la scuola primaria e tutto ciò non favorisce un passaggio sereno. Ai bambini
vengono chiesti numerose abilità sociali e cognitive in poco tempo: conoscenza e
rispetto delle regole, compiti da fare a casa, attenzione prolungata

In conclusione potremmo dire che le abilità richieste dalla scuola primaria per una
transizione positiva sono differenti da quelle dei genitori, della scuola materna e quindi
dei bambini. L’adattamento a un nuovo tipo di ambiente è perciò duro e spesso si
trasforma in un evento stressante. Ciò che le politiche scolastiche possono fare a
riguardo è aiutare famiglia e vari tipi di scuola a comunicare e a confrontarsi sul tipo di
competenze ritenute fondamentali per il bambino in quanto persona e in quanto
studente. Si tratta di stabilire delle priorità (Ad esempio: E’ più importante sapere
leggere e scrivere o sapere relazionarsi adeguatamente coi coetanei e i docenti?) e
quindi di modellare il curriculum educativo coerentemente rispetto a ciò che è
richiesto per essere studenti adeguati. Personalmente, ritengo che il primo compito
dell’istruzione sia quello di veicolare educazione ispirata alle norme positive universali.
Perciò la scuola dovrebbe, a mio avviso, essere concentrata sul bambino in quanto
persona, inteso come individuo e come appartenente alla società. Ciò significa, dal
punto di vista concreto, utilizzare i contenuti per educare trasversalmente all’essere
nel mondo e all’essere in sé. Significa privilegiare l’attenzione alle relazioni con i
compagni e con gli adulti, significa educare all’analisi dei contenuti proposti e alla
critica costruttiva tutto ciò che viene proposto. Significa sviluppare competenza
piuttosto che contenutismo. Significa preferire il perdere tempo alla corsa per finire il
programma.
Significa cambiare visione della scuola.

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