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Anno Accademico 2012/2013

CORSO DI STRATEGIA E POLITICA AZIENDALE

Dispensa ad uso degli studenti

La formulazione e la presentazione della strategia aziendale attraverso


la redazione del piano industriale

A cura di:
Prof. Andrea Cardoni
Dipartimento di Discipline Giuridiche ed Aziendali

Universit degli Studi di Perugia


Novembre 2012

Sommario
1. Premessa ...................................................................................................................1
2. Il piano industriale: aspetti introduttivi e definitori..................................................1
3. Le finalit e i contesti di redazione del piano industriale .........................................4
4. Il piano industriale come strumento di gestione strategica ....................................13
5. Le principali componenti del piano industriale ......................................................28
6. Il piano economico e finanziario: schemi e logiche di elaborazione......................38
7. Principali riferimenti bibliografici..........................................................................49

Per diventare strateghi di successo dovete vivere concretamente lesperienza.


Dovete confrontarvi con lobiettivo specifico della vostra azienda, individuare delle differenze che contano, definire il vostro sistema di creazione del valore e mettere tutto assieme in una frase che sintetizza
chiaramente la vostra strategia.
C un solo modo per iniziare correttamente: mettere per iscritto tutte queste cose.
La formulazione scritta impone una disciplina che non ipotizzabile nella forma orale: d struttura al
vostro pensiero. Vi obbliga a definire con parole accuratamente selezionate qual la ragione dessere
della vostra azienda e qual il contributo di ogni componente allo sforzo complessivo.
Cinthia A. Montgomery, Il ritorno della strategia, Rizzoli Etas, 2012

Il piano industriale

1. Premessa
La presente dispensa rappresenta un supporto didattico per il corso di Strategia e Politica
Aziendale tenuto alla Facolt di Economia dellUniversit degli Studi di Perugia.
In essa vengono illustrati, in particolare, i principali elementi concettuali e di contenuto
riferiti alla tematica del piano industriale, considerato e interpretato come insostituibile
strumento di formulazione e presentazione della strategia aziendale.
La dispensa ha utilizzato come fonti bibliografiche i principali testi di letteratura economico-aziendale e taluni riferimenti manualistici maturati in ambito professionale, ed ha
come principale scopo quello di coadiuvare gli studenti nello studio delle problematiche
di inquadramento e di redazione del piano industriale.

2. Il piano industriale: aspetti introduttivi e definitori


A livello terminologico le espressioni business plan, piano industriale e piano economico e finanziario possono essere usate come sinonimi, pur essendo ravvisabili le
seguenti differenze:
-

il termine business plan, nellaccezione italiana, sembra essere riservato a iniziative di start-up;

il piano industriale enfatizza gli aspetti reali dellattivit di impresa, considerando marginali le questioni di finanza;

il piano economico e finanziario mette in risalto gli aspetti numerici, dando per
assodata la strategia e lo scenario di riferimento.

In questa sede si decide di adottare il termine piano industriale per puntare laccento sulla necessaria completezza del documento, e considerando una ipotesi di azienda in funzionamento.
In una prospettiva generale, il piano industriale pu essere considerato come quello
strumento informativo e di controllo che, partendo dalle caratteristiche strutturali e produttive dellazienda, consente di:

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Formulazione e presentazione della strategia

esplicitare la visione imprenditoriale del business nel medio-lungo termine e le


intenzioni strategiche del management relative alle strategie competitive
dellazienda;

identificare e fissare gli obiettivi e le priorit strategiche, in modo da condividere


le finalit a tutti i livelli della struttura aziendale per favorire il coordinamento e
lorganizzazione;

elaborare le azioni che saranno realizzate per il raggiungimento degli obiettivi


strategici e levoluzione dei key value driver e dei risultati attesi;

delineare il modello di business rispetto al quale lazienda intende tracciare il


suo percorso di crescita e di sviluppo;

esprimere i valori previsionali in un orizzonte di medio/lungo termine, evidenziando i riflessi delle strategie che la stessa intende perseguire;

rendere misurabili gli obiettivi tramite la definizione di opportuni indicatori di


alto livello, sia di tipo economico (fatturato, valore aggiunto, EBITDA, EBIT,
ROI, ROE, ecc.), che di tipo finanziario (leva finanziaria, posizione finanziaria
netta, ecc.);

favorire processi di benchmarking sulle performance economico-finanziarie attraverso il confronto con i principali competitors del settore;

analizzare preventivamente la dinamica finanziaria connessa allo sviluppo


dellimpresa per valutare la fattibilit e la sostenibili del progetto strategico;

identificare un modello di pianificazione strategica entro il quale inserire il sistema di programmazione e controllo (budgeting e reporting) che parta dagli obiettivi di lungo termine e tenga conto del business model che caratterizza
lazienda.

Nelle aziende caratterizzate da elevati livelli di complessit, con dimensioni mediograndi, il piano industriale riveste un ruolo vitale, risultando utile al management per la
rappresentazione della propria visione imprenditoriale, permettendo ai componenti del
consiglio di amministrazione di svolgere appieno il ruolo di indirizzo e controllo della
societ e consentendo allimpresa di attirare risorse, umane e finanziarie, necessarie alla
realizzazione del piano di azione (c.d. action plan). In questo contesto, sovente caratterizzato da una base azionaria non coincidente con lorgano strategico-direzionale, il

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principale obiettivo del piano quello di definire in che modo lazienda intende accrescere il valore creato per gli azionisti, essendo strutturato in modo da permettere:
-

la focalizzazione sulla creazione di valore nellambito di una visione di lungo


periodo. Il piano industriale infatti un momento privilegiato per focalizzarsi
sulla definizione di strategie intenzionali che consentano di massimizzare la
creazione di valore, considerando che spesso le esigenze operative di breve periodo non permettono ai responsabili della direzione aziendale di dedicare tempo
allanalisi delle dinamiche settoriali, ai comportamenti dei competitor e
allindividuazione di valide opportunit. E opinione diffusa che la sostenibilit
del vantaggio competitivo pu essere certamente favorita dallesistenza e dalla
qualit del processo di elaborazione dei piani industriali, anche in considerazione
dello stretto legame tra strategic planning e strategic thinking;

la creazione di una guida per la gestione dellattivit aziendale. Il piano industriale, e pi propriamente laction plan, rappresenta uno strumento che guida le
principali scelte operative, quali: i) lentrata in nuovi mercati, ii) lintroduzione
di nuovi prodotti e servizi, iii) lutilizzo di nuovi canali distributivi, iv)
lampliamento del portafoglio clienti e il reperimento di tutte le risorse - finanziarie, umane, organizzative e tecnologiche - necessarie allimplementazione degli obiettivi strategici;

lo sviluppo di un processo di apprendimento. Il processo di strutturazione del piano diventa uno strumento che consente di verificare la qualit di certe intuizioni
manageriali e imprenditoriali, contenendo cos i correlati rischi. Infatti, la redazione del piano industriale implica di solito un processo di learning by doing che
porta ad un progressivo affinamento e dunque lelaborazione di successive versioni allinterno di un percorso iterativo: gli assunti errati, le aree di debolezza e
le incoerenze sono cos progressivamente corretti, mentre gli stimoli e le intuizioni derivanti dallesame delle prime versioni di piano vengono recepiti, integrando e migliorando il progetto strategico originale. Si realizza cos un processo di learning by doing coerente con un approccio alla gestione strategica;

un miglior livello di comunicazione con il sistema degli interlocutori finanziari.


La redazione e il vaglio critico del piano industriale rappresentano un modo per

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prepararsi a spiegare e difendere le proprie scelte strategiche nei confronti degli


interlocutori finanziari al fine di limitare il rischio che esse non siano adeguatamente comprese e, per questo solo fatto, non approvate. Ci importante sia nei
momenti ordinari della vita aziendale che in particolari operazioni o cicli di sviluppo dellattivit, quali operazioni straordinarie, quotazioni, cessioni ecc.
Gli obiettivi che possono essere ricercati attraverso il piano industriale sono, peraltro,
molteplici e le finalit perseguite dai destinatari di tale documento possono essere tra loro differenti.

3. Le finalit e i contesti di redazione del piano industriale


Se nella prospettiva pi generale e completa, il piano industriale riveste il ruolo sinteticamente descritto nel paragrafo precedente, non vi dubbio che lutilit del documento
si nel corso del tempo estesa ad una ampia serie di contesti che ne condizionano le
motivazioni e le specifiche finalit di redazione.
Per delineare un quadro di riferimento utile a comprendere le varie declinazioni che il
documento pu assumere, utile in primo luogo differenziare la motivazioni di fondo
che spingono alla sua redazione, a seconda che siano riconducibili a:
-

motivazioni riferite alla volont/necessit dellimpresa stessa di redigere il documento, andando poi a distinguere se tale redazione avvenga per finalit interne
o esterne;

motivazioni riferite allesigenza di terzi di conoscere il percorso strategico aziendale e di valutare in termini previsionali i riflessi delle strategie sulle performance e sugli equilibri economico-finanziari.

In termini di impostazione del documento, possiamo inoltre considerare una ulteriore


differenziazione in base al contesto in cui si colloca il documento, se riferito a:
-

contesto gestionale, ovvero il documento viene elaborato come supporto per


lesplicitazione e la condivisione della vision imprenditoriale e dellaction plan,
attraverso la definizione di contenuti che saranno modellati di volta in volta in
base alle esigenze strategiche e operative della direzione aziendale;

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contesto istituzionale, ovvero il documento reso obbligatorio da determinate


prescrizioni di legge e assume una valenza formale che, gioco forza, ne influenza il contenuto.

Applicando la griglia di criteri appena considerati, possibile delineare il seguente quadro di riferimento.
Motivazioni legate alla volont/necessit dellimpresa
In questo primo ambito, le logiche e i contesti di redazione del piano industriale possono
essere ulteriormente distinti a seconda dei fini per i quali il documento viene elaborato.
Tali fini possono essere:
a) di carattere interno, legati a:
1) start-up dellimpresa;
2) esigenze di pianificazione e controllo dello sviluppo aziendale;
3) definizione di un piano di incentivi per i manager.
b) di carattere esterno, connessi alle seguenti circostanze:
1) partecipazioni a gare;
2) piani di ristrutturazione;
3) valutazione degli elementi dellattivo ;
4) procedimenti di quotazione (initial public offering - IPO);
5) operazioni straordinarie.
Nel caso a) 1 (start-up) ci si trova in una fase in cui viene sviluppata una nuova idea
dimpresa (business idea), che vede come primo passo fondamentale il recepimento di
un bisogno insoddisfatto o soddisfatto solo parzialmente da una offerta di prodotti/servizi. Il passo immediatamente successivo rappresentato dallanalisi strategica della concorrenza esistente e potenziale, che consiste nel chiedersi se al momento sul mercato vi siano gi imprese che svolgano una medesima attivit o che potrebbero accorpare, senza grandi difficolt, la nuova offerta di prodotti/servizi.
I motivi da cui pu originare una idea di business possono essere diversi e sono riconducibili a:
-

scoperta di una nuova tecnologia;

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espansione della domanda di un prodotto/servizio;

modificazione dei gusti dei consumatori;

successo di altre imprese;

individuazione di un bisogno del mercato.

Da questa intuizione deve partire un processo organizzato di analisi e verifica dell'idea


che deve portare alla redazione di un piano di fattibilit (o business plan) da cui devono
emergere:
-

le caratteristiche tecniche del prodotto/servizio;

le tecnologie e le attrezzature necessarie;

il tipo di mercato di sbocco;

le politiche di marketing da attivare;

il capitale necessario per avviare e gestire l'impresa;

i soci/collaboratori da coinvolgere;

la forma giuridica pi adeguata;

gli adempimenti burocratici da espletare.

Al termine di questo processo di analisi/ricerca l'imprenditore sar in grado di affacciarsi


sul mercato con una adeguata nozione sulla realizzabilit del progetto, avendo identificato le principali azioni che saranno intraprese nel primo triennio, tenendo presente che il
piano risente di una duplice problematica:
-

lassenza di una storia, che condiziona i rapporti con il mercato e con le banche;

lincertezza e la variabilit delle previsioni, legate sia ad eventi interni (tempi e


costi connessi alla costruzione degli impianti, allottenimento di un adeguato livello qualitativo del prodotto/servizi) che a quelli esterni (gradimento del prodotto/servizio, rapporti con la concorrenza, ritardi dei fornitori, inefficienze della
rete distributiva).

Nel caso a) 2 (pianificazione e controllo) il piano industriale lo strumento con il quale il management esplicita e formalizza la sua attivit di gestione strategica, potendo cos ottenere una serie di importanti risultati conoscitivi e condizioni di controllo, quali:
-

valutazione dellimpatto delle diverse strategie di crescita;

definizione e verifica del tasso di crescita sostenibile;

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valutazione dellimpatto di specifici investimenti sulla redditivit complessiva


dellimpresa;

analisi della relazione tra i driver del valore e la redditivit attesa del business;

condivisione degli obiettivi strategici con la struttura organizzativa e impostazione del sistema di programmazione e controllo per lindirizzo dellattivit aziendale.

Tale finalit va considerata come quella che maggiormente rispecchia la filosofia del piano industriale come strumento per la formulazione e la presentazione della strategia.
Un documento concepito e realizzato in tale prospettiva si presenta molto completo e in
grado di soddisfare ulteriori e differenti finalit informative che potrebbero presentarsi
in altri contesti. E per tale motivo che ai contenuti e alle modalit di redazione del piano industriale come strumento di gestione strategica verranno dedicati i paragrafi successivi
Nel caso a) 3 (definizione di un piano di incentivi per i manager) si fa riferimento alle grandi realt aziendali dotate di una tecnostruttura manageriale, il cui ruolo viene ritenuto sempre pi strategico nellambito di processi di creazione di valore dellimpresa. In
tali situazioni il piano industriale pu costituire il presupposto indispensabile per definire un piano di incentivi a favore del management aziendale, attraverso il quale viene redistribuita ai dirigenti una parte del valore che gli stessi hanno contribuito a creare.
Nel caso b) 1 (partecipazione a gare) si possono citare una serie di interventi legislativi
nei quali viene richiesta la redazione del piano industriale. Tali formulazioni, riportate a
titolo esemplificativo, si riferiscono a:
- appalti pubblici di opere
Lart. 143 Decreto Legislativo 12 Aprile 2006, n. 163 (gara per la concessione dei lavori pubblici) disciplina quanto segue:
Lofferta e il contratto devono contenere il piano economico-finanziario di copertura degli investimenti e
della connessa gestione per tutto larco temporale prescelto e devono prevedere la specificazione del valore residuo al netto degli ammortamenti annuali, nonch leventuale valore residuo dellinvestimento non
ammortizzato al termine della concessione

- gestione integrata del servizio idrico


Lart. 143 della lex 5 gennaio 1994, n. 36 (Legge Galli) prevede che:

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1.La Regione adotta una Convenzione tipo e relativa disciplina per regolare i rapporti tra gli enti locali .
ed i soggetti gestori dei servizi idrici integrati e ..
2.La Convenzione prevede, in particolare:
a)
b) lobbligo del raggiungimento dellequilibrio economico e finanziario della gestione;
c)
d) i criteri per la redazione del piano economico e finanziario per la gestione integrata del servizio

- concessione di finanziamento a fondo perduto


Nello schema definito dalla legge n.488/92 (legge quadro per la concessione di agevolazioni finanziarie in
conto investimenti) previsto che la concessione delle agevolazioni venga effettuata sulla base di una graduatoria di merito, costruita attraverso indicatori predefiniti tratti dal business plan elaborato
dallimpresa con il supporto di un software appositamente predisposto.

Nel caso b) 2 (piani di ristrutturazione) la previsione sempre contenuta in interventi


legislativi, questa volta riferiti al particolare contesto delle procedure concorsuali, dove
il documento viene contemplato come strumento necessario a supportare alcuni interventi proposti per il superamento della crisi aziendale. In particolare si fa riferimento alle previsioni pi recenti, quali:
- art. 67 della Legge n. 267 del 16 marzo 1942 come modificate dal decreto legislativo 169/2007 (Piano
attestato): Non sono soggetti ad azione revocatoria gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del
debitore purch posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento
della esposizione debitoria dellimpresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la
cui ragionevolezza sia attestata da un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili e che abbia i
requisiti previsti dallarticolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile;
- art. 182 bis R.D. 267 del 16 marzo 1942 come modificato dal Decreto legislativo 169/2007 (Accordi di
Ristrutturazione): Limprenditore in stato di crisi pu domandare, depositando la documentazione di cui
allart. 161, lomologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista in
possesso dei requisiti di cui allart. 67, terzo comma, lettera d) sullattuabilit dellaccordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneit ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei.

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Nel caso b) 3 (valutazione degli elementi dellattivo) occorre considerare la profonda


riforma intervenuta con il Decreto Legislativo 28 febbraio 2008, n. 38, il quale ha previsto per le maggiori imprese italiane (societ quotate; societ con strumenti finanziari diffusi tra il pubblico; banche e altri intermediari finanziari regolati da Banca dItalia; imprese di assicurazione) lobbligo, a partire dal 1 giugno 2005, di redigere il bilancio
consolidato con i principi contabili internazionali IAS-IFRS emessi dallo IASB ed
omologati dallEU ai sensi del Regolamento comunitario n.1006/2002; per il bilancio di
esercizio lo stesso obbligo decorreva dal 1 gennaio 2006.
Secondo il mutato sistema di regole contabili, il nuovo framework impone il superamento del principio del costo storico nelliscrizione delle attivit materiali ed immateriali
nellattivo dello stato patrimoniale, a favore del principio del fair value, sottoponendo le
attivit stesse all impairment test come previsto dallo IAS 36.
Se il test ha ad oggetto particolari categorie di immobilizzazioni quali avviamenti, partecipazioni e unit aziendali, lindividuazione del valore deve avvenire sulla base dei flussi previsionali che tali entit sono in grado di produrre in un orizzonte temporale strategico.
Secondo quanto previsto dagli standard citati, lapplicazione dellimpairment test richiede pertanto che limpresa acquisisca informazioni relative allevoluzione delle dinamiche economiche e finanziarie attraverso lanalisi di piani pluriennali e budget, anche distinti secondo una logica di aree strategiche di affari, che in questo contesto diventano
strumenti di supporto per i processi di valutazione ai fini della redazione del bilancio.
Nel caso b) 4 (procedimenti di quotazione - IPO) il piano industriale costituisce uno
dei documenti che deve essere predisposto dallimpresa che si propone per la prima volta alla quotazione nei mercati regolamentati (IPO initial public offering). In tale contesto, infatti, lazienda che intende rivolgersi agli investitori e accedere ai mercati di Borsa, deve predisporre una ampia documentazione richiesta dalla Consob in cui vengono
illustrate e rese pubbliche le caratteristiche fondamentali del suo business in termini di
ambito competitivo, assetto strategico, organizzativo e gestionale al fine di informare
adeguatamente il potenziale azionista circa le prospettive di rischio e di rendimento della
partecipazione.

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Nel caso b) 5 (operazioni straordinarie) lesigenza di predisporre un documento previsionale di carattere strategico deriva dallart 2501 bis, che regola le fusioni a seguito di
acquisizione con indebitamento, prevedendo ad un successivo articolo (Art. 2501 quinquies) che la relazione degli amministratori indichi le ragioni che giustificano
loperazione contenga un piano economico e finanziario con lindicazione della fonte
delle risorse finanziarie e la descrizione degli obiettivi che si intende raggiungere.
Motivazioni legate ad esigenze conoscitive esterne
In questo ambito, i contesti in cui si fa presente la necessit di strutturare un piano industriale sono riconnessi principalmente ai fabbisogni informativi e professionali di:
1) investitori istituzionali per la valutazione di un investimento equity;
2) finanziatori dellimpresa con capitale di debito;
3) professionisti

nellambito

dellapplicazione

di

procedimenti

valutativi

dellimpresa.
Nel caso sub 1) (investitori istituzionali per la valutazione di un investimento equity) va considerato che l accelerazione delle operazioni di acquisto del capitale di rischio ha favorito la diffusione di modelli di valutazione delle imprese in funzionamento
semplificate quali, in particolare, il metodo empirico dei moltiplicatori. Tale modello
semplifica e rende di facile applicazione il procedimento valutativo, ma non agevola il
compito dellinvestitore istituzionale sulla qualit/fattibilit dellinvestimento. Se si adotta, infatti, un moltiplicatore di mercato riferito ad un indicatore di performance
dellimpresa (quale potrebbe essere ad esempio: fatturato, redditi, dividendi, EBITDA)
necessario valutare la dinamica nel tempo di quel particolare fondamentale e osservarne
levoluzione futura disponendo di un piano industriale.
Nel caso sub 2) (finanziatori dellimpresa con capitale di debito) lesigenza viene espressa dai tradizionali interlocutori del sistema bancario e finanziario che, nel valutare
le possibilit di affidamento e di concessione del credito, intendono accertare la solvibilit dellimpresa verificando le condizioni di sussistenza dellequilibrio finanziario nel
breve e lungo termine. A questo fine il piano si pone come strumento fondamentale per
fornire a tali interlocutori le informazioni sulla capacit strutturale dellimpresa di rimborsare i finanziamenti contratti e da contrarre e per consentire una analisi di bancabili-

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t del piano, in cui pu assumere particolare importanza landamento di indicatori, quali:


-

leva finanziaria: rapporto tra patrimonio aziendale / posizione finanziaria netta,


in grado di misurare la solidit della struttura finanziaria;

rapporto posizione finanziaria netta / EBITDA, espressivo della capacit teorica


di rimborso dellindebitamento attraverso i flussi operativi potenziali;

rapporto tra oneri finanziari / EBITDA, che misura lincidenza del costo del debito sul margine operativo lordo.

Nel caso sub 3 (professionisti nellambito dellapplicazione procedimenti valutativi


dellimpresa) lesigenza si riconnette alla necessit di individuare il valore economico
dellimpresa attraverso una stima dei flussi economici e/o finanziari futuri che, per essere ragionevolmente previsti e costituire fondamento del percorso estimativo, devono risultare da un processo di elaborazione strategica.
Tenuto conto di tutti i differenti contesti in cui il piano industriale pu essere utilmente
elaborato e sviluppato, nella figura che segue (Fig. 1) vengono rappresentate le varie
dimensioni, prospettive e valenze che possono essere attribuite allo strumento.

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Fig. 1 Le funzioni del piano industriale in relazione ai differenti contesti e prospettive di redazione

Se il documento viene redatto nella prospettiva del professionista esterno al fine di supportare i procedimenti valutativi o previsionali utilizzati in atti e perizie che maturano in
contesti giuridici e contrattuali, il piano industriale rappresenta uno strumento con una
significativa valenza formale. Si tratta di una prospettiva che facile riscontrare nelle
vicende di cessione quote o operazioni straordinarie che riguardano una PMI.
Nel caso in cui il piano viene elaborato dalla grande azienda che si pone in una prospettiva esterna e intende rendere visibile il suo percorso strategico agli stakeholders, il documento pu assumere la veste di strumento di comunicazione.
Se invece il piano viene utilizzato con prevalente finalit interna, con una forte valenza
sostanziale, principalmente legata alla necessit di rendere misurabili ed oggettivi gli obiettivi per guidare la gestione e monitorarne tempestivamente i risultati, esso si configura come insostituibile strumento di pianificazione e controllo.
Infine, qualora il piano venga vissuto come momento fondamentale di elaborazione e
formulazione della strategia da parte del management aziendale, fatto che tipicamente
avviene nella grande impresa complessa dotata di tecnostruttura manageriale, lo stesso
diventa a tutti gli effetti uno strumento di gestione strategica.

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E importante sottolineare che tali prospettive sono in grado di influenzare le forme e i


contenuti del documento e non necessariamente entrano in conflitto, dal momento che
un piano ben elaborato pu essere in grado di soddisfare allo stesso tempo diverse finalit.

4. Il piano industriale come strumento di gestione strategica


Nella vita delle aziende spesso accade che la gestione di tipo operativo, caratterizzata da
decisioni abituali e di breve termine, privilegiata rispetto alla gestione di tipo strategico
che, orientata al medio-lungo termine, particolarmente attenta allevoluzione
dellambiente.
Una siffatta impostazione rischia di compromettere la sopravvivenza aziendale, soprattutto alla luce della considerazione che l evoluzione dellambiente genera opportunit
ma anche rischi che, se non valutati tempestivamente, possono trasformarsi in vere e
proprie minacce.
Per lalta direzione la strategia rappresenta uno strumento indispensabile per rispondere
efficacemente ai mutamenti dellambiente esterno e a quelli che si producono allinterno
delle stesse imprese, evitando cos che la cultura delle organizzazioni diventi rigida.
Il compito dellalta direzione proprio quello di armonizzare la struttura organizzativa
con le opportunit e i rischi che i cambiamenti ambientali comportano.
Da questo punto di vista, lalta direzione pu assumere due atteggiamenti molto differenti:
1) atteggiamento di attesa, con il quale si attende passivamente il verificarsi degli eventi e dei fenomeni evolutivi per adottare le opportune modificazioni
della gestione solo quando tali fenomeni si sono chiaramente affermati;
2) un atteggiamento anticipatorio e attivo, in cui si realizza uno sforzo costante
di previsione dei fenomeni evolutivi allo scopo di poter realizzare modifiche
nella gestione in via anticipata e tempestiva, promuovendo azioni tese ad influenzare levoluzione dei fenomeni stessi.
Nel primo caso si osserva la mancanza di un quadro strategico di sviluppo ed un orientamento scarsamente innovativo delle politiche di gestione. Questa la situazione che

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caratterizza molte PMI, la cui gestione operativa viene condotta senza un disegno programmatico di ampio respiro e ricorrendo a modelli operativi di tipo ripetitivo; la gestione tende a identificarsi con le routine organizzative e si rinuncia ad intravvedere possibilit di cambiamento. Tuttavia, in presenza di eventi imprevisti, le routine organizzative si mostrano inadeguate a fronteggiare le emergenze che possono arrivare a determinare fenomeni di crisi.
Molto diverso il caso delle aziende che manifestano un atteggiamento anticipatorio e
attivo nei confronti dello sviluppo degli eventi. Queste aziende sono di norma caratterizzate da una media e grande dimensione e agiscono con prospettive di pi lunga durata,
attraverso la formulazione di piani strategici.

In questo caso il rapporto impresa-

ambiente, che alla base della definizione dello scenario strategico, non di tipo adattivo o reattivo, ma tende ad essere innovativo e a scardinare le regole del gioco vigenti sia
in campo competitivo che sociale.
Adottare questo tipo di approccio significa implementare, in modo convinto ed esplicito,
dei processi di gestione strategica, finalizzati ad analizzare costantemente lambiente esterno, valutandone i rischi e le opportunit che vi provengono, osservare le logiche di
gestione interna e il proprio modello di business al fine di individuarne punti di forza e
di debolezza e infine delineare la strategia pi opportuna per raggiungere il successo aziendale.
Se dal punto di vista operativo i processi di gestione strategica tendono a seguire la logica sopra menzionata (analisi dellambiente esterno, analisi dellambiente interno e formulazione della strategia), molto pi discussa linterpretazione circa i differenti significati attribuiti al termine. Nella prospettiva teorica, infatti, sono stati notevoli gli approfondimenti effettuati sul significato della gestione strategica di una impresa, su come
viene valutata la strategia realizzata, su come si definisca la strategia intenzionale e su
quali siano le altre attivit rilevanti nel processo di gestione strategica.
Nella tradizione harvardiana (tra i principali autori possibile citare Andrews e Ansoff)
il processo di gestione strategica di tipo analitico-razionale nella fase di formulazione e
anche in quella di realizzazione (intesa essenzialmente come fase di progettazione e realizzazione di una struttura organizzativa, in senso lato, logicamente conseguente alle
scelte di strategia). Tale impostazione decisamente top-down e si basa su unipotesi di

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piena razionalit delle decisioni e consequenzialit logica delle realizzazioni.


Gi Normann mette in luce il fatto che il formarsi della business idea (ossia di una strategia o formula imprenditoriale di successo) nelle aziende sempre un processo di learning-by-doing.
Con Mintzberg si giunge ad eliminare la separazione tra pensiero e azione; la strategia
la risultante di un processo di apprendimento che procede su due gambe, quella di una
strategia deliberata, che incarna il versante top-down, analitico-razionale della strategia,
e quella di una strategia emergente, frutto di un processo per prova ed errore, in cui esiste una forte componente bottom-up .
In seno a questo gruppo di contributi, che intendono la strategia come risultato di un
processo di apprendimento continuo piuttosto che come risultato di un processo analitico
ex-ante, pu collocarsi anche il contributo di Quinn, che vede la strategia come un processo di incrementalismo logico in cui i leader aziendali incanalano flussi di attivit ed
eventi in strategie coscienti.
Secondo quanto suggerito dalla letteratura aziendale le tre fasi principali del processo di
gestione strategica sono rappresentate da: analisi strategica, scelta delle strategie e realizzazione delle strategia.
I - ANALISI STRATEGICA
Il processo di gestione strategica pu iniziare in vari modi ma ben presto si pongono alcune domande. Quale impresa si vuole essere? Verso quali obiettivi muoversi? Quali
capacit si intendono sviluppare?
Qualsiasi scelta deve muovere dallanalisi della situazione di partenza, cercare di prevedere la sua futura evoluzione e seguire continuamente levolvere della situazione.
Lanalisi strategica mira a:
-

capire quale sia e quale debba essere la posizione strategica dellorganizzazione


rispetto ai concorrenti e allambiente;

comprendere quali cambiamenti sono in atto e come agiranno sullattivit


dellorganizzazione;

decidere le azioni per raggiungere gli obiettivi e i tempi relativi;

scegliere tra le varie opzioni che si presentano;

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individuare quali risorse e competenze possieda lorganizzazione e come possano costituire dei vantaggi nello sfruttare le nuove opportunit.

Lanalisi strategica ruota intorno a tre grandi concetti, rappresentati da ambiente, risorse
e competenze e si articola nelle sotto-fasi approfondite qui di seguito.
1. Definizione della mission dellimpresa e dei principali obiettivi di lungo termine
Ogni processo di gestione strategica parte dalla definizione della mission e dei grandi
obiettivi che limpresa intende raggiungere. La mission unenunciazione molto ampia
degli scopi che limpresa persegue e generalmente individua grandi aree di attivit nel
campo economico e sociale.
La mission deve:
-

contenere lindicazione degli obiettivi attraverso i quali la mission stessa pu essere raggiunta;

differenziare limpresa dai concorrenti;

definire il business o i business in cui limpresa intende operare;

incorporare le attese non soltanto degli azionisti e del management, ma anche


degli altri stakeholders;

rappresentare una sfida da raccogliere;

incorporare i valori in cui crede limpresa e le norme di comportamento che la


guidano.

2. Analisi dellambiente esterno


Lambiente esterno per convenzione distinto in macroambiente, costituito da variabili
sulle quali il management non pu agire, e microambiente, costituito dalle variabili che
interagiscono direttamente con limpresa: clienti, fornitori, concorrenti e relativi mercati.
2.a. - Analisi del macro-ambiente
Per macro-ambiente si intende un campo di osservazione ampio, in cui devono essere
presi in considerazione una serie di elementi che non sempre agiscono direttamente
sullattivit e sulleconomia dellimpresa, ma scolpiscono il quadro di lungo termine in
cui essa opera. Al fine di focalizzare lanalisi sulle variabili pi significative, la lettera-

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Il piano industriale

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tura ha suggerito diversi strumenti di analisi, tra i quali la PEST analysis e lanalisi delle
attese degli stakeholders.
2.a.1. - Analisi delle grandi variabili
Per individuare quali variabili dellambiente esterno abbiano il maggior impatto sul futuro di unimpresa la tecnica di analisi pi nota la PEST analysis, che analizza le variabili della Politica, dellEconomia, della Societ e della Tecnologia. Nella scelta delle variabili e nella loro interpretazione molto dipende dalla natura del settore, dalla struttura
della concorrenza, dalle strategie adottate e dalle capacit del management.
Limpresa deve capire come le variabili principali dellambiente possono agire sul futuro del business, come cambiano e come interagiscono luna con laltra. Va infatti ricordato che le variabili non sono entit separate, ma interdipendenti: ad esempio, una importante processo di innovazione pu mettere in crisi una parte delleconomia, pu creare disoccupazione, tensioni sociali e spingere il governo a varare nuove leggi in materia
di mobilit del lavoro da un lato, e nuove discipline della concorrenza dallaltro.
Per citare a titolo esemplificativo le problematiche che possibile approfondire nelle varie sezioni possiamo ricordare:
-

tra le variabili della Politica: stabilit del governo, pressione fiscale, protezione
dellambiente, deregulation, privatizzazione, barriere allo scambio internazionale, ecc.;

tra le variabili dellEconomia: prodotto interno lordo (PIL), consumi privati, inflazione, salari/costo del lavoro, intervento dello Stato nelleconomia, ecc.;

tra le variabili della Societ/cultura: demografia, stili di vita, sensibilit alla difesa dellambiente, attitudini verso il lavoro e limprenditorialit, valori della tradizione, ecc.;

tra le variabili della tecnologia: investimenti in R&S nei vari settori


delleconomia, protezione della propriet intellettuale, innovazioni ICT, ecc.

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Formulazione e presentazione della strategia

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2.a.2. - Analisi delle attese degli stakehoders


Le attese degli stakeholders hanno un forte peso nella definizione della mission e degli
obiettivi di lungo termine. Partendo da questo presupposto, importante approfondire
questa prospettiva e porsi la seguente domanda: nellinteresse di chi gestita limpresa?
Rispondere a questa domanda significa individuare quali vincoli e quali attese provenienti dallambiente esterno possono agire sulle scelte strategiche.
In questo ambito occorre perci considerare le varie categorie di portatori di interesse e
le principali attese da questi espresse (Tab. 2).
Tab. 2 Analisi delle attese degli stakeholders
Stakeholders

Interesse principale

Azionista

Dividendi; aumento del valore di mercato degli investimenti in azioni; pagamenti dei dividendi;
partnership

Management

Stabilit del ruolo; progressi di carriera; remunerazione; status; responsabilit nellorganizzazione

Altri collaboratori

Remunerazione; condizioni di lavoro; stabilit del


posto di lavoro; job satisfaction

Consumatori

Qualit dei prodotti; prezzi convenienti; continuit


nellassistenza postvendita; innovazione di prodotto

Distributori

Consegne tempestive; affidabilit dei programmi;


immagine di marca (del produttore)

Fornitori

Continuit degli ordini; pagamenti secondo i piani

Finanziatori

Restituzione del prestito; pagamento degli interessi

Governo

Pagamento delle imposte e delle tasse; contributi


alloccupazione

alle

esportazioni;

difesa

dellambiente
Societ in generale

Responsabilit nei confronti della societ; gli obiettivi dellimpresa non dovrebbero essere in contrasto
con quelli della societ in generale

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2.b. - Analisi dellambiente competitivo


Lambiente in cui opera limpresa complesso e cambia costantemente ed sempre difficile, se non impossibile, riuscire a considerare tutte le variabili e a costruire un ordine
utile ad interpretare la realt in grado di illustrare le caratteristiche essenziali di un sistema in modo che sia semplice da capire e da applicare.
Lanalisi dellambiente competitivo necessita perci di modelli interpretativi che, secondo una logica ormai consolidata, possono essere organizzati a cascata, partendo
dallanalisi di settore e del suo ciclo di vita, per passare poi allanalisi pi specifica
dellarena in cui si svolge la competizione, focalizzandosi infine sullo studio dei concorrenti e del loro posizionamento rispetto a quello dellimpresa.
2.b.1. - Analisi della struttura del settore e del suo ciclo di vita
Secondo un modello consolidato di interpretazione delle dinamiche aziendali (il modello
struttura-condotta-performance), le caratteristiche del settore sono fondamentali per
comprendere i principali elementi che incidono nella competizione e nelle ragioni del
successo delle imprese che vi operano.
Gli elementi che maggiormente incidono nella struttura del settore sono rappresentati
dalle condizioni di domanda e offerta, dove agiscono in primo luogo lelasticit della
domanda e le economie di scala. Ci premesso, dal punto di vista strategico lanalisi del
settore deve puntare principalmente ad individuare i fattori che caratterizzano il successo
in quel particolare ambito operativo (cosiddetti fattori critici di successo), ovvero quelle
variabili e condizioni operative a cui sembra possibile ricondurre il vantaggio competitivo. Ogni settore tende ad avere i propri fattori critici di successo: ad esempio, per i
soft-drink sono importanti limmagine di marca e la distribuzione capillare;
nellabbigliamento di qualit a prezzi medio-bassi sono cruciali il basso costo del lavoro,
la variet dei prodotti e la rapidit di risposte alle tendenze della moda. In altri settori,
magari caratterizzati da situazioni di crisi e dalla necessit di procedere a ristrutturazione, diventano critici i rapporti con i sindacati.
Accanto a questo tipo di analisi, che assume i connotati prevalenti di tipo statico, il settore pu essere utilmente studiato anche con riferimento ai suoi caratteri evolutivi, andando ad individuare le fasi del ciclo di vita che lo contraddistinguono. Con questo tipo

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di analisi si parte dal presupposto che un mercato, o un segmento al suo interno, passi
attraverso una successione di fasi, ciascuna delle quali abbia implicazioni sulle strategie
delle imprese e sulle condizioni della concorrenza. In una prima fase, definita embrionale, c scarsa domanda, pochi concorrenti, un ritmo di sviluppo delle vendite molto
rapido e un livello di redditivit crescente. In una seconda fase, disviluppo, i compratori crescono rapidamente, entrano nuovi concorrenti, le vendite si sviluppano molto e si
realizzano alti livelli di redditivit. Segue poi una fase di progressiva maturit, dove la
domanda prima diventa selettiva fino a saturarsi, la concorrenza elevata con un rischio
di possibili guerre di prezzi, le vendite rallentano e i margini diventano moderati. Infine si realizza una fase di declino, caratterizzata da un minor uso del prodotto,
labbandono di alcuni concorrenti, una distribuzione selettiva e un livello di redditivit
molto basso.
2.b.2. - Analisi delle forze competitive
Secondo questo famoso modello di analisi del settore elaborato da Porter nel 1980 la
configurazione strutturale di un dato settore viene a dipendere, in ogni istante, dal disporsi di cinque forze competitive , rappresentate da (Fig. 2):
-

rivalit fra le imprese concorrenti;

minacce portate dai prodotti sostitutivi;

minacce derivanti dai potenziali entranti;

potere contrattuale esercitato dai fornitori;

potere contrattuale esercitato dai clienti.

La disposizione e linterazione delle cinque forze determinano lintensit delle dinamiche competitive allinterno di un settore con conseguenti riflessi sulla sua redditivit
strutturale, misurata dal livello di redditivit operativa. In particolare, la compressione
della redditivit media del settore determinata da:
-

assenza di barriere allentrata che frenino i nuovi concorrenti;

presenza di prodotti sostitutivi offerti a prezzi inferiori;

esistenza di clienti e fornitori dotati di un elevato potere contrattuale

presenza di una forte rivalit interna.

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Quanto pi le caratteristiche del settore si allontanano da queste condizioni, tanto maggiore tende ad essere il livello della redditivit operativa media.
Fig. 2 Le cinque forze competitive

3. Analisi dellambiente operativo interno


Dopo aver rivolto lattenzione verso lambiente esterno e analizzato con differenti gradi
di approfondimento le variabili di contesto che impattano sulle problematiche gestionali
dellimpresa, necessario concentrarsi sui caratteri interni dellimpresa stessa, utilizzando anche in questo caso consolidati modelli elaborati dalla dottrina e dalla prassi manageriale in grado di facilitare il lavoro di interpretazione e di valutazione strategica.
3.a.- Analisi della catena del valore
La catena del valore pu essere vista come un modello di analisi della complessa realt
aziendale, in grado di conciliare in una logica di processo la prospettiva interna, organizzativa, e quella esterna legata al contesto e allarena sociale e competitiva in cui
lazienda opera.

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Tale strumento nasce dallesigenza di interpretare limpresa, che e rimane una realt
unitaria, come un insieme di parti che producono ciascuna valore aggiunto
Partendo dalla fase di scambio con il mercato di approvvigionamento, nella quale si ricevono dai fornitori determinati fattori produttivi con il sostenimento dei relativi costi, la
catena del valore modellizza tutte le attivit che vengono svolte per arrivare a produrre
un bene/servizio che viene poi ceduto ai clienti ad un determinato prezzo, ritenuto espressivo del valore creato per il cliente stesso (Fig. 3).
Fig. 3 La catena del valore

In tale contesto, lanalisi dellambiente operativo interno si concentra sullinsieme delle


attivit generatrici del valore che un impresa realizza per progettare, produrre, vendere e
consegnare il proprio prodotto/servizio, dove:
-

il valore ci che il cliente disposto a pagare per quello che limpresa gli offre;

ogni attivit generatrice del valore comporta costi;

la differenza fra ci che il cliente paga e la somma dei costi sostenuti per generare il valore determina il margine (valore aggiunto);

le attivit generatrici del valore sono tra loro collegate, e tali collegamenti incidono sui costi e sul vantaggio competitivo;

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23

il livello della disagreggazione delle attivit dipende dal momento e dai contesti
dellanalisi e in ogni caso finalizzato alla individuazione del vantaggio competitivo.

3.b. - Analisi delle competenze distintive


Questo approccio allanalisi dellambiente interno trova il suo fondamento teorico nella
resource-based view. Gli assunti basilari su cui si fonda tale filone interpretativo sono i
seguenti:
-

limpresa un portafoglio di risorse e competenze;

ogni impresa unica perch unico il portafoglio;

leterogeneit delle performance delle imprese e il conseguimento delle rendite si


spiegano con meccanismi di isolamento;

il vantaggio competitivo di unimpresa dipende dalla diversa dotazione di risorse


e competenze.

Dal punto di vista concettuale e definitorio importante rimarcare la differenza tra risorse e competenze.
Le prime sono rappresentate da quei fattori produttivi a disposizione dellimpresa che
sono trasformati in beni utilizzando unampia gamma di attivit aziendali e meccanismi
organizzativi. Le stesse possono essere classificate in risorse tangibili, intangibili e risorse umane.
Le competenze sono invece le capacit dellimpresa di combinare e impiegare le proprie
risorse, utilizzando processi organizzativi e meccanismi culturali in vista del raggiungimento di determinati obiettivi, potendo essere distinte in competenze specialistiche e
competenze generali.
Levoluzione di questo approccio ha portato alla identificazione di una particolare classe
di competenze, rappresentate da quelle capacit operative che qualificano lidentit
dellimpresa rispetto a quella dei suoi concorrenti e che sono di rilevante importanza per
il successo competitivo nei settori e nei mercati in cui limpresa agisce, definite competenze distintive.
Seguendo questo modello interpretativo, lanalisi dellambiente interno punta, in primo
luogo, a identificare le risorse e le competenze distintive dellazienda, valutando succes-

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Formulazione e presentazione della strategia

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sivamente la presenza di alcuni caratteri fondamentali necessari per assicurare la sostenibilit del vantaggio competitivo, quali:
-

la durevolezza, dipendente dalla natura delle risorse e delle competenze e


dallazione degli agenti di cambiamento (es: innovazione tecnologica);

la mobilit, ovvero lacquisibilit delle risorse e delle competenze da parte dei


concorrenti;

la replicabilit, riconducibile alla possibilit che le risorse e le competenze


distintive possano essere riprodotte in altre aziende.

3.c. - Analisi del management e della struttura organizzativa


Per rendere completa lanalisi dellambiente interno, occorre descrivere i processi organizzativi dellattivit svolta, i ruoli e le responsabilit di chi opera allinterno
dellazienda, le risorse tecniche impiegate, ovvero quei beni materiali ed immateriali di
cui lazienda fa uso per realizzare la sua attivit produttiva.
In primo luogo importante concentrarsi sui soggetti chiave della gestione, ovvero i
componenti del management e degli organi di controllo, valutandone da un lato le esperienze e i livelli professionali e dallaltro considerandone i poteri, le responsabilit,
lentit e le modalit di corresponsione dei compensi.
In seguito necessario considerare la struttura organizzativa, analizzando e descrivendo
le diverse aree aziendali e la loro articolazione, indicandone le principali relazioni ed interazioni, presentando lorganigramma aziendale e considerando linsieme delle risorse
umane operanti nellimpresa in termini di numero, competenze e retribuzione del personale (dipendenti, collaboratori, agenti).
4. Analisi delle minacce e opportunit, punti di forza e di debolezza
Una volta terminata la fase di analisi sul fronte esterno ed interno, necessario addivenire ad una sintesi che sia in grado di rappresentare in modo efficace le principali conclusioni che legano le varie dimensioni poste sotto osservazione. A questo fine viene utilizzata lanalisi SWOT, il cui termine deriva dallutilizzo dei termini anglosassoni: S
(Strenghts = forze; Weaknesses = debolezze; Opportunities = opportunit; Threats = mi-

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Il piano industriale

25

nacce). La logica che lega tali dimensioni di analisi rappresentata nella figura che segue (fig. 4)
Fig. 4 SWOT analysis

Lanalisi SWOT sintetizza una delle metodologie utilizzabili per formulare una strategia
competitiva, offrendo alla direzione gli elementi necessari per elaborare le alternative
strategiche che poi verranno valutate.
Dal punto di vista metodologico e applicativo, una volta definita la mission e gli obiettivi di lungo termine dellazienda, lanalisi SWOT prevede:
-

una fase di raccolta dati e informazioni relative allambiente esterno e


allambiente interno;

una fase di classificazione dei dati e delle informazioni al fine di individuare


quelle rilevanti;

la valutazione sintetica che individui punti di forza/debolezza e opportunit/minacce.

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26

II SCELTA DELLE STRATEGIE


Completata la fase di analisi, arriva uno dei momenti pi complessi e critici del processo
di gestione strategica, ovvero le scelta delle strategie. Muovendo dai punti di forza e di
debolezza del suo ambiente interno, limpresa deve puntare a trarre vantaggio dalle opportunit e contenere le minacce provenienti dallesterno, prefigurando i possibili scenari strategici e definendo, in base alla mission e agli obiettivi di lungo termine, il percorso
che intende seguire per arrivare al successo.
E chiaro che questa fase specifica per ogni azienda e dipende dai risultati conoscitivi
ottenuti della fase precedente.
Anche in questo passaggio, tuttavia, possibile disporre di alcuni concetti e schemi di
riferimento che possono essere utili nella definizione della strategia, quali ad esempio la
gerarchia nella quale la stessa pu essere formulata, rappresentati da livello corporate,
di area strategica di affari (ASA) e di area funzionale (Fig. 5).
Fig. 5 I livelli della strategia

La strategia corporate deve rispondere a domande quali:


-

in quale business o in quali business vogliamo competere? (monobusiness o multi business);

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27

quale orientamento dobbiamo dare alle strategie? (crescita, stabilit, contrazione);

quali risorse necessario allocare?

quale struttura organizzativa dare alle attivit dellimpresa? (gerarchica, divisionale, matriciale).

La strategia di ASA deve invece definire quelle scelte con le quali si stabilisce:
-

come affrontare la concorrenza e affermarsi in un particolare ambito competitivo;

quali vantaggi costruire rispetto ai concorrenti;

quali prodotti/servizi sviluppare e in quali mercati, valutando in quale misura tali


prodotti/servizi rispondono alle esigenze dei consumatori;

con quali criteri distribuire le risorse umane tra le varie funzioni aziendali (finanza, marketing, produzione, ricerca e sviluppo, ecc.).

Attraverso le strategie funzionali, infine, si effettua una formulazione degli obiettivi da


raggiungere e da assegnare alle singole aree funzionali, quali strategie di marketing, finanziarie, di produzione, di ricerca e sviluppo e di sviluppo del personale.
III REALIZZAZIONE DELLE STRATEGIE
Una volta definite le strategie e averle declinate ai vari livelli della struttura aziendale,
limpresa deve valutare a fondo le implicazioni operative e organizzative che quelle strategie comportano. Anche questa fase si presenta particolarmente delicata e importante,
dal momento che costituisce il punto di contatto tra la gestione strategica e quella operativa, che dovr trovare nel piano industriale i riferimenti necessari per indirizzare le attivit dellimpresa. E in questa fase che matura la definizione dellaction plan, di cui sar
trattato pi diffusamente nel paragrafo successivo, come importante componente del piano industriale.
Accanto al piano di azione, tuttavia, vanno implementati una serie di ulteriori processi
gestionali che esulano dagli obiettivi del piano industriale, ma che ne sono una necessaria e naturale conseguenza, quali:
-

la progettazione della struttura organizzativa e il sistema di controllo adeguati alle strategie;

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Formulazione e presentazione della strategia

28

il coordinamento delle strategie con le strutture organizzative e i sistemi di controllo;

la gestione del cambiamento connesso al nuovo indirizzo strategico definito.

5. Le principali componenti del piano industriale


Nel quadro di riferimento definito finora, il presente paragrafo illustra i principali elementi di cui si compone il piano industriale tenendo presente, come gi chiarito, la prospettiva di una azienda di medie-grandi dimensioni, con un modello di governo che prevede la separazione tra propriet e controllo, che usa il piano industriale come strumento
di gestione strategica con importanti ricadute sul piano dei rapporti con gli stakeholders.
Innanzitutto va considerato che un piano industriale si basa su elementi sia qualitativi sia
quantitativi che non possono essere separati senza pregiudicarne la fondatezza: lassenza
di unadeguata illustrazione delle strategie e dellaction plan rende infatti i risultati economico-finanziari delle semplici estrapolazioni degli andamenti passati, la cui credibilit
non in alcun modo verificabile, se non ex post; in maniera analoga, in mancanza di
previsioni quantitative, il piano non pu essere opportunamente apprezzato in sede
preventiva, n successivamente verificata limplementazione.
Prima di affrontare le principali componenti del piano, si ritiene opportuno ribadire che
il principale obiettivo di un piano industriale quello di definire in che modo lazienda
intende accrescere il valore creato per gli azionisti.
Il valore per gli azionisti pu essere misurato attraverso lEVA (economic value added,
lindicatore elaborato dalla societ di consulenza Stern & Stuart), ovvero la differenza
tra NOPAT (net operating profit) e il costo del capitale medio ponderato del capitale
(WACC); tale indicatore di performance pu essere accresciuto da un esercizio allaltro
agendo, singolarmente o contemporaneamente sul risultato operativo, sul rendimento e
sul costo del capitale investito. Lutilizzo di una o pi alternative condizionato da diversi aspetti, tra cui landamento del ciclo economico, la fase del percorso strategico che
lazienda sta vivendo, la strategia realizzata e la sua efficacia, il livello di indebitamento
raggiunto, la competizione allinterno del settore di appartenenza, il livello di copertura
geografica, vincoli correlati allambiente sociale e regolamentare. Il piano industriale

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Il piano industriale

29

deve sempre esplicitare quali leve, tra quelle sopra indicate, il management intende utilizzare negli esercizi futuri per accrescere il valore dellimpresa. Nel lungo periodo, di
solito, la leva pi utilizzabile risiede nella capacit dellimpresa di mantenersi lungo un
percorso di crescita profittevole (realizzata in modo da accrescere lEVA). La possibilit
di manovra delle altre leve a disposizione del management , infatti, condizionata da alcuni vincoli strutturali piuttosto stringenti. Lincremento della redditivit operativa a parit di dimensione trova dei limiti nelle caratteristiche del settore e nellinterazione delle
forze competitive che agiscono al suo interno. Il ricorso, poi, allindebitamento per sfruttare il beneficio fiscale legato alla deducibilit degli interessi passivi non pu superare
certi limiti per non pregiudicare la flessibilit e la solvibilit aziendale.
Ci premesso, per assolvere pienamente le sue finalit, il piano industriale deve essere
elaborato in modo da rendere visibili tre grandi componenti, che vengono qui di seguito
approfondite.
La strategia realizzata e le intenzioni strategiche
Il piano industriale deve fornire innanzitutto una descrizione dellimpostazione strategica operante, della fase del ciclo di vita in cui limpresa si trova e delleventuale fabbisogno, o opportunit, di un rinnovamento della strategia derivante dalle minacce/opportunit dellambiente competitivo e/o dal confronto con i punti di forza e di debolezza dei concorrenti (benchmarking).
In tale contesto, la strategia realizzata identifica il posizionamento formatosi per effetto
delle scelte e delle azioni del passato, consolidatosi nel tempo a seguito del crearsi di
una struttura, di meccanismi operativi e di una cultura aziendale coerente. Il piano dovrebbe consentire di esplicitare il collegamento tra i risultati ottenuti nel passato e le
principali scelte strategiche effettuate e offrire una pi chiara illustrazione delle origini e
dei presupposti delle intenzioni strategiche della societ. Lanalisi dei nessi causali fra
scelte e risultati essenziale per individuare le leve gestionali e le relative metriche che
hanno avuto il maggior impatto sulle performance aziendali (cosiddetti key value driver
e key performance indicator) e verificare anche sul piano quantitativo la qualit della
strategia realizzata.
Questultima dovrebbe esplicitare almeno i seguenti punti: la strategia competitiva cor-

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Formulazione e presentazione della strategia

30

porate, la strategia competitiva perseguita e le performance realizzate in ogni ASA.


Le intenzioni strategiche rappresentano, invece, le scelte dichiarate del management relativamente al campo di attivit dellimpresa, alla crescita dimensionale da perseguire e
al ruolo che si intende rivestire nellarena competitiva. Nel piano industriale esse devono
essere descritte con un sufficiente livello di dettaglio cos da poter cogliere i cambiamenti che queste comportano nella strategia adottata, il loro grado di coerenza con il
fabbisogno/opportunit di rinnovamento e i risultati attesi cui condurranno.
Le intenzioni strategiche, in altre parole, identificano linsieme di azioni con cui la societ intende offrire prodotti o servizi massimizzando il valore creato per gli azionisti;
tali azioni sono in costante cambiamento in funzione dei risultati raggiunti, degli scenari
competitivi e degli errori eventualmente commessi.
Le intenzioni strategiche devono specificare le scelte corporate e le scelte a livello di
ASA.
A livello corporate occorre esplicitare:
-

le scelte in termini di ASA in cui limpresa intende operare e leventuale uscita


ovvero entrata in nuove ASA;

il ruolo assegnato, nellambito del processo di creazione di valore, a ciascuna


ASA (segnalando casi in cui il valore creato da alcune aree di affari servono a
sussidiare altre in fase di start-up o di turnaround);

il criterio di allocazione delle risorse finanziarie e umane disponibili, le sinergie


realizzate e quelle stimate fra le ASA.

Le intenzioni strategiche corporate dovrebbero tendere a trovare un equilibrio


nellimpresa nel suo complesso; opportuno che il management analizzi costantemente,
attraverso il sistema di controllo di gestione il valore creato da ogni ASA che dovrebbe
rappresentare la base quantitativa per le decisioni relative alle aree in cui operare. Sebbene ci potrebbero essere una serie di motivi che possono indurre il management a operare in alcune ASA nonostante un EVA insoddisfacente, necessario comunque stabilire
le condizioni (temporali o di altro tipo) che potrebbero determinare il disinvestimento.
A livello di ASA, invece, le intenzioni strategiche devono definire:
-

il posizionamento dellimpresa lungo la catena del valore complessiva del settore


di riferimento, precisando, da un lato, quali attivit limpresa intende svolgere di-

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Il piano industriale

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rettamente e quali tramite terzi e, dallaltro, quanta parte del valore intende lasciare ai fornitori, distributori, clienti e outsourcer;
-

la configurazione del business model, evidenziandone gli eventuali elementi di


unicit e superiorit, rispetto ai modelli di business dei competitor, che determinano il vantaggio competitivo;

i target di clientela attuali e potenziali (specificando i segmenti che si preferisce


non servire) e il portafoglio prodotti/servizi/brand (indicandone lampiezza e le
caratteristiche) con cui si intende soddisfare le attese dei consumatori;

strategia di prezzo per i principali prodotti, servizi e/o brand;

le aree geografiche attuali e prospettiche in cui operare e, per ognuna di esse, i


canali distributivi attraverso cui verranno raggiunti i clienti target.

Le intenzioni strategiche devono anche sintetizzare la value proposition dellazienda,


rappresentata dalle motivazioni - espresse in termini di rapporto prezzo/beneficio - per
cui i clienti dovrebbero scegliere i prodotti/servizi della societ piuttosto che quelli dei
competitor. Una solida value proposition espressione di un vantaggio competitivo sostenibile. Unimpresa possiede un vantaggio competitivo se dimostra di avere (o di poter
creare) un divario tra valore e costo superiore in media a quello dei concorrenti e solo in
questo caso essa potr credibilmente ipotizzare performance di piano superiori a quelle
ottenute mediamente dai concorrenti, sia in termini di crescita sia in termini di redditivit.
Il vantaggio competitivo di una societ deriva:
-

dal modo con cui nel proprio modello di business le funzioni/processi si combinano e completano tra loro;

dai fattori critici di successo che vengono presidiati in ogni fase;

dalle risorse e competenze distintive di cui la societ dispone.

Se il vantaggio esistente non pu essere annullato in tempi brevi, allora si pu definire


sostenibile; nel medio e lungo termine, invece, difficile analizzare la sostenibilit del
vantaggio competitivo e ci costringe qualsiasi azienda a crearsi nel tempo una serie di
vantaggi competitivi temporanei.

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Formulazione e presentazione della strategia

32

Laction plan
Laction plan deve enunciare in termini sintetici le principali direttive tramite cui dare
attuazione al progetto strategico. Esso deve includere almeno i seguenti punti:
-

linsieme di azioni che consentono la realizzazione delle intenzioni strategiche,


con la specifica dellimpatto in termini economico-finanziari e della tempistica
stimata per limplementazione;

la descrizione degli investimenti che saranno realizzati, evidenziandone


lammontare, la tipologia, gli esercizi di riferimento e le voci patrimoniali su cui
andranno ad impattare;

limpatto organizzativo delle singole azioni in termini di modello di business,


struttura manageriale, organico aziendale, aree geografiche da coprire, canali distributivi e struttura commerciale;

gli eventuali interventi sul portafoglio prodotti/servizi/brand offerti alla clientela;

le azioni con le quali si intende realizzare un eventuale mutamento del target di


clientela da servire;

il sistema di responsabilit, ovvero lindicazione dei manager responsabili delle


azioni programmate;

le condizioni/vincoli che possono influenzare la realizzabilit delle azioni.

Il ruolo dellaction plan pertanto quello di dare concretezza e credibilit alle intenzioni
strategiche; quanto pi esso sar illustrato in maniera precisa e dettagliata, tanto pi risulter evidente che il management ha gi delineato le tappe principali per la realizzazione del quadro strategico.
Le ipotesi e i dati economico-finanziari prospettici
Qualsiasi piano industriale viene valutato sulla base delle ipotesi e delle prospettive economiche, patrimoniali e finanziarie connesse alle scelte strategiche.
Il piano industriale deve pertanto contenere un insieme di prospetti economici, patrimoniali e finanziari redatti in piena coerenza con le scelte strategiche e con laction plan,
con levidenziazione del contributo delle diverse aree strategiche di affari, dei canali distributivi, delle aree geografiche, delle tipologie di clienti, prodotti, servizi e/o brand al
raggiungimento degli obiettivi stabiliti.

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Il piano industriale

33

Devono inoltre essere indicate tutte le ipotesi relative ai key value driver e ai principali
dati previsionali, ovvero i criteri attraverso cui, partendo dalle intenzioni strategiche e
dallaction plan, la societ arrivata a definire, sulla base di un metodo rappresentativo
della logica economica aziendale gli obiettivi quantitativi che intende raggiungere negli
esercizi successivi.
In sintesi, un piano industriale deve indicare:
-

ipotesi di fondo riguardanti grandezze macroeconomiche (tasso di inflazione, tassi di cambio, ecc.);

le ipotesi alla base dello sviluppo dei ricavi per le ASA e per le variabili gestionali rilevanti;

le ipotesi alla base dei costi diretti per le ASA e per le variabili gestionali rilevanti;

le ipotesi alla base dei costi indiretti (ad esempio spese generali, costi di comunicazione, ammortamenti), degli oneri finanziari e della fiscalit;

le ipotesi alla base dellevoluzione del capitale investito, sia fisso sia circolante,
per ASA e per le variabili gestionali rilevanti;

le ipotesi alla base dellevoluzione della struttura finanziaria e della copertura


delleventuale fabbisogno finanziario generato dalla realizzazione dellaction
plan.

La formulazione delle ipotesi rappresenta una delle fasi pi importanti dellintero processo di elaborazione dei preventivi economico-finanziari: la qualit delle stime elaborate dipende essenzialmente dalla fondatezza delle assunzioni fatte. Lelaborazione delle
ipotesi di piano prende generalmente avvio dallanalisi dei dati storici relativi agli ultimi
tre esercizi.
Al fine di giustificare landamento dei margini economici, di particolare importanza appaiono:
-

lesistenza di valori percentuali relativamente costanti nel tempo (ad esempio


lincidenza dei costi operativi sul fatturato), la cui variazione nellorizzonte di
piano deve essere puntualmente motivata;

lindividuazione di trend registrati negli ultimi esercizi che proseguiranno negli


esercizi successivi;

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Formulazione e presentazione della strategia

34

lesistenza di azioni destinate ad avere degli effetti significativi sui valori percentuali prospettici, come, ad esempio, investimenti effettuati che non hanno ancora
espresso i loro effetti, integrazioni di societ acquisite, lingresso di nuove risorse umane, ecc.

Lelaborazione delle ipotesi, come gi accennato, dipender dal modello di business della societ e dal modello economico e di previsione utilizzato, che pu differire significativamente a seconda del settore di operativit.
Per le societ operanti nella grande distribuzione, ad esempio, si riscontra il prevalente
utilizzo di un modello economico di tipo bottom up, con unanalisi consuntiva e prospettica dei risultati reddituali e finanziari incentrata sullandamento dei punti di vendita e
sulla loro capacit di generare un margine che consenta di coprire i costi della struttura
centrale. Il metodo di rappresentazione della logica economica dovrebbe pertanto partire dal risultato della rete di negozi e dai possibili percorsi che ne assicurano un miglioramento.
In particolare, lattenzione al risultato di negozio implica:
-

lanalisi del margine commerciale, legato a fattori quali la politica di prezzo, il


mix di vendita, la politica degli sconti, la selezione dei fornitori;

lanalisi della resa, ossia del fatturato per metro quadro/lineare, che si collega a
variabili quali lubicazione dei punti di vendita, le loro caratteristiche, la loro attrattivit relativa, le azioni di merchandising, il livello di servizio assicurato al
cliente, lampiezza della gamma;

lanalisi dellincidenza dei costi fissi di gestione del punto di vendita, correlati
alla struttura della filiale, al presidio (metri quadri per dipendente), allaffitto
negoziato, alle politiche di selezione e gestione del personale e cos via.

Nel caso di una societ che lavora su commessa, la prassi seguita porta ad una costruzione del piano industriale basata sullanalisi del portafoglio commesse acquisite e sullo
sviluppo di ipotesi relative alla sua alimentazione. Per le commesse acquisite, gi parzialmente eseguite o da iniziare, tipicamente oggetto di preventivi ad hoc, possibile elaborare, per gli esercizi di piano, una previsione di ricavi, costi, margini e investimenti
caratterizzata da una elevata visibilit. Quanto alle commesse non ancora in portafoglio,
occorre formulare chiare ipotesi circa il numero, le caratteristiche, la scansione tempora-

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Il piano industriale

35

le e il valore di quelle che potrebbero essere acquisite e realizzate nel periodo di piano.
A tal fine particolarmente utile, da un lato, lanalisi del processo di acquisizione delle
commesse sperimentato dallazienda, dei suoi risultati passati e della sua maggiore o
minore competitivit a fronte delle diverse tipologie di commesse che potrebbero manifestarsi; dallaltro, lanalisi del mercato, in modo da stimare sia lammontare delle commesse che potrebbero essere appaltate nel mercato di riferimento della societ, sia le caratteristiche delle possibili societ aggiudicatarie.
Ancora diverso il caso di una societ che produce in serie per il magazzino (ad esempio societ che producono commodity, beni di largo consumo, articoli sportivi, ecc.). La
logica normalmente utilizzata nella strutturazione del piano in situazioni simili di tipo
top down e si fonda su assunzioni e convincimenti (eventualmente avallati da previsioni
rilasciate da istituti di ricerca accreditati) che il management ha maturato circa
landamento della domanda di mercato dei prodotti e/o servizi. Questo sicuramente il
passaggio pi delicato: occorre prestare la massima attenzione nel circoscrivere il reale
mercato di riferimento per lazienda sulla base di variabili quali larea geografica, la tipologia di clienti, il tipo di prodotto servizio e i canali distributivi. Se questa fase viene
svolta in maniera imprecisa si rischia di ottenere dati previsionali totalmente inattendibili.
Per concludere, importante che un piano industriale contenga tutte e tre le componenti,
in modo equilibrato, consentendo agli stakeholders interni ed esterni di acquisire le informazioni necessarie per comprendere il percorso strategico passato, presente e prospettico dellimpresa, potendone valutare i riflessi in termini di performance economicofinanziarie.
Tale circostanza trova riscontro in alcuni schemi di redazione suggeriti da autorevoli
fonti e guide di carattere professionale (Tabb. 3, 4 e 5) che, pur inquadrabili in eterogenei contesti operativi di riferimento, contemplano con modalit differenti la presenza
delle tre componenti fondamentali del piano industriale appena illustrate.

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Formulazione e presentazione della strategia

Tab. 3 Schema di riferimento suggerito da Borsa Italiana

1. Executive Summary
1.1. Il progetto strategico proposto
1.2. Le principali azioni realizzative
1.3. Sintesi dei principali dati finanziari attesi
2. La strategia realizzata
2.1. La strategia competitiva corporate
2.2. La strategia competitiva delle singole SBU
2.3. Evoluzione dei principali dati finanziari storici per SBU
3. Le intenzioni strategiche
3.1. Necessit e opportunit di un rinnovamento strategico
3.2. Le intenzioni strategiche a livello corporate
3.3. Le intenzioni strategiche a livello di SBU
4. LAction Plan
4.1. Azioni, tempistica, manager responsabili
4.2. Impatto economico-finanziario delle azioni
4.3. Investimenti e modalit di finanziamento
4.4. Impatto organizzativo
4.5. Condizioni e vincoli allimplementazione
5. Le ipotesi e i dati finanziari prospettici
5.1. Modello economico
5.2. Le ipotesi alla base delle previsioni economico-patrimoniali-finanziarie
5.3. I dati previsionali a confronto con i dati storici
5.4. Le direttrici di analisi dei risultati gestionali
5.5. Andamento dei key value driver
5.6. Analisi di sensitivit
5.7. Aspetti critici da evidenziare

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Il piano industriale

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Tab. 4 Schema di riferimento suggerito dal Consiglio Nazionale dei Dottori


Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDEC)
A - Parte generale consuntiva
1) Notizie generali
2) Produzione e mercato di riferimento
3) Struttura produttiva
4) Rapporti con il sistema creditizio
B - Parte analitica consuntiva
1) Andamento economico della gestione
2) Informazioni economiche
C - Parte previsionale
1) Programma di investimenti
2) Valutazione complessiva di un progetto

Tab. 5 Schema di riferimento sintetico suggerito da A.I.F.I. - Price Waterhouse


I.B.A.N.

1. Executive Summary
2. La Societ
3. I Prodotti/Servizi
4. L'Analisi del Settore
5. L'Analisi del Mercato
6. La Strategia di Marketing
7. La Struttura del management
8. Il Piano operativo
9. I capitali necessari
10. Le informazioni finanziarie

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Formulazione e presentazione della strategia

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6. Il piano economico e finanziario: schemi e logiche di elaborazione


A prescindere dal modello di riferimento utilizzato per la redazione del piano industriale, sempre necessario analizzare landamento passato dellazienda e valutare gli impatti della strategia in termini economici e finanziari. Il piano economico e finanziario si
basa sulla elaborazione di situazioni previsionali riferite allorizzonte strategico di riferimento, di natura sia economica che finanziaria. Le due dimensioni sono entrambe
fondamentali per valutare la congruit della strategia, i connessi risultati e la sostenibilit della stessa.
La redazione di un piano industriale richiede pertanto una adeguata formulazione del piano economico e finanziario, seguendo un ordino logico che preveda:
-

lanalisi storica dei principali aggregati e indicatori economici e finanziari;

lelaborazione del conto economico previsionale aziendale con esplicitazione


delle principali ipotesi strategiche e numeriche che supportano la previsione;

lelaborazione dello stato patrimoniale previsionale con esplicitazione delle principali ipotesi finanziarie e del piano degli investimenti;

una sintesi riepilogativa sullevoluzione attesa dei principali valori economici e


finanziari nel periodo previsionale di riferimento, sia in termini di valori e margini (fatturato, valore aggiunto, EBITDA, EBIT, capitale investito netto, posizione finanziaria netta, ecc.) che in termini di indicatori (ROI, ROE, leva finanziaria, capacit teorica di rimborso, incidenza oneri finanziari su EBITDA);

lidentificazione di un modello di programmazione e controllo legato alle logiche di pianificazione strategica e la rilevazione delle criticit riguardanti i processi di rilevazione per ottenere un sistema di reporting coerente con gli obiettivi
strategici.

Analisi storica dei principali aggregati e indicatori economici


Il primo passaggio fondamentale per una proiezione realistica dei risultati strategici aziendali lanalisi storica delle grandezze e degli indicatori economici.
Seguendo i pi consolidati e accreditati modelli di analisi di bilancio le principali grandezze di carattere economico possono essere ricavate seguendo uno schema di riclassificazione a valore aggiunto, che prevede il trattamento dei costi secondo il criterio della

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natura (acquisti, servizi, personale, ammortamenti, accantonamenti, ecc.), ed evidenzia


risultati intermedi con una importante funzione segnaletica per interpretare i risultati
dellazienda nel suo complesso, quali i seguenti:
-

fatturato, che esprime la capacit di penetrazione dellazienda in termini di volumi di vendita, costituendo un indicatore utile anche per comprendere il livello
dimensionale e la correlata complessit dellorganizzazione;

valore aggiunto, che corrisponde alla differenza tra il valore della produzione totale e quello dei consumi di fattori produttivi acquisiti da fornitori esterni;

EBITDA (Earning Before Interest Tax Depreciation and Amortizazion), che


rappresenta il margine reddituale ottenuto dallazienda senza considerare gli interessi, le imposte, le tasse, le svalutazioni e gli ammortamenti, e tende cos ad
escludere linfluenza delle politiche di bilancio;

EBIT (Earning Before Interest Tax Depreciation) il risultato della gestione operativa, e sconta anche i costi della gestione caratteristica relativi ad ammortamenti e accantonamenti;

oneri finanziari netti e imposte, che rappresentano rispettivamente il costo annuale del debito finanziario e il peso relativo al carico tributario;

utile netto, che misura il raggiungimento dellequilibrio economico complessivo


da parte dellazienda, comprendente sia le componenti tipiche della gestione ordinaria che i risultati relativi allarea finanziaria, straordinaria e fiscale.

Si ricorda che la forma espositiva per natura pu essere agevolmente collegata con lo
schema di conto economico civilistico predisposto in ottemperanza alle norme di legge
secondo le indicazioni della IV Direttiva CEE, basandosi anchesso sulla classificazione
dei costi per natura.
Dal punto di vista finanziario e patrimoniale, invece, lo schema che pu essere utilmente impiegato quello derivante da una riclassificazione di tipo gestionale, dove le grandezze principali da prendere in considerazione sono le seguenti:
-

gli investimenti della struttura operativa, rappresentati dal totale delle immobilizzazioni risultanti a bilancio, espressive dellammontare di impieghi fissi necessari per condurre il business;

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il capitale circolante netto operativo, ottenuto principalmente come somma algebrica delle principali poste correnti rappresentate da magazzino, crediti e debiti,
e ritenuto come indicatore delle risorse nette assorbite normalmente dal ciclo
operativo;

il capitale investito netto, ottenuto dalla somma algebrica delle due grandezze
sopra menzionate, indicativo del totale di finanza che lazienda deve tenere impegnata nel suo normale funzionamento e che necessita, come correlate fonti di
supporto, di capitale proprio o di debito finanziario verso lesterno descritte qui
di seguito;

il patrimonio netto, che rappresenta appunto lammontare di risorse che il proprietario o i soci hanno conferito allazienda, o in fase iniziale di costituzione o
tramite ritenzione di ricchezza creata con gli utili di esercizio;

la posizione finanziaria netta, che include tutti di debiti di natura finanziaria, siano essi di breve o di medio lungo termine, a cui lazienda deve far ricorso per
sostenere i suoi investimenti.

Partendo da tali grandezze, gi di per s espressive di importanti informazioni circa la


dimensione dellazienda e la sua attivit gestionale, sono stati poi elaborati alcuni indicatori, anche per favorire un confronto immediato tra le varie voci.
Gli indici di bilancio permettono infatti di individuare i punti critici da tenere sotto controllo e aiutano i responsabili della gestione a valutare landamento positivo o negativo
dellazienda.
Limitandosi ad indicare alcuni indici aventi una valenza informativa riguardante la redditivit dellazienda e la sostenibilit del debito finanziario si possono considerare i seguenti:
-

il ROI (return on investement), dato dal rapporto tra reddito operativo (EBIT) e
capitale investito netto, che esprime la capacit dellimpresa di produrre flussi di
redditivit nel suo business tipico a prescindere dal tipo di apporto finanziario
(capitale proprio e di terzi);

il ROE (return on equity) si ottiene considerando il reddito netto a numeratore e


il patrimonio netto a denominatore, e rappresenta la misura di incidenza dei flussi reddituali netti rapportati alle risorse finanziarie apportate dei soci.

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Gli indicatori che normalmente rivestono maggiore importanza per lanalisi finanziaria
sono invece:
-

il rapporto tra posizione finanziaria netta e patrimonio (PFN/PN), denominato leva finanziaria, che mette in evidenza il diverso contributo al supporto finanziario
tra il capitale dei soci e il capitale finanziario di terzi;

il rapporto tra posizione finanziaria netta e EBITDA (PFN/EBITDA), con cui


possibile valutare la sostenibilit del debito aziendale in base al cash flow lordo
prodotto dalla gestione;

il rapporto tra oneri finanziari e EBITDA con cui si misura la quota di ricchezza
lorda prodotto dallazienda consumata per remunerare il debito finanziario.

Nel contesto del piano industriale, le elaborazioni sopra indicate possono condurre ad
una sintetica rappresentazione delle dinamiche economiche e finanziarie consuntive e
dei relativi indicatori, come mostrato nella tavole seguente.
Tab. 6 Analisi consuntiva delle principali grandezze economiche e finanziarie
dellazienda

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Formulazione e presentazione della strategia

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Considerando tali risultati consuntivi, pu essere utile apprezzare la capacit


dellazienda di creare valore utilizzando lindicatore EVA con riferimento allesercizio
T, coincidente con il momento della pianificazione del nuovo assetto strategico. Tale
indicatore calcolato attingendo i dati dalla sintesi sopra riportata e considerando i seguenti elementi:
- NOPAT, approssimato dalla differenza tra EBIT (218 000) e le imposte (pari a 99
000), pari a 119 000;
- capitale investito netto (CIN), pari a 11.851 000;
- costo del capitale di debito, approssimato dal rapporto tra oneri finanziari netti (308
000) e posizione finanziaria netta (8.421 000), pari al 3,7%;
- costo del capitale proprio, stimato in misura pari al 6%, considerata la bassa rischiosit
del settore.
A partire da questi valori, si ottengono cos le due componenti fondamentali per il calcolo dellindicatore:
- il rendimento del capitale investito (dato dal rapporto tra NOPAT e CIN) pari al
2,7%;
- il costo medio ponderato del capitale investito, rappresentato dal WACC invece pari
a 4,3% (dato dalla seguente espressione: 6% x 3.430 000/11.851 000 + 3,7% x
8.421/11.851).
Ne deriva che lEVA%, dato dalla differenza tra NOPAT/CIN WACC negativo, pari
a -1,7%, denotando una situazione in cui limpresa non riesce a creare valore per gli azionisti.
Elaborazione del conto economico previsionale
Nella costruzione dei valori previsionali va seguita una priorit logica che inizia con la
costruzione del conto economico previsionale sulla base di ipotesi strategiche e operative, da cui si fanno poi derivare gli andamenti della liquidit e della posizione finanziaria
netta, dopo lesplicitazione delle ipotesi finanziarie.
Anche il conto economico previsionale pu essere utilmente impostato secondo uno
schema a valore aggiunto, con costi classificati per natura, che lo rende utile alle seguenti finalit:

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misurare limpatto dellevoluzione prevista del fatturato su grandezze fondamentali aventi una forte valenza segnaletica sia per limprenditore che per gli interlocutori finanziari esterni (banche, fondi di pivate equity, ecc.);

valutare la qualit della strategia in relazione ai risultati economici conseguibili;

evidenziare dei valori di riferimento di pianificazione rispetto ai quali misurare


con cadenza annuale il raggiungimento degli obiettivi strategici, in corrispondenza della predisposizione del bilancio di esercizio;

effettuare comparazioni di benchmark con i competitor del settore sui principali


aggregati economici.

Il conto economico previsionale si basa sulla proiezione dei ricavi e dei costi aziendali
per lorizzonte di pianificazione, formulati sulla base delle intenzioni strategiche espresse.
La componente principale dei ricavi rappresentata dal fatturato, la cui evoluzione deve
essere attentamente valutata. In questa fase incidono sicuramente il tipo di attivit svolta
e il settore a cui appartiene lazienda (es. societ operanti nella grande distribuzione, societ che operano su commessa, societ che producono per il magazzino) oltre che
lassetto strategico espresso in termini di configurazioni di ASA..
Laltra fase cruciale della predisposizione del piano economico la previsione dei costi.
Se a livello espositivo generale i costi vengono evidenziati per natura (acquisti,consumi,
servizi, personale, ammortamenti) ai fini dellanalisi e della previsione dei costi necessario indagarli secondo il criterio della destinazione, cio capire a quali dimensioni
economiche, produttive e strategiche sono correlati i costi sostenuti e da sostenere.
Il primo livello che impatta nella destinazione dei costi lafferenza degli stessi ai macro-processi che vengono svolti nellimpresa, quali tipicamente i seguenti (distinguibili
in processi primari e processi di supporto):
-

processo produttivo (primario), che consente di prevedere costi per acquisto materie prime, per servizi produttivi, per personale impiegato nei processi di trasformazione, i costi per ammortamenti dei macchinari industriali, ecc;

processo commerciale e di marketing (primario), attraverso il quale si prevedono


i costi della struttura commerciale, delle provvigioni per agenti, delle fiere,
dellattivit promo-pubblicitaria, ecc.;

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processo logistico (primario), che motiva i costi di trasporto, i costi del personale
impegnato nellattivit di magazzinaggio e di spedizione, i costi per ammortamenti di automezzi di spedizione e di consegna, ecc.;

processo di amministrazione, direzione generale e struttura (supporto), riconducibili ai compensi per amministratori e sindaci, agli stipendi del personale amministrativo, agli ammortamenti per le macchine calcolatrici, ecc..

Un secondo livello che riguarda la destinazione dei costi la caratterizzazione


dellazienda come monobusiness o multibusiness. Se limpresa strutturata in pi ASA,
i costi relativi ai processi produttivi primari devono essere analizzati e previsti in modo
distinto per ogni singola area strategica di affari, in modo da poter ottenere tanti conti
economici quante sono le linee di business aziendali.
Dovendo studiare e prevedere il comportamento necessario dunque tenere in considerazione queste due dimensioni, che andranno incrociate secondo la logica che si ritiene
pi coerente con le caratteristiche produttive dellazienda e con la strategia perseguita.
Sulla base di questo modello possibile prevedere i costi operativi totali in relazione ai
macro-processi aziendali e addivenire ad una previsione, da dettagliare sulla base di ipotesi strategiche e numeriche, dellEBITDA e dellEBIT.
Rimane infine da stimare il costo per oneri finanziari e il costo per imposte, che dipenderanno, rispettivamente, dalla previsione circa lammontare della posizione finanziaria
netta e dalla stima prospettica del carico tributario da sostenere in relazione ai risultati di
esercizio.
A titolo esemplificativo, ipotizzando un periodo di previsione triennale, il modello di
conto economico previsionale potrebbe essere rappresentato nella forma seguente (Tab.
7).

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Tab. 7 Conto economico previsionale

Elaborazione dello stato patrimoniale previsionale


La seconda importante dimensione da analizzare per valutare adeguatamente la strategia
aziendale quella finanziaria, le cui determinanti fondamentali in ottica prospettiva sono
le seguenti:
-

la struttura finanziaria esistente, che incorpora le decisioni di investimento e finanziamento gi prese ma che hanno effetti sul futuro (es. mutui e leasing gi in
essere);

le decisioni economiche da intraprendere, che attengono gli investimenti da effettuare, i costi e i risultati reddituali attesi connessi al riposizionamento strategico;

le decisioni finanziarie future, cio la previsione del modo in cui si intende coprire i fabbisogni della evoluzione della struttura aziendale.

Anche ai fini previsionali pu essere utile adottare il modello di stato patrimoniale riclassificato secondo il criterio gestionale che, come gi detto, consente di evidenziare
grandezze fondamentali quali:
-

investimenti strutturali, che in fase previsionale risentiranno, da un lato, del processo di ammortamento dei cespiti e delle immobilizzazioni gi acquisite e,
dallaltro, dai nuovi investimenti previsti dal piano industriale;

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capitale circolante netto, il cui andamento dipender principalmente dalle ipotesi


formulate circa levoluzione dei tempi di incasso, di pagamento e dalla stima dei
giorni di rotazione del magazzino;

patrimonio, che subir variazioni incrementative principalmente per effetto degli


eventuali utili conseguiti e non distribuiti, e variazioni negative in caso di perdite
o distribuzione di dividendi;

posizione finanziaria netta, la cui evoluzione sar la risultante complessiva dei


flussi di cassa prodotti e assorbiti dalla gestione aziendale, tenendo conto degli
investimenti, dei ritorni e del regolare ammortamento dei debiti finanziari a medio-lungo termine.

A titolo esemplificativo, ipotizzando un periodo di previsione triennale, il modello di


conto economico previsionale potrebbe essere rappresentato nella forma seguente (Tab.
8).
Tab. 8 Stato patrimoniale previsionale

Riepilogando le principali grandezze economiche e finanziarie previsionali in forma sintetica si pu ottenere lo schema presentato nella tabella seguente (Tab. 9).

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Tab. 9 Riepilogo delle principali grandezze economiche e finanziarie previsionali

Applicando le stesse logiche e metodologie di calcolo gi illustrate precedentemente,


con tali valori pu essere misurata la capacit prospettica dellazienda di creare valore
aggiunto economico in termini di EVA %, come riportati nella tabella seguente (Tab.
10).

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Tab. 10 Calcolo e andamento prospettico dellEVA

Il prospetto rende evidente il forte miglioramento dellazienda nella sua capacit di creare valore aggiunto economico, che passa dal -0,4% del tempo T + 1 al + 1,6% del
tempo T + 3, dimostrando cos la sostenibilit e il successo economico-finanziario
connesso alle intenzioni strategiche espresse nel piano industriale.

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7. Principali riferimenti bibliografici


A.I.F.I.-Price Waterhouse Coopers I.B.A.N., Guida al business plan, Ottobre 2002
Borsa Italiana, Guida al piano industriale, Luglio 2003
Cavazzoni G. (a cura di), Elementi di economia aziendale, Giappichelli, Torino, 2002
Cavazzoni G., Il sistema di controllo di gestione, Giappichelli, Torino, 2004
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDEC), Linee guida alla redazione del business plan, Maggio 2011
Invernizzi G., Strategia aziendale e vantaggio competitivo, McGraw-Hill, Milano, 2008
Mazzola P., Il piano industriale. Progettare e comunicare le strategie di impresa, Egea,
Milano, 2003
Montgomery C.A., Il ritorno della strategia, Rizzoli Etas, Milano, 2012
Pellicelli G., Strategia, Il Sole 24 Ore Bocconi Editore La Repubblica, Vol. n. 3,
2002
Ricciardi A., Lorientamento, la gestione e la pianificazione strategica dellimpresa, in
Fabbrini G., Montrone A., Economia Aziendale. I fondamenti della disciplina, Volume I, Franco Angeli, Milano, 2006
Terzani S., Lineamenti di pianificazione e controllo, CEDAM, Padova, 1998

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