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A cura di:
Prof. Andrea Cardoni
Dipartimento di Discipline Giuridiche ed Aziendali
Sommario
1. Premessa ...................................................................................................................1
2. Il piano industriale: aspetti introduttivi e definitori..................................................1
3. Le finalit e i contesti di redazione del piano industriale .........................................4
4. Il piano industriale come strumento di gestione strategica ....................................13
5. Le principali componenti del piano industriale ......................................................28
6. Il piano economico e finanziario: schemi e logiche di elaborazione......................38
7. Principali riferimenti bibliografici..........................................................................49
Il piano industriale
1. Premessa
La presente dispensa rappresenta un supporto didattico per il corso di Strategia e Politica
Aziendale tenuto alla Facolt di Economia dellUniversit degli Studi di Perugia.
In essa vengono illustrati, in particolare, i principali elementi concettuali e di contenuto
riferiti alla tematica del piano industriale, considerato e interpretato come insostituibile
strumento di formulazione e presentazione della strategia aziendale.
La dispensa ha utilizzato come fonti bibliografiche i principali testi di letteratura economico-aziendale e taluni riferimenti manualistici maturati in ambito professionale, ed ha
come principale scopo quello di coadiuvare gli studenti nello studio delle problematiche
di inquadramento e di redazione del piano industriale.
il termine business plan, nellaccezione italiana, sembra essere riservato a iniziative di start-up;
il piano industriale enfatizza gli aspetti reali dellattivit di impresa, considerando marginali le questioni di finanza;
il piano economico e finanziario mette in risalto gli aspetti numerici, dando per
assodata la strategia e lo scenario di riferimento.
In questa sede si decide di adottare il termine piano industriale per puntare laccento sulla necessaria completezza del documento, e considerando una ipotesi di azienda in funzionamento.
In una prospettiva generale, il piano industriale pu essere considerato come quello
strumento informativo e di controllo che, partendo dalle caratteristiche strutturali e produttive dellazienda, consente di:
esprimere i valori previsionali in un orizzonte di medio/lungo termine, evidenziando i riflessi delle strategie che la stessa intende perseguire;
favorire processi di benchmarking sulle performance economico-finanziarie attraverso il confronto con i principali competitors del settore;
identificare un modello di pianificazione strategica entro il quale inserire il sistema di programmazione e controllo (budgeting e reporting) che parta dagli obiettivi di lungo termine e tenga conto del business model che caratterizza
lazienda.
Nelle aziende caratterizzate da elevati livelli di complessit, con dimensioni mediograndi, il piano industriale riveste un ruolo vitale, risultando utile al management per la
rappresentazione della propria visione imprenditoriale, permettendo ai componenti del
consiglio di amministrazione di svolgere appieno il ruolo di indirizzo e controllo della
societ e consentendo allimpresa di attirare risorse, umane e finanziarie, necessarie alla
realizzazione del piano di azione (c.d. action plan). In questo contesto, sovente caratterizzato da una base azionaria non coincidente con lorgano strategico-direzionale, il
Il piano industriale
principale obiettivo del piano quello di definire in che modo lazienda intende accrescere il valore creato per gli azionisti, essendo strutturato in modo da permettere:
-
la creazione di una guida per la gestione dellattivit aziendale. Il piano industriale, e pi propriamente laction plan, rappresenta uno strumento che guida le
principali scelte operative, quali: i) lentrata in nuovi mercati, ii) lintroduzione
di nuovi prodotti e servizi, iii) lutilizzo di nuovi canali distributivi, iv)
lampliamento del portafoglio clienti e il reperimento di tutte le risorse - finanziarie, umane, organizzative e tecnologiche - necessarie allimplementazione degli obiettivi strategici;
lo sviluppo di un processo di apprendimento. Il processo di strutturazione del piano diventa uno strumento che consente di verificare la qualit di certe intuizioni
manageriali e imprenditoriali, contenendo cos i correlati rischi. Infatti, la redazione del piano industriale implica di solito un processo di learning by doing che
porta ad un progressivo affinamento e dunque lelaborazione di successive versioni allinterno di un percorso iterativo: gli assunti errati, le aree di debolezza e
le incoerenze sono cos progressivamente corretti, mentre gli stimoli e le intuizioni derivanti dallesame delle prime versioni di piano vengono recepiti, integrando e migliorando il progetto strategico originale. Si realizza cos un processo di learning by doing coerente con un approccio alla gestione strategica;
motivazioni riferite alla volont/necessit dellimpresa stessa di redigere il documento, andando poi a distinguere se tale redazione avvenga per finalit interne
o esterne;
motivazioni riferite allesigenza di terzi di conoscere il percorso strategico aziendale e di valutare in termini previsionali i riflessi delle strategie sulle performance e sugli equilibri economico-finanziari.
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Applicando la griglia di criteri appena considerati, possibile delineare il seguente quadro di riferimento.
Motivazioni legate alla volont/necessit dellimpresa
In questo primo ambito, le logiche e i contesti di redazione del piano industriale possono
essere ulteriormente distinti a seconda dei fini per i quali il documento viene elaborato.
Tali fini possono essere:
a) di carattere interno, legati a:
1) start-up dellimpresa;
2) esigenze di pianificazione e controllo dello sviluppo aziendale;
3) definizione di un piano di incentivi per i manager.
b) di carattere esterno, connessi alle seguenti circostanze:
1) partecipazioni a gare;
2) piani di ristrutturazione;
3) valutazione degli elementi dellattivo ;
4) procedimenti di quotazione (initial public offering - IPO);
5) operazioni straordinarie.
Nel caso a) 1 (start-up) ci si trova in una fase in cui viene sviluppata una nuova idea
dimpresa (business idea), che vede come primo passo fondamentale il recepimento di
un bisogno insoddisfatto o soddisfatto solo parzialmente da una offerta di prodotti/servizi. Il passo immediatamente successivo rappresentato dallanalisi strategica della concorrenza esistente e potenziale, che consiste nel chiedersi se al momento sul mercato vi siano gi imprese che svolgano una medesima attivit o che potrebbero accorpare, senza grandi difficolt, la nuova offerta di prodotti/servizi.
I motivi da cui pu originare una idea di business possono essere diversi e sono riconducibili a:
-
i soci/collaboratori da coinvolgere;
lassenza di una storia, che condiziona i rapporti con il mercato e con le banche;
Nel caso a) 2 (pianificazione e controllo) il piano industriale lo strumento con il quale il management esplicita e formalizza la sua attivit di gestione strategica, potendo cos ottenere una serie di importanti risultati conoscitivi e condizioni di controllo, quali:
-
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analisi della relazione tra i driver del valore e la redditivit attesa del business;
condivisione degli obiettivi strategici con la struttura organizzativa e impostazione del sistema di programmazione e controllo per lindirizzo dellattivit aziendale.
Tale finalit va considerata come quella che maggiormente rispecchia la filosofia del piano industriale come strumento per la formulazione e la presentazione della strategia.
Un documento concepito e realizzato in tale prospettiva si presenta molto completo e in
grado di soddisfare ulteriori e differenti finalit informative che potrebbero presentarsi
in altri contesti. E per tale motivo che ai contenuti e alle modalit di redazione del piano industriale come strumento di gestione strategica verranno dedicati i paragrafi successivi
Nel caso a) 3 (definizione di un piano di incentivi per i manager) si fa riferimento alle grandi realt aziendali dotate di una tecnostruttura manageriale, il cui ruolo viene ritenuto sempre pi strategico nellambito di processi di creazione di valore dellimpresa. In
tali situazioni il piano industriale pu costituire il presupposto indispensabile per definire un piano di incentivi a favore del management aziendale, attraverso il quale viene redistribuita ai dirigenti una parte del valore che gli stessi hanno contribuito a creare.
Nel caso b) 1 (partecipazione a gare) si possono citare una serie di interventi legislativi
nei quali viene richiesta la redazione del piano industriale. Tali formulazioni, riportate a
titolo esemplificativo, si riferiscono a:
- appalti pubblici di opere
Lart. 143 Decreto Legislativo 12 Aprile 2006, n. 163 (gara per la concessione dei lavori pubblici) disciplina quanto segue:
Lofferta e il contratto devono contenere il piano economico-finanziario di copertura degli investimenti e
della connessa gestione per tutto larco temporale prescelto e devono prevedere la specificazione del valore residuo al netto degli ammortamenti annuali, nonch leventuale valore residuo dellinvestimento non
ammortizzato al termine della concessione
1.La Regione adotta una Convenzione tipo e relativa disciplina per regolare i rapporti tra gli enti locali .
ed i soggetti gestori dei servizi idrici integrati e ..
2.La Convenzione prevede, in particolare:
a)
b) lobbligo del raggiungimento dellequilibrio economico e finanziario della gestione;
c)
d) i criteri per la redazione del piano economico e finanziario per la gestione integrata del servizio
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Nel caso b) 5 (operazioni straordinarie) lesigenza di predisporre un documento previsionale di carattere strategico deriva dallart 2501 bis, che regola le fusioni a seguito di
acquisizione con indebitamento, prevedendo ad un successivo articolo (Art. 2501 quinquies) che la relazione degli amministratori indichi le ragioni che giustificano
loperazione contenga un piano economico e finanziario con lindicazione della fonte
delle risorse finanziarie e la descrizione degli obiettivi che si intende raggiungere.
Motivazioni legate ad esigenze conoscitive esterne
In questo ambito, i contesti in cui si fa presente la necessit di strutturare un piano industriale sono riconnessi principalmente ai fabbisogni informativi e professionali di:
1) investitori istituzionali per la valutazione di un investimento equity;
2) finanziatori dellimpresa con capitale di debito;
3) professionisti
nellambito
dellapplicazione
di
procedimenti
valutativi
dellimpresa.
Nel caso sub 1) (investitori istituzionali per la valutazione di un investimento equity) va considerato che l accelerazione delle operazioni di acquisto del capitale di rischio ha favorito la diffusione di modelli di valutazione delle imprese in funzionamento
semplificate quali, in particolare, il metodo empirico dei moltiplicatori. Tale modello
semplifica e rende di facile applicazione il procedimento valutativo, ma non agevola il
compito dellinvestitore istituzionale sulla qualit/fattibilit dellinvestimento. Se si adotta, infatti, un moltiplicatore di mercato riferito ad un indicatore di performance
dellimpresa (quale potrebbe essere ad esempio: fatturato, redditi, dividendi, EBITDA)
necessario valutare la dinamica nel tempo di quel particolare fondamentale e osservarne
levoluzione futura disponendo di un piano industriale.
Nel caso sub 2) (finanziatori dellimpresa con capitale di debito) lesigenza viene espressa dai tradizionali interlocutori del sistema bancario e finanziario che, nel valutare
le possibilit di affidamento e di concessione del credito, intendono accertare la solvibilit dellimpresa verificando le condizioni di sussistenza dellequilibrio finanziario nel
breve e lungo termine. A questo fine il piano si pone come strumento fondamentale per
fornire a tali interlocutori le informazioni sulla capacit strutturale dellimpresa di rimborsare i finanziamenti contratti e da contrarre e per consentire una analisi di bancabili-
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rapporto tra oneri finanziari / EBITDA, che misura lincidenza del costo del debito sul margine operativo lordo.
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Fig. 1 Le funzioni del piano industriale in relazione ai differenti contesti e prospettive di redazione
Se il documento viene redatto nella prospettiva del professionista esterno al fine di supportare i procedimenti valutativi o previsionali utilizzati in atti e perizie che maturano in
contesti giuridici e contrattuali, il piano industriale rappresenta uno strumento con una
significativa valenza formale. Si tratta di una prospettiva che facile riscontrare nelle
vicende di cessione quote o operazioni straordinarie che riguardano una PMI.
Nel caso in cui il piano viene elaborato dalla grande azienda che si pone in una prospettiva esterna e intende rendere visibile il suo percorso strategico agli stakeholders, il documento pu assumere la veste di strumento di comunicazione.
Se invece il piano viene utilizzato con prevalente finalit interna, con una forte valenza
sostanziale, principalmente legata alla necessit di rendere misurabili ed oggettivi gli obiettivi per guidare la gestione e monitorarne tempestivamente i risultati, esso si configura come insostituibile strumento di pianificazione e controllo.
Infine, qualora il piano venga vissuto come momento fondamentale di elaborazione e
formulazione della strategia da parte del management aziendale, fatto che tipicamente
avviene nella grande impresa complessa dotata di tecnostruttura manageriale, lo stesso
diventa a tutti gli effetti uno strumento di gestione strategica.
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caratterizza molte PMI, la cui gestione operativa viene condotta senza un disegno programmatico di ampio respiro e ricorrendo a modelli operativi di tipo ripetitivo; la gestione tende a identificarsi con le routine organizzative e si rinuncia ad intravvedere possibilit di cambiamento. Tuttavia, in presenza di eventi imprevisti, le routine organizzative si mostrano inadeguate a fronteggiare le emergenze che possono arrivare a determinare fenomeni di crisi.
Molto diverso il caso delle aziende che manifestano un atteggiamento anticipatorio e
attivo nei confronti dello sviluppo degli eventi. Queste aziende sono di norma caratterizzate da una media e grande dimensione e agiscono con prospettive di pi lunga durata,
attraverso la formulazione di piani strategici.
ambiente, che alla base della definizione dello scenario strategico, non di tipo adattivo o reattivo, ma tende ad essere innovativo e a scardinare le regole del gioco vigenti sia
in campo competitivo che sociale.
Adottare questo tipo di approccio significa implementare, in modo convinto ed esplicito,
dei processi di gestione strategica, finalizzati ad analizzare costantemente lambiente esterno, valutandone i rischi e le opportunit che vi provengono, osservare le logiche di
gestione interna e il proprio modello di business al fine di individuarne punti di forza e
di debolezza e infine delineare la strategia pi opportuna per raggiungere il successo aziendale.
Se dal punto di vista operativo i processi di gestione strategica tendono a seguire la logica sopra menzionata (analisi dellambiente esterno, analisi dellambiente interno e formulazione della strategia), molto pi discussa linterpretazione circa i differenti significati attribuiti al termine. Nella prospettiva teorica, infatti, sono stati notevoli gli approfondimenti effettuati sul significato della gestione strategica di una impresa, su come
viene valutata la strategia realizzata, su come si definisca la strategia intenzionale e su
quali siano le altre attivit rilevanti nel processo di gestione strategica.
Nella tradizione harvardiana (tra i principali autori possibile citare Andrews e Ansoff)
il processo di gestione strategica di tipo analitico-razionale nella fase di formulazione e
anche in quella di realizzazione (intesa essenzialmente come fase di progettazione e realizzazione di una struttura organizzativa, in senso lato, logicamente conseguente alle
scelte di strategia). Tale impostazione decisamente top-down e si basa su unipotesi di
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individuare quali risorse e competenze possieda lorganizzazione e come possano costituire dei vantaggi nello sfruttare le nuove opportunit.
Lanalisi strategica ruota intorno a tre grandi concetti, rappresentati da ambiente, risorse
e competenze e si articola nelle sotto-fasi approfondite qui di seguito.
1. Definizione della mission dellimpresa e dei principali obiettivi di lungo termine
Ogni processo di gestione strategica parte dalla definizione della mission e dei grandi
obiettivi che limpresa intende raggiungere. La mission unenunciazione molto ampia
degli scopi che limpresa persegue e generalmente individua grandi aree di attivit nel
campo economico e sociale.
La mission deve:
-
contenere lindicazione degli obiettivi attraverso i quali la mission stessa pu essere raggiunta;
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tura ha suggerito diversi strumenti di analisi, tra i quali la PEST analysis e lanalisi delle
attese degli stakeholders.
2.a.1. - Analisi delle grandi variabili
Per individuare quali variabili dellambiente esterno abbiano il maggior impatto sul futuro di unimpresa la tecnica di analisi pi nota la PEST analysis, che analizza le variabili della Politica, dellEconomia, della Societ e della Tecnologia. Nella scelta delle variabili e nella loro interpretazione molto dipende dalla natura del settore, dalla struttura
della concorrenza, dalle strategie adottate e dalle capacit del management.
Limpresa deve capire come le variabili principali dellambiente possono agire sul futuro del business, come cambiano e come interagiscono luna con laltra. Va infatti ricordato che le variabili non sono entit separate, ma interdipendenti: ad esempio, una importante processo di innovazione pu mettere in crisi una parte delleconomia, pu creare disoccupazione, tensioni sociali e spingere il governo a varare nuove leggi in materia
di mobilit del lavoro da un lato, e nuove discipline della concorrenza dallaltro.
Per citare a titolo esemplificativo le problematiche che possibile approfondire nelle varie sezioni possiamo ricordare:
-
tra le variabili della Politica: stabilit del governo, pressione fiscale, protezione
dellambiente, deregulation, privatizzazione, barriere allo scambio internazionale, ecc.;
tra le variabili dellEconomia: prodotto interno lordo (PIL), consumi privati, inflazione, salari/costo del lavoro, intervento dello Stato nelleconomia, ecc.;
tra le variabili della Societ/cultura: demografia, stili di vita, sensibilit alla difesa dellambiente, attitudini verso il lavoro e limprenditorialit, valori della tradizione, ecc.;
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Interesse principale
Azionista
Dividendi; aumento del valore di mercato degli investimenti in azioni; pagamenti dei dividendi;
partnership
Management
Altri collaboratori
Consumatori
Distributori
Fornitori
Finanziatori
Governo
alle
esportazioni;
difesa
dellambiente
Societ in generale
Responsabilit nei confronti della societ; gli obiettivi dellimpresa non dovrebbero essere in contrasto
con quelli della societ in generale
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di analisi si parte dal presupposto che un mercato, o un segmento al suo interno, passi
attraverso una successione di fasi, ciascuna delle quali abbia implicazioni sulle strategie
delle imprese e sulle condizioni della concorrenza. In una prima fase, definita embrionale, c scarsa domanda, pochi concorrenti, un ritmo di sviluppo delle vendite molto
rapido e un livello di redditivit crescente. In una seconda fase, disviluppo, i compratori crescono rapidamente, entrano nuovi concorrenti, le vendite si sviluppano molto e si
realizzano alti livelli di redditivit. Segue poi una fase di progressiva maturit, dove la
domanda prima diventa selettiva fino a saturarsi, la concorrenza elevata con un rischio
di possibili guerre di prezzi, le vendite rallentano e i margini diventano moderati. Infine si realizza una fase di declino, caratterizzata da un minor uso del prodotto,
labbandono di alcuni concorrenti, una distribuzione selettiva e un livello di redditivit
molto basso.
2.b.2. - Analisi delle forze competitive
Secondo questo famoso modello di analisi del settore elaborato da Porter nel 1980 la
configurazione strutturale di un dato settore viene a dipendere, in ogni istante, dal disporsi di cinque forze competitive , rappresentate da (Fig. 2):
-
La disposizione e linterazione delle cinque forze determinano lintensit delle dinamiche competitive allinterno di un settore con conseguenti riflessi sulla sua redditivit
strutturale, misurata dal livello di redditivit operativa. In particolare, la compressione
della redditivit media del settore determinata da:
-
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Quanto pi le caratteristiche del settore si allontanano da queste condizioni, tanto maggiore tende ad essere il livello della redditivit operativa media.
Fig. 2 Le cinque forze competitive
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Tale strumento nasce dallesigenza di interpretare limpresa, che e rimane una realt
unitaria, come un insieme di parti che producono ciascuna valore aggiunto
Partendo dalla fase di scambio con il mercato di approvvigionamento, nella quale si ricevono dai fornitori determinati fattori produttivi con il sostenimento dei relativi costi, la
catena del valore modellizza tutte le attivit che vengono svolte per arrivare a produrre
un bene/servizio che viene poi ceduto ai clienti ad un determinato prezzo, ritenuto espressivo del valore creato per il cliente stesso (Fig. 3).
Fig. 3 La catena del valore
il valore ci che il cliente disposto a pagare per quello che limpresa gli offre;
la differenza fra ci che il cliente paga e la somma dei costi sostenuti per generare il valore determina il margine (valore aggiunto);
le attivit generatrici del valore sono tra loro collegate, e tali collegamenti incidono sui costi e sul vantaggio competitivo;
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il livello della disagreggazione delle attivit dipende dal momento e dai contesti
dellanalisi e in ogni caso finalizzato alla individuazione del vantaggio competitivo.
Dal punto di vista concettuale e definitorio importante rimarcare la differenza tra risorse e competenze.
Le prime sono rappresentate da quei fattori produttivi a disposizione dellimpresa che
sono trasformati in beni utilizzando unampia gamma di attivit aziendali e meccanismi
organizzativi. Le stesse possono essere classificate in risorse tangibili, intangibili e risorse umane.
Le competenze sono invece le capacit dellimpresa di combinare e impiegare le proprie
risorse, utilizzando processi organizzativi e meccanismi culturali in vista del raggiungimento di determinati obiettivi, potendo essere distinte in competenze specialistiche e
competenze generali.
Levoluzione di questo approccio ha portato alla identificazione di una particolare classe
di competenze, rappresentate da quelle capacit operative che qualificano lidentit
dellimpresa rispetto a quella dei suoi concorrenti e che sono di rilevante importanza per
il successo competitivo nei settori e nei mercati in cui limpresa agisce, definite competenze distintive.
Seguendo questo modello interpretativo, lanalisi dellambiente interno punta, in primo
luogo, a identificare le risorse e le competenze distintive dellazienda, valutando succes-
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sivamente la presenza di alcuni caratteri fondamentali necessari per assicurare la sostenibilit del vantaggio competitivo, quali:
-
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nacce). La logica che lega tali dimensioni di analisi rappresentata nella figura che segue (fig. 4)
Fig. 4 SWOT analysis
Lanalisi SWOT sintetizza una delle metodologie utilizzabili per formulare una strategia
competitiva, offrendo alla direzione gli elementi necessari per elaborare le alternative
strategiche che poi verranno valutate.
Dal punto di vista metodologico e applicativo, una volta definita la mission e gli obiettivi di lungo termine dellazienda, lanalisi SWOT prevede:
-
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quale struttura organizzativa dare alle attivit dellimpresa? (gerarchica, divisionale, matriciale).
La strategia di ASA deve invece definire quelle scelte con le quali si stabilisce:
-
con quali criteri distribuire le risorse umane tra le varie funzioni aziendali (finanza, marketing, produzione, ricerca e sviluppo, ecc.).
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deve sempre esplicitare quali leve, tra quelle sopra indicate, il management intende utilizzare negli esercizi futuri per accrescere il valore dellimpresa. Nel lungo periodo, di
solito, la leva pi utilizzabile risiede nella capacit dellimpresa di mantenersi lungo un
percorso di crescita profittevole (realizzata in modo da accrescere lEVA). La possibilit
di manovra delle altre leve a disposizione del management , infatti, condizionata da alcuni vincoli strutturali piuttosto stringenti. Lincremento della redditivit operativa a parit di dimensione trova dei limiti nelle caratteristiche del settore e nellinterazione delle
forze competitive che agiscono al suo interno. Il ricorso, poi, allindebitamento per sfruttare il beneficio fiscale legato alla deducibilit degli interessi passivi non pu superare
certi limiti per non pregiudicare la flessibilit e la solvibilit aziendale.
Ci premesso, per assolvere pienamente le sue finalit, il piano industriale deve essere
elaborato in modo da rendere visibili tre grandi componenti, che vengono qui di seguito
approfondite.
La strategia realizzata e le intenzioni strategiche
Il piano industriale deve fornire innanzitutto una descrizione dellimpostazione strategica operante, della fase del ciclo di vita in cui limpresa si trova e delleventuale fabbisogno, o opportunit, di un rinnovamento della strategia derivante dalle minacce/opportunit dellambiente competitivo e/o dal confronto con i punti di forza e di debolezza dei concorrenti (benchmarking).
In tale contesto, la strategia realizzata identifica il posizionamento formatosi per effetto
delle scelte e delle azioni del passato, consolidatosi nel tempo a seguito del crearsi di
una struttura, di meccanismi operativi e di una cultura aziendale coerente. Il piano dovrebbe consentire di esplicitare il collegamento tra i risultati ottenuti nel passato e le
principali scelte strategiche effettuate e offrire una pi chiara illustrazione delle origini e
dei presupposti delle intenzioni strategiche della societ. Lanalisi dei nessi causali fra
scelte e risultati essenziale per individuare le leve gestionali e le relative metriche che
hanno avuto il maggior impatto sulle performance aziendali (cosiddetti key value driver
e key performance indicator) e verificare anche sul piano quantitativo la qualit della
strategia realizzata.
Questultima dovrebbe esplicitare almeno i seguenti punti: la strategia competitiva cor-
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rettamente e quali tramite terzi e, dallaltro, quanta parte del valore intende lasciare ai fornitori, distributori, clienti e outsourcer;
-
dal modo con cui nel proprio modello di business le funzioni/processi si combinano e completano tra loro;
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Laction plan
Laction plan deve enunciare in termini sintetici le principali direttive tramite cui dare
attuazione al progetto strategico. Esso deve includere almeno i seguenti punti:
-
Il ruolo dellaction plan pertanto quello di dare concretezza e credibilit alle intenzioni
strategiche; quanto pi esso sar illustrato in maniera precisa e dettagliata, tanto pi risulter evidente che il management ha gi delineato le tappe principali per la realizzazione del quadro strategico.
Le ipotesi e i dati economico-finanziari prospettici
Qualsiasi piano industriale viene valutato sulla base delle ipotesi e delle prospettive economiche, patrimoniali e finanziarie connesse alle scelte strategiche.
Il piano industriale deve pertanto contenere un insieme di prospetti economici, patrimoniali e finanziari redatti in piena coerenza con le scelte strategiche e con laction plan,
con levidenziazione del contributo delle diverse aree strategiche di affari, dei canali distributivi, delle aree geografiche, delle tipologie di clienti, prodotti, servizi e/o brand al
raggiungimento degli obiettivi stabiliti.
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Devono inoltre essere indicate tutte le ipotesi relative ai key value driver e ai principali
dati previsionali, ovvero i criteri attraverso cui, partendo dalle intenzioni strategiche e
dallaction plan, la societ arrivata a definire, sulla base di un metodo rappresentativo
della logica economica aziendale gli obiettivi quantitativi che intende raggiungere negli
esercizi successivi.
In sintesi, un piano industriale deve indicare:
-
ipotesi di fondo riguardanti grandezze macroeconomiche (tasso di inflazione, tassi di cambio, ecc.);
le ipotesi alla base dello sviluppo dei ricavi per le ASA e per le variabili gestionali rilevanti;
le ipotesi alla base dei costi diretti per le ASA e per le variabili gestionali rilevanti;
le ipotesi alla base dei costi indiretti (ad esempio spese generali, costi di comunicazione, ammortamenti), degli oneri finanziari e della fiscalit;
le ipotesi alla base dellevoluzione del capitale investito, sia fisso sia circolante,
per ASA e per le variabili gestionali rilevanti;
La formulazione delle ipotesi rappresenta una delle fasi pi importanti dellintero processo di elaborazione dei preventivi economico-finanziari: la qualit delle stime elaborate dipende essenzialmente dalla fondatezza delle assunzioni fatte. Lelaborazione delle
ipotesi di piano prende generalmente avvio dallanalisi dei dati storici relativi agli ultimi
tre esercizi.
Al fine di giustificare landamento dei margini economici, di particolare importanza appaiono:
-
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lesistenza di azioni destinate ad avere degli effetti significativi sui valori percentuali prospettici, come, ad esempio, investimenti effettuati che non hanno ancora
espresso i loro effetti, integrazioni di societ acquisite, lingresso di nuove risorse umane, ecc.
Lelaborazione delle ipotesi, come gi accennato, dipender dal modello di business della societ e dal modello economico e di previsione utilizzato, che pu differire significativamente a seconda del settore di operativit.
Per le societ operanti nella grande distribuzione, ad esempio, si riscontra il prevalente
utilizzo di un modello economico di tipo bottom up, con unanalisi consuntiva e prospettica dei risultati reddituali e finanziari incentrata sullandamento dei punti di vendita e
sulla loro capacit di generare un margine che consenta di coprire i costi della struttura
centrale. Il metodo di rappresentazione della logica economica dovrebbe pertanto partire dal risultato della rete di negozi e dai possibili percorsi che ne assicurano un miglioramento.
In particolare, lattenzione al risultato di negozio implica:
-
lanalisi della resa, ossia del fatturato per metro quadro/lineare, che si collega a
variabili quali lubicazione dei punti di vendita, le loro caratteristiche, la loro attrattivit relativa, le azioni di merchandising, il livello di servizio assicurato al
cliente, lampiezza della gamma;
lanalisi dellincidenza dei costi fissi di gestione del punto di vendita, correlati
alla struttura della filiale, al presidio (metri quadri per dipendente), allaffitto
negoziato, alle politiche di selezione e gestione del personale e cos via.
Nel caso di una societ che lavora su commessa, la prassi seguita porta ad una costruzione del piano industriale basata sullanalisi del portafoglio commesse acquisite e sullo
sviluppo di ipotesi relative alla sua alimentazione. Per le commesse acquisite, gi parzialmente eseguite o da iniziare, tipicamente oggetto di preventivi ad hoc, possibile elaborare, per gli esercizi di piano, una previsione di ricavi, costi, margini e investimenti
caratterizzata da una elevata visibilit. Quanto alle commesse non ancora in portafoglio,
occorre formulare chiare ipotesi circa il numero, le caratteristiche, la scansione tempora-
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le e il valore di quelle che potrebbero essere acquisite e realizzate nel periodo di piano.
A tal fine particolarmente utile, da un lato, lanalisi del processo di acquisizione delle
commesse sperimentato dallazienda, dei suoi risultati passati e della sua maggiore o
minore competitivit a fronte delle diverse tipologie di commesse che potrebbero manifestarsi; dallaltro, lanalisi del mercato, in modo da stimare sia lammontare delle commesse che potrebbero essere appaltate nel mercato di riferimento della societ, sia le caratteristiche delle possibili societ aggiudicatarie.
Ancora diverso il caso di una societ che produce in serie per il magazzino (ad esempio societ che producono commodity, beni di largo consumo, articoli sportivi, ecc.). La
logica normalmente utilizzata nella strutturazione del piano in situazioni simili di tipo
top down e si fonda su assunzioni e convincimenti (eventualmente avallati da previsioni
rilasciate da istituti di ricerca accreditati) che il management ha maturato circa
landamento della domanda di mercato dei prodotti e/o servizi. Questo sicuramente il
passaggio pi delicato: occorre prestare la massima attenzione nel circoscrivere il reale
mercato di riferimento per lazienda sulla base di variabili quali larea geografica, la tipologia di clienti, il tipo di prodotto servizio e i canali distributivi. Se questa fase viene
svolta in maniera imprecisa si rischia di ottenere dati previsionali totalmente inattendibili.
Per concludere, importante che un piano industriale contenga tutte e tre le componenti,
in modo equilibrato, consentendo agli stakeholders interni ed esterni di acquisire le informazioni necessarie per comprendere il percorso strategico passato, presente e prospettico dellimpresa, potendone valutare i riflessi in termini di performance economicofinanziarie.
Tale circostanza trova riscontro in alcuni schemi di redazione suggeriti da autorevoli
fonti e guide di carattere professionale (Tabb. 3, 4 e 5) che, pur inquadrabili in eterogenei contesti operativi di riferimento, contemplano con modalit differenti la presenza
delle tre componenti fondamentali del piano industriale appena illustrate.
1. Executive Summary
1.1. Il progetto strategico proposto
1.2. Le principali azioni realizzative
1.3. Sintesi dei principali dati finanziari attesi
2. La strategia realizzata
2.1. La strategia competitiva corporate
2.2. La strategia competitiva delle singole SBU
2.3. Evoluzione dei principali dati finanziari storici per SBU
3. Le intenzioni strategiche
3.1. Necessit e opportunit di un rinnovamento strategico
3.2. Le intenzioni strategiche a livello corporate
3.3. Le intenzioni strategiche a livello di SBU
4. LAction Plan
4.1. Azioni, tempistica, manager responsabili
4.2. Impatto economico-finanziario delle azioni
4.3. Investimenti e modalit di finanziamento
4.4. Impatto organizzativo
4.5. Condizioni e vincoli allimplementazione
5. Le ipotesi e i dati finanziari prospettici
5.1. Modello economico
5.2. Le ipotesi alla base delle previsioni economico-patrimoniali-finanziarie
5.3. I dati previsionali a confronto con i dati storici
5.4. Le direttrici di analisi dei risultati gestionali
5.5. Andamento dei key value driver
5.6. Analisi di sensitivit
5.7. Aspetti critici da evidenziare
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Il piano industriale
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1. Executive Summary
2. La Societ
3. I Prodotti/Servizi
4. L'Analisi del Settore
5. L'Analisi del Mercato
6. La Strategia di Marketing
7. La Struttura del management
8. Il Piano operativo
9. I capitali necessari
10. Le informazioni finanziarie
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lelaborazione dello stato patrimoniale previsionale con esplicitazione delle principali ipotesi finanziarie e del piano degli investimenti;
lidentificazione di un modello di programmazione e controllo legato alle logiche di pianificazione strategica e la rilevazione delle criticit riguardanti i processi di rilevazione per ottenere un sistema di reporting coerente con gli obiettivi
strategici.
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fatturato, che esprime la capacit di penetrazione dellazienda in termini di volumi di vendita, costituendo un indicatore utile anche per comprendere il livello
dimensionale e la correlata complessit dellorganizzazione;
valore aggiunto, che corrisponde alla differenza tra il valore della produzione totale e quello dei consumi di fattori produttivi acquisiti da fornitori esterni;
EBIT (Earning Before Interest Tax Depreciation) il risultato della gestione operativa, e sconta anche i costi della gestione caratteristica relativi ad ammortamenti e accantonamenti;
oneri finanziari netti e imposte, che rappresentano rispettivamente il costo annuale del debito finanziario e il peso relativo al carico tributario;
Si ricorda che la forma espositiva per natura pu essere agevolmente collegata con lo
schema di conto economico civilistico predisposto in ottemperanza alle norme di legge
secondo le indicazioni della IV Direttiva CEE, basandosi anchesso sulla classificazione
dei costi per natura.
Dal punto di vista finanziario e patrimoniale, invece, lo schema che pu essere utilmente impiegato quello derivante da una riclassificazione di tipo gestionale, dove le grandezze principali da prendere in considerazione sono le seguenti:
-
gli investimenti della struttura operativa, rappresentati dal totale delle immobilizzazioni risultanti a bilancio, espressive dellammontare di impieghi fissi necessari per condurre il business;
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il capitale circolante netto operativo, ottenuto principalmente come somma algebrica delle principali poste correnti rappresentate da magazzino, crediti e debiti,
e ritenuto come indicatore delle risorse nette assorbite normalmente dal ciclo
operativo;
il capitale investito netto, ottenuto dalla somma algebrica delle due grandezze
sopra menzionate, indicativo del totale di finanza che lazienda deve tenere impegnata nel suo normale funzionamento e che necessita, come correlate fonti di
supporto, di capitale proprio o di debito finanziario verso lesterno descritte qui
di seguito;
il patrimonio netto, che rappresenta appunto lammontare di risorse che il proprietario o i soci hanno conferito allazienda, o in fase iniziale di costituzione o
tramite ritenzione di ricchezza creata con gli utili di esercizio;
la posizione finanziaria netta, che include tutti di debiti di natura finanziaria, siano essi di breve o di medio lungo termine, a cui lazienda deve far ricorso per
sostenere i suoi investimenti.
il ROI (return on investement), dato dal rapporto tra reddito operativo (EBIT) e
capitale investito netto, che esprime la capacit dellimpresa di produrre flussi di
redditivit nel suo business tipico a prescindere dal tipo di apporto finanziario
(capitale proprio e di terzi);
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Gli indicatori che normalmente rivestono maggiore importanza per lanalisi finanziaria
sono invece:
-
il rapporto tra posizione finanziaria netta e patrimonio (PFN/PN), denominato leva finanziaria, che mette in evidenza il diverso contributo al supporto finanziario
tra il capitale dei soci e il capitale finanziario di terzi;
il rapporto tra oneri finanziari e EBITDA con cui si misura la quota di ricchezza
lorda prodotto dallazienda consumata per remunerare il debito finanziario.
Nel contesto del piano industriale, le elaborazioni sopra indicate possono condurre ad
una sintetica rappresentazione delle dinamiche economiche e finanziarie consuntive e
dei relativi indicatori, come mostrato nella tavole seguente.
Tab. 6 Analisi consuntiva delle principali grandezze economiche e finanziarie
dellazienda
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misurare limpatto dellevoluzione prevista del fatturato su grandezze fondamentali aventi una forte valenza segnaletica sia per limprenditore che per gli interlocutori finanziari esterni (banche, fondi di pivate equity, ecc.);
Il conto economico previsionale si basa sulla proiezione dei ricavi e dei costi aziendali
per lorizzonte di pianificazione, formulati sulla base delle intenzioni strategiche espresse.
La componente principale dei ricavi rappresentata dal fatturato, la cui evoluzione deve
essere attentamente valutata. In questa fase incidono sicuramente il tipo di attivit svolta
e il settore a cui appartiene lazienda (es. societ operanti nella grande distribuzione, societ che operano su commessa, societ che producono per il magazzino) oltre che
lassetto strategico espresso in termini di configurazioni di ASA..
Laltra fase cruciale della predisposizione del piano economico la previsione dei costi.
Se a livello espositivo generale i costi vengono evidenziati per natura (acquisti,consumi,
servizi, personale, ammortamenti) ai fini dellanalisi e della previsione dei costi necessario indagarli secondo il criterio della destinazione, cio capire a quali dimensioni
economiche, produttive e strategiche sono correlati i costi sostenuti e da sostenere.
Il primo livello che impatta nella destinazione dei costi lafferenza degli stessi ai macro-processi che vengono svolti nellimpresa, quali tipicamente i seguenti (distinguibili
in processi primari e processi di supporto):
-
processo produttivo (primario), che consente di prevedere costi per acquisto materie prime, per servizi produttivi, per personale impiegato nei processi di trasformazione, i costi per ammortamenti dei macchinari industriali, ecc;
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processo logistico (primario), che motiva i costi di trasporto, i costi del personale
impegnato nellattivit di magazzinaggio e di spedizione, i costi per ammortamenti di automezzi di spedizione e di consegna, ecc.;
processo di amministrazione, direzione generale e struttura (supporto), riconducibili ai compensi per amministratori e sindaci, agli stipendi del personale amministrativo, agli ammortamenti per le macchine calcolatrici, ecc..
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la struttura finanziaria esistente, che incorpora le decisioni di investimento e finanziamento gi prese ma che hanno effetti sul futuro (es. mutui e leasing gi in
essere);
le decisioni economiche da intraprendere, che attengono gli investimenti da effettuare, i costi e i risultati reddituali attesi connessi al riposizionamento strategico;
le decisioni finanziarie future, cio la previsione del modo in cui si intende coprire i fabbisogni della evoluzione della struttura aziendale.
Anche ai fini previsionali pu essere utile adottare il modello di stato patrimoniale riclassificato secondo il criterio gestionale che, come gi detto, consente di evidenziare
grandezze fondamentali quali:
-
investimenti strutturali, che in fase previsionale risentiranno, da un lato, del processo di ammortamento dei cespiti e delle immobilizzazioni gi acquisite e,
dallaltro, dai nuovi investimenti previsti dal piano industriale;
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Riepilogando le principali grandezze economiche e finanziarie previsionali in forma sintetica si pu ottenere lo schema presentato nella tabella seguente (Tab. 9).
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Il prospetto rende evidente il forte miglioramento dellazienda nella sua capacit di creare valore aggiunto economico, che passa dal -0,4% del tempo T + 1 al + 1,6% del
tempo T + 3, dimostrando cos la sostenibilit e il successo economico-finanziario
connesso alle intenzioni strategiche espresse nel piano industriale.
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