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Chiesa di Santa Sofia

La chiesa di Santa Sofia fu fondata dal duca Gisulfo II e completata da Arechi II, genero del Re Desiderio,
non appena divenne Duca di Benevento. Essa, costruita accanto ad una abbazia benedettina, fu portata a
termine nellanno 762, forse come Chiesa nazionale del popolo longobardo, e fu la pi ardita e fantasiosa
costruzione dellalto Medioevo. Arechi II vi annesse una comunit di suore, anch'esse benedettine,
incorporandola al Cenobio preesistente, ed intitol il tutto, pare su suggerimento di Paolo Diacono,
alla Santa Sofia, cio alla Santa Sapienza, a somiglianza del pi famoso tempio giustinianeo di
Costantinopoli. Questa abbazia, in seguito a donazioni e lasciti, divenne una delle pi potenti dellItalia
meridionale; essa raggiunse lapogeo nel secolo XII, non solo per la sua chiesa monumentale ma anche per il
suo "scriptorium" dove si us la scrittura beneventana divenuta famosa nel mondo. Santa Sofia ebbe cos
risonanza anche fuori dItalia ed un trovatore francese del XII secolo fa celebrare in essa le nozze di un Re.
Ma la storia ricorda, per fare solo qualche nome, che Santa Sofia vide la giovinezza dell'Abate Desiderio poi Papa Vittore III - precursore della gloria di Montecassino, il non meno celebre Paolo Diacono, Pontefici
(fra cui Onofrio II e Alessandro III) e Sovrani, come lImperatore Lotario ed il Re normanno Ruggero II. In
seguito, seguendo la sorte di quasi tutti i monasteri, decadde fino ad essere abbandonata dai Benedettini. La
chiesa di Santa Sofia si presenta come un edificio di eccezionale interesse nellambito dellarchitettura
europea del primo medioevo.Essa di modeste dimensioni, contenuta com' entro un circolo di soli metri
23,50 di diametro. Tutte le murature perimetrali sono di cm. 95 di spessore ed eseguite, sia allinterno che
allesterno, a file di mattoncini di cm. 3 di spessore intercalate da una fila di tufelli irregolarmente squadrati.
La pianta generale originalissima e del tutto nuova per lepoca, non derivata da esempi romani o bizantini.
Essa presenta un nucleo centrale costituito da un esagono ai cui vertici sono collocate sei grandi colonne
(provenienti probabilmente dall'antico tempio di Iside), collegate tra loro con archi sui quali si sviluppa la
cupola. Intorno a questo esagono centrale troviamo un secondo anello, questo decagonale, con otto pilastri in
blocchi di pietra calcarea bianca intercalati da strati di mattoni e da due colonne subito dopo lingresso. I
pilastri non sono disposti in conformit ai canoni classici, ma radialmente, ciascuno con i lati differentemente
orientati, cos da renderli paralleli ai retrostanti muri del perimetro. Landamento di questultimo
sconcertante: dapprima circolare, viene ad un certo punto bruscamente interrotto da pareti a forma stellare
per ritornare di nuovo circolare in corrispondenza del portale dingresso.
Tutto ci crea giochi di prospettive, effetti illusionistici, scomposizioni, chiusure di spazi coordinati ad effetti
geometrici ben precisi e basati su rapporti reciproci frutto di una acuta ed originale intelligenza costruttiva.
Valga, ad esempio, la straordinaria variet delle volte, dovuta all'insolito accoppiamento della corona
esagonale con quella decagonale: il susseguirsi di volte prima quadrangolari, poi romboidali ed infine
triangolari probabilmente un richiamo alla forma delle tende usate dal popolo longobardo durante il suo
lungo girovagare in Europa. Lo splendore dell'antica chiesa inoltre testimoniato dai resti degli affreschi
delle absidi, i quali, pur nella frammentariet che ne impedisce linterpretazione iconografica, rivelano un
ampio respiro e tanta potenza espressiva La chiesa era completamente affrescata. Lo dimostrano i frammenti
tuttora visibili, oltre che nelle absidi, anche su di un pilastro, ai piedi del tiburio e negli spigoli delle pareti a
stella. Nelle due absidi laterali sono presenti elementi superstiti del ciclo dedicato alla Storia di Cristo. In
particolare in quella di sinistra rappresentata la storia di San Giovanni Battista, in quella di destra la storia
della Vergine. Della prima rimangono due scene: l'Annuncio a Zaccaria e Zaccaria muto; della seconda
l'Annunciazione e la Visitazione. Santa Sofia non ha mantenuto sempre lo stesso aspetto nel corso dei
secoli,nel secolo XII la chiesa sub infatti un primo restauro che, lasciandone intatta la pianta originaria, vi
aggiunse un campanile sulla parte sinistra della piccola facciata ed un elegante portichetto protiro
allingresso, poggiato su quattro colonne. Questo determin il parziale abbattimento della facciata, che in
origine era lunga solo 9 metri. Nella lunetta centrale, al di sopra del nuovo portale cos realizzato, venne
anche inserito un bassorilievo che ora si trova sulla porta dingresso della chiesa. In esso raffigurato Cristo
in trono, la Vergine a destra, ed alla sinistra San Mercurio martire (milite romano le cui reliquie - tumulate

nel 768 - attualmente riposano sotto laltare della cappella destra) con a fianco un monaco inginocchiato,
forse lAbate Giovanni IV, restauratore della chiesa. All'interno si sostituirono i due pilastri all'ingresso con
colonne e si sistem una "schola cantorum" nell'esagono centrale. Il terremoto del 1688, che rase a suolo la
citt, caus ingentissimi danni anche in Santa Sofia. Tutta la struttura risult seriamente lesionata: croll la
cupola centrale esagonale a spicchi, molto pi bassa di quella attuale e senza aperture; il campanile romanico
si rovesci sul protiro, distruggendolo completamente.
Con la ricostruzione in forme barocche del 1698 (e le ulteriori modifiche avutesi in seguito al successivo
terremoto del 1702) dovuta all'allora Arcivescovo di Benevento Cardinale ORSINI - divenuto poi Papa
BENEDETTO XIII - si apportarono radicali trasformazioni che determinarono la scomparsa della primitiva
configurazione longobarda e causarono la quasi completa distruzione dei preziosi affreschi del secolo IX.
Gli interventi consistettero, tra l'altro, nella trasformazione della pianta da stellare a circolare,
nell'abbattimento e ricostruzione in nuove forme dell'abside centrale, nella rastremazione degli otto pilastri e
nella realizzazione della nuova facciata, tuttora esistente. Si realizzarono inoltre due cappelle laterali e la
sacrestia. L'interno fu completamente intonacato ed arredato secondo il gusto barocco.
Nel 1951 iniziarono, a cura della Soprintendenza ai Monumenti di Napoli, i lavori di restauro che, con
scrupolosi (ma discussi) interventi, permisero di riportare alla luce l'originale schema strutturale murario
longobardo e di completare poi le parti demolite o manomesse in occasione della trasformazione barocca.
In particolare furono eliminate le due cappelle a lato della facciata, l'abside centrale ed il muro circolare che
aveva incorporato gli spigoli esterni delle pareti stellari. Queste ultime vennero ricostruite seguendo le
indicazioni fornite dalle ricerche archeologiche. Leggeri furono invece gli interventi sulla facciata barocca:
furono obliterati i due finestroni ed il rosone, mentre il portale fu arretrato nella posizione originaria.

ROCCA DEI RETTORI


La Rocca sorge nel punto pi elevato del centro storico di Benevento. L'aspetto attuale il risultato di
numerosi interventi succedutisi nei secoli, ed perci piuttosto disomogeneo. L'edificio si compone di due
corpi distinti: il Torrione angolare, costruito dai Longobardi, quanto resta di riconoscibile del loro
fortilizio; fu ristrutturato in epoche successive, giungendo nel XV secolo alla forma attuale (e per questo
detto anche Castrum novum).
Alto 28 m, presenta una pianta poligonale. Nelle sue pareti si riconoscono diverse pietre provenienti da
edifici di et romana (concentrate nel versante orientale), e vi si aprono bifore ogivali. Sul terrazzo si elevano
due torrette.
Il torrione in realt era il castello vero e proprio, mentre la parte pi estesa del complesso costituita
dal Palazzo dei Governatori Pontifici, il cui ingresso principale posto sul versante occidentale, dove una
rampa conduce ad un giardino posteriore, sopraelevato rispetto al livello stradale.
Il Palatium, su tre piani, ha pianta rettangolare con cortile interno. In esso particolari antichi come
i barbacani si affiancano ad elementi neoclassici come le finestre incorniciate, e il colonnato sormontato da
un timpano davanti ad una vetrata che d sul cortile.
Il piano terra occupato dalle segrete; entrando dall'ingresso sulla rampa un doppia scalone conduce al
primo piano, organizzato in ampi saloni con soffitti in legno e decorazioni, spesso floreali, settecetesche:
modificati negli ultimi decenni a causa della loro destinazione ad uffici, sono stati recuperati da un recente
restauro.
Il giardino posteriore, alberato, termina a sud con uno strapiombo. Esso accoglie un lapidario, dedicato
ai miliarii della via Traiana, nonch diversi frammenti architettonici romani, alcuni dei quali rinvenuti a largo
Feuli, come due colonne tortili; inoltre vi sono esposte diverse opere di arte moderna.
Davanti alla rampa d'accesso si trova il monumento del Leone, eretto nel 1640 davanti al castello, in onore
di papa Urbano VIII. Il leone, di epoca medievale, simboleggia La vigilanza, la maest e la fortezza
dell'antico popolo dei Sanniti, come scritto nel suo piedistallo, di forma ottagonale, che reimpiega
elementi romani riccamente decorati.
All'ingresso del Castrum novum si trova poi una statua bronzea dell'imperatore Traiano, copia di un originale
antico.
Durante il restauro della Rocca, conclusosi nel 1998, sono stati rinvenute molte testimonianze archeologiche
che attestano l'utilizzo dell'area da epoche antichissime.

Originariamente l'altura su cui sorge la Rocca era interrotta da una fossa, in cui sono stati rinvenuti resti di
una necropoli del periodo orientalizzante antico (VII- VI secolo a.C.), sormontati da tombe sannitiche.
Furono proprio i Sanniti a realizzare un terrapieno (agger) attorno al IV secolo a.C., e ad utilizzare per primi
il luogo come postazione difensiva: lo testimoniano un muro di contenimento sul versante est, e i resti di
terrazzamenti digradanti in corrispondenza dello strapiombo a sud.
I Romani costruirono in quest'area un serbatoio idrico, detto Castellum aquae, portandovi
un acquedotto proveniente da Serino, i cui resti sono ancora visibili nel giardino.
I Longobardi utilizzarono di nuovo il sito per scopi militari, e sopraelevarono il muro sul lato est
includendolo nella cinta muraria. Nell'VIII secolo, in corrispondenza dell'attuale braccio occidentale della
Rocca nacque il monastero benedettino femminile di Santa Maria a Porta Somma, dal nome della porta della
citt che sorgeva a pochi metri.
A partire dal 771, sotto il duca Arechi II, al monastero venne affiancato quello che poi venne detto
il Castrum vetus, in parte utilizzando strutture dello stesso convento. Questo era gi un vero e proprio
palazzo fortificato, ampliato attorno all'XI secolo con nuovi ambienti ricavati svuotando parte del terrapieno,
fra il muro nord e le strutture dell'acquedotto romano.
Successivamente l'edificio cadde in uno stato di semi-abbandono. Nel 1321 papa Giovanni
XII da Avignone incaric il rettore di Benevento, Guglielmo di Balaeto, del ripristino della fortificazione
come palazzo per i rettori. Il progetto si articolava un castrum ed un palatium, recintati da mura protetti da
fossati, attraversati da tre ponti leavatoi. La costruzione inglob porta Somma, che venne ricostruita poco pi
oltre. Era prevista la costruzione di due torri e di un'altana, che vennero tuttavia sostituite da un corpo di
fabbrica destinato a deposito. Le monache furono trasferite al monastero di San Pietro.
In base ai documenti, alla fine del XVI secolo la Rocca si era ampliata con i bracci a sud e sud-est,
sull'attuale giardino. Il palazzo assunse una pianta a G attorno al cortile interno; chiudeva il perimetro un
camminamento difensivo. A partire dal 1586 la fortezza venne trasformata progressivamente in carcere,
rimasto attivo fino al 1865.
Dopo il terremoto del 1702, con la ricostruzione parziale dell'edificio, diretta dall'architetto Carlo Buratti,
molte coperture a volta furono sostituite con solai in legno, per motivi di sicurezza. Nel XIX secolo il braccio
nord fu inspessito verso il cortile interno, e fu completato il braccio est in prossimit del torrione.

ARCO DI TRAIANO
L'arco fu costruito tra il 114 e il 117 d.C.
In epoca longobarda l'arco venne inglobato nel lato settentrionale della cinta muraria e prese il nome di Porta
Aurea; l accanto sorse la chiesa di Sant'Ilario (in cui ora stato allestito il videomuseo dell'arco).
Nel Rinascimento, fu studiato da Sebastiano Serlio.
Sub diversi restauri in seguito ai danni del tempo e dei terremoti: sotto Urbano VIII, poi nel 1661,
nel 1713 e nel 1792. In particolare nel1713, quando l'arco era utilizzato ancora come porta cittadina, si
sgretol e cadde l'architrave di marmo che serviva da battente alla porta; il consiglio cittadino allora deliber
la spesa di 212 ducati per il restauro. La licenza per spendere tale somma fu concessa il 1 dicembre dello
stesso anno[2].
Nel 1850, in occasione di una visita di papa Pio IX, per suo ordine, l'arco venne isolato abbattendo le case
che vi si erano addossate. Oggi posizionato al termine della breve via Traiano, accessibile dalla principale
strada del centro storico, corso Garibaldi. stato restaurato e parzialmente isolato dal traffico cittadino.
Si tratta di un arco a un solo fornice, alto 15,60 m e largo 8,60 m. Su ogni facciata quattro semicolonne,
disposte agli angoli dei piloni, sorreggono una trabeazione, che sporge al di sopra del fornice. Oltre le
architravi si trova un attico, anch'esso pi sporgente nella parte centrale, sopra il fornice, che presenta
all'interno un vano coperto da una volta a botte.
costruito in blocchi di pietra calcarea, rivestiti da opera quadrata in blocchi di marmo pario.
L'arco presenta una ricca decorazione scultorea sulle due facciate principali, con scene che si riferiscono alla
pace e alle provvidenze verso i cittadini sul lato interno, rivolto verso la citt, e alla guerra e alle provvidenze
dell'imperatore verso le province sul lato esterno.

L'attico presenta al centro un'iscrizione dedicatoria e ai lati due pannelli a bassorilievo: sul lato esterno, il
pannello di sinistra, non interamente conservato, rappresentava L'omaggio delle divinit agresti provinciali, e
quello di destra la Deduzione di colonie provinciali; sul lato interno, a sinistra era Traiano accolto
dalla Triade capitolina e a destra Traiano nel Foro Boario (luogo tradizionale per l'annona populi Romani).
Il fregio figurato della trabeazione sorretta dalle colonne raffigura la processione del trionfo di Traiano
sulla Dacia, come di consueto realizzato ad altissimo rilievo.
Su ciascuno dei piloni, tra le semicolonne angolari, altri due pannelli, posti l'uno sull'altro, pi stretti di quelli
presenti sull'attico, raffigurano ancora scene e allegorie delle attivit imperiali; i pannelli sono separati da
rilievi decorativi pi bassi con Vittorie tauroctone (Vittorie nell'atto di sacrificare tori) al centro
e Amazzoni in alto.
Le scene vanno lette dal basso all'alto, da destra a sinistra.

ISCRIZIONE:
IMP[eratori] CAESARI DIVI NERVAE FILIO
NERVAE TRAIANO OPTIMO AVG[usto]
GERMANICO DACICO PONTIF[ici] MAX[imo] TRIB[unicia]
POTEST[ate] XVIII IMP[eratori] VII CO[n]S[uli] VI P[atri] P[atriae]
FORTISSIMO PRINCIPI SENATVS P[opulus]Q[ue] R[omanus]
Traduzione: All'imperatore Cesare, figlio del divo Nerva, Nerva Traiano Ottimo Augusto Germanico Dacico,
pontefice massimo, (rivestito della) potest tribunicia diciotto (volte), (acclamato) imperatore sette (volte),
console sei (volte), padre della patria, fortissimo principe, il Senato e il Popolo romano (posero).

IL TEATRO ROMANO
Il teatro romano di Benevento fu costruito nel II secolo sotto l'imperatore Adriano nelle vicinanze
del cardo maximus; oggi circondato dal medievale Rione Triggio.
La pianta del teatro semicircolare e presenta dimensioni grandiose: ha un diametro di 90 m e
originariamente aveva una capienza di 15mila persone.

L'esterno presentava 25 arcate articolate su tre ordini, delle quali rimangono oggi quelle del primo,
inquadrate da colonne con capitelli tuscanici, che danno accesso all'interno alternativamente tramite corridoi
e scale, e parte di quelle del secondo ordine.
La cavea si conservata in buona parte. Sotto di essa i corridoi e le scale d'accesso sono collegati da due
ambulacri paralleli che fanno da cassa armonica.
La scena, molto ampia, presenta resti di tre porte monumentali, alle terminazioni della cavea, che davano
accesso all'orchestra; ai suoi lati vi sono i resti dei parodoi, in particolare la sala a destra conserva il
pavimento in mosaico e le pareti marmoree policrome (come forse in origine doveva essere rivestita gran
parte del teatro).
Alle spalle della scena tre scalinate portavano ad un livello inferiore, forse ad un ingresso monumentale per
gli artisti.
Il viale d'ingresso decorato da mascheroni che richiamano quelli usati dagli attori; attorno al teatro sono
ancora in corso indagini che hanno rilevato resti di costruzioni forse adibite a scuola di ballo e associazione
di artisti.
Il teatro presenta un'acustica eccellente ed, essendo totalmente agibile, oggi utilizzato nella sua funzione
originaria, per manifestazioni musicali e culturali, in particolare la "Citt Spettacolo" e la stagione lirica. Su
quanto rimaneva del teatro, sopra la sala prima menzionata, fu costruita nel XVIII secolo la piccola chiesa di
Santa Maria della Verit, ad una navata, ristrutturata dopo il terremoto del 1980. Anche se il teatro fu
inaugurato nel 126 sotto Adriano, recentemente sono emerse sotto di esso strutture sepolte da un'alluvione
avvenuta nel I secolo d.C.: si suppone quindi che sia stato costruito sui resti di un edificio anteriore.
Un'iscrizione rinvenuta sul pulpitum ricorda l'istituzione da parte di Adriano della carica di curator per la
costruzione dell'edificio. Un'altra base onoraria, rinvenuta nel dicembre del 1938, dedicata dalla Colonia
Beneventana a Caracalla, erede designato del padre Settimio Severo, con il titolo di Cesare, ha fatto supporre
restauri o rifacimenti databili tra il 198ed il 210. Abbandonato in epoca longobarda, il teatro fu parzialmente
interrato e utilizzato come fondazione per abitazioni.
Gli scavi del teatro e l'abbattimento delle case che vi erano state sopra costruite furono progettati a partire
dal 1890, ma effettivamente realizzati solo a partire dal 1923, per opera di Almerico Meomartini e da lui
finanziati, interrotti in seguito al terremoto del1930, furono ripresi nel 1934 con l'esproprio dei fabbricati
sovrastanti e il teatro riportato in luce venne consegnato nel 1938alla Soprintendenza.
I lavori continuarono dopo la seconda guerra mondiale; il monumento venne riaperto al pubblico nel1957.
Nel 1990 si svolse la puntata finale di Miss Italia di quell'anno e nel 2001 venne utilizzato come luogo dove
trasmettere il Festivalbar 2001.

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