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Quel che la politica non ha mai capito di Keynes.

E cosa ci
resta da fare

Quando a Ugo La Malfa, noto esponente del partito Repubblicano, proponevano una legge, unidea per in
intervento politico-sociale, lui chiedeva sempre, come ammonimento: Chi paga?. Che poi, la formulazione
estesa, e pi precisa, dovrebbe essere: Quanto costa? E chi paga?. Ed quello che ogni elettore e
contribuente dovrebbe chiedersi quando sente formulare proposte e programmi politici.
Di fatto, uno Stato (inteso come complesso unitario delle amministrazioni pubbliche) ha unicamente tre modi
per finanziare le proprie spese: tassando, facendo deficit/debito, stampando moneta (monetizzando il
deficit/debito, in sostanza). Nelle economie avanzate vengono utilizzate solo le prime due opzioni, mentre in
alcuni paesi (Argentina, Venezuela, Zimbabwe, eccetera) si ricorre anche alla terza opzione, sebbene non
abbia mancato di produrre risultati disastrosi in termini di inflazione e di distruzione del sistema economicofinanziario.
In ogni caso, in tutte e tre le ipotesi, sempre il contribuente a pagare, sotto forma di riduzione della sua
disponibilit di denaro e della sua capacit di acquisto, nonostante in alcuni casi non ne abbia immediata
percezione: mentre, infatti, laumento della pressione fiscale immediatamente percepito dai contribuenti
come tale (pi tasse meno reddito disponibile), lutilizzo e laumento del deficit/debito sembrano non avere
conseguenze di tale natura (ed infatti sono in moltissimi ad auspicare lo sforamento del limite del 3% di
deficit), quando invece intuitivo che anche a parit di tassi di interesse laumento dello stock di debito
non pu che produrre un aumento degli interessi da pagare e delle tasse necessarie per poterli pagare e,
quindi, della pressione fiscale.
Cos anche nel caso dellutilizzo, per finanziare la spesa pubblica o monetizzare il relativo deficit, della
stampa di moneta, cio scollegando lemissione di nuova moneta dalla produzione complessiva di ricchezza
scollegandola, cio, dallaumento del Pil: linflazione che si determina da tale, duraturo, scollegamento non
determina altro che la riduzione del potere di acquisto dei contribuenti soprattutto quelli a reddito fisso o
che non possono scaricare sui prezzi linflazione e quindi una sorta di tassa, per lo pi sulla povera gente.
Non un caso che il termine signoraggio derivi da aggio del signore, seigniorage, cio dal tributo un
tempo dovuto dai sudditi al sovrano o al signore feudale per il suo potere monopolistico di emettere
moneta. Potere che esercitava a sua totale discrezione, finanziando per esempio, tramite la stampa di moneta,
campagne di guerra o sue necessit personali. La capacit di acquisto dei sudditi, quindi, dipendeva
unicamente da quanto pi o meno il sovrano intendesse inflazionare quella moneta. Pi il sovrano
stampava moneta pi i sudditi, a parit di reddito nominale, perdevano reddito reale.
La ragione di fondo per la quale, oggi, si difende con tanto vigore lindipendenza delle banche centrali
quella, appunto, di non cumulare nello stesso soggetto, lo Stato, la funzione di tassare via imposte e via
inflazione, garantendo la stabilit della moneta, la capacit di acquisto dei cittadini e la stabilit del sistema
economico-finanziario.
Che il reddito delle persone non dipenda dalla quantit di moneta immessa in pi nel circuito finanziario, si
ricava agevolmente da questi grafici, in cui si vede che nonostante la Federal Reserve, (o Fed, la banca

centrale degli Stati Uniti) abbia quadruplicato la base monetaria (non per monetizzare il debito ma per
operare i diversi Quantitative Easing), il reddito medio delle famiglie americane diminuito.

Ci premesso in termini di identificazione delle fonti di finanziamento, occorre ricostruire sommariamente le


grandezze economiche italiane. A fronte di un Pil di circa 1600 miliardi di euro (per comodit e semplicit di
trattazione, tutte le grandezze indicate saranno arrotondate), costituito per circa 150/200 da economia
sommersa (questultima stimata e non misurata) lo Stato italiano ne intermedia circa 800 miliardi. Tale

somma deriva dal conto consolidato di tutte le amministrazioni pubbliche, cio escludendo il doppio
passaggio di denaro, in entrata ed in uscita, tra amministrazioni: per esempio, il deficit dellInps, pari a circa
100 miliardi, ripianato dallo Stato per analogo importo, viene ovviamente contato come spesa una sola volta
e non due (nonostante i trasferimenti siano due: Stato-Inps; Inps-cittadini).
Il bilancio consolidato italiano presenta, al momento, entrate per circa 750 miliardi e uscite per circa 800
miliardi, di cui circa 80 miliardi per interessi passivi. La differenza, pari a circa 50 miliardi (il famoso 3% di
1600 miliardi di Pil), costituisce il deficit di cui tanto si parla. Sulla veridicit dei conti pubblici italiani e del
relativo ammontare di deficit si pu consultare, volendo, un approfondimento su Piano Inclinato.
Tralasciando ora tale aspetto, seppure determinante per la sostenibilit dellattuale spesa pubblica, ci
focalizzeremo sulla dinamica della spesa e del debito pubblico.

Intanto, senza alcuna altra notazione, immediatamente intuibile la differenza tra deficit annuale (che un
flusso) e debito pubblico(che uno stock), il quale la somma di tutti i precedenti deficit.

Occorre, inoltre, dire che tale deficit rilevato avendo unicamente riguardo agli accertamenti del bilancio
preventivo (seppure monitorati sino al termine dellesercizio) e non ai dati rielaborati a consuntivo, a
prescindere quindi dalla valutazione dei soldi effettivamente incassati a fronte dei crediti portati a nuovo.
Ma, questo, come si detto, si potr approfondire consultando larticolo al link sopra indicato. Tenuto per
buono tale ammontare di deficit (e non buono per nulla, vista la vicenda dei debiti della pubblica
amministrazione verso i fornitori), occorre capire perch ordinariamente la politica preferisca fare deficit
anzich conseguire il pareggio di bilancio (nonostante sia ora previsto come un obiettivo costituzionale).

Si potrebbe dire che di unopera pubblica beneficiano pi generazioni e, quindi, non giusto che lonere
venga posto a carico di una sola generazione. Ma, in realt, non affatto detto che il debito riguardi opere
pubbliche ed anzi in Italia stato per lo pi fatto ed fatto per finanziare spese correnti.

Ovviamente, la traslazione in avanti del peso fiscale offre un ritorno politico, in quanto se lopera venisse
integralmente finanziata subito con tasse, i cittadini avrebbero immediata percezione del maggiore carico
fiscale e potrebbero sindacare leffettiva utilit dellopera.
Il motivo principale, per, anche se chiaramente si unisce a quelli sopra detti, risiede nella assoluta
singolarit delle modalit di rimborso del debito pubblico. Modalit che costituiscono unarma potentissima,
la quale, per, se non maneggiata adeguatamente comporta conseguenze altrettanto potenti e deleterie.

Lo Stato, infatti, (a differenze di famiglie, aziende, altri enti locali) rimborsa i titoli di debito emessi
unicamente a scadenza e quindi, annualmente, paga solo gli interessi e non anche la quota capitale.

A scadenza, inoltre, procede al rimborso non mediante prelievo fiscale dai cittadini ma emettendo
previamente titoli di debito per pari importo. Quindi, in sostanza, accende un nuovo prestito con il quale
salda il vecchio prestito. Naturalmente, e questo rileva molto, di volta in volta cambiano le condizioni (il

rendimento in termini di interessi da riconoscere agli investitori) a secondo dalrating acquisito e del contesto
mondiale relativo ai tassi di interessi di mercato il quel momento.
Rimane il fatto che ci costituisca un forte incentivo per la politica ad indebitarsi: si pu, ad esempio,
aumentare la spesa di 100 miliardi (con analoga ricaduta sul Pil), con il corollario di appalti, assunzioni, ecc.,
al solo costo degli interessi passivi (seppure, come si detto, dovranno comunque comportare un aumento
della pressione fiscale). A tassi attuali, una maggiore spesa di 100 miliardi costa 2 miliardi di interessi
allanno, che per e anche questo deriva dalla singolarit del debito aspetto dovranno essere pagati per
tutta la vita.
Sembra un meccanismo perfetto e diabolico ma, purtroppo, non lo per le tante ragioni di cui dopo si dar
conto.

Torniamo un attimo indietro e vediamo brevemente perch gli investitori dovrebbero fidarsi dello Stato.
Perch gli investitori dovrebbero fidarsi di questoschema Ponzi per il quale lo Stato rimborsa i prestiti con
nuovo prestito? Lo facesse un cittadino qualsiasi verrebbe subito sbertucciato.
Chiaramente, come gi stato anticipato, perch lo Stato ha due strumenti formidabili: pu tassare i cittadini
e, alloccorrenza, pu stampare la moneta necessaria a ripagare il debito. Entrambi gli strumenti hanno, per,
due pesanti controindicazioni:

a) laumento della tassazione riduce il reddito disponibile per cittadini e aziende, deprime i consumi e riduce
possibilit di investimenti privati, dal momento che gli stessi dipendono dai margini netti e dal premio
rispetto a investimenti privi di rischio (cio, pi la pressione fiscale alta meno gli imprenditori saranno
portati a rischiare e intraprendere, soprattutto quando i periodi di trasformazione, quale quello che stiamo
vivendo, riducono, o rendono pi difficilmente individuabili, i business profittevoli);
b) la stampa di moneta per monetizzare il debito (emessa quindi a prescindere dalloutput di un paese) riduce
la capacit di acquisto dei cittadini e ne riduce la sua funzione di riserva di valore e la possibilit di attrarre
investimenti e capitali, necessari anche per finanziare il debito emesso. Nessuno, infatti, investe e compra
titoli volentieri, se non con un pi che proporzionale ritorno, in un paese in cui la moneta non sia stabile.
Il meccanismo del debito, comunque, ad un politico sembra perfetto in quanto consente di sviluppare spesa
pubblica con unincidenza che inizialmente appare minima. Ci sembra determinare un sicuro aumento del
Pil (ed effettivamente la spesa pubblica aumenta sicuramente il Pil dal momento che lo stesso determinato
dalla sommatoria di consumi (C), investimenti (I), spesa pubblica (G) e saldo netto import/export (NX)) e un
sicuro aumento del consenso elettorale senza effetti particolarmente negativi.
In realt, non si tiene conto che spesa pubblica/indebitamento:
a) spiazza investimenti privati: la spesa pubblica , infatti, finanziata (in entrambi i casi di copertura
immediata ed integrale con tasse e di copertura con tasse solo della parte interessi) da risorse private che
vengono sottratte alla possibilit di investimenti privati (sia che vengano effettuati direttamente sia che
vengano effettuati indirettamente attraverso i depositi bancari, che costituiscono la risorsa per il credito
bancario);
b) il debito costa: a parte la quota capitale, che viene sempre rifinanziata ma che contribuisce ad aumentare
lo stock di debito (con effetti sui rendimenti futuri da riconoscere), la parte relativa agli interessi ha un costo

annuo e per tutta la vita che va ad incidere sul bilancio statale in misura tanto maggiore quanto gli
investimenti finanziati a debito non sono stati produttivi;
c) se quindi linvestimento realizzato a debito ha un rendimento minore del suo costo, il rapporto debito/Pil
aumenta; viceversa se il rendimento maggiore. Cio intuitivo, essendo sufficiente far riferimento al
leverage aziendale o allindebitamento familiare: se unazienda si indebita per comprare capannoni,
macchine aziendali, ecc. e questi investimenti determinato un aumento del fatturato e dellutile superiori al
costo del finanziamento, lazienda ha il corrispondente beneficio e pu agevolmente ripagare il debito;
altrettanto per la famiglia: se la famiglia si indebita per fare investimenti (compra casa, fa studiare il figlio in
unottima universit, ecc.) pu avere un ritorno economico tale da poter ripagare il debito; se invece azienda
o famiglia si indebitano per spese correnti (per pagare i dipendenti o per mangiare caviale anzich
minestrone) brucia solo cassa e prima o poi andr in fallimento;
d) nel caso dello Stato, per, pi difficile capire ex ante quale possa essere linvestimento che possa
generare un ritorno maggiore del costo: lo Stato, infatti, costruisce strade, ponti, ferrovie, porti, distribuisce
pensioni, stipendi, ecc. Beni e servizi, cio, che non sempre generano un ritorno monetario immediato e
diretto. Il ritorno, per, pu essere indiretto: se quella nuova strada/autostrada consente di trasportare merci
pi velocemente, le aziende saranno pi produttive, assumeranno pi personale e il Pil aumenter di
conseguenza. E se aumenta il Pil (il denominatore del rapporto debito/Pil) il rapporto, appunto, debito/Pil
diminuir di conseguenza. Altrettanto se, in ipotesi, uno Stato ha luniversit diStanford anzich quella
di Camerino: se da quelluniversit, da quel centro di ricerca, escono Zuckerberg e Brin che
inventano Facebook e Google i benefici diventano ovviamente anche di tipo economico ed occupazionale
per lintero paese;
e) da dire che mentre ai tempi di Keynes spesa pubblica e pressione fiscale negli Usa erano a circa il 15%
del Pil, ora sono al 38% negli Stati Uniti e al 50% in Italia. I margini, quindi, per interventi dello Stato che
abbiano rendimento positivo sono notevolmente minori, visto che, rispetto ad un tempo, sia la
presenza/intermediazione dello Stato sia lo stock di opere pubbliche sono notevolmente maggiori e la
valutazione ex ante del beneficio economico dellindebitamento diventata molto pi difficile;
f) in realt, un politico non ha le competenze n gli incentivi per operare una ponderata valutazione di tale
beneficio: sembra difficile, infatti, che un politico ma anche un qualsiasi cittadino possa capire prima se
sia meglio realizzare/finanziare Facebook o Google (un motore di ricerca la cui enorme utilit diventata, e
non poteva che diventare, evidente solo a posteriori) oppure sussidiare una gi esistente fabbrica che
produce acciaio, automobili o pentole a pressione. Anzi, sia per motivi elettorali sia per motivi
sociali/occupazionali, sar pi portato a sussidiare la fabbrica che produce acciaio, nonostante la stessa sia
magari diventata non pi competitiva, soprattutto in un contesto di globalizzazione come quello attuale;
g) ecco, allora, che il politico acceder volentieri a quella, folle, tesi che la spesa pubblica e lindebitamento
generino comunque e sempre effettivi positivi sulleconomia del Paese. La tesi nasce dallidea, ingenua e
semplicistica, che siccome la spesa dello Stato si tramuta in reddito di cittadini/aziende leffetto sempre e
comunque positivo. Ovviamente, vero che la spesa pubblica genera reddito per chi ne beneficia a aumenta
il Pil. Ma non basta a renderla unidea intelligente di per se stessa, anche tacendo sul fatto che
lidentificazione dei beneficiari rimessa alla piena e clientelare discrezionalit dei politici. Trascura, infatti,
quanto sopra abbiamo visto sul costo della spesa pubblica e dellindebitamento, in termini di spiazzamento
degli investimenti privati e di costo dellindebitamento in termini di interessi da pagare. Lidea di Keynes,

quindi, di espandere la spesa pubblica in tempo di recessione per poi contrarla in tempo di buona salute
della congiuntura economica in un contesto, si ripete, di spesa pubblica e pressione fiscale al 15%, si
trasformata, nel pensiero comune, nella possibilit di fare deficit e debito per sempre, dal momento che
si riteneva e si ritiene che la spesa dello Stato sia reddito per i cittadini e che sia conseguentemente sempre
positiva;
h) come sopra abbiamo visto e come si capir dai seguenti dati tale concezione non tiene conto del costo
economico, sociale e finanziario della spesa e dellindebitamento. Se infatti il Pil cresce ad un tasso inferiore
al rapporto deficit/debito, il rapporto debito/Pil aumenter e lo stock di debito generer una spesa per
interessi sul Pil sempre maggiore, determinando la necessit di aumentare proporzionalmente le tasse, cos
riducendo sempre di pi gli spazi per lintrapresa privata e riducendo ovviamente anche il reddito dei
cittadini; chiaro, inoltre, che pi il Pil intermediato dallo Stato pi la crescita dipende dalla spesa
pubblica, creando una sorta di dipendenza economico/finanziaria in cui le imprese non sono pi abituate a
competere sul mercato e quando si trovano a fronteggiare come nellattualit una forzata contrazione
della spesa pubblica, da cui dipendevano, non hanno pi la capacit di essere competitive;
i) in sostanza, quando, per esempio, il deficit al 3% e il Pil cresce all1%, linvestimento effettuato a debito
ha avuto un rendimento minore del suo costo e il rapporto debito/Pil peggiorer. Fare un calcolo cos anno
per anno vista la diversa natura dellinvestimento pubblico rispetto a quello privato ha un senso
relativo. Guardando, per, il passato con uno sguardo pi ampio, riusciamo a capire meglio quanto la
struttura di spesa italiana sia stata e sia cos inefficiente da determinare un costante aumento
dellindebitamento, della spesa per interessi e del rapporto debito/Pil.
Cio, di fatto, la spesa pubblica italiana ha quasi sempre determinato un ritorno minore del suo costo.
Come lazienda che si indebita non per comprare un macchinario (che la possa rendere pi produttiva e che
aumenta il fatturato e lutile) ma per finanziare la gestione ordinaria; come la famiglia che si indebita non per
comprare casa ma per pasteggiare a champagne: finita la sbornia, rimane il debito e non aumenta il reddito
per ripagarlo.
Si dir: basta scegliere gli investimenti giusti e le persone che possano sceglierli bene. Questo ovviamente,
comunque, necessario, a prescindere dal livello di spesa. Anche scegliendo le persone giuste, per, non
detto che siano tanto visionare da capire che meglio Google di una fabbrica di pentole. Inoltre, come si
detto, dovrebbero anche essere oneste ed in Italia non facile e non rispondere allimmediata necessit
del consenso elettorale: in realt, molto pi facile e politicamente redditizio spendere a caso o spendere
per garantire loccupazione oggi anche se illusoria visto che sussidiata piuttosto che quella del
domani;
Per capire quanto la spesa pubblica italiana abbia sempre avuto un rendimento minore del suo costo, si
guardi il grafico seguente (Piero Giarda: Dinamica, struttura e criteri di governo della spesa pubblica: un
rapporto preliminare), da cui si ricava che il PIL sempre cresciuto ad un tasso inferiore a quello della
spesa.

Si guardi, inoltre, la seguente tabella (tratta sempre dal sopra citato rapporto Giarda), in cui lincremento di
spesa pubblica viene depurato dallinflazione e dalla spesa per interessi. Anche da questa tabella si ricava che
lincremento di spesa pubblica non ha quasi mai generato laumento proporzionale del Pil.

Analoghe conclusioni scomponendo nelle diverse fasi del ciclo economico (medesimo rapporto citato).

Si guardi, infine, il seguente grafico (elaborazione su serie storica Istat), riportante il dato storico sulla
percentuale di occupati nella fascia di popolazione 15/64, quella presa in esame dalle statistiche sulla
disoccupazione. Attualmente, tale percentuale, nonostante la lunga crisi, si colloca al 55,5%. Fino
allintroduzione delleuro, tale percentuale non hai mai superato il 55%, con punte inferiori al 53%. Nel
ventennio 1977/97, nonostante la spesa pubblica aumentasse ad un ritmo, come sopra evidenziato, del 4/5%
allanno, loccupazione non ha, dunque, avuto significativi miglioramenti.

Quanto sopra ha determinato un indebitamento ad oggi di circa 2.160 miliardi, con una spesa per interessi di
circa 80 miliardi, ovviamente sottratti al bilancio statale ed alle tasche degli italiani, e la paralisi del paese,
oppresso da una pressione fiscale insostenibile. Ci che sembrava un meccanismo perfetto si rivelato un
tragico boomerang. Pu pensarsi che attualmente la spesa per interessi sia immotivatamente alta. In realt,
oggi lo Stato (inteso come complesso delle amministrazioni pubbliche), spende per interessi ca. il 5% del Pil.
Inoltre, tenendo conto che il debito ammonta a 2160 miliardi, il costo del debito circa il 3,7%. Ebbene, nel
1992 lo Stato aveva una spesa per interessi pari al 12% del Pil. E come se oggi spendesse 200 miliardi per
pagare gli interessi, anzich 80. Dovrebbe trovare altri 120 miliardi. Per tutti gli anni, per, non una
tantum. E li potrebbe trovare solo aumentando le tasse in misura corrispondente. Occorre pensare, per, che
tutte le imposte sulla casa generano meno di 30 miliardi di gettito. Si pu capire, quindi, quanto potrebbe
essere difficile trovare altri 120 miliardi per pagare tale maggiore annuale spesa per interessi.
Ma che cosa ha determinato, rispetto al 1992, la progressiva riduzione della spesa per interessi? Linversione
della politica monetaria internazionale (gi dagli anni 80), la riduzione delle spinte inflazionistiche anche
per effetto del minor costo dellenergia e, relativamente, allEuropa, il Trattato di Maastricht e
lintroduzione delleuro, che hanno determinato lallineamento al ribasso dei tassi di interesse nonostante il
diverso rischio di credito dei paesi aderenti.
Leuro, inoltre, ha annullato il rischio di cambio (rendendo possibili investimenti esteri, economici e
finanziari) nei paesi che avevano una valuta che si svalutava continuamente, senza il timore, quindi, che il
rendimento dellinvestimento potesse essere annullato dalla perdita sul cambio.

Mercato comune, moneta comune, ma non unione fiscale politica. Perch? In realt, non o non solo per
miopia dei costituenti europei ma perch non era possibile al momento fare diversamente. Cera la necessit
di avere un mercato comune e un blocco continentale adeguato (mediante il quale trattare, in posizioni di
maggior forza con i paesi emergenti la Cina, uno per tutti e con gli Stati Uniti), senza per poter

immediatamente ricreare le condizioni da cui sono nate le altre aree valutarie comuni, senza cio ununione
politico-fiscale (la quale, in ogni caso, non certo la panacea di tutti i mali, in termini di burocrazia e
discrezionalit degli interventi molti programmi di spesa, per esempio, del governo federale Usa sono
totalmente discrezionali e di dubbia efficacia).
Si pu prendere il caso degli Stati Uniti, una delle pi antiche unioni federali. Negli Stati Uniti, i contribuenti
degli Stati versano ca. il 50% delle tasse complessivamente pagate nelle casse federali. A sua volta, il
governo federale ridistribuisce tali tasse agli Stati in parte con programmi automatici (Medicare eMedicaid)
e in parte con programmi discrezionali (integrazione disoccupazione temporanea, incentivi alle scuole
pubbliche, programmi per le minoranze, per ridurre la violenza, ecc.). Come per il bilancio Ue, alcuni Stati
sono contributori netti mentre altri ricevono pi soldi di quanti ne versino. Oltre al fatto che non sarebbe
davvero certo che lItalia, in caso di unione fiscale, si possa trovare tra quelli che ricevono pi di quanto
versino, occorre dire che tale costruzione attualmente impossibile, visto che se lItalia dovesse dare
allEuropa la met delle sue entrate fiscali (quindi, circa 400 miliardi), rimarrebbe unicamente con gli
spiccioli, considerato che solo di pensioni e trattamenti sociali spende circa 300 miliardi allanno. Non
rimarrebbe, quindi, certo una somma (100 miliardi) adeguata per svolgere tutti le altre funzioni istituzionali.
Che, comunque, lunione fiscale non sia garanzia come spesso si crede, richiamando le aree valutarie
ottimali di adeguato riequilibrio, anche nelle fasi recessive, delle disuguaglianze regionali, si pu ricavare
dalle seguenti tabelle (elaborazione Financial Times su dati US Census Bureau):

In ogni caso, come si detto, per lunione fiscale, sarebbe stato necessario unpoderoso trasferimento di
competenze e di sovranit dai singoli Stati e dallItalia allUnione europea, con tutti i risvolti
organizzativi, sociali e politici del caso.
Ancora pi rilevante , per, la differenza del rapporto finanziario tra governo federale/banca centrale e Stati.
La Fed, infatti, non garantisce n compra il debito degli Stati dellunione. Ci per effetto sia della forte
indipendenza degli Stati sia, soprattutto, perch dal 1841 ad oggi non stato necessario. E non stato
necessario non certo a caso: in quellanno, infatti, il governo federale si rifiut di salvare, a differenza di
qualche decennio prima, alcuni Stati che si erano indebitati troppo, soprattutto con Inghilterra e Olanda. Otto
Stati pi il territorio della Florida vennero fatti fallire e da allora tutti gli Stati si dotarono di una
stringente normativa sul bilancio, tale per cui il bilancio delle spese corrente deve sempre essere in pareggio
(ed eventuali deficit devono essere ripianati entro due anni) e quello delle spese in conto capitale, per gli
investimenti, viene finanziamento con apposite emissioni di debito previa, spesso, consultazione dei
contribuenti.
Cos, ad oggi, gli Stati dellunione (tralasciando la questione pensionistica, che per incide in tutto il mondo)
hanno un indebitamento medio del 20% e una limitata capacit di generare nuovo debito.

La Fed, pertanto, per ora non ha mai avuto necessit di occuparsi e garantire il debito dei 50 Stati. N,
comunque, sembra che se ne debba occupare in futuro, visto che sono continue le proposte politiche per
estendere, anche agli Stati, la possibilit di fallire come gi accade per le citt (si veda il caso di Detroit) e
per le contee, possibilit che la Costituzione americana n prevede n esclude espressamente.

Un contesto, quindi, del tutto diverso dallEuropa, dove lindebitamento complessivo pari ad 11.500
miliardi di euro e quello medio circa il 93%. Soprattutto, un contesto in cui gli stati europei potevano fare
deficit e debito senza limiti.

Si pensi, al riguardo, che il bilancio delleurosistema di banche centrali (Bcepi banche centrali nazionali)
di 2.000 miliardi e che il Pil dellintera eurozona di circa 13.000 miliardi. Per effetto del QE, ora operativo,
il bilancio suddetto si espander di 1.000 miliardi, cifra che appare enorme. Si capisce subito che
consentendo agli Stati deficit libero (il 10% di deficit determinerebbe un aumento annuo pari a 1.150 miliardi
di debito), la Bce per contenere la speculazione e tenere bassi i tassi dovrebbe effettuare un QE allanno per
tutta la vita. Il suo bilancio, inoltre, assumerebbe dimensioni gigantesche, tali da rendere impossibile la
politica monetaria e tali da rendere i contribuenti europei soggetti a rischi enormi, a meno di stampare ogni
anno cos tanta moneta da polverizzare sia il valore delleuro sia la capacit di acquisto di aziende e cittadini
europei.
Si ricordi che anche la Banca nazionale svizzera (il cui attivo di bilancio aveva raggiunto l87% del Pil) ha
dovuto rinunciare al proposito di difendere il limite di apprezzamento a cui aveva cercato di fissare
il franco svizzero. Una banca centrale, quindi, non impermeabile alle grandezze e ai rischi, sebbene sia
dotata della possibilit di stampare moneta a piacimento.
Tanti benefici dalleuro anche per lItalia (investimenti, credito, nostro debito comprato allestero, tassi di
interesse pi bassi, ecc. Per lItalia benefici comunque maggiori, visto che sarebbe fallita per effetto del
sempre maggiore peso degli interessi) ma senza una struttura federale europea e senza la possibilit che la
Bce potesse materialmente garantire dalla speculazione il debito degli Stati, visto lammontare esistente e la
possibilit di generarlo senza limite.
Improvvisamente, in quel contesto irrompe il sudden stop causato da Lehman, dalla crisi greca (ora di
nuovo allordine del giorno), da quella dei debiti sovrani e del break up euro (con espresse dichiarazioni
sulluscita dalleuro dellItalia). I capitali fuggono dai paesi troppo indebitati e che possono uscire dalleuro,
causando anche il tracollo del prezzo dei titoli di Stato e, parallelamente laumento dello spread e dei
rendimenti.
Manca ancora un tassello alle particolari modalit di rimborso e rifinanziamento del debito pubblico,
quello schema Ponzi di cui si detto.
Il debito, infatti, quello gi esistente (a cui si aggiunge quello generato annualmente) ha scadenze diverse (un
anno, tre, dieci, trenta), ed ogni anno scade una certa quantit di debito, il cui ammontare dipende dalle
diverse scadenze di rimborso originariamente previste.

Per esempio, come da seguente tabella, nel 2015 dovranno essere emessi titoli di debito, cos da rimborsare il
vecchio e finanziare il nuovo, per circa 317 miliardi di euro. E cos ogni anno, ovviamente, seppure per
importi di volta in volta diversi.

Il rendimento da riconoscere agli investitori (rendimento che si genera in asta secondo il meccanismo
domanda/offerta sul prezzo di vendita del titolo rispetto al prezzo di rimborso pari a 100), dipende, come si
detto, dal rating sovrano dellemittente/Italia, dalla moneta e dalla legislazione in cui emesso, e dal contesto
internazionale dei tassi per tale tipo di emittente.

A fronte della paura degli investitori di sottoscrivere un debito che sarebbe stato rimborsato in una moneta
diversa da quella di sottoscrizione (lire e non euro), una moneta che si sarebbe svalutata di una percentuale
consistente e, quindi, che avrebbe comportato perdite secche in conto capitale, i rendimenti da riconoscere
agli stessi per un BTp decennale erano arrivati, nellautunno 2011, al 7,4% (ora i rendimenti del decennale
sono all1,78%).

Tenuto conto che il debito pubblica ha vita media residua di sette anni, con tali rendimenti, entro pochi anni
la spesa per interessi sarebbe raddoppiata, determinando la necessit di aumentare a dismisura la gi
considerevole pressione fiscale e comportando la grave crisi del sistema bancario e finanziario, colpiti dalla
perdita di valore della consistente parte di attivo costituito da titoli di debito (pi salgono i tassi, meno
valgono i titoli che offrono un rendimento minore di quei tassi), con il corollario della riduzione dellofferta
di credito, della necessit di aumenti di capitale, della riduzione delle pensioni in formazione presso i fondi
pensione.

Peraltro, per i motivi di cui si dato conto, la Banca centrale non poteva fronteggiare adeguatamente la
situazione determinatasi sui mercati.

In realt, la Bce aveva iniziato, tramite il programma Smp (Securities markets programme), a farsi
acquirente di titoli sovrani (e ricordiamo che gli acquisti, facendo salire il prezzo fanno diminuire i
rendimenti/spread), ma i mercati, sapendo che quel programma aveva un limite massimo di titoli che

potevano essere acquistati, non si erano definitivamente ritirati, aspettando solo che quel limite venisse
raggiunto.
Viene, a quel punto, raggiunto tra i paesi delleurozona laccordo su Esm (European stability mechanism)
e Fiscal compact: gli Stati devono prevedere in Costituzione (o in una norma di pari rango) il pareggio di
bilancio strutturalee si devono impegnare in un percorso di riduzione del debito esistente.
In sostanza (si pu consultare, al riguardo, questo articolo per maggiori approfondimenti), il trattato Fiscal
compact (e tutti i suoi corollari) si intende rispettato qualora un paese non sfori il limite di deficit del 3%
(pena immediata procedura di infrazione), apporti i correttivi di bilancio per corrispondere al pareggio
strutturale (tenuto conto del livello di output gap, quindi della distanza tra Pil potenziale e Pil attuale
determinato dalla congiuntura, di crisi o meno) e adotti riforme adeguate a ridurre, seppur presuntivamente,
il debito pubblico, la cui mancata riduzione, tuttavia, non viene sanzionata in via automatica (non si ha pi
notizia, infatti, della presunta necessit che lItalia dovesse ogni anno rientrare di una quota considerevole di
debito).
Con la costituzione del fondo Esm, che pu intervenire anche sul mercato primario (in asta di collocazione
dei titoli di Stato) stata inoltre creata unulteriore bocca di fuoco contro la speculazione (per
approfondimenti sul fondo Esm e sul reale costo per lItalia si veda questo articolo).
Unito al fatto, che, in caso di crisi, Bce e fondo Esm possono intervenire solo a condizione che il paese
aiutato sottoscriva un memorandum in cui si impegna ad adottare le riforme chieste dallUnione europea,
ecco che nel 2012 Mario Draghi pu pronunciare, senza paura di non essere credibile, la famosa frase
whatever it takes, cio che la banca centrale europea avrebbe difeso senza limiti leuro e leurozona.
A quel punto, quando la minaccia credibile, nessun investitore si mette contro una banca centrale che, in
teoria, pu, stampando moneta, comprare allinfinito facendo salire sempre il prezzo. Nessuno, cio, si
mette a vendere a 90 un bene che sa che domani potr essere quotato 95. Al contrario, diventa
compratore di quel bene, a prescindere che la minaccia della banca centrale si trasformi in realt. Cos come
stato, peraltro, in quanto la Bce non ha dovuto comprare in quella fase alcun titolo per portare, tra gli
altri, i titoli italiani ai pi bassi rendimenti di sempre, e questo ancor prima che venisse annunciato
ilQuantitative easing.
Notoriamente, per, una banca centrale non pu far altro che comprare tempo. La scommessa che lItalia
sia in grado, in quel lasso di tempo (pur ora dilatato dalQE), che non sar certo infinito, di adottare riforme
idonee a riorganizzare e ristrutturare la spesa, a ridurre drasticamente la pressione fiscale, a rendere pi
efficiente, attraente e competitivo il paese in tutte le sue articolazioni, compreso un sistema
scolastico/universitario totalmente inadatto alle attuali sfide globali.
Altrimenti, come ammoniva Shakespeare, la sua fine nota.

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