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Le porte della legge. Architetture di confine e analisi dello spazio ne Il processo di Orson Welles.

La faccenda troppo meschina per


rivolgersi a un legale, ma potrei aver ben
bisogno di un consigliere. S, ma se
devo farle da consigliere, bisogna che
sappia di che si tratta, disse la signorina
Brstner. proprio questo il guaio,
disse K., non lo so nemmeno io.
Franz Kafka, Il processo1

Alfred Hitchcock, che della suspense fu maestro, aveva capito fin troppo bene come tenere
col fiato sospeso i suoi spettatori dentro unaula di tribunale. Il dibattimento processuale
in un legal movie il dispositivo narrativo ideale per il bilanciamento delle attese
spettatoriali, e le relative oscillazioni verso il giustizialismo o verso il garantismo; complice
spesso, una forte presenza autoriale che svela all'ultimo indizi al pari di un teste rimasto
nell'ombra. Il caso Paradine, Io confesso, Il Ladro, Omicidio, Notorious sono solo alcuni fra i
titoli che dimostrano pi di una semplice affinit fra questa passione per lintrigo,
lassoluta maestria nel dipanare il racconto, e i temi della colpa e della giustizia. Hitchcock
a parte, il genere dei legal movies - da L'alibi era perfetto di Lang, o Anatomia di un omicidio
di Preminger fino a Il rapporto Pelican, Il cliente e tutti i famosi legal thriller tratti da
Grisham - tuttora molto fertile e praticato dallindustria2. la prova di una formula
perfetta fra racconto, suspense e piacere spettatoriale. La scena del processo, quando non
latto finale che ribalta con inatteso colpo di scena tutto limpianto di credibilit della
storia, costruito scena dopo scena, allora la cornice stessa entro cui si muove l'intero
racconto. Nelle articolazioni della dialettica accusatoria o difensiva, nei meandri della
logica che cerca di ricostruire la consequenzialit dei fatti, il filo del racconto viene come
dipanato al contrario inciampando in continui ribaltamenti e colpi di scena. lintrigo per
eccellenza.
Tornando a Hitchcock - e questo ci consentir di fare un passaggio in questa analisi, dal
piano narrativo a quello formale - il suo touch unico e inconfondibile nella misura in
cui la forma a diventare contenuto: vale a dire che ogni idea, nel suo cinema, viene svolta
in una forma puramente visiva. Diventa quindi linguaggio, lavoro dei codici. E infatti
lintrigo legale, e le forme visive che ne conseguono, servono perfettamente quello che in
Hitchcock il tema principale (e forse il suo peggiore fantasma di creazione): lo scambio di
colpa, il ribaltamento fra il falso colpevole e linnocente accusato, la vittima e il carnefice. Il
cinema, si sa, ragiona per immagini, costruisce pensieri con la sua materia despressione
principale, crea figure. A tale proposito, c unimmagine in Io confesso utile ad introdurre
questo nostro discorso sul visivo e sulle figure create a partire dal tema della legge e del
processo: la scena in cui il procuratore, seduto ad un tavolo, gioca a tenere in equilibrio
due posate su un bicchiere. In una seconda scena, lo vedremo invece coricato per terra
mentre tiene in equilibrio sulla fronte un bicchiere colmo dacqua: in Hitchcock lidea
della bilancia e della giustizia come gioco da salotto, gioco mondano, che condanna o
assolve senza pesare troppo le conseguenze; quasi fosse un gioco ai dadi, uno scherzo del
destino. Tema dai chiari risvolti esistenziali sul senso della colpa e dellinnocenza.
1

Franz Kafka, Il processo, Feltrinelli Milano 2006, p. 37.


Altri titoli famosi:Testimone daccusa (Wilder), La parola ai giurati (Lumet), Philadelphia (Demme), Erin
Brockovich (Soderberg), Fino a prova contraria (Eastwood), Il socio (Pollack), La giuria (Fleder), Michael Clayton
(Gilroy), per non parlare della serie televisiva di Perry Mason, in voga negli anni 50.

Lesempio di Hitchcock era utile per la figurativizzazione del tema (oltre che esempio
obbligato quando si parla di legge e di giustizia al cinema). Dobbiamo per lasciarcelo alle
spalle per continuare nellindagine, soffermandoci ora sulla spazializzazione del tema,
ovvero sul trattamento dello spazio.
In generale, il momento del processo sembra essere la zona di confine fra un ordine umano
(la legge stabilita da una comunit), e un ordine sovraumano o divino, al di sopra e fuori
dalla sua comprensione. Come l'anticamera di una giustizia finale che assolve o condanna,
e che a volte concede una seconda chance. In questo caso, capita che delle figure vicarie, e
rappresentanti in terra di questo secondo ordine, vengano in contatto con il soggetto
momentaneamente sotto accusa o "in transito" fra un ordine e un altro: il diavolo in Il cielo
pu attendere di Lubitsch, il commissario-traghettatore di anime in Una pura formalit
(Tornatore). L'idea del processo-interrogatorio come soglia fra un giudizio umano, e
temporaneo, ed un giudizio finale e divino produce sul piano figurativo delle architetture
di confine.
A tale proposito, ne Il processo di Orson Welles i passaggi interni da un luogo ad un altro
la casa, lufficio, le aule e le cancellerie del tribunale, i corridoi, gli archivi - costruiscono
uno spazio in perenne contiguit, uno spazio si potrebbe dire osmotico fra i due ordini
(anche contro ogni verosimiglianza di raccordo fra un spazio e un altro). Le innumerevoli
porte che K-Anthony Perkins apre, e le continue scale che percorre, conducono per ad
uno spazio dalle chiare tinte kafkiane: pi che altro sono forme di una mancata
comunicazione fra i due ordini; segno di un girare a vuoto oscuro e dai toni esistenziali,
pi vicino alle costruzioni labirintiche di un Escher, che luogo di confine purgatoriale (Una
pura formalit) che consente, previo proscioglimento dell'imputato, l'ascensioneassoluzione finale.
Il film si apre con un intro in voice over (lo stesso Orson Welles) sulla parabola della Porta
della legge, illustrata da una serie di diapositive che troveranno spiegazione solo alla fine:
un uomo si presenta davanti al guardiano della legge, resta per anni davanti a questa
enorme porta dal bagliore sovrannaturale quando, ormai vecchio e alla fine dei suoi giorni,
la porta gli sar chiusa per sempre. Segue uno spazio di confine, di transito: uno spazio fra
porte (come saranno tutti gli altri ambienti successivi) . la stanza dove K. viene sorpreso
al suo risveglio dai funzionari del tribunale che irrompono in casa per notificargli larresto.
La scena ha un forte gusto onirico (K. ha appena aperto gli occhi, mattina presto; la scena
in effetti potrebbe confondersi con il racconto del sogno). Lassurdo, oltre che per le
domande senza senso che i commissari rivolgono a K. (E perch si vorrebbe vestire in
bagno?, No. lei ha detto che si voleva vestire in corridoio) dato anche dal gioco degli
attori in scena, da quel continuo aprire e chiudere le due porte che danno accesso luna alla
stanza della Signorina Brstner la coinquilina della casa laltra al corridoio. Il gesto di
aprire porte o di cercarne e indovinarne la posizione percorre tutto il film (cos come era
nel testo di Kafka), e sembra essere da subito il principio strutturale attorno a cui si
organizza il tema del processo, e attorno a cui si strutturer tutto lo spazio del film3.
A guidare i percorsi di K., alla ricerca delle aule del tribunale che non gli vengono indicate
con esattezza, sembra essere il caso. K. sembra essere spinto al tribunale dal suo stesso
senso di colpa (si giustifica di tutto e con tutti), gi dalla prima scena in cui gli ispettori lo
accusano non si sa bene di cosa: () il tribunale attirato dalla colpa, K. ne dedusse che
la sala delludienza doveva trovarsi sulla scala che avrebbe casualmente scelto4. Il
passaggio da un ambiente ad un altro, non solo sconnesso (non raccordato in termini di
3
4

Quasi fosse il contrario della parabola delluomo che non riesce a varcare quelle porte.
Kafka, op. cit. p. 45

coerenza dei raccordi di movimento), e ancora una volta assurdo, ma sembra appunto
guidato da un destino scritto, o dal puro caso, che ha inchiodato K. alla sua condizione di
accusato. Dalla sua stanza in affitto allufficio, dal teatro dove gli viene comunicato
lindirizzo delludienza allaula del tribunale, dalle cancellerie allatelier del pittore
Titorelli fino allo studio dellavvocato (Orson Welles) che dovrebbe difenderlo, come se
fosse guidato allinterno di questo strano spazio labirintico e asfittico in cui passa da un
personaggio ad un altro, quasi dei traghettatori che dovrebbero accompagnarlo, ma che
invece lo fanno sempre pi girare in tondo, salire e scendere scale. Sembrano i guardiani
della parabola iniziale: Davanti alla porta della Legge c un guardiano. Luomo cerca di
sbirciare non gli stato forse insegnato che la legge uguale per tutti? Di sala in sala, di
porta in porta ogni guardiano pi potente dellaltro . Lunione di questi diversi
ambienti costituisce una sorta di unica architettura astratta - fatta di specchi, lenti
deformanti, scale, corridoi, scorciatoie, passaggi, cunicoli, stanze unarchitettura di
confine fra livelli, che tanto somiglia ad una figurazione metafisica della condizione
umana e della sua condanna. Daltronde questo sembra essere il senso della
miniaturizzazione del corpo di K. di fronte allimmensit inscrutabile delle statue del
palazzo - rappresentanti la Legge, la Giustizia;5 cos come di fronte alla porta dellaula
delludienza: al suo arrivo di dimensioni normali, alla sua uscita enorme rispetto a K. Il
tema della colpa del genere umano di cui solo K. sembra simbolicamente portare il peso
che sia per il peccato commesso di essersi chiesto cosa ci sia dopo, cosa ci sia al di l della
Porta (come nella parabola iniziale), sembra trovare una figurazione nellimmagine del
giudizio universale degli uomini, quando K. si trova ad attraversare la piazza piena di
corpi ammassati in attesa di giudizio.
Come si addice alle dimore che devono contenere la "verit", palazzi di giustizia o case di
Dio, le architetture della Legge sono sempre imponenti e austere (nel testo di Kafka: K. si
sent un po abbandonato, mentre passava da solo attraverso i banchi vuoti, forse
osservato dal sacerdote, e anche la vastit del duomo gli parve proprio al limite della
tollerabilit umana6). Per questo, nella scena finale si passa senza soluzione di continuit
dalla stanza del pittore, anchessa afferente agli uffici della Corte, alla chiesa. Dal giudizio
umano a quello divino. Il prete sul pulpito, anche lui infatti (come tutti gli altri) un uomo
di legge, ma di un tribunale pi alto questa volta. Tribunale dellultimo anello: la tua
causa sta andando male , K: non sono colpevole. Com possibile che un uomo sia
colpevole? Non siamo forse tutti quanti uguali noi altri? (). Subito dopo, con la stessa
fluidit con cui ci si mossi far gli ambienti, come se la figura del prete si confondesse
(venisse a sovrapporsi, a sostituirsi) con lavvocato (Orson Welles), e allora K. nel
momento della verit finale quasi una scena al cospetto di Dio: la congiura persuadere
tutti noi che il mondo intero sia pazzo, informe, privo di senso, assurdo, crede basti una
sentenza a non condannare luniverso intero alla follia?. La scena si richiude sullinizio,
sulle diapositive della parabola iniziale: lombra di K. illuminata dal proiettore manovrato
dallavvocato-ultimo guardiano dellultima porta viene a sovrapporsi sullo schermo alla
diapositiva della Porta della legge, che gli verr chiusa per sempre (questa porta era
destinata solo a te, e adesso io te la chiuder).
Uscito dalla stanza di proiezione (il segreto della vita?) K. lascia la chiesa; il prete gli
rivolge un ultimo appello: figliolo mio, io non sono suo figliolo, risponde K. . Luomo
che ha sfidato Dio andr incontro alla morte. Se K. non avesse peccato di presunzione,
sarebbe rimasto come gli altri, in quella bolgia di corpi in attesa di giudizio, ma avrebbe
vissuto almeno, anche se sospeso fra unaccusa in processo e unaltra imminente:
5
6

La Corte di Cassazione di Roma.


Kafka, op. cit. p. 189.

Ma neanche questa seconda assoluzione definitiva, disse K. e gir la testa contrariato.


naturalmente no, disse il pittore, alla seconda assoluzione segue il terzo arresto, alla
terza assoluzione il quarto arresto, e cos via. Ci rientra nel concetto di assoluzione
apparente. K. taceva. Evidentemente lassoluzione apparente non le sembra
vantaggiosa, disse il pittore, forse il rinvio le conviene di pi. vuole che le spieghi la
natura del rinvio?, K. annu.7

Kafka, op. cit. p. 146. Questa spirale senza speranza per Kafka la disperazione umana in relazione
allordine divino.

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