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REMO CAPONI

Ordinario dell’Università di Firenze

Interpretazione, traduzione e comparazione (1)

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Nuova traduzione in italiano del BGB. – 3. Diritto,


linguaggio e traduzione. – 4. Ambiti problematici della traduzione di
testi giuridici. – 5. Traduzione di testi giuridici come traduzione
d’autore. – 6. Traduzione come incontro tra culture. – 7. Traduzione di
testi giuridici come incontro tra ordinamenti. – 8. Segue: esempi. – 9.
Elogio della traduzione letterale? – 10. Osservazione conclusiva.

1
1. - In occasione di un incontro dedicato alla “Traduzione
d’autore”, svoltosi il 20 maggio 2005 presso l’Università di Pisa, lo
scrittore italiano Antonio Tabucchi, in dialogo con Bertrand Comment,
romanziere, saggista e traduttore delle sue opere in francese, ha
detto: “Per uno scrittore, tradurre un altro scrittore è una grande
forma di apprendimento. Si deve prestare la propria voce a una
persona che ha la sua voce in un’altra lingua: è un po’ come fare il
suggeritore. E poi ci vuole un grande amore per quello che si sceglie
di tradurre”.
Se si sostituisce il termine “scrittore” con il termine “giurista”,
queste parole di Antonio Tabucchi possono costituire un buon punto
di partenza per svolgere un breve discorso sulla traduzione di testi
giuridici, in occasione della traduzione in italiano del BGB, curata da
Salvatore Patti (1).

2. - L’iniziativa di pubblicare in italiano una nuova traduzione


del BGB, aggiornata con le ultime modifiche del testo legislativo (in
particolare con la riforma dello Schuldrecht, entrata in vigore il 1°
gennaio 2002), è meritoria, innanzitutto per il suo valore in sé: per il
difficile impegno d’équipe, distesosi in un arco di tempo pluriennale
ed al quale hanno partecipato valenti giuristi.
È triste dover constatare che i veri e propri tesori di cultura
giuridica in lingua tedesca, che hanno contribuito in modo
significativo a formare la base e la struttura del sistema concettuale
di molte branche del diritto nell’Europa continentale, rimangano oggi
frequentemente nascosti a molti giuristi europei.
Un tempo, direi fin verso l’inizio degli anni sessanta del secolo
XX, lo studio dei testi classici della letteratura giuridica tedesca era un
1
() Di seguito l’elenco dei contributi sulla traduzione (in particolare: di testi
giuridici) presi in considerazione nella stesura del testo: ARNTZ, Confrontare,
valutare, trasporre: metodi e problemi della traduzione giuridica, in La traduzione:
nuovi approcci tra teoria e pratica, a cura di R. Arntz, Napoli 1995, p. 137 ss.; DE
GROOT, La traduzione di informazioni giuridiche, in Ars interpretandi, 5 (2000), p. 135
ss.; ECO, COSENZA, Traduzione, in Dizionario di filosofia di Nicola Abbagnano, terza
edizione aggiornata e ampliata da Giovanni Fornero, Torino, 2000, p. 1112 ss.;
MAYER, TEDALDI, Traduzione di formulari giuridici, in www.tradulex.org; MAZZARESE,
Interpretazione giuridica come traduzione: tre letture di un’analogia ricorrente, in
Ars interpretandi, 5 (2000), p. 165 ss.; PATTI, Traduzione e interpretazione
nell’Unione europea: brevi appunti di un civilista, in Ars interpretandi, 8 (2003), p.
309 ss.; SACCO, La traduzione giuridica (1992), in Il linguaggio del diritto, a cura di U.
Scarpelli e P. Di Lucia, Milano, 1994, p. 475 ss.; SACCO, Lingua e diritto, in Ars
interpretandi, 5 (2000), p. 117 ss.; SANDRINI, Deutsche Rechtssprache für italienisches
Recht: Der Fall Südtirol, in Recht und Übersetzung, a cura di G.-R. De Groot e R.
Schulze, Baden-Baden, 1999, p. 189 ss.; SCHÜTZE, Probleme der Übersetzung im
Zivilprozeβrecht, in Festschrift für O. Sandrock, Heidelberg, 2000, p. 871 ss.

2
requisito quasi indispensabile nella formazione del giurista
universitario in Italia, specialmente del civilista.
Al giorno d’oggi, fra i giovani studiosi nelle diverse discipline
giuridiche, pochi studiano la lingua tedesca, pochi sono in grado di
leggere e di comprendere un’opera giuridica tedesca, ancora meno
coloro che sono in condizione di conversare con un collega tedesco
nella sua lingua madre, su un qualche istituto o aspetto
dell’esperienza giuridica tedesca.
Ben vengano quindi le opere di traduzione, che sono in grado di
ravvivare il vitale contatto con la cultura giuridica tedesca, e di
promuovere un nuovo interesse verso di essa.

3. – Qualcuno potrebbe obiettare che lo stretto legame tra il


diritto e la lingua in cui esso si esprime costituisce un argomento per
considerare in termini critici le iniziative di traduzione di testi giuridici.
In realtà, questo legame non può offrire un tale argomento,
altrimenti esso si risolverebbe in un’obiezione contro l’impiego di uno
strumento ancora frequentemente indispensabile per lo studio,
quanto meno a livello introduttivo, di molti ordinamenti giuridici di
paesi tradizionalmente lontani dalla nostra cultura, eppur sempre più
importanti sotto molteplici profili, nel quadro della mondializzazione
(basti pensare solo all’ordinamento giuridico cinese).
La stretta relazione tra diritto e linguaggio sollecita piuttosto a
considerare la particolare delicatezza del lavoro di traduzione di testi
giuridici, intesi questi ultimi, in prima approssimazione, in
un’accezione molto ampia, che si riferisce non solo ai testi normativi,
cioè ai testi che documentano proposizioni prescrittive, regole di
condotta (leggi, provvedimenti amministrativi e giudiziari, atti
negoziali privati), ma anche ai testi dottrinali, cioè ai testi che
documentano le riflessioni dello scienziato del diritto.

4. – In questo contributo si tenta di delineare, senza pretesa di


sistematicità, qualche problema relativo alla traduzione di testi
giuridici, specialmente normativi, che si riferiscono ad ordinamenti
giuridici stranieri (in particolare all’ordinamento tedesco). Un cenno
sarà riservato ai problemi sollevati dalla traduzione di testi giuridici,
quando l’ordinamento giuridico di riferimento è il medesimo, come
accade per esempio in Canada o, in Italia, nella provincia autonoma di
Bolzano
Non si affrontano invece i problemi derivanti dalla pluralità di

3
linguaggi giuridici in una stessa lingua. Ciò accade per esempio nella
lingua tedesca, in conseguenza della pluralità di ordinamenti giuridici
nazionali che trovano in essa il proprio mezzo di espressione. Così la
terminologia giuridica della Germania non coincide con quella
dell’Austria, né con quella della Svizzera tedesca. Ciò accade anche
nella lingua italiana: la terminologia giuridica dell’Italia non coincide
con la terminologia della Svizzera italiana.
Fuoriesce inoltre dal campo di osservazione, in quanto
meriterebbe una trattazione distinta, impossibile in questa sede,
l’ipotesi in cui il traduttore sia investito del potere di istituire
autoritativamente un’equivalenza tra due o più termini appartenenti a
lingue e/o ordinamenti giuridici diversi (2). Così accade se il legislatore
è plurilingue ed impone che due o più testi abbiano lo stesso
significato. Ad esempio, il diritto dell’Unione europea è unico
nonostante esso si esprima nelle diverse versioni delle lingue ufficiali.
Pertanto la Corte di giustizia delle Comunità europee interpreta le
norme comunitarie alla luce di tutte le loro versioni linguistiche (3).

5. - All’interno della traduttologia o scienza della traduzione (a


seconda che si preferisca denominare tale disciplina secondo il calco
dal francese traductologie o dal tedesco Übersetzungswissenschaft),
la traduzione di testi giuridici è considerato fra i problemi più difficili e
complicati.
La linguistica ha sviluppato uno specifico ambito tematico, la
linguistica giuridica o giurilinguistica, all’interno del quale questo
problema è scientificamente affrontato. Esso non è rimasto estraneo
nemmeno alle riflessioni dei giuristi, in particolare agli studiosi di
diritto comparato, che hanno cercato di mettere in luce le notevoli
interrelazioni tra la lingua del testo di partenza, il sistema giuridico cui
esso si riferisce e i problemi sollevati dalla sua traduzione.
Come si è anticipato fin dalla citazione introduttiva delle parole
di Antonio Tabucchi, la traduzione di testi giuridici si profila
tendenzialmente come una traduzione d’autore, cioè come un’opera
affidata preferibilmente ad un giurista. In favore di questa
impostazione militano ragioni incisive, almeno quanto quelle che
possono sostenere la necessità di affidare la traduzione di testi
letterari ad uno scrittore.
La traduzione di testi letterari è essenzialmente finalizzata alla
2
() Cfr. SACCO, La traduzione giuridica, cit., p. 487.
3
() Sul punto v. le osservazioni di BIAVATI, Europa e processo civile, Torino,
2003, p. 109 ss.

4
fruizione dell’opera letteraria in sé e per sé, per cui è preferibile che
la voce dello scrittore nella lingua di partenza sia intermediata dalla
voce di un altro scrittore nella lingua di arrivo. Solo indirettamente e
di riflesso, la traduzione di un testo letterario può costituire la
premessa per la scelta di una regola di condotta da seguire.
La traduzione di testi giuridici, in particolare di carattere
normativo, oltre che essere uno strumento per la migliore conoscenza
dell’ordinamento da cui si traduce, è frequentemente, specialmente
quando si inserisce nell’ambito dell’attività del giurista pratico (sia
esso legislatore, amministratore, giudice, avvocato, o notaio, ecc.), la
premessa per la scelta di una regola di condotta (4).
È preferibile pertanto che quest’opera sia compiuta da un
giurista (la cui lingua madre sia quella in cui il testo deve essere
tradotto). Più precisamente, l’opera compete al giurista rivestito di
una duplice qualificazione: che sia esperto di quella branca del diritto
di cui tratta il testo da tradurre e che abbia altresì una solida
competenza comparatistica fra i due ordinamenti giuridici che
entrano in considerazione nel lavoro di traduzione (5). L’operare
combinato ed armonico di questi due saperi specialistici è in grado di
assicurare, ove possibile, che due idee, tratte da sistemi giuridici
diversi, si equivalgano.

6. - Da un angolo visuale generale, la traduzione è stata definita


come il processo attraverso cui un testo-fonte in una lingua viene
reso in un’altra lingua in modo che il testo di arrivo sia giudicabile
come simile o equivalente a quello del testo fonte (6). Già da questa
breve definizione si può desumere che la traduzione consiste nella

4
() Cfr. il taglio pragmatico di SCHÜTZE, Probleme der Übersetzung im
Zivilprozeβrecht, cit., p. 871 ss., p. 874, ove la traduzione difettosa è equiparata al
difetto di traduzione e quindi all’inefficacia dell’atto di cui sia richiesta la traduzione.
Cfr. per esempio l’art. 8 del regolamento n. 1348 del 2000, relativo alla
notificazione ed alla comunicazione negli Stati membri dell’Unione europea degli
atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale. Questa disposizione
fonda il diritto del destinatario di rifiutare la ricezione di un atto che sia redatto in
una lingua diversa da quella ufficiale dello Stato membro richiesto o da quella dello
Stato membro mittente da lui compresa. In tema cfr., da ultimo, Corte giustizia delle
Comunità europee, 8 novembre 2005, n. 443/03, secondo cui l’art. 8 cit. deve
essere interpretato nel senso che, qualora il destinatario di un atto lo abbia rifiutato
in quanto non redatto in una delle due lingue, il mittente ha la possibilità di sanare il
vizio retroattivamente inviando la traduzione richiesta (i termini a carico del
destinatario decorrono pur sempre dalla ricezione della traduzione).
5
() Cfr. infatti GAMBARO, MONATERI, SACCO, voce Comparazione giuridica, in
Digesto civ., III, Torino, 1988, p. 48 ss., p. 53 secondo i quali la comparazione
giuridica utilizza come referenti tanto la regola giuridica operazionale, quanto le
formule in cui questa regola viene verbalizzata.
6
() Cfr. ECO, COSENZA, voce Traduzione, cit., p. 1112.

5
ricerca di un’equivalenza di significato che si articola in due
operazioni: a) la ricerca del significato nella lingua di partenza del
termine da tradurre; b) la ricerca del termine adatto nella lingua di
arrivo per esprimere quel significato (7).
I linguisti ci suggeriscono che la prima operazione si compie se
si chiarisce dapprima il settore dell’esperienza al quale il termine
appartiene, mediante la sua definizione e la collocazione nel suo
ambiente linguistico, se si analizzano poi i contesti tipici in cui il
termine è impiegato, se si segnano infine le eventuali limitazioni
d’uso, per esempio di tipo regionale o stilistico (8). Successivamente si
compie la seconda operazione, seguendo lo stesso iter con
riferimento ai termini che entrano potenzialmente in considerazione
nella lingua di arrivo, al fine di individuare quello equivalente.
Per inquadrare teoricamente queste due operazioni è
necessario rifarsi a quella vera e propria svolta che, nella storia della
riflessione sull’opera del tradurre, si produce fra la fine del ‘700 e
l’inizio dell’800 nel pensiero tedesco. In seguito a ciò, la traduzione
viene trattata come un problema essenzialmente filosofico ed
ermeneutico: essa “viene vista non solo come un incontro fra lingue
ma fra culture e visioni del mondo diverse. Il traduttore deve adattare
la sua propria lingua e cultura alle condizioni linguistiche e culturali
del testo-fonte, farvi accedere i propri lettori e [..] capire il testo
‘meglio di quanto non lo capisse l’autore stesso’” (9).
È quasi banale osservare che non sempre la ricerca del
significato equivalente può essere coronata da successo già nel
linguaggio comune, quando il termine da tradurre ha un referente
peculiare nella realtà o nella tradizione del paese di origine, che non
trova paragoni altrove. In tal caso frequentemente la lingua di arrivo
non avrà un termine di significato equivalente. Tuttavia non si tratta
normalmente di una difficoltà insuperabile. Una volta identificato il
significato nella lingua di partenza, il traduttore può ripiegare su una
perifrasi che tematizzi sinteticamente quella realtà o quella tradizione
cui si riferisce il termine da tradurre.

7. - Se si tratta della traduzione di un testo giuridico, ed in


particolare di un testo normativo, quell’incontro fra culture e visioni
del mondo diverse in cui sempre si risolve l’opera di traduzione si

7
() Così, SACCO, La traduzione giuridica, cit., p. 480.
8
() Cfr. MAYER, TEDALDI, Traduzione di formulari giuridici, cit., p. 2.
9
() Cfr. ECO, COSENZA, voce Traduzione, cit., p. 1113, che riferiscono in
particolare il pensiero di Schleiermacher.

6
profila specificamente come incontro fra i due ordinamenti giuridici
che costituiscono i termini (di partenza e di arrivo) dell’opera di
traduzione. Così si tratta di cogliere, in primo luogo, il significato
dell’enunciato da tradurre non solo nel linguaggio giuridico, ma anche
– e soprattutto - nell’ordinamento giuridico di partenza e, in secondo
luogo, di individuare l’enunciato che esprime il significato equivalente
nella terminologia e nell’ordinamento giuridico di arrivo.
Ci si trova dinanzi ad una duplice e parallela opera di
interpretazione. Poiché quest’ultima non può mai rinunciare ad essere
sistematica e nessun ordinamento giuridico è identico all’altro, la
ricerca del significato giuridicamente equivalente è destinata sempre
a conseguire, anche quando è condotta a regola d’arte, un risultato
approssimativo e talvolta è destinata all’insuccesso. Una piena
equivalenza si può conseguire solo quando le due lingue hanno per
referente lo stesso ordinamento giuridico, come accade all’interno di
un sistema giuridico bilingue o multilingue (ad esempio, in Svizzera o
in Belgio) (10).
In altri termini, l’equivalenza linguistica fra due termini,
rispettivamente nella lingua di partenza e nella lingua di arrivo, non
comporta automaticamente la loro equivalenza giuridica. Al contrario,
il rapporto tra il termine giuridico ed il concetto che esso esprime non
rimane inalterato in tutte le lingue, proprio perché la terminologia
giuridica è sempre il veicolo di espressione di un determinato
ordinamento giuridico e l’ordinamento di origine è normalmente
diverso dall’ordinamento giuridico di traduzione, se si eccettua
l’ipotesi della traduzione all’interno di uno stesso ordinamento
giuridico bilingue o multilingue.
Questo è il vero problema della traduzione giuridica. Il fatto che
due termini siano linguisticamente corrispondenti e mutualmente
traducibili nelle due lingue non implica che essi esprimano dei
concetti e/o delle regole giuridiche identiche.
Un esempio: non vi è dubbio che la parola tedesca Besitz si
presta perfettamente ad essere tradotta in italiano con possesso.
Mentre secondo il diritto civile tedesco Besitz significa potere di fatto
sulla cosa in genere, secondo il diritto civile italiano (quanto meno alla
stregua dell’orientamento tradizionale) possesso significa potere di
fatto sulla cosa con animus domini (11). Anche in questo caso si

10
() Cfr. DE GROOT, La traduzione di informazioni giuridiche, cit., p. 137.
11
() Così, SACCO, La traduzione giuridica, cit., p. 477. Per una serrata critica di
questa opinione tradizionale, v. tuttavia PATTI, Una nuova lettura degli articoli 1140 e
seguenti c.c., in Riv. dir. civ., 2003, I, p. 149 ss.

7
registra un’equivalenza linguistica ed una diversità giuridica.
Queste difficoltà del lavoro di traduzione non costituiscono però
un motivo - nemmeno nel più ristretto settore della traduzione
giuridica - per accogliere la tesi che, muovendo dalla differenza tra le
culture, argomenta l’incommensurabilità tra i sistemi linguistici e
quindi l’impossibilità di trasferire i contenuti di una lingua in un’altra
(12).
Una soluzione del problema - per contrapposizione - si intravede
se si analizza dapprima il modo di lavorare dello storico del diritto,
che parimenti opera a cavallo di più ordinamenti che si succedono
non nello spazio, bensì nel tempo. Lo storico del diritto di proprietà
non può certamente rinunciare ad impiegare il termine proprietà nello
svolgimento del suo discorso, pur nella consapevolezza che esso ha
assunto significati e contenuti radicalmente diversi nelle diverse
epoche storiche. Il suo lavoro consiste proprio nel tematizzare queste
differenze, richiamando su di esse l’attenzione del lettore attraverso
qualificazioni del sostantivo proprietà che lo mettano in relazione con
l’epoca storica di cui si parla (ad esempio: proprietà medievale,
proprietà moderna)(13).
E il traduttore? Certamente non si può pretendere da lui,
quand’anche abbia la competenza del comparatista, che egli
tematizzi e verbalizzi le differenze giuridiche tra l’enunciato nella
lingua di partenza e l’enunciato nella lingua di arrivo, altrimenti il suo
lavoro si snaturerebbe e diventerebbe sic et simpliciter un’opera di
comparazione giuridica. Il compito di cogliere tali differenze e di
evitare di mettere sullo stesso piano equivalenza linguistica ed
equivalenza giuridica deve essere affidato necessariamente alla
cultura dei lettori destinatari della traduzione. Il traduttore può venir
loro incontro, attraverso un impiego consapevole ed equilibrato (e
spesso combinato tra di loro) degli strumenti della perifrasi e del
neologismo.

8. - È opportuno fare qualche esempio, sempre a cavallo tra

12
() Si può ricordare l’opinione - citata da ECO e COSENZA, voce Traduzione, cit.,
p. 1112 - di CROCE, La poesia. Introduzione alla critica e storia della poesia e della
letteratura, 1936. Secondo Croce è impossibile tradurre la poesia a causa
dell’unicità e irripetibilità di ogni singola espressione del linguaggio. Egli ammette
però l’esistenza di alcuni gradi di traducibilità, ad esempio in relazione ai testi
scientifici, la cui traduzione sarebbe facilitata dall’esistenza di una terminologia
tecnica condivisa a livello internazionale. È evidente che il discorso di Croce si
attesta essenzialmente ai testi delle scienze naturali.
13
() Cfr. GROSSI, voce Proprietà (dir. interm.), in Enc. del Dir., XXXVII, Milano,
1988, p. 226 ss.

8
l’ordinamento giuridico tedesco ed italiano.
Se si scrivesse che il processo civile tedesco si ispira al
“principio della trattazione”, intendendo con ciò tradurre il termine
Verhandlungsmaxime, ci si rifarebbe ad un’efficace equivalenza
linguistica, che però non è in grado di tradursi in un’equivalenza
giuridica, se non attraverso un’opera interpretativa condotta
sull’apparato terminologico e concettuale del sistema giuridico di
arrivo. Infatti la dogmatica processuale italiana non conosce in realtà
un “principio della trattazione”. Né il referente potrebbe essere
agevolmente colto attraverso l’analisi del significato tecnico-
processuale del termine “trattazione”, impiegato nel codice di
procedura civile italiano (14). Questa operazione non sarebbe però
scorretta: si sarebbe anzi opportunamente rispettato il valore di
precedente dell’opera di autori (ad esempio, Mauro Cappelletti), che
hanno reso Verhandlungsmaxime come principio della trattazione ed
hanno introdotto così nel nostro linguaggio giuridico un neologismo
(15), il cui significato può essere spiegato con un’ampia perifrasi: il
principio in base al quale è compito delle parti allegare nel processo i
fatti rilevanti per la decisione della controversia e indicare al giudice i
mezzi di prova.
Un secondo esempio può essere ripreso dalla riflessione sulla
traduzione della norma - recentemente introdotta nel BGB a seguito
della riforma del diritto delle obbligazioni – che ha codificato l’istituto
della culpa in contrahendo (§ 311 BGB), finora affidato
all’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale sulla base del principio
generale di buona fede (§ 242 BGB) ( 16). Per l’interprete/traduttore
sorge il problema di distinguere nel linguaggio giuridico di arrivo
l’espressione delle prime due fattispecie di responsabilità
precontrattuale previste dal § 311, comma II BGB: 1. die Aufnahme
von Vertragsverhandlungen; 2. die Anbahnung eines Vertrags. Un
primo lavoro di traduzione “alla lettera” conduce ad esprimere le due
fattispecie rispettivamente come “inizio (o “apertura”) delle trattative
contrattuali” e come “avvio di un contratto”. Mentre il significato del
14
() Cfr. il titolo della seconda sezione del secondo capo del primo titolo del
secondo libro del codice.
15
() È opportuno precisare che per neologismo si intende non già qualsiasi
termine che non esiste nella lingua di arrivo, ma qualsiasi termine che non
appartiene alla terminologia del sistema giuridico di arrivo. Questa ampia nozione di
neologismo è un corollario della concezione da noi accolta, secondo la quale il
termine deve essere tradotto dalla terminologia del sistema giuridico che si esprime
nella lingua di partenza alla terminologia del sistema giuridico che si esprime nella
lingua di arrivo: cfr. DE GROOT, La traduzione di informazioni giuridiche, cit., p. 145.
16
() Cfr. PATTI, Traduzione e interpretazione nell’Unione europea: brevi
appunti di un civilista, in Ars interpretandi, 8 (2003), p. 309 ss., p. 313 s.

9
primo enunciato nella terminologia giuridica italiana è chiaro, il
significato del secondo è oscuro. Si ripropone pertanto un problema
analogo a quello già considerato in relazione alla traduzione di
Verhandlungsmaxime.
Una prima differenza rispetto al primo esempio può essere
intravista nel fatto che, trattandosi di una formula di recente conio
legislativo, non ci si può valere del precedente costituito da anteriori
traduzioni. Anche in questo secondo esempio, tuttavia,
l’interpretazione della nozione di Anbahnung eines Vertrags nel
sistema giuridico di partenza conduce a confermare l’adeguatezza
della traduzione letterale - da qualificare anche in questo caso come
neologismo - alla quale d’ora in poi dovrebbe essere prestata
attenzione per il suo valore di precedente.
Una seconda differenza rispetto al primo esempio è che
nell’ordinamento italiano non ci sono regole giuridiche equivalenti alla
Anbahnung eines Vertrags, con le conseguenze che la traduzione
letterale è preferibile (e comunque è quasi necessitata); che è quindi
difficilmente praticabile l’idea di spiegare il significato giuridico del
termine direttamente nel testo della traduzione, attraverso una
perifrasi che non snaturi quest’ultima e non la trasformi in un
commento di diritto comparato; che è inevitabile affidare alla cultura
dei destinatari della traduzione il compito di comparare il significato
giuridico dell’espressione tradotta con i concetti e le regole giuridiche
dell’ordinamento giuridico di arrivo. A questo proposito si ricorda che
le strettoie applicative generate dal § 823 BGB, che disciplina le
fattispecie generatrici di responsabilità civile con riferimento a beni
giuridici e diritti tendenzialmente determinati, hanno costretto la
giurisprudenza tedesca a qualificare come ipotesi di responsabilità
precontrattuale fattispecie di illecito che nell’ordinamento italiano
rientrerebbero nella norma generale sulla responsabilità aquiliana
(art. 2043 c.c.): classici sono i casi della persona che, entrata in un
grande magazzino, si ferisce scivolando su una buccia di banana o
venendo colpita da un rotolo di linoleum. Sono queste le fattispecie
cui il legislatore tedesco ha pensato nel dettare la formula
Anbahnung eines Vertrags (17).
Nel trovare un’equivalenza tra la frase da tradurre e la frase da
impiegare nella traduzione, il compito del traduttore evidentemente
può essere facilitato o essere reso più difficile dai caratteri delle due
lingue (di partenza e di arrivo) e del testo che è chiamato a tradurre.
17
() Cfr. PATTI, Traduzione e interpretazione nell’Unione europea: brevi appunti
di un civilista, cit., p. 314.

10
Traendo esempio dalla traduzione in italiano del BGB, si deve
osservare che la ricerca del significato giuridico della frase da
tradurre è facilitata dal fatto che la scuola pandettistica tedesca del
XIX secolo delinea un insieme di concetti analitici e ben coordinati,
vicini all’ideale per cui ad un concetto corrisponde un solo vocabolo e
ad ogni vocabolo corrisponde un solo concetto. Ciò si riverbera sul
BGB, ed in particolare sul suo Allgemeiner Teil.

9. - È opportuno confrontarsi con una possibile obiezione alla


qualificazione della traduzione di testi giuridici, tendenzialmente,
come traduzione d’autore.
L’obiezione è la seguente: poiché non si può pretendere dal
traduttore che egli tematizzi e verbalizzi di regola le differenze
giuridiche tra l’enunciato nella lingua di partenza e l’enunciato nella
lingua di arrivo, allora si potrebbe rinunciare a pretendere che la
traduzione di testi giuridici sia compiuta necessariamente (o quanto
meno preferibilmente) da un giurista, per affidarla ad un traduttore
esperto delle due lingue, con l’aiuto di un dizionario tecnico-giuridico.
D’altra parte, se il compito di cogliere tali differenze deve essere
rimesso tendenzialmente alla cultura dei lettori destinatari della
traduzione, allora è preferibile adottare una traduzione quanto più
vicina possibile alla lettera del testo di origine, per evitare che le
libertà interpretative del traduttore ostacolino la corretta
comprensione da parte dei destinatari.
Certamente non si può negare l’esistenza di ottimi traduttori
che, pur non essendo giuristi, raggiungono eccellenti risultati,
specialmente grazie all’esperienza ed al confronto con i giuristi. Come
non si può negare che frequentemente una traduzione letterale si
riveli preferibile.
Tuttavia l’obiezione non può essere integralmente accolta, in
quanto si risolve - specialmente per quanto attiene alla prevalenza
accordata alla traduzione letterale - in un’indebita generalizzazione
dei due esempi svolti nel paragrafo precedente. Per dimostrarlo si può
formulare un terzo esempio, tratto dall’impiego della terminologia
giuridica tedesca per esprimere il diritto e le istituzioni italiane nella
provincia autonoma di Bolzano (18).
Nelle traduzioni di molti testi di legge e di documenti pubblici
più risalenti nel tempo, l’organo titolare del potere esecutivo nella
provincia autonoma di Bolzano, la giunta provinciale, era tradotto in
18
() L’esempio è tratto da SANDRINI, Deutsche Rechtssprache für italienisches
Recht: Der Fall Südtirol, cit., p. 189 ss.

11
tedesco in modo letterale come Landesausschuss. Per un cittadino di
lingua tedesca è però difficile cogliere che questo termine si riferisce
all’organo titolare del potere esecutivo: a tal fine l’espressione
Landesregierung avrebbe un significato ben più trasparente. La scelta
di tradurre giunta provinciale come Landesausschuss era
consapevole: la traduzione in tedesco cercava di rimanere più vicina
possibile all’originale italiano, a costo di introdurre un neologismo di
difficile comprensione, per segnalare che il referente era
un’istituzione italiana che non trova paragoni in Germania (e
nemmeno in Austria), a causa della notevole differenza di poteri tra la
giunta provinciale della provincia autonoma di Bolzano e il governo di
un Land.
Il fondamento scientifico di questa scelta era il rispetto del
canone della Eineindeutigkeit, secondo la quale per esprimere un
concetto tecnico si richiede una sola denominazione, la quale non può
essere riferita a nessun altro concetto. Evitando di tradurre giunta
provinciale come Landesregierung si era inteso neutralizzare il
pericolo di risvegliare nel lettore l’idea di una (falsa) identità di
istituzioni, proprie di due ordinamenti giuridici diversi.
A partire dalla seconda metà degli anni ’80 del XX secolo si è
invece operata la scelta diametralmente opposta (si è cominciato cioè
a tradurre giunta provinciale come Landesregierung), con l’obiettivo
politico di avvicinare anche dal punto di vista linguistico la
popolazione italiana di lingua tedesca al Land austriaco del Tirolo.
L’assoluto rispetto del canone della Eineindeutigkeit avrebbe
comportato la creazione di una terminologia giuridica tedesca limitata
al Tirolo del Sud e quindi avrebbe condotto alla regionalizzazione e
all’isolamento linguistico della minoranza tedesca: esattamente
l’opposto della finalità contemplata da tutte le norme di tutela
linguistica (19). In questo modo il compito di distinguere dal punto di
vista giuridico la Landesregierung di un Land austriaco dalla giunta
provinciale della Provincia autonoma di Bolzano, nonostante l’identica
denominazione in lingua tedesca, è integralmente rimesso alla cultura
dei destinatari della traduzione.

10. - L’esempio appena svolto offre lo spunto per una


osservazione conclusiva, diretta a sottolineare quanto siano
importanti considerazioni di ordine pragmatico, attinenti al contesto
ed alla finalità concreta della traduzione del testo giuridico, nella
19
() SANDRINI, Deutsche Rechtssprache für italienisches Recht: Der Fall Südtirol,
cit., p. 189 ss.

12
scelta dei termini appropriati nella lingua di arrivo. È possibile che in
un particolare contesto e/o in vista di una determinata finalità certi
vocaboli siano degli equivalenti accettabili, mentre non lo siano in
contesti differenti (20).
Alla salvaguardia di questi contesti e di queste finalità si adatta
forse in modo migliore la figura del traduttore giurista (qualora abbia
una passione per la dimensione linguistica della traduzione), piuttosto
che la figura del traduttore linguista (che in ogni caso dovrebbe avere
una solida preparazione giuridica).
La consapevolezza dell’importanza del contesto e della finalità
concreta della traduzione non impedisce di guardare con attenzione,
mista però a grande prudenza, ai plurimi tentativi di
standardizzazione delle traduzioni giuridiche (21).

20
() Cfr. DE GROOT, La traduzione di informazioni giuridiche, cit., p. 139.
21
() Si veda per esempio la proposta di SACCO, Lingua e diritto, cit., p. 128.

13
1

() Testo della relazione svolta il 20 giugno 2005 presso l’Ambasciata d’Italia a Berlino, in
occasione della presentazione della traduzione in italiano del BGB, curata da Salvatore Patti
(Giuffrè e Beck, 2005).

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