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energiealternative presenta

UNO STUDIO SULLA TECNOLOGIA LED


PER LA PROMOZIONE DEL RISPARMIO
ENERGETICO

Le caratteristiche degli apparecchi e le sue


applicazioni pratiche nelle strutture pubbliche

A cura di
Andrea Ranieri

Campagna sul risparmio e l’efficienza energetica, condotta


dal dipartimento ‘Ambiente e Energia’ del Circolo “Fabrizio
Pieragnoli” del Partito della Rifondazione Comunista –
Sezione di Fara Filiorum Petri.
1) La tecnologia LED

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LED è l’acronimo di Light Emitting Diode (diodo ad emissione luminosa) ed è stato sviluppato nel 1962 da Nick
Holonyak Jr.
Un diodo è il più semplice tipo di semiconduttore esistente. Un semiconduttore è un materiale capace di far passare
o meno elettricità (la quantità è variabile e dipende ovviamente dal tipo di materiale con cui è composto). Molti
semiconduttori sono creati da materiale poco conduttori che però vengono modificati (dopati nel gergo elettronico)
per cambiare il bilanciamento interno tra le cariche positive e negative (da cui dipende la conduttività).
Nel caso dei LED, il materiale usato è un composto di alluminium-gallium-arsenide che ha un perfetto
bilanciamento tra cariche positive e negative e che quindi non lascia elettroni liberi in grado di far passare corrente
elettrica. Una parte di questo materiale viene modificato (dopato) aggiungendo carica positiva (ovvero dei buchi in
cui gli eletttroni di carica negativa cercano di inserirsi) da un lato e cariche negative dall’altro.
La regione con cariche positive aggiunte è detta P-region mentre l’altra N-region.
In un diodo, vengono usati materiali di tipo N e materiali di tipo P per creare il chip. Quando nel chip non è
applicato alcun voltaggio, gli elettroni di carica negativa trovano e riempiono i buchi (con carica positiva) nella zona
di contatto (al centro del chip), formando una giunzione detta anche depletion zone. In questa giunzione, tutti i buchi
risultano riempiti e quindi formano una barriera isolante in cui nessuna carica può circolare da una regione all’altra.

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Le cariche negative e quelle positive che vengono a contatto nella giunzione tra la P-region e la N-region e
formano una zona in cui nessun elettrone riesce più a passare
Per eliminare la giunzione, bisogna far si che le cariche negative passino dalla regione N alla regione P e le cariche
positive facciano l’inverso. Per ottenere questo è necessario connettere una batteria al diodo facendo attenzione che
il polo negativo sia connesso alla regione N.

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Una batteria collegata opportunamente ad un Led fa si che le cariche negative nella depletion zone si liberino e di
fatto annullano la barriera tra le due regioni
In questa maniera, gli elettroni liberi nella regione N, respinti dalle cariche negative si spostano verso la regione P. Allo
stesso modo, i buchi della regione P si muovono verso la regione N. Quando la carica tra gli elettrodi supera un certo
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voltaggio, gli elettroni negativi nella giunzione vengono espulsi dai buchi che occupavano e diventano nuovamente
liberi, di fatto eliminando la barriera che creavano in precedenza e facendo viaggiare la corrente tra i due elettrodi.
La luce è una forma di energia che viene rilasciata da un atomo. Questa è composta da piccolissime particelle chiamate fotoni
che rappresentano la singola unità di luce.
In un atomo, ci sono differenti elettroni che si muovo in un orbita intorno al nucleo. A seconda dell’orbita, un elettrone ha
una certa quantità di energia. Più l’orbita è larga, più esso è carico.
Quando un elettrone passa da un orbita larga ad una inferiore, esso perde un pò della sua energia e lo fa sotto forma di un
fotone. Più è alta l’energia rilasciata dall’elettrone , più il fotone è potente.
Nel nostro LED abbiamo visto come le cariche negative della regione N passano nella regione P per occupare i buchi con
carica positiva. Visto che i buchi hanno un quantitativo di energia inferiore alle cariche negative, esse devono consumare
della carica per poterli occupare e generano quindi fotoni (producendo la luce che vediamo).

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Quando la carica negativa raggiunge quella positiva libera un fotone


In pratica un LED trasforma l’energia elettrica in energia luminosa. Il funzionamento del led si basa sul fenomeno detto
“elettroluminescenza”, dovuto alla emissione di fotoni (nella banda del visibile o dell’infrarosso) prodotti dalla
ricombinazione degli elettroni e delle lacune allorchè la giunzione è polarizzata in senso diretto.
Il colore (lunghezza d’onda) della luce emessa, l’efficienza nella conversione elettro-ottica e quindi l’intensità luminosa ottenuta
dipende dalla natura e condizione del semiconduttore utilizzato e si estende dall’infrarosso, alla gamma della luce visibile fino in
prossimità degli ultravioletti.

2) La tecnologia LED allo stato attuale


I grandi produttori hanno dichiarato che nei prossimi anni investiranno gran parte dei loro capitali nello sviluppo delle
apparecchiature a LED.
La tecnologia LED rappresenterà sicuramente il futuro dell’illuminazione in quanto può garantire numerosi vantaggi:
• diminuzione della quantità di “materia” utilizzata per la loro produzione; rispetto ai prodotti tradizionali comporta quindi
una riduzione degli ingombri e dei pesi, determinando una agevolazione nell’approvvigionamento, stoccaggio e trasporto
dei materiali e nella produzione industriale
• ridotto contenuto di sostanze tossiche o nocive; le parti componenti dei LED sono facilmente disaggregabili, smaltibili e
riciclabili (allo stesso livello dei normali diodi che si utilizzano in elettronica)
• ridotta emissione di raggi UV ed IR
• lunga durata della vita media
• tecnologia in costante evoluzione
Allo stato attuale esistono già buoni apparecchi di illuminazione a LED per gli ambiti ciclo-pedonali, illuminazione
d’accento ed illuminazione artistica e di parchi.
Per quanto riguarda invece l’illuminazione stradale occorre sottolineare che questo è un ambito estremamente
tecnico e richiede apparecchi molto performanti: il LED è una luce essenzialmente “direzionale” e pertanto presenta
generalmente un fascio concentrato di luce molto forte. Questa luce va quindi distribuita attraverso ottiche per
garantire la giusta uniformità sulla sede stradale e ridurre l’abbagliamento che tali sorgenti potrebbero provocare: in
questo modo si riduce notevolmente l’efficienza luminosa degli apparecchi a LED; da diverse sperimentazioni sul
campo e con software di calcolo illuminotecnico è emerso che generalmente gli apparecchi a LED che garantiscono
la giusta uniformità non riescono a mantenere un illuminamento a terra sufficiente e viceversa, con fasci concentrati
garantiscono un illuminamento a terra sufficiente ma poi non riescono a mantenere la corretta uniformità.
Ad oggi pertanto gli apparecchi a LED non riescono ad essere così performanti come i tradizionali apparecchi al
sodio, come verrà indicato nei paragrafi seguenti. Questo non significa che i LED non saranno mai così
performanti come le lampade tradizionali: la tecnologia a LED si sta sviluppando in maniera incredibile (basti

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pensare che neanche 5 anni fa a stento si arrivava ai 50 lm/W) e per questo motivo è molto probabile che nei
prossimi 10 anni gli apparecchi stradali con questa tecnologia sorpassino come prestazioni gli apparecchi
tradizionali.
Questo articolo va pertanto letto unicamente alla luce dello stato attuale della tecnologia a LED e non come
negazione assoluta dell’applicazione di tale tecnologia all’illuminazione pubblica.

3) Le caratteristiche degli apparecchi a LED


Per l’illuminazione pubblica di esterni, vengono utilizzati i cosiddetti Power LED (LED ad alta resa luminosa); per
queste sorgenti i parametri più importanti per la definizione dell’affidabilità e della funzionalità sono:
• Flusso luminoso : il flusso luminoso di un Power LED viene generalmente indicato in relazione alla
potenza del LED stesso ed in condizioni “standard” di esercizio. Generalmente un Power LED, con
temperatura di colore a 6000°K, corrente di pilotaggio 350 mA e temperatura ambiente di 25°C, ad inizio
vita presenta circa 110-118 lm/W.
• Corrente di pilotaggio (If) : i LED sono dispositivi pilotati in corrente poiché la loro luminosità varia con
la corrente diretta; il pilotaggio dei LED con una corrente costante è un elemento essenziale per ottenere i
livelli di colore e luminosità desiderati. Ovviamente, più alta è la corrente di pilotaggio, maggiore sarà il
flusso luminoso del LED; questo però comporta un aumento della potenza impiegata e pertanto
generalmente una diminuzione dell’efficienza luminosa (lm/W) dell’apparecchio.
• Temperatura di giunzione (Tj) : con questo termine si indica la temperatura misurata sulla giunzione che
costituisce il nucleo del LED (come visto sopra); la temperatura di giunzione massima è determinata dal
produttore del dispositivo in modo da porre un limite invalicabile per una vita operativa ragionevole del
componente. Questa temperatura è strettamente collegata al flusso luminoso emesso e alla durata: maggiore
è la temperatura, maggiore sarà la riduzione del flusso luminoso nel tempo e quindi si avrà una minore
durata della sorgente LED. Ovviamente, strettamente legata alla temperatura di giunzione è la temperatura
ambiente cui l’apparecchio si trova.
• Affidabilità del driver : il driver è l’alimentatore elettronico che garantisce il corretto funzionamento delle
sorgenti a LED ad esso collegate; poiché le sorgenti a LED hanno una vita teorica molto lunga appare
fondamentale che il driver sia garantito per una vita media paragonabile a quella delle sorgenti.
• Temperatura di colore : le lampade LED hanno la possibilità di ottenere una gamma cromatica molto
varia, con rese di colore molto elevate; il LED nasce come sorgente con spettro tendente al blu (e quindi
temperature di colore molto alte). Per questi spettri il LED offre le massime efficienze luminose; scendendo
verso colori più “caldi” l’efficienza luminosa cala sensibilmente.
• Vita media del LED (L70) : con questo termine vengono indicate le ore passate le quali la sorgente a LED
presenta un decadimento del flusso luminoso iniziale pari al 30%. Questo fattore, come detto sopra, è
influenzato pesantemente dalla temperatura di giunzione del LED e generalmente si attesta attorno alle
50000h – 60000h.
Inoltre per determinare correttamente il funzionamento di un apparecchio a LED occorre prendere in considerazione
tutti i parametri che possono influenzare le sue prestazioni (e non unicamente il flusso luminoso massimo della
singola sorgente LED, come generalmente fanno i produttori). In aggiunta ai parametri sopra indicati vanno quindi
valutati:
• Curva fotometrica dell’apparecchio : la curva fotometrica deve essere adatta all’applicazione
considerata; ad esempio una curva fotometrica “tonda” sicuramente non garantirà la giusta uniformità
stradale.
• Flusso luminoso emesso : il flusso luminoso emesso da un apparecchio tiene conto di tutti i coefficienti di
riduzione e quindi da una prima indicazione del rendimento luminoso dell’apparecchio (lm/W) riferiti alla
potenza effettiva dello stesso. Questo sarà necessariamente minore della somma dei flussi dei singoli LED
che compongono l’apparecchio, in quanto parte del flusso si perde a causa della conformazione dell’ottica e
del corpo illuminante o per la presenza di lenti (che indirizzano la luce, ma ne affievoliscono l’intensità).
• Coefficiente di manutenzione : il coefficiente di manutenzione indica la capacità di un apparecchio
illuminante di mantenere certe prestazioni nel tempo. Ad esempio un coefficiente di manutenzione pari a
0,8 indica che, nella condizione più sfavorevole (generalmente a fine vita della lampada e presenza di
sporco sul vetro dell’apparecchio), l’apparecchio illuminante garantisce comunque un flusso luminoso pari
all’ 80% del flusso luminoso iniziale. Ovviamente ogni calcolo illuminotecnico deve essere accompagnato
da una stima adeguata del coefficiente di manutenzione, in quanto l’apparecchio deve garantire le
prestazioni da normativa nelle situazioni più sfavorevoli (ovviamente appena montato garantirà invece il
massimo delle prestazioni: questo significa che i rilievi fatti sul campo ad inizio vita vanno poi calibrati
secondo il coefficiente di manutenzione).
Di seguito vengono quindi passate in rassegna le caratteristiche sopra indicate e la loro influenza sull’affidabilità e
funzionalità degli apparecchi LED.

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4) Corrente di pilotaggio e flusso luminoso

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Grafico relativo al rapporto fra corrente di pilotaggio e flusso luminoso dei LED CREE XR-E
Dal graficorelativo al LED CREE XR-E si nota come aumentando la corrente di pilotaggio aumenta quasi
linearmente la percentuale di flusso luminoso emessa.
Per calcolare l’efficienza luminosa, occorre conoscere la potenza, calcolata a sua volta tramite la legge di Ohm come P =
Vf * If.

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Grafico relativo al rapporto fra corrente di pilotaggio e voltaggio dei LED CREE XR-E
Ad esempio, per una corrente 350 mA abbiamo un flusso luminoso di 100 lm e una tensione di 3,3 V e quindi una
potenza impiegata di 1,12 W. Per una corrente di 700 mA abbiamo una flusso luminoso di 150 lm tensione di 3,5V e
quindi una potenza impiegata di 2,80 W.
Si vede subito come nel primo caso abbiamo un’efficienza di 89,3 lm/W mentre nel secondo caso abbiamo un’efficienza di
53,6 lm/W.
Per questo motivo è generalmente controindicato aumentare la corrente di pilotaggio al fine di aumentare il flusso luminoso
(oltre alla perdita di efficienza si somma anche un aumento della temperatura di giunzione, che provoca un ulteriore
decadimento del flusso luminoso nel tempo).
Al contrario si può osservare come la diminuzione della corrente di pilotaggio porti ad una riduzione del flusso luminoso, che
può essere utilizzata in ambito di risparmio energetico.

5) Temperatura di giunzione, corrente di pilotaggio e vita media dei LED


Le sorgenti luminose a LED, al contrario delle sorgenti luminose tradizionali, non tendono a spegnersi improvvisamente
esaurita la loro vita utile: i LED infatti nel tempo diminuiscono gradualmente il loro flusso luminoso iniziale fino ad esaurirsi
completamente in un periodo molto lungo.
Un gruppo industriale produttore di Power LED, la “Alliance for Solid-State Illumination Systems and Technologies”
(ASSIST), ha determinato che il mantenimento del 70% del flusso iniziale corrisponde al limite inferiore al di sotto del quale
l’occhio umano percepisce una riduzione della luce emessa. Per questo motivo le ricerche della ASSIST dimostrano che una
riduzione del flusso iniziale del 30% è accettabile per la maggioranza delle applicazioni luminose e quindi viene definita
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come vita media utile di un LED il tempo trascorso prima che venga raggiunto questo limite (indicato generalmente come
L70).
Come indicato in precedenza, aumentare la temperatura di giunzione (in pratica fare scaldare troppo il nucleo del LED)
corrisponde ad una durata ridotta nel tempo o addirittura la rottura istantanea.
Per questo motivo i dispositivi di dissipazione risultano fondamentali per il buon utilizzo e la buona durata dell’apparecchio a
LED (va qui fatto notare come i migliori dissipatori siano in alluminio o in rame, mentre gran parte dei produttori, per
diminuire i costi, montano dissipatori in ferro).
Di seguito viene quindi mostrato un grafico che mette in relazione la vita media di una sorgente a LED (che ricordo essere il
tempo passato il quale la sorgente riduce il proprio flusso luminoso del 70%) relativo a LED CREE XR-E.
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Grafico relativo al rapporto fra temperatura di giunzione e vita media dei LED CREE XR-E
Il grafico mostra come la vita media stimata di 50000h corrisponde alla temperatura di giunzione di 90°C, che è quella che
normalmente viene mantenuta in tutti gli apparecchi a LED di buona fattura.
Molti produttori però non garantiscono una temperatura di giunzione così bassa: in questi casi si può vedere come a 105°C ad
esempio la durata media venga ridotta già a circa 35000h.
Anche Philips, per i LED Luxeon indica una durata media di 60000h per temperature di giunzione inferiori a 130 °C.

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Grafico che mette in relazione la temperatura di giunzione e la vita media di una sorgente a LED Philips Luxeon (con
percentuale di fallimento pari al 50%)
Il grafico di Philips si presenta più completo, in quanto all’indicazione riguardante la vita utile affianca l’indicazione
concernente la corrente di pilotaggio dei LED: si vede come aumentando la corrente di pilotaggio diminuisca
generalmente la vita utile dei LED.
Inoltre il grafico di Philips indica la percentuale di LED che ha fallito la prova (indicata a fianco della lettera B): in questo
caso significa che solo nella prova solo il 50% dei LED ha raggiunto la vita utile indicata nel grafico
(ovviamente l’altro 50% non l’ha raggiunta).
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Indicazione del rapporto fra percentuale di fallimento ed attesa di vita nei prodotti industriali
Dal grafico sovrastante si può notare come una percentuale di fallimento del 10% comporti valori notevolmenti ridotti della
vita utile di un prodotto.
Ad esempio, il grafico relativo ai Luxeon di Philips, visto sopra considerando una percentuale di fallimento del
10%, diviene:
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Grafico che mette in relazione la temperatura di giunzione e la vita media di una sorgente a LED Philips Luxeon (con
percentuale di fallimento pari al 10%)
Si può osservare come i risultati sono notevolmente ridimensionati: la temperatura massima passa da 130°C a 120°C per 1A.
Questo significa che, in un ottica di affidabilità dell’impianto, se viene mantenuta una temperatura di giunzione
inferiore ai 120°C, il 90% dei LED giunge alle 60000h di vita.
Come indicato in un esauriente White Paper pubblicato da Philips Lumileds, i grafici presentati dai vari produttori sono
estrapolazioni fatte sulla base di prove limitate nel tempo (generalmente 5000h – 6000h) applicando la variabile
casuale di Weibull: questa funzione viene utilizzata per il calcolo della vita media di numerosi componenti
industriali e si è dimostrata affidabile anche per il calcolo della durata di vita dei LED.
Philips Lumileds ci tiene ad evidenziare che nei 30 anni di sviluppo sui LED l’azienda ha accumulato un numero
molto elevato di prove sulla durata, che riducono la soglia di errore a circa il 10% nelle previsioni effettuate
(ovviamente le sperimentazioni sui LED vengono condotte con un numero di ore notevolmente ridotto rispetto
alle reali potenzialità della sorgente e quindi occorre andare molto cauti nella presentazione dei risultati a lungo
termine).
Alla luce delle attuali conoscenze e basandosi sulla quantità di dati accumulati, Philips Lumileds prevede una
durata massima dei LED di 60000h: per questo motivo, pur essendo possibile in base alla curva di Weibull
prevedere una durata maggiore per temperature di giunzione più basse (ad esempio come nella curva indicata da
CREE), tutti i risultati vengono “tagliati” alle 60000h.
Questo atteggiamento di Philips mi sembra molto più responsabile rispetto a quello di CREE, che fornisce dati sulla cui
attendibilità si potrebbe discutere a lungo (soprattutto a basse temperature di giunzione); inoltre sarebbe gradito
che la CREE indicasse anche la percentuale di fallimento nelle tabelle riportate per i propri prodotti.

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6) Affidabilità del driver
Poiché le sorgenti a LED hanno una vita media molto lunga, occorre che anche i driver siano garantiti per almeno 50000h ore
di funzionamento. Molti produttori invece producono driver che non rispettano tali requisiti (ed infatti
garantiscono gli apparecchi solo per la parte LED e non per la parte elettronica di corredo).
Inoltre va valutata anche la mortalità dei driver durante le 50000h garantite: Philips, uno dei principali fornitori di driver,
prevede una mortalità di circa il 5% sulle 60000h. Questo significa che alla fine delle 60000h, 1 apparecchio su
20 avrà dovuto subire lavori di manutenzione straordinaria per il rimpiazzo della parte elettrica.
Altri produttori di apparecchi a LED, come RUUD, affermano che la mortalità sui loro driver è dello 0,5% a 150000h.
Questi dati dimostrano come esistano ancora notevoli differenze fra le tecnologie applicate ai LED (che inoltre andranno
verificate sul campo) e che la deperibilità della parte elettrica incide in maniera rilevante sui costi di gestione di
un impianto a LED.

7) Temperatura di colore
Ad oggi solo LED con alte temperature di colore, chiamati cool white (6000°K o più – nell’immagine la sorgente in basso),
consentono di ottenere alte efficienze luminose.
Questa temperatura determina una luce cosiddetta “fredda” (la stessa che possiamo vedere ad esempio nell’illuminazione
notturna delle vetrine dei negozi o nell’illuminazione dei banchi frigo dei supermercati): questo tipo di luce non
è molto indicata per l’illuminazione esterna, non solo per questioni di gusto, ma anche per probabili interferenze
con la produzione di melatonina e quindi col ritmo circadiano dell’uomo.
I LED con temperature di colore minori, chiamati warm white (4000°K o meno – nell’immagine la sorgente in alto),
garantiscono efficienze luminose molto più basse (circa il 30% in meno). Questa temperatura di colore
corrisponde al colore delle tradizionali lampade ad incandescenza.
Philips ha da poco presentato un LED a luce calda che sembra fornisca prestazioni paragonabili a quelli a luce fredda.
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LED a luce calda (in alto) e LED a luce fredda (in basso)
Va poi ricordato che, con l’invecchiare dell’occhio, si ha un progressivo ingiallimento del cristallino e della corned un in Va

poi ricordato che, con l’invecchiare dell’occhio, si ha un progressivo ingiallimento del cristallino e della cornea
ed un intorbidirsi dell’umor vitreo: per questi motivi la luce che maggiormente viene diffusa all’interno
dell’occhio è quella di lunghezza d’onda minore (blu). Perciò, per la popolazione anziana, la luce più efficace per

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produrre abbagliamento è proprio quella con una forte componente blu, che andrebbe quindi evitata nelle
installazioni stradali.

8 ) Resa cromatica
La resa cromatica (Ra) è una valutazione qualitativa sull’aspetto cromatico degli oggetti illuminati e non va confusa con la
temperatura di colore: due sorgenti con temperatura di colore identica possono avere un Ra diverso.
L’indice di resa cromatica ci dice in che modo una sorgente è in grado di mantenere inalterato il colore di un oggetto da essa
illuminato: esso varia in una scala da 0 a 100, dove 0 rappresenta il minimo e 100 indica il massimo di resa
cromatica.
Questo indice in realtà dice poco o nulla dell’effettiva validità di una lampada, in quanto basato solo sulla resa di particolari
tipi di colore (la maggior parte dei quali penso non siano mai stati usati in natura…): questo significa che la resa
cromatica rimane comunque un valore arbitrario e non oggettivo.

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Valori di Temperatura di colore e Resa cromatica che caratterizzano varie lampade


Diverse produttori, citando il prospetto 3 della norma UNI 11248, affermano che lampade con una elevata resa cromatica
(come i LED appunto, ma esistono anche lampade al sodio con tali caratteristiche) garantiscono una visione
notturna migliore, soprattutto per le applicazioni stradali.
Ho già trattato questo argomento in un altro post, pertanto qui farò solamente un breve riassunto.
Innanzitutto il prospetto in questione afferma che “i valori numerici sono forniti solo a titolo informativo” e quindi non hanno
valore di norma (tanto che il prospetto 2 e l’appendice A nella stessa norma non prendono neppure in
considerazione questo parametro ai fini di una corretta illuminazione stradale); inoltre il valore di resa cromatica
indica unicamente la capacità di una sorgente di resituire in maniera corretta i colori dell’ambiente circostante: ai
fini dell’illuminazione stradale è importante vedere un pedone attraversare la strada, non distinguere se il suo
giubbotto è verde oppure marrone.
Ancora lo stesso prospetto indica in calce che uno sconto sulla categoria illuminotecnica di progetto si può avere unicamente
“in relazione a esigenze di visione periferica verificate nell’analisi dei rischi” e quindi unicamente in casi
particolari, in cui si renda necessaria una visione completa ed accurata dei dintorni della sede stradale: per le
normali strade urbane ed extraurbane, l’ambito visivo si compone generalmente della sola sede stradale e quindi
non c’è necessità di una “visione periferica” accurata.
Il riferimento alla “visione periferica” si può comprendere valutando gli ultimi studi condotti da diversi enti europei, secondo
cui le curve fotopiche (visione diurna) e scotopiche (visione notturna) non riescono a definire in maniera
accurata l’efficienza dell’occhio nel caso di visione mesopica, tipica dell’illuminazione stradale notturna.
In particolare, la curva fotopica V(λ) è quella dovuta unicamente all’attività dei coni della retina è strettamente legata alla
visione foveale, che si può ritenere compresa in un angolo visuale che va da 1° (visione centrale foveale) a 5° di
ampiezza (visione parafoveale).
Per questi angoli visivi è stato dimostrato che la sensività spettrale dell’occhio non cambia quando i livelli di illuminazione
raggiungono l’area mesoscopica e quindi la curva fotopica V(λ) rimane una misura valida per la visione foveale
a basse luminanze (almeno fino a livelli di 0,01 cd/mq, altamente al di sotto della più bassa luminanza prevista
dalle norme per l’illuminazione stradale).
In diverse situazioni però, come ad esempio alla guida di un’automobile, molte informazioni vengono catturate da una
visione periferica (angolo visivo di 15°-20°), in cui i bastoncelli assumono un ruolo dominante. In questi casi gli
studi dimostrano che una lampada con forte componente blu apporterebbe miglioramenti alla visione periferica e
quindi all’identificazione di oggetti fuori dal campo foveale, soprattutto col diminuire della luminosità. I diversi
modelli di curve mesopiche proposti da questi studi indicano un aumento relativo della luminosità percepita (fino
al 25% in più) nei casi di illuminazione con sorgenti a forte componente blu dello spettro luminoso. Inoltre,
anche in questi casi, l’indice di resa cromatica non assume un valore determinante, in quanto i colori vengono
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distinti unicamente dai coni raggruppati nella fovea (i bastoncelli sono essenzialmente “monocromatici”). In
questo modo si comprende anche perchè il prospetto della UNI 11248 indichi le “esigenze di visione periferica”
come condizione sine qua non per l’applicazione dello sconto di categoria illuminotecnica, ma non si capisce
perchè viene indicata la resa cromatica come valore di riferimento e non, ad esempio, la temperatura di colore.
Occorre quindi comprendere in quali attività ed in che modo la visione periferica risulti fondamentale a livello visivo, per
definire un probabile modello futuro definitivo per la visione mesopica. Va comunque ricordato che, ad oggi, la
normativa non prevede ancora questo tipo di modelli e quindi occorre basare il calcolo del flusso luminoso
ancora sulla curva fotopica V(λ).
Volevo infine far notare come esistano anche lampade tradizionali con un’alta resa cromatica e quindi è possibile effettuare
riduzioni di categoria illuminotecnica anche senza tirare in ballo i LED: ribadisco pertanto il fatto che la
normativa fornisce soltanto alcune delle tante possibili indicazioni che il progettista illuminotecnico può
assumere nella valutazione dei rischi. Un buon progettista illuminotecnico non è colui che si limita a seguire le
indicazioni già pronte e fornite unicamente a titolo d’esempio, ma colui che (in base all’esperienza e alle proprie
conoscenze) di volta in volta riesce a valutare gli aspetti pregnanti di un progetto.

9) Coefficiente di manutenzione
Il coefficiente di manutenzione per le installazioni stradali viene determinato generalmente tramite la formula U = LLMF x
LSF x LMF, in cui:
LLMF (Lamp Lumen Maintenance Factor) è la riduzione del flusso luminoso della lampada presente nell’apparecchio ed è
espressa come rapporto fra la luminosità prodotta dopo un certo periodo e la luminosità inizale della stessa.
LSF (Lamp Survival Factor) è la percentuale che esprime il numero di lampade non bruciate dopo un certo periodo
dall’installazione.
LMF (Luminaire Maintenance Factor) è la riduzione del flusso luminoso dell’apparecchio (dovuta soprattutto all’accumularsi
dello sporco sulle ottiche) e dipende dal tipo di apparecchio, dalle condizioni atmosferiche e dall’intervallo di
manutenzione; viene espressa come rapporto fra la luminosità iniziale dell’apparecchio e la luminosità dello
stesso dopo un certo periodo, a certe condizioni ambientali e a determinati intervalli di manutenzione
Per una lampada tradizionale SAP (durata media 14000h) le tabelle CIE 97 del 2005 indicano LLMF=0,96 ma nella realtà (in
base all’esperienza sul campo) è più corretto utilizzare un fattore LLMF=0,90 (dopo 14000h le lampade SAP
perdono circa il 10% di flusso luminoso); per le applicazioni stradali inoltre è possibile considerare LSF=1,00
poichè, una volta esaurite o spente, queste possono venire cambiate senza interferire con la funzionalità
dell’apparecchio. Inoltre sia lo IESNA che il British Standard indicano per strade con inquinamento basso senza
pulizia delle lampade un fattore LMF=0,87; considerando l’installazione ad altezze medie di 8m ed utilizzando
apparecchi cut-off è possibile aumentare il valore fino a LMF=0,90 circa.
Grazie a questi dati siamo quindi in grado di calcolare il coefficiente di manutenzione per un apparecchio
stradale che monta una lampada al sodio alta pressione e che viene pulito ogni tre anni: U=0,90×1,00×0,90 =
0,81. Questo valore, approssimato a 0,80, è quello comunemente usato nei calcoli illuminotecnici per apparecchi
che montano lampade tradizionali.
Vorrei far notare che, utilizzando i valori “standard” si otterrebbe comunque lo stesso risultato: U=0,96×0,87 = 0,84.
Secondo i dati forniti dalla maggior parte dei produttori (e lo stesso standard su cui si basa il calcolo della vita utile dei LED),
una lampada a LED riduce il suo flusso luminoso del 30% a fine vita; inoltre, come abbiamo visto dalle tabelle
precedenti, la base su cui vengono stimati i dati fornisce una mortalità di circa il 10% delle lampade.
In questo modo abbiamo LLMF=0,70 e LSF=0,90 (in questo caso non possiamo porre LSF=1,00 poichè anche in
caso di spegnimento di 1 LEDsui 60-70 che compongono l’intero corpo lampade dell’apparecchio non è
possibile sostituirlo singolarmente: poichè occorrerebbe sostituire integralmente l’intero corpo lampada appare
molto più probabile che l’apparecchio rimanga nello stato in cui si trova, con alcuni LED spenti).
Considerando un valore LMF=0,90 come prima abbiamo allora per un apparecchio a LED:
U=0,70×0,90×0,90=0,57. E’ un coefficiente molto basso, che si allontana pericolosamente dai coefficienti
U=0,90 proposti da diversi produttori di LED.
Anche considerando i valori L90, come mi ha proposto Lorenza Bergamaschi di RUUD, avremo comunque:
U=0,90×0,90×0,90=0,73. Questo coefficiente è appropriato; ad esempio Philips Lightning per il calcolo
illuminotecnico con i propri apparecchi a LED consiglia U = 0,75 (forse Philips aveva già previsto questo?).
Per correttezza inserisco anche i valori nel caso in cui l’apparecchio LED venga sostituito completamente nel caso in cui
qualche parte sia malfunzionante (in questo caso avremo LSF=1,00): U=0,90×0,90=0,81. Questo potrebbe
confermare il coefficiente di manutenzione “standard” di 0,80 anche per i LED. Vorrei comunque far notare che
in questo caso i costi di manutenzione sarebbero molto più elevati di quelli di una soluzione tradizionale
(dovendo sostituire in toto un apparecchio illuminante, anzichè la singola sorgente luminosa

Alcune tabelle comparative

TABELLA DI COMPARAZIONE TRA LED E LAMPADE TRADIZIONALI


Tipo di lampada Consumo in Watt Flusso luminoso in Lm

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Lampada ad Incandescenza 10 W ~48 lm
Lampada ad Incandescenza 15 W ~90 lm
Lampada ad Incandescenza 25 W ~230 lm
Lampada ad Incandescenza 40 W ~430 lm
Lampada ad Incandescenza 60 W ~730 lm
Lampada ad Incandescenza 75 W ~960 lm
Lampada Alogena 15 W ~155 lm
Lampada Alogena 20 W ~350 lm
Lampada a risparmio energetico 7 W ~350 lm
Lampada a risparmio energetico 10 W ~500 lm
Lampada a risparmio energetico 11 W ~600 lm
Lampada a risparmio energetico 14 W ~900 lm
Lampada Fluorescente 20 W ~1250 lm
Lampada Fluorescente 40 W ~3000 lm
Lampada Neon 10 W ~485 lm
Lampada Neon 15 W ~780 lm
Cree XLamp XR-E Q5 Bianco Freddo 1 W ~107 lm
Cree XLamp XR-E Q3 Bianco Neutro 1 W ~93.9 lm
Cree XLamp XR-E P4 Bianco Caldo 1 W ~87.4 lm

Confronto tra lamapade alogene dicroiche Dichroic Halogen Spotlight Power LED Spotlight
e lampade a Led

Sorgente di luce Lampadina alogena al quarzo Power LED trittica

Durata di vita media in ore 2000 ore 100,000 ore


Durata in anni 1 mese 11 anni
Temperatura della lampada 250°C 50°C
Consumo di energia elettrica 20W 3,8W
Flusso Luminoso @ 1 metro 200 Lux (con 3500K warm 240 Lux (con 6500K white)
white)
Lux/watt 12 lumens/watt 100 lumens/watt
Selezione del colore Solo bianco Tutti i colori
Stabilità del colore nel tempo Scarso Buono
Radiazioni UV or IR SI NO
Mercurio o altri inquinanti SI NO
Antiurto NO SI
Costo iniziale € 5,00 per lampada € 35,00 per lampada
Costi di mantenimento a lungo termine Alti Bassi
Costo manutenzione in 100,000 ore sostituite n.50 alogene / costo € n.1 Power led trittica / costo
250,00 € 35,00
Costo energia in 100,000 ore consumo 2000 KHw / x € 0,18= consumo 380 Khw / x € 0,18
€ 360 = € 68,40
Costo finale € 360 + € 250 = € 610 € 35,00 + € 68,40 = € 103,40

Risparmio € 610 - € 103,40 = € 506,60 risparmiati a lampada


Per dieci lampade € 506,60 x 10 = € 5066

Risparmio annuale per 10 lampade € 460.55

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La tabella permette di confrontare i risparmi conseguibili per un analogo livello di luce prodotta (calcolato sulla base
di un costo/kilowattora di 0.15 euro e 4100 ore di accensione all'anno):
Potenza Luce prodotta Costo annuo
Tipo di lampada in Watt In lumen in euro
Vapori di mercurio 250 12700 153,75 (100%)
Vapori di sodio ad alta
pressione 150 14500 92,25 (60%)

Perchè scegliere l'illuminazione a LED.


Sono notevoli i vantaggi che l'adozione di questa tecnologia porterà nel nostro prossimo futuro.
Anzitutto le lampade Led permettono un risparmio energetico di circa il 70% rispetto alle lampade tradizionali e
allo stesso tempo emettono una maggiore e precisa illuminazione con una luce bianchissima e con scarsa produzione
di calore.
Le lampade a led hanno inoltre una vita media superiore alle lampade tradizionali e non danno soprattutto
inquinamento luminoso. Altri vantaggi evidenti della tecnologia a Led riguardano i tempi d’accensione, di fatto
istantanea, e la totale assenza di sfarfallii del fascio luminoso, che spesso caratterizzano i tradizionali impianti
d’illuminazione.
I Led sono lampade poco ingombranti, facili da installare, leggere, che richiedono poca manutenzione. Questa
tecnologia contribuisce a ridurre in maniera sostanziale la bolletta energetica e riduce notevolmente l’inquinamento
atmosferico.

Illuminazione a LED: dove si applica.


Le ridotte dimensioni e l’ampia scelta di colori ne consentono l’utilizzo in applicazioni di ogni tipo. Gli ambiti delle
applicazioni possibili vanno dall’illuminazione di interni (casa, ufficio, strutture produttive, studi specialistici,
negozi,...), a quella di esterni (giardini, monumenti, insegne, piscine, terrazzi,...) compresa l'illuminazione pubblica
(strade, lampioni, edifici).

I vantaggi delle lampade a LED


• Risparmio energetico
• Massimo risparmio manutenzione
• Lunga durata (>50.000h)
• Alta efficienza (100lm/W )
• Materiale Rohs (assenza di piombo e metalli pesanti)
• Controllo del fascio luminoso (luce solo dove serve)
• Dimensioni contenute (struttura innovativa)
• Luce sicura (assenza di raggi infrarossi e ultravioletti)
• Facilità di regolazione di intensità (elettronica intelligente)
• Stabilità colore della luce (tonalità costante nel tempo)
• Alto Indice di Resa Cromatica (CRI)
• Riduzione emissione C02

Campi di impiego delle lampade a LED


• Illuminazione per esterno (IP67)
• Illuminazione per interni
• Illuminazione stradale in linea con le normative vigenti
• Arredo urbano
• Illuminazione di grandi spazi
• Illuminazione parchi
• Illuminazione piste ciclabili e pedonali
• Illuminazione fontane
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Le lampade al sodio, essendo omnidirezionali, diffondono la luce in tutte le direzioni ed e' necessario dotare il
lampione di parabola per recuperarne meta': l'efficienza luminosa finale e' il 50% di quella emessa. Il LED e'
direzionale per costruzione ed emette un fascio luminoso definito, a 90°, da 90 lumen/watt (alimentazione a 350mA)
e quindi riduce al minimo l'inquinamento luminoso. Il LED puo' essere interfacciato con delle ottiche secondarie per
restringere il fascio luminoso. In conclusione, la lampada al sodio, per qualita' della luce, efficacia della proiezione e
inquinamento luminoso, risulta essere inferiore alla lampada LED.

La vita utile dei sistemi a LED e' stimata in 50.000-100.000 ore (10-20 anni, 12 ore al giorno) contro le 4000-5000
ore (11-14 mesi) delle lamapade al sodio ad alta pressione. Secondo stime, dopo 50.000-100.000 ore la luminosità
dei sistemi a LED scende al 70% rispetto al valore iniziale e questo puo' essere considerato il termine della vita utile
del LED. L'indice di caduta del flusso luminoso dei LED e' nullo dopo 3000 ore di funzionamento, anzi nelle prime
5000 ore aumenta leggermente.
I fari al sodio, invece, dopo 3000 ore presentano una riduzione del flusso fino al 40%.

Conclusioni
Dai dati raccolti ed esposti sopra si evince che il nostro comune potrebbe risparmiare molta energia in quanto l’
illuminazione pubblica stradale è composta per il 95 % circa di plafoniere con lampade ai vapori di mercurio ,che
hanno un rendimento molto basso consumando tanta energia e allo stesso tempo non rispettando le ultime norme in
tema di illuminazione stradale.
Valutare la sostituzione dei corpi illuminanti e il rifacimento di linee di alimentazione credo sia un intervento da
effettuare, in quanto si farebbe coincidere la messa in sicurezza e l’ adeguameno degli impianti con il risparmio
energetico ed economico di conseguenza .
Passare dagli attuali vapori di mercurio a lampade ai vapori di sodio produrrebbe un risparmio di energia del 40%
circa con un rientro di 2 –3 anni dell’ investimento ;per i led va fatto un discorso a parte dato che le plafoniere che
soddisfano le norme di illuminazione stradali sono poche e ad oggi ancora costose, in ogni casoè una tecnologia in
continua e veloce evoluzione che deve essere valutata.

Andrea Ranieri – Responsabile Ambiente, Territorio, Energia

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