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ALPHONSE DAUDET.

TARTARINO DI TARASCONA.

Titolo originale: Tartarin de Tarascon.
Traduzione di Mario Mirandoli.

1. A Tarascona.
Il giardino del baobab.
La mia prima visita a Tartarino di Tarascona rimasta nella mia memoria come
una data indimenticabile; sono passati ormai dodici o quindici anni, ma me ne
ricordo come se fosse ieri. L'intrepido Tartarino abitava allora all'ingresso
della citt la terza casa a sinistra sulla strada di Avignone. Era una bella
villetta tarasconese col giardino davanti, il balcone dietro, i muri candidi,
le persiane verdi, e una nidiata di ragazzini savoiardi davanti alla porta
d'ingresso, intenti a giocare a piastrelle o addormentati al sole con la testa
appoggiata alla loro cassettina da lustrascarpe.
Vista di fuori, la casa non aveva niente di particolare. Non avremmo mai
immaginato di trovarci davanti alla casa di un eroe. Ma appena entrati,
capperi!... Dalla cantina alla soffitta, tutto l'edificio aveva un aspetto
eroico, persino il giardino!...
Che giardino! Non ne esisteva uno uguale in tutta l'Europa. Non un albero del
paese, non un fiore di Francia; solo piante esotiche, acacie gommifere, zucche
americane, piante di cotone, di mango, alberi di cocco, banani, palme, un
baobab, cactus messicani, fichi di Barberia, tanto da credersi in piena Africa
centrale, a diecimila leghe da Tarascona.
Intendiamoci, tutte queste piante non erano alla grandezza naturale; gli
alberi di cocco, per esempio, avevano le dimensioni delle nostre barbabietole,
e il baobab (albero gigante, arbor gigantea) stava comodo in un vaso da fiori.
Ma che importava? Anche cos, per Tarascona era un magnifico albero, e le
persone della citt, a cui veniva concesso la domenica l'onore di contemplare
il baobab di Tartarino, se ne tornavano a casa ammiratissime.
Immaginatevi l'emozione che provai quel giorno attraversando un giardino cos
eccezionale! Emozione che si accrebbe quando fui introdotto nello studio
dell'eroe. Questo studio, una delle meraviglie della citt; era situato in
fondo al giardino, e da una porta a vetri si affacciava direttamente sul
baobab.
Immaginatevi una vasta sala tappezzata da cima a fondo di fucili e di
sciabole; armi di ogni specie e di tutti i paesi del mondo: carabine, fucili,
tromboni, coltelli crsi, coltelli catalani, coltelli a serramanico, pugnali,
kriss malesi, frecce dei Caraibi, frecce di selce, pugni di ferro, mazze
ferrate, clave ottentotte, lazos messicani, e chi pi ne ha pi ne metta!
Su tutto questo un solleone feroce, che faceva luccicare l'acciaio delle spade
e il calcio dei fucili, come per farvi venire ancora di pi la pelle d'oca.
Quello che tuttavia rassicurava un po' era il piacevole aspetto d'ordine e di
pulizia che regnava in mezzo a questo armamentario. Ogni oggetto era messo
esattamente al suo posto, curato, spolverato, col suo cartellino come in una
farmacia; qua e l si potevano leggere delle scritte tranquillizzanti che
dicevano: FRECCE AVVELENATE: NON TOCCARE! oppure: ARMI CARICHE: PERICOLO!
Senza queste scritte non avrei avuto il coraggio di entrare.
In mezzo allo studio, un tavolino: sul tavolino, una fiaschetta di rhum, una
borsa turca da tabacco, i Viaggi del capitano Cook, i romanzi di Cooper, di
Gustave Aymard, dei racconti di caccia, caccia all'orso, caccia al falco,
caccia all'elefante, ecc.
Davanti al tavolino era seduto un uomo: era dai quaranta ai quarantacinque
anni, piccolo, massiccio, muscoloso, sanguigno, in maniche di camicia e
mutande di flanella, con una barba corta e fitta, e con due occhi
fiammeggianti. Con una mano teneva un libro, con l'altra brandiva un'enorme
pipa col coperchietto di metallo, e, mentre continuava a leggere chiss mai
quale tremendo racconto di scotennatori, sporgeva il labbro inferiore con una
smorfia terribile, conferendo al suo placido aspetto di piccolo benestante
tarasconese, quel medesimo carattere di bonaria ferocia che regnava in tutta
la casa.
Era Tartarino, Tartarino di Tarascona, l'intrepido, il grande, l'incomparabile
Tartarino di Tarascona.

2. Sguardo generale alla citt di Tarascona.
I cacciatori di berretti.
All'epoca di cui vi parlo, Tartarino di Tarascona non era ancora il Tartarino
di oggi, il grande Tartarino di Tarascona, cos popolare in tutto il
mezzogiorno della Francia. Tuttavia, a quel tempo, era gi il re di Tarascona.
E ve ne spiego il perch. Dovete sapere, prima di tutto, che a Tarascona tutti
sono cacciatori, dai pi grandi ai pi piccini. La caccia la passione dei
Tarasconesi fino dai mitici tempi in cui una fiera mostruosa chiamata Tarasque
faceva strage nelle paludi della citt, e i Tarasconesi di allora
organizzavano delle battute contro di lei.
Sono passati parecchi anni, come vedete. Dunque, ogni domenica mattina, tutta
Tarascona afferra le armi ed esce dalle mura, il sacco in spalla, il fucile a
tracolla, insieme a una marea di cani, di furetti, di trombe, di corni da
caccia. E' uno spettacolo superbo... ma, disgraziatamente, manca del tutto la
selvaggina.
Per cinque leghe intorno a Tarascona, ogni tana vuota e tutti i nidi sono
abbandonati. Nemmeno un merlo, nemmeno una quaglia, nemmeno un coniglietto, e
neppure il pi piccolo culbianco. E' vero che le bestie sono bestie, ma a
lungo andare hanno finito per non fidarsi pi.
Eppure sono cos seducenti quelle graziose collinette tarasconesi, tutte
odorose di mirto, di lavanda, di rosmarino; e come sono appetitosi quei bei
grappoli di uva moscatella, rigonfi di zucchero, tutti in fila sulla riva del
Rodano... Ma ahim, c' dietro Tarascona; e nel piccolo mondo del pelo e delle
penne, Tarascona ha una pessima fama. Gli stessi uccelli migratori l'hanno
segnata con una grossa croce sulle loro carte di crociera; e quando le anitre
selvatiche, nelle loro formazioni a triangolo, discendendo verso la Camargue,
avvistano da lontano i campanili della citt, l'anitra di testa si mette a
strillare: Ecco Tarascona!... Ecco Tarascona! e tutto lo stormo cambia
direzione.
In fatto di selvaggina, non c' rimasto in tutta la regione che quell'anima
dannata di una vecchia lepre, sfuggita per miracolo alle settembrine stragi
dei Tarasconesi, e che si ostina a vivere nella zona. A Tarascona questa lepre
conosciutissima; le hanno dato persino un nome: la Folgore.
Si sa che ha la sua tana nei terreni del signor Bompard, cosa che tra
parentesi ha raddoppiato e anche triplicato il valore della tenuta, ma finora
non stato possibile colpirla. Ormai non ci sono pi che due o tre fanatici
che si accaniscono a darle la caccia. Gli altri si sono rassegnati, e la
Folgore passata da molto tempo a far parte della mitologia locale.
Ma allora, mi domanderete, con questa scarsit di selvaggina, cosa diavolo
fanno i cacciatori di Tarascona tutte le domeniche? Cosa fanno?
Diamine! Se ne vanno in campagna a due o tre leghe dalla citt, si radunano in
gruppetti di cinque o sei, si sdraiano pacificamente all'ombra di un pozzo, di
un vecchio muro, di un olivo, tirano fuori dal carniere un bel tocco di
stracotto di manzo, delle cipolle crude, dei salsicciotti, qualche acciuga, e
danno inizio a una colazione interminabile, innaffiata da uno di quei garbati
vini del Rodano che fanno ridere e cantare.
Dopo essersi ben rifocillati, si alzano, fischiano ai cani, caricano i fucili,
e cominciano la caccia. Voglio dire, cio, che ognuno di quei signori prende
il suo berretto, lo scaraventa in aria con tutta la forza, e gli tira al volo
con l'intenzione di colpirlo.
Chi colpisce pi spesso il suo berretto proclamato re della caccia, e la
sera rientra a Tarascona da trionfatore, col berretto crivellato sulla canna
del fucile, in mezzo alle fanfare e all'abbaiare dei cani.
Inutile dirvi che in citt il commercio dei berretti da caccia molto bene
avviato. Ci sono persino dei cappellai che vendono berretti gi sfondati e
strappati ad uso degli inesperti; ma pare, e lo diciamo a sua vergogna, che
Bzuquet, il farmacista, sia il solo che ne compri.
Come cacciatore di berretti, Tartarino di Tarascona era incomparabile.
Ogni domenica mattina partiva con un berretto nuovo; ogni domenica sera
tornava con uno straccio. La soffitta della casa del baobab era piena di quei
gloriosi trofei. Perci i Tarasconesi lo riconoscevano come il loro maestro; e
poich Tartarino conosceva a fondo il codice del cacciatore, e aveva letto
tutti i trattati e tutti i manuali di tutte le cacce possibili, dalla caccia
al berretto a quella alla tigre birmana, i Tarasconesi l'avevano eletto loro
grande giustiziere cinegetico, e lo sceglievano come arbitro in tutte le loro
discussioni.
Ogni giorno, dalle tre alle quattro, dall'armaiolo Costecalde, si poteva
vedere un uomo grosso e solenne, con la pipa tra i denti, seduto su una
poltrona di cuoio verde, in mezzo alla bottega piena di cacciatori di berretti
che, tutti in piedi, si bisticciavano ferocemente. Era Tartarino di Tarascona
che amministrava la giustizia, proprio come Nembrod, il famoso cacciatore
biblico ricordato anche da Dante nella Divina Commedia, e Salomone a un tempo.


3. No! No! No! Seguito dello sguardo generale alla citt di Tarascona.
Alla passione della caccia, la forte razza tarasconese unisce un'altra
passione: quella delle romanze. Il consumo di romanze che si fa in quella
cittadina, incredibile. Tutte le anticaglie sentimentali che ingialliscono
nelle vecchie custodie, ritrovano a Tarascona il fascino della loro
giovinezza. Ci sono tutte, tutte. Ogni famiglia ha la sua romanza, e in citt
tutti lo sanno. Tutti sanno, per esempio, che quella del farmacista Bzuquet
: Tu, bianca stella che adoro.
Quella dell'armaiolo Costecalde: Vuoi tu venire con me, sotto una capanna
laggi?
Quella del ricevitore del registro: Se invisibil foss'io, non mi vedrebbe
alcun. (canzonetta comica).
E cos seguitando per tutta Tarascona. Due o tre volte la settimana, i bravi
Tarasconesi si riuniscono in casa dell'uno o dell'altro, e si cantano le
romanze. Lo strano che sono sempre le stesse e che, dopo tanto tempo che se
le cantano, non abbiano ancora pensato di cambiarle. Le romanze si trasmettono
in famiglia di padre in figlio, sono sacre, non si toccano; e nemmeno si
prestano. Non verrebbe mai ai Costecalde l'idea di cantare quella dei
Bzuquet, n ai Bzuquet l'idea di cantare quella dei Costecalde.
Dopo quarant'anni che se le cantano, figuratevi se le conoscono! Ma no!
Ognuno fa tesoro della sua, e tutti ne sono soddisfatti.
Anche in fatto di romanze, come per i berretti, Tartarino era il primo della
citt. La sua superiorit consisteva in questo: non aveva la propria romanza,
le aveva tutte! Tutte! Per ci volevano gli argani per fargliele cantare.
Tornato di buon'ora dai successi mondani, l'eroe tarasconese preferiva
sprofondarsi nei libri di caccia o passare la serata al circolo, piuttosto che
fare il sentimentale davanti al pianoforte. Queste esibizioni musicali non gli
parevano degne di lui... Ma qualche volta, quando c'era musica alla farmacia
Bzuquet, faceva le viste di entrare per caso, e dopo essersi fatto pregare a
lungo, acconsentiva a cantare il gran duetto di Roberto il Diavolo, insieme
alla signora Bzuquet madre... Chi non l'ha sentito, non ha sentito niente...
Dovessi vivere cent'anni, non dimenticher mai il grande Tartarino che si
avvicina al piano con passo solenne, vi si appoggia col gomito, e si sforza di
dare alla sua faccia di buon diavolo, sotto i riflessi verdi dei boccali della
vetrina, l'espressione satanica e truce di Roberto il Diavolo.
Appena si era messo in posa, un fremito percorreva la sala; si aveva
l'impressione che qualcosa di straordinario stesse per accadere... Allora,
dopo un silenzio, la signora Bzuquet madre, accompagnandosi al piano,
cominciava: O Roberto, tu che amo, tu che avesti la mia fede, lo spavento mio
tu vedi (bis), grazia per te, grazia per me.
Poi a voce bassa aggiungeva: Tocca a lei, Tartarino. E Tartarino di Tarascona,
a braccio teso e a pugno chiuso, le narici frementi, ripeteva tre volte con
una voce formidabile che echeggiava come un tuono nelle viscere del
pianoforte: No!... No!... No!...
A questo punto la signora Bzuquet madre riprendeva: Grazia per te, grazia per
me.
No!... No!... No!... urlava ancora pi forte Tartarino. E tutto finiva qui.
Una cosetta piuttosto breve, come vedete; ma cos bene interpretata e cos
diabolica, che un brivido di terrore percorreva la farmacia e Tartarino era
costretto a ripetere i suoi: No! No! quattro o cinque volte di seguito.
Poi Tartarino si asciugava il sudore, sorrideva alle signore, indirizzava agli
uomini una strizzatina d'occhi e, ritirandosi come un trionfatore, si recava
al circolo, dove con aria indifferente diceva: Vengo da casa Bzuquet, dove ho
cantato il duetto di Roberto il Diavolo. E il bello che ci credeva!...

4. Loro!
A queste sue doti eccezionali Tartarino di Tarascona doveva la sua eminente
posizione in citt. Il fatto che quel diavolo d'uomo aveva saputo
affascinare tutti.
A Tarascona, l'esercito era per Tartarino. Il prode comandante Bravida,
capitano di commissariato a riposo, diceva di lui: E' un valoroso!
NOTA: Nel testo francese l'autore usa la parola lapin che significa coniglio,
ma che nel linguaggio familiare pu anche significare uomo astuto e
coraggioso. Questo gioco di parole verr spesso sfruttato nel racconto. FINE
NOTA.
E il capitano se ne doveva intendere di valorosi, dopo averne vestiti tanti.
Pi di una volta, in pieno tribunale, il vecchio presidente Ladevze aveva
detto di lui: E' un carattere!
Anche il popolo era per Tartarino. Le sue spalle quadrate, la sua camminatura,
la sua aria imperturbabile, quella fama di eroe piovuta non si sa da dove,
qualche, distribuzione di palanche ai piccoli lustrascarpe accampati sulla
soglia di casa sua, ne avevano fatto il re delle piazze tarasconesi. La
domenica sera, sul lungofiume, quando Tartarino tornava dalla caccia col
berretto sulle canne del fucile, stretto nella sua giacca di fustagno, i
facchini del Rodano s'inchinavano pieni di rispetto, e ammiccando verso i
bicipiti giganteschi che si gonfiavano sulle sue braccia, bisbigliavano tra
loro con ammirazione: Quello s che forte!... Ha i muscoli doppi! Muscoli
doppi!
Soltanto a Tarascona si pu sentire una cosa simile! E tuttavia, nonostante le
sue grandi doti, i suoi muscoli doppi, il favore popolare e la preziosa stima
del prode comandante Bravida, capitano di commissariato a riposo, Tartarino
non era felice; quella vita di piccola cittadina di provincia gli pesava, lo
soffocava. Il grand'uomo di Tarascona, s'annoiava a Tarascona. Per un'anima
eroica come la sua, per un'anima avventurosa e folle che sognava solo
battaglie, scorrerie nelle pampas, cacce grosse, sabbie del deserto, uragani e
tifoni, non bastava la solita battuta di caccia ai berretti della domenica,
per poi passare il resto del tempo ad amministrare la giustizia nella bottega
dell'armaiolo Costecalde... Povero, caro grand'uomo! A lungo andare, c'era da
farlo morire di malinconia.
Invano, per allargare i suoi orizzonti, per dimenticare, almeno per un po', il
circolo e la piazza del Mercato, egli si circondava di baobab e di altra
vegetazione africana; invano accumulava armi su armi, kriss malesi su kriss
malesi; invano si riempiva la testa di letture romanzesche, cercando, come
l'immortale Don Chisciotte, di liberarsi, in virt del suo sogno, dagli
artigli della inesorabile realt... Ahim! Tutto quello che faceva per calmare
la sua febbre di avventure, non faceva che aumentarla.
La vista di tutte le sue armi lo teneva in uno stato continuo di collera e di
eccitazione. Le sue carabine, le sue frecce, i suoi lazos gli gridavano:
Battaglia! Battaglia! Fra i rami del suo baobab soffiava il vento dei grandi
viaggi e gli dava dei cattivi consigli.
Oh, quante volte, nei pesanti pomeriggi estivi, mentre era immerso nella
lettura, circondato dalle sue armi, quante volte Tartarino balzato in piedi
ruggendo! Quante volte, ha gettato il libro e si precipitato a staccare
un'arma dal muro! Il pover'uomo si dimenticava di essere a Tarascona, in casa
sua, in mutande e con un fazzoletto in testa; trascinato dagli esempi delle
sue letture, ed esaltandosi al suono della sua voce, egli brandiva un'ascia o
un tomahawk e urlava: Ed ora, che vengano, loro!
Loro? Chi, loro?
Non lo sapeva nemmeno lui, Tartarino... Loro! Ma era tutto quello che attacca,
tutto quello che combatte. tutto quello che morde, che graffia, tutto quello
che scotenna, che grida, che ruggisce... Loro! erano gli Indiani Sioux, che
danzano intorno al palo di guerra dove il povero bianco legato. Era l'orso
grigio delle Montagne Rocciose che si dondola e si lecca con la lingua piena
di sangue. Era il Tuareg del deserto, il pirata malese, il brigante degli
Abruzzi... Loro, insomma, erano loro!... cio la guerra, i viaggi,
l'avventura, la gloria.
Ma ahim! inutilmente l'intrepido Tarasconese li chiamava e li sfidava... Loro
non venivano mai... Che sarebbero venuti a fare a Tarascona?
Tuttavia Tartarino li aspettava sempre; specialmente la sera quando andava al
circolo.

5. Quando Tartarino andava al circolo.
Il Templare che si prepara a una sortita per rompere l'assedio degli infedeli,
il guerriero cinese che si equipaggia per la battaglia, l'indiano Comanche che
scende sul sentiero di guerra, avrebbero fatto una ben magra figura davanti a
Tartarino di Tarascona che, alle nove di sera, un'ora dopo gli squilli della
ritirata, si armava da capo a piedi per andare al circolo.
Nella sinistra Tartarino teneva un pugno di ferro, nella destra un bastone
animato; nella tasca sinistra una corta mazza ferrata, nella tasca destra una
rivoltella. Sul petto, tra la camicia e la maglia, un kriss malese. Mai, per,
frecce avvelenate: armi troppo sleali!
Prima di uscire, Tartarino faceva qualche breve esercizio nella penombra e nel
silenzio del suo studio: parava, tirava contro il muro, gonfiava e rilassava i
muscoli; poi prendeva la chiave di casa, e attraversava il giardino
dignitosamente e senza fretta.
All'inglese, signori miei, all'inglese! E' il vero coraggio.
Arrivato in fondo al giardino, apriva la pesante porta di ferro. L'apriva
bruscamente e con estrema violenza, in modo che sbatacchiasse contro il
muro... figuriamoci che frittata, se dietro ci fossero stati loro!
Disgraziatamente, non c'erano mai. Aperta la porta, Tartarino usciva, gettava
un rapido sguardo a destra e a sinistra, poi, dopo aver chiuso energicamente
la porta a doppia mandata, si metteva in cammino. Per la strada nemmeno un
cane. Buio pesto. Porte e finestre serrate. Solo di tanto in tanto un fanale
ammiccava tra la nebbia del Rodano...
Superbo e tranquillo, Tartarino andava nella notte, facendo risuonare
ritmicamente i tacchi, e sprigionando scintille dal selciato con la punta del
bastone... Tanto nei viali, quanto nelle vie pi ampie e nei vicoletti,
Tartarino aveva sempre cura di camminare in mezzo alla strada; ottima
precauzione che permette di vedere arrivare il pericolo, e soprattutto di
evitare quello che la sera a Tarascona cade qualche volta dalle finestre.
A vederlo cos prudente, non immaginatevi nemmeno per un momento che Tartarino
avesse paura... No! Lui cercava solamente di proteggersi.
La prova migliore che Tartarino non aveva paura che, invece di andare al
circolo passando per il corso, preferiva andarci passando dal centro della
citt, per un tragitto pi lungo che lo costringeva a passare in mezzo a un
dedalo di viuzze buie in fondo alle quali luccica sinistramente la corrente
del Rodano.
Il brav'uomo sperava sempre che all'angolo di uno di quei vicoli malfamati,
loro sbucassero improvvisamente dall'ombra e gli piombassero addosso.
Sarebbero stati ricevuti a dovere, ve lo garantisco io... Ma, ahim, per una
beffa del destino, mai, mai e poi mai, Tartarino di Tarascona ebbe la fortuna
di fare un brutto incontro. Nemmeno un cane, nemmeno un ubriaco. Nulla!
S, qualche volta c'erano dei falsi allarmi. Un rumore di passi, delle voci
soffocate... Attenzione! si diceva Tartarino, e restava immobile scrutando
nell'ombra, fiutando il vento, chinandosi con l'orecchio a terra all'uso
indiano... I passi si avvicinavano. Le voci si facevano pi chiare.
Nessun dubbio! Erano loro... Eccoli. Gi Tartarino, con l'occhio fiammeggiante
e il respiro affannoso, raccolto su se stesso come un giaguaro, si preparava a
balzare lanciando il suo grido di guerra... quando, improvvisamente, sentiva
venire dall'ombra delle note voci tarasconesi che lo chiamavano: Guarda chi si
vede!... Tartarino... Ciao Tartarino! Maledizione! Era il farmacista Bzuquet
che, insieme alla famiglia, tornava da casa Costecalde, dove aveva cantato la
sua romanza.
Buona sera! Buona sera! brontolava Tartarino, furioso per il suo errore; poi,
con la faccia truce e il bastone alzato, scompariva nella notte.
Arrivato nella strada del circolo, l'intrepido Tarasconese aspettava ancora un
momento, passeggiando avanti e indietro davanti alla porta prima di entrare...
Finalmente, stanco di attenderli, e sicuro ormai che loro non sarebbero
comparsi, gettava un ultimo sguardo di sfida nell'ombra, e brontolava
irosamente: Nulla! nulla!... mai nulla! A questo punto il brav'uomo entrava
nel circolo a fare la sua solita partita col comandante.

6. I due Tartarini.
Con questa smania di avventure, questo bisogno di forti emozioni, questo
desiderio folle di viaggiare, di muoversi, di andare a casa del diavolo, come
mai, domanderete, Tartarino di Tarascona non aveva mai lasciato Tarascona?
E' la verit. Fina all'et di quarantacinque anni, l'intrepido Tarasconese non
aveva mai passato una notte fuori della sua citt. Non aveva neppure fatto
quel famoso viaggio a Marsiglia, che ogni buon provenzale si concede appena
maggiorenne. A malapena conosceva Beaucaire, sebbene Beaucaire non sia molto
lontana da Tarascona: basta attraversare il ponte. Purtroppo quel maledetto
ponte stato portato via tante volte dalle raffiche del vento, cos lungo,
cos fragile, e il Rodano in quel punto cos largo che... insomma, voi mi
capite, Tartarino di Tarascona preferiva la terraferma.
Bisogna che ve lo confessi: nel nostro eroe convivevano due personalit molto
diverse. In realt Tartarino aveva dentro di s l'anima di Don Chisciotte, gli
stessi impeti cavallereschi, lo stesso ideale eroico, la stessa mania per il
grandioso e il romanzesco; ma purtroppo non aveva il corpo del celebre
hidalgo, quel corpo magro e ossuto, quella parvenza di corpo, sul quale la
vita materiale non aveva presa, quel corpo capace di passare venti notti senza
togliersi la corazza e quarantott'ore con un pugno di riso.
Il corpo di Tartarino era invece un bel corpaccione, molto grasso, molto
pesante, molto soffice, brontolone, pieno di desideri borghesi e di esigenze
domestiche; insomma il corpo grosso di ventre e corto di gambe dell'immortale
Sancio Panza.
Don Chisciotte e Sancio Panza nella stessa persona! Come potevano andare
d'accordo? Come potevano evitare di combattersi e di dilaniarsi a vicenda?
Ecco un esempio di dialogo, degno di un Luciano di Samotracia o di un
Saint-Evremont, tra i due Tartarini: Tartarino-Chisciotte e Tartarino-Sancio;
il primo, esaltato dai romanzi di avventure, grida: Io parto!
Il secondo, preoccupato per i reumatismi, dice: E io resto.
Tartarino-Chisciotte (eccitatissimo): Ricopriti di gloria, Tartarino.
Tartarino-Sancio (calmissimo): Tartarino, copriti di flanella.
Tartarino-Chisciotte (ancora pi eccitato): Oh, le belle carabine a due colpi!
Le daghe, i lazos, i mocassini!
Tartarino-Sancio (sempre pi calmo): Oh, i bei panciotti a maglia! Le belle
ginocchiere calde! Oh, i simpatici berretti di lana che coprono gli orecchi!
Tartarino-Chisciotte (fuori di se): Una scure! Datemi una scure!
Tartarino-Sancio (suonando il campanello): Jeannette, la cioccolata.
A questo punto fa il suo ingresso Jeannette con un'eccellente tazza di
cioccolata, calda, densa e profumata, accompagnata da dei deliziosi biscottini
all'anice. Tartarino-Sancio ride soddisfatto, soffocando le proteste di
Tartarino-Chisciotte. Ecco spiegato perch Tartarino di Tarascona non aveva
mai lasciato Tarascona.

7. Gli Europei a Shanghai, Il commercio mondiale, I Tartari, Tartarino di
Tarascona sarebbe un impostore? Il miraggio.
Eppure, una volta Tartarino era stato sul punto di partire, e di partire per
un lungo viaggio. I tre fratelli Garcio-Camus, Tarasconesi emigrati a
Shanghai, gli avevano offerto la direzione di una delle loro agenzie. Era
proprio la vita che gli ci voleva. Grossi affari, un esercito di impiegati da
dirigere, relazioni con la Russia, con la Persia, la Turchia asiatica, insomma
il vero grande commercio internazionale. Sulle labbra di Tartarino le parole:
commercio internazionale, acquistavano un'importanza straordinaria.
La ditta Garcio-Camus aveva anche questo di buono, che ogni tanto riceveva la
visita dei Tartari. Allora si serravano subito le porte. Gli impiegati
imbracciavano le armi, veniva issata la bandiera consolare, e pum! pum! dalle
finestre sui Tartari.
Non vi sto a dire con quale entusiasmo Tartarino-Chisciotte accolse questo
progetto; disgraziatamente Tartarino-Sancio da quell'orecchio non ci sentiva,
e siccome era il pi forte la cosa fin nel nulla. In citt se ne parl a
lungo. Partir? Non partir? Scommettiamo di s, scommettiamo di no. Fu un
avvenimento... morale della favola: Tartarino non part; tuttavia quella
vicenda aument la sua popolarit. Essere stato sul punto di partire per
Shanghai, o esserci veramente andato, per i Tarasconesi era pressappoco la
medesima cosa.
A forza di parlare del viaggio di Tartarino, si fin per credere che ne
ritornasse, e la sera, al circolo, tutti i suoi amici gli domandavano
informazioni sulla vita di Shanghai, sui costumi, sul clima, sull'oppio, e sul
commercio internazionale.
Informatissimo, Tartarino dava gentilmente ogni particolare richiesto, e a
lungo andare, il brav'uomo non era pi sicuro nemmeno lui di non essere mai
stato a Shanghai, tanto che, raccontando per la centesima volta la calata dei
Tartari, gli veniva fatto di dire spontaneamente: Allora, faccio armare i miei
dipendenti, alzo la bandiera consolare, e pum! pum! dalle finestre, sui
Tartari. A queste parole tutto il circolo fremeva...
Ma allora, questo Tartarino era un bugiardo di prima forza.
No, Assolutamente no! Tartarino non era un bugiardo...
Eppure, doveva saperlo di non essere mai stato a Shanghai.
Certo che lo sapeva. Per...
Per statemi bene a sentire. E' il momento di mettersi d'accordo una volta per
tutte su quella fama di mentitori che le popolazioni del nord hanno attribuito
ai meridionali. Non ci sono mentitori nel Mezzogiorno, non ce ne sono n a
Marsiglia, n a Nimes, n a Tolosa, n a Tarascona.
Il meridionale non mentisce, sbaglia. Non dice sempre la verit, crede di
dirla... La sua menzogna non una vera menzogna, una specie di miraggio...
S, di miraggio!... E se volete capirmi meglio, andatevene nel Mezzogiorno, e
vedrete. Vedrete che in questo dannato paese il sole trasfigura tutto, e fa
sembrare tutto pi grande del vero.
Le collinette della Provenza, non pi alte della collina di Montmartre, vi
sembreranno gigantesche il tempio romano di Nimes, un piccolo gioiello, vi
sembrer pi grande di Notre-Dame... insomma, se c' un mentitore nel
Mezzogiorno, il sole... un sole che ingrandisce tutto quello che tocca!...
Cos'era Sparta al tempo del suo splendore? Un borgo... E Atene, cos'era? Non
pi di una cittadina... eppure nella storia ci sembrano citt enormi. Miracoli
del sole. ..
Non potete stupirvi, dunque, se lo stesso sole, splendendo sopra Tarascona,
abbia potuto trasformare un capitano di commissariato in pensione come
Bravida, nel prode comandante Bravida, una rapa in un baobab, e un uomo che
era stato sul punto di partire per Shanghai in un uomo che c'era stato.

8. Il serraglio Mitaine, Un leone dell'Atlante a Tarascona, Incontro terribile
e solenne.
Ed ora che abbiamo presentato Tartarino nella sua vita privata, prima che la
gloria lo avesse baciato in fronte e incoronato di alloro, ora che abbiamo
descritto questa vita eroica in un ambiente meschino, con le sue gioie, i suoi
dolori, i sogni e le speranze, affrettiamoci ad arrivare alle grandi pagine
della sua storia e al singolare avvenimento che doveva dare l'avvio a tale
destino incomparabile.
Una sera, dall'armaiolo Costecalde, Tartarino di Tarascona era intento a
spiegare a un gruppetto di appassionati il funzionamento del fucile ad ago,
allora considerato un'invenzione nuovissima... Improvvisamente si spalanca la
porta, e un cacciatore di berretti irrompe nella bottega, gridando
eccitatissimo: Un leone!... un leone!
Stupore generale, spavento, tumulto, confusione. Tartarino mette la baionetta
in canna. Costecalde corre a sprangare la porta. Il cacciatore circondato,
interrogato, sopraffatto, e tutto si chiarisce: il serraglio Mitaine, di
ritorno dalla fiera di Beaucaire, aveva fatto sosta per qualche giorno a
Tarascona, installandosi sulla piazza del castello con una grande quantit di
serpenti boa, di foche, di coccodrilli, e un magnifico leone dell'Atlante.
Un leone dell'Atlante a Tarascona! Mai, a memoria d'uomo, si era vista una
cosa simile. I nostri bravi cacciatori di berretti si guardarono fieramente
negli occhi. I loro volti maschi risplendevano di eccitazione, e in ogni
angolo della bottega venivano scambiate silenziose strette di mano. L'emozione
era stata cos grande e cos improvvisa, che nessuno trovava le parole
adatte...
Nemmeno Tartarino. Pallido e fremente, stringendo ancora tra le mani il fucile
ad ago, in piedi davanti alla cassa, egli sognava... Un leone dell'Atlante l
vicino, a due passi! Un leone! L'animale eroico e feroce per eccellenza, il re
delle belve, la preda agognata dei suoi sogni, l'attore principale di quella
compagnia ideale che recitava drammi cos emozionanti nella sua
immaginazione...
Tuoni e fulmini, un leone!. . . E per di pi dell'Atlante!!! Era pi di quanto
il grande Tartarino potesse sopportare. Improvvisamente un'ondata di sangue
gli sal al viso. I suoi occhi fiammeggiarono. Con un gesto convulso si mise
in spalla il fucile ad ago e, rivolgendosi al prode comandante Bravida,
capitano di commissariato in pensione, gli url con voce tonante: Andiamo a
vedere, comandante!
Ma... ma il mio fucile!... ve lo portate via? si azzard a domandare
timidamente il prudente Costecalde; ma Tartarino aveva gi scantonato, seguito
da tutti i cacciatori di berretti che regolavano fieramente il passo su quello
marziale di lui.
Quando arrivarono al serraglio, c'era gi molta gente. I Tarasconesi, razza
eroica per natura, ma da troppo tempo digiuni di spettacoli sensazionali, si
erano precipitati verso il baraccone e l'avevano preso d'assalto.
La grossa signora Mitaine era molto soddisfatta... in costume arabo, con le
braccia nude fino al gomito, braccialetti di ferro alle caviglie, con un
frustino in mano e con un pollo vivo, ma spennato, nell'altra mano, l'illustre
signora faceva gli onori di casa ai Tarasconesi; e poich anche lei aveva i
muscoli doppi, il suo successo era quasi paragonabile a quello dei suoi
animali.
L'ingresso di Tartarino col fucile in spalla produsse un senso di gelo.
Tutti quei bravi Tarasconesi che passeggiavano tranquillamente su e gi
davanti alle gabbie, disarmati, senza diffidenza, senza nemmeno sospettare la
presenza di un pericolo, ebbero un ben giustificato soprassalto di terrore,
quando videro il loro grande Tartarino entrare nella baracca con la sua
micidiale arma di guerra. C'era dunque pericolo, se lui, quell'eroe...
In un batter d'occhio tutto lo spazio davanti alle gabbie rest vuoto. I
bambini strillavano di paura, le signore lanciavano occhiate spaventate verso
l'uscita. Il farmacista Bzuquet si ecliss dicendo che andava a prendere il
fucile... Ma a poco a poco l'atteggiamento di Tartarino rassicur i presenti.
Calmo, a testa alta, l'intrepido Tarasconese fece lentamente il giro del
baraccone; pass senza fermarsi davanti alla tinozza della foca, lanci un
occhiata sprezzante sulla lunga cassa piena di crusca dove il serpente boa
stava digerendo il suo pollo crudo, e finalmente and a piantarsi davanti alla
gabbia del leone...
Incontro terribile e solenne! Il leone di Tarascona e il leone dell'Atlante.
L'uno di faccia all'altro... Da una parte Tartarino, solidamente piantato
sulle gambe e con le braccia appoggiate al fucile; dall'altra il leone, un
leone gigantesco, sdraiato sulla paglia, con gli occhi sonnacchiosi e l'aria
rimbecillita, col suo muso enorme dalla parrucca gialla appoggiato sulle zampe
anteriori...
Tutti e due si guardavano intensamente negli occhi. Cosa strana! Sia che il
fucile ad ago gli avesse urtato i nervi, sia che avesse fiutato un nemico
della sua razza, il leone, che fino a quel momento si era limitato a guardare
i Tarasconesi con profondo disprezzo sbadigliando loro sul naso, ebbe
improvvisamente un moto di collera. Prima sbuff, brontol sordamente, mise
fuori gli unghioni e si stir sulle gambe; poi si alz, drizz la testa,
scosse la criniera, apr una bocca immensa ed emise un ruggito formidabile
all'indirizzo di Tartarino.
Un urlo di terrore gli rispose. Presa dal panico, tutta Tarascona si precipit
verso le porte. Tutti, donne, bambini, cacciatori di berretti, facchini,
persino il prode comandante Bravida... solo Tartarino di Tarascona non batt
ciglio. Era l, davanti alla gabbia, immobile e risoluto, con gli occhi
lampeggianti e con sul volto quell'espressione minacciosa che tutta la citt
conosceva... Dopo qualche momento, quando i cacciatori di berretti,
rassicurati dal suo atteggiamento e dalla solidit delle sbarre, si furono
avvicinati al loro capo, lo sentirono mormorare: Questa s che una caccia!
Quel giorno, Tartarino di Tarascona non aggiunse altro.

9. Strani effetti del miraggio.
Quel giorno Tartarino di Tarascona non aggiunse altro; ma lo sventurato aveva
gi detto anche troppo... Il giorno dopo, in citt non si parlava che della
prossima partenza di Tartarino per la caccia ai leoni in Algeria. Siete tutti
testimoni, cari lettori, che il brav'uomo non aveva minimamente accennato a
una cosa del genere; ma che volete, il miraggio...
Insomma, tutta Tarascona non parlava che della partenza di Tartarino.
Per la via, al circolo, nella bottega di Costecalde, la gente si interrogava
con aria sbigottita: L'avete saputa la grande notizia?
Sapete che Tartarino deve partire per la caccia ai leoni?
L'uomo pi meravigliato di tutta la citt, quando seppe che stava per partire
per l'Africa, fu Tartarino. Ma guardate cos' la vanit! Invece di rispondere
semplicemente che non sarebbe partito affatto e che non aveva mai avuto
l'intenzione di partire, il povero Tartarino, la prima volta che gli parlarono
di quel viaggio, disse con tono leggermente ambiguo: Eh, gi... forse... non
dico di no. La seconda volta, un po' pi familiarizzato con l'idea, rispose:
E' probabile. La terza volta: E' certo!
La sera, poi, al circolo e in casa Costecalde, trascinato da un robusto ponce,
dall'entusiasmo e dalle luci, ubriacato dal successo che la notizia della sua
partenza aveva sollevato in citt, lo sventurato dichiar formalmente che
ormai era stufo di cacciare i berretti, e che presto si sarebbe messo sulle
tracce dei grandi leoni dell'Atlante.
Un urr! formidabile accolse questa dichiarazione. Segu una nuova
distribuzione di ponce, strette di mano, abbracci, serenata e fiaccolata fino
alla mezzanotte davanti alla villetta del baobab.
Ma Tartarino-Sancio non era affatto contento! L'idea di questo viaggio in
Africa e della caccia al leone lo faceva rabbrividire in anticipo appena
rientrato in casa e mentre la serenata d'onore risuonava ancora sotto le
finestre, egli fece a Tartarino-Chisciotte una scenata spaventevole.
Lo chiam matto, visionario, imprudente, delirante; e gli enumer una per una
tutte le catastrofi che l'attendevano in quella spedizione: naufragi,
reumatismi, febbri tropicali, dissenteria, peste nera, elefantiasi e via
discorrendo... Invano Tartarino-Chisciotte giurava di non commettere
imprudenze, di coprirsi bene e di portare tutto l'occorrente per ogni
evenienza; Tartarino-Sancio non voleva sentir ragioni.
Il pover'uomo si vedeva gi fatto a pezzi dai leoni, inghiottito dalle sabbie
del deserto come re persiano Cambise, e l'altro Tartarino riusc a calmarlo un
po' solo quando gli ebbe spiegato che non si trattava di partire subito, che
non c'era fretta, e che, tutto sommato, non erano ancora partiti. E' chiaro,
infatti, che non ci si imbarca in un'impresa del genere senza prendere qualche
precauzione. Bisogna sapere dove si va, che diavolo! e non partire come un
uccello...
Per prima cosa, il Tarasconese volle rileggere i racconti dei grandi
esploratori africani, i resoconti di Mungo-Park, di Caill, del dottor
Livingstone, di Henry Vuveyrier. In quelle pagine, vide che quegli intrepidi
viaggiatori, prima di mettersi in marcia per quelle lontane esplorazioni, si
erano allenati in precedenza a sopportare la fame, la sete, le marce forzate e
ogni genere di privazioni.
Tartarino volle fare come loro e, a cominciare da quel giorno, si nutr
esclusivamente di acqua bollita. Quello che a Tarascona si chiama acqua
bollita consiste in qualche fetta di pane annegata nell'acqua calda, con uno
spicchio d'aglio, un po' di timo e una foglia di alloro. Era un regime severo,
e potrete facilmente immaginarvi le boccacce del povero Sancio...
All'allenamento con l'acqua bollita, Tartarino un altri saggi esercizi.
Cos, per abituarsi alle lunghe marce, si obblig a fare ogni mattina sette o
otto volte il giro della citt, ora a passo accelerato, ora a passo
ginnastico, braccia flesse e due sassolini bianchi in bocca, secondo l'uso
antico. Poi, per abituarsi al fresco della notte, alle nebbie, alla rugiada,
scendeva tutte le sere in giardino e ci restava per circa dieci, undici ore,
solo col suo fucile, alla posta dietro il baobab.
Aggiungeremo che per tutto il tempo che il serraglio Mitaine rimase a
Tarascona, i cacciatori di berretti rimasti fino a tardi da Costecalde,
potevano scorgere, passando dalla piazza del castello, un uomo misterioso che
nell'oscurit camminava in su e in gi dietro il baraccone.
Era Tartarino di Tarascona, che si abituava ad ascoltare senza fremere i
ruggiti del leone nella notte.

10. Prima della partenza.
Mentre Tartarino perseverava nel suo allenamento con eroica ostinazione, tutta
Tarascona gli teneva gli occhi addosso; in citt non ci si occupava d'altro.
La caccia ai berretti batteva la fiacca, le romanze erano rimaste disoccupate.
Nella farmacia Bzuquet il pianoforte languiva sotto un panno verde, e sopra
di esso, con le zampette all'aria, seccavano le mosche cantaridi. La
spedizione di Tartarino aveva fermato tutto. Bisognava vedere il successo che
il Tarasconese aveva nei salotti. Tutti se lo strappavano, se lo disputavano,
se lo prestavano, se lo rubavano.
Per le signore non c'era onore pi grande di quello di andare al serraglio
Mitaine al braccio di Tartarino, e di farsi spiegare, davanti alla gabbia del
leone i vari metodi che venivano usati per cacciare quelle belve, dove
bisognava mirare, a quanti passi di distanza, se gli incidenti erano numerosi,
e via discorrendo...
Tartarino dava tutte le spiegazioni possibili. Aveva letto i due libri di
memorie di Jules Grard, detto l'Uccisore dei Leoni, quell'ufficiale francese
degli spahis che si rese famoso per la caccia ai leoni che devastavano
l'Algeria, e aveva ormai la caccia al leone sulla punta delle dita come se
l'avesse fatta anche lui. E parlava dell'argomento con una grande eloquenza.
Ma il bello veniva la sera, a pranzo dal presidente Ladevze o dal prode
comandante Bravida, capitano di commissariato in pensione, quando, al momento
del caff, tutti avvicinavano le sedie e lo facevano parlare delle sue cacce
future...
Allora, col gomito appoggiato sulla tovaglia, col naso nella tazzina del suo
moca, l'eroe enumerava con voce commossa tutti i pericoli che l'attendevano
laggi. Parlava dei lunghi appostamenti nelle notti senza luna, delle paludi
pestilenziali, dei fiumi avvelenati dalle foglie dell'oleandro, delle nevi,
dei soli ardenti, degli scorpioni, delle nubi di cavallette; spiegava anche le
abitudini dei grandi leoni dell'Atlante, il loro modo di combattere, il loro
eccezionale vigore, la loro ferocia...
Poi, esaltandosi alle proprie parole, balzava in piedi, piombava in mezzo alla
sala da pranzo, imitando il ruggito del leone, i colpi della carabina, pan!
pan! il fischio di un proiettile esplosivo, pfft! pfft! gesticolava,
ringhiava, rovesciava le sedie...
Intorno alla tavola, i volti impallidivano. Gli uomini si guardavano scuotendo
la testa, le signore chiudevano gli occhi con dei gridolini di spavento, i
vecchi brandivano bellicosamente i loro bastoni e, nella stanza accanto, i
bambini, messi a letto di buon'ora, svegliati di soprassalto dai ruggiti e dai
colpi di fucile, chiedevano un lume, terrorizzati. Ma Tartarino non partiva.

11. Colpi di spada, signori, colpi di spada!... Non colpi di spillo!
Aveva realmente l'intenzione di partire?... Domanda delicata e capace di
mettere in grave imbarazzo lo storico di Tartarino. Il fatto che gi da tre
mesi il serraglio Mitaine aveva lasciato Tarascona, e lo sterminatore di leoni
non si era mosso... Forse il candido eroe accecato da un nuovo miraggio,
s'immaginava in buona fede di essere gi stato in Algeria.
Forse, a furia di raccontare le sue cacce future, si era convinto di averle
fatte, come era convinto di aver alzato la bandiera consolare e di aver
sparato sui Tartari, pum! pum! a Shanghai.
Purtroppo, se anche questa volta Tartarino di Tarascona fu vittima del
miraggio, i Tarasconesi non lo furono. Quando, dopo tre mesi di attesa, si
accorsero che il cacciatore di leoni non aveva ancora preparato nemmeno una
valigia, cominciarono a mormorare.
Andr a finire come per quella storia di Shanghai! diceva sorridendo
Costecalde. E le parole dell'armaiolo ebbero un grande successo in citt,
perch ormai nessuno aveva pi fiducia in Tartarino.
I timidi, i paurosi, le persone come Bzuquet, che sarebbero fuggite davanti a
una pulce e che erano incapaci di tirare una fucilata senza chiudere gli
occhi, erano i pi accaniti. Al circolo, sul piazzale, abbordavano il povero
Tartarino e gli chiedevano con aria leggermente canzonatoria: E allora, quando
si parte?
Nel negozio Costecalde, la sua opinione non faceva pi legge. I cacciatori di
berretti rinnegavano il loro capo! Poi cominciarono gli epigrammi.
Il presidente Ladevze, che nelle sue ore di libert faceva volentieri un po'
di corte alle muse, compose una canzone che ebbe molta fortuna. Si trattava
della storia di un certo mastro Gervasio, gran cacciatore, che, col suo
formidabile fucile, doveva andare in Africa a sterminare i leoni.
Purtroppo quel maledetto fucile aveva uno strano difetto: si caricava sempre,
e non sparava mai. L'allusione era chiara...
In un batter d'occhio, la canzonetta divent popolare; e quando passava
Tartarino. i facchini dello scalo e i piccoli lustrascarpe davanti alla porta,
cantavano in coro: A caccia di leoni con la sua carabina, and mastro Gervasio
una bella mattina. Ma l'arma traditrice gli procur dei guai, la caricava
sempre, e non sparava mai!
Per, a causa dei muscoli doppi, gliela cantavano da lontano. Oh fragilit
degli entusiasmi tarasconesi!
Lui, il grand'uomo, faceva finta di non vedere, di non sentire; ma in fondo
questa guerricciola sorda e velenosa lo faceva soffrire; sentiva che Tarascona
gli scivolava dalle mani, e che il favore popolare si riversava su altri.
E' bello sedersi davanti al piatto appetitoso della popolarit, ma se il
piatto si rovescia, che scottature!
A dispetto delle sue sofferenze, Tartarino, come se niente fosse, seguitava
sorridendo la sua solita vita. Qualche volta, tuttavia, la maschera di serena
indifferenza che per orgoglio Tartarino si era incollata sul viso, si staccava
improvvisamente. Allora, invece del sorriso, si vedevano sul suo volto
indignazione e dolore. E cos, una mattina, mentre i piccoli lustrascarpe
cantavano sotto le sue finestre: Il fucile di mastro Gervasio, le voci di quei
miserabili giunsero fino alla camera del pover'uomo che stava facendosi la
barba davanti allo specchio (Tartarino portava la barba intera, ma siccome
cresceva troppo alla svelta, era costretto a controllarla).
All'improvviso la finestra si spalanc con violenza, e Tartarino apparve in
camicia, con una salvietta annodata in testa e le guance insaponate. Brandendo
minacciosamente il rasoio, egli grid con voce formidabile: Colpi di spada,
signori, colpi di spada!... Non colpi di spillo!
Bellissime parole degne di passare alla storia, se non avessero avuto il torto
di essere indirizzate a quei monelli, alti come la loro cassettina da
lustrascarpe, e incapaci di maneggiare una spada come veri gentiluomini.

12. Di quel che fu detto nella villetta del baobab.
In mezzo alla defezione generale, solo l'esercito restava fedele a Tartarino.
Il valoroso comandante Bravida, capitano di commissariato in pensione, gli
manteneva intatta la sua stima. E' un prode! si ostinava a dire, e questa sua
affermazione aveva, immagino, lo stesso valore di quella del farmacista
Bzuquet. Nemmeno una volta il valoroso comandante aveva fatto allusione al
viaggio di Tartarino in Africa; ma quando il clamore popolare divenne troppo
insistente, egli si decise a parlare.
Una sera, lo sventurato Tartarino era solo nel suo studio, immerso in tristi
pensieri, quando vide entrare il comandante. Solenne, coi guanti neri e
abbottonato fino agli orecchi, il capitano in pensione disse con autorit:
Tartarino, bisogna partire! E rest impalato nel vano della porta rigido e
impassibile come il dovere. Tartarino comprese subito il profondo significato
di quella frase.
Si alz, pallidissimo, guard con occhio pieno di tenerezza quel suo delizioso
studio, cos intimo, pieno di calore e di luce, quella sua poltrona cos
comoda, i suoi libri, i suoi tappeti, le grandi tende bianche alle finestre,
dietro le quali tremavano i rami gracili delle sue piante; poi, avanzandosi
verso il valoroso comandante, gli afferr la mano, la strinse con energia, e
con una voce dove si sentivano le lacrime, ma anche una stoica rassegnazione,
gli disse: Partir, Bravida! E, come aveva detto, part. Ma non subito... gli
ci volle il tempo per fare i preparativi. Per prima cosa ordin da Bompard due
grandi bauli rinforzati, con sopra una lunga targa recante l'iscrizione:
TARTARINO DI TARASCONA. Cassa d'armi. Per rinforzare i bauli e per incidere la
targa, ci volle molto tempo.
Poi ordin da Tastavin un magnifico album da viaggio per scrivere il suo
giornale e le sue impressioni; perch, anche quando si va a caccia di leoni,
c' sempre tempo di fare delle riflessioni, specialmente durante gli
spostamenti. Poi si fece venire da Marsiglia un carico di conserve alimentari,
del pemmican in tavolette per fare il brodo, quel cibo tipico degli Indiani
dell'America del Nord, che consiste in sottili fette di carne e pesce, seccate
e affumicate. Poi una tenda di nuovo modello che si montava e si smontava in
un minuto, un paio di stivali da marinaio, due ombrelli, un impermeabile, e un
paio di occhiali azzurri contro i riflessi del sole. Infine il farmacista
Bzuquet gli prepar una piccola farmacia da viaggio, piena zeppa di cerotti,
d'acqua d'arnica, di canfora e di aceto dei sette ladri. Povero Tartarino!
Egli sperava, a forza di precauzioni e di attenzioni delicate, di calmare il
furore di Tartarino-Sancio che, da quando la partenza era stata decisa, non
faceva che protestare dalla mattina alla sera.

13. La partenza.
Finalmente scocc l'ora fatidica e solenne. Dall'alba, tutta Tarascona era in
piedi, e affollava la strada di Avignone e le vicinanze della villetta del
baobab. Gente alle finestre, sui tetti, sugli alberi; marinai del Rodano,
facchini, lustrascarpe, impiegati, operaie della filanda, membri del circolo,
insomma tutta la citt; persino gente di Beaucaire era venuta a Tarascona,
attraversando il ponte; c'erano anche degli ortolani dei sobborghi con le loro
carrette coperte, dei vignaioli in sella alle loro mule tutte infiocchettate e
cariche di nastri, di nappe e di bubboli, e non mancava qualche bella ragazza
di Arles coi capelli intrecciati di nastri azzurri, venuta insieme
all'amoroso, in groppa a un bel cavallino grigio della Camargue.
Tutta questa folla si accalcava davanti alla porta di Tartarino, di quel bravo
signor Tartarino, che andava ad ammazzare i leoni dai Turchi. Per i
Tarasconesi, l'Algeria, l'Africa, la Grecia, la Persia, la Turchia, la
Mesopotamia, formano tutte insieme un immenso e indefinito paese, quasi
mitologico, chiamato semplicemente i Turchi.
Davanti alla villetta del baobab erano ferme due grosse carriole. Di tanto in
tanto, quando si apriva la porta, si potevano scorgere nel giardinetto alcune
persone che passeggiavano con aria solenne. Degli uomini portavano valige,
casse, sacchi a pelo, che accatastavano sulle carriole. A ogni nuovo pacco, la
folla fremeva. Si nominavano gli oggetti ad alta voce: Ecco la tenda... la
carne in scatola... la farmacia... le casse d'armi... E i cacciatori di
berretti davano spiegazioni.
Improvvisamente, verso le dieci, ci fu un gran movimento tra la folla.
La porta del giardino gir violentemente sui cardini. E' lui!... E' lui!
gridarono tutti. Era lui... Quando Tartarino apparve sulla soglia, due gridi
di stupore partirono dalla folla: E' un Turco! Ha gli occhiali!
Andando in Algeria, infatti, era sembrato necessario a Tartarino indossare il
costume algerino. Ampi pantaloni bianchi a sbuffo, giacchettina stretta con
bottoni di metallo, mezzo metro di cintura rossa intorno allo stomaco, il
collo nudo, la fronte rasa, e sulla testa un gigantesco fez rosso con una
nappa azzurra che non finiva mai... Inoltre, due pesanti carabine, una per
spalla, un coltellaccio da caccia alla cintura e un revolver con la sua
fondina che gli dondolava su un fianco. Nient'altro... Ah, scusate,
dimenticavo gli occhiali; un enorme paio di occhiali azzurri che, molto a
proposito, mitigavano alquanto l'aspetto un po' troppo feroce del nostro eroe.
Viva Tartarino!... Viva Tartarino! grid la folla.
Il grand'uomo sorrise, ma impedito dai fucili, non pot ringraziare. Del
resto, sapeva ormai per esperienza quanto valeva il favore del popolo; forse,
in fondo all'anima, egli malediceva quei suoi terribili concittadini che lo
costringevano a partire, a lasciare la sua cara villetta dai muri bianchi e
dalle persiane verdi... ma questo suo sentimento rimaneva nascosto.
Calmo e fiero, sebbene un po' pallido, Tartarino si avanz sulla strada,
osserv le sue carriole, e dopo essersi assicurato che tutto era in ordine, si
avvi risolutamente verso la stazione, senza voltarsi nemmeno una volta a
guardare la sua villetta del baobab. Lo seguivano il valoroso comandante
Bravida, capitano di commissariato in pensione, il presidente Ladevze,
l'armaiolo Costecalde e tutti i cacciatori di berretti; pi indietro, le
carriole, pi indietro ancora, il popolo.
Il capostazione lo attendeva davanti alla banchina; era un reduce d'Africa del
1830, e gli strinse pi volte calorosamente la mano.
Il rapido Parigi-Marsiglia non era ancora arrivato. Tartarino e il suo stato
maggiore entrarono nella sala d'aspetto. Per evitare l'eccessivo affollamento
della sala, il capostazione fece chiudere i cancelli.
Per un quarto d'ora, Tartarino cammin in lungo e in largo tra i cacciatori di
berretti. Parlava del suo viaggio, della caccia, e prometteva a tutti una
pelle di leone. Tutti si prenotarono per una pelle sul suo carnet, come ci si
prenota per una danza. Tranquillo e sereno come Socrate al momento di bere la
cicuta, l'intrepido Tarasconese aveva una parola per ciascuno, un sorriso per
tutti. In un angolo, degli operai piangevano. Fuori, il popolo guardava
attraverso le sbarre dei cancelli, e urlava: Viva Tartarino!
Finalmente suon la campana. Un fischio lacerante e un rotolo sordo fecero
tremare le arcate della stazione... In vettura! In vettura!
Addio, Tartarino!... addio, Tartarino!...
Addio, a tutti!... mormor il grand'uomo, e sulle guance del valoroso
comandante Bravida baci la sua cara Tarascona. Poi si slanci verso il treno,
e sal su una vettura piena di signore di Parigi, che stettero l l per
morire dallo spavento nel vedere entrare quello strano uomo armato fino ai
denti.

14. Il porto di Marsiglia, A bordo.
Il primo giorno di dicembre del 186... verso mezzogiorno, con un sole da
inverno provenzale, e un cielo chiaro, limpido, luminoso, i Marsigliesi
stupefatti videro sbucare sulla Canebire un Turco; ma un Turco pi Turco di
tutti quelli che fino allora avevano visto; eppure, Dio sa se a Marsiglia
mancano i Turchi!
Inutile dirvi che quel Turco era Tartarino di Tarascona, il grande Tartarino,
che camminava lungo il molo, seguito dalle sue casse d'armi, dalla sua
farmacia, dalle sue scatole di carne in conserva, diretto verso l'imbarcadero
della compagnia Touache, dove l'attendeva il piroscafo Zuavo che doveva
condurlo in Algeria.
Con ancora negli orecchi l'eco degli applausi tarasconesi, ubriacato dalla
luminosit del cielo e dall'odore del mare, Tartarino procedeva raggiante, coi
fucili in spalla, la testa alta, e gli occhi spalancati sulle affascinanti
meraviglie del porto di Marsiglia, che vedeva per la prima volta... Il
pover'uomo credeva di sognare. Gli sembrava d'essere Sindbad il Marinaio e di
trovarsi in una citt fantastica da Mille e una notte.
Alberi e pennoni s'incrociavano in tutti i sensi a perdita d'occhio.
Sventolavano bandiere di ogni paese, russe, greche, svedesi, tunisine,
americane... Le navi ormeggiate rasente alla banchina protendevano i loro
bompressi come una fila di baionette. Pi in basso le naiadi, le dee, le sante
vergini e le altre sculture di legno dipinto che danno il nome alla nave,
apparivano corrose dalla salsedine, consumate, gocciolanti, ammuffite...
Qua e la, tra una nave e l'altra, tremolava cangiante un pezzetto di mare...
Tra il groviglio dei pennoni, nuvole bianche di gabbiani spiccavano
sull'azzurro del cielo, e i mozzi si chiamavano in tutte le lingue. Sulla
banchina, in mezzo ai rigagnoli densi e nerastri, saturi d'olio e di soda, che
venivano dalle fabbriche di sapone, si agitava una moltitudine di doganieri,
di spedizionieri, di facchini con le loro carrette tirate da piccoli cavalli
crsi. Negozi di abiti strani, baracche fumose dove i marinai si preparavano
da mangiare, mercanti di pipe, di scimmie, di pappagalli, di cordami, di tela
da vele; incredibili botteghe di anticaglie, dove erano esposte alla rinfusa
vecchie colubrine, grosse lanterne dorate, vecchi paranchi, ancore arrugginite
e sdentate, vecchie carrucole, megafoni usati, cannocchiali dell'epoca di Jean
Bart, l'ammiraglio francese, celebre per le sue lotte con i pirati nel
Mediterraneo e nelle Antille.
Venditrici di arselle e di datteri di mare, accovacciate accanto alle loro
conchiglie, lanciavano il loro grido lamentoso. Passavano dei marinai carichi
di mastelli di catrame, di marmitte fumanti, di grandi panieri pieni di polpi,
che andavano a lavare nell'acqua biancastra delle fontane. Dovunque un
assortimento incredibile di mercanzie: sete, minerali grezzi, carichi di
legname, piombo in pani, stoffe, zucchero, carrube, colza, liquirizia, canna
da zucchero. Un guazzabuglio di Oriente e di Occidente.
Pi lontano, lo scarico del grano; dall'alto dei ponti, i facchini scaricavano
i loro sacchi. Il grano, come un torrente d'oro, scorreva in mezzo alla
polvere bionda. Degli uomini col fez rosso lo vagliavano in grossi stacci di
pelle d'asino e lo caricavano sopra i carri; quando i carri si mettevano in
moto, erano seguiti da un esercito di donne e di bambini pronti a raccogliere
i chicchi che cadevano.
Nel bacino di carenaggio le grosse navi coricate su un fianco, venivano
liberate dalle incrostazioni delle alghe per mezzo del fuoco; l'aria era
impregnata dell'odore di resina e rintronava del rumore assordante dei
carpentieri occupati a rinforzare gli scafi con lastre di rame.
Ogni tanto, tra la selva degli alberi delle navi, uno spazio libero. Allora
Tartarino poteva vedere l'ingresso del porto, il continuo va e vieni delle
navi, una fregata inglese in partenza per Malta, elegante e tirata a lucido,
con gli ufficiali in guanti gialli, o un brigantino marsigliese, che salpava
in mezzo alle grida e alle imprecazioni, mentre un grosso capitano in
redingote e cappello a cilindro dirigeva la manovra in provenzale. Navi si
allontanavano veloci con tutte le vele al vento, mentre altre navi lontane si
avvicinavano lentamente nel sole, come sospese tra cielo e mare.
Sempre e dappertutto un frastuono spaventoso, il rotolo dei carri, gli oh,
issa! dei marinai, canti, imprecazioni, fischi di battelli a vapore, i tamburi
e le trombe dei forti della citt, le campane della cattedrale e delle altre
chiese di Marsiglia; per colmare la misura, un forte vento di maestrale si
impadroniva di tutti questi rumori, di tutti questi clamori, li trascinava, li
scuoteva, li mescolava con la propria voce e ne faceva una musica pazza,
selvaggia, eroica come una fanfara di guerra, una fanfara che invogliava a
partire, ad andare lontano, a volare nell'infinito. Fu al suono di questa
eccitante fanfara che l'intrepido Tartarino di Tarascona s'imbarc per il
paese dei leoni!...

Nel paese dei Turchi.
1. La traversata, Le cinque posizioni del fez, La sera del terzo giorno,
Misericordia.
Cari lettori, vorrei essere un pittore, un grande pittore, per potervi
dipingere, all'inizio di questo secondo episodio, tutte le differenti
posizioni che prese il fez di Tartarino di Tarascona a bordo dello Zuavo, nei
tre giorni della traversata tra la Francia e l'Algeria.
Ve lo mostrerei da principio sul ponte, al momento della partenza eroico e
superbo, degna corona per quella bella testa tarasconese. Poi ve lo farei
vedere all'uscita del porto, mentre lo Zuavo comincia a caracollare sulle
onde: ve lo mostrerei fremente, stupefatto, quasi in attesa dei primi sintomi
del male.
Pi tardi, nel golfo del Leone, via via che la nave avanza verso il largo e
che il mare diventa sempre pi grosso, ve lo farei vedere alle prese con la
tempesta, dritto e spaurito sulla testa dell'eroe, mentre la sua grande nappa
turchina s'impenna al vento della burrasca... Quarta posizione. Sono le sei di
sera, in vista delle coste della Corsica. Lo sventurato fez si spenzola dal
parapetto e contempla melanconicamente il mare... Finalmente, quinta ed ultima
posizione, nel fondo di una stretta cabina, in un lettino che sembra la
cassetta di un armadio, ridotto a una povera cosa informe e disperata che si
rotola gemendo sul guanciale. E' il fez, l'eroico fez della partenza, ridotto
ormai al volgare uso di berretto da notte, tirato fino agli orecchi di un
essere umano livido e convulso.
Ah, se i Tarasconesi avessero potuto vedere il loro grande Tartarino coricato
nella sua cassetta sotto la luce pallida e triste che pioveva dagli obl,
oppresso dall'odore nauseante della nave che sapeva di cucina e di legno
marcito! Se l'avessero sentito rantolare a ogni giro dell'elica, chiedere del
t ogni cinque minuti, e invocare il cameriere con una vocina di bambino
malato, forse allora si sarebbero pentiti di averlo obbligato a partire...
Parola di storico! il povero turco faceva veramente piet. Sorpreso dal male,
allo sventurato era mancato il coraggio di allentarsi la cintura algerina, e
di liberarsi dal suo arsenale.
Il manico del coltellaccio gli schiacciava il petto, la fondina della
rivoltella gli ammaccava le gambe. Come se non bastasse, quel fifone di
Tartarino-Sancio non la finiva pi di brontolare e di lamentarsi: Imbecille...
te l'avevo detto!... L'hai voluta l'Africa?... Eccola! Ti piace?
Cosa ancora pi crudele, il disgraziato, dal fondo della sua cabina e in mezzo
alle sue sofferenze, sentiva gli altri passeggeri che, riuniti nel salone
della nave, ridevano, cantavano, mangiavano e giocavano a carte.
La compagnia era numerosa e allegra a bordo dello Zuavo. Ufficiali che
tornavano alle loro guarnigioni, attrici dell'Alcazar di Marsiglia, attori di
variet, un ricco musulmano che tornava dalla Mecca, un principe montenegrino
molto spiritoso che faceva delle imitazioni... nemmeno uno di tutta questa
gente soffriva il mal di mare, e tutti passavano il tempo a bere champagne col
capitano dello Zuavo, un buontempone di Marsiglia che rispondeva al nome di
Barbassou.
Tartarino di Tarascona ce l'aveva a morte con quei miserabili. La loro
allegria raddoppiava le sue sofferenze. Finalmente, nel pomeriggio del terzo
giorno, il nostro eroe fu tratto dal suo lungo torpore da un movimento
straordinario che cominci a bordo del piroscafo. La campana di prua si mise a
suonare. Sul ponte si sentivano correre le grosse scarpe dei marinai.
Macchina avanti!... macchina indietro! gridava la voce rauca del capitano
Barbassou. Poi: Macchina, stop!
Una fermata brusca, una scossa, poi pi nulla... La nave rimase a dondolarsi
in silenzio, come un pallone che galleggia nell'aria...
Questo strano silenzio spavent il Tarasconese. Misericordia! affondiamo!...
grid con voce terribile, e ritrovando come per magia tutte le sue forze,
balz dalla cuccetta e si precipit sul ponte con tutto il suo arsenale.

2. Non si affondava: si arrivava.
Lo Zuavo era entrato allora nella rada, una bella rada dalle acque nere e
profonde, ma silenziosa, malinconica e quasi deserta. Di fronte sulla collina,
si vedeva Algeri con le sue casette di un bianco opaco che scendono verso il
mare, strette le une contro le altre, come un bucato bianco messo ad asciugare
al sole. E sopra, un cielo immenso di un incredibile azzurro.
L'illustre Tartarino, che si era un po' rimesso dallo spavento, guardava il
paesaggio, ascoltando rispettosamente il principe montenegrino che, in piedi
al suo fianco, gli nominava i vari quartieri della citt, la Casba la citt
alta, la via Bab-Azun. Molto garbato, quel principe montenegrino conoscitore
profondo dell'Algeria e capace di parlare l'arabo correntemente.
Tartarino si proponeva gi di coltivare la sua conoscenza... Improvvisamente,
il Tarasconese scorse una lunga fila di enormi mani nere aggrapparsi
all'esterno del parapetto della nave. Quasi nello stesso tempo, gli comparve
davanti una testa cresputa di negro, e prima che egli avesse il tempo di aprir
bocca, il ponte fu invaso da un centinaio di pirati, neri, gialli, mezzi nudi,
spaventosi e terribili.
Tartarino li conosceva, quei pirati... Erano loro, non potevano essere che
loro, quei famosi loro che aveva cos spesso cercato, la notte, per le vie di
Tarascona. Finalmente loro si decidevano a comparire.
La sorpresa fu tale che, nel primo istante, Tartarino rimase come paralizzato;
ma quando vide i pirati precipitarsi sopra i bagagli, tirar via il copertone
che li copriva, e dare inizio al sacco della nave, l'eroe si risvegli, e
sguainando il suo coltello da caccia: All'armi, all'armi! grid ai passeggeri,
e primo di tutti si gett contro i pirati.
Che succede? Cosa le prende? fece il capitano Barbassou, che usciva allora sul
ponte.
Ah! Eccola, capitano!... Presto, armi i suoi uomini.
Santo cielo, a far cosa?
Ma non vede, dunque?...
Cosa c' da vedere?
L... davanti a lei... i pirati...
Il capitano Barbassou rimase a contemplarlo, sbalordito. In quel momento,
pass davanti a loro un gran diavolo di gigante negro che portava via di corsa
la farmacia del nostro eroe.
Fermati!... Miserabile!... url il Tarasconese; e si lanci dietro il negro,
brandendo il coltello.
Barbassou lo riprese a volo, trattenendolo per la cintura: Ma si calmi dunque,
per bacco!... Macch pirati... un pezzo che non ce ne sono pi... sono dei
facchini.
Dei facchini!...
Ma sicuro! dei facchini che vengono a prendere i bagagli per portarli a
terra... Rimetta dentro il suo coltellaccio, e mi dia il biglietto; poi vada
pure dietro a quel negro. E' un bravo ragazzo, che la porter a terra, e anche
all'albergo, se vuole!
Un po' mortificato, Tartarino consegn il suo biglietto, segu il negro, e si
cal in una grossa barca che si dondolava lungo il fianco della nave.
C'erano gi tutti i suoi bagagli, i bauli, le casse d'armi, le conserve
alimentari; tutta quella roba riempiva completamente la barca, e non ci fu
bisogno di aspettare altri passeggeri. Il negro si arrampic sui bauli, e ci
si accovacci sopra come una scimmia. Un altro negro prese i remi... Tutti e
due guardavano Tartarino e ridevano, mettendo in mostra i loro denti bianchi.
In piedi, a poppa, con quella grinta terribile che era il terrore dei suoi
concittadini, il grande Tarasconese tormentava nervosamente il manico del suo
coltellaccio; malgrado le tranquillizzanti informazioni di Barbassou, si
sentiva rassicurato solo a met sulle intenzioni di quei due facchini dalla
pelle d'ebano, cos diversi dai bravi facchini di Tarascona...
Dopo cinque minuti, la barca giungeva a terra, e Tartarino posava il piede su
quel piccolo molo barbaresco dove, trecento anni prima, un galeotto spagnolo
chiamato Miguel Cervantes, concepiva, sotto la sferza della ciurma barbaresca,
quel sublime romanzo che doveva chiamarsi Don Chisciotte!

3. Invocazione a Cervantes, Sbarco, Dove sono i Turchi? Delusione.
Oh, Miguel Cervantes Saavedra, s vero, come si dice, che nei luoghi dove i
grandi uomini hanno abitato, aleggi nell'aria fino alla consumazione dei
secoli, qualcosa di loro, quel che restava di te sul lido barbaresco, dovette
trasalire di gioia nel veder sbarcare Tartarino di Tarascona, lo straordinario
tipo di francese meridionale in cui erano incarnati i due eroi del tuo libro.
Don Chisciotte e Sancio Panza...
Faceva caldo. quel giorno. Sul molo inondato dal sole c'erano solo cinque o
sei doganieri, qualche Algerino che aspettava notizie dalla Francia, alcuni
Arabi accovacciati a fumare le loro lunghe pipe, e dei marinai maltesi che
tiravano le loro grandi reti dove migliaia di sardine luccicavano come piccole
monete d'argento.
Ma appena Tartarino ebbe messo piede a terra, il molo si anim e cambi
aspetto. Una banda di selvaggi, ancora pi spaventosi dei pirati della nave,
Si drizz sulla riva sassosa e si precipit sul disgraziato viaggiatore. Arabi
giganteschi, nudi sotto i loro mantelli di lana, Mauri piccoli e coperti di
stracci, negri, Tunisini, Mozabiti, camerieri d'albergo col grembiule bianco,
si attaccarono urlando ai suoi abiti, si disputarono i suoi bagagli, l'uno
impadronendosi della sua cassa di carne conservata, l'altro afferrando la
farmacia, e tutti gridandogli in una lingua incomprensibile degli inverosimili
nomi di alberghi...
Stordito da tutto questo tumulto, il povero Tartarino andava e veniva
tempestava, imprecava, si dimenava, correva dietro i suoi bagagli e, non
sapendo cosa inventare per farsi capire da quei barbari, li arringava in
francese, in provenzale, e anche in latino, il suo latino scolastico, rosa
rosae, bonus, bona, bonam, tutto quello che sapeva... Fatica sprecata. Nessuno
lo stava a sentire... Fortunatamente un ometto, che indossava una tunica col
colletto giallo ed era armato di un lungo e robusto manganello, intervenne
nella mischia come un dio d'Omero, e disperse tutta quella canaglia a colpi di
bastone. Era una guardia di citt algerina. Con molta gentilezza, la guardia
consigli a Tartarino l'Hotel de l'Europe, e l'affid a dei facchini dello
stesso albergo che, dopo aver caricato i suoi bagagli su delle carrette, lo
condussero con loro.
Dopo i primi passi in citt, Tartarino spalanc tanto d'occhi. Si era
aspettato di trovare una citt orientale, fantasmagorica, mitica, qualcosa tra
Costantinopoli e Zanzibar... gli sembrava di trovarsi in piena Tarascona...
Caff, ristoranti, strade larghe, case a quattro piani, una piazzetta
pavimentata in macadm, quella pavimentazione stradale in pietrisco che
prende nome dal nome dell'ing. scozzese McAdam, dove una banda militare
suonava delle polke di Offenbach davanti a dei signori seduti che bevevano
birra e mangiavano pasticcini, a delle signore e a delle signorine, e ad una
quantit incredibile di militari... ma non c'era nemmeno un Turco!... non
c'era che lui... e cos, quando dovette attraversare la piazza, si sent un
po' imbarazzato.
Tutti lo guardavano. I suonatori smisero di suonare, e la polka di Offenbach
rimase sospesa a mezz'aria. Coi suoi due fucili in spalla, la rivoltella al
fianco, fiero e maestoso come Robinson Crusoe, Tartarino pass solennemente in
mezzo alla gente.
Ma appena arrivato all'albergo, le forze lo abbandonarono. La partenza da
Tarascona, il porto di Marsiglia, la traversata, il principe montenegrino, i
pirati, tutto cominci a girare vorticosamente davanti ai suoi occhi.
Bisogn portarlo in camera di peso, disarmarlo, spogliarlo... Si parlava gi
di chiamare il medico; ma appena ebbe posato la testa sul cuscino, l'eroe
cominci a russare cos di gusto e cos sonoramente, che l'albergatore giudic
inutili i soccorsi della scienza, e tutti si ritirarono con discrezione.

4. Il primo appostamento.
Suonavano le tre all'orologio del palazzo del Governatore, quando Tartarino si
svegli. Aveva dormito tutta la sera, tutta la notte, tutta la mattina, e
anche una buona parte del pomeriggio; ma bisogna considerare che da tre giorni
quel povero fez ne aveva passate delle belle!
Appena aperti gli occhi, il primo pensiero dell'eroe fu: Sono nel paese dei
leoni! Ma perch non dirlo? All'idea che i leoni erano l vicino a due passi,
quasi a portata di mano, e che bisognava affrontarli, brr' ...Tartarino fu
preso da un freddo mortale, e si ficc coraggiosamente sotto le coperte.
Pi tardi, per, la gaiezza dell'ambiente, il cielo azzurro, il sole
meraviglioso che inondava la camera dalla finestra spalancata sul mare, e un
buon pranzetto che si fece servire in camera accompagnato da una bottiglia di
vino eccellente, gli restituirono ben presto il suo antico coraggio.
Al leone! al leone! grid, buttando via le coperte. Il suo piano era questo:
uscire di nascosto dalla citt, inoltrarsi in pieno deserto, aspettare la
notte, mettersi all'appostamento, e al primo leone che passava, pan! pan!...
Poi tornare la mattina dopo a far colazione all'albergo, ricevere le
congratulazioni degli Algerini, e noleggiare una carretta per andare a
prendere l'animale ucciso.
Si arm alla svelta. si arrotol sulle spalle la tenda che, col suo lungo palo
gli oltrepassava la testa di quasi mezzo metro, poi, senza nemmeno voltarsi
indietro, usc dall'albergo. Una volta in strada, non osando chiedere
informazioni per paura che qualcuno intuisse i suoi progetti, svolt
decisamente a destra, percorse in tutta la loro lunghezza i portici di
Bab-Azun, dove dal fondo delle loro bottegucce buie lo guardavano passare
innumerevoli Ebrei algerini appostati negli angoli come ragni, attravers la
piazza del Teatro, s'inoltr nei sobborghi, e finalmente sbuc nella grande
strada polverosa di Mustaf.
La strada era ingombra di traffico. Omnibus, carrozze, carrette militari,
grandi carri di fieno trainati da bovi, squadroni di Cacciatori d'Africa
branchi di asinelli microscopici, negre venditrici di dolci, vetture di
emigrati alsaziani, spahis col mantello rosso, tutto si muoveva in un nuvolone
di polvere, in mezzo a grida, canti, squilli di tromba, tra due file di
sgangherate baracche dove si aprivano bettole piene di soldati, e davanti alle
quali erano sedute grasse donne negre che si pettinavano.
Ma cosa ci danno ad intendere col loro Oriente! pensava il grande Tartarino.
Ci sono ancora meno Turchi che a Marsiglia.
Improvvisamente, si vide passare accanto, caracollante sulle lunghe gambe e
impettito come un tacchino, un magnifico cammello. Il cuore di Tartarino
acceler i battiti. Dei cammelli! Di gi! I leoni non dovevano essere lontani;
infatti, non erano passati cinque minuti che vide avanzarsi verso di lui una
comitiva di cacciatori di leoni col fucile in spalla.
Vili! disse tra s il nostro eroe, mentre passava accanto a loro. Vili! Andare
a caccia di leoni in tanti, e coi cani! Perch Tartarino non si sarebbe mai
immaginato che in Algeria ci potessero essere altre cacce oltre quella del
leone. Tuttavia, quei cacciatori avevano un aspetto cos bonario di bottegai a
riposo, e quel sistema di andare a caccia di leoni col carniere e coi cani era
cos patriarcale, che Tartarino, incuriosito, credette bene abbordare uno di
quei signori.
E allora, amico, com' andata?
Mica male; rispose l'altro, osservando stupefatto il complicato armamentario
del guerriero di Tarascona.
Ne avete uccisi molti?
Be'... discretamente... come vede. E il cacciatore algerino indic il suo
carniere, gonfio di conigli e di beccacce.
Ma come! Nel carniere?... li mettete nel carniere?
E dove vuole che li metta?
Ma allora, sono... sono quelli piccoli?
Piccoli e grossi; disse il cacciatore. E avendo fretta di tornare a casa,
allung il passo per raggiungere i compagni.
L'intrepido Tartarino rimase impalato e stupefatto in mezzo alla strada...
Poi, dopo un momento di riflessione: Bah! disse fra s. Sono degli spacconi;
per me, non hanno ucciso niente... e continu il suo cammino. Gi le case si
facevano pi rade, e il traffico diminuiva. Scendeva la notte, le cose si
confondevano nella penombra... Tartarino di Tarascona seguit a camminare
ancora per una mezz'oretta. Alla fine, si ferm. Ormai era notte. Una notte
senza luna, punteggiata di stelle. Per la strada, nessuno. Nonostante tutto,
l'eroe pens che i leoni non erano diligenze, e che non dovevano seguire
volentieri le strade maestre. Allora prese per i campi... A ogni passo
fossati, pruni, macchie. Non importa! Tartarino andava sempre avanti... Poi,
improvvisamente, alt! Qui c' odor di leone. si disse il nostro eroe, e aspir
l'aria con forza a destra e a sinistra.

5. Pan! Pan!
Era un gran deserto selvaggio, irto di quelle strane piante orientali che
hanno l'aria di animali cattivi. Alla debole luce delle stelle, le loro ombre
ingrandite si allungavano per terra in tutte le direzioni. A destra la massa
confusa e poderosa di una montagna, l'Atlante forse!... A sinistra il mare
invisibile, che brontolava sordamente... un ambiente ideale per le belve...
Tartarino imbracci il fucile, pos l'altro fucile davanti a s, mise un
ginocchio a terra e attese... Attese un'ora, due ore... niente!
Allora si ricord che, nei libri, i grandi cacciatori di leoni non andavano
mai a caccia senza portare con s un capretto, che legavano a qualche passo
davanti a loro e che facevano belare tirandogli una zampa con una cordicella.
Non avendo capretti a disposizione, il Tarasconese ebbe l'idea di tentare
un'imitazione, e si mise a belare con voce tremolante: Beee! Beee!...
Prima a voce molto bassa, perch in fondo all'anima aveva una certa paura che
il leone lo sentisse, poi, visto che non succedeva nulla, bel sempre pi
forte: Beee!... Ancora niente!... Impazientito, ripet il suo verso pi volte
di seguito: Beee!... Beee!... Beee!... con tanta foga che il capretto parve
avere la voce di un bove...
Improvvisamente, a pochi passi di distanza, piomb davanti a lui qualcosa di
nero e di gigantesco. Tartarino tacque. L'ombra nera si abbassava fiutava la
terra, saltava, si rotolava sul terreno, partiva di galoppo, poi ritornava e
si fermava di colpo... era il leone, non c'era dubbio! Ora si potevano
scorgere le sue quattro zampe corte, il suo collo possente, e due occhi, due
grandi occhi che luccicavano nell'oscurit... Puntate! Fuoco! pan! pan!... Era
fatta. Poi, subito un balzo indietro, e il coltellaccio da caccia in pugno.
Allo sparo del Tarasconese, rispose un urlo terribile. L'ho beccato! esclam
il buon Tartarino, e, piantato sulle gambe robuste, si prepar a ricevere
l'assalto della belva; ma quest'ultima doveva averne avuto abbastanza, perch
si allontan di galoppo, urlando... Tartarino non si mosse. Come aveva letto
nei libri... aspettava la femmina!
Disgraziatamente, la femmina non si fece vedere. Dopo due o tre ore di attesa,
il Tarasconese si stanc. La terra era umida, la notte si faceva fresca, la
brezza di mare pungente.
Se facessi un sonnellino aspettando il giorno? si disse, e si decise ad aprire
la tenda per evitare i reumatismi. Maledizione! Quella diabolica tenda era
ripiegata in un modo cos ingegnoso, ma cos ingegnoso, che non ci fu verso di
aprirla. Dopo un'ora di sforzi e di sudore, quella dannata tenda era ancora
chiusa... Ci sono degli ombrelli che, quando piove a dirotto, si divertono a
farvi degli scherzetti del genere... Esausto, il Tarasconese, distese la tenda
per terra e ci si coric sopra, imprecando da buon provenzale.
Dopo un po': Ta, ta, ta, . Taratat!
Che succede?... fece Tartarino, svegliandosi di soprassalto. Erano le trombe
dei cacciatori d'Africa che suonavano la sveglia nelle caserme di Mustaf...
L'uccisore di leoni, stupefatto, si freg gli occhi...
Lui che si credeva in pieno deserto!... Sapete dov'era?... In un piccolo campo
di carciofi, tra un filare di cavolfiori e uno di barbabietole.
Nel suo Sahara crescevano i legumi... Vicinissime a lui, su una dolce
collinetta verde, candide ville algerine biancheggiavano alle prime luci
dell'alba: sembrava di essere nei dintorni di Marsiglia, con le sue ville e le
sue case di campagna.
L'aspetto borghese e campagnolo di quel paesaggio addormentato stup alquanto
il pover'uomo, e lo mise di cattivo umore. Sono pazzi. si diceva, a piantare
carciofi in una zona frequentata dai leoni... perch, insomma, non ho mica
sognato... i leoni vengono fin qui... E questa la prova...
La prova erano delle macchie di sangue che l'animale, fuggendo, aveva lasciato
dietro di s. Curvo su quella pista insanguinata, l'occhio all'erta, la
rivoltella in pugno, il prode tarasconese, di carciofo in carciofo, arriv
fino a un piccolo campo di avena... dell'erba calpestata, una pozza di sangue,
e in mezzo alla pozza, coricato su un fianco e con una larga ferita alla
testa, un... Indovinate un po'!... Un leone, perbacco!
No! un asino, uno di quegli asinelli minuscoli che sono tanto comuni in
Algeria, e che sono chiamati bourricots.

6. Arrivo della femmina, Terribile combattimento, Al Ritrovo dei Conigli.
La prima reazione di Tartarino davanti alla sua disgraziata vittima fu un
movimento di dispetto. C' veramente una certa differenza tra un leone e un
asinello!... Ma il suo secondo impulso fu unicamente di piet.
Il povero asinello era cos carino, aveva un'aria cos innocente! La pelle dei
suoi fianchi, ancora calda, si alzava e si abbassava ritmicamente. Tartarino
s'inginocchi, e con l'estremit della sua cintura algerina tent di arrestare
il sangue dello sventurato animale. Nulla di pi commovente che vedere il
grand'uomo curare amorevolmente un povero asinello. Al contatto della cintura
di seta, l'asinello, che ormai era al lumicino apr i grandi occhi grigi e
mosse due o tre volte le sue lunghe orecchie come per dire: Grazie,...
Grazie!... poi fu percorso dalla testa alla coda da un'ultima convulsione, e
non si mosse pi.
Nerino! Nerino! grid improvvisamente una voce strozzata dall'angoscia, e nel
medesimo tempo i rami di un boschetto vicino si agitarono... Tartarino ebbe
appena il tempo di rialzarsi e di mettersi in guardia... Era la femmina!
Essa arriv ruggente e terribile, nella persona di una vecchia Alsaziana con
un fazzoletto annodato in testa, armata di un grande ombrello rosso, che
chiamava disperatamente il suo asinello perduto. Certo, per Tartarino sarebbe
stato meglio dovere affrontare una leonessa infuriata piuttosto che quella
terribile vecchia... Invano lo sventurato cerc di farle capire come si erano
svolte le cose; che aveva scambiato Nerino per un leone la vecchia, credendo
che Tartarino volesse prenderla in giro, piomb sull'eroe a frenetici colpi
d'ombrello. Tartarino, turbato, cercava di difendersi, parava i Colpi con la
carabina, sudava, saltava, soffiava, gridava: Ma signora... ma signora...
Niente da fare! La signora era sorda, e seguitava a dare botte da orbi.
Fortunatamente un terzo personaggio comparve sul campo di battaglia.
Era il marito dell'Alsaziana, alsaziano anche lui, oste, e per di pi molto
scaltro. Quando si accorse con chi aveva a che fare, e si rese conto che
l'assassino non domandava di meglio che pagare il prezzo della vittima,
disarm la sposa, e accett un accomodamento.
Tartarino sbors duecento franchi; l'asino, secondo il prezzo corrente sui
mercati arabi, non ne valeva pi di dieci. Poi, il povero Nerino fu sepolto ai
piedi di un fico, e l'Alsaziano, messo in allegria dal colore dei soldi
tarasconesi, invit l'eroe a fare uno spuntino nella sua osteria che si
trovava a pochi passi di l, lungo la strada.
I cacciatori algerini ci venivano a mangiare tutte le domeniche, perch la
zona era ricca di selvaggina, ed era, nelle vicinanze della citt, il posto
migliore per cacciare i conigli selvatici.
E i leoni? chiese Tartarino.
L'alsaziano lo guard, stupefatto: I leoni?
S... i leoni... ne capitano da queste parti? riprese il poveretto con una
certa esitazione.
L'oste scoppi in una risata.
Questa poi!... dei leoni... e per farne cosa?
Non ci sono dunque leoni in Algeria?
Le assicuro che non ne ho mai veduti... eppure sono pi di vent'anni che abito
da queste parti. Tuttavia, mi sembra di aver sentito dire... pu darsi che nei
giornali... Comunque, molto pi lontano, nel Sud...
In quel momento arrivarono all'osteria. Un locale di periferia, come se ne
vede tanti, con una frasca appassita sopra la porta, delle stecche di biliardo
dipinte sui muri, e questa insegna poco bellicosa: AL RITROVO DEI CONIGLI.

7. Storia di un omnibus, di una donna araba e di una coroncina di fiori di
gelsomino.
Questa prima avventura avrebbe scoraggiato chiunque; ma gli uomini della
tempra di un Tartarino non si lasciano demoralizzare facilmente.
I leoni sono nel Sud, pens il nostro eroe, ebbene, andr nel Sud!
E appena ingoiato l'ultimo boccone, si alz, ringrazi l'ospite, abbracci la
vecchia senza rancore, sparse un'ultima lacrima sul povero Nerino, e si avvi
rapidamente verso Algeri, con la ferma intenzione di fare i bagagli e di
partire il giorno stesso per il Sud.
Disgraziatamente la strada gli parve molto pi lunga del giorno prima: C'era
un sole! una polvere! La tenda era cos pesante!... Tartarino non si sent il
coraggio di andare a piedi fino in citt; e cos, al primo omnibus che pass,
fece un segno e ci mont sopra...
Ah, povero Tartarino di Tarascona! Come avrebbe fatto meglio, per il suo nome,
per la sua gloria, a non salire su quel fatale carrozzone e a seguitare la sua
strada a piedi, anche a rischio di cadere esausto sotto il peso
dell'atmosfera, della tenda, e dei pesanti fucili a due canne.
Montato Tartarino, l'omnibus fu completo. In fondo alla vettura era seduto un
vicario d'Algeri con una gran barba nera e il naso nel breviario. Di faccia,
un giovane mercante mauro che fumava delle grosse sigarette.
Poi un marinaio maltese, e quattro o cinque donne arabe velate di bianco di
cui non si potevano vedere che gli occhi. Queste signore tornavano da una pia
visita al cimitero di Abd-el-Kader; ma quella visione funebre non sembrava
averle rattristate. Si sentivano ridere e cinguettare tra loro sotto i veli, e
sgranocchiare pasticcini. Tartarino ebbe l'impressione che esse lo guardassero
attentamente. Una soprattutto, quella che era seduta davanti a lui, non gli
tolse gli occhi di dosso per tutta la strada.
Sebbene la donna fosse velata, la vivacit dei suoi grandi occhi neri
allungati dal bistro, il polso fine e delicato carico di braccialetti d'oro
che si intravedeva tra i veli, il timbro della voce, i movimenti aggraziati e
quasi infantili della testa, tutto faceva supporre che l sotto ci fosse una
creatura giovane, graziosa, adorabile...
Il povero Tartarino non sapeva quale contegno prendere. La muta carezza di
quei begli occhi orientali lo affascinava, lo turbava...
Che fare? Rispondere allo sguardo? S, ma con quali conseguenze? Cosa
terribile, un intrigo d'amore in Oriente! Con la sua fantasia accesa di
meridionale, il bravo Tarasconese si vedeva gi caduto nelle mani degli
eunuchi e decapitato; e il suo cadavere cucito in un sacco e buttato in mare..
L'omnibus si ferm. Erano arrivati in piazza del Teatro, all'inizio di via
Bab-Azun. Ad una ad una, impacciate dai loro ampi pantaloni e avvolgendosi nei
veli con istintiva grazia, le donne arabe scesero. La vicina di Tartarino si
alz per ultima, e nell'alzarsi il suo volto pass cos vicino a quello
dell'eroe, che lo sfior col respiro.
Il Tarasconese non pot pi dominarsi. Pronto a tutto, si precipit dietro
l'Araba... Al rumore delle sue armi, la donna si volse, mise un dito sul velo
come per dire: zitto! e con l'altra mano gli gett una coroncina profumata
fatta di fiori di gelsomino. Tartarino di Tarascona si chin a raccoglierla;
ma siccome il nostro eroe era di grossa corporatura e carico di arnesi da
guerra, l'operazione richiese un certo tempo. Quando si rialz, con la
coroncina di gelsomini sul cuore, l'Araba era sparita.

8. Dormite, leoni dell'Atlante!
Dormite, leoni dell'Atlante! Dormite tranquilli in fondo alle vostre tane, tra
gli aloe e i cactus selvaggi... Per qualche giorno ancora Tartarino di
Tarascona vi risparmier. Per il momento, tutto il suo apparato guerresco,
casse d'armi, farmacia, carne in scatola, tenda, riposa accuratamente
imballato, in un angolo della camera n. 36 dell'Hotel d'Europe. Dormite senza
paura, grandi leoni fulvi! Il Tarasconese cerca la sua Araba.
Ma non una cosa semplice! Ritrovare in una citt di centomila abitanti una
persona di cui si conosce solo il colore degli occhi! Solo un Tarasconese
capace di tentare una simile avventura.
Il guaio che sotto i loro grandi veli bianchi, tutte le Arabe si
assomigliano; e poi le signore arabe non escono, e per vederle bisogna salire
nella citt alta, la citt araba, la citt dei Turchi.
Un luogo poco raccomandabile, questa citt alta. Un labirinto di vicoletti
neri e strettissimi che si arrampicano tra due file di case misteriose, coi
tetti che si toccano in alto formando come una galleria. Delle porte basse,
delle finestre minuscole, mute, tristi, munite di inferriate. A destra e a
sinistra alcune bottegucce tenebrose dove Turchi dalle facce patibolari dagli
occhi bianchi e dai denti scintillanti, fumano lunghe pipe, parlottando tra
loro, come se ordissero un complotto.
Dire che il nostro Tartarino attraversasse sereno e tranquillo questa citt
malfamata, sarebbe mentire. In realt, egli era molto impressionato, e in
quelle stradine buie, di cui il suo grosso ventre occupava tutta la larghezza,
il brav'uomo avanzava con grande circospezione, l'occhio vigile e il dito sul
grilletto di una rivoltella. Proprio come a Tarascona, quando andava al
circolo. Di momento in momento, egli si aspettava di sentirsi piombare sulle
spalle una valanga di eunuchi e di giannizzeri, ma il desidrio di rivedere la
sua dama gli davano l'audacia e la forza di un gigante.
Per otto lunghi giorni, Tartarino non abbandon la citt alta. Ora si metteva
di guardia davanti ai bagni arabi, in attesa dell'uscita delle signore; ora
faceva la sua apparizione davanti alle moschee, dove era costretto, sudando e
sbuffando, a togliersi gli stivaloni prima di entrare.
Qualche volta, al cader della notte, mentre se ne tornava scoraggiato senza
aver scoperto nulla, n al bagno, n alla moschea, il Tarasconese, passando
davanti alle abitazioni arabe, sentiva dei canti monotoni, dei lontani accordi
di chitarra, dei colpi ripetuti di un tamburello, e delle brevi risate
femminili che gli facevano battere il cuore.
Forse lei l dentro! pensava.
E se la strada era deserta, si avvicinava alla casa, alzava il pesante
battente della porticina, e bussava timidamente... Subito i canti e le risa
cessavano. Dietro il muro non si sentiva pi che un vago bisbigliare, come in
un'uccelliera addormentata.
Attenzione! pensava l'eroe. Ora mi capita qualcosa! In generale, quello che
pi spesso gli capitava, era una brocca d'acqua fredda sulla testa, delle
bucce d'arancio o dei fichi di Barberia... Mai niente di pi grave...
Leoni dell'Atlante, dormite!

9. Il principe Gregory del Montenegro.
Erano gi due lunghe settimane che il povero Tartarino cercava la sua dama
algerina, e probabilmente la starebbe ancora cercando, se la Provvidenza degli
innamorati non fosse venuta in suo aiuto nelle sembianze di un gentiluomo
montenegrino. Ecco come andarono le cose: Durante l'inverno, tutte le sere del
sabato, il grande teatro di Algeri organizza il suo ballo mascherato, n pi
n meno come l'Opra di Parigi.
E' il solito e noioso ballo mascherato di provincia. Poca gente nella sala. Ma
non la sala il centro dell'attrazione e del movimento il foyer del teatro,
trasformato per l'occasione in sala da gioco... Una folla eccitata e
variopinta si accalca intorno alle lunghe tavole dal tappeto verde: Turcos in
licenza che si giocano i soldi della paga, commercianti arabi della citt
alta, negri, maltesi, coloni dell'interno che hanno fatto quaranta leghe per
venire a rischiare su un asso il prezzo di un aratro o di un paio di buoi...
tutti frementi, pallidi, con le mascelle serrate e lo sguardo fisso.
Pi lontano, le trib di Ebrei algerini che vengono a giocare in gruppi di
famiglie. Gli uomini in abito orientale, babbucce turchine e berretto di
velluto. Le donne, pallide e grasse, se ne stanno immobili e rigide nei loro
corsetti dorati. A lunghi intervalli e dopo lunghi conciliaboli, qualche
vecchio patriarca con una barba da Padreterno, si decide ad arrischiare il
denaro della famiglia.
E poi discussioni, liti, imprecazioni di tutti i paesi, contumelie in tutte le
lingue, le mani che afferrano i coltelli, la ronda della polizia, il denaro
che sparisce!... Per cercare l'oblo e la pace del cuore, il grande Tartarino
era andato una sera a smarrirsi in questo pandemonio. L'eroe camminava solo in
mezzo alla folla, pensando alla sua Araba, quando improvvisamente, a un tavolo
di gioco, due voci irate si levarono superando il tintinnio delle monete.
Le ripeto che mi mancano venti franchi, egregio signore!
Dice a me?
Proprio a lei!
Lei non sa chi sono io!
Mi piacerebbe saperlo, egregio signore!
Io sono il principe Gregory del Montenegro!...
A sentire questo nome, Tartarino, emozionatissimo, si apr un varco tra la
folla, e si mise in prima fila, fiero e felice di aver ritrovato il suo
principe, quel principe cos gentile di cui aveva fatto una cos breve
conoscenza a bordo della nave. Disgraziatamente quel titolo di altezza, che
aveva tanto abbagliato il buon Tarasconese, non fece la pi piccola
impressione sull'ufficiale dei cacciatori col quale il principe stava
litigando.
Ne so quanto prima; disse l'ufficiale, sorridendo ironicamente. Poi,
rivolgendosi ai presenti, aggiunse: Gregory del Montenegro... e chi lo
conosce?
Indignato, Tartarino fece un passo avanti. Prego... il principe lo conosco io!
disse con sicurezza e col suo pi bell'accento tarasconese.
L'ufficiale lo guard fisso per un momento, poi si strinse nelle spalle.
Sta bene! Dividetevi i venti franchi, e non se ne parli pi. Detto questo,
gir sui tacchi, e si perse tra la folla.
Il focoso Tarasconese voleva corrergli dietro, ma il principe glielo imped.
E, preso il Tarasconese per un braccio, lo trascin rapidamente fuori della
sala. Appena usciti, il principe Gregory del Montenegro si tolse il cappello,
tese la mano al nostro eroe, e ricordandosi vagamente il suo nome, cominci
con voce vibrante: Signor Barbarino...
Tartarino! sugger l'altro timidamente.
Tartarino, Barbarino, fa lo stesso! Da questo momento, siamo uniti per la vita
e per la morte!
Immaginatevi la fierezza del Tarasconese... Principe!... Principe!... ripeteva
come ebbro. Un quarto d'ora dopo, il principe e Tartarino, erano seduti al
restaurant des Platanes, piacevole ritrovo notturno con le terrazze sul mare,
e l, davanti a un'appetitosa insalata russa accompagnata da un vinello
delizioso, i due rinnovarono la conoscenza.
Quel giovane principe montenegrino era veramente affascinante. Slanciato,
sottile, coi capelli crespi arricciati col ferro, rasato alla perfezione.
Era costellato di strane decorazioni, aveva l'occhio astuto, il gesto
carezzevole e un accento vagamente italiano che gli davano l'aria
approssimativa di un Mazarino senza baffi; molto versato nelle lingue latine,
citava a ogni proposito Tacito, Orazio e i Commentari. Commentari di Giulio
Cesare: De Bello gallico e De bello civili.
Di antica nobilt ereditaria, i suoi fratelli, diceva, l'avevano esiliato
all'et di dieci anni per le sue idee liberali, da allora, da vero principe
filosofo, girava il mondo per divertimento e per istruzione... Coincidenza
singolare! Il principe aveva passato tre anni a Tarascona, e poich Tartarino
si meravigliava di non averlo mai incontrato al circolo o in piazza: Uscivo
poco... disse Sua Altezza in tono evasivo. E il Tarasconese con molto tatto,
non os approfondire la cosa. Le grandi esistenze hanno dei lati cos
misteriosi!
Insomma, un ottimo principe, questo signor Gregory. Sorseggiando il delizioso
vino rosato, egli ascolt pazientemente Tartarino che gli raccontava la storia
della sua Araba, e gli garant, vantando le sue conoscenze tra le donne arabe,
che l'avrebbe subito ritrovata.
Brindarono alle donne di Algeri! al Montenegro libero!
Fuori, sotto la terrazza, il mare borbottava nel buio, e le onde percuotevano
la riva col rumore di panni bagnati che si scuotono. L'aria era calda, il
cielo pieno di stelle. Sui platani un usignolo cantava... Il conto lo pag
Tartarino.

10. Dimmi il nome di tuo padre e ti dir il nome di questo fiore.
Ci vogliono i principi montenegrini per fare le cose alla svelta!
Il giorno dopo quella serata al restaurant des Platanes, nelle prime ore del
mattino il principe Gregory era gi nella camera del Tarasconese.
Presto, presto, ... si vesta... ho ritrovato la sua Araba... si chiama Baia...
ha vent'anni ed gi vedova.
Che fortuna! fece allegramente il bravo Tartarino, che diffidava dei mariti
orientali.
S, ma ha un fratello terribile che la sorveglia.
Accidenti!
E' un arabo ferocissimo che vende pipe al bazar d'Orlans...
Tartarino rimase silenzioso.
Ma lei, riprese il principe, non uomo da spaventarsi per cos poco;
comprandogli delle pipe, riusciremo forse ad ammansire quel filibustiere.
Presto, si vesta... lei un uomo fortunato!
Pallido e commosso, il Tarasconese salt dal letto, abbottonandosi in fretta
le ampie mutande di flanella. Cosa devo fare?
Scriverle semplicemente, e chiederle un appuntamento!
Ma allora... la signora sa il francese? chiese con aria delusa il candido
Tartarino che sognava l'Oriente integrale.
Non ne sa nemmeno una parola, rispose il principe, imperturbabile. Lei mi
detter la lettera, ed io la tradurr via via.
Oh, principe, quale gentilezza!
E il Tarasconese, cogitabondo, si mise a camminare a gran passi su e gi per
la stanza.
Capirete bene che scrivere a un'Araba di Algeri non come scrivere a una
sartina di Beaucaire. Per fortuna il nostro eroe aveva dalla sua alcune buone
letture del passato, come il Viaggio in Oriente di Lamartine, e qualche
reminiscenza del Cantico dei Cantici, che gli permisero di scrivere la lettera
pi orientale che si possa immaginare. La lettera cominciava cos: Come lo
struzzo nelle sabbie... E terminava cos: Dimmi il nome di tuo padre, e ti
dir il nome di questo fiore...
Il romantico Tartarino avrebbe voluto aggiungere alla lettera un mazzolino di
fiori simbolici, all'uso orientale; ma il principe disse che gli sembrava
molto pi opportuno comprare delle pipe dal fratello; in tal modo si sarebbero
placate le ire del focoso signore, e si sarebbe fatto un grandissimo piacere
alla signora, che fumava molto.
Via, andiamo subito a comprare le pipe! esclam Tartarino.
No!... no!... Ci penser io. Le avr a un prezzo migliore...
Ma come! Lei si vuole scomodare... Oh, principe... principe...
E il brav'uomo, confuso, porse la sua borsa al cortese montenegrino,
raccomandandogli di fare qualsiasi cosa purch la signora fosse contenta.
Purtroppo l'affare, per quanto bene avviato, non cammin con la rapidit
sperata. Molto commossa, pare, dall'eloquenza di Tartarino, l'Araba non
avrebbe domandato di meglio che riceverlo; ma il fratello aveva degli
scrupoli, e per addormentarne la coscienza fu necessario comprare dozzine,
centinaia, carichi interi di pipe...
Cosa diavolo se ne far Baia di tutte queste pipe? si domandava qualche volta
Tartarino; ma pagava lo stesso senza lesinare sul prezzo.
Finalmente, dopo aver comprato montagne di pipe e avere effuso torrenti di
Poesia orientale, fu ottenuto un appuntamento. Inutile dirvi con che
batticuore il Tarasconese si prepar al sospirato incontro, con quale cura
tagli, lucid, profum la sua ruvida barba di cacciatore di berretti, senza
dimenticare (non si sa mai!), di farsi scivolare in tasca una piccola mazza
ferrata e un paio di rivoltelle.
Il principe, sempre cortese, si rec a quel primo incontro in qualit di
interprete. La signora abitava nella citt alta. Davanti alla porta, un
giovane arabo di tredici o quattordici anni, stava fumando una sigaretta.
Era Al, il famoso fratello. Vedendo arrivare i due visitatori, batt due
colpi alla porticina, e si ritir con discrezione. La porta si apr. Apparve
una negra che, senza pronunziare parola, condusse i due signori attraverso uno
stretto cortile interno, fino a una stanza piccola e fresca dove li aspettava
una giovane donna sdraiata su un basso divano. Alla prima occhiata, la donna
parve al Tarasconese pi piccola e pi grassottella dell'Araba dell'omnibus...
Era forse un'altra? Ma il dubbio sfior appena il cervello di Tartarino.
Le labbra della donna stringevano il bocchino d'ambra di un narghil, e una
nuvola di fumo biondo avviluppava tutta la sua bella persona.
Entrando, il Tarasconese si mise una mano sul cuore, s'inchin nel modo pi
orientale possibile, e indirizz alla dama uno sguardo languido e
appassionato... Baia l'osserv per un momento in silenzio; poi, lasciando
cadere il bocchino d'ambra, si nascose il viso tra le mani, e di lei non si
vide pi che il collo bianco scosso da un'irrefrenabile risata come un piccolo
sacchetto di perle.

11. Sidi Tart'ri, Ben Tart'ri.
Se vi capitasse di entrare una sera, a veglia, in un caff della citt alta,
sentireste anche oggi gli Arabi parlare tra loro, con strizzatine d'occhi e
risatine ironiche, di un certo Sidi Tart'ri, Ben Tart'ri, europeo amabile e
ricco che, qualche anno prima, viveva nel quartiere indigeno con una piccola
signora del luogo chiamata Baia.
Questo Sidi Tart'ri, che ha lasciato dei cos piacevoli ricordi nel quartiere
della Casba, , l'avrete indovinato, il nostro Tartarino.
Che volete? Nelle vite dei santi e degli eroi ci sono sempre dei momenti di
cecit, di debolezza, di turbamento. Anche l'illustre Tarasconese non ne fu
esente, ed per questa ragione che per ben due mesi, dimentico dei leoni e
della gloria, si addorment, come Annibale a Capua, nelle delizie della bianca
Algeri.
Il brav'uomo aveva preso in affitto, nel cuore della citt araba, una graziosa
casetta indigena col cortile interno, palmizi, fresche gallerie e fontane.
Egli viveva l, lontano da ogni rumore, con la sua Araba; arabo anche lui
dalla testa ai piedi, succhiava tutto il giorno il suo narghil, e mangiava
delle marmellate profumate di muschio. Distesa su un divano davanti a lui,
Baia, accompagnandosi sulla chitarra, canticchiava delle arie monotone,
oppure, per distrarre il suo signore, danzava tenendo in mano uno specchietto
in cui si contemplava i denti candidi.
Poich la signora non sapeva una parola di francese, n Tartarino una parola
di arabo, la conversazione spesso languiva, e il loquace Tarasconese aveva
tutto il tempo di far penitenza per le intemperanze di linguaggio di cui si
era reso colpevole nella farmacia Bzuquet o dall'armaiolo Costecalde.
Ma questa penitenza non mancava di attrattiva, e Tartarino passava le giornate
sprofondato in un piacevole tedio, ascoltando il gorgoglio del narghil, gli
accordi della chitarra, e il lieve mormorio della fontana sui mosaici del
cortile.
Il narghil, il bagno, l'amore riempivano tutta la sua vita. Non uscivano
quasi mai. Qualche volta Sidi Tart'ri e la sua dama si recavano, a dorso di
mulo, a mangiare i melograni in un giardinetto da lui acquistato nei
dintorni... Ma non scendevano mai nella citt europea. Con le sue bande di
Zuavi ubriachi, i suoi alcazar gremiti di ufficiali, e l'eterno rumore di
sciabole strascicate sotto i portici, quell'Algeri gli pareva brutta e
insopportabile come un corpo di guardia dell'Occidente.
Nel complesso, il Tarasconese poteva dirsi felice. Soprattutto
Tartarino-Sancio, ghiottissimo di dolciumi turchi, si dichiarava
soddisfattissimo della sua nuova esistenza... S, qualche volta
Tartarino-Chisciotte si faceva vivo con qualche rimorso riguardo a Tarascona e
alle pelli di leone promesse... ma erano rimorsi passeggeri; per scacciarli
bastava un solo sguardo di Baia o una cucchiaiata di quelle marmellate
profumate e sconvolgenti come le bevande di Circe.
La sera, il principe Gregory veniva a fare quattro chiacchiere sul Montenegro
libero... Quell'amabile gentiluomo era veramente impagabile, sbrigava in casa
le funzioni di interprete e, quando era necessario, quelle di amministratore;
e tutto per niente, solo per amicizia... Oltre al principe, Tartarino non
riceveva che Turchi. Tutti quei furfanti dalla faccia patibolare, che una
volta gli facevano tanta paura quando lo fissavano dal fondo delle loro
bottegucce buie, si rivelarono, una volta conosciuti, come innocui
commercianti, ricamatori, venditori di spezie, tornitori di pipe, tutta gente
educata, umile, accorta, discreta, e fortissima nel gioco del ramino.
Quattro o cinque volte la settimana, questi signori venivano a passare la
serata da Sidi Tart'ri, vincevano il suo denaro, mangiavano le sue marmellate,
e alle dieci precise, si ritiravano con discrezione ringraziando il Profeta.
Lasciati soli, Sidi Tart'ri e Baia terminavano la serata in terrazza, una
grande terrazza bianca che faceva da tetto alla casa e dominava la citt.
Intorno, un migliaio di terrazze bianche simili a quella, illuminate dalla
luna, digradavano fino al mare. Portati dal vento, si sentivano accordi di
chitarra. ...Improvvisamente, sbocciava e s'innalzava verso il cielo
scintillante di stelle una melodia limpida e solenne, e sul minareto della
moschea vicina, stagliandosi sull'azzurro cupo della notte, appariva la figura
bianca di un muezzin che cantava le glorie di Allah con una voce meravigliosa
che riempiva l'orizzonte. Subito Baia lasciava la chitarra, e i suoi grandi
occhi rivolti verso il muezzin sembravano bere l'affascinante preghiera.
Tartarino, commosso, la contemplava e pensava che una religione capace di
provocare tali estasi mistiche, doveva essere una gran bella religione.
Copriti il volto, Tarascona! Il tuo Tartarino pensa di farsi musulmano!

12. Ci comunicano da Tarascona.
Era un bel pomeriggio. Il cielo era azzurro e spirava un tiepido venticello.
Sidi Tart'ri in sella alla sua mula se ne tornava solo soletto dal suo
orticello... Con le gambe aperte sulle voluminose sacche di tela piene di
cedri e di cocomeri, cullato dal monotono tintinnio delle sue lunghe staffe, e
seguendo con tutto il corpo i movimenti ondeggianti della cavalcatura, il
brav'uomo avanzava in un paesaggio delizioso, con le mani intrecciate sul
ventre, mezzo assopito dal benessere e dal calduccio. Entrando in citt, fu
risvegliato di colpo da un formidabile grido di richiamo: Ehi l! Chi si vede!
Si direbbe il signor Tartarino.
Al nome di Tartarino e all'accento vivacemente meridionale di queste parole,
il Tarasconese alz la testa, e scorse a due passi di distanza la simpatica
faccia abbronzata di Barbassou, il comandante dello Zuavo, intento a sorbire
assenzio e a fumare la pipa sulla porta di un caff.
Salve, comandante, disse Tartarino, fermando la mula.
Invece di rispondere, Barbassou lo squadr per un momento con gli occhi
spalancati, poi scoppi in una risata, una risata cos di cuore che Sidi
Tart'ri, interdetto, rest immobile a guardarlo seduto sui cocomeri.
Ma che magnifico turbante, povero signor Tartarino!... Dunque vero quel che
si dice, che vi siete fatto Turco?... E la piccola Baia, che fa? Canta sempre
Marco la belle?
Marco la belle? esclam Tartarino, indignato. Deve sapere, capitano, che la
persona a cui allude non sa una parola di francese.
Baia non sa una parola di francese?... Ma da che mondo viene, Tartarino? E il
bravo capitano ricominci a ridere di gusto. Poi, osservando il muso lungo del
povero Sidi Tart'ri, cambi registro. Be', insomma, pu essere che non sia la
stessa persona. Mi devo essere sbagliato... Solamente, vede signor Tartarino,
lei farebbe molto bene a non fidarsi delle Arabe algerine e dei principi
montenegrini!...
Tartarino si drizz sulle staffe facendo la faccia feroce. Capitano, il
principe mio amico.
Bene, bene! Non ci facciamo cattivo sangue... Prende un assenzio?
No. Niente da dire ai paesani?... Nemmeno. Be', allora, buona passeggiata... A
proposito, amico, ho con me un po' di buon tabacco francese, se ne vuol
prendere qualche pipata... Ne prenda! Ne prenda! Le far bene...
Detto questo, il capitano torn al suo assenzio, e Tartarino, pensieroso,
riprese al piccolo trotto la strada di casa... Anche se la sua anima ,generosa
si rifiutava di crederci, pure le insinuazioni di Barbassou l'avevano
rattristato. Inoltre, quelle imprecazioni familiari, l'accento del suo paese,
finirono per risvegliare in lui un indefinito senso di rimorso.
A casa non trov nessuno. Baia era al bagno... La negra gli parve brutta, la
casa triste... In preda a una vaga malinconia, si mise a sedere vicino alla
fontana, e riemp una pipa col tabacco di Barbassou. Il tabacco era involtato
in un pezzo del giornale Smaphore. Aprendolo, gli salt agli occhi il nome
della sua citt natale.
Ci comunicano da Tarascona: La citt in viva apprensione Tartarino, il
cacciatore di leoni, partito per cacciare i grandi felini in Africa, non ha
dato notizie di s da vari mesi... Cosa accaduto al nostro eroico
compatriota?... Osiamo appena domandarcelo, avendo conosciuto il suo
entusiasmo, la sua audacia, la sua sete di avventure... E' stato, come tanti
altri, inghiottito dalle sabbie? E' caduto sotto i denti spietati di uno di
quei mostri dell'Atlante di cui aveva promesso la pelle al municipio?...
Terribile incertezza! Tuttavia dei mercanti negri, venuti alla fiera di
Beaucaire, sostengono di avere incontrato in pieno deserto un europeo i cui
connotati corrispondono ai suoi, e che si dirigeva verso Tombuctu... Che Dio
ci conservi il nostro Tartarino!
Appena letto questo trafiletto, il Tarasconese arross, impallid, rabbrivid.
Tutta Tarascona gli apparve davanti agli occhi: il circolo, i cacciatori di
berretti, la poltrona verde nella bottega di Costecalde. e librati in alto
come le ali di un'aquila i baffi formidabili del valoroso comandante Bravida.
Allora. nel vedersi vilmente accoccolato sul suo tappeto, mentre i suoi
concittadini lo credevano occupatissimo a sterminare le belve, Tartarino di
Tarascona ebbe onta di se stesso, e pianse. Improvvisamente l'eroe balz in
piedi: Al leone! Al leone! E slanciandosi nel ripostiglio dove dormivano la
tenda, la farmacia, la carne conservata, la cassa d'armi, trascin tutto in
mezzo al cortile. Tartarino-Sancio era spirato; non restava che
Tartarino-Chisciotte.
Il tempo di controllare il materiale, di armarsi, di bardarsi, di infilarsi
gli stivaloni, di scrivere due parole al principe per affidargli Baia, e
l'intrepido Tarasconese viaggiava in diligenza sulla strada di Blida,
lasciando a casa la sua negra in stupefatta contemplazione del narghil, del
turbante, delle babbucce, di tutte le spoglie musulmane di Sidi Tart'ri,
miseramente abbandonate sotto i bianchi archi traforati della galleria.

FRA I LEONI.
1. Le diligenze deportate.
Era una vecchia diligenza d'altri tempi, coi sedili imbottiti all'antica di
logoro panno turchino, muniti di quelle grosse nappe di lana ruvida che, dopo
qualche ora di strada, vi lasciano dei segni nella schiena...
Tartarino di Tarascona aveva avuto un posto d'angolo, in fondo; e in attesa di
respirare le emanazioni muschiate dei grandi felini d'Africa, il nostro eroe
dovette accontentarsi del vecchio, familiare odore di diligenza, curiosamente
composto di mille altri odori, di uomini, di cavalli, di cuoio, di roba da
mangiare e di paglia muffita.
C'era un po' di tutto, in quella diligenza. Un frate trappista, dei mercanti
ebrei, due belle ragazze, un fotografo di Orlansville... ma per quanto
piacevole e varia fosse la compagnia, il Tarasconese non si sentiva in vena di
parlare. Immobile e assorto, con le sue carabine tra le ginocchia, pensava
alla sua partenza precipitosa, ai neri occhi di Baia, alla terribile caccia
che lo attendeva, senza contare che quella diligenza europea ritrovata in
piena Africa, gli ricordava vagamente, col suo bonario aspetto patriarcale, la
Tarascona della sua giovinezza, le gite nei dintorni, le merende sulle rive
del Rodano, una folla di ricordi...
Cominciava a farsi notte. Il vetturino accese i fanali. La diligenza
sobbalzava cigolando sulle sue molle arrugginite; i cavalli trottavano, i
sonagli tintinnavano... Di tanto in tanto, lass sotto il telone
dell'imperiale, un terribile rumore di ferraglie... Era il materiale di
guerra.
Tartarino di Tarascona, mezzo assopito, rimase per qualche momento a osservare
i viaggiatori che si agitavano davanti a lui, comicamente sballottati dagli
scossoni della vettura, poi gli occhi gli si oscurarono, i pensieri gli si
annebbiarono, e non sent altro che il gemito degli assali delle ruote e il
cigolo dei fianchi della diligenza...
Ed ecco che si sent chiamare per nome da una voce roca, debole e fessa di
vecchia strega. Signor Tartarino! Signor Tartarino!
Chi mi chiama?
Sono io, signor Tartarino, non mi riconosce?... Sono la vecchia diligenza che,
vent'anni fa, faceva il servizio da Tarascona a Nimes... quante volte l'ho
portata a caccia di berretti dalle parti di Jonquires o di Bellegarde!... Non
l'ho ravvisato subito per via del suo berretto da Turco e della pancia che ha
messo su; ma appena ha cominciato a russare l'ho riconosciuto subito.
Va bene! Va bene! fece il Tarasconese piuttosto seccato. Poi facendosi pi
gentile: Ma insomma, povera vecchia mia, si pu sapere cos' venuta a fare da
queste parti?
Ah, mio caro signor Tartarino, non ci sono mica venuta di mia volont, glielo
assicuro... Appena fu finita la strada ferrata di Beaucaire, dissero che non
servivo pi a niente, e mi spedirono in Africa... e non sono la sola! Quasi
tutte le diligenze francesi sono state deportate come me. A questo punto, la
vecchia diligenza emise un lungo sospiro; poi riprese: Ah, signor Tartarino,
come rimpiango la mia bella Tarascona! Quelli erano bei tempi! I tempi della
mia giovinezza! Bisognava vedermi partire la mattina, ben lavata, tirata a
lustro, con le ruote verniciate di fresco, i fanali che sembravano due soli,
il copertone sempre strofinato col grasso! Il momento pi bello era quando il
postiglione faceva schioccare la frusta, e il conducente con la cornetta a
bandoliera e il berretto ricamato su un orecchio, dopo aver buttato sul
copertone dell'imperiale il suo canino ringhioso, saliva in serpa gridando:
Partenza! Partenza!
Allora i miei quattro cavalli si muovevano al suono dei sonagli, dei latrati
delle fanfare. Le finestre si aprivano, e tutta Tarascona contemplava con
orgoglio la diligenza che si metteva in viaggio sulla grande strada maestra.
Che bella strada, signor Tartarino, larga, ben tenuta, con le sue pietre
miliari, i monticelli di sassi regolarmente distribuiti, e a destra e a
sinistra i suoi bei campi coltivati di olivi e di vigneti... E poi locande
lungo tutta la strada, e cambi di cavalli ogni momento... E i miei
viaggiatori, che gente simpatica! Sindaci e curati che andavano a Nimes a
vedere il loro prefetto o il loro vescovo, studenti in vacanza, contadini in
casacca ricamata con la barba rasata di fresco, e lass, sull'imperiale, tutti
voi, signori cacciatori di berretti, sempre allegri, e che la sera, al
ritorno, cantavate sempre la vostra romanza alle stelle!
Ora la musica cambiata... Dio solo sa che gente mi tocca imbarcare! Un sacco
di miscredenti venuti non si sa di dove, che mi riempiono di insetti, negri,
beduini, soldatacci, avventurieri di ogni paese, coloni cenciosi che mi
appestano con le loro pipe, tutta gente che parla una lingua che nemmeno il
Padreterno riuscirebbe a capire... E poi, ha visto come mi trattano? Mai
spazzolata, mai lavata. Risparmiano il grasso per i mozzi delle ruote... E al
posto dei miei tranquilli e robusti cavalli di un tempo, questi cavallini
arabi che hanno il diavolo in corpo, si litigano, si mordono, saltano come le
capre, e mi rompono le stanghe a furia di calci...
Ahi!... Ahi!... ecco che ricominciano... E le strade! Per ora siamo andati
abbastanza bene, perch siamo vicini al Governatorato; ma dopo non c' pi
niente, non c' pi strada. Si va avanti alla meno peggio, si attraversano
monti e pianure, in mezzo alle palme nane, ai lentischi... nessun cambio di
cavalli fisso. Ci si ferma a capriccio del conducente, ora in una fattoria,
ora in un altra.
Certe volte quel farabutto mi fa fare un giro di due leghe per andare a bere
un bicchierino da un suo amico... E dopo, frusta, postiglione! Bisogna
riprendere il tempo perduto. Il sole brucia, la polvere calda. Frusta
sempre! Si cozza, si ribalta! Frusta pi forte! Si passano i fiumi a guado, ci
si bagna, si annega... Frusta! Frusta! Frusta!... Poi la sera, tutta bagnata,
vecchia e piena di reumatismi come sono, sono costretta a dormire sotto le
stelle nel cortile di un caravanserraglio aperto a tutti i venti.
La notte, sciacalli e iene vengono a fiutare i miei cassoni, e i predoni, che
temono l'umidit della notte, si rifugiano al calduccio nel mio interno...
Cos passo la mia vita, mio povero signor Tartarino, e cos la passer fino al
giorno in cui, bruciata dal sole e marcia dall'umidit, cadr senza pi
rialzarmi, in un angolo di strada, dove gli Arabi faranno bollire il loro
kuskus al fuoco degli avanzi della mia carcassa...
Blida! Blida! grid il conducente spalancando la portiera.

2. Apparizione di un ometto.
Attraverso i vetri appannati, Tartarino di Tarascona intravide una bella
piazza regolare, circondata da portici e alberata di aranci, in mezzo alla
quale dei soldatini di piombo facevano gli esercizi nella chiarit rosea
dell'alba. I caff levavano gli sporti. In un angolo, un mercatino di
legumi... Scena quanto mai gradevole, ma che non aveva ancora odor di leone.
Al Sud!... Pi al Sud! mormor il buon Tartarino, rincantucciandosi nel suo
angolo.
In quel momento lo sportello si apr. Entr una folata d'aria fresca che port
con s, insieme al profumo degli aranci in fiore, un ometto in soprabito color
nocciola, vecchio, magro, rugoso, compassato, con una cravatta di seta nera
alta cinque dita, una cartella di cuoio e l'ombrello: il classico tipo di
notaio di provincia.
Scorgendo tutto l'apparato guerresco del Tarasconese, l'ometto, che si era
seduto davanti a lui, parve estremamente sorpreso e si mise a fissare
Tartarino con un'insistenza imbarazzante. Furono cambiati i cavalli, e la
diligenza part... L'ometto fissava sempre Tartarino... Alla fine, il
Tarasconese perse la pazienza. C' qualcosa che vi stupisce? disse, fissando a
sua volta l'ometto.
No, c'e qualcosa che mi d noia. Rispose l'altro senza scomporsi. In realt, a
causa della tenda, della rivoltella, dei due fucili chiusi nei loro astucci e
del coltello da caccia, senza contare la sua naturale corpulenza, Tartarino di
Tarascona occupava molto spazio...
La risposta dell'ometto indispett Tartarino: Crede lei, per caso, che vada a
caccia di leoni con un ombrello come il suo? disse il grand'uomo con fierezza.
L'ometto guard il suo ombrello, sorrise dolcemente; poi, sempre con la stessa
flemma: Scusi, lei sarebbe...?
Tartarino di Tarascona, cacciatore di leoni! E l'intrepido Tarasconese scosse
come una criniera la nappa del suo fez.
Ci fu nella diligenza un movimento di stupore. Il trappista si segn, le due
ragazze emisero degli strilletti di paura e il fotografo di Orlansville si
avvicin al cacciatore di leoni sognando gi l'onore di fargli una fotografia.
L'ometto non si scompose.
Ha gi ucciso molti leoni, signor Tartarino? domand con la massima
tranquillit.
Se ne ho ucciso? Vorrei che lei avesse in testa tanti capelli quanti leoni ho
ucciso io.
Tutta la diligenza scoppi in una risata osservando i tre capelli giallastri
che si drizzavano sul cranio calvo dell'ometto.
A sua volta, il fotografo di Orlansville prese la parola: La sua dev'essere
una professione terribile, signor Tartarino!... Chiss quanti brutti momenti
avr passato!... Anche quel povero signor Bombonnel...
Ah, gi, il cacciatore di pantere... fece Tartarino sprezzante.
Lei lo conosce? chiese l'ometto.
Certo! Come no?... Abbiamo cacciato insieme pi di venti volte.
L'ometto sorrise: Allora, lei va a caccia anche di pantere, signor Tartarino?
Qualche volta, per passatempo... disse lo scatenato Tarasconese.
Poi, alzando la testa con un gesto eroico che fece palpitare il cuore delle
due ragazze, aggiunse: Non valgono il leone!
In fondo, si azzard a dire il fotografo, la pantera non che un grosso
gatto...
Esattissimo! disse Tartarino, a cui non pareva vero di offuscare la gloria di
quel Bombonnel, specialmente davanti alle ragazze. A questo punto la diligenza
si ferm, il conducente venne ad aprire lo sportello, e rivolgendosi
all'anziano ometto: Lei arrivato, signore, gli disse con tono molto
rispettoso.
L'ometto si alz, scese, ma prima di chiudere la portiera: Mi permette di
darle un consiglio, signor Tartarino?
Quale consiglio?
Senta, lei ha l'aria di essere un brav'uomo e voglio essere sincero con lei.
Dia retta a me, torni subito a Tarascona, signor Tartarino... Qui lei perde il
suo tempo... S, ci resta ancora qualche pantera nella zona; ma, perbacco,
una selvaggina troppo piccola per lei!... Quanto ai leoni, storia finita
ormai. In Algeria non ce ne sono pi... l'ultimo l'ha ucciso il mio amico
Chassaing.
Con queste parole, l'ometto salut, chiuse lo sportello, e se ne and ridendo,
con la sua borsa e il suo ombrello. Conducente, domand Tartarino, con la sua
solita faccia feroce, ma chi quell'ometto l?
Come? Non l'ha riconosciuto? Ma il signor Bombonnel.

3. Un convento di leoni.
Tartarino di Tarascona scese a Miliana, e lasci che la diligenza continuasse
la sua strada per il Sud. Due giorni di scossoni, due notti passate con gli
occhi spalancati a guardare attraverso il finestrino se appariva nei campi,
vicino alla strada, l'ombra formidabile di un leone. Tante ore di sonno
perdute meritavano qualche ora di riposo. E poi, diciamolo pure, dopo la sua
disavventura con Bombonnel, il buon Tarasconese, nonostante le armi, la faccia
feroce e il fez, si sentiva a disagio davanti al fotografo e alle ragazze.
S'incammin dunque per le larghe strade di Miliana, fiancheggiate da alberi
bellissimi e ricche di fontane; mentre stava cercando un albergo conveniente,
il pover'uomo non poteva togliersi dalla mente le parole di Bombonnel... Aveva
detto la verit? Non c'erano veramente pi leoni in Algeria?... A che scopo
allora tanta strada e tante fatiche?
Improvvisamente, all'angolo di una strada, il nostro eroe si trov faccia a
faccia con... Indovinate!... con un superbo leone, seduto regalmente davanti
alla porta di un caff, con la fulva criniera illuminata dal sole.
Ma cosa mi dicevano che non ce n'erano pi? esclam il Tarasconese, facendo un
salto indietro... Al suono di queste parole, il leone abbass la testa, e
afferrando tra i denti una ciotola di legno posata sul marciapiede davanti a
lui, la tese umilmente verso Tartarino pietrificato dallo stupore...
Un Arabo che passava gett un soldone nella ciotola; il leone agit la coda...
Allora Tartarino cap. Vide quello che l'emozione gli aveva impedito di
vedere: la folla aggruppata davanti al povero leone cieco e addomesticato, e
due negri giganteschi armati di randelli che lo portavano a passeggio per la
citt, come il Savoiardo la sua marmotta.
Il sangue gli sal alla testa: Miserabili! grid con voce di tuono. Umiliare
cos questi nobili animali! E slanciandosi sul leone, gli strapp la ciotola
dalle regali mascelle... I due negri, prendendolo per un ladro, si
precipitarono sul Tarasconese coi randelli alzati... Fu una zuffa tremenda...
i negri picchiavano, le donne strillavano, i ragazzi ridevano.
Un vecchio ciabattino urlava dal fondo della sua bottega: Dal giudice di pace!
Dal giudice di pace! Il leone stesso, nella notte della sua cecit, fece un
tentativo di ruggito, e lo sventurato Tartarino, dopo una lotta disperata,
ruzzol per terra in mezzo ai soldoni e alla spazzatura.
In quel momento, un uomo fend la folla, rialz Tartarino, lo spolver, lo
scosse, e lo fece sedere sopra un paracarro. Ma come! E' lei, principe? fece
il buon Tartarino ansimando e tastandosi le costole.
S, sono io, mio valoroso amico!... Appena ricevuta la sua lettera, ho
affidato Baia a suo fratello, e a volta di corriere, ho percorso cinquanta
leghe ventre a terra, ed eccomi arrivato appena in tempo per strapparvi dalle
mani di questi villani... Santo cielo, ma cosa diavolo ha fatto per trovarsi
in questo brutto pasticcio?
Cosa vuole, principe... a vedere quel povero leone con la sua ciotola fra i
denti, umiliato, vinto, preso in giro, ridotto a essere oggetto di riso per
tutto questo pidocchiume...
Ma lei si sbaglia, mio nobile amico. E' proprio il contrario; quel leone per
loro oggetto di rispetto e di adorazione. E' un animale sacro, che fa parte di
un grande convento di leoni, fondato trecento anni or sono da Mahom med ben
Aouda, una specie di trappa come l'abbazia di Notre-Dame de la Trappe in
Normandia, ma eccezionale e selvaggia, piena di ruggiti e di effluvi belluini,
nella quale dei singolari monaci allevano e addomesticano centinaia di leoni,
e di l li mandano in tutta l'Africa settentrionale, accompagnati da una
specie di frati cercatori...
I doni ricevuti da questi frati servono al mantenimento del convento e della
sua moschea; e se i due negri di poco fa si sono arrabbiati tanto, perch
sono convinti che se per colpa loro va perduto un soldo solo della questua,
sarebbero immediatamente divorati dal loro leone.
Nell'ascoltare questo inverosimile e pur veridico racconto, Tartarino di
Tarascona gongolava e fiutava l'aria rumorosamente. Quello che mi fa piacere,
disse, che, alla barba del signor Bombonnel, ci sono ancora dei leoni in
Algeria!...
Se ce ne sono! esclam il principe con calore. A partire da domani, andremo a
battere la pianura del Chlif, e vedrete!
Ma come! Anche lei, principe, ha intenzione di cacciare?
Perbacco! Come posso lasciarla andare in giro per l'Africa solo soletto, in
mezzo a tutte quelle trib feroci di cui ignora la lingua e i costumi?... No!
No! illustre Tartarino!... Dove lei sar, ci sar anche io.
Oh, principe, principe!...
E Tartarino, raggiante, abbracci il prode Grgory, pensando con fierezza che,
come Jules Grard, Bombonnel e tutti gli altri famosi cacciatori di leoni,
aveva anche lui un principe straniero come compagno di caccia.

4. Carovana in arrivo.
Il giorno dopo, alle prime luci dell'alba, l'intrepido Tartarino e il non meno
intrepido principe Grgory, seguiti da una mezza dozzina di portatori negri,
uscivano da Miliana e si avviavano verso la pianura del Chlif, percorrendo in
discesa un ripido e delizioso sentiero ombreggiato da piante di gelsomino, di
tuya, di carrubi e di olivi selvatici, fiancheggiato da una fila di
giardinetti indigeni, e rallegrato dallo scroscio di migliaia di sorgenti che
precipitavano di roccia in roccia, cantando.
Carico d'armi come il grande Tartarino, il principe Grgory si era inoltre
adornato di un magnifico e singolare chep tutto gallonato d'oro, e decorato
da un fregio di foglie di quercia ricamate in argento, che faceva vagamente
assomigliare Sua Altezza a un capostazione delle ferrovie danubiane, o a un
generale messicano.
Parlando e filosofando, la carovana procedeva regolarmente. I portatori negri,
a piedi nudi, saltavano di roccia in roccia emettendo grida scimmiesche. Le
casse d'armi risuonavano. Le canne dei fucili lampeggiavano al sole. Gli
indigeni incontrati per via s'inchinavano fino a terra davanti al magico
chep. Lass, sui bastioni di Miliana, il capo dell'amministrazione araba, che
passeggiava al fresco con la sua dama, udendo dei rumori insoliti e vedendo
luccicare delle armi tra i rami, pens a un colpo di mano, fece alzare il
ponte levatoio, fece battere la generale, e mise la citt in stato d'assedio.
Bel debutto per una carovana!
Disgraziatamente, prima del tramonto, le cose si guastarono. Uno dei portatori
negri fu colto da coliche atroci per aver mangiato il cerotto adesivo della
farmacia. Un altro ruzzol sul ciglio della strada, ubriaco fradicio di alcool
canforato. Il terzo, quello a cui era affidato l'album del diario di
Tartarino, abbagliato dalle dorature dei fermagli e persuaso di portarsi via i
tesori della Mecca, fugg a gambe levate rifugiandosi nello Zaccar.. Bisognava
prendere delle decisioni... La carovana sost, e tenne consiglio all'ombra
chiazzata di sole di un vecchio fico.
Io direi, cominci il principe, mentre tentava invano di sciogliere una
tavoletta di pemmican in una pentola perfezionata a triplo fondo, direi di
rinunziare ai portatori negri... C' proprio qui vicino un mercato arabo. La
cosa migliore mi sembra sia quella di andarci, e di fare acquisto di qualche
somarello...
No!... No!... interruppe con vivacit il grande Tartarino, che era arrossito
al ricordo del povero Nerino. Niente somarelli!...
E ipocritamente aggiunse: Com' possibile che degli animali cos piccoli
abbiano la forza di portare tutta la nostra roba? Il principe sorrise.
Lei si sbaglia, illustre amico. Anche se le sembra gracile e magro, il
somarello algerino ha le reni solide... Altrimenti, come potrebbe sopportare
tutto quello che sopporta? Lo domandi agli Arabi!
Non ha importanza, riprese Tartarino di Tarascona. Secondo me, per l'estetica
della nostra carovana, i somari non vanno bene... Mi piacerebbe qualcosa di
pi orientale... Se si potesse avere, per esempio, un cammello...
Quanti ne vuole! disse Sua Altezza; e si diressero verso il mercato arabo.
Il mercato si teneva a qualche chilometro di distanza, sulle rive del
Chlif... C'erano cinque o seimila Arabi cenciosi che formicolavano al sole, e
trafficavano chiassosamente in mezzo a giare di olive nere, vasi di miele,
sacchi di spezie e grossi mazzi di sigari; in mezzo alla piazza erano accesi
grandi fuochi su cui venivano arrostiti montoni interi, gocciolanti di grasso;
c'erano delle macellerie all'aperto, dove dei negri nudi, coi piedi nel sangue
e le braccia insanguinate, squartavano con dei piccoli coltelli dei capretti
appesi a un palo.
In un angolo, sotto una tenda rattoppata con pezze multicolori, siede un
funzionario arabo con gli occhiali e un registro. Qui un gruppo di persone che
litigano rabbiosamente: una roulette stata installata sopra un moggio da
grano... Laggi si odono delle risa e un accorrere allegro: c' un mercante
ebreo che sta annegando nel Chlif con la sua mula...
E scorpioni, cani, corvi; e mosche!... mosche! Ma, guarda caso, mancavano i
cammelli. Fu possibile, finalmente, scovarne uno da certi Maobiti che volevano
disfarsene. Era il vero cammello del deserto, il cammello classico, calvo,
dall'aria triste, la lunga testa da beduino, e la gobba, divenuta floscia per
i lunghi digiuni, che pendeva melanconicamente da una parte.
Tartarino lo trov cos bello, che volle che la carovana al completo ci
montasse sopra... Le solite manie orientali! Il cammello s'inginocchi. I
bagagli furono assicurati con delle cinghie.
Il principe si insedi sul collo dell'animale. Tartarino, maestosamente, si
fece issare in cima alla gobba, tra due casse; e di lass, fiero e
soddisfatto, salutando con un nobile gesto tutta la popolazione accorsa, dette
il segnale della partenza... Tuoni e fulmini! Se quelli di Tarascona avessero
potuto vederlo!...
Il cammello si drizz. allung le sue immense gambe nodose, e prese il volo...
Oh, stupore! Dopo pochi passi, Tartarino si sent impallidire, e l'eroico fez
ricominci a prendere, una dopo l'altra, le vecchie posizioni del tempo dello
Zuavo. Quel cammello del diavolo rollava come una fregata.
Principe, principe, mormor Tartarino, che era diventato livido, e si
aggrappava disperatamente al pelame stopposo della gobba. Principe,
scendiamo... sento... sento... che far fare alla Francia una brutta figura...
Morte e dannazione! Il cammello ormai era lanciato, e niente poteva pi
arrestarlo. Quattromila Arabi gli correvano dietro, a piedi nudi,
gesticolando, ridendo come matti, e facendo luccicare al sole seicentomila
denti bianchi...
Il grand'uomo di Tarascona dovette rassegnarsi. Si accasci tristemente sulla
gobba. Il fez prese tutte le posizioni che volle... e la Francia ci fece una
brutta figura.

5. L 'appostamento in un bosco di oleandri.
Per quanto pittoresca fosse la loro nuova cavalcatura, i nostri cacciatori di
leoni furono costretti a rinunziarvi a causa del fez. Continuarono quindi la
strada a piedi, e la piccola carovana si spost senza fretta verso il Sud, a
piccole tappe, il Tarasconese in testa, il Montenegrino in coda, e il cammello
con le sue casse d'armi nel mezzo. La spedizione dur quasi un mese.
Per tutto quel mese, alla ricerca degli introvabili leoni, il terribile
Tartarino err di villaggio in villaggio nell'immensa pianura del Chlif,
attraverso quella incredibile e assurda Algeria francese, dove i profumi del
vecchio Oriente si mescolano con gli inconfondibili odori di caserma e di
assenzio. Tutto preso dalla sua passione leonina, l'uomo di Tarascona andava
dritto davanti a s, senza guardare n a destra n a sinistra, l'occhio
ostinatamente fisso su quei mostri immaginari che non si facevano mai vedere.
Siccome la tenda si ostinava a non aprirsi e le tavolette di pemmican a non
sciogliersi, la carovana era costretta a sostare mattina e sera presso le
trib. Dovunque, grazie al chep del principe Grgory, i nostri cacciatori
erano ricevuti a braccia aperte. Erano alloggiati in casa dei capi, dentro
strani palazzi, grandi fattorie bianche senza finestre, dove si trovavano,
mescolati alla rinfusa, narghil e cassettoni di mogano, tappeti di Smirne e
lampade ad acetilene, cofani di legno di cedro pieni di zecchini turchi, e
pendole artistiche in stile Louis-Philippe... Dovunque venivano organizzate in
onore di Tartarino delle splendide feste e delle furiose fantasie.
In suo onore, drappelli interi di cavalleria indigena facevano parlare i
fucili, e risplendere al sole i loro pittoreschi burnus, i lunghi mantelli
usati dalle popolazioni dell'Africa del Nord.
E i leoni non si facevano vedere. Ma Tartarino non si scoraggiava. Spingendosi
risolutamente verso il Sud, passava le sue giornate a battere la macchia, a
frugare i palmizi nani con la canna della carabina, facendo: sci! sci! a
ogni cespuglio. Poi, tutte le sere, prima di coricarsi, un breve appostamento
di due o tre ore... Fatica sprecata! Il leone non si faceva vedere.
Tuttavia, una sera, verso le sei, mentre la carovana attraversava un bosco di
lentisco violetto, dove delle grosse quaglie appesantite dal caldo saltavano
qua e l tra l'erba, a Tartarino di Tarascona parve sentire, ma cos lontano,
cos vago, cos smozzicato dal vento, quel meraviglioso ruggito che aveva
tante volte ascoltato a Tarascona dietro la baracca del circo Mitaine.
Da principio, l'eroe pens di sognare... ma dopo qualche istante, sempre
lontani, ma pi distinti, i ruggiti si rifecero sentire; e questa volta,
mentre da tutti gli angoli dell'orizzonte si sentivano ululare i cani dei
villaggi, anche la gobba del cammello, scossa dal terrore, trem, facendo
tintinnare le casse d'armi e le scatole di carne in conserva.
Non c'era pi dubbio. Era il leone... Presto, presto, all'appostamento.
Non c'era un minuto da perdere.
Proprio l vicino c'era un vecchio marabutto, un mausoleo in cui vengono
sepolti i santoni musulmani, con la sua cupoletta bianca, e grandi pantofole
gialle del defunto santo racchiuse in una nicchia al sommo della porta, e
un'accozzaglia di bizzarri ex-voto, lembi di burnus, fili d'oro, ciocche di
capelli, appesi al muro... Tartarino di Tarascona ci mise al sicuro il suo
principe e il suo cammello, poi and in cerca di un posto adatto per
l'appostamento. Il principe Grgory voleva seguirlo, ma il Tarasconese non
volle; teneva ad affrontare il leone da solo. In ogni modo, raccomand a Sua
Altezza di non allontanarsi e, come misura precauzionale, gli affid il suo
portafoglio, un grosso portafoglio pieno di carte preziose e di biglietti di
banca, che temeva potessero essere lacerati dagli artigli del leone.
Fatto questo, l'eroe si mise in cerca del luogo adatto per l'appostamento.
Cento passi oltre il marabutto, sull'orlo di un torrente quasi secco, un
boschetto di oleandri tremava nella caligine del crepuscolo. Fu l che
Tartarino si mise in agguato, con un ginocchio a terra secondo le regole, la
carabina in pugno e il coltellaccio da caccia piantato fieramente davanti a
lui sulla sabbia dell'argine.
Giunse la notte. La luce pass dal roseo al violetto, poi all'azzurro
profondo... In basso, tra i ciottoli del torrente, luccicava come uno specchio
una piccola pozza d'acqua chiara. Era l'abbeveratoio delle belve. Sull'argine
opposto, si distingueva vagamente il sentiero bianco che le loro grosse zampe
avevano tracciato tra i lentischi. Questa traccia misteriosa faceva venire i
brividi. Aggiungete a tutto questo il vago brulicho delle notti africane, il
frusco di rami sfiorati, i passi felpati di animali vaganti gli striduli
latrati degli sciacalli, mentre lass, in cielo, a cento o duecento metri di
altezza, grandi stormi di gru passavano con gridi di bambini sgozzati; c'era
veramente da rimanere impressionati.
Tartarino lo era. Direi che lo era in modo superlativo. Batteva i denti, e la
canna del suo fucile rigato sbatteva sul manico del coltello piantato nella
sabbia con un ritmico rumore di nacchere... Che volete! Ci sono delle serate
in cui non ci si sente in vena; e poi, che merito ci sarebbe, se gli eroi non
avessero mai paura...
Ebbene, s! Tartarino aveva paura. Tuttavia tenne duro per un'ora, due ore, ma
anche l'eroismo ha i suoi limiti. Vicino a lui, nel letto arido del torrente,
il Tarasconese sent improvvisamente un rumore di passi, un rotolo di
ciottoli. Questa volta il terrore lo fece balzare in piedi. Spar a casaccio i
suoi due colpi nell'oscurit, e se la diede a gambe verso il marabutto,
lasciando il coltellaccio piantato nella sabbia dell'argine a perenne ricordo
del pi formidabile panico che abbia mai afferrato l'animo di un cacciatore di
sogni. Aiuto, principe!... il leone!... Silenzio. Principe, principe, dov'?
Il principe non c'era. Sul muro bianco del marabutto solo il bravo cammello
proiettava l'ombra bizzarra della sua gobba... Il principe Grgory se l'era
squagliata da poco, portando con s il portafoglio e i biglietti di banca di
Tartarino... Era un mese che Sua Altezza aspettava questa occasione. . .

6. Finalmente.
L'indomani di questa serata tragica e avventurosa, quando alle prime luci
dell'alba il nostro eroe si risvegli e acquist la certezza che il principe e
il gruzzolo erano realmente partiti, partiti senza ritorno; quando si ritrov
solo in quella piccola tomba bianca, tradito, derubato, abbandonato in piena
Algeria selvaggia, con un cammello a una sola gobba e pochi spiccioli in
tasca, allora, per la prima volta, il Tarasconese dubit. Dubit del
Montenegro, dubit dell'amicizia, dubit della gloria, dubit persino dei
leoni; e, come Cristo nell'orto di Getsemani, il grand'uomo si mise a piangere
amaramente. Ora, mentre con aria cogitabonda era seduto sulla porta del
marabutto con la testa fra le mani, la carabina tra le gambe, e il cammello
che lo guardava, Tartarino stupefatto vide la fitta macchia davanti a lui
aprirsi improvvisamente, e apparire a dieci passi di distanza un leone
gigantesco che avanzava a testa alta, emettendo dei ruggiti formidabili che
facevano tremare le mura del marabutto con le loro cianfrusaglie, e persino le
pantofole del santo nella loro nicchia.
Solo il Tarasconese non trem. Finalmente! grid, balzando in piedi col fucile
spianato... Pan!... Pan!. .. pfft!... pfft! Ecco fatto... il leone aveva
ricevuto due palle esplosive nella testa... Per un attimo, sullo sfondo
infuocato del cielo africano, esplose un fuoco d'artificio di frammenti di
cervello, di sangue fumante e di criniera fulva sparpagliata. Poi tutto si
calm e Tartarino vide... due negri giganteschi che si precipitavano verso di
lui agitando furiosamente i randelli. I due negri di Miliana!
Maledizione! I proiettili del Tarasconese avevano fatto fuori il povero leone
cieco e ammaestrato del convento di Mohammed. Questa volta, per Maometto,
Tartarino se la vide brutta! Pazzi di fanatico furore, i due negri questuanti
l'avrebbero certamente fatto a pezzi, se il Dio dei cristiani non gli avesse
mandato in aiuto un angelo liberatore nelle sembianze della guardia campestre
del comune di Orlansville, che sbucava, con la sciabola sotto il braccio, da
un sentiero vicino.
La vista del chep municipale calm subito la collera dei negri. Calmo e
solenne, il rappresentante dell'autorit stese il processo verbale
dell'accaduto, decise che i resti del leone fossero caricati sul cammello,
ordin agli accusatori e al colpevole di seguirlo, e si diresse alla volta di
Orlansville, dove il tutto fu depositato nella cancelleria del tribunale.
Procedura lunga e terribile!
Dopo l'Algeria delle trib, che aveva appena visitata, Tartarino di Tarascona
conobbe allora un'altra Algeria non meno bizzarra e sorprendente, l'Algeria
delle citt, ingorda di processi e di carta bollata.
Prima di tutto bisognava sapere se il leone era stato ucciso in territorio
civile o in territorio militare. Nel primo caso l'affare era di competenza del
tribunale di commercio; nel secondo caso la sorte di Tartarino dipendeva dal
consiglio di guerra; alla parola consiglio di guerra, l'impressionabile
Tarasconese si vedeva gi fucilato ai piedi di un bastione, o costretto a
marcire in fondo a una cella...
Essendo molto incerta in Algeria la delimitazione dei due territori, il
problema si presentava di soluzione difficile. Finalmente, dopo un mese di
corse, di complicazioni e di attese al sole nei cortili degli uffici arabi, fu
stabilito che, se da una parte il leone era stato ucciso in territorio
militare, d'altra parte, Tartarino, quando aveva sparato, si trovava in
territorio civile. Il processo si svolse dunque in sede civile, e il nostro
eroe se la cav con duemilacinquecento franchi di indennit, oltre le spese.
Come fare a pagare quella somma? Le poche piastre sfuggite alla razzia del
principe se ne erano andate da un pezzo in carta bollata e in bicchierini
offerti agli uomini di legge. Lo sventurato cacciatore di leoni fu costretto a
vendere la sua cassa d'armi, carabina per carabina. Si disfece dei pugnali,
dei kriss malesi, delle mazze ferrate... Un droghiere compr la carne in
scatola. Un farmacista quello che restava del cerotto adesivo. Anche gli
stivaloni, seguiti dalla tenda perfezionata, andarono a finire nella bottega
di un rigattiere, che cerc di venderli come curiosit... Una volta pagato
tutto, non restavano pi a Tartarino che la pelle del leone e il cammello. La
pelle fu accuratamente imballata e spedita a Tarascona all'indirizzo del prode
comandante Bravida. (Riparleremo presto di questo favoloso trofeo). Quanto al
cammello, Tartarino contava di servirsene per raggiungere Algeri, non gi
montandoci sopra, ma vendendolo per pagare la diligenza, che rimane in fondo
il mezzo migliore per viaggiare. Purtroppo l'animale era scarsamente
commerciabile, e nessuno si offr di comprarlo.
Ma Tartarino voleva tornare ad Algeri al pi presto. Aveva fretta di rivedere
Baia, la sua casetta, le sue fontane, e di riposarsi sotto le arcate traforate
del suo piccolo chiostro, in attesa dell'arrivo del denaro dalla Francia. Il
nostro eroe non esit: addolorato, ma non abbattuto, decise di fare la strada
a piedi, a piccole tappe, e senza soldi in tasca.
In questa occasione, il cammello non lo abbandon. Lo strano animale provava
per il suo padrone una tenerezza inesplicabile, e vedendolo uscire da
Orlansville si mise a camminare religiosamente dietro di lui, regolando il
suo passo con quello di Tartarino e non lasciandosi distanziare di un metro.
Da principio, Tartarino trov la cosa commovente; quella fedelt quella
devozione a tutta prova gli toccarono il cuore, tanto pi che il cammello Si
accontentava facilmente e si nutriva con niente. Tuttavia, dopo qualche
giorno, il Tarasconese si secc di avere eternamente alle calcagna quel
malinconico compagno che gli ricordava tutte le sue disavventure; poi, in
preda al risentimento, se la prese con lui per la sua aria triste, per la sua
gobba, per la sua andatura dinoccolata. Insomma, fin per odiarlo, e non
pensava pi che a liberarsene; ma l'animale teneva duro... Tartarino cerc di
perderlo, il cammello lo ritrov; prov a correre, ma il cammello correva pi
svelto di lui... Gli gridava: Vattene! gettandogli delle pietre.
Il cammello si fermava, lo guardava con aria triste, poi, dopo qualche
momento, si rimetteva in cammino e lo raggiungeva sempre. Tartarino dovette
rassegnarsi. Tuttavia, quando dopo otto lunghe giornate di marcia, il
Tarasconese impolverato ed esausto, vide da lontano scintillare le prime
bianche terrazze di Algeri, quando si trov alle porte della citt,
nell'animata via di Mustaf, in mezzo agli Zuavi, ai Biskri, alle donne
maonesi, che brulicavano intorno a lui guardandolo sfilare col suo cammello,
perd di colpo la pazienza: No! no! si disse; non possibile... non posso
entrare in Algeri con una simile bestia! e approfittando di un ingorgo di
carrozze, svolt bruscamente, si avvi per i campi, e si gett in un
fossato!...
Dopo pochi momenti, al di sopra della sua testa, vide passare sul margine
della strada, il cammello che filava a tutte gambe, allungando il collo con
aria ansiosa. Allora, sollevato da un gran peso, l'eroe usc dal suo
nascondiglio e rientr in citt passando per un sentiero fuori mano che
rasentava il muro del suo orticello.

7. Catastrofi su catastrofi.
Arrivando davanti alla sua casa araba, Tartarino si ferm stupefatto. Scendeva
la notte, la strada era deserta. Dalla porticina ogivale che la negra aveva
dimenticato di chiudere, si sentivano venire risate, un tintinnio di
bicchieri, tonfi di tappi di champagne, e al di sopra di tutto questo allegro
frastuono, una gaia e limpida voce di donna che cantava in francese: Aimes-tu,
Marco la belle, La danse aux salons en fleurs...
Tuoni e fulmini! fece il Tarasconese impallidendo, e si precipit nel cortile.
Povero Tartarino! Quale spettacolo l'attendeva... Sotto gli archi del piccolo
chiostro, tra bottiglie, dolciumi, cuscini sparsi, pipe, tamburelli, chitarre,
Baia in piedi, con una camicetta di velo argenteo, e larghi pantaloni rosa
tenero, cantava Marco la belle con un berretto da ufficiale di marina calato
su un orecchio. Ai suoi piedi, saturo di amore e di pasticcini, Barbassou,
l'infame capitano Barbassou, la stava ad ascoltare, crepando dalle risa.
L'apparizione di Tartarino, smunto, dimagrito, polveroso, con gli occhi che
facevano fiamme e col fez dritto sulla testa, interruppe di colpo questa
piacevole scena turco-marsigliese. Barbassou non si scompose, e ridendo di
gusto: Ehi l! Signor Tartarino, che ne dice? Vede bene che la ragazza parla
francese!
Tartarino di Tarascona avanz furioso, poi: Capitano!
Gli dica che entri pure, amico! grid in puro dialetto marsigliese la giovane
Araba, sporgendosi dalla galleria del primo piano con un gesto birichino.
Il pover'uomo, affranto, si lasci cadere su un cuscino. La sua Araba sapeva
anche il marsigliese!
Glielo avevo detto io, di non fidarsi delle Algerine! disse sentenziosamente
il capitano Barbassou. E' la stessa storia del suo principe montenegrino.
Tartarino alz la testa. Lei sa dove si trova il principe?
Oh! Non lontano. Per cinque anni star di casa nella bella prigione di
Mustaf. Quel briccone si fatto prendere con le mani nel sacco. Del resto
non la prima volta che Sua Altezza si fa mettere dentro. Mi pare che abbia
gi fatto tre anni di galera... e, guarda un po', mi pare proprio a Tarascona.
A Tarascona!... grid Tartarino, improvvisamente illuminato. Ecco perch
conosceva solo una piccola parte della citt.
Si capisce! La parte che vedeva dalla finestra della prigione... Ah!, povero
signor Tartarino, bisogna tenere gli occhi bene aperti in questo dannato
paese, altrimenti ci possono capitare delle sorprese poco gradevoli... Come la
vostra storia del muezzin...
Che storia? Che muezzzin?
Perbacco!... Il muezzin di fronte, che faceva la corte a Baia... Ne hanno
parlato anche i giornali, e tutta Algeri ne ride ancora. E' cos divertente
quel muezzin che, dall'alto del suo minareto, mentre cantava le preghiere,
faceva sotto il vostro naso le sue dichiarazioni alla piccina, e le dava degli
appuntamenti invocando il nome di Allah...
Ma sono dunque tutti dei furfanti in questo paese?... url il povero
Tarasconese.
Barbassou fece un gesto di rassegnazione. Capir, paesi nuovi... Dia retta a
me, Tartarino, torni subito a Tarascona.
E' una parola! Come faccio a tornare a casa senza denari? Sapesse come mi
hanno spennato, laggi nel deserto!
Non ha importanza! esclam il capitano, ridendo... Lo Zuavo parte domani, e se
lei accetta, penso io a riportarlo in patria. D'accordo collega?... Bene;
allora non le resta che fare una cosa. Abbiamo ancora qualche bottiglia di
champagne e mezza torta. Si segga, e... senza rancore!
Dopo il momento di esitazione che la dignit gli imponeva, il Tarasconese
prese con coraggio la sua decisione. Si sedette, e brind col capitano.
Baia, ricomparsa al tintinnio dei bicchieri, cant il finale di Marco la
belle, e la festa si prolung fino a notte inoltrata. Verso le tre del
mattino, con la testa leggera e le gambe pesanti, il buon Tartarino, dopo aver
accompagnato il suo amico capitano, pass davanti alla moschea. Il ricordo del
muezzin e del suo tiro birbone, lo fece sorridere, e subito gli attravers la
mente l'idea di una piacevole vendetta. La porta era aperta.
Entr, percorse lunghi corridoi tappezzati di stuoie. Sal, sal ancora, e si
trov in un piccolo oratorio orientale, dove una lampada in ferro battuto
dondolava dal soffitto, ricamando ombre bizzarre sulle bianche pareti.
Il muezzin era l, seduto su un divano, col suo gran turbante in testa, la sua
pelliccia bianca e la sua pipa di Mostagamen, covando con gli occhi un
bicchierone di assenzio, in attesa di chiamare i fedeli alla preghiera...
Alla vista di Tartarino, lasci cadere la pipa, atterrito.
Non una parola, reverendo, disse il Tarasconese, che stava seguendo un suo
progetto... Presto, mi dia il turbante e la pelliccia!
Il muezzin, impaurito, gli consegn il turbante, la pelliccia, e tutto quello
che gli fu chiesto da Tartarino. Il Tarasconese se ne rivest, e sal con aria
solenne sulla terrazza del minareto. Il mare scintillava in lontananza. I
tetti splendevano bianchi al chiaro di luna. Sulle ali della brezza marina
giungevano lontani accordi di chitarra... Il muezzin di Tarascona si concesse
un istante di raccoglimento, poi, alzando le braccia al cielo, cominci a
salmodiare con voce acutissima: Allah Allah... e Maometto un vecchio
imbroglione... L'Oriente, il Corano, i pasci, i leoni, le Arabe non valgono
un fico secco! Non ci sono pi Turchi... non ci sono che imbroglioni... Viva
Tarascona!...
E mentre nel suo gergo bizzarro, misto di arabo e di provenzale, l'illustre
Tartarino gettava ai quattro venti, sul mare, sulla citt, sulla pianura,
sulle montagne, la sua allegra maledizione tarasconese, la voce chiara e
solenne degli altri muezzin gli rispondeva, diffondendosi da minareto a
minareto, e gli ultimi fedeli della citt alta si battevano devotamente il
petto.

8. Tarascona! Tarascona!
Mezzogiorno. Lo Zuavo sotto pressione, si parte. Lass, sul balcone del
Caff Valentin, i signori ufficiali puntano il cannocchiale, e vengono,
colonnello in testa e per ordine gerarchico, a contemplare il piccolo
fortunato piroscafo che torna in Francia. E' la grande distrazione dello Stato
Maggiore... In basso, la rada scintilla. La culatta dei vecchi cannoni turchi
interrati lungo la banchina splende al sole. I viaggiatori si affollano.
I facchini indigeni ammucchiano i bagagli sulle barche. Tartarino di Tarascona
non ha bagagli. Eccolo che, in compagnia dell'amico Barbassou, percorre Rue de
la Marine e attraversa il piccolo mercato pieno di banane e di cocomeri. Lo
sventurato Tarasconese ha lasciato in terra barbaresca la sua cassa d'armi e
le sue illusioni, ed ora si accinge a navigare verso Tarascona con le mani in
tasca... E' appena saltato nella scialuppa del capitano, che un animale
trafelato capitombola dall'alto della piazza, e si precipita di galoppo verso
di lui. E' il cammello, il suo fedele cammello, che da ventiquattr'ore cerca
in Algeri il suo padrone.
Tartarino, vedendolo, cambia colore e fa finta di non conoscerlo; ma il
cammello si ostina. Si agita lungo la banchina. Chiama il suo amico e lo
guarda teneramente: Portami via! sembra dire il suo sguardo triste. Prendimi
sulla nave e portami lontano, molto lontano da questa Arabia di cartapesta, da
questo Oriente ridicolo pieno di locomotive e di diligenze, dove io,
dromedario declassato, non ho pi avvenire. Tu sei l'ultimo Turco, io sono
l'ultimo cammello. Non lasciamoci pi, Tartarino...
E' suo questo cammello? domanda il capitano.
No davvero! risponde Tartarino, che freme all'idea di entrare a Tarascona con
quella ridicola scorta; e rinnegando senza vergogna il compagno delle sue
disavventure, respinge col piede il suolo algerino, e d alla barca la spinta
per la partenza...
Il cammello fiuta l'acqua, allunga il collo, fa scricchiolare le giunture, si
tuffa, e si mette a nuotare dietro la barca con la sua gobba che galleggia
come una zucca, e il suo lungo collo che si erge sull'acqua come lo sperone di
una trireme. Barca e cammello arrivano insieme ai fianchi della nave.
Mi fa pena, quel dromedario! dice il capitano Barbassou, commosso. Quasi quasi
lo prendo a bordo... lo regaler al giardino zoologico di Marsiglia.
Il cammello, appesantito dall'acqua di mare, viene issato a bordo a mezzo di
paranchi e di corde, e lo Zuavo parte.
I due giorni della traversata, Tartarino li pass in cabina, non perch il
mare fosse cattivo, o perch il fez fosse indisposto, ma perch quel maledetto
cammello, ogni volta che il padrone faceva capolino sul ponte, gli dimostrava
delle attenzioni ridicole... Non si era mai visto un cammello cos affettuoso!
Di ora in ora, dagli obl della cabina, ai quali di tanto in tanto metteva il
naso Tartarino vide impallidire l'azzurro del cielo algerino; poi, finalmente,
una mattina, in mezzo a una nebbiolina argentea, sent con gioia cantare tutte
le campane di Marsiglia. Erano arrivati... lo Zuavo gett l'ancora.
Il nostro eroe, che non aveva bagagli, scese senza dir niente a nessuno,
attravers in fretta Marsiglia, sempre temendo di essere inseguito dal
cammello, e non respir che quando si trov sistemato in un vagone di terza
classe che filava a tutto vapore verso Tarascona... Ingannevole sicurezza! A
due leghe appena da Marsiglia, tutte le teste dei viaggiatori si spenzolano
dai finestrini. Grida di stupore. Tartarino, a sua volta, si affaccia... e che
vede?... il cammello, signori miei, l'inevitabile cammello che galoppa
freneticamente tra i binari all'inseguimento del treno. Tartarino, costernato,
si rincantuccia nel suo angolo, chiudendo gli occhi.
Dopo la sua disastrosa spedizione, aveva sperato di poter ritornare a casa in
incognito. Ma la presenza di quell'ingombrante quadrupede rendeva la cosa
impossibile. Santo cielo, che ritorno era il suo! Senza un soldo, senza leoni,
niente... un cammello! Tarascona!... Tarascona! Bisogn scendere...
Oh stupore! Appena il fez dell'eroe fece capolino dallo sportello, un
fragoroso grido di: Viva Tartarino! fece tremare la volta a vetri della
stazione. Viva Tartarino! Viva l'uccisore di leoni! Ed ecco esplodere gli
squilli di una banda e le voci di un coro maschile... Tartarino si sent
morire; pens a uno scherzo di cattivo genere. Ma no! Tutta Tarascona era l,
che agitava i cappelli con entusiasmo. Ecco il valoroso comandante Bravida,
l'armaiolo Costecalde, il presidente, il farmacista, e tutto il nobile corpo
dei cacciatori di berretti che si accalcano intorno al loro capo, e lo portano
in trionfo lungo la scalinata...
Singolari effetti del miraggio! La pelle del leone cieco, spedita a Bravida,
era stata la causa di tutto. Con quella modesta pelle esposta al circolo, i
Tarasconesi, e dietro di loro tutto il Mezzogiorno della Francia, si erano
montati la testa. Il Smaphore ne aveva parlato. La fantasia aveva cominciato
a galoppare. Non era soltanto un leone che Tartarino aveva ucciso, erano dieci
leoni, venti leoni, una marmellata di leoni! Quando Tartarino era sbarcato a
Marsiglia, era gi celebre senza saperlo, e un telegramma entusiasta lo aveva
preceduto di due ore nella sua citt natale.
Ma il colmo dell'entusiasmo popolare fu raggiunto quando un favoloso animale,
coperto di polvere e di sudore, apparve dietro l'eroe e si mise a scendere
zoppicando la scalinata della stazione. Per un istante, Tarascona pens che
fosse ritornata la sua Tarasque. Tartarino rassicur i suoi concittadini.
E' il mio cammello, disse. E' gi sotto l'influsso del sole tarasconese, quel
sole cos bello che fa mentire candidamente, aggiunse, accarezzando la gobba
del dromedario: E' un nobile animale!... Mi ha visto uccidere tutti i miei
leoni. Detto questo, prese familiarmente il braccio al comandante, rosso di
gioia; poi, seguito dal cammello, circondato dai cacciatori di berretti,
acclamato da tutto il popolo, Tartarino si avvi tranquillamente verso la sua
villetta del baobab, e camminando, cominci il racconto delle sue grandi
cacce: Figuratevi, diceva, che una certa sera, in pieno Sahara...

FINE.

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