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IL MUSEO ARCHEOLOGICO DI CARBONIA

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In copertina:
Collezione Doneddu. Necropoli di Locci santus. Vaso campaniforme.
Le fotografie sono di Luisa Anna Marras.
La figura 3 tratta da Guida alla visita dei Musei locali e regionali della Sardegna.
ISBN 88-7138-160-2
Copyright 1998 by Carlo Delfino editore, Via Rolando 11/A - Sassari
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SARDEGNA ARCHEOLOGICA
Guide e Itinerari
IL MUSEO ARCHEOLOGICO
DI CARBONIA
Carlo Delfino editore
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Luisa Anna Marras
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Villa Sulcis
Il Civico Museo Archeologico di Carbonia di istituzione abba-
stanza recente: collocato in posizione centrale presso il Municipio
e quindi nel cuore della citt, al numero civico 4 della Via Napoli.
Situato in quella che un tempo e fino agli anni 50 era stata la resi-
denza ufficiale e labitazione del direttore della Carbosarda, societ
che gestiva la coltivazione delle miniere carbonifere del circondario.
Si tratta di unampia struttura residenziale di tipo visibilmente
padronale, assai rappresentativa dello stile architettonico e delle
scelte urbanistiche realizzati nella citt, edificata ex novo tra il 1936
e il 1938, fortemente gerarchizzati luno e le altre e caratteristici
degli anni del fascismo.
La villa, edificata con il tipico basamento a filari di trachite rossa
locale e di stile assai sobrio e lineare, interamente circondata da un
parco, attualmente in corso di risistemazione. Nelle immediate vici-
nanze e sempre allinterno del parco, si trova anche la biblioteca
comunale. Larea cosiddetta di Villa Sulcis si configura quindi come
una entit culturale organica e testimone della memoria storica dei
secoli passati dellintero Sulcis e per le vicende della citt di
Carbonia.
Linterno delledificio, costituito su quattro livelli da un sottopia-
no, un piano terra, un primo piano e un attico, attualmente allestito
in una minima parte per la pubblica fruizione. Infatti, ancora in
corso lopera di allestimento museale, che procede contestualmente
alle erogazioni finanziarie della Regione Sarda e che si prevede ter-
miner, almeno per il primo ampliamento progettato, nel corso del
1999. Il progetto completo dellallestimento prevede una dislocazio-
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ne e unarticolazione degli spazi destinati allesposizione diverse da
quella attuale. Questa si svilupper per tutto il piano terra, dove si
sta predisponendo anche una sala per le esposizioni temporanee,
mentre nel primo piano saranno collocati i servizi indispensabili al
funzionamento del Museo, cio i gabinetti fotografico e di restauro,
sala disegno e gli uffici della Direzione e dellAmministrazione. Il
piano seminterrato gi occupato dai magazzini destinati a contene-
re i copiosi materiali archeologici provenienti, come vedremo, da
scavi, da ricerche di superficie e da collezioni private.
Sottoposto ad una accurata opera di restauro e ad un allestimento
omogeneo, il Museo stato inaugurato il 18 dicembre del 1988.
Il progetto totale e definitivo vedr la realizzazione di un itinera-
rio articolato in varie sale che, secondo un ordine cronologico, con-
terranno la sezione prenuragica, quella nuragica, quella dedicata alla
civilt fenicia e punica, quella riguardante la civilt romana e, infi-
ne, i materiali appartenenti alle collezioni Doneddu e Pispisa.
Lesposizione attuale invece occupa unicamente la prima sala, per
altro abbastanza ampia, e, per una deliberata scelta di completezza
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Fig. 1 Civico Museo Archeologico Villa Sulcis. Ledificio.
illustrativa, ancorch parziale, comprende una selezione di materiali
che in seguito andranno a fare parte delle singole cinque sezioni
citate pi sopra.
Al contempo il Museo stato dotato recentemente di una stazione
multimediale con video sensibile al tatto, nella quale ampiamente
illustrato linsediamento di Monte Sirai. Si tratta di uno strumento di
considerevole valore scientifico e didattico, nel quale vi sono tutte le
notizie utili per una maggiore conoscenza della storia del sito, ivi
comprese quelle relative agli scavi pi recenti.
Il Museo Archeologico Comunale di Carbonia si pone quindi
come compendio ed integra il Museo Archeologico Comunale della
vicina SantAntioco. Infatti, se questultimo Museo essenzialmen-
te monografico ed illustra tutti gli aspetti storico-artistici della citt
di Sulcis, antico capoluogo politico e culturale della regione sulcita-
na nellarco di tempo compreso tra il 750 a.C. e il V sec. d. C., il
Museo di Carbonia fornisce un quadro degli innumerevoli insedia-
menti minori attivi in epoca contemporanea a quella del capoluogo.
Il Museo di Villa Sulcis offre inoltre importanti ed ampi elementi
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Fig. 2 Civico Museo Archeologico Villa Sulcis. Sala espositiva.
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Fig. 3 Civico Museo Archeologico Villa Sulcis. Pianta della sala espositiva.
per la conoscenza della preistoria e della protostoria del circondario,
ed anche significativi squarci di cultura materiale provenienti da
altre regioni dellisola.
A sinistra dellingresso dellunica sala del Museo esposta una
esauriente tabella cronologica, collocata alla sinistra di chi entra
nella sala espositiva, che gi di per s indicativa della ricchezza e
complessit culturale e cronologica delle testimonianze archeologi-
che del Sulcis e in particolare del territorio comunale di Carbonia.
Il percorso attualmente visitabile comprende una successione di
vetrine di due tipi: il primo di piccole dimensioni e interessa un
solo piano espositivo, il secondo invece pi grande ed occupa tutta
la parete con pi piani espositivi. Le vetrine sono disposte lungo i
lati della sala, divisa idealmente in due parti da una parete aperta al
centro, e sono corredate da alcuni tabelloni illustrativi che compren-
dono planimetrie e cartografia.
Le vetrine non hanno una numerazione progressiva e lallestimen-
to segue un ordine cronologico che presuppone la visita seguendo
un percorso in senso antiorario, a seguire dalla prima vetrina ubicata
a destra di chi entra nella sala.
Quantunque nel quadro della storia e degli studi relativi alle anti-
che vicende del territorio di Carbonia linsediamento di Monte Sirai
sia di indubbio interesse e come tale ampiamente noto, e quindi
siano particolarmente presenti materiali riferibili sia alla colonizza-
zione fenicia che alla successiva conquista cartaginese dellinsedia-
mento sul pianoro, gli oggetti esposti nel Museo, oltre a sottolineare
la realt dellinsediamento di Sirai, arricchiscono il quadro storico
del territorio. Ci indubbiamente completa e articola un quadro cul-
turale per molti aspetti insospettato, almeno per la maggior parte dei
visitatori e dei cosiddetti non addetti ai lavori che giungono nella
cittadina di Carbonia quasi sempre o quasi esclusivamente per visi-
tare linsediamento di Monte Sirai.
Quindi, oltre ai materiali riferibili agli scavi di Monte Sirai, gli
altri due nuclei espositivi pi consistenti del Museo sono rappresen-
tati dalle collezioni Doneddu e Pispisa. Si tratta di due interessanti e
cospicue raccolte, composte da oggetti cronologicamente e tipologi-
camente assai diversi tra di loro, rinvenuti in scavi archeologici o
recuperati pi o meno avventurosamente da scavi clandestini, oppu-
re frutto di raccolte di superficie effettuate durante decenni di ricer-
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che. Lorigine di tutti questi materiali prevalentemente di ambito
sulcitano, anche se non mancano materiali provenienti da altre loca-
lit della Sardegna, quali ad esempio lArborense.
La Collezione Doneddu composta da circa duecento oggetti
riferibili a diversi ambiti culturali e cronologici. Raccolti dal Prof.
Pietro Doneddu, un tempo anche Sindaco di Carbonia, alla sua
scomparsa i materiali sono stati donati al Museo dalla famiglia. Il
nucleo pi consistente della raccolta costituito dai materiali prove-
nienti dagli scavi effettuati da cercatori clandestini nella necropoli a
domus de janas della zona di Locci Santus, nel territorio comunale
di San Giovanni Suergiu, adiacente a quello di Carbonia. Si tratta di
reperti ascrivibili in buona parte alla cultura del vaso campaniforme,
posta tra il 2700 e il 1900 a.C. circa, e a quella di Bonnannaro, col-
locabile tra il 1900 e il 1600 a.C. circa, ma non mancano materiali
preistorici riferibili alla Cultura di Ozieri, compresa tra il 4000 e il
2700 a.C. circa. Nella Collezione vi sono inoltre numerosi reperti di
et nuragica, e alcune forme ceramiche appartenenti alla civilt feni-
cia e punica. Consistenti infine i materiali di et romana, suddivisi
tra il periodo repubblicano e quello imperiale. Della collezione
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Fig. 4 Riparo sotto roccia di Su Carroppu di Sirri. Lame di ossidiana.
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Fig. 5 Riparo sotto roccia di Su Carroppu di Sirri. Frammenti fittili con decorazione
cardiale.
fanno parte, ma non sono esposti, anche alcuni oggetti falsificati, sia
di terracotta che in metallo.
La collezione Pispisa, invece, si compone di circa mille oggetti di
provenienza prevalentemente sulcitana, oltre ad un migliaio di mone-
te. Raccolti da Vittorio Pispisa nella sua funzione di Ispettore
Onorario di una parte del Sulcis sempre per conto della
Soprintendenza Archeologica di Cagliari e Oristano, funzione esple-
tata per circa ventanni i materiali che la compongono sono frutto
di scavi archeologici, di recuperi di superficie e di ricerche personali.
Gli oggetti della collezione coprono un arco cronologico che dalla
preistoria giunge fino al medioevo e comprende esemplari in pietra,
in terracotta, in metalli preziosi e semipreziosi o vili, in pasta vitrea
e vetro, in avorio e osso. Le classi di materiali meglio rappresentate
sono costituite dalle ceramiche e dalle monete, puniche e romano-
imperiali, tra cui particolarmente pregevole per omogeneit e stato
di conservazione un tesoretto composto da oltre 850 medi bronzi
ascrivibili a zecca punica di Sardegna, rinvenuto nel basso
Oristanese; significativi, per qualit e quantit, i gruppi di materiali
rinvenuti a Monte Sirai, Bitia e Sulcis.
Il percorso museale inizia immediatamente a destra dellingresso
alla sala, dove collocata la prima vetrina del tipo piccolo. Sulla
parete soprastante sono visibili la carta archeologica del territorio
comunale, con lindicazione dei rinvenimenti pi significativi, la
planimetria della tomba preistorica n. 1 della localit di Monte
Crobu e la pianta del nuraghe Sirai.
Nella vetrina sono esposti oggetti in pietra e in terracotta del
Neolitico Antico, compreso tra il 6000 e il 4700 a.C. circa, prove-
nienti in particolare dal riparo sotto roccia di Su Carroppu di Sirri,
presso Carbonia. Fra questi materiali litici vi sono numerosi microli-
ti geometrici in ossidiana, cio strumenti di piccole e talvolta mini-
me dimensioni per uso quotidiano, fra i quali si possono riconoscere
bulini, raschiatoi, lame e punte di freccia di varia foggia.
Tra gli oggetti in ceramica, purtroppo tutti in frammenti, si posso-
no individuare vari tipi di contenitori, tra i quali scodelle, pentole,
ciotole, tutti realizzati a mano con impasti grossolani e con superfici
Vetrina 1
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Fig. 6 Tomba n. 1 di Monte Crobu. Vaso a cestello di cultura San Michele.
Fig. 7 Tomba n. 12 di Cannas di Sotto. Corredo fittile.
di colore bruno e chiazze nerastre. Tutte queste ceramiche sono
caratterizzate dalle decorazioni delle superfici con motivi impressi,
talora ottenuti imprimendo sulla argilla ancora molle del vaso lorlo
di una valva di conchiglia del genere Cardium edule. Completano
lesposizione della prima vetrina i resti di Prolagus Sardus, piccolo
roditore, forse una sorta di piccolo coniglio, oggi apparentemente
estinto, e un esemplare di grossa conchiglia usata forse come conte-
nitore o come strumento musicale, della specie Triton Nodiferus.
Sono visibili anche tre puntali in osso, assai ben levigati e con le
estremit appuntite, pertinenti allambito culturale di Bonu Ighinu,
del Neolitico Medio, che si colloca tra il 4700 e il 4000 a.C. circa,
provenienti dallanfratto di Coderra presso Carbonia.
Litinerario prosegue con losservazione delle vetrine successive,
dalla seconda alla quinta. Queste vetrine, appartenenti alla tipologia
maggiore, sono allineate tra loro e sono sistemate lungo la parete
antistante lingresso alla sala e la prima vetrina descritta. Le vetrine
contengono materiali fittili, litici e in osso di epoca preistorica e pro-
tostorica, di varia provenienza, ma rinvenuti in buona parte in conte-
sti funerari e abitativi, allaperto o in grotta.
La seconda vetrina, posta accanto alla finestra, contiene materiali
provenienti da due domus de janas, che sono rispettivamente la
Tomba 1 di Monte Crobu e la Tomba 12 di Cannas di Sotto, a
Carbonia. Gli ambiti cronologici sono quelli compresi tra il
Neolitico Recente e il Calcolitico Iniziale (circa 4000-2700 a.C.).
Della prima domus de janas sono esposti alcuni recipienti fittili
appartenenti alla cultura di San Michele di Ozieri (3500-2700 a.C.),
tra cui alcuni vasi con carena, tazze, vasi a cestello, ciotole, vasi glo-
bulari a colletto, vasi tripodi, ricomposti e in frammenti, talvolta con
superfici lisce, talaltra ornati nelle superfici con le tipiche decora-
zioni incise o impresse.
I materiali della domus de janas di Cannas di Sotto sono invece
costituiti da ceramiche in frammenti, ma ricomposte , tra cui alcuni
vasi a cestello, tripodi, tazze con vasca carenata e ciotole emisferi-
che. Completano il corredo alcuni materiali litici tra i quali si segna-
lano due piccozze. Inoltre, sono visibili una testa di mazza, un fram-
Vetrina 2
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Fig. 8 Tomba 12 di Cannas di sotto.Statuina fittile femminile dalla prima cella.
mento di macina, tre punte di freccia in selce e in ossidiana e, infine,
alcune conchiglie, un vago di collana e uno spillone in osso.
Notevole per la sua rarit una statuina fittile femminile in posizio-
ne stante, resa in modo sommario ma comunque esauriente nei tratti
salienti del corpo. Il contesto culturale di questa sepoltura sembra
fare riferimento al Neolitico Recente-Primo Calcolitico (circa 3500-
2700 a.C.), con la data pi bassa da attribuire alla statuina fittile.
Allinterno della vetrina visibile un piccolo pannello illustrativo
che ricostruisce graficamente alcune forme ceramiche esposte in
frammenti.
La terza vetrina espone numerosi materiali fittili e litici di varia
provenienza e di ambiti culturali che vanno dal Neolitico Recente -
Calcolitico Iniziale alla Prima Et del Ferro. Dalla grotta A.Ca.I.
(Azienda Carbonifera Italiana), presso Carbonia, provengono mate-
riali ceramici di Cultura sub-Ozieri (circa 3200-2700 a.C.), tra i
quali un frammento di vaso globoide decorato a denti di lupo trat-
teggiati e contrapposti, frammenti di tripodi decorati ad incisione,
uno a denti di lupo sotto lorlo, con una coppella e linee parallele e
Vetrina 3
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Fig. 9 Grotta A.Ca.I. Fram-
mento di tripode decorato
a denti di lupo.
verticali incise sul piede, laltro con un motivo a chevrons sul corpo
e sul piede, dei quali un pannello illustra le forme intere ricostruite.
Vi sono poi un frammento di tegame, unansa a tunnel e vari fram-
menti di scodelle.
Sempre dalla grotta A.Ca.I, ma di una fase culturale posteriore, e
pi precisamente della cultura di Monte Claro (tra il 2700 e il 2200
a.C. circa), provengono numerosi frammenti ceramici di colore noc-
ciola brunastro, con pareti ben levigate e superfici non decorate. Un
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Fig. 10 Grotta di Baccu Arrus. Vaso nuragico biansato.
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Fig. 11 Collezione Doneddu. Idolo in pietra dalla necropoli di Locci Santus.
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Fig. 12 Collezione Doneddu. Corredo della Tomba 5 della necropoli di Locci santus.
Fig. 13 Collezione Doneddu. Corredo della Tomba 5 della necropoli di Locci Santus.
solo frammento ha la tipica decorazione con scanalature, mentre le
forme sono quelle proprie dei dolii, delle scodelle, etc.
Dal villaggio preistorico di Barbusi provengono materiali cerami-
ci in frammenti, tra i quali si possono riconoscere quelli pertinenti a
tazze, scodelle, tegami e tripodi, accompagnati da un pannello grafi-
co nel quale sono ricostruite le forme. Si tratta di reperti tutti esegui-
ti con impasto grossolano, talvolta decorati a impressione e incisio-
ne con i motivi caratteristici della cultura di San Michele di Ozieri.
Inoltre, vi sono piccole punte di freccia peduncolate e perforatoi in
ossidiana, nonch un macinello litico. Da notare anche alcuni grumi
di argilla con impresse le tracce di frasche, forse pertinenti alla
copertura delle capanne. Anche in questo caso un pannello grafico
presenta la ricostruzione di alcune forme ceramiche.
Al Bronzo Finale e alla prima Et del Ferro, quindi tra il 1150 e il
750 a.C. circa, vengono datati i frammenti di recipienti fittili rinvenu-
ti presso il nuraghe Sirai. Si tratta di frammenti riferibili a grosse olle
e di anse facenti parte di brocche askoidi; anche in questo caso viene
presentato un pannello grafico che fornisce la ricostruzione di alcune
forme ceramiche. Infine, sempre nella terza vetrina sono esposti due
vasi tripodi parzialmente conservati, provenienti dal gi citato riparo
di Coderra, presso Carbonia. I due vasi sono inquadrabili nella cultu-
ra di Bonnannaro, cio nel Bronzo Antico (1900-1600 a.C. circa).
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Fig. 14 Collezione Doneddu.
Vaso campaniforme dalla
necropoli di Locci Santus.
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Fig. 15 Collezione
Doneddu. Vaso
campaniforme dalla
necropoli di Locci
Santus.
Fig. 16 Collezione Doneddu. Vasi dalla necropoli di Locci Santus.
Nella quarta vetrina sono presenti quattro grossi vasi a colletto
provenienti dalla grotta di Baccu Arrus. Si tratta di contenitori a
forma ovoide, ciascuno con due caratteristiche anse a gomito rove-
scio impostate sulla pancia. I vasi, inquadrabili nellambito del
Bronzo Finale (1150-X sec. a.C. circa), erano destinati probabilmen-
te alla conservazione dei cereali.
La quinta e la sesta vetrina contengono una scelta di materiali
provenienti dalla collezione Doneddu, disposti in ordine cronologi-
co. In particolare, nella quinta sono visibili materiali fittili e litici di
svariate provenienze, tra cui risultano di estremo interesse i corredi
funerari delle tombe a domus de janas 5 e 9 di Locci Santus, localit
ubicata come detto nel territorio di San Giovanni Suergiu. I materia-
Vetrina 5
Vetrina 4
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Fig. 17 Collezione Doneddu. Brassard campaniforme dalla necropoli di Locci Santus.
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Fig. 18 Collezione Doneddu. Necropoli di Locci santus. Vaso campaniforme.
Fig. 19 Collezione Doneddu. Corredo della Tomba 9 della necropoli di Locci Santus.
li, provenienti da scavi effettuati da cercatori clandestini, sono
inquadrabili in ambito Campaniforme, cio nellEneolitico (2700-
2200 a.C. circa) e nella cultura di Bonnannaro (1900-1600 a.C.
circa), quindi fino alla media Et del Bronzo.
Pi in dettaglio, dalla Tomba 9 provengono alcune forme vascola-
ri di tipo campaniforme, tra cui il caratteristico vaso eponimo a cam-
pana da cui deriva il nome della cultura, il tripode, la ciotola e la
scodella ombelicata. Alcuni recipienti presentano le superfici polite
e levigate, altri sono decorati con motivi incisi a zigzag o con linee o
fasci di linee oppure file di cerchi impressi. Le tecniche utilizzate
sono quelle dellimpressione a pettine, dellincisione semplice o con
puntinato impresso nel solco inciso.
Anche dalla Tomba 5 provengono vasi appartenenti sia alla cultu-
ra Campaniforme che a quella di Bonnannaro. Tra i primi si possono
notare due forme carenate, una delle quali decorata con incisioni a
zigzag e a fasci di linee, mentre tra i secondi sono visibili vasi tripo-
di con numerose varianti che comprendono la vasca liscia o carena-
ta, la presenza o meno di anse o di presine sulla carena o sullorlo.
Uno dei tripodi presenta lorlo decorato da cinque appendici, mentre
un altro ha cinque piccole prese lungo la carena. Inoltre, sono visibi-
li anche una grossa tazza con risalto interno e una tazza su alto
piede.
Dalla stessa necropoli di Locci Santus provengono anche altri
interessanti oggetti, inquadrabili nellEneolitico (2700-1900 a.C.
circa). Tra questi fa spicco un idolo ogivale in pietra sul quale sono
visibili leggeri cenni di lavorazione che definiscono in modo som-
mario i tratti del volto. Vi sono inoltre alcune incisioni a quadrango-
lo aperto sul petto, mentre sul dorso sono indicate la capigliatura e
due incisioni sottostanti. Si tratta di un idolo che trova confronti
abbastanza precisi con analoghi esemplari di statue-menhir rinvenu-
te sia in Sardegna che nel Mid francese.
Inoltre, sempre nella stessa vetrina vi sono un vasetto dimpasto
inornato e un vaso campaniforme riccamente decorato da linee a
zigzag e chevrons, ottenuti con linee puntinate. Tutta la decorazione
incisa messa in risalto con linserzione di pasta bianca.
Interessante risulta anche un brassard (bracciale da arciere) ogget-
to caratteristico della cultura Campaniforme che presenta le estre-
mit fornite di scanalature, destinate ad alloggiare i lacci utilizzati
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Fig. 20 Collezione Doneddu. Anfora
fenicia.
Fig. 21 Collezione Doneddu. Brocca
biconica.
Fig. 23 Collezione Doneddu. Brocca
di et romana.
Fig. 22 Collezione Doneddu. Brocca
con orlo a fungo.
per assicurarlo al polso.
Sono da segnalare un vaso e due tazze, tutti provvisti di carenatu-
ra, e una sequenza di tripodi, scodelle e piccoli vasi dimpasto,
inquadrabili nel Bronzo Antico.
Infine, sono visibili un vaso globulare del tipo a colletto, alcuni
vasetti miniaturistici dimpasto, che imitano i modelli in grandezza
naturale, e alcune teste di mazza, tutti di et nuragica.
La sesta vetrina contiene materiali di et fenicia, punica e romana.
Si noteranno unanfora commerciale fenicia di produzione occiden-
tale, forse di Sardegna, destinata probabilmente al trasporto del
vino. Il recipiente integro e presenta lorlo arrotondato e le anse
impostate sulla spalla e sulla parte superiore della pancia. Databile
tra il 725 e 675 a.C., in virt del suo stato di conservazione, eccezio-
nale per il tipo di recipiente, lanfora potrebbe provenire da una
necropoli. Accanto sono visibili una brocca di tipo biconico con orlo
bilobato e una brocca con orlo a fungo, sempre appartenenti alla
civilt fenicia. Anche in questo caso si tratta di vasi databili attorno
al 625 a.C. circa, di probabile provenienza funeraria. Sempre della
stessa origine e di ambiente arcaico unolpe etrusca in bucchero
nero, databile tra il 625 e il 600 a.C. Tutti questi materiali, assieme
al piatto punico ombelicato, decorato sulla faccia superiore con ver-
nice rossa e databile tra il 350 e il 300 a.C., probabile provengano
dalla necropoli fenicia e punica dellantica Bitia, attuale localit
Torre di Chia, frazione del Comune di Domus de Maria.
Di et romano-repubblicana, verso il 200 a.C., sono una coppa e
un piatto, entrambi in vernice nera, e un unguentario fusiforme.
Relativi allet imperiale sono invece unampolla e alcuni unguenta-
ri in vetro, due piccole brocche, una coppa in terra sigillata africana
e due pentole. A questi si aggiungono unanfora e due brocche con
decorazione sovradipinta, inquadrabili tra il II e il III sec. d. C.
Vetrina 6
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Fig. 24 Collezione Pispisa. Accette litiche.
Fig. 25 Collezione Pispisa. Macine e pestelli.
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Fig. 26 Collezione Pispisa. Stele dal tofet di Sulcis
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Fig. 27 Collezione Pispisa. Stele dal tofet di Sulcis.
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Fig. 28 Collezione Pispisa. Reperti fittili di epoca punica.
Le successive tre vetrine, dalla settima alla nona, sono occupate
da unampia scelta di pezzi provenienti dalla Collezione Vittorio
Pispisa, disposti secondo un ordine cronologico e per classi di mate-
riali.
Passando ad una descrizione pi dettagliata, la settima vetrina
contiene materiali di et preistorica e protostorica, di varia prove-
nienza, che, a partire dal Neolitico Medio, giungono fino allet
nuragica. Al Bronzo Antico (1900-1600 a.C. circa) fanno riferimen-
to alcune forme ceramiche dimpasto, tra cui alcune tazze, un vaso
tripode, varie scodelle e tazze carenate. Quindi sono visibili due pic-
cole accette in pietra levigata e due interessanti frammenti di cera-
mica ascrivibili alla cultura Abealzu-Filigosa e Bonu Ighinu, rispet-
tivamente dellEneolitico Antico (3200-2700 a.C. circa) e del
Neolitico Medio (4700-4000 a.C. circa). Il primo frammento riporta
una decorazione graffita con motivi a zigzag, mentre il secondo
decorato con una serie di linee graffite e di punti impressi.
Al Neolitico Recente (4000-3200 a.C. circa) viene attribuito un
bastoncino in osso accuratamente lavorato con una decorazione
costituita da una serie di zigzag incisi a fasci paralleli, secondo una
sintassi decorativa tipica della cultura di San Michele di Ozieri. Il
vago di collana in osso lavorato a tortiglione doveva invece far parte
di un corredo sepolcrale della cultura del Vaso Campaniforme.
Numerosi i recipienti di et nuragica, tutti dimpasto, tra i quali
alcune ciotole, vari piccoli vasi a colletto e piccole tazze, una grossa
olla e uno scodellone, tutti provenienti da numerosi nuraghi della
regione sulcitana e dalla grotta di Su Benatzu, ubicata nel territorio
di Santadi. Inoltre, da questultima grande cavit, nella quale alla
fine degli anni 60 stato rinvenuto da cercatori clandestini, pratica-
mente intatto, un deposito sacro di et nuragica, proviene una picco-
la olla con anse a bugne, ancora inglobata nella concrezione calcarea
allinterno della quale stata rinvenuta. Sempre di et nuragica e
provenienti dallarea sulcitana, tra cui i nuraghi Sirai e Fregata e il
villaggio nuragico di Meurras, presso Tratalias, sono due macine
con i rispettivi pestelli, tre asce-martello e tre teste di mazza.
Vetrina 7
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Fig. 29 Collezione Pispisa.
Brocca con orlo a fungo di et
punica.
Fig. 30 Collezione Pispisa.
Lucerna e supporto di et
punica.
Lottava vetrina contiene materiali di et fenicia e punica, per la
maggior parte provenienti dalla necropoli ipogea punica e dal tofet di
SantAntioco. Innanzitutto, da questo santuario provengono due pic-
cole stele votive in calcare, una delle quali spezzata ma conserva la
raffigurazione di un ariete passante, sovrastato dal disco solare e
dalla falce lunare con apici volti verso il basso. Laltra stele, pratica-
mente intatta, presenta unedicola con timpano e contiene la raffigu-
razione di un personaggio femminile stante, di prospetto, vestito con
un mantello e con le mani al petto che sorreggono un disco. Si tratta
evidentemente di due caratteristici esemplari della produzione lapi-
dea sulcitana, che possono essere collocati nel corso del III sec. a.C.
Accanto alle due stele di Sulcis vi unurna cineraria con un piat-
to che funge da coperchio: entrambi i reperti provengono dal tofet di
Bitia e sono databili tra il 600 e il 550 a.C.
Sempre nella stessa vetrina sono esposte numerose forme cerami-
che di varia cronologia, rinvenute soprattutto nellantica Sulcis: si
Vetrina 8
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Fig. 31 Collezione Pispisa. Reperti fittili di et romana.
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Fig. 32 Collezione Pispisa. Lucerne fittili di et romana.
Fig. 33 Coppa e calice in vetro di et tardo romana.
tratta prevalentemente di vasi chiusi e per lo pi di uso funerario.
Tra questi vasi sono da notare alcune piccole brocche con orlo circo-
lare, altre con bocca trilobata e con orlo a fungo, sia di epoca fenicia
che punica. Considerevoli alcuni sostegni circolari porta lucerne sor-
reggenti le rispettive lucerne con due becchi, piatti ombelicati puni-
ci, anfore puniche con rigonfiamento sul collo. Numerosi recipienti
presentano decorazioni a fasce di linee bianche e nere, tipiche della
produzione vascolare sulcitana.
Nella nona vetrina sono esposti materiali fittili e in vetro di epoca
compresa tra let nuragica e quella altomedievale. In particolare, a
questo periodo e pi precisamente tra il VI e il VII sec. d. C. si data-
no le due brocche a pasta chiara, una a bocca trilobata, laltra con il
collo e la pancia marcati da scanalature orizzontali. Ad un periodo
riferibile ad et romana imperiale si attribuiscono invece due patere,
un tegame della classe nota come patina cinerognola e unurna
biansata.
Vetrina 9
37
Fig. 34 Monte Sirai. Necropoli fenicia. Corredo della Tomba 2.
Del periodo romano repubblicano sono invece un askos e una
coppetta a vernice nera, due unguentari fusiformi e due coppette a
pasta arancione che imitano forme di ceramica a vernice nera. Di
epoca leggermente pi tarda perch gi di et imperiale sono il boc-
caletto monoansato, decorato con unghiature, la tazza monoansata e
la piccola brocca a pancia globulare. Questi ultimi due recipienti
provengono da un corredo tombale rinvenuto in agro di Terralba e
databile al II sec. d. C.
Assai nutrita la scelta di lucerne fittili esposte nella vetrina: essa
rappresenta quasi un repertorio cronologico e comprende quattro
lucerne a disco con specchio liscio o decorato, databili tra la secon-
da met del I e il III sec. d. C. Seguono poi una lucerna in terra sigil-
lata africana di et imperiale e unesemplare privo di ansa e di becco
con superfici bianco-verdastra di et altomedievale. Da segnalare
otto lucerne di et nuragica nella caratteristica forma a barchetta e
tre lucerne a vernice nera di produzione attica o di imitazione, data-
bili queste ultime tra la fine del V e il primo quarto del III sec. a.C.
Concludono la rassegna due lucerne a due becchi di et punica, e pi
precisamente del IV sec. a.C., e tre a tazzina, sempre di et punica,
38
Fig. 35 Collezione Pispisa. Brocche di et alto medievali.
39
Fig. 36 Monte Sirai. Necropoli fenicia. Collana della Tomba 2.
ma assai tarda e di certo non precedente al II sec. a.C.
Completano lesposizione e concludono i materiali relativi alla
Collezione Pispisa alcuni pesi fittili di et romana, comunemente
noti come pesi da telaio, e una coppa e un calice in vetro, di et tar-
doromana, pertinenti ad un corredo tombale rinvenuto nellagro di
San Pantaleo, in prossimit di Santadi.
La decima vetrina contiene i corredi tombali provenienti dalla
necropoli fenicia di Monte Sirai, esplorata tra il 1981 e il 1987.
Vetrina 10
40
Fig. 37 Collezione Pispisa.
Anelli crinali in oro.
Fig. 38 Collezione Pispisa. Scarabeo. Fig. 39 Collezione Pispisa . Anello in
oro.
Dalla tomba fenicia a incinerazione n. 2, raffigurata graficamente
nel pannello illustrativo, provengono cinque vasi di corredo, costi-
tuiti da una brocca biconica con orlo bilobato, una brocca con orlo a
fungo, due piatti ombelicati e una coppa carenata. Per quanto riguar-
da le due brocche, queste forme vascolari erano di esclusivo uso
funerario, ed erano usate per ungere i corpi dei defunti. Il corredo
personale composto invece da una collana con tre amuleti in steati-
te e da grani e pendenti in vetro e pasta vitrea. La tomba databile
nella seconda met del IV secolo, e pi esattamente attorno al 540-
530 a.C.
La Tomba n. 32, anchessa a incinerazione e illustrata in un appo-
sito pannello grafico, conteneva i resti di una donna posta sul rogo
funebre probabilmente assieme al suo bambino, e forse appunto per
questo presenta un corredo assai pi articolato. Si possono notare
due brocche biconiche con orlo trilobato, due brocche con orlo a
fungo, unurna monoansata con falso versatoio, una spiana che con-
serva nellargilla limpronta di alcuni semi di uva, un kernos o cande-
labro a sette becchi e un piatto ombelicato. A questi vasi, tutti di fab-
brica fenicia, si aggiungono una coppa e unolpe in bucchero grigio,
entrambe forse di produzione etrusca che imita oggetti di origine
greco-orientale. Il corredo personale della defunta costituito da una
collana con vaghi in pasta vitrea e argento e da un orecchino in oro
del tipo a sanguisuga. Sulla base del confronto comparato dei mate-
riali conservati, la tomba databile tra il 590 e il 570 a.C.
Lundicesima vetrina contiene i materiali provenienti dai corredi
funebri delle tombe ipogee nn. 10 e 12 della necropoli punica di
Monte Sirai, che sono state esplorate rispettivamente nel 1963 e nel
1965. La pianta di queste due camere illustrata da due pannelli
grafici. Per quanto riguarda i materiali esposti, si tratta di una nutrita
scelta di forme chiuse, tra cui i tipici contenitori di uso sepolcrale,
tra i quali le brocche bilobate e le brocche con orlo a fungo. Accanto
a queste si possono notare brocche con bocca circolare, anfore con
collo carenato, anfore con anse a rocchetto e due piatti ombelicati.
Per quanto riguarda le decorazioni dei vasi, sono presenti linee e
Vetrina 11
41
42
Fig. 40 Collezione Pispisa. Vaghi di collana.
43
Fig. 41 Collezione Doneddu. Accetta litica e pugnale in bronzo.
Fig. 42 Collezione Doneddu. Brassard.
44
Fig. 43 Collezione Doneddu. Collane in denti forati e conchiglie.
Fig. 44 Monte Sirai. Urne e coperchio dal tofet.
fasce in vernice nera o bianca su fondo rossastro. Il considerevole
numero di oggetti rinvenuti in queste tombe testimonia luso prolun-
gato degli ipogei, durato lungo larco di alcuni secoli. Ci senza
dubbio comportava laccantonamento dei corredi pi antichi per far
posto a quelli delle deposizioni pi recenti. La ceramica vascolare
contenuta nella vetrina si data tra il 520 e il 300 a.C.
Lesposizione si conclude con due vetrine del tipo piccolo, dispo-
ste alla sinistra della porta che in seguito condurr alle altre sale
espositive del Museo. Tra le due vetrine sono esposti tre pannelli
riguardanti gli scavi di Monte Sirai e raffiguranti in particolare le
planimetrie dellacropoli e dellarea delle due necropoli. Accanto a
queste vi la pianta del cosiddetto mastio.
La dodicesima e penultima vetrina contiene ancora materiali della
Collezione Pispisa: si tratta soprattutto di oggetti ornamentali riguar-
danti diverse epoche e differenti culture. Appartengono allet prei-
storica alcuni elementi di collana in osso, un ago, un punteruolo e un
puntale; riferibili al periodo punico sono alcuni gioielli, tra i quali
cinque vaghi sferici di collana in pasta vitrea detti occhi di Iside,
due scarabei in diaspro verde, che costituivano i sigilli dei rispettivi
proprietari, e due anelli in oro, uno dei quali con castone circolare e
laltro con una fascia piatta. Sempre ascrivibili al mondo punico
sono tre orecchini a sanguisuga, utilizzati per fermare le trecce,
numerosi amuleti in osso, in pasta silicea, in pasta talcosa e in vetro,
tutti con raffigurazioni tratte dal repertorio egittizzante. Infine sono
visibili alcuni bottoni in osso, forati e non, provenienti da tombe
puniche dellarea sulcitana e con ogni probabilit da quelle di
Sulcis.
Completano lesposizione tre collane composte da vaghi colorati
in vetro, una delle quali con vago centrale in corniola proveniente da
una tomba di et tardoromana rinvenuta nellagro di San Pantaleo.
Conclude lesposizione della vetrina una coppia di pendenti ellittici
in argento con terminazioni a globetti sfaccettati, anchessi parte del
corredo della suddetta tomba di San Pantaleo.
Vetrina 12
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Nella tredicesima e ultima vetrina sono esposti materiali prove-
nienti dalla Collezione Doneddu, tra i quali numerosi manufatti litici
e in metallo, quasi tutti ascrivibili genericamente allet preistorica.
Da segnalare tra gli altri oggetti una piccola punta di freccia in ossi-
diana, tre lame di coltello in selce, un pugnaletto in rame, una accet-
tina e una fusaiola, probabilmente di et nuragica.
Di particolare interesse risultano tre collane ricomposte e formate
da pezzi di conchiglie e da denti forati. Seguono poi alcuni elementi
di collana in conchiglia, in osso e in pietra, una armilla in bronzo, un
anellino in argento, una lesina in rame, alcune lame di coltello in
selce e infine un brassard (bracciale da arciere) appartenente alla
cultura del Vaso Campaniforme. Infine, sono da notare un piccola
accetta in pietra levigata e un piccolo pugnale in bronzo con lama a
foglia costolata.
Sul fondo della sala espositiva stata temporaneamente allestita
una ricostruzione ideale del tofet di Monte Sirai, ricavata in uno
stretto vano e comprendente alcune stele e urne rinvenute durante
gli scavi effettuati nellarea sacra tra il 1980 e il 1985. Si tratta della
presentazione ipotetica di alcune deposizioni del tofet di Monte
Sirai, in uso tra il 350 e il 110 a.C. circa, nella quale sono esposte le
urne con i rispettivi coperchi, relative ai due differenti livelli duso,
assieme ad alcune stele.
Le urne sono fondamentalmente di due tipi, entrambi riconducibi-
li ad una forma ceramica di uso domestico, cio la pentola da cuci-
na. Il tipo pi antico presenta il corpo globulare schiacciato e lorlo
rettilineo e verticale, diviso dal corpo tramite un solco netto. Le anse
sono impostate verticalmente sulla spalla e sulla pancia. Il tipo pi
recente invece ha orli obliqui verso lesterno associati a risalti inter-
ni adatti a trattenere il coperchio, mentre le anse risultano impostate
orizzontalmente sulla spalla. I coperchi di entrambi i tipi sono costi-
tuiti in prevalenza da piatti con ombelico, da piccoli piatti con piede
ad anello e talvolta da coppe, ma, soprattutto per quel che riguarda
la fase pi recente, non mancano i coperchi veri e propri provvisti di
bottone di presa.
Le stele sono tutte scolpite in una pietra calcarea che proviene da
cave dellarea di Monte Sirai, situate presso gli abitati di Matzacara
e Paringianu e sono prevalentemente del noto tipo ad edicola, con i
Vetrina 13
46
coronamenti piatti di tipo egittizzante e triangolari di tipo ellenisti-
co. In due soli casi le stele sono prive di raffigurazione, mentre nei
restanti tre esemplari presentano unedicola con allinterno un per-
sonaggio maschile stante, che in un caso vestito con un lungo
mantello. Si tratta di una produzione artistica locale che, pur deri-
vando per stile e per caratteri dalla vicina Sulcis, non raggiunge i
livelli di elaborazione sviluppati dal capoluogo.
47
Il territorio
Come si potuto notare, i materiali esposti nel Museo di Villa
Sulcis provengono da numerosi insediamenti. Alcuni di questi sono
situati nelle vicinanze pi o meno immediate di Carbonia, mentre
altri sono assai distanti e privi di uno stretto rapporto territoriale.
Passando ad un breve esame dei singoli insediamenti, sar opportu-
no un ordine cronologico, rispettando i criteri che hanno governato
lesposizione dei materiali.
Il primo e pi antico insediamento del territorio di Carbonia il
ben noto riparo sotto roccia di Su Carroppu, ubicato nei pressi della
localit di Sirri. Si tratta di una cavit naturale, creata dallo scorri-
mento di acque, il cui nome ha il significato di inghiottitoio. La
grotta ha ospitato un antico insediamento relativo ad una fase com-
presa tra il 6000 e il 3500 e si pone quindi tra i principali siti di
Sardegna relativi a questo particolare periodo.
Sempre del territorio comunale di Carbonia fa parte la localit di
Coderra. Questo toponimo significa coda della terra e quindi pro-
babilmente allude alla fine dei rilievi che si innalzano a sud-ovest di
Carbonia e lambiscono la piana di San Giovanni Suergiu. In questa
localit sono situati alcuni anfratti naturali, modellati e scavati nella
trachite dallazione combinata del vento e della pioggia. Queste
cavit in et neolitica erano utilizzate come sepolture, come indica-
no chiaramente i materiali rinvenuti.
Non molto distante dalla localit di Coderra si erge il Monte
Crobu. In questo luogo, il cui nome lo indica frequentato da corvi,
sono ubicate alcune domus de janas, scavate nel versante del monte
che si affaccia verso sud-ovest. Una sola tomba di questa necropoli
stata esplorata con moderni criteri scientifici. Si tratta della Tomba
I, utilizzata nel III millennio a. C., che stata scavata secondo uno
schema architettonico particolarmente interessante. Lingresso alla
tomba si apre sul fondo di un ampio corridoio imbutiforme e con-
sente laccesso ad una prima camera di forma semicircolare. Segue
poi una ulteriore camera in asse con lingresso, su cui lati si aprono
cinque nicchioni. In queste cellette dovevano essere deposti i
defunti. La struttura complessa di questa tomba non ha riscontri
analoghi nella regione sulcitana e si richiama alle tipologie delle
domus de janas presenti nella Sardegna settentrionale.
48
La stessa citt di Carbonia ospita in un quartiere del centro abitato
una vasta necropoli di domus de janas. Infatti, nella localit denomi-
nata Cannas di Sotto, un mammellone roccioso che sorge sulla riva
sinistra del Riu Cannas, sono visibili numerose tombe relative al III
millennio a. C. Gli ipogei sono del tipo pi diffuso nella Sardegna
meridionale, composto da uno stretto ingresso a pozzo che si apre su
due piccole camere allineate, fornite di nicchie laterali. Per il
momento lo scavo arcneologico ha interessato una sola sepoltura,
ma la necropoli certamente vasta, come dimostrano alcuni ipogei
ancora inesplorati e una tomba distrutta da lavori edilizi.
Sempre ascrivibili al III millennio a. C. sono le tracce di un vil-
laggio ubicato sulla riva sinistra del Riu Flumentepido. Lagglome-
rato di capanne sorge in prossimit dellattuale abitato di Barbusi,
frazione a nord di Carbonia. Le tracce visibili riguardano alcune
pavimentazioni di capanne che conservano gli antichi focolari e
numerosi reperti soprattutto stoviglie relativi alla vita quotidia-
na. Ai lati dei fondi di capanne vi sono le tracce dei pali che sostene-
vano la copertura, mentre ad una fase leggermente pi tarda appar-
tengono i materiali trovati allinterno della Grotta Italiana. Si tratta
di una cavit naturale utilizzata dalle popolazioni che abitavano il
territorio tra la seconda met del III e i primi secoli del II millennio
a. C. Le tracce di vita nella grotta suggeriscono che questa fu usata
sia come abitazione che come sepoltura.
Alla fase ormai declinante della civilt nuragica, e dunque ad un
periodo compreso negli ultimi due secoli del II millennio a. C.,
attribuibile la frequentazione della grotta di Baccu Arrus che si apre
nella localit di Cannas di Sopra. Come suggerisce il nome Baccu
ha il significato di valle la grotta si apre su un versante del vallon-
cello percorso appunto dal Riu Baccu Arrus, un affluente del Riu
Cannas. Lanfratto, ubicato in prossimit di una torre nuragica,
doveva essere utilizzato come ripostiglio dagli abitanti del luogo che
facevano riferimento a quelledificio. Data la natura degli oggetti
rinvenuti nella grotta cinque grandi ziri possibile che questa
fosse utilizzata come silo per la conservazione dei cereali.
Il monumento nuragico pi imponente del territorio comunale di
Carbonia costituito dal Nuraghe Sirai. L edificio sorge a occidente
della citt e, come suggerisce il suo stesso nome, a sud della collina
di Monte Sirai, che lo protegge dallo spirare del maestrale. Il nura-
ghe, ancora oggi di dimensioni pi che considerevoli, composto da
49
una torre principale e da altre quattro torri minori, disposte attorno
alla maggiore secondo i punti cardinali. Un grande villaggio, formato
da capanne circolari, si dispone attorno al monumento, soprattutto
nel versante meridionale. La torre era stata eretta per controllare il
transito lungo lantica strada costiera, che lambiva le pendici occi-
dentali di Monte Sirai. Il nuraghe ben visibile dallattuale strada
statale, che corre lungo il fianco orientale di Monte Sirai e che con-
giunge Carbonia a SantAntioco, ed raggiungibile attraverso una
strada di campagna che si apre in prossimit del mattatoio comunale.
Il monumento pi noto, pi vasto e complesso del territorio
comunale di Carbonia costituito dallinsediamento di Monte Sirai.
La citt di Monte Sirai si pone come strumento fondamentale ai fini
di una maggiore conoscenza della civilt fenicia e punica poiche il
centro abitato, completo in ogni sua componente, privo di sovrap-
posizioni pi tarde. Dopo il suo abbandono nel 100 a. C., nulla
venuto a sconvolgere o a mutare in modo sia pure minimo la struttu-
ra urbanistica del luogo.
Linsediamento di Monte Sirai composto da tre grandi settori,
che sono i fulcri scientifici e turistici. Il principale costituito
dallabitato, che occupa la parte meridionale della collina. Nella col-
lina settentrionale invece situato il tofet: questo il luogo sacro nel
quale erano sepolti con particolari riti i corpi bruciati dei bambini
nati morti o defunti in tenera et. Lultimo settore costituito dalle
due necropoli, collocate nella valle che separa labitato dal tofet. Si
tratta di una necropoli fenicia a incinerazione, della quale sono visi-
bili unicamente delle fossette sul piano di tufo, e di una necropoli
punica a inumazione formata da tombe sotterranee.
Infine, in prossimit dellingresso allarea, vicino al luogo di
ristoro, sono le tracce di alcuni pavimenti di capanne del III millen-
nio a. C. e i resti di un santuario di tipo agreste, attribuibile ad epoca
tardo-punica.
Il centro di Monte Sirai nasce attorno al 725 a. C. come abitato
civile e risulta particolarmente importante perch situato lungo la
via costiera, alla confluenza con la valle del Campidano. Attorno al
540 a. C. Cartagine decise di impadronirsi dellisola, ma una coali-
zione di citt fenicie, tra le quali certamente Sulcis e Monte Sirai, si
oppose alle sue mire espansionistiche. Pochi anni dopo Cartagine
invi in Sardegna un secondo esercito che questa volta ebbe ragione
della resistenza delle citt fenicie e dei loro alleati. Monte Sirai fu
50
rasa quasi completamente al suolo e fu spopolata dalle stragi. In
questo periodo labitato fu ridotto a un piccolo centro occupato da
non pi di una dozzina di famiglie e la vita sul monte continu
grama e senza particolari sussulti fino al 360 a.C. circa, periodo in
cui Cartagine decise di fortificare numerosi centri della Sardegna tra
i quali Monte Sirai.
Dopo il 238 a. C., anno del passaggio della Sardegna dalla signo-
ria di Cartagine al dominio di Roma, Monte Sirai fu demolito com-
pletamente. Limpianto urbanistico fu ridisegnato e furono costruiti
quattro grandi complessi di case a schiera. Attorno al 110 a. C.,
forse nel quadro della repressione di moti insurrezionali che scop-
piavano di frequente nellisola, Roma decise di deportare gli abitanti
di Monte Sirai, poich collocati in un luogo ben difeso dalla natura.
La citt fu dunque abbandonata e non pi frequentata nei secoli suc-
cessivi se non in modo sporadico.
***
Oltre agli oggetti esposti nelle vetrine, il Civico Museo
Archeologico di Villa Sulcis offre ai suoi visitatori la possibilit di
integrare la conoscenza del sito archeologico di Monte Sirai e di
prepararli adeguatamente ed in modo completo ad una visita
dellinsediamento sul Monte. Infatti, sono di recente installazione
allinterno del Museo due stazioni multimediali che illustrano un
programma sullinsediamento fenicio e punico di Monte Sirai. Le
stazioni sono costituite da un elaboratore elettronico e da uno scher-
mo e sono situate una nella prima sala espositiva e laltro in una sala
appositamente attrezzata e ubicata al primo piano delledificio. Il
programma presentato si avvale di immagini e grafici corredati da
testi illustrativi.
Per quanto riguarda laspetto tecnico, sono stati utilizzati schermi
a colori e ad alta definizione, che hanno una risoluzione di immagi-
ne pi che doppia rispetto ai normali schermi televisivi e quindi con-
sentono di mostrare dei particolari anche molto piccoli. Gli elabora-
tori elettronici sono particolarmente potenti e permettono una note-
vole velocit di esercizio.
Il programma articolato in cinque differenti sezioni, che, assie-
me a notizie raccolte durante lo svolgimento trentennale dei lavori,
forniscono i risultati ottenuti nel corso delle ultime campagne di
51
scavo. I materiali illustrativi utilizzati si compongono di piante,
disegni e fotocolor.
Il programma formato da poco meno di trecento schede compo-
site. Dunque, ogni schermata costituita da un breve testo di non
pi di quaranta parole che illustra i diversi aspetti della trattazione.
Le immagini (fotocolor o disegni) sono correlate al testo e contribui-
scono ad integrarlo. Le illustrazioni riguardano vari aspetti dellinse-
diamento nel corso dei trenta anni di scavi, oggetti e, infine, panora-
mi o materiali di altre localit fenicie e puniche in Italia e allestero.
Alcune ricostruzioni grafiche e alcune animazioni contribuiscono ad
agevolare la immediata comprensione delle notizie fornite.
Nella prima sezione, che ha un carattere introduttivo, sono illu-
strati il sommario, un riassunto di quanto contenuto e i metodi di uti-
lizzo del programma stesso. Questi ultimi sono particolarmente
semplici e di facile accesso poich per utilizzare il programma occor-
re unicamente toccare con un dito lo schermo laddove viene indicato
di volta in volta. Dunque, non necessario che il lettore utilizzi la
tastiera dellelaboratore, atto che invece andava necessariamente
effettuato nei primi programmi multimediali elaborati negli anni 80.
Oltre allintroduzione, le quattro sezioni restanti sono divise per
argomenti. Pertanto, nella seconda sezione, denominata con la paro-
la-chiave Storia, sono illustrate le vicende dellinsediamento, dalle
origini, situate in et neolitica, fino allabbandono dellabitato, da
collocare verso la fine del II sec. a.C. Una particolare attenzione
posta agli avvenimenti che videro la nascita, lapogeo e la fine
dellabitato fenicio e punico, ma sono anche ampiamente trattati il
periodo relativo allet nuragica e quello della prima et romana. Sia
in questa sezione che in quelle che seguono possibile osservare un
percorso-base che fornisce le informazioni di carattere generale: la
durata di circa trenta minuti.
Accanto a questo percorso principale ve ne uno di approfondi-
mento, della durata complessiva di circa quindici minuti. Laccesso
a questo percorso, che non alternativo ma integrativo, si effettua
nel corso della lettura delle differenti schermate del programma base
attraverso alcune finestre appositamente sensibilizzate. Queste fine-
stre integrative possono essere attivate toccando le diverse parole-
chiave inquadrate in una linea rossa o indicate da un riquadro conte-
nente una piccola immagine di riferimento. Quindi, ad esempio,
quando la trattazione riguarda il nuraghe che allorigine era colloca-
52
to sulla sommit del monte e si desidera approfondire largomento
specifico, alcune finestre consentono laccesso a ulteriori spiegazio-
ni. Se invece non si desidera analizzare ulteriormente la questione,
si possono ignorare le finestre integrative e proseguire con il pro-
gramma-base.
La terza sezione del programma indicata con la parola-chiave
Casa ed dedicata ai vari aspetti del centro abitato. Dopo una breve
analisi della topografia dellantico insediamento, sono illustrati i dif-
ferenti settori che comprendono la cosiddetta Opera Avanzata,
lAcropoli e il centro abitato, nel quale sono descritti due edifici di
abitazione privata. Concludono la sezione alcuni cenni riguardanti i
sistemi costruttivi e le tecniche edilizie utilizzate in epoca fenicia e
punica.
La quarta sezione, identificabile con la parola-chiave Morte,
riguarda le due necropoli, la prima a incinerazione e di et fenicia e
la seconda a inumazione e in uso in epoca punica. Sono descritte le
tombe dei vari tipi, con cenni sui materiali di corredo contenuti
allinterno. Di particolare interesse la trattazione che riguarda lo
svolgimento dei differenti riti funebri, con la descrizioni delle nume-
rose pratiche con le quali venivano onorati i defunti.
Lultima sezione individuata dalla parola chiave Sacro e riguar-
da appunto il luoghi dove gli abitanti di Monte Sirai svolgevano abi-
tualmente le loro pratiche religiose. La sezione divisa in diversi
argomenti che riguardano il tempio del cosiddetto Mastio, il quale
costituiva il principale luogo di culto dellabitato. Seguono una
breve illustrazione delle principali divinit del mondo fenicio e
punico, una descrizione del tofet di Monte Sirai, luogo nel quale
erano sepolti con particolari rituali i bambini nati morti o deceduti
poco dopo la nascita, e una esposizione delle pratiche rituali officia-
te in questo luogo sacro e dei materiali utilizzati a questo scopo.
Lintero programma, comprese le varie diramazioni integrative,
ha una durata complessiva di circa tre ore, che corrispondono al
tempo necessario per la lettura dei testi e per losservazione delle
immagini. Lattualit e la novit dei contenuti, nonch la variet e la
qualit delle immagini fanno di questo lavoro uno strumento di alto
pregio didattico e di indubbio valore scientifico. Infatti, uno stru-
mento di questo tipo, ancorch inusuale, non sostituisce quelli tradi-
zionali, quali ad esempio i libri, ma li integra e favorisce una pi
completa acquisizione dei dati offerti.
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Bibliografia
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56
Glossario
Adyton Penetrale (v.) del tempio.
Anastilosi Procedimento di restauro concernente la ri-
composizione delle colonne (o, in generale,
delle strutture) di un edificio.
Antropomorfo Rappresentato sotto aspetto umano.
Antroponimo Nome di individuo.
Apodyterium Ambiente termale destinato a spogliatoio.
Base attica Base di colonna caratterizzata da un trochilo
(gola) tra tori (elementi convessi).
Basolato Rivestimento stradale in lastre di pietra.
Betilo Pietra non figurata simbolo della divinit.
Calidarium Ambiente termale destinato a bagni caldi.
Cardo maximus Asse principale rettilineo dellimpianto via-
rio urbano romano.
Castellum aquae Serbatoio in cui venivano raccolte le acque
provenienti dallacquedotto, per la successi-
va distribuzione in citt.
Cenotaflo Tomba priva di deposizione, eretta a scopo
commemorativo.
Cocciopisto Intonaco impermeabilizzante ottenuto me-
diante tritume di terracotta e calce.
Cortina Tratto di muratura, pertinente ad opera di-
fensiva.
Dolicomorfo Tipologia antropologica caratterizzata dal
cranio allungato.
Dromos Corridoio di accesso a camera funeraria.
Ecclettismo Carattere culturale caratterizzato dalla fusio-
57
ne di elementi di diversa origine.
Epistilio Architrave di un edificio dotato di colonne
sulla fronte.
Eponimo Personaggio che d il proprio nome ad un
popolo, una citt, una regione etc.
Falesia Scarpata molto ripida formatasi per intensa
azione erosiva del mare sulla costa rocciosa,
spesso soggetta a continuo arretramento per
lazione del mare.
Frigidarium Ambiente termale destinato a bagni freddi.
Giudicati I quattro Giudicati di Cagliari, Torres, Gal-
lura, Arborea erano i quattro organismi sta-
tali (regni) nei quali era divisa la Sardegna
durante il medioevo.
Gola egizia Mondanatura di elemento architettonico di
tradizione egiziana.
Incinerazione Rito funerario che implica la combustione
completa dei resti umani.
Intercolumnio Distanza tra due colonne.
Inumazione Rito funerario che implica deposizione del
cadavere in una tomba.
Mattoni bessali Mattoni romani quadrati con lato canonico
di cm 19,7; utilizzati interi o tagliati a met
in due triangoli o in due rettangoli nelle
suspensurae e nei parametri murari.
Mattoni sesquipedali Mattoni romani quadrati col lato di circa cm
44.
Miliario Pilastrino di pietra, collocato sul bordo della
via ad indicazione delle distanze.
Necropoli Termine equivalente al nostro cimitero, che
si usa per in riferimento alle citt antiche.
Olocausto Sacrificio costituito dallarsione totale della
58
vittima (umana o animale).
Opus caementicium Tipo di muratura di et romana ottenuta me-
diante una concrezione di malta, pozzolana,
sabbia, spesso con frammenti di ceramica.
Opus doliare Produzione fittile, cio in terracotta (laterizi,
terrecotte architettoniche etc.).
Opus mixtum Struttura muraria di et romana ottenuta con
impiego alternato a filari di materiali diver-
si.
Opus quadratum Tecnica edilizia caratterizzata dalluso di
blocchi in pietra squadrata.
Paramento Faccia esterna di muratura, talvolta di mate-
riale diverso da quello che costituisce la
parte interna.
Penetrale II settore pi sacro dei luoghi di culto, corri-
spondente al Qodesh Qodashin (Sancta
Sanctorum) del tempio di Gerusalemme.
Piede romano (pes) Unit di misura corrispondente a metri
0,296.
Podio Basamento del tempio etrusco-italico e ro-
mano.
Pronao Ambiente antistante alla cella (nas).
Prospezione Rilevamento di emergenze e dati archeologi-
ci effettuato sul terreno senza opera di
scavo.
Stele Nel mondo punico, monumento posto a
ricordo del sacrificio.
Temenos Muro di recinzione (harm in punico) del
tempio, che delimita larea sacra dalla zona
profana.
Teoforo Antroponimo formato con un nome divino.
Teonimo Nome divino.
59
archeologica
Terminus post quem Termine cronologico a partire dal quale si
data uno strato archeologico.
Tetrastilo Edificio dotato di quattro colonne sul pro-
spetto.
Tofet Area sacra punica, dove si praticava il sacri-
ficio dei neonati.
Uncia Unit di misura lineare romana corrispon-
dente a m 0,0246 (si noti che luncia anche
una unit ponderale).
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Indice
VILLA SULCIS p. 7
14
16
18
24
24
28
33
35
37
40
41
45
46
IL TERRITORIO 48
BIBLIOGRAFIA 55
GLOSSARIO 57
Vetrina 13
Vetrina 12
Vetrina 11
Vetrina 10
Vetrina 9
Vetrina 8
Vetrina 7
Vetrina 6
Vetrina 5
Vetrina 4
Vetrina 3
Vetrina 2
Vetrina 1
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SARDEGNA ARCHEOLOGICA
Reprints e nuovi studi sulla Sardegna antica
Collana diretta da Alberto Moravetti
Serie Studi e Monumenti
G. LILLIU, La civilt nuragica, 1982, 242 pagg. e 246 figg. Introduzione di Alberto Moravetti.
E. ACQUARO, Arte e cultura punica in Sardegna, 1984, 212 pagg. e 225 figg. Introduzione di
Sabatino Moscati.
F. BARRECA, La civilt fenicio-punica in Sardegna, 1986, 348 pagg. e 265 figg.
Serie Reprints
G. PINZA, Monumenti primitivi della Sardegna, 1979, 280 pagg., 146 figg. e 19 tavv. Ristampa ana-
statica delledizione del 1901. Introduzione di M. Luisa Ferrarese Ceruti.
R. PETTAZZONI, La religione primitiva in Sardegna, 1980, 280 pagg., 18 figg. Ristampa anasta-
tica delledizione del 1912. Introduzione di Giovanni Lilliu.
C. ZERVOS, La civilt della Sardegna dallEneolitico alla fine dellet nuragica, 1980, 384 pagg.,
463 figg. Traduzione di Laura Agri delledizione francese del 1954. Introduzione di Alberto
Moravetti.
A. TARAMELLI, Scavi e scoperte (1903-1939), voll. I-IV, 2078 pagg., 1492 figg. Introduzione di
Alberto Moravetti.
D. PANEDDA, Olbia dalla preistoria allEt romana, 1987, voll. I-II, 306 pagg., 118 figg.
Introduzione di Giovanni Lilliu.
AA.VV., Sardinia. Notizie degli scavi (1876-1968) 1987, voll. I-II, 1300 pagg., 420 figg.
Introduzione di Alberto Moravetti.
AA.VV., Il convegno archeologico in Sardegna. 1926, 1991, 182 pagg. Presentazione di Giovanni
Lilliu.
A. TARAMELLI, Carte archeologiche della Sardegna, 1994, voll. I-III, 846 pagg. Introduzio-
ne di Alberto Moravetti.
Serie Scavi e Ricerche
F. GERMAN, Luomo in Sardegna. Dal Paleolitico allEt nuragica, 1995, 248 pagg., 92 figg.
Introduzioni di Ercole Contu e di Francesco Mallegni.
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Finito di stampare
nel mese di marzo 1998
presso A.G.E.
Via P.R. Pirotta 20-22, Roma
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Con il contributo
dellAssessorato alla Pubblica Istruzione,
Beni Culturali, Informazione,
Spettacolo e Sport della
Regione Autonoma della Sardegna
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