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Esperanza campesina

ANDREA BRAGGIO La Via che eleva luomo, vale a dire la coltivazione della propria natura e limpegno verso i propri simili, tiene conto di una semplicit di vita che non sinonimo di povert, ma invece vivo connubio tra felicit e condivisione nella sobriet. La condivisione, in particolare, rappresenta il segno evidente dellidentificazione con Cristo, limitazione del quale non consiste solo nel guardare a un Modello realizzato storicamente duemila anni or sono, ma nel lasciarsi pervadere dal Suo Spirito, che suggerisce al cuore risposte alle esigenze storiche delloggi. Il fatto che su questo Pianeta non abbiamo in realt la propriet di alcun bene, n il dominio assoluto, ma soltanto luso, pu ben rappresentare una di queste risposte. Ma solo un cuore puro e umile pu accettare il fatto che i desideri terreni non danno frutto e che nulla gli appartiene davvero. Da qui limportanza di fare ritorno al cuore, come giudice e come guida, perch propria del cuore la comprensione profonda del fatto che allEterno appartiene la terra e tutto ci che in essa (Salmo 24, 1). Luomo pu solo considerarsi un amministratore di beni che a tempo debito dovr restituire. Tutto preso in prestito, compresa la terra da cui dipende per il sostentamento. Coltivazione interiore e coltivazione della terra fanno dunque appello allhumilitas delluomo, termine che sottende la parola humus, terra: uno stare con i piedi per terra pur volando alto con lo spirito. Nelluomo umile e nobile di animo prevale linteriore ricerca dellarmonia, che non pu prescindere da un rapporto di benevolenza con il mondo agricolo e da una lotta al conformismo delle idee e dei costumi. C nel mondo contadino di oggi un richiamo a questa saggezza antica che, tra le tante cose, ci ricorda la necessit di essere coltivatori di umanit e di avere nei confronti della terra un approccio pi umano. maturo il tempo per una visione dellagricoltura che muova contemporaneamente dal basso della societ e dallalto del pensiero, facendo leva sulla fatica del lavoro agricolo e la forza morale da una parte e sullaudacia intellettuale e la creativit delle nuove generazioni dallaltra. In termini pratici, questo significa produrre per il benessere dellumanit rafforzando lagricoltura familiare, contadina e comunitaria, invece di produrre in funzione del mercato, della speculazione e dei profitti dei grandi produttori e distributori di alimenti. Non niente di meno che una revolucin campesina, per la quale il problema alimentare mondiale non questione di quantit ma di equit o, come direbbe Gandhi, non una produzione di massa, ma una produzione intelligente da parte delle masse, che valorizza e riconosce i saperi locali. Qui entra in gioco il ruolo essenziale delle resistenze contadine di tutto il mondo nellaffermare la loro dignit e nel rivendicare un approccio alla terra molto diverso dallavidit e dal materialismo sfrenato delle corporazioni transnazionali. Il mondo contadino ci ricorda che la fame e la miseria non sono tanto condizionati da fattori naturali e geografici, quanto da fattori sociali ed economici. chiaro che il cosiddetto Terzo mondo ormai ovunque ci siano persone senza lavoro a causa di un sistema politico-economico che lo distrugge, l dove ci sono uomini, donne e bambini impossibilitati a nutrirsi in modo adeguato. Basta guardare lo stato di insicurezza alimentare negli Stati Uniti per rendersi conto che il Sud del mondo non ha pi il monopolio della miseria. Lesclusione e la precariet si stanno diffondendo in modo allarmante anche in Europa, dove assistiamo anno dopo anno a un impoverimento delle grandi citt davanti al quale i banchi alimentari e i sussidi pubblici sono solo dei 1

palliativi. Affinch lEra della condivisione generi qualcosa di diverso dalla rovina verso cui luomo sta dirigendosi, occorre che fin da ora nascano coraggiose alternative alla crescita e alla competizione perseguite a tutti i costi. Negli ultimi anni stata avanzata dalleconomista Serge Latouche la proposta della decrescita, motivata soprattutto dallinsostenibilit dellattuale ordine economico a causa del suo impatto distruttivo sulle risorse ambientali del pianeta, impatto che reca con s la minaccia di immense catastrofi 1. La decrescita raccoglie gruppi e individui che hanno formulato una critica radicale dello sviluppo e sono interessati a individuare gli elementi di un progetto alternativo per una politica del doposviluppo. Oggi molte idee espresse da Latouche e condivise da altri studiosi vengono per banalizzate o accuratamente nascoste dalle leadership politiche e mediatiche che compongono lopinione pubblica mondiale e in gran parte la determinano, cos che questultima viene privata della possibilit di riflettere e prepararsi consapevolmente alla non rinviabile necessit di mutare abitudini, modi di lavorare e di consumare. I limiti della crescita sono definiti sia dalla quantit disponibile di risorse naturali non rinnovabili sia dalla velocit di rigenerazione della biosfera per le risorse rinnovabili. Allo stesso tempo, per, il filosofo Ervin Laszlo ricorda che i veri limiti dellumanit sono anzitutto interni piuttosto che esterni. Non si tratta cio solo di limiti fisici dovuti alle dimensioni finite o alla vulnerabilit del pianeta, ma psicologici, culturali e, soprattutto, limiti politici interni alle persone e alle societ, manifestati da una cattiva gestione, da una irresponsabilit e da una miopia individuale e collettiva 2. Nellopera intitolata Il punto del caos (2007), Laszlo ritiene che lumanit soffra di una sorta di ritardo culturale e che non esista problema mondiale che non possa essere ricondotto allazione umana e risolto da cambiamenti appropriati nel comportamento delluomo. Trovare una direzione per la prossima trasformazione di civilt significa per evolvere una cultura e una coscienza molto diverse da quelle materialiste e manipolative, guidate dalla ricerca di ricchezza e potere che hanno caratterizzato il ventesimo secolo. Con lossessivo inseguimento della ricchezza, del potere e del dominio, con i valori patriarcali consolidati di continua sottovalutazione sia delle qualit femminili sia delle donne, e con la violazione dei diritti e loppressione di una considerevole parte di umanit incapace di rappresentare con efficacia i propri bisogni e la propria difficile situazione, la civilt moderna ha rivolto contro luomo il suo lato violento. Da qui la necessit di un cambiamento educativo che porti a un risveglio del senso di comune solidariet umana, di cura e di unautentica sensibilit verso il prossimo, che parte di una visione delluomo secondo cui non c autorealizzazione senza laltro. Non si tratta di scegliere tra la propria felicit e quella altrui, perch non si pu essere felici da soli. La dimensione sociale costitutiva dellessere umano e non la si pu negare senza negare questultimo; e neppure si tratta di moralismo altruistico, perch non si deve rinunziare alla qualit della propria vita, ma perseguire la sola che sia capace di rendere felici, quella che include anche la vita degli altri.

Rimando in particolar modo a S. Latouche, La Megamacchina. Ragione tecnoscientifica, ragione economica e mito del progresso, Bollati Boringhieri, Torino 1995; S. Latouche, Come sopravvivere allo sviluppo. Dalla decolonizzazione dellimmaginario economico alla costruzione di una societ alternativa, Bollati Boringhieri, Torino 2005; S. Latouche, La scommessa della decrescita, Feltrinelli, Milano 2007; S. Latouche, Breve trattato sulla decrescita serena, Bollati Boringhieri, Torino 2008. 2 E. Laszlo, I limiti interni della natura umana. Pensieri eretici sui valori, la cultura e la politica, Feltrinelli, Milano 1990, p. 25.
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Leconomia funziona, sana, se uneconomia di servizio. Non pu essere uneconomia di mercato, di stato, uneconomia del capitale e neppure del lavoro come fine in s. Devessere invece uneconomia di servizio ai bisogni delle persone e dei popoli, di servizio alla convivenza con la natura, di servizio allaccoglienza delle nuove generazioni. Se non di servizio, leconomia diventa una macchina che produce morte 3. Trovare una direzione per la prossima trasformazione di civilt significa dunque evolvere una cultura animata da un desiderio di giustizia che produce non vendetta ma futuro comune, non esclude ma genera libera integrazione, non lascia gli esclusi al loro destino ma li risolleva. Questo significa prendere le distanze da una cultura consumista, che consiste nel dare la priorit alle motivazioni estrinseche come il denaro, i beni di consumo e il successo, per lavorare su una cultura delle relazioni, che riparte cio dalla persona e dai suoi affetti, dalla famiglia e da tutti quei comportamenti pro-sociali mutilati dallattuale economia di mercato e dalle sue istituzioni formative. Leconomia di mercato il tentativo di costruire un sistema economico che faccia a meno delle motivazioni intrinseche. Si tratta di un sistema che mette in relazione gli individui per motivi strumentali. Cos facendo influenza la percezione del perch stiamo in relazione, fornisce un senso al nostro stare insieme, al nostro costituire una societ, suggerisce che il motivo strumentale, cio poggia sullinteresse personale e materiale. In sostanza, il mercato enfatizza la capacit umana di stare in relazione per motivi estrinseci. Lappello al vantaggio personale come motivazione alle relazioni ridefinisce le motivazioni alle relazioni stesse, non risparmiando neanche quelle intime 4. Si tratta dunque di rigettare il fatto che ci si possa conformare completamente al sistema economico vigente, adottandolo come una cultura globale che decide di ogni atto quotidiano e persino dei sentimenti e delle relazioni interpersonali. In un frangente simile, il filosofo Roberto Mancini ricorda che tornare a pensare in modo critico leconomia qualcosa di irrinunciabile se desideriamo che luomo abbia un futuro. Pensare leconomia. Pu sembrare una formula astratta e di poco conto, quando invece si tratta di cambiarla con urgenza. Eppure questa espressione vale a ricordare un conflitto e un compito ineludibili. Che leconomia vada ripensata e profondamente ristrutturata evidente a chiunque abbia mantenuto una coscienza desta. Proprio per questo per necessario non sottrarsi al conflitto tra il pensiero critico e leconomia vigente. Leconomia del capitalismo globale si trasformata in pensiero corrente, cultura totale, sguardo ubiquo. La metafisica del nostro tempo. Quasi tutti sono costretti di fatto a pensare immersi nella sua logica. Cos, per esempio, ci siamo ridotti a chiamare le strutture di cura della salute umana aziende sanitarie, gli studenti clienti e i progetti per la loro educazione offerta formativa. Quando vogliamo evidenziare che qualcuno generoso ci viene spontaneo dire che si spende per gli altri. Lavvenire lo pensiamo nelle percentuali del Pil e lidentit umana
R. Mancini, Idee eretiche. Trentatr percorsi verso uneconomia delle relazioni, della cura e del bene comune, Altra Economia, Milano 2010, p. 65. 4 S. Bartolini, Manifesto per la felicit. Come passare dalla societ del ben-avere a quella del ben-essere, Donzelli Editore, Roma 2010, p. 27.
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fissata e divisa in due grandi categorie: le risorse, cio gli abili a produrre profitto, e gli esuberi, quelli che sono dintralcio e verso i quali la societ non si riconosce obbligata a nulla 5. Nel pensare in modo critico leconomia del capitalismo globale che peraltro rappresenta un compito di tutti nonostante possa richiedere certe competenze e creativit intellettuali entrano in gioco delle capacit educative. In Non per profitto. Perch le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica (2013), la filosofa Martha Nussbaum sottolinea il fatto che i cittadini non possono relazionarsi bene alla complessit del mondo che li circonda soltanto grazie alla logica e al sapere fattuale. La terza componente del cittadino, strettamente correlata alle prime due, quella che lei chiama immaginazione narrativa, vale a dire la capacit di pensarsi nei panni di unaltra persona, di essere un lettore intelligente della sua storia, di comprenderne le emozioni, le aspettative e i desideri. La ricerca di tale empatia, che parte essenziale delle migliori concezioni di educazione alla democrazia, avviene in buona parte allinterno della famiglia e della scuola. Proprio queste due realt assolvono, o dovrebbero assolvere, al delicato compito di coltivare una formazione che attivi e perfezioni la capacit di vedere il mondo attraverso gli occhi di unaltra persona. Qui possibile sviluppare unautentica sensibilit verso gli altri e confrontarsi con le inadeguatezze e le fragilit umane, insegnando a non vergognarsi del bisogno e delle difficolt, che rappresentano invece occasioni di cooperazione e reciprocit. La spinta al profitto induce molti leader a pensare che la scienza e la tecnologia siano di cruciale importanza per il futuro dei loro paesi. Non c nulla da obiettare su una buona istruzione tecnico-scientifica, e non sar certo io a suggerire alle nazioni di fermare la ricerca a questo riguardo. La mia preoccupazione che altre capacit, altrettanto importanti, stiano correndo il rischio di sparire nel vortice della concorrenza: capacit essenziali per la salute di qualsiasi democrazia al suo interno e per la creazione di una cultura mondiale in grado di affrontare con competenza i pi urgenti problemi del pianeta. Tali capacit sono associate agli studi umanistici e artistici: la capacit di pensare criticamente; la capacit di trascendere i localismi e di affrontare i problemi mondiali come cittadini del mondo; e, infine, la capacit di raffigurarsi simpateticamente la categoria dellaltro 6. Nussbaum offre una descrizione del mondo dove ogni essere umano manifesta debolezze e ha bisogno di trovare sostegno in qualcun altro e dove oggi, pi che in ogni altra epoca del passato, tutti noi dipendiamo da persone che non abbiamo mai visto, le quali a loro volta dipendono da noi. In linea con il pensiero di Laszlo, Nussbaum fa emergere il fatto che negli ultimi decenni, con la corsa al profitto sul mercato mondiale, questa interdipendenza stata completamente trascurata. Oggi, invece, persone di ogni parte del mondo iniziano a capire che il pianeta che abitano non un fondale passivo delle azioni umane e che lagire individuale ha un impatto immediato, anche se non sempre immediatamente evidente, sugli altri e sullambiente.

5 R. Mancini, Idee eretiche. Trentatr percorsi verso uneconomia delle relazioni, della cura e del bene comune, Altra Economia, Milano 2010, p. 15. 6 M. C. Nussbaum, Non per profitto. Perch le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Il Mulino, Bologna 2013, p. 26.

Non possiamo comprendere da dove viene anche solo una bibita senza pensare a come si vive in altre nazioni. Allora, quando lo facciamo, ha senso domandarsi quali siano le condizioni di lavoro di queste persone, la loro istruzione, i loro rapporti di lavoro. E quando ci poniamo tali domande, dobbiamo pensare alle nostre responsabilit verso queste persone, in quanto noi concorriamo a creare le loro condizioni di vita. In che modo il network internazionale di cui noi consumatori siamo parte essenziale determina le loro condizioni di lavoro? Quali opportunit hanno? Dobbiamo accettare di essere parte dellingranaggio che produce la loro situazione, oppure dobbiamo pretendere dei cambiamenti? Come potremmo promuovere una vita dignitosa per coloro che, al di fuori dei nostri confini, producono ci di cui abbiamo bisogno esattamente come ci sentiamo, di solito, di contribuire a farlo per i lavoratori del nostro paese7? Affrontare tali questioni in modo adeguato significa avere una comprensione minima del funzionamento delleconomia mondializzata e della sua storia, capire per esempio il ruolo svolto dal colonialismo nel passato, degli investimenti esteri e delle societ multinazionali pi di recente. Da questo punto di vista, fanno oggi scuola molti movimenti che lottano per la sovranit alimentare, per affermare il diritto e il dovere di proteggere, sostenere e supportare tutte le condizioni necessarie a incoraggiare una produzione alimentare abbondante, sana, accessibile a tutti e tale da conservare la terra, lacqua e lintegrit ecologica dei luoghi in cui viene prodotta, rispettando e sostenendo i mezzi di sussistenza dei produttori. un paradosso dei tempi in cui viviamo il fatto che questo principio, questo diritto, debba essere riaffermato e si debbano lanciare continui appelli perch venga riconosciuto ai popoli. In fondo parrebbe la cosa pi normale: ho un campo, ci coltivo quello che cresce meglio, le variet locali, e lo faccio per me e per la mia famiglia prima di tutto, dopodich posso vendere quello che produco in pi, perch ci sono persone sul mio territorio e nei territori vicini che apprezzano il mio lavoro, la mia cura nel produrre cibo e mi pagano il giusto. Se dovessimo fare la nostra particolare analisi logica anche di questa lunga concatenazione di periodi, scopriremmo che queste semplici affermazioni non sono pi cos scontate e che predicati verbali come coltivare, vendere, apprezzare, pagare, sono diventati tutti una trappola; tanto per i contadini quanto per chi mangia. Gli intermediari che si trovano in mezzo al percorso che il cibo fa dal campo alla tavola, hanno stravolto questi significati, li hanno plasmati in funzione del loro profitto e ricostringono a rivendicare cose che dovrebbero essere normali. Prendiamo ad esempio il concetto di biologico. Se ci si pensa bene, al di l delle tante considerazioni che si possono fare, come idea di base il biologico una sorta di controsenso: dobbiamo certificare ed etichettare il naturale, ci che cresce senza additivi, su terreni fertili e puliti; ci che dovrebbe essere la norma, perch la natura funziona cos. Invece, assurdamente, diventata leccezione da certificare, mentre il resto, viziato da ogni sorta di artifizio e immissione esterna nel ciclo naturale, si trasformato nel normale 8.

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Ivi, p. 98. C. Petrini, Terra Madre. Come non farci mangiare dal cibo, Giunti Editore, Firenze 2009, p. 103.

La lotta per la conquista della sovranit alimentare rappresenta un modo per valorizzare linsieme dei saperi delle comunit del cibo e unagricoltura contadina dai tratti distintivi: uso della terra piuttosto che possesso, lavoro prevalente di tipo familiare e non salariato, autoconsumo che viene prima della vendita dei prodotti, aiuto reciproco senza competizione, lavoro agricolo che deriva dal saper fare locale e dalle esperienze, promozione di una razionalit ecologica e non economica, resistenza e ricontadinizzazione9. Da una parte il sistema contadino prevede una struttura sociale che permette di condividere e fare crescere la conoscenza collettiva. In termini informatici si direbbe cloud. Mentre nel sistema classico dellagricoltura industriale, si prevede lintervento di pochi soggetti terzi che forniscono ci di cui lagricoltore ha bisogno per coltivare, ma possedendone la propriet intellettuale: quella dei semi, dei concimi, dei diserbanti etc. Lidea di condividere i semi, fare evolvere le piante, la terra e la cultura in un sistema condiviso somiglia dunque alla nuvola di internet dove le informazioni sono liberamente accessibili e il patrimonio intellettuale fornito dalla collettivit a beneficio degli utenti 10. Lagricoltura contadina fa il possibile per creare filiere corte e virtuose, predilige leconomia di relazione con forme di solidariet concreta fra consumatori e produttori, protegge e perpetua la biodiversit e le sementi contadine. Da moltissimo tempo le comunit di tutto il mondo hanno selezionato e custodito con cura le variet locali pi importanti per loro, sviluppando le conoscenze sulle loro specifiche propriet ed esigenze. Il libero scambio di materiali da semina tra i coltivatori stato fondamentale per la biodiversit e la sicurezza alimentare e rappresenta una conoscenza popolare accumulatasi nei secoli. Lo scambio si basa sulla cooperazione e la reciprocit e si accompagna a uno scambio di idee e di conoscenze, di cultura e di tradizioni 11. Lidea di una agricoltura contadina, ecologica e a basso impatto ambientale, che prevede schemi di sviluppo differenti da quelli dellagricoltura convenzionale, viene dal passato ma guarda al futuro, innovativa e rappresenta una riconquista di civilt: [] i contadini possono alimentare il mondo, lo hanno fatto per migliaia di anni, e possono inoltre contribuire a raffreddare il pianeta, a ridurre luso dei combustibili e pesticidi, alla produzione ecologica, alla cattura dellanidride carbonica nei boschi e nelle foreste in modo da ridurre gli effetti del cambiamento climatico 12. Il movimento internazionale La Via Campesina, che dichiara di lottare contro il modello neoliberista che organismi come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e lOrganizzazione Mondiale del Commercio vogliono imporre in tutto il mondo, una delle espressioni pi concrete e vivaci di questa riconquista. Nello
D. Ciccarese, I semi e la terra. Manifesto per lagricoltura contadina, Altra Economia, Milano 2013, p. 85. Ivi, pp. 87-88. 11 Ivi, pp. 22-23. 12 E. Ladrn de Guevara Alafita, Sovranit alimentare e lotta contro la fame: UNORCA La Via Campesina in Messico, in Sicurezza alimentare nei Paesi in via di sviluppo, a cura di C. Tornimbeni, Aiep Editore, Repubblica di San Marino 2010, p. 120.
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specifico, lo scopo de La Via Campesina quello di tentare un approccio alternativo riguardante il cibo e lagricoltura, basato su equit, giustizia sociale e sostenibilit ecologica, in modo da garantire e proteggere lo spazio, la capacit e il diritto delle persone a definire i propri modelli di produzione, distribuzione e consumo 13. La Via Campesina, il cui motto globalizziamo la lotta, globalizziamo la speranza, traduce quellumanesimo rivoluzionario di cui parla leconomista Raj Patel quando si riferisce a una nuova coscienza dei gravi problemi che oggi abbiamo di fronte e di una nuova volont personale e politica di risolverli, soprattutto in riferimento alla lotta per laffermazione di un paradigma alternativo per il cibo, lagricoltura e il benessere umano 14. Tale umanesimo altro non che ricerca di felicit e di benessere individuale e sociale, fatti certamente di aspetti materiali, ma anche di salute, conoscenza e cultura, opportunit di lavoro e relazioni interpersonali. Una ricerca che parte dal cibo, concepito come un diritto umano fondamentale: a tutti deve essere garantito laccesso a un cibo sano, nutriente e culturalmente appropriato che sia sufficiente, per quantit e qualit, a sostenere una vita salutare assicurando allo stesso tempo una piena dignit umana. Include poi la valorizzazione di comportamenti individuali e collettivi animati da spirito di servizio e reciproca solidariet, orientati alla cooperazione e al bene comune, a stili di vita attenti alla sobriet nella soddisfazione dei bisogni materiali, alla cura nellevitare sprechi, a un uso dei beni economici e del denaro che non li trasformi in un fine in se stessi. Un umanesimo della responsabilit fondato sulla compassione nel rapporto degli esseri umani tra loro e con la natura, sul comunitarismo come condizione del vivere insieme armoniosamente nel pieno rispetto della libert e dei diritti delle persone, sul mantenimento degli equilibri ecologici, sulla valorizzazione dei saperi e delle tradizioni locali. Ne Il punto del caos anche Laszlo descrive questa aspirazione diffusa a vivere una vita semplice, sana, integra ed etica. Egli affronta laffermarsi di una cultura costituita da persone che stanno ripensando i propri comportamenti, priorit, valori e preferenze, passando da un consumo basato sulla quantit verso una selettivit in vista della qualit definita da minor impatto sullambiente, sostenibilit ed etica della produzione e delluso. In questa cultura, gli stili di vita in cui vi ostentazione dello spreco di materiali ed energia si stanno spostando verso modalit di vita contrassegnate da una volontaria semplicit e dalla ricerca di una nuova moralit e armonia con la natura 15. Questi mutamenti di valori e comportamenti, che guardano come irrinunciabili e inseparabili ecologia (equilibrio fra sistemi umani ed ecosistemi, e dunque rifondazione del modello produttivo, di consumi e di pensiero), eguaglianza (accesso paritario ai beni comuni naturali e ai servizi collettivi) ed empatia (rispetto degli animali e in generale della componente vivente dellecosistema), insistono poi sullaffermazione del carattere di beni comuni dunque collettivi e non privatizzabili delle risorse naturali a cominciare dallacqua. Quattro quinti della superficie del pianeta sono ricoperti dacqua, e lidea che lumanit possa restare senzacqua sembra balzana. Ma per essere usata
Per un approfondimento rimando a A. A. Desmarais, La Via Campesina. La globalizzazione e il potere dei contadini, Jaca Book, Milano 2009; E. Holt-Gimnez, Campesino a Campesino. Voices from Latin Americas Farmer to Farmer Movement for Sustainable Agriculture, Food First Books, San Francisco 2006. 14 R. Patel, Global Fascism, Revolutionary Humanism and the Ethics of Food Sovereignty, Development, 48, 2, 2005, pp. 79-83. 15 E. Laszlo, Il punto del caos. Guerre, catastrofi naturali, sistemi sociali in difficolt: che cosa fare prima che sia troppo tardi?, Urra, Milano 2007, p. 72.
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dalluomo lacqua devessere dolce e lacqua salata negli oceani e dei mari costituisce il 97,5% del volume dacqua totale del pianeta. Due terzi dellacqua restante sono concentrati nelle calotte polari e nel sottosuolo. Lacqua dolce rinnovabile potenzialmente disponibile per il consumo umano (acqua nei laghi, nei fiumi e nelle riserve idriche) non pi dello 0,007% dellacqua presente sulla superficie della terra. Questa goccia relativamente piccola essenziale: una persona pu sopravvivere per circa un mese senza cibo, ma non pi di una settimana senzacqua 16. Il bene naturale pi importante oggi inquinato dagli usi umani, prosciugato da modelli di sviluppo e stili di vita idrovori, sconvolto dai cambiamenti climatici, dalla deforestazione, mercificato e sprecato in lussi ed eccessi, conteso da un numero crescente di persone e attivit. La crisi idrica globale riguarda un terzo del pianeta e, assieme alleffetto serra che la aggrava, rappresenta la minaccia pi preoccupante alla sopravvivenza umana e dellecosistema. Carenza dacqua significa carenza di cibo a breve termine, e senza un grande sforzo collettivo lacqua da condividere sar sempre pi oggetto di contesa17. Il problema dellacqua, lerosione, la desertificazione e la salinizzazione dei suoli, la perdita di biodiversit di specie animali e vegetali che minaccia il pool genetico della stessa specie umana, laccumulazione di rifiuti tossici, sono tutti aspetti di una violenza delluomo sulla natura, di un deterioramento sistemico dellambiente terrestre che il prodotto diretto e indiretto di una civilt che, in base alle teorie neoliberiste che la orientano, attribuisce valore principalmente al consumo delle risorse naturali 18. Una crescita illimitata e puramente quantitativa nella produzione e nel consumo di energia e materiali non possibile su un pianeta che non infinito e che possiede una biosfera dallequilibrio delicato; alla fine, destinata a diventare una crescita molto simile a un cancro 19. Inutile dire che lumanit incamminata su una strada che sta per giungere a un bivio. Nello spazio dei prossimi anni levoluzione della nostra civilt sar obbligata a prendere una nuova direzione e ad affrontare il disastro ambientale e il dissesto alimentare che ne fa parte in base a programmi di lungo periodo e per mezzo di cambiamenti dei modi di vivere, produrre e consumare, rimettendo totalmente in discussione lidea che oggi abbiamo di crescita e competizione. In un mondo attraversato da questioni decisive per le sorti dellumanit quali il rapido aumento della povert, della disoccupazione e degli squilibri fra ricchi e poveri da una parte e la difficolt di comporre benessere economico, coesione sociale e libert politica dallaltra, lo scenario recessionista delleconomia liberal-produttivista dei prossimi anni ci far comprendere che utopistico non voler cambiare il sistema, ma pretendere di mantenerlo 20.

Ivi, p. 39. L. R. Brown, 9 Miliardi di posti a tavola. La nuova geopolitica della scarsit di cibo, Edizioni Ambiente, Milano 2012, pp. 91-105. 18 S. Latouche, Breve trattato sulla decrescita serena, Bollati Boringhieri, Torino 2008, pp. 34-36. 19 E. Laszlo, Il punto del caos. Guerre, catastrofi naturali, sistemi sociali in difficolt: che cosa fare prima che sia troppo tardi?, Urra, Milano 2007, pp. 56-57. 20 R. Mancini, Idee eretiche. Trentatr percorsi verso uneconomia delle relazioni, della cura e del bene comune, Altra Economia, Milano 2010, p. 88.
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