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Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dellUniversit Kore di Enna

Rule of law La possibilit del contenuto morale del diritto, di G. COGLIANDRO, Giuffr, Milano, 2012, p. 1- 434
Nella collana diretta da Guido ALPA, notoriamente dedicata a temi di Diritto privato e di Diritto pubblico, si aperta una nuova sezione o intersezione di filosofia del Diritto e Diritto internazionale. Essa viene inaugurata dallopera qui recensita, affidata ad un giovane e valente studioso, il cui curriculum accademico e scientifico si svolto in varie Universit italiane, anglo-americane e tedesche, come risulta dalla prefazione a firma del Direttore della collana, p.
IX-XIV.

Trattasi evidentemente di uno studio non inquadrabile nel puro e semplice Diritto

della tradizione anglo-americana di common law, essendone molto pi ampio lorizzonte di vera e propria teoria generale dellordinamento giuridico inteso in senso lato nelle sue dimensioni interne ed internazionali. Lespressione rule of law, presente nellintitolazione del Volume, ha assunto ormai un valore simbolico di carattere quasi universale, sia in ragione della tradizione storica moderna e post-moderna, sia dei contesti settoriali e regionali in cui si pone. Tant che essa appartiene al linguaggio giuridico corrente, come modo per designare lantica regula iuris di origine gius-romanistica, ma altres qualsiasi disposizione normativa utilizzata dalle alte Corti ordinarie interne ed internazionali del mondo giuridico contemporaneo. Nel cosiddetto colloquio o dialogo tra le Corti supreme dei vari paesi, come la House of Lords e la Supreme Court statunitense ovvero tra le Corti europee ed americane specializzate nella tutela dei Diritti umani e delle libert fondamentali. La tematica della rule of law tutta giocata sulla intersezione con il sottotitolo del volume, riferito ai contenuti probabilistici possibili o virtuali della stessa con riferimento al suo contenuto morale. Tale espressione da intendersi ovviamente in senso lato come equivalente a quella di etica, nelle sue dimensioni civili e politiche oltre che in qu elle sociali ed economiche. Il Volume ovviamente va ben oltre i contenuti del Diritto positivo italiano e quindi deliberatamente fuoriesce dalla prospettiva dei rapporti etico-sociali presenti nel testo costituzionale italiano vigente (art. 29 e seguenti), come dai rapporti di equit cui rinvia ugualmente il testo del codice civile come parte dellautonomia contrattuale e dei poteri giurisdizionali. Dalla lettura sintetica della rule in senso singolare o del rule in senso plurale emerge la connessione con la norma base o lipotesi fondamentale di qualsiasi

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ordinamento giuridico, cui lautore dedica la sua attenzione in una prospettiva metodologica e di merito chiaramente universalistica, in saggio equilibrio tra le prospettive del monismo e del pluralismo giuridico. Tanto gli consente di non attestarsi su posizioni estremistiche, in virt delle quali regole a contenuto non morale, potrebbero condurre a ritenere leggi dei Parlamenti o sentenze dei giudici come prive del loro titolo di legittimazione. E quindi deliberatamente si esclude che il contenuto non etico del diritto possa condurre allaffermazione di un Diritto non riconoscibile in quanto costituito da no rules e da no law. Ci premesso il ricco ed articolato contenuto dellopera costituisce per pi aspetti una rivisitazione dellintera tematica della giuridicit, o addirittura un vero e proprio giacimento culturale a strati sovrapposti, dallantico al moderno e infine lattenzione gravita sulle visioni generali post-moderne contemporanee. Tanto risulta dalle tre parti in cui lopera si articola. La prima concerne la problematica della rule of law come mezzo dincorporazione della giustizia nel potere e nel Diritto, e nelle qualit che esso esprime in termini di prestigio e di virt come base della obbligazione giuridica, parte prima, p.1 162. La trattazione estremamente critica e problematica appare bene attenta ai limiti del Diritto come spazio aperto ai valori della morale e dallapertura dello stato di Diritto avvalori interni ed esterni rispetto ad esso. Sulla base di tali premesse generali, collaudate da ampie discussioni sullincrocio tra Diritto e razionalit e sue prospettive meta-fisiche e teologiche, quasi in simbiosi di risultati tra nuovo gius-positivismo e nuovo gius-statualismo, in un sistema di carattere mondiale fondato sulla comunicazione operativa e dialogica tra le sue varie parti. A seguire la parte seconda sembra costituire una sintesi felice delle conclusioni della Scuola di Oxford e Scuola di Francoforte (cap. XIII-XVIII, p.163 290). Per lo studioso e loperatore giuridico del settore gius-pubblicistico, sia interno che internazionale la parte pi interessante senzaltro la terza (cap.
XIX-XXV,

p.291 - 434).

Occupandosi dei criteri razionali propri di una rule of law ottimale o perfetta lautore ne vede alcune applicazioni pratiche secondo lagenda di otto regole in discussione in otto problemi. Fra essi particolare significato assumono gli ultimi tre capitoli rispettivamente dedicati al Diritto internazionale e al Human rights, nonch alla sfera pubblica internazionale ed alle

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pertinenti conclusioni. Si tratta di una visione complessiva della cosiddetta societ globale nella quale il potere di produrre regole di Diritto appartiene ugualmente a soggetti storici e consolidati, come a nuovi attori della governance sia governativa che giudiziaria. LAutore dedica grande spazio ai grandi attori delleconomia monetaria e del commercio internazionale (FMIWTO Banca Mondiale) ma si occupa altres delle nuove autorit internazionali emergenti come i gruppi di Stati definiti in sigla
G20- G8-G14.

Trattasi di un sistema

complessivo a pluralit di centri di poteri, ancora in attesa di un suo equilibrio complessivo, talora sbilanciato sul versante dei poteri tecnici finanziari e delle autorit giudiziarie di salvaguardia dei Diritti naturali e fondamentali. Nellampio apparato dottrinale fondamentale lanalisi compiuta dallAutore sulle Scuole classiche del gius-naturalismo europeo del 6-700 e del conseguente gius-positivismo del 8-900. Ragioni pratiche inducono lAutore a prendere le mosse dalle classiche posizioni di Tommaso HOBBES (De-Cive, 1642). Di tale testo esiste una traduzione italiana comparsa nello stesso anno di pubblicazione dellopera qui recensita. Facendo ponte su quattro secoli di dottrina, la Scuola filosofica giuridica romana ben rappresentata dal nostro autore. Facendo seguito su opere precedenti egli si presenta come una vera e propria autorit del settore. E da questo libro, appare giusto augurare un gran successo di pubblico e di discussione accademica e politica, in attesa di una meritata ulteriore seconda edizione, ad esito del dibattito pubblico gi apertasi su unopera dottrinale di tanto spessore.

Prof. Massimo Panebianco Ordinario di Diritto internazionale

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