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Antropologia molecolare ed alimentazione

L’evoluzione culturale dell’alimentazione dal Pliocene fino ad oggi


Di Stefano Spagnulo

Introduzione
Capire la nostra evoluzione culturale alimentare ci può aiutare a determinare quali stili di vita
abbiamo assunto nel tempo, da quando l’uomo si è evoluto fino ad oggi.
È opinione oramai diffusa che oggi la nostra evoluzione biologica si sia arrestata e che al posto di
questa stia avvenendo quella culturale, e dato che il modo in cui ci nutriamo dipende dalla nostra
cultura diviene importante ricercare, studiare e infine capire in chiave evolutiva un ampio ramo
dell’antropologia culturale quale l’evoluzione culturale dell’alimentazione.
Ultimamente grazie a ricerche di genetica, biochimica e fisiologia stanno emergendo interessanti
dati che ci dicono come abbiamo vissuto e quali abitudini hanno modificato nel tempo. Possiamo
subito renderci conto che la parola chiave perché l’evoluzione culturale alimentare sia potuta
avvenire è “tecnologia”; grazie allo sviluppo di metodi e all’avvento di strumenti l’uomo ha potuto
cacciare, lavorare, cucinare e conservare il cibo.

Questo è avvenuto da, quando l’uomo si è alimentato, in altre parole da sempre!


Analizziamo passo per passo l’evoluzione culturale alimentare.

Alimentazione e genetica: quando il cibo fa bene e quando fa male;


Lo studio che andiamo ad affrontare ha due significati fondamentali: uno diretto e uno indiretto.
Il primo è quello di chiarire il rapporto che c’è tra nicchia ecologica e comportamento alimentare e
l’atro riguarda le possibili informazioni sui rapporti fra alimenti ed espressione dei geni quindi il
cibo e l’evoluzione biologica.
Come riporta il biochimico Giuseppe Rotilio, dell’università Tor Vergata di Roma, si è rivelata
molto utile l’osservazione delle malattie d’origine alimentare come diabete di tipo 2, obesità e
ipertensione e quali situazioni di carattere Darwiniano siano legate a queste patologie. Dati osservati
dallo stesso biochimico hanno permesso di ipotizzare che un buon periodo di selezione del genotipo
fosse avvenuto nel Paleolitico in risposta alla necessità di utilizzare al meglio l’abbondanza
d’alimenti proteici e ricchi di grasso dei periodi di gran disponibilità di cibo come forma morta:
carcasse di animali predati o di recente decomposizione.
Si è osservato che il fenotipo prodotto dall’espressione di alcuni tipi genetici è caratterizzato dalla
pronta stimolazione di insulina, ormone secreto dal distretto endocrino del pancreas (isole di
Langerhans) in seguito all’aumento del tasso ematico di glucosio. A quasto proposito si è preso in
considerazione un fenomeno preciso: il rigonfiamento delle cellule adipose genera segnali di sazietà
che, a livello del cervello, si percepiscono come cessazione di fame, e a livello dei tessuti, come
blocco dei meccanismi di assunzione di ulteriore glucosio dal sangue quale fenomeno di resistenza
all’insulina.
Alcune pubblicazioni apparse nel 1975 e nel 2004 hanno chiarito interessanti aspetti sul rapporto
mutazioni genetiche e abitudini. Vari autori affermano che la riduzione della massa muscolare
masticatoria è dovuta all’inattivazione di un gene della catena pesante della miosina, cioè della
parte della proteina principale del muscolo, che genera a livello muscolare la forza contrattile. Il
gene in questione è il myh 16 che codifica per la sintesi della proteina MYH 16, che costituisce la
catena pesante della miosina.
A differenza dei primati l’uomo possiede in questo gene una mutazione che impedisce l’accumulo
della proteina producendo una marcata riduzione dimensionale.

Il Pliocene: l’uomo è vegetariano;


Circa 5 – 2.5 milioni di anni fa gli ominidi esistenti sulla terra erano gli Ardipiteci, Australopiteci e
primi Parantropi. Vivevano prevalentemente in foreste umide, boschi e praterie, a regime di
precipitazioni moderato. L'alimentazione era frutti – folivora rappresentata cioè da frutti selvatici e
foglie ricche di acqua. L'uomo ricercava gli USO ( organi vegetali sotterranei). Era una dieta ricca
di carboidrati a rapido assorbimento.
È un regime ricco di carboidrati a rapido assorbimento, e quindi è probabile che queste specie non
sviluppassero la resistenza all’insulina, cioè disponessero del metabolismo capace do utilizzare
l’energia del glucosio senza accumulare troppi grassi. Ma paradossalmente, questa dieta è anche
ricca di carboidrati poco digeribili come cellulosa e lignine che rappresentano la fibra alimentare.
Inoltre questo regime è ricco di vitamina C che i primati hanno cessato di sintetizzare quasi
all’inizio della loro storia, 40 milioni di anni fa, proprio in relazione alla sua abbondanza nel cibo.
Così il gene pur mantenuto intatto è stato inattivato e la mutazione è stata selezionata in modo
positivo.

Le alternative alimentari del Paleolitico;


Dopo questo lunghissimo periodo (2.5 milioni di anni fa) l'uomo comincia a nutrirsi di cibi vegetali
sempre più consistenti. Si nota nei reperti fossili risalenti a 2.5 milioni di anni fa, si Homo habilis,
Paranthopus bosei e robustus un apparato masticatore molto possente. A un milione di anni fa
l'uomo si differenzia in ergaster. Il corpo si accresce, diviene alto. La dieta vira ad un utilizzo di
carne ma non cacciata, infatti l'uomo ricerca le larve di insetti nel terreno, parassite delle piante e
carne proveniente da carcasse di animali morti. Nascono le società di lavoratori e ricercatori di cibo.

Possibili stili alimentari dell’Homo erectus;


In questo periodo si osserva una stretta coincidenza tra la forte variazione climatica verso il freddo e
asciutto con la comparsa di ominidi di più alta statura che permetteva la comparsa delle ghiandole
sudoripare. Il corpo in questione richiede un sistema osteomuscolare molto più sviluppato e questo
è solo possibile grazie ad un viraggio ad una dieta decisamente carnea, ricca di proteine facilmente
utilizzabili. Inoltre si ha un ridotto sviluppo del complesso dentale dovuto al fatto che masticare la
carne è molto più semplice rispetto al passato. Si ha una nuova forma di torace che implica una
riduzione della lunghezza dell’intestino che è strettamente legata al cambiamento della dieta.
Intestini molto lunghi servono ad estrarre nutrienti da cibi ricchi di fibra alimentare, resistente
all’azione dei nostri enzimi digestivi, e che necessita di una lunga permanenza nel tubo digerente.
Intestini sempre più brevi si ritrovano invece in mammiferi a crescente grado di carnivorismo
perché la carne è un alimento ad alta densità di nutrienti e provvisto di rapida digeribilità.

L’avvento della cottura dei cibi;


A 1.6 – 1.4 milioni di anni fa l'uomo si evolve in erectus e impara a cuocere gli alimenti per
conservagli meglio e per renderli più mangiabili e appetibili.
L’allungamento del tempo di preparazione di un alimento è compensato dall’abbreviamento dei
tempi di masticazione e di digestione dell’alimento. I cibi vegetali perdono consistenza dalle pareti
cellulari di cellulosa così che molti nutrienti diventano più accessibili alla digestione e
all’assorbimento. L’amido e le proteine contenuti nei tuberi e nei semi subiscono processi di
denaturazione e che portano all’alimento la caratteristica di essere più facilmente attaccabile da
enzimi digestivi.

Una buona dieta porta ad un buon cervello;


Circa 600.000 anni fa nascono l'Homo heidelbergensis, neardertalensis e sapiens. L'uomo caccia
attivamente.
L’ Homo ergaster si differenzia in ominidi superiori e l’alimentazione risulta essere molto simile a
quella delle scimmie attuali con l’aggiunta di un fattore determinante: l’uomo si alimenta sia di
carne che di vegetali apportando in modo completo tutti i nutrienti. Si ha una relativa
normalizzazione dell’espansione cerebrale da erectus in poi e ritorno di grado di encefalizzazione
(EQ) molto simile a quello degli australopiteci. L’uomo comincia a cibarsi sempre più di grasso che
risulta utile per superare i periodi di forte freddo. I grassi speciali vengono prelevati dalle acque e
dai litorali e questa risulta essere la chiave nutrizionale per un grande cervello. Il pesce risulta
essere infatti apportatore degli omega.

Il neolitico: l’avvento della tecnologia del Breeding e lo sviluppo dell’agricoltura.


Gli studi di genetica e di biologia molecolare hanno dimostrato che il frumento, il riso e il mais,
come l’orzo, miglio, sorgo e latri cereali sono molto imparentati, più di quanto si pensasse. Da
questo si comprende che se si progredisce a livello tecnologico e colturale una coltura se ne può
migliorare un’altra. Il miglioramento è legato alla possibilità di sfruttare il patrimonio genetico degli
antenati selvatici incorociandoli con le varietà moderne.
I cereali si sono differenziati tra 50 e 70 milioni di anni fa, migrando verso regioni del mondo
geograficamente distinte. A partire da circa 10.000 anni fa, gli agricoltori del Mezzaluna Fertile
cominciarono a coltivare il frumento, e 1000 anni più tardi, nella regione che corrisponde al
Messico, si iniziò a coltivare u n progenitore dell’attuale mais. Gli antichi cinesi coltivavano il riso
più di 8000 anni fa.
Con la domesticazione di queste piante, i nostri antenati cominciarono a selezionare le coltivazioni
che conosciamo attraverso un processo molto simile alla moderna ibridazione. A partire dalle
varietà selvatiche, essi seminarono e incrociarono le piante che avevano le proprietà migliori, come
la presenza di chicchi più grossi o più numerosi.
Le piante che non disperdevano i loro semi, per esempio, erano, molto convenienti, perché era più
facile raccoglierli, anche se questo ne rendeva la diffusione dipendente dagli uomini. I primi
coltivatori selezionarono le piante anche in base alle loro qualità nutritive, come la presenza di semi
con un rivestimento sottile, più digeribile, e varietà di mais più adatte a produrre farina. In questo
modo, le piante coltivate si differenziarono sempre più dalle loro progenitrici, tanto che era molto
difficile che si incrociassero tra loro. Il mais attuale divenne il suo antenato, il teosinto, che la sua
origine è stata materia di discussione fino a tempi recenti.

Perché è complesso lavorare sul DNA antico?


Il motivo principale di quando si lavora su DNA antico è prima di tutto la contaminazione, un reale
intoppo per i primi anni in cui l’antropologia molecolare ha avuto avvento.
Quando si lavora con DNA proveniente da fossili si è a contatto sicuramente con materiale genetico
degradato che è complesso da studiare a livello molecolare, dotato non poco di interruzioni dovute.
Fortunatamente la difficoltà è stata appagata dal fatto dell’esistenza di alcune tecnologie come la
PCR (reazione a catena della polimerasi) che ha permesso di mettere a disposizione sequenze e
tratti genetici da analizzare in quantità soddisfacenti, atte a risolvere il problema della reperibilità
scarsa con cui si deve far fronte quando si lavora con questi campioni.
Sono attualmente editi i criteri dell’autenticità dei campioni per antropologia molecolare su
numerose riviste.
Grazie all’avvento del DNA Metagenomico oggi si può inoltre studiare il DNA fossile umano con
alta affidabilità e precisione. Si tratta effettuare il clonaggio genico di tratti di DNA umano, inserire
le sequenze in DNA circolare e permettere l’amplificazione delle stesse. Successivamente le
sequenze di DNA fossile umano vengono marcate con sonde di DNA umano marcato. Viene
effettuata quindi l’ibridazione e grazie a questa si riescono a rilevare e isolare le sequenze di DNA
fossile e infine sequenziate. Grazie a questa procedura tuttora è possibile studiare il genoma del
Neandertal.
La nostra alimentazione oggi: in una bella giornata

In una bella giornata passeggiamo nella folla costituita da persone che cercano di comprare dei
prodotti alimentari come frutta o pesce, e in particolare, vicino una bancarella dove si compra della
frutta notiamo due individui molto differenti d’età. Un signore che avrà all'incirca ottanta anni e un
ragazzo di venticinque. Proviamo a porgli delle domande: quali stili d’alimentazione assumono
durante la settimana? Quando lei aveva la stessa età di questo bel ragazzo, cosa mangiava?
Posso assicurarvi che è una bell’esperienza poiché quando si pongono questi tipi di domande ai
signori anziani hanno passione a spiegare agli individui più giovani le loro usanze e stili di vita,
commentare ciò che loro hanno costruito, quello che ricordano, rimpiangono e desiderano si
potesse. In più dalla conversazione avvenuta potrete scorgere un altro aspetto importante: la netta
differenza che c'è tra gli stili di vita alimentari dei due individui, non solo odierni, ma soprattutto su
ciò che il signore anziano mangiava, quando aveva venticinque anni. L'evoluzione culturale e in
particolare quell’alimentare fa passi da gigante in soli dieci anni. In poco tempo possiamo
accorgerci che il modo di nutrirci cambia, dovuto al fatto che l'evoluzione tecnologica cambia, la
produzione agricola aumenta sia in quantità ma soprattutto in termini di qualità, dall'altra parte i
consumatori desiderano un alimento che è di qualità, e di qualità ne possiamo intendere di differenti
tipi: nutrizionale, edonistica e sensoriale, d’uso e servizio.
Il consumatore desidera magari un pranzo veloce e comodo, un alimento che si trasporta meglio e
che si cuocia subito, oppure tutte quante le cose e in più che fa bene.
Per raggiungere quest’obiettivo lavorano i tecnologi delle produzioni alimentari: biologi,
agricoltori, agronomi, veterinari per citare qualche esempio, persone che cercano di raggiungere gli
obiettivi prefissati.
Torniamo un attimo a parlare dei nostri due intervistati e ricordiamo i quesiti a loro riproposti:
Quali stili d’alimentazione assumono durante la settimana?
Anziano: Io mangio molte verdure e frutta, poca carne, e cerco di bere molta acqua. Adoro bere un
bicchiere di vino a pranzo. Insomma cerco di propormi uno stile d’alimentazione analogo a quello
di, quando ero più giovane, proprio come lui ( indica il ragazzo). A volte nel corso della settimana
mangio legumi, verdura lessa condita con olio d’oliva, con pane. Adoro la pasta fatta in casa
cucinata con un bel sugo fresco di pomodori. Il pesce lo mangio più di frequente rispetto a, quando
ero giovane, prima non ce lo potevamo permettere, del resto come la carne. La mangiavo massimo
una o due volte al mese.
Ragazzo: Mi alzo e mi propongo una colazione con un solo caffé, al massimo un croissant, in ogni
modo molto veloce, per il semplice motivo che vado a lavorare presto e non si ha molto tempo per
fare una colazione lunga e prolungata. Per quanto riguarda il pranzo mangio un primo composto
essenzialmente da pasta, condimento variabile da giorni a giorni, associata a sughi o a legumi o
patate. Come secondo piatto mangio carne molto spesso rossa, preferisco un' abbondante porzione.
Nel pomeriggio bevo un caffé con amici e la sera mangio una pizza o un panino presso un fast-food.
In ogni modo non mangio molto pesce, frutta e verdura. I legumi non mi piacciono per niente.

Quando lei aveva la stessa età di questo bel ragazzo, cosa mangiava?
Naturalmente ci riferiamo solo alla persona anziana...
“Certamente non mangiavo tanta carne quanta se ne mangiava oggi, e non assumevo gli stessi
comportamenti che assumeva il ragazzo. Come le ho già detto la carne costava tanto e non ce la
potevamo permettere ogni giorno. Mangiavamo molti legumi che erano facilmente reperibili ed
economici. Ci piacevano, non li mangiavamo solo per un caso di necessità. Ci facevano bene ed
erano facili da digerire, perlomeno io li digerivo abbastanza, in particolari piselli, fagioli e ceci.
Soffrivamo poco di patologie dentarie e di tutte quelle malattie come il cancro. Lavoravamo all'aria
aperta in campagna, producevamo il vino, l'olio e c'erano poche industrie.”.
Possiamo renderci conto subito che la dieta assunta dalla persona anziana è più equilibrata rispetto a
quella del ragazzo, infatti, mangiando più legumi e verdura ci alimentiamo di carboidrati che sono
la risorsa più diretta e facilmente reperibile d’energia, in particolare i legumi contengono una serie
di sostanze interessanti: carboidrati, proteine aventi funzione plastica e biochimica importantissima
e lo xilolo, un composto derivante nel gruppo degli alcoli che ha un'azione benefica per i nostri
denti, non per niente è contenuto in tutti i nostri dentifrici.
Assumeva associato a verdura e legumi, l'olio d’oliva, un toccasana per l'apporto di trigliceridi che
rappresentano una forma di riserva di energia utilizzabile quando i carboidrati non sono disponibili.
Riguardo alla carne se n’assumeva poca e questo non è per niente un male. Secondo un recente
studio d’oncologia chi assume quotidianamente più d’ottanta grammi, di carne rossa, in particolare
vitello e maiale, per tutta la settimana ha un'alta probabilità di produrre radicali liberi che
rappresentano una delle cause dei tumori all'intestino.
Bibliografia
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D. Cavalli Sforza, Piazza, Menozzi, Storia e geografia dei geni umani, ed. Adelphi.
E. Biondi G., Martini F., Rickards O., Rotilio G., In carne ed Ossa, Edizioni Laterza.
F. A.A.V.V., Speciale “DNA Antico” in Darwin n° 21, Settembre/Ottobre 2007.
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