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Appunti di Algebra

(versione provvisoria incompleta) A. Carboni Ottobre 2000

Capitolo 1 Funzioni e Contare


1.1 Funzioni e composizione di funzioni

Non deniamo che cosa ` e un insieme, lasciando ad ognuno immaginare esempi particolari di insiemi: linsieme dei punti di una retta, linsieme dei numeri razionali, linsieme di tutti i movimenti rigidi del piano, linsieme dei simboli di un linguaggio, e cos` via. Indicheremo gli insiemi con lettere maiuscole A, B, . . . , X, Y , ecc., mentre scriveremo a A, x X , ecc. per indicare che un certo elemento a (risp. x) appartiene allinsieme A (risp. X ). La pi` u importante nozione che si considera per gli insiemi ` e quella di funzione (o anche applicazione o morsmo): una funzione da un insieme A ad un insieme B ` e una qualunque legge o regola f che associa ad ogni elemento di A uno ed un solo elemento di B . Gli insiemi A e B sono chiamati rispettivamente dominio e codominio della funzione f . Per indicare che f ` e una funzione di dominio A e di codominio B , scriveremo: f : A B e, se a A, indicheremo con f (a) lunico elemento di B che f associa ad a. Lelemento f (a) di B si chiama immagine di a nella funzione f o anche valore assunto da f sullelemento a di A. Per le funzioni vale il seguente Principio di estensionalit` a: due funzioni f, g : A B sono uguali se e solo se per ogni elemento a A si ha f (a) = g (a). 1

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

L operazione fondamentale denita per le funzioni ` e la composizione: se f : A B , g : B C sono due funzioni tali che il codominio della prima ` e uguale al dominio della seconda, allora la regola che consiste nellassociare ad ogni elemento a A lelemento g (f (a)) di C denisce una funzione gf : A C che chiamiamo composizione di f e g e che protremo leggere anche come g segue f . Se h: C D ` e unaltra funzione componibile con g , allora le due composizioni (hg )f e h(gf ) esistono ed il principio di estensionalit` a assicura che (hg )f = h(gf ) , poich` e entrambi i membri valgono h(g (f (a))) per ogni a A, cio` e che vale la associativit` a della composizione di funzioni. Laltra importante propriet` a della composizione di funzioni ` e lesistenza della funzione identit` a, cio` e per ogni insieme X lesistenza di una funzione: 1X : X X denita da 1X (x) = x , con la propriet` a che per ogni funzione f : Y X e per ogni funzione g : X Z si ha: 1X f = f e g 1X = g ,

come si dimostra facilmente, ancora una volta usando il principio di estensionalit` a per le funzioni. Si osservi che la funzione identit` a` e unica, nel senso che se esistesse unaltra funzione 10X con le propriet` a di identit` a, allora 1X = 10X ; infatti: 1X 10X = 10X , perch` e 1X ` e identit` a a sinistra e 1X 10X = 1X , perch` e 0 1X ` e identit` a a destra.

1.2. MONO, EPI, ISO, ENDO E AUTO (MORFISMI)

1.2

Mono, epi, iso, endo e auto (morsmi)

Osserviamo che per dimostrare lunicit` a della funzione identit` a su X sarebbe bastato richiedere le propriet` a di identit` a solo per le funzioni f, g : X X . Tali funzioni, quelle cio` e il cui dominio ` e uguale al codominio, sono dette endofunzioni o endomorsmi. Un altro importante concetto, che si esprime solo in termini di composizione di funzioni e delle funzioni identit` a` e quello di isomorsmo. Una funzione f : X Y ` e un isomorsmo, o una funzione invertibile, se esiste una funzione g : Y X tale che gf = 1X cio` e tale che g (f (x)) = x e f (g (y )) = y per ogni x X e y Y . Anche in questo caso si dimostra lunicit` a di 0 una tale funzione g ; se esistesse unaltra funzione g : Y X per cui g 0 f = 1X e f g 0 = 1Y , allora g = g 0 : g = 1X g = (g 0 f )g = g 0 (f g ) = g 0 1Y = g 0 . Si osservi che abbiamo in realt` a dimostrato una propriet` a pi` u generale, perch` e abbiamo usato solo due delle quattro equazioni nelle ipotesi. Si noti anche che nella dimostrazione si usa la associativit` a della composizione di funzioni e, come vedremo, in modo essenziale. La funzione g con le propriet` a di essere inversa a f , quando esiste, ` e detta fun1 zione inversa di f e viene usualmente denotata con f . Inne, se e un isomorsmo, essendo f f : X Y ` e un isomorsmo, anche f 1 ` 1 1 stessa la sua funzione inversa e dunque (f ) = f . Un endomorsmo di un insieme X che sia anche un isomorsmo viene detto automorsmo o anche permutazione di X . Teorema 1.2.1 Una funzione f : X Y ` e un isomorsmo se e solo se vale la propriet` a: per ogni y Y esiste un solo x X tale che f (x) = y . e f g = 1Y ,

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

Dimostrazione. Supponiamo che f sia un isomorsmo, cio` e che esista una (unica) funzione f 1 : Y X tale che f f 1 = 1Y e f 1 f = 1X . Dato un y Y , deniamo x come lelemento x = f 1 (y ); dobbiamo mostrare che f (x) = y e che x ` e lunico elemento con tale propriet` a. In 1 base alla denizione di x e per il fatto che f f = 1Y , si ha: f (x) = f (f 1 (y )) = y ; se x0 ` e un altro elemento per cui f (x0 ) = y , allora: 1 1 0 x = f (y ) = f (f (x )) = x0 , poich` e f 1 f = 1 X . Viceversa, se f : X Y ` e una funzione che soddisfa la propriet` a espressa dal teorema, deniamo f 1 : Y X come la funzione che ad ogni y Y associa lelemento f 1 (y ) dato dallunico x X tale che f (x) = y . Dobbiamo far vedere che f 1 cos` denita ` e tale che f f 1 = 1 1Y e f f = 1X . La prima delle due uguaglianze segue direttamente dalla denizione di f 1 , mentre la seconda si ottiene dalla condizione di unicit` a. q Questo teorema si pu` o enunciare anche dicendo che un ismorsmo f : X Y realizza una corrispondenza biunivoca tra gli elementi di X e quelli di Y . Unultima importante propriet` a degli isomorsmi ` e la seguente: se f : A B e g : B C sono due isomorsmi, allora la composizione A f
-

` e un isomorsmo, perch` e si dimostra che la sua funzione inversa ` e C Infatti: (gf )(f 1 g 1 ) = ((gf )f 1 )g 1 = (g (f f 1 ))g 1 = = (g 1B )g 1 = gg 1 = 1C e similmente (f 1 g 1 )(gf ) = 1A . Si noti inne che la funzione identit` a 1X : X X ` e un isomorsmo e dunque un automorsmo, essendo la funzione inversa ancora lidentit` a. g 1 B f 1 A.

1.3. ESERCIZI

Analizzando la propriet` a espressa dal precedente teorema, si pu` o constatare che essa ` e in eetti la congiunzione di due distinte propriet` a che una funzione f : X Y pu` o avere: (E): per ogni y Y esiste un x X tale che f (x) = y ; (M): per ogni coppia di elementi x e x0 di X , se f (x) = f (x0 ), allora x = x0 . Le funzioni che soddisfano solo la propriet` a (E) vengono dette funzioni suriettive (o anche epimorsmi, o pi` u semplicemente epi), mentre quelle che soddisfano la propriet` a (M) vengono dette funzioni iniettive (o anche monomorsmi, o pi` u semplicemente mono). Il precedente teorema pu` o dunque essere enunciato anche nel modo seguente: una funzione ` e un isomorsmo se e solo se ` e contemporaneamente iniettiva e suriettiva.

1.3

Esercizi
X f
-

1. Siano Y g
-

due funzioni componibili; si dimostri che se f e g sono entrambe iniettive (risp. suriettive), allora la composizione gf ` e iniettiva (risp. suriettiva). 2. Con le notazioni dellesercizio precedente, si dimostri che se la composizione gf ` e iniettiva, allora f ` e iniettiva e che se gf ` e suriettiva, allora g ` e suriettiva. 3. Si dimostri che una funzione f : X Y ` e iniettiva se e solo se vale la seguente propriet` a: per ogni coppia di funzioni x, y : U X , se f x = f y allora x = y . 4. Si provi che f ` e suriettiva se e solo se per ogni coppia di funzioni u, v : Y Z , se uf = vf allora u = v .

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

1.4

Insiemi niti

Se n ` e un numero intero, indichiamo con [n] linsieme nito standard con n elementi [n] = {1, 2, ..., n}; diremo che un insieme X ` e un insieme nito con n elementi se esiste una corrispondenza biunivoca x: [n] X tra linsieme standard con n elementi e X ; una tale corrispondenza biunivoca ` e anche detta enumerazione di X e viene spesso indicata semplicemente con {x1 , x2 , ..., xn }; in tal caso diremo anche che n ` e la cardinalit` a di X e scriveremo |X | = n. Dunque |[n]| = n e, pi` u in generale, esiste una corrispondenza biunivoca f : X Y se e solo se |X | = |Y | (si veda lesercizio 1.5.2). Per meglio comprendere le nozioni di isomorsmo, monomorsmo ed epimorsmo introdotte nel precedente paragrafo, cerchiamo di risolvere il seguente problema di conteggio: dati due insiemi niti X e Y , dare una formula esplicita per la cardinalit` a dei seguenti insiemi niti: 1. linsieme costituito da tutte le funzioni f : X Y , che indicheremo con la notazione esponenziale Y X , 2. linsieme Mono(X, Y ) di tutti i monomorsmi X Y , 3. linsieme Iso(X, Y ) di tutti gli isomorsmi X Y , 4. linsieme Epi(X, Y ) di tutti gli epimorsmi X Y , in termini della cardinalit` a degli insiemi X e Y . Per quanto riguarda il problema 1, un semplice ragionamento porta a concludere che |Y X | = |Y |jX j . Infatti, una funzione f : X Y ` e completamente determinata quando per ogni x X sia dato lelemento f (x) Y ; poich` e per ogni x X lelemento f (x) di Y pu` o essere scelto in |Y | modi distinti, si ha la formula precedente. Dunque in particolare |[n][m] | = nm .

1.4. INSIEMI FINITI

Osserviamo che per i problemi di conteggio ` e suciente assumere che gli insiemi niti in questione siano gli insiemi niti standard [n]. Cerchiamo dunque di determinare il numero n(m) = |Mono(m, n)| delle funzioni iniettive f : [m] [n]. Ora, il valore f (1) di una tale funzione f su 1 pu` o essere scelto in n modi distinti, mentre il valore f (2) su 2 pu` o essere scelto solo in (n 1) modi, perch` e la condizione di iniettivit` a per f implica che il valore gi` a scelto per f (1) non possa pi` u essere assunto da f . In denitiva, le scelte possibili per i valori di f su 1 e 2 sono n(n 1); cos` continuando si trova che: n(m) = n (n 1) (n 2) (n m + 1) . Si osservi che in particolare si ha n(m) = 0, se m ` e maggiore di n e che in particolare, se m = n, si ha: n(n) = n! = n (n 1) (n 2) 2 1 . Dunque il numero n! (che si legge fattoriale di n od anche n fattoriale) conta il numero di tutte le funzioni iniettive : [n] [n]. Ma: Teorema 1.4.1 Se X ` e un insieme nito, allora un endomorsmo : X X di X ` e iniettivo se e solo se ` e suriettivo. Dimostrazione. Sia iniettivo e sia y X ; se y = (y ) allora esiste un x tale che (x) = y (basta prendere x = y ); se y = (y ) = x1 , allora anche (y ) = (x1 ) = x2 , perch` e` e iniettiva; similmente anche x3 = e diverso da tutti precedenti; dunque continuando ad applicare (x2 ) ` si ottengono tutti elementi distinti di X ; ma poich` eX ` e nito, ad un certo punto si dovr` a riottenere anche y come (xk ); dunque ` e suriettiva. Viceversa, supponiamo che non sia iniettiva; dunque esistono x X e x0 X con x = x0 e (x) = (x0 ). Perci` o il numero degli elementi di X della forma y = (x) deve essere strettamente minore del numero degli elementi di X ; dunque non pu` o essere suriettiva. q

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

Dunque, il numero n! conta il numero degli endomorsmi iniettivi di [n], perci` o degli automorsmi di n; tale insieme ` e spesso indicato con Sn ed i suoi elementi sono anche chiamati permutazioni di [n]; riassumendo si ha:

|Sn | = n! . Si osservi che se X ` e un insieme di cardinalit` a n, allora il numero delle enumerazioni [n] X di X ` e ancora n!. Inne, osserviamo che la propriet` a degli insiemi niti espressa nel precedente teorema non contiene alcun riferimento ai numeri naturali, ma solo ad una propriet` a delle loro endofunzioni. Essa potrebbe essere presa come denizione di insieme nito senza che si debba assumere lesistenza dei numeri naturali. Il lettore interessato pu` o domandarsi se in presenza dei numeri naturali le due denizioni sono equivalenti e se, non assumendo lesistenza dei numeri naturali, quante delle propriet` a degli insiemi niti che useremo nel seguito possono essere dimostrate solo a partire dalla denizione espressa nellenuciato del teorema. Il problema di contare il numero Epi(X, Y ) degli epimorsmi tra due insiemi niti X e Y ` e un p` o pi` u complicato e lo aronteremo nei prossimi paragra.

1.5

Esercizi

1. Si elenchino esplicitamente gli elementi di Mono([2],[4]), S2 e S3 . 2. Siano X e Y insiemi niti. Si provi che se |X | ` e maggiore di |Y |, allora non esistono funzioni iniettive f : X Y . Similmente, se |X | ` e minore di |Y |, allora non esistono funzioni suriettive f : X Y . In particolare, se f : [n] [m] ` e un isomorsmo, allora n = m.

1.6. IL RETICOLO DEI SOTTOINSIEMI DI UN INSIEME

1.6

Il reticolo dei sottoinsiemi di un insieme

Se X ` e un insieme, che cosa sia un sottoinsieme di X ` e del tutto intuitivo: diremo che un insieme U ` e un sottoinsieme di X (o anche che ` e una parte di X ) e scriveremo U X (che leggeremo U ` e contenuto in X ) se ogni elemento di U ` e anche un elemento di X . Naturalmente, se per un altro insieme V si ha V U , allora si ha anche V X . Inoltre, per i sottoinsiemi di un insieme X vale il seguente: Principio di estensionalit` a: siano U X e V X ; allora U = V se e solo se U e V hanno gli stessi elementi, cio` e se e solo se per ogni x X si ha: x U se e solo se x V . Indicheremo linsieme dei sottoinsiemi di X con la notazione PX. Per meglio comprendere la nozione di sottoinsieme di un insieme, risolviamo il problema di contare il numero dei sottoinsiemi di un insieme nito X . Allo scopo cerchiamo di ridurre il problema ad un problema di conteggio di funzioni del tipo che abbiamo gi` a risolto, mediante la seguente osservazione. Sia 2 linsieme 2 = {0, 1} dei valori di verit` a 1 = vero e 0 = falso. Se U X , possiamo considerare la sua funzione caratteristica cU : X 2 denita da: cU (x) = 1 se x U 0 se x /U

(x / U signica che x non appartiene ad U ). Viceversa, ogni funzione c: X 2 denisce un unico sottoinsieme Uc X tale che cUc = c,

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CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

mediante Uc = {x X |c(x) = 1}. Dunque la costruzione della funzione caratteristica di un sottoinsieme stabilisce una corrispondenza biunivoca tra linsieme PX dei sottoinsiemi di X e linsieme 2X delle funzioni c: X 2. Perci` o |PX | = |2X | = 2jX j . ed in particolare |P[n]| = 2n . Spesso, come abbiamo fatto per Uc , indicheremo un sottoinsieme di un insieme X denito da una propriet` a P degli elementi di X , con la notazione UP = {x X |P (x)} da leggersi linsieme U degli elementi x X per cui la propriet` aP` e vericata. Per meglio comprendere la dierenza tra la nozione di sottoinsieme e quella di funzione iniettiva, risolviamo il seguente problema di conteggio: dare una formula esplicita per il numero dei sottoinsiemi di [n] aventi k elementi. Per determinare tale numero ragioniamo come segue: se f : [k ] [n] ` e una funzione iniettiva, linsieme I (f ) = {f (1), f (2), . . . , f (k )} dei suoi valori ` e certamente un sottoinsieme di [n] avente k elementi, poich` e f ` e iniettiva; tuttavia, se : [k ] [k ] ` e una permutazione di [k ], la funzione iniettiva f : [k ] [n] che si ottiene per composizione denisce lo stesso sottoinsime di [n]: infatti in I (f ) = {f ( (1)), f ( (2)), . . . , f ( (k ))} compaiono ancora tutti e soli gli elementi di I (f ); dunque esistono k ! funzioni iniettive [k ] [n] che determinano lo stesso sottoinsieme di [n] con k elementi. Perci` o, dato che ogni sottoinsieme di [n] con k elementi determina una funzione iniettiva [k ] [n], indicando con n il numero dei sottoinsiemi di [n] k con k elementi e ricordando che abbiamo indicato con n(k) il numero delle funzioni iniettive [k ] [n], si ha che k!
n k

= n(k) .

Ancora, ricordando la formula per n(k) si ha:

1.6. IL RETICOLO DEI SOTTOINSIEMI DI UN INSIEME

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n k

n(n1) (nk+1) k!

n! k!(nk)!

Si osservi che

n =1 e 0

n = 1, n

poich` e per ogni insieme X esiste un unico sottoinsieme senza elementi ed un unico sottoinsieme che ha gli stessi elementi di X . sono chiamati coecienti binomiali; non ` e dicile I numeri n k convincersi che essi hanno un carattere combinatorio: essi esprimono il numero di modi possibili di eettuare una scelta di k oggetti distinti su n oggetti dati, in modo che due scelte dieriscano per almeno un oggetto. Sullinsieme PX delle parti di un insieme X sono denite le usuali operazioni di intersezione, unione e complemento. Se U X e V X , si deniscono i sottoinsiemi: U V = {x X |x U e x V } U c = X U = {x X |x / U }. U V = {x X |x U o x V } (intersezione) (unione) (complemento)

Due sottoinsiemi che ogni insieme X possiede sempre (sottoinsiemi impropri) sono il sottoinsieme vuoto ed il sottoinsieme totale, cio` e X stesso. Usando il principio di estensionalit` a per i sottoinsiemi pu` o essere un utile esercizio dimostrare le seguenti identit` a per le operazioni di intersezione, unione e complemento di sottoinsiemi U , V e W di X : (U V ) W = U (V W ), (U V ) W = U (V W ) (associativit` a) U V = V U, U V = V U U = U, X U = U U U = U, U U = U (commutativit` a) (idempotenza)

(elemento neutro)

U (V W ) = (U V ) (U W ) (distributivit` a) U U c = X, U U c = . (complemento)

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CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

1.7

Esercizi

1. Sia X un insieme nito e siano U e V due suoi sottoinsiemi; si provi che: |U V | + |U V | = |U | + |V | |U c | = |X | |U |. 2. Si dimostrino le identit` a:
n i=0

n = 2n i

n n = k nk n k k nm = m km n , m

con argomenti di carattere puramente combinatorio usando linterpretazione dei coecienti binomiali come numero dei sottoinsiemi con assegnata cardinalit` a (si usa la tecnica di mostrare che entrambi i membri delluguaglianza contano gli stessi sottoinsiemi). 3. Un torneo a k turni ` e una gara in cui ogni squadra incontra ogni altra esattamente k volte. Si determini il numero P (n, k ) delle partite da giocare tra n squadre in un torneo a k turni.

1.8

La formula del binomio di Newton


X +Y

Dati due insiemi X e Y si denisce la loro somma (disgiunta)

come linsieme i cui elementi sono quelli di X e quelli di Y , con lulteriore clausola che se un elemento appartiene ad entrambi gli insiemi esso va contato due volte, una come appartenente ad X ed una come

1.8. LA FORMULA DEL BINOMIO DI NEWTON

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appartenente ad Y . Dunque, in particolare, se X e Y sono insiemi niti si ha: |X + Y | = |X | + |Y |. Se gli insiemi niti X e Y sono gli insiemi niti standard [n] e [m], allora |[n] + [m]| = |[n + m]| = n + m. La nozione di somma X + Y di due insiemi X e Y pu` o essere ` e data in modo formalmente preciso nel modo seguente: esistono due funzioni iX : X X + Y , iY : Y X + Y

(dette iniezioni), che soddisfano la seguente propriet` a (universale): (P): per ogni insieme Z e per ogni coppia di funzioni f : X Z esiste una ed una sola funzione f g : X + Y Z , g : Y Z

tale che f i =f e f i = g. g X g Y In altre parole, la composizione con le iniezioni denisce una corrispondenza biunivoca tra le funzioni X + Y Z e le coppie ordinate di funzioni X Z, Y Z . Dunque, in particolare, se X , Y e Z sono insiemi niti si ha: |Z X +Y | = |Z X | |Z Y |. Descrivere le funzioni che hanno per dominio una somma disgiunta ` e semplice: segue direttamente dalla denizione di somma. Un po pi` u complicato ` e invece descrivere le funzioni che hanno per codominio una

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CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

somma. Se V X e W X sono due sottoinsiemi di X che siano disgiunti (cio` e V W = ), allora V W = V + W. Dunque, se X ` e un insieme nito e U X ` e un suo sottoinsieme, allora per ogni insieme nito Z si ha: |Z X | = |Z U | |Z U |. Se f : T X + Y ` e una funzione da un insieme T ad una somma di insiemi X + Y , allora detti U e V i sottoinsiemi di T deniti da U = {t T |f (t) X } , V = {t T |f (t) Y }
c

si ha che V ` e il complementare U c di U e che f denisce una coppia di funzioni fX : U X e fY : U c Y . Viceversa, dato un sottoinsieme U di T , una coppia di funzioni fX : U X e fY : U c Y denisce ununica funzione f : T X + Y . Dunque assegnare una funzione f : T X + Y equivale ad assegnare un sottoinsieme U T ed una coppia di funzioni U X e U c Y . Ne segue che se [n], [a] e [b] sono tre insiemi niti standard, allora le funzioni [n] [a] + [b] possono essere contate nel modo seguente: si contano dapprima le funzioni [n] [a]+[b] che mandano un sottoinsieme assegnato U [n] di cardinalit` a k in [a], il cui numero in base al ragionamento precedente risulta essere ak bnk ; poi si osserva che, dato che il numero dei sottoinsiemi di cardinalit` ak n ` e k , il numero delle funzioni che mandano un arbitrario sottoinsieme di [n] di cardinalit` a k in [a] ` e n k nk a b ; k ` e chiaro che per ottenere il numero di tutte le funzioni [n] [a] + [b] bisogna sommare tali numeri rispetto a tutte le possibili cardinalit` a dei

1.9. ESERCIZI sottoinsiemi di n; dunque (a + b)n =


n k=0 n k

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ak bnk .

Questa formula ` e chiamata formula del binomio di Newton (per i numeri naturali). Vedremo in seguito come essa si estende a tutti i numeri interi a e b e, pi` u in generale, ad ogni coppia di elementi permutabili a e b di ogni anello.

1.9

Esercizi

1. Si denisca esplicitamente un isomorsmo [n] + [m] [n + m]. 2. Si dimostri la seguente identit` a: n+1 n n = + ; k+1 k+1 k (suggerimento: si ripartiscano i sottoinsiemi U [n + 1] in due classi determinate dalla condizioni (n +1) U oppure (n +1) /U e si contino i sottoinsiemi di ciascuna classe). 3. Si provi che se X e Y sono due insiemi niti, allora |P(X + Y )| = |PX | |PY |. 4. Si provi la seguente identit` a (convoluzione di Vandermonde):
k m+n m = k i i=0

n . ki

(Suggerimento: ogni sottoinsieme di [m] + [n] con k elementi si pu` o ottenere scegliendo un sottoinsieme di [m] con i elementi ed un sottoinsieme di [n] con (k i) elementi). 5. Si provi la seguente identi` a:
n n+1 i = . k+1 i=k k

16 6. Si provi che

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

k i=0

(1)i

k = k,0 , i

essendo k,h il simbolo di Kronecker: k,h = 0 se k = h e k,h = 1 se k = h. (Suggerimento: assumendo che, come ` e stato preannunciato, la formula del binomio di Newton ` e valida anche per gli interi sia positivi che negativi, la si applichi a (1 1)k e si osservi che (1 1)k = 0 se k = 0, mentre (1 1)0 = 1).

1.10

Funzioni monot` one


1 < 2 < 3 < < n

Gli insiemi standard [n] hanno un ordine naturale sui loro elementi:

e accade in pratica di dover considerare funzioni f : [n] [m] che rispettano tale ordine (funzioni monot` one (non decrescenti)), cio` e funzioni che soddisfano: se i < j allora f (i) f (j )

per ogni i, j [n] (il simbolo signica minore o uguale ). Ancora, poniamoci il problema di contare il numero Dn,m delle funzioni monot` one non decrescenti f : [n] [m]. Lemma 1.10.1 Dn,m = m+n1 . n

Dimostrazione. Se f : [n] [m] ` e una funzione monot` ona, consideriamo la funzione g : [n] [m + n 1] cos` denita: g (1) = f (1), g (2) = f (2) + 1, ... , g (n) = f (n) + n 1.

Tale funzione g ` e ancora monot` ona, ma in pi` u` e anche iniettiva. Viceversa, data una funzione g : [n] [m + n 1] che sia monot` ona ed

1.11. ESERCIZI

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iniettiva (dunque g (1) < g (2) < < g (n)), si ottiene una funzione monot` ona f : [n] [m] mediante: f (1) = g (1), f (2) = g (2) 1, ... , f (n) = g (n) (n 1). Poich` e` e chiaro che le due corrispondenze sono inverse luna allaltra, si ha che il numero delle funzioni monot` one f : [n] [m] ` e uguale al numero delle funzioni monot` one e iniettive g : [n] [m + n 1]. Contiamo dunque in generale quante sono le funzioni monot` one ed iniettive [p] [q ]. Ogni funzione monot` ona ed iniettiva h: [p] [q ] determina un sottoinsieme di [q ] con p elementi {h(1), h(2), . . . , h(p)}, i cui elementi hanno lo stesso ordine che hanno in [q ] perch` eh` e monot` ona. Viceversa, dato un sottoinsieme di [q ] con p elementi, ordinando i suoi elementi con lordine di [q ] si ottiene una funzione monot` ona ed iniettiva [p] [q ]; dunque le funzioni monot` one ed iniettive [p] [q ] q sono tante quante i sottoinsiemi di [q ] con p elementi, cio` e p .q I numeri Dn,m hanno un signicato combinatorio: essi contano le combinazioni con ripetizione di n oggetti su m oggetti dati. Ricordiamo che una combinazione con ripetizione di n oggetti su m oggetti dati ` e una famiglia D = {di }i2[n] di n elementi di [m], non necessariamente distinti; due tali famiglie deniscono la stessa disposizione con ripetizione se dieriscono solo per lordine. In altre parole, una combinazione con ripetizione D ` e semplicemente una funzione d: [n] [m], pur di convenire che due funzioni d, d0 : [n] [m] deniscono la stessa combinazione se esiste una permutazione : [n] [n] tale che d = d0 . Per mostrare che i numeri Dn,m contano le combinazioni con ripetizione di n oggetti su m oggetti dati, ragioniamo nel modo seguente: una funzione monot` ona d: [n] [m] certamente denisce una combinazione D = {di = d(i)}i2[n] ; daltra parte, se D = {di }i2[n] ` e una combinazione, si pu` o sempre trovare una permutazione di [n] tale che la famiglia D0 = {d(i) }i2[n] (che denisce la stessa combinazione) sia ordinata, cio` e d(i) d(j ) se i < j e quindi che denisca una funzione monot` ona d0 : [n] [m].

1.11

Esercizi

1. Si elenchino esplicitamente gli elementi di D3,2 , D3,3 .

18

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE 2. Diremo che un sottoinsieme I [n] ` e un intervallo di [n] se I ` e costituito da elementi consecutivi di [n]. Si provi che il numero delle partizioni di [n] in k intervalli ` e n1 k 1. (Suggerimento: una partizione di [n] in k intervalli ` e univocamente determinata dalla scelta di un sottoinsieme di [n] con (k 1) elementi che non contenga n). 3. Si provi che se f : [n] [m] ` e una funzione monot` ona, allora per ogni j Im(f ) i sottoinsiemi Ij = f (j ) = {i [n]|f (i) = j } costituiscono una partizione di [n] in k intervalli, essendo k = |Im(f )|. 4. Si dimostri la seguente identit` a in modo combinatorio, usando i precedenti esercizi:
n

Dn,m =
k=1

n1 k1

m . k

(Si osservi che, conoscendo la formula per Dn,m , tale identit` a` e un caso particolare della formula di convoluzione di Vandermonde (esercizio 1.9.4). 5. Denotando con x(n) la cardinalit` a dellinsieme Mono([n][x+n1]), si dimostri lidentit` a: x(n) = n! n 1 x(k) . k ! k 1 k=1
n

6. Si provi che il numero dei modo di ripartire n oggetti distinguibili (ad esempio numerati) in m pile ordinate non vuote ` e n! n1 . m1

1.12. PRODOTTI 7. Si provi che la matrice quadrata L= i! i 1 k! k 1

19

` e invertibile e che la sua inversa ha per elementi gli interi l(i, k ) = (1)i+k Si deduca che: m(n) =
k=1 n

i! i 1 . k! k 1

l(n, k )m(k) .

Gli interi l(i, k ) sono chiamati numeri di Lah.

1.12

Prodotti

La scelta di usare la stessa notazione (lettere minuscole) per indicare sia le funzioni sia gli elementi ` e giusticata dallesistenza di un insieme ` chiaro con un solo elemento, che indicheremo con il simbolo . E infatti che una funzione x: X di dominio altro non ` e che un ` anche chiaro che linsieme soddisfa la seguente elemento x X . E propriet` a: (!): per ogni insieme X esiste una sola funzione !X : X . Propriet` a del tipo della propriet` a (!) per un particolare insieme o per un particolare diagramma sono chiamate propriet` a universali . Esse fanno riferimento a tutti gli altri insiemi e funzioni e determinano linsieme o il diagramma in questione a meno di un unico isomorsmo che soddisfa opportune condizioni. Vedremo in seguito una loro precisa denizione. Un altro esempio di propriet` a universale ` e quella soddisfatta dal prodotto cartesiano di insiemi. Dati due insiemi A e B , linsieme AB i cui elementi sono le coppie ordinate a, b di elementi, il primo di A ed il secondo di B , ` e detto prodotto cartesiano degli insiemi A e B (in questo ordine!). Esistono due funzioni: pA : A B A , pB : A B B

20

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

(dette proiezioni), denite da pA a, b = a e pB a, b = b che soddisfano la seguente propriet` a (universale): (P): per ogni insieme X e per ogni coppia di funzioni f : X A , esiste una ed una sola funzione f, g : X A B tale che pA f, g = f e pB f, g = g . In altre parole, la composizione con le proiezioni denisce una corrispondenza biunivoca tra le funzioni X A B e le coppie ordinate di funzioni X A, X B . Per dimostrare tale propriet` a basta denire la funzione f, g come f, g (x) = f (x), g (x) . Sar` a utile nel seguito considerare le seguenti funzioni, la cui esistenza e unicit` a, nonch` e il fatto che sono isomorsmi, si potrebbe dimostrare solo facendo uso della propriet` a (P): 1. L isomorsmo 1A , !A : A A ; 2. Se A, B e C sono tre insiemi, si possono considerare i prodotti cartesiani (A B ) C e A (B C ); la funzione : (A B ) C A (B C ) denita da a, b , c = a, b, c ` e un isomorsmo, detto isomorsmo di associativit` a del prodotto cartesiano. Spesso ignoreremo questo isomorsmo e scriveremo semplicemente ABC g : X B

1.12. PRODOTTI per indicare linsieme i cui elementi sono le terne ordinate a, b, c

21

` di elementi, il primo di A, il secondo di B ed il terzo di C . E chiaro come tutto ci` o si generalizza al prodotto cartesiano di un numero nito di insiemi. Nel caso di A = B , indicheremo con A2 linsieme A A delle coppie ordinate di elementi di A. Pi` u in generale, indicheremo n con A (dove n indica un numero intero) linsieme A A A (n volte) delle n-uple ordinate di elementi di A. Si osservi che An altro non ` e che linsieme A[n] delle funzioni [n] A e che dunque 0 A = , poich` e, per ogni insieme A, esiste ununica funzione A . 3. Per ogni coppia di insiemi A e B si ha lisomorsmo : A B B A denito da (a, b) = b, a , detto isomorsmo di simmetria. Il prodotto cartesiano di insiemi si estende alle funzioni nel modo seguente: se f : A B e g : C D sono due funzioni, allora si denisce la funzione: f g : A C B D come (f g )(a, c) = seguenti propriet` a: ` facile vedere che si hanno le due f (a), g (c) . E 1A 1B = 1AB

e, se h: B E , k : D H sono altre due funzioni, la prima componibile con f e la seconda componibile con g , allora (esercizio): (h k )(f g ) = (hf ) (kg ). Lultima importante propriet` a del prodotto cartesiano ` e la sua relazione con linsieme delle funzioni. Ricordiamo che per ogni coppia di insiemi X e B abbiamo indicato con BX

22

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

linsieme di tutte le funzioni X B . La relazione fondamentale che lega prodotto cartesiano ed insieme delle funzioni ` e la chiusura cartesiana (anche chiamata -conversione): per ogni insieme A, data una funzione in due variabili f : A X B si ottiene una funzione in una variabile (aggiunta esponenziale): f : A B X mediante f (a)(x) = f (a, x); cio` e f (a) ` e la funzione X B che si ottiene da f tenendo sso lelemento a A. Viceversa, se g : A B X ` e una funzione di codoX minio B , allora possiamo associare a g una funzione g t : A X B (detta trasposta di g ), denendo g t (a, x) = g (a)(x), cio` e associando ad ogni coppia a, x il valore che la funzione g (a): X B assume ` immediato constatare che ` sullelemento x X . E e un isomorsmo tra linsieme delle funzioni A X B e linsieme delle funzioni A B X . In particolare, la trasposta della funzione identit` a B X B X , denisce una funzione valB,X : B X X B detta valutazione, poich` e in accordo con la denizione di trasposta, ` e denita da valB,X (f, x) = f (x).

1.13. ESERCIZI

23

1.13

Esercizi
|X Y | = |X | |Y | .

1. Si provi che se X e Y sono insiemi niti, allora

In particolare, |[n] [m]| = nm. 2. Se X , Y e Z son tre insiemi, si provi che la funzione iX 1Z : X Z + Y Z (X + Y ) Z iY 1Z ` e un isomorsmo (propriet` a distributiva del prodotto rispetto alla somma). 3. Se X ` e un insieme, si consideri il sottoinsieme del prodotto X X denito da X = { x, y | x = y } X X .

Tale sottoinsieme ` e detto diagonale di X . Si provi che la sua funzione caratteristica X : X X 2 ` e il simbolo di Kronecker (si veda lesercizio 6 del paragrafo 1.9).

4. Si provi che il numero delle m-uple ordinate x1 , x2 , . . . , xm di interi non negativi xi tali che
m

xi = n
i=1

(con n intero non negativo) ` e Dn,m . (Suggerimento: data una funzione x: [n] [m] si ottiene una soluzione ponendo xi = |x (i)| = |{j [m]|x(j ) = i}|; inoltre, una permutazione di n denisce la stessa soluzione, perch` e per ogni i [m] si ha che induce una corrispondenza x (i), dunque |(x ) (i)| = |x (i)|; con lo biunivoca (x ) (i) stesso argomento del lemma sul numero delle funzioni monot` one, si vede che le soluzioni sono in corrispondenza biunivoca con le funzioni monot` one [n] [m], perci` o il loro numero ` e Dn,m ). Si osservi che ci` o prova anche che Dn,m ` e il numero dei monomi di grado n nellanello dei polinomi in m variabili.

24

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE 5. Si determini il numero delle m-uple ordinate x1 , x2 , . . . , xm di interi positivi xi tali che
m

xi = n,
i=1

essendo n un intero positivo. 6. Si descriva esplicitamente un isomorsmo f : [nm] [n] [m]. (Suggerimento: si denisca un ordinamento in [n] [m] partendo dalla coppia 1, 1 e denendo induttivamente la coppia successiva s(i, j ) secondo la regola: s(i, j ) = i, j + 1 i + 1, 1 se j < m se j = m

ad esempio: 1, 1 , 1, 2 , 1, 3 , , 2, 1 , 2, 2 , 2, 3 , ; tale ordinamento ` e detto lessicograco. La funzione f ` e allora denita da i1 0 k f (i) = s (1, 1), dove s (1, 1) = 1, 1 e s (1, 1) = s[sk1 (1, 1)]). 7. Si denisca un ordinamento sulle coppie di naturali, partendo dalla coppia 0, 0 e denendo induttivamente la coppia successiva s(i, j ) secondo la regola: s(i, j ) = 0, i + 1 i + 1, j 1 se j = 0 se j = 0

si provi che lordinamento cos` denito induce una corrispondenza biunivoca f : N N N, mediante f (n) = sn (0, 0), con s0 (0, 0) = 0, 0 e sn (0, 0) = s[sn1 (0, 0)]. Tale ordinamento ` e detto procedimeto diagonale di Cantor. 8. Dati n insiemi X1 , X2 , . . . , Xn si conti il numero di prodotti ottenibili dagli n insiemi dati, nellordine dato, che siano isomor tra loro solo in virt` u degli isomormsmi di associativit` a, dei loro prodotti con lidentit` a e delle composizioni di tali isomorsmi. Cos` , ad esempio, per n = 3 il loro numero ` e evidentemente 2, mentre per n = 4 ` e 5: omettendo per semplicit` a il simbolo , si hanno i cinque prodotti (((X1 X2 )X3 )X4 ), ((X1 (X2 X3 ))X4 ),

1.14. MONOIDI

25

(X1 ((X2 X3 )X4 )), (X1 X2 )(X3 X4 ), (X1 (X2 (X3 X4 ))). Indicando tale numero con an (il risultato non dipende dagli insiemi scelti, ma solo dal loro numero), non ` e dicile provare la seguente formula induttiva per i numeri an (che sono detti numeri di Catalano), pur di assumere a1 = 1 = a2 : an =
n 1 k=1

ak ank ; ,

per ogni n 2. (Suggerimento: dato k , 1 k (n 1), il numero an dei modi di disporre le parentesi sulla parola X1 , X2 , . . . , Xn di n lettere ` e dato dal prodotto del numero di modi ak di disporle sulle prime k lettere per quello ank di disporle sulle rimanenti (n k )). Pi` u dicile ` e dimostrare la seguente espressione esatta: an = 1 2n 2 n n1

e vedremo in seguito una tecnica per derivarla a partire dalla formula induttiva. Nellesercizio 2.6.3 vedremo una interpretazione dei numeri di Catalano di interesse per linformatica, poich e fornisce una interpretazione di questi numeri in termini della struttura delle memorie di massa (hard disks).

1.14

Monoidi

Bench` e un prodotto di insiemi sia essenzialmente determinato dalle funzioni che lo ammettono come codominio, il principale interesse di considerare un prodotto ` e dato dalle funzioni che che lo ammettono come dominio. Una operazione n-aria su un insieme A ` e una funzione f : An = A A . . . A A . Dunque unoperazione 0-aria (o nullaria) ` e una funzione A0 A, cio` e semplicemente un elemento a: A di A. Unoperazione 1aria (unaria) ` e un endomorsmo A1 = A A di A. Nel caso di

26

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

unoperazione 2-aria (binaria) f : A2 = A A A si usa indicare il valore f (a, b) di f su una coppia a, b con la notazione af b . Esempi di operazioni binarie sono ben noti: 1. Se N indica linsieme dei numeri naturali N = {0, 1, 2, . . . . . .} , le operazioni di somma +: N N N e di prodotto : N N N sono esempi di operazioni binarie. Analogamente per le operazioni di somma e di prodotto sugli altri insiemi numerici noti, come linsieme Z dei numeri interi relativi, linsieme Q dei numeri razionali o linsieme R dei numeri reali. 2. Se M (n) indica linsieme delle matrici quadrate di ordine n a coecienti interi (o razionali, o reali), loperazione di prodotto di matrici ` e unoperazione binaria : M (n) M (n) M (n) . 3. Per ogni insieme X , linsieme End(X ) degli endomorsmi di X ` e dotato in modo naturale di unoperazione binaria End(X ) End(X ) End(X ) data dalla composizione di funzioni, cio` e se f e g sono due endomorsmi di X deniamo il loro prodotto f g come la loro composizione (in questordine!).

1.14. MONOIDI

27

4. Per ogni insieme X , si possono considerare le n-uple ordinate x1 , x2 , . . . , xn di elementi di X , cio` e gli elementi di X n , come parole x = x1 x2 . . . xn di lunghezza n > 0 sullalfabeto X . ` chiaro che data unaltra parola y = y1 y2 . . . ym di lunghezza m E si pu` o considerare la parola xy = x1 x2 . . . xn y1 y2 . . . ym e che ci` o denisce una operazione binaria sullinsieme W (X ) =
n>0

Xn

di tutte le parole di tutte le possibili lunghezze, che chiameremo operazione di concatenazione. Se A ` e un insieme nito (con un numero abbastanza piccolo di elementi), pu` o essere utile descrivere unoperazione binaria su A con una tabella. Ad esempio, se 2 indica linsieme dei valori di verit` a falso e vero, che possiamo convenire di indicare con 0 e 1 rispettivamente, le operazioni logiche di congiunzione (e) e di disgiunzione (o) sono operazioni binarie: : 2 2 2 , 0 1 0 0 0 1 0 1 : 2 2 2 0 1 0 0 1 1 1 1

che possono essere descritte mediante le tabelle:

Un ulteriore esempio di operazione binaria su 2 ` e dato dalla nostra esperienza con i numeri pari e quelli dispari: se identichiamo 0 con il concetto di numero pari e 1 con quello di numero dispari, allora la somma di numeri induce una somma su tali concetti, descritta dalla tabella + 0 1 0 0 1 1 1 0 Tali tabelle vengono dette tavola della operazione che si sta considerando. Come ulteriore esempio scriviamo la tavola di moltiplicazione delloperazione binaria End(2) End(2) End(2) data dalla

28

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE dapprima i quattro elementi di f1 (1) = 1 f2 (1) = 0 f3 (1) = 0 f4 (1) = 1

composizione di funzioni. Elenchiamo End(2): f1 (0) = 0 , f2 (0) = 1 , , f3 (0) = 0 f4 (0) = 1 ,

La tavola di moltiplicazione risulta essere la seguente: f1 f2 f3 f4 f1 f1 f2 f3 f4 f2 f2 f1 f3 f4 f3 f3 f4 f3 f4 f4 f4 f3 f3 f4

Ad esempio, lelemento f2 f3 si calcola cos` : (f2 f3 )(0) = f2 (f3 (0)) = f2 (0) = 1; (f2 f3 )(1) = f2 (f3 (1)) = f2 (0) = 1; dunque f2 f3 = f4 . In generale le operazioni binarie che occorrono negli esempi concreti non sono del tutto arbitrarie, ma soddisfano delle identit` a, la pi` u importante delle quali ` e l associativit` a. Unoperazione binaria : A A S su A ` e detta associativa se, per ogni terna ordinata a, b, c di elementi di A, vale: (a b) c = a (b c) . Usando il principio di estensionalit` a per le funzioni, si vede che la precedente identit` a pu` o essere espressa dicendo che le due possibili funzioni A A A A che si ottengono per composizione dal diagramma AAA 1A
?

1A -

AA

AA

A,

sono uguali o, in altri termini, dicendo che il precedente diagramma commuta. Si osservi che se non si usasse la convenzione di scrivere

1.14. MONOIDI

29

il risultato (a, b) di una operazione binaria come a b, la associativit` a avrebbe la forma pi` u complicata [(a, b), c] = [a, (b, c)]. La validit` a della legge associativa ci autorizza a non mettere parentesi quando scriviamo una composizione di tre elementi. Questo fatto si estende anche alle composizioni di pi` u di tre elementi, ma una dimostrazione rigorosa di tale aermazione richiede qualche sforzo. Denizione 1.14.1 . Si dice semigruppo una coppia (A, ) dove A ` e un insieme e ` e una operazione binaria associativa su A. Pu` o accadere che su uno stesso insieme siano denite diverse operazioni di semigruppo. Ad esempio, sullinsieme N dei numeri naturali sono denite due operazioni di semigruppo, la somma ed il prodotto. Anche sullinsieme 2 dei valori di verit` a sono denite almeno due operazioni di semigruppo, la congiunzione e la disgiunzione (se ne verichi lassociativit` a). Tutte le operazioni binarie sopra considerate sono associative (esercizio). Una ulteriore caratteristica delle operazioni binarie considerate no ad ora ` e lesistenza di un elemento particolare e A, tale che per ogni a A si ha: e a = a = a e. Un tale elemento viene detto elemento neutro (o unit` a) per loperazione . Negli esempi precedenti, lelemento neutro in (N, +) ` e il numero 0, in (N, ) ` e il numero 1, in (2, ) ` e il valore di verit` a vero, mentre in (2, ) ` e il valore di verit` a falso, cos` come nellesempio dei pari e dispari (2, +). Ancora, nellesempio (M (n), ) delle matrici quadrate di ordine n con operazione data dal prodotto di matrici ` e la matrice identica In e nel semigruppo (End(X ), ) ` e la funzione identit` a. Si osservi che un ragionamento perfettamente simile a quello svolto in 1.1 sulla unicit` a della funzione identit` a, porta a concludere che un elemento neutro per unoperazione binaria, se esiste, ` e unico. Infatti, se esistesse un altro elemento, diciamo e0 , tale che e0 a = a = a e0 per ogni a A, allora e e0 = e perch` e e0 ` e un elemento neutro ed e e0 = e0 perch` ee` e elemento neutro. Denizione 1.14.2 Un monoide ` e un semigruppo con elemento neutro.

30

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

Gli esempi di operazioni binarie considerati no ad ora sono perci` o tutti dei monoidi. Un esempio di semigruppo che non ` e un monoide ` e dato da un qualsiasi insieme X con almeno due elementi con loperazione denita dalla (prima) proiezione, cio` e x y = x (esercizio). Anche linsieme W (X ) delle parole su X con loperazione di concatenazione (detto semigruppo delle parole sullalfabeto X ) ` e un semigruppo che non ` e un monoide; tuttavia, aggiungendo la parola vuota si ottiene un monoide che denoteremo con (X ) e chiameremo monoide delle parole sullalfabeto X . Un ulteriore esempio di identit` a che si pu` o considerare per una operazione binaria ` e la commutativit` a. Unoperazione binaria su un insieme A ` e detta commutativa se per ogni a, b A A si ha: a b = b a. Se (A, ) ` e un semigruppo o un monoide per cui loperazione ` e commutativa, diremo che (A, ) ` e un semigruppo o un monoide commutativo, o anche abeliano. Si noti che in tal caso per assicurare che un elemento e` e lelemento neutro per loperazione, ` e suciente la validit` a di una sola delle due identit` a a e = a = e a. Gli esempi precedenti (N, +), (N, ), (Q, +) e tutti gli altri esempi numerici sono monoidi commutativi, cos` come (2, ), (2, ) e (2, +), mentre i monoidi (M (n), ), (End(X ), ) non sono commutativi, a meno che n = 1 (si veda ad esempio la tavola di moltiplicazione di (End(2), )). Vedremo in seguito molti altri esempi di monoidi. Le funzioni che normalmente si considerano tra monoidi sono quelle che conservano le operazioni, nel senso della seguente Denizione 1.14.3 . Un omomorsmo o (morsmo) di monoidi f : (A, , e) (B, 2, e0 ) ` e una funzione f : A B tale che: 1) f (a b) = f (a)2f (b), per ogni a, b A A 2) f (e) = e0 . Passiamo ora in rassegna qualche esempio. Molti altri ne vedremo in seguito.

1.14. MONOIDI

31

1. Se R>0 denota linsieme dei numeri reali positivi, allora (R>0 , , 1) ` e un monoide. La funzione esponenziale exp: R R>0 ` e un morsmo di monoidi exp: (R, +, 0) (R>0 , , 1) , poich` e exp(a + b) = exp(a) exp(b), exp(0) = 1. 2. La funzione f : R M (2; R) denita da f (x) = 1 x 0 1

` e un morsmo di monoidi f : (R, +, 0) (M (2; R), , I2 ) poich` e f (0) = I2 e f (x + y ) = f (x)f (y ), come facilmente si verica. 3. Se (M (n; Q), In ) denota il monoide delle matrici quadrate di ordine n a coecienti razionali e se | |: M (n; Q) Q denota la funzione determinante, il teorema di Binet visto nel corso di Geometria pu` o essere espresso dicendo che il determinante ` e un morsmo di monoidi | |: (M (n; Q), , In ) (Q, , 1) . 4. Se p Z ` e un numero intero ssato, allora la funzione f : Z Z denita dalla moltiplicazione per p, cio` e f (x) = px, ` e un morsmo f : (Z, +, 0) (Z, +, 0). Infatti, f (0) = 0 e f (x + y ) = p(x + y ) = px + py = f (x) + f (y ). 5. Se (X ) denota il monoide delle parole su un alfabeto X , la funzione l: (X ) N che ad ogni parola associa la sua lunghezza ` e un morsmo di monoidi da (X ) con loperazione di concatenazione a (N, +, 0). Diremo che un morsmo di monoidi f : (A, , e) (B, 2, e0 ) ` e iniettivo (risp. suriettivo, isomorsmo), se la funzione f : A B ` e iniettiva (risp. suriettiva, isomorsmo). Un fatto importante ` e il seguente:

32 Teorema 1.14.1

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE 1) Se

f : (A, , e) (B, 2, e0 ) , g : (B, 2, e0 ) (C, 3, e00 ) sono morsmi di monoidi, allora la composizione gf : (A, , e) (C, 3, e00 ) ` e un morsmo di monoidi. Inoltre per ogni monoide (A, , e) lidentit` a 1A ` e un morsmo di monoidi e, se (B, 2, e0 ) ` e un qualunque altro monoide, la funzione costante A B di valore e0 ` e un morsmo di monoidi (A, , e) (B, 2, e0 ).

e un isomorsmo di monoidi, 2) Se f : (A, , e) (B, 2, e0 ) ` 1 allora la funzione inversa f : B A ` e ancora un mor0 0 smo di monoidi f : (B, 2, e ) (A, , e ). Dimostrazione. Le dimostrazioni sono semplicissime. A titolo di esempio, dimostriamo la 2): da f (e) = e0 si ha f 1 (e0 ) = e; inoltre, per dimostrare che f 1 (x2y ) = f 1 (x) f 1 (y ), poich` ef ` e iniettiva basta 1 1 1 dimostrare che i due elementi f (x2y ) e f (x) f (y ) assumono lo stesso valore nella funzione f : f [f 1 (x2y )] = x2y ; f [f 1 (x) f 1 (y )] = f [f 1 (x)]2f [f 1 (y )], (perch` e f ` e un morsmo) = x2y . q Lesempio del logaritmo ` e classico: poich` e la funzione esponenziale ` e un morsmo di monoidi exp: (R, +, 0) (R>0 , , 1), e poich` e il logaritmo ` e denito come la sua funzione inversa, allora anche il logaritmo ` e un morsmo di monoidi log: (R>0 , , 1) (R, +, 0) e dunque: log(xy ) = log(x) + log(y ), log(1) = 0 .

1.15

Gruppi

Lesperienza con le funzioni ci conduce alla seguente Denizione 1.15.1 Sia (M, , e) un monoide. Un elemento a M ` e detto invertibile se esiste un elemento b M tale che: a b = e = b a, essendo e lelemento neutro del monoide.

1.15. GRUPPI

33

Con un ragionamento del tutto simile a quello fatto per le funzioni invertibli (isomorsmi), si vede che se un tale elemento b esiste, esso ` e 0 0 0 unico; cio` e, se esistesse un altro elemento b tale che a b = e = b a, allora b = b0 . Infatti: b = e b = (b0 a) b = b0 (a b) = b0 e = b0 . Se a ` e invertibile, lunico elemento b tale che a b = e = b a viene chiamato inverso di a e viene denotato con a1 . Nel caso che loperazione binaria sia denotata con il simbolo +, come ad esempio la somma nei monoidi numerici, lelemento neutro viene denotato con 0 e linverso di a con a e viene chiamato opposto (notazione additiva). Si osservi anche qui che lunicit` a dellinverso implica che linverso di un elemento invertibile ` e a sua volta invertibile, poich` e (a1 )
1

=a

e che la composizione di due elementi invertibili ` e invertibile, poich` e (a b)1 = b1 a1 , con un argomento perfettamente simile a quello che abbiamo dato per le funzioni invertibili in 1.2. Denizione 1.15.2 Un gruppo ` e un monoide in cui ogni elemento ` e invertibile. Una osservazione importante ` e che lunicit` a dellinverso permette di denire una operazione unaria ( )1 : M M data proprio dallinverso di ogni elemento di un gruppo, e che quindi la nozione di gruppo pu` o essere data in modo equivalente come un insieme 1 (M, , ( ) , e) munito di tre operazioni, una binaria, una unaria e una nullaria, che soddisfano le identit` a denenti un monoide, pi` u quelle che qualicano x1 come linverso di x. In altre parole, anche un gruppo ` e una struttura algebrica, cio` e un insieme con operazioni che soddisfano delle identit` a. Passiamo in rassegna gli esempi precedenti: 1. I monoidi (Z, +), (Q, +), (R, +) sono tutti gruppi (commutativi).

34

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE 2. Negli esempi di operazioni di monoide su 2, lunica operazione di gruppo ` e quella di somma, nellinterpretazione di 0 e 1 come pari e dispari. 3. I monoidi (Z, ), (Q, ), (R, ) non sono gruppi. Negli ultimi due lunico motivo ` e che il numero 0 non ha un inverso. Ma se lo togliamo e indichiamo con Q e R gli insiemi Q e R cui ` e stato tolto il numero 0, allora (Q , ) e (R , ) sono gruppi. 4. Se (M, ) ` e un monoide, indichiamo con (M , ) il monoide degli elementi invertibili di M rispetto alloperazione . Rispetto a e un gruppo, per le propriet` a sopra descrittale operazione, M ` te degli elementi invertibili. A esempio, nel caso del monoide (M (n; Q), ) delle matrici quadrate di ordine n a cocienti nei numeri razionali, il gruppo degli elementi invertibili ` e il gruppo GL(n; Q) delle matrici quadrate di ordine n a coecienti razionali il cui determinante ` e diverso da zero (si ricordino i teoremi di Binet e di Cramer studiati nel corso di Geometria). Ancora, se X ` e un insieme qualsiasi, gli elementi invertibili del monoide End(X ) degli endomorsmi di X rispetto alloperazione denita dalla composizione di funzioni ` e un gruppo, che denotiamo con Aut(X ) e che chiamiamo gruppo degli degli automorsmi di X . Se X ` e un insieme nito con n elementi, allora tale gruppo ` e denotato con Sn ed ` e chiamato anche gruppo simmetrico o anche gruppo delle permutazioni su n elementi ed ha cardinalit` a (o ordine) n!. Studieremo in seguito pi` u approfonditamente tali gruppi. A titolo di esempio, se X ha due elementi, si provi che S2 ha due elementi e che, se li indichiamo con f1 e f2 , la tavola di moltiplicazione ` e la seguente: f1 f2 f1 f2 f1 f2 f2 f1

Non ` e dicile convincersi che cambiando f1 in 0 e f2 in 1 tale tavola coincide con quella di (2, +). Unultima utile osservazione sulla costruzione del gruppo degli elementi invertibili di un monoide ` e che essa si estende agli omo-

1.15. GRUPPI

35

morsmi: se f : (M, , e) (N, 2, u) ` e un omomorsmo di monoidi, allora f induce un omomorsmo f : (M , , e) (N , 2, u) , poich` e f conserva gli inversi: se x x1 = e = x1 x, allora f (x)2f (x1 ) = f (x1 x) = f (e) = u e similmente

f (x1 )2f (x) = f (x x1 ) = f (e) = u; dunque f (x1 ) = f (x)1 . 5. Come ulteriore esempio si pu` o considerare S3 e determinare la tavola della sua operazione. Gli elementi di S3 sono 3! = 6 e per determinarli, cos` come per determinare la tavola delloperazione pu` o essere utile osservare che S3 ha la seguente interpretazione geometrica. Consideriamo un triangolo equilatero:
J
1

J3

e consideriamo tutte le sue possibili simmetrie, cio` e le rotazioni di 120 gradi intorno al suo baricentro e i ribaltamenti rispetto ad una altezza (= mediana = bisettrice). Ad esempio, se scriviamo: 1 2 3 3 2 1 intendiamo che operando il ribaltamento rispetto allaltezza relativa al vertice 2, il risultato ` e che il vertice 1 va nel vertice 3, il vertice 3 va nel vertice 1 e il vertice 2 rimane sso. Ogni elemento di S3 pu` o essere interpretato in questo modo e, viceversa, ogni simmetria pu` o essere interpretata come un elemento di S3 ; inoltre, il prodotto di due elementi di S3 pu` o essere pensato come operare le due simmetrie corrispondenti una dopo laltra.

36

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE Formalmente, se indichiamo con 3 linsieme delle simmetrie del triangolo equilatero (sono 6) si pu` o vericare che lapplicazione di due simmetrie una dopo laltra denisce unoperazione binaria di gruppo su 3 e che linterpretare ogni elemento di 3 in una permutazione di S3 denisce una funzione f : 3 S3 che ` e un isomorsmo di gruppi. 6. Naturalmente si pu` o procedere con lo stesso tipo di esempio per n = 4, cio` e si pu` o considerare il gruppo 4 delle simmetrie di un quadrato, che sono costituite dalle rotazioni dei quattro multipli di 90 gradi rispetto al baricentro e dai ribaltamenti rispetto alle diagonali e agli assi e quindi da 8 elementi. Numerando i vertici del quadrato, si pu` o denire un omomorsmo iniettivo 4 ` S4 , che non ` e un isomorsmo (S4 ha 24 elementi), ecc. . E chiaro come tutto ci` o si generalizza ai poligoni regolari con n lati. Indicheremo con n il gruppo delle simmetrie di un poligono regolare con n lati e chiameremo gruppi diedrici tali gruppi. Ricordiamo che ssato un vertice del poligono regolare di n lati, se chiamiamo R la rotazione di 1/n di angolo giro e D il ribaltamento intorno allasse passante per quel vertice, allora Rn = 1 (dove 1 indica la simmetria identit` a che ` e la rotazione di 0 gradi e Ri indica la rotazione di 1/n di angolo giro eseguita i volte) e D2 = 1; inoltre, si pu` o constatare che i 2n elementi dati dalle composizioni di simmetrie: R0 = 1, R, R2 , . . . , Rn1 , D, RD, R2 D, . . . , Rn1 D, esauriscono tutte la simmetrie del poligono regolare con n lati, cio` e sono un elenco completo degli elementi di n , perch` e un semplice ragionamento geometrico porta a concludere che tutti i ribaltamenti si ottengono da uno dato D seguito da una rotazione. Si esprime questo fatto dicendo che D e R sono un insieme di generatori per il gruppo n . Inne, non ` e dicile convincersi che la n 1 simmetria DR ` e uguale alla R D; infatti entrambi tali prodotti hanno come eetto di invertire lordine dei vertici e di portare il vertice 1 nel vertice n. Losservazione importante ` e che tutti i prodotti degli elementi di n si possono calcolare conoscendo solo

1.15. GRUPPI queste tre relazioni fondamentali (relazioni di denizione): R n = 1, D2 = 1, DR = Rn1 D .

37

Infatti, siano Rj Di e Rk Dl due elementi di n (dove j e k sono indici che variano tra 0 e n 1, mentre i e l sono indici che variano tra 0 e 1); per determinare il loro prodotto, si pu` o usare ripetutamente la terza delle relazioni di denizione per spostare tutte le occorrenze di R a sinistra e quelle di D a destra; a questo punto si usano le altre due relazioni di denizione per ridurre ci` o che si ottiene ad uno degli elementi di n . Ad esempio in 4 il prodotto (RD)(R2 D) pu` o essere calcolato nel modo seguente: RDR2 D = R(DR)RD = R(R3 D)RD = R4 DRD = DRD = R3 DD = R3 . In tal modo si pu` o determinare completamente la tavola di moltiplicazione di 4 (esercizio) e constatare, ad esempio, che 4 non ` e commutativo. Concludiamo con una utile osservazione sugli omomorsmi di gruppi. In principio, un omomorsmo di gruppi ` e lo stesso che un omomorsmo di monoidi, con in pi` u la propriet` a di conservare anche linverso. Tuttavia pu` o accadere che se i monoidi hanno particolari propriet` a, allora per un morsmo di monoidi la condizione di conservare lelemento neutro ` e automaticamente soddisfatta, ad esempio, se il monoide codominio (B, 2, e0 ) ha la propriet` a di cancellazione (a sinistra): per ogni a, b, c B : se a2b = a2c, allora b = c. Esempi di tali monoidi sono i monoidi (N, +, 0) e (N>0 , , 1), dove N>0 indica linsieme dei naturali diversi da 0. Una classe importante di esempi ` e costituita dai gruppi. Infatti, dato che per ogni elemento esiste linverso, se ab = ac, allora a1 ab = a1 ac, dunque b = c. Teorema 1.15.1 Siano (A, , e) e (B, 2, e0 ) due monoidi. Se (B, , e0 ) ha la propriet` a di cancellazione, allora ogni funzione f : A B che conserva loperazione binaria conserva anche lelemento neutro, cio` e` e un morsmo di monoidi. In particolare, se sono gruppi, allora ogni funzione f : A B che conserva loperazione binaria ` e un morsmo di gruppi, perch` e conserva 1 1 anche linverso, cio` e f (x ) = f (x) .

38

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

Dimostrazione. Poich` e e = e e, si ha f (e) = f (e e) = f (e)2f (e); quindi f (e)2e0 = f (e) = f (e)2f (e) e per la propriet` a di cancellazione 0 si ottiene e = f (e). In particolare, se i due monoidi sono gruppi, se f : A B conserva loperazione binaria, allora ` e un morsmo di gruppi, perch` e conserva anche linverso; infatti: f (x)2f (x1 ) = f (x x1 ) = f (e) = e0 ; e linverso di f (x), cio` e e similmente f (x1 )2f (x) = e0 ; dunque f (x1 ) ` f (x1 ) = f (x)1 . q Ad esempio, osservando che i reali positivi sono un gruppo rispetto al prodotto, applicando questo teorema si ha che le sole propriet` a exp(x + y ) = exp(x) exp(y ), log(xy ) = log(x) + log(y ) della funzione esponenziale e del logaritmo implicano che valgono anche le propriet` a 1 exp(x) = , exp(0) = 1 exp(x) 1 log( ) = log(x) , x log(1) = 0 .

1.16

Anelli

Fino ad ora abbiamo considerato strutture costituite da un insieme munito di una singola operazione binaria, ma lesperienza con i numeri naturali e con gli altri insiemi numerici che abbiamo n dai primi anni di scuola, ci conduce a considerare insiemi muniti di due operazioni binarie Denizione 1.16.1 Un anello ` e un insieme A munito di due operazioni binarie somma e prodotto +: A A A , : A A A

che denoteremo come di consueto con a + b e ab rispettivamente, che soddisfano le propriet` a: 1) (A, +) ` e un gruppo commutativo, il cui elemento neutro ` e denotato con 0; 2) (A, ) ` e un monoide, il cui elemento neutro ` e denotato con 1;

1.16. ANELLI 3) valgono le propriet` a distributive: (x + y )z = xz + yz per ogni x, y, z A. Lanello viene detto commutativo, se il prodotto ` e commutativo. , z (x + y ) = zx + zy ,

39

Esempi di anelli sono gi` a noti a tutti n dai primi anni degli studi: gli anelli commutativi dei numeri interi (Z, +, ), dei numeri razionali (Q, +, ), eccetera. Un nuovo esempio fondamentale di anello (non commutativo) ` e quello M (n; A) delle matrici a quadrate di ordine n a coecienti in un anello (commutativo) (A, +, ), introdotto nel corso di Geometria. Ricordiamo anche che un esempio ben noto ` e quello dellanello A[x] dei polinomi a coecienti in un anello commutativo (A, +, ): i suoi elementi sono i polinomi, che sono scritture formali
n

p = p(x) =
i=0

pi xi

(n viene detto grado del polinomio) e, osservando che un polinomio ` e conosciuto quando sono specicati i coecienti pi , somma e prodotto sono deniti dalle seguenti regole: se
m

q = q (x) =
i=0

qi xi

` e un altro polinomio, allora i coecienti (p + q )i e (pq )i della somma p + q e del prodotto pq sono dati dalle regole (p + q )i = pi + qi
i

(pq )i =
h+k=i

ph qk =
h=0

ph qih .

Il lettore dovrebbe vericare che le regole descritte corrispondono a quelle che gi` a conosce e che tali denizioni soddisfano gli assiomi di anello commutativo. Inolltre, indicando con gr(p) il grado di un polinomio p, si vede facilmente che gr(p + q ) max[gr(p), gr(q )] e gr(pq ) gr(p) + gr(q ) e che in questa ultima disuguaglianza vale il segno di

40

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

uguaglianza se e solo se in A non esistono divisori di zero, cio` e coppie di elementi non nulli a, b tali che ab = 0. Tali anelli si chiamano domini di integrit` a; vedremo in seguito esempi anelli commutativi che non sono domini di integrit` a (2.8). Tutte le regole del calcolo imparate no ad ora sono conseguenze degli assiomi di anello. Ad esempio, il raccogliere a fattore comune altro non ` e che lapplicazione della propriet` a distributiva. Unaltra importante conseguenza della distributivit` a` e la regola dei segni. Vediamo come si dimostra: Lemma 1.16.1 In ogni anello (A, +, ) si ha: 1) a0 = 0a = 0, per ogni a A. 2) (a)b = a(b) = (ab), per ogni a, b A, e, in particolare, (1)(1) = (1) = 1 (regola dei segni). 3) Se 0 = 1, allora A ha un solo elemento. Dimostrazione. 1) a0 = a(0 + 0) = a0 + a0, da cui sommando (a0) a entrambi i membri si ottiene a0 = 0. Similmente si prova 0a = 0. 2) 0 = 0b = [a + (a)]b = ab + (a)b, da cui sommando (ab) a entrambi i membri si ottiene (ab) = (a)b. Similmente si prova (ab) = a(b). 3) Per ogni a A si ha: a = a1 = a0 = 0, dunque A ha un solo elemento. q Un omomorsmo di anelli f : (A, +, ) (B, +, ) ` e una funzione f : A B che ` e un morsmo sia per la sruttura di gruppo, sia per quella di monoide. Ricordando losservazione nale del paragrafo precedente e traducendola in notazione additiva, ci` o equivale a richiedere le tre propriet` a f (x + y ) = f (x) + f (y ), f (xy ) = f (x)f (y ) e f (1) = 1; per quanto ricordato, dalla prima di queste tre propriet` a si ha che valgono anche f (0) = 0 e f (x) = f (x).

1.17

Esercizi

1. Si provi che la commutativit` a della somma ` e una conseguenza delle altre propriet` a, in particolare delle distributivit` a. (Suggerimento: si sviluppi nei due modi possibili il prodotto (1+1)(x + y ).)

1.17. ESERCIZI

41

2. Sia (A, +, ) un anello commutativo, e sia A[[x]] linsieme delle serie formali, cio` e delle scritture formali del tipo a=
1 i=0

ai xi .

` chiaro che un tale oggetto ` E e completamente individuato dalla successione a: N A dei suoi coecienti. Si provi che rispetto alla somma e al prodotto deniti esattamente come nel caso dei polinomi si ottiene un anello commutativo A[[x]]. 3. Ricordando che in un anello gli elementi invertibili sono quelli che sono invertibili rispetto alla struttura di monoide moltiplicativo, si provi che in un anello di polinomi gli unici invertibili sono i polinomi di grado 0 che sono invertibili nellanello. Chi sono gli elementi invertibili in un anello di serie formali? 4. Se (A, +, ) ` e un anello commutativo, si provi che per ogni a A la funzione vala : A[x] A data dalla valutazione in a, cio` e vala p(x) = p(a), ` e un omomorsmo di anelli. 5. Si provi che una anello commutativo A ` e un dominio di integrit` a se e solo se vale la seguente legge di cancellazione: ab = ac e a = 0 b = c . 6. Si provi che sullanello dei polinomi A[x] a coecienti in una anello A esiste ununica derivazione, cio` e una funzione D: A[x] A[x] tale che (a) D[p(x) + q (x)] = D[p(x)] + D[q (x)], D[ap(x)] = aD[p(x)]; (b) D[p(x)q (x)] = p(x)D[q (x)] + D[p(x)]q (x); (c) D(x) = 1, D(1) = 0.

42

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE Esiste una tale funzione sullanello A[[x]] delle serie formali a coefcienti in A? 7. In un anello commutativo (A, +, ) in cui ogni somma di 1 sia invertibile, si consideri la serie formale xi exp(x) = . i=0 i! si provi D[exp(x)] = exp(x) . 8. Si provi che il polinomio (1 x), considerato come serie formale a coecienti in un anello commutativo (A, +, ), ` e invertiblile e che la serie formale inversa ` e 1 = 1x
1 i=0 1

xi .

9. Sia (A, +) un gruppo commutativo e si denoti con End+ (A) linsieme degli omomorsmi di gruppo f : A A. Si provi che denendo la somma di due elementi f, g End+ (A) mediante (f + g )(a) =df f (a) + g (a) (somma puntuale) si ottiene ancora un omomorsmo A A. Si provi che rispetto a tale somma e rispetto al prodotto denito mediante la composizione, linsieme End+ (A) ` e un anello, non necessariamente commutativo. Considerando invece linsieme End(A) di tutte le funzioni A A con le stesse operazioni, si provi che si ottiene una struttura che soddisfa tutti gli assiomi di anello, esclusa una delle due distributivit` a (quasianello).

1.18. PRODOTTI E SOTTOSTRUTTURE

43

1.18

Prodotti e sottostrutture

Ci sono tre costruzioni fondamentali che permettono di generare nuove strutture algebriche (monoidi, gruppi, anelli, ecc.) a partire da strutture date. Esse sono il prodotto di strutture, le sottostrutture e le strutture quoziente. Illustriamo ora le prime due, mentre la terza, che ` e un po pi` u delicata, la aronteremo nel capitolo 3. Se (A, ) e (B, 2) sono due semigruppi, allora deniamo il semigruppo prodotto (A, ) (B, 2) nel modo seguente: consideriamo linsieme A B prodotto degli insiemi A e B e deniamo loperazione binaria su A B come il prodotto puntuale, cio` e a, b a0 , b0 = a a0 , b2b0 . In termini diagrammatici, loperazione pu` o essere descritta nel modo seguente: ABAB 1A 1-B AABB 2 AB,

dove : B A A B indica lisomorsmo simmetria (si veda il ` immediato constatare che tutte le propriet` paragrafo 1.16). E a equazionali che valgono per entrambe le operazioni continuano a valere per loperazione puntuale sul prodotto. Dunque, se (A, ) e (B, 2) sono semigruppi, anche il prodotto puntuale ` e un semigruppo e, se entrambi sono commutativi, anche loperazione puntuale ` e commutativa. Inoltre, se (A, ) e (B, 2) sono monoidi o gruppi, allora anche il prodotto puntuale ` e un monoide o un gruppo, lelemento neutro essendo denito dalla coppia degli elementi neutri e inverso dalla coppia degli inversi. Ci` o si estende anche al caso in cui ci sia pi` u di una operazione binaria: ad esempio, se si parte da anelli, sul prodotto si possono denire ancora due operazioni puntuali e si pu` o facilmente vedere che soddisfano ancora gli assiomi di anello. In particolare si pu` o considerare il prodotto A A = A2 di una struttura con se stessa e quindi anche i prodotti iterati (potenze) An , per n 2. Ad esempio, se consideriamo il gruppo commutativo (R, +, 0) dei numeri reali, allora loperazione puntuale su Rn denisce la somma di vettori a n componenti studiata nel corso di Geometria, in cui appunto la somma denita componenete per componenete. Natural-

44

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

mente, si pu` o denire anche il prodotto puntuale, ottenendo cos` un anello commutativo. Per il prodotto di strutture dello stesso tipo (semigruppi, monoidi, gruppi, eccetera) vale la stessa propriet` a universale che abbiamo visto per il prodotto di insiemi, rispetto a tutte le altre strutture dello stesso tipo ed ai loro omomorsmi: le proiezioni sono omomorsmi pA : A B A e pB : A B B e, se X ` e una qualsiasi altra struttura dello stesso tipo e f : X A, g : X B sono due omomorsmi, allora lunica funzione nel prodotto f, g : X A B ` e un omomorsmo. Una semplice ma importante osservazione riguarda la commutativit` a: se (A, ) ` e un monoide, loperazione stessa ` e una funzione A A A e, dato che A A ` e un monoide per loperazione puntuale, possiamo chiederci se essa stessa ` e un omomorsmo dal monoide A A con loperazione puntuale al monoide A stesso. Il lettore ` e invitato a vericare che la risposta ` e aermativa se e solo se loperazione ` e commutativa. Un altro importante concetto che si riferisce solo alle strutture e non alle identit` a che in esse possono essere soddisfatte ` e quello di sottostruttura di una struttura. Denizione 1.18.1 Se (A, ) u `n insieme munito di una operazione binaria, un sottoinsieme U A ` e una sottostruttura se vale la condizione: per ogni a, b U , a b U .

` chiaro come questa denizione si estende a strutture denite anche da E altre operazioni, ad esempio nullarie o unarie. Ad esempio, se (A, , e) ` e un insieme munito di una operazione binaria e di una nullaria (cio` e di un elemento e A), allora un sottoinsieme U A ` e una sottostruttura se vale lulteriore condizione e U . Se inoltre in A ` e anche assegnata una operazione unaria f : A A (come linverso nei gruppi), allora il sottoinsieme U per essere una sottostruttura deve essere chiuso anche rispetto a tale operazione, cio` e se x U , allora f (x) U . Ne segue che se U ` e una sottostruttura di un semigruppo o di un monoide o di un gruppo, allora U stesso con le operazioni denite per restrizione di quelle su A ` e ancora una struttura dello stesso tipo per cui tutte le identit` a che valevano in A continuano a valere e dunque U per tali operazioni ` e ancora un semigruppo o un monoide o un gruppo.

1.18. PRODOTTI E SOTTOSTRUTTURE

45

Il semigruppo cos` denito da una sottostruttura viene detto sottosemigruppo di (A, ) e nel caso dei monoidi e dei gruppi viene detto ` chiaro anche come sottomonoide e sottogruppo rispettivamente. E tutto ci` o si estende al caso di strutture denite da pi` u di una operazione binaria, come gli anelli. Passiamo in rassegna alcuni esempi: 1. N Z non ` e sottostruttura della struttura di gruppo su Z data dalla somma, lopposto e lo zero (N non ` e chiuso rispetto allopposto). N ` e sottostruttura della struttura di monoide di Z data dalla somma e lo zero ed ` e anche sottostruttura della struttura di monoide di Z data dal prodotto e 1, cio` eN` e sottomonoide di (Z, +, 0) e di (Z, , 1). Similmente, Z ` e un sottogruppo del gruppo (Q, +, , 0) dei razionali, mentre ` e un sottomonoide del gruppo (Q , , ( )1 , 1) dei numeri razionali non nulli. In altre parole, Z ` e un sottoanello dellanello dei razionali. Ancora, linsieme Q>0 dei numeri razionali positivi ` e un sottogruppo del gruppo (Q , , ( )1 , 1), mentre ` e un sottosemigruppo del gruppo (Q, +, , 0), ecc. . 2. Il sottoinsieme {0, 1} N ` e una sottostruttura del monoide (N, , 1), ma non del monoide (N, +, 0). Si osservi che la struttura di monoide di {0, 1} come sottomonoide di (N, , 1) coincide con la struttura di monoide di {0, 1} rispetto alla congiunzione logica quando pensiamo {0, 1} come linsieme 2 dei valori di verit` a. 3. Se (M, , e) ` e un monoide, linsieme M = {m M | m invertibile} M ` e un sottomonoide di (M, , e), perch` e il prodotto di due elementi invertibili ` e ancora un elemento invertibile e perch` e lelemento e un gruppo; tutneutro ` e sempre invertibile. In particolare, M ` tavia non possiamo dire che M sia un sottogruppo di (M, , e), non essendo (M , , e) stesso un gruppo; anzi, (M, , e) ` e un gruppo se e solo se M = M . Ricordiamo che se (M, , e) ` e il monoide delle matrici quadrate a coecienti reali o razionali, allora M ` e il gruppo delle matrici invertibili, che per il teorema di

46

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE Cramer, coincide con il gruppo delle matrici a determinante non nullo. Similmente, se (M, , e) ` e il monoide delle endofunzioni di un insieme X , allora M ` e il gruppo delle endofunzioni invertibili di X , cio` e il gruppo delle permutazioni di X . 4. Se A ` e un insieme dotato di una struttura che contiene operazioni nullarie, allora linsieme vuoto A non pu` o essere sottostruttura di A. Anzi, linsieme vuoto ` e sottostruttura di A se e solo se la struttura di A non ha operazioni nullarie. In particolare, un sottomonoide di un monoide non pu` o mai essere vuoto, dovendo contenere almeno lelemento neutro. Per ogni monoide (A, , e), il sottoinsieme {e} costituito dal solo elemento neutro ` e sempre un suo sottomonoide, che ` e anche un gruppo.

In certi casi si ha un fenomeno simile a quello visto per i morsmi. Cio` e pu` o accadere che particolari propriet` a della struttura sullinsieme A possono ridurre il numero delle condizioni perch` e un sottoinsieme U A sia una sottostruttura di quella di A. Ad esempio: e un gruppo nito (cio` e A ` e un Teorema 1.18.1 Se (A, , ( )1 , e) ` insieme nito), allora perch` e un sottoinsieme U A sia un suo sottogruppo basta che U sia chiuso rispetto alloperazione binaria e sia non vuoto. Dimostrazione. Dobbiamo vericare che U contiene lelemento neutro e che ` e chiuso ripetto allinverso. Poich` e U non ` e vuoto, sia a U ; consideriamo gli elementi: a, a2 , . . . an , . . .. Tali elementi appartengono tutti a U , perch` eU` e chiuso rispetto alloperazione binaria, e non possono essere tutti distinti, perch` e A, quindi anche U , ` e nito. Dunque devono esistere due interi n e m, con n = m, tali che an = am ; allora, se n > m, applicando loperazione n m volte con linverso di a si ha che anm = e U , perch` e ogni potenza positiva di a ` e in U . Dunque, nm1 quando n > m + 1, anche a U ed ` e linverso di a; se n = m + 1, allora a = e, che coincide con il suo inverso. Similmente se m > n. q Per nire, mostriamo che ad ogni omomorsmo f : (A, , e) (B, 2, u)

1.18. PRODOTTI E SOTTOSTRUTTURE

47

di monoidi sono associati canonicamente due sottostrutture, il nucleo e la immagine di f . Il nucleo ker(f ) di f ` e limmagine inversa dellelemento neutro u, cio` e ker(f ) = {a A | f (a) = u} A , mentre limmagine ` e limmagine insiemistica di f , cio` e Im(f ) = {b B | esiste a A tale che f (a) = b} B . Non ` e dicile mostrare che sia limmagine sia il nucleo sono sottostrutture e quindi sono sottomonoidi di B e di A rispettivamente: se a1 , a2 ker(f ), cio` e se f (a1 ) = u = f (a2 ), allora, poich` ef ` e un omomorsmo, f (a1 a2 ) = f (a1 )2f (a2 ) = u2u = u e dunque a1 a2 ker(f ); sempre perch` ef` e un omomorsmo si ha anche e ker(f ). Per quanto e se esistono a, a2 A tali che riguarda limmagine, se b1 , b2 Im(f ), cio` f (a1 ) = b1 e f (a2 ) = b2 , allora, poich` ef` e un omomorsmo, f (a1 a2 ) = f (a1 )2f (a2 ) = b1 2b2 ; dunque esiste a3 = a1 a2 tale che f (a3 ) = b1 2b2 e perci` o b1 2b2 Im(f ); sempre perch` ef ` e un omomorsmo si ha anche e Im(f ). Si osservi che n` e per denire limmagine, n` e per mostrare che limmagine ` e sottostruttura si usano gli elementi neutri; dunque limmagine ` e una sottostruttura anche per i semigruppi. Un uso frequente del nucleo ` e per mostrare che un dato omomorsmo ` e una funzione iniettiva: se (A, , e) e (B, 2, u) sono monoidi e f ` e un omomorsmo f : A B , che come funzione ` e iniettiva, allora ker(f ) ` e cosituito dal solo elemento neutro e: infatti, se f ` e iniettiva e x` e tale che f (x) = e = f (e), allora necessariamente x = e. Tuttavia, se i due monoidi sono in realt` a gruppi, allora vale anche il viceversa: se ker(f ) ` e costituito dal solo elemento neutro, allora lomomorsmo f ` e una funzione iniettiva. Infatti, se f (a1 ) = f (a2 ), allora f (a1 )2f (a2 )1 = u; poich` e f ` e un 1 1 omomorsmo, allora f (a1 )2f (a2 ) = f (a1 a2 ) = u e dunque a1 1 e ker(f ) ` e costituito dal solo elemento neutro, si ha a 2 ker(f ); poich` 1 a1 a2 = e, cio` e a1 = a2 .

48

CAPITOLO 1. FUNZIONI E CONTARE

Capitolo 2 Numeri
2.1 I Numeri Naturali

Fino ad ora abbiamo usato i numeri naturali ed i numeri interi basandoci sulla conoscenza pi` u o meno intuitiva che ognuno ne ha. Ma per poter fare della matematica, cio` e per poter fare dei calcoli esatti e per poter dimostrare le propriet` a che ci occorrono per i calcoli che dobbiamo fare, ` e necessario poter esprimere in modo formale ci` o che intendiamo per numeri naturali; e questo in matematica signica esprimere con un sistema di assiomi ci` o che si intende per linsieme N dei numeri naturali. Il sistema comunemente accettato ` e quello dovuto a Peano ed assiomatizza lidea intuitiva che linsieme dei numeri naturali ` e la conclusione del processo di aggiungere un nuovo elemento (il successore) ad un elemento dato. Per Peano i numeri naturali sono dunque un insieme N, con un elemento previlegiato 0 (tradizionalmente chiamato zero) ed una funzione : N N (detta successore), che soddisfano gli assiomi: P1 ) 0 non ` e successore di alcun naturale: 0 = (n), per ogni n N; P2 ) la funzione successore ` e iniettiva: se (n) = (m), allora n = m; P3 ) principio di induzione: per dimostrare che un sottoinsieme U N coincide con tutto N, basta che si verichino i seguenti due fatti: 49

50 i) 0 U ;

CAPITOLO 2. NUMERI

ii) se n U , allora anche (n) U , per ogni n N. Vedremo nel seguito come solo a partire da questi assiomi si possono dedurre tutte le principali propriet` a dei numeri naturali. Per ora, osserviamo solo che i primi due assiomi ci dicono che linsieme N non ` e nito, dunque che ` e innito, poich` e la funzione ` e una endofunzione che ` e iniettiva, ma non suriettiva. Una prima importante conseguenza degli assiomi di Peano ` e la possibilit` a di denire funzioni N X (successioni) mediante un procedimento eettivo a partire da dati iniziali, nel modo seguente: Teorema 2.1.1 (denizione per induzione). Se X ` e un qualsiasi insieme, a X ` e un elemento scelto di X e f : X X ` e un qualsiasi endomorsmo di X , allora esiste ununica funzione h: N X tale che: 1) h(0) = a; 2) h( (n)) = f (h(n)). Non diamo la dimostrazione di questo teorema. Pensando alla funzione come alla funzione (n) = n + 1, la funzione h: N X la cui esistenza e unicit` a` e garantita dal teorema ` e la funzione h(n) = f n (a); dunque il fatto che questo teorema sia una conseguenza degli assiomi di Peano ` e abbastanza chiaro, anche se una dimostrazione formale dellesistenza della funzione h ` e un po complicata; la sua unicit` a ` e invece immediata: se esistesse unaltra funzione h0 : N X tale h0 (0) = a e h0 ( (n)) = f (h(n)), allora sia U = {n N|h(n) = h0 (n)}; si ha: 0 U , poich` e h0 (0) = a = h(0);inoltre, se n U , allora anche (n) U , perch` e h( (n)) = (h(n)) = (h0 (n)) = h0 ( (n)); dunque per il principio di induzione possiamo concludere che U = N, quindi che h(n) = h0 (n) per ogni n N; perci` o h = h0 . Luso pi` u o meno esplicito della denizione di funzioni per induzione ` e assai frequente in matematica. Ad esempio, se (M, , e) ` e un monoide e se a M , le potenze n-esime di a sono in realt` a una funzione a( ) : N M (la la cui esistenza ed unicit` a` e garantita dal precedente teorema nel modo seguente: si consideri la funzione f : M M data

2.1. I NUMERI NATURALI

51

dal prodotto per a, cio` e f (x) = xa; applicando il teorema si ha che esiste una ed una sola funzione h = a( ) : N N che soddisfa a0 = e , a(n) = an a . Il teorema sulla denizione per induzione ` e un enunciato di universalit` a per il diagramma 0
-

N:

per ogni altro diagramma della stessa forma: x


-

esiste ununica funzione (successione) h: N X tale che i seguenti diagrammi commutino: 0


-

N h

N h

Si pu` o dimostrare di pi` u: il teorema sulla denizione per induzione ` e in realt` a equivalente agli assiomi di Peano; dunque la propriet` a universale 0 sopra enunciata per il diagramma N N costituisce unaltra formulazione pi` u semplice degli assiomi per i numeri naturali (assioma di Peano-Lawvere). Si osservi che dal teorema di denizione per induzione si ha immediatamente la unicit` a dellinsieme dei numeri naturali. Pi` u precisamente, 0 0 0 se (0 , N , ) ` e un altro insieme munito di un elemento 00 e di un endomorsmo 0 che soddisfano gli assiomi di Peano, allora esiste un unico isomorsmo h: N N0 tale che h(0) = 00 e 0 h = h . Infatti, applicando il teorema sulla denizione per induzione a (00 , N0 , 0 ) si ha che esiste ununica funzione h: N N0 tale che h(0) = 00 e h( (n)) = 0 (h(n)); poich` e anche N0 soddisfa gli assiomi di Peano, an0 che per N si pu` o dimostrare il teorema di denizione per induzione;

? f X .

52

CAPITOLO 2. NUMERI

applicando tale teorema a (0, N, ), si ha che esiste una sola funzione h0 : N0 N tale che h0 (00 ) = 0 e (h0 (n)) = h0 ( 0 (n)). Consideriamo la composizione k = h0 h: N N; poich` e k (0) = h0 (h(0)) = h0 (00 ) = 0 0 0 0 e k ( (n)) = h (h( (n)) = h ( (h(n))) = (h0 (h((n))) = (k (n)) e poich` e anche lidentit` a 1N : N N soddisfa le stesse condizioni, lunicit` a espresssa dal teorema di denizione per induzione assicura che k = h0 h = 1N . Un ragionamento analogo prova che anche la compoe lidentit` a di N0 ; dunque h ` e un isomorsmo, essendo h0 la sizione hh0 ` sua funzione inversa.

2.2

Ricorsivit` a
N N . . . N N

La classe delle funzioni

che si possono denire per induzione e per composizione di funzioni a partire da 0, dalla funzione successore : N N e dalle proiezioni ` e detta classe delle funzioni ricorsive primitive. Si osservi come la clausola riguardante la chiusura rispetto alla composizione ci permette di ottenere i numeri naturali come 0, 1 = (0), 2 = ( (0)), . . .. Vediamo ora come tutte le funzioni ordinarie della aritmetica appartengano alla classe delle funzioni ricorsive primitive e come le loro principali propriet` a possano essere dimostrate solo a partire dagli assiomi di Peano. La possibilit` a di denire le potenze n-esime di un elemento di un monoide applicata allelemento del monoide End(N) in cui, ricordiamo, loperazione ` e la composizione, fornisce la somma; deniamo dunque la somma m + n, per ogni m ssato, come: m + n = n (m) . Ricordando la denizione induttiva delle potenze, questa denizione equivale alla denizione induttiva: i) m + 0 = 0 (m) = 1N (m) = m; ii) m + (n) = ( n (m)) = (m + n).

2.2. RICORSIVITA Similmente, deniamo il prodotto mn, per ogni m ssato, come mn = ( m )n (0) . Anche questa denizione equivale alla denizione induttiva: i) m0 = 0; ii) m (n) = ( m )(n) (0) = [ m mn ](0) = m (mn) = mn + m.

53

` dunque La denizione di somma data sopra implica che (n) = n +1. E chiaro come queste denizioni coincidano nel modello intuitivo dei numeri naturali alle abituali operazioni di somma e prodotto. Ma per poter dimostrare che queste denizioni danno delle operazioni che hanno le usuali propriet` a della somma e del prodotto di naturali, bisogna prima dimostrare alcune elementari propriet` a delle potenze degli elementi di un monoide. Lemma 2.2.1 Siano a, b due elementi di un monoide (M, , e). Se a e b sono permutabili (ab = ba), allora: 1) per ogni coppia di naturali n, m si ha: an bm = bm an ; 2) per ogni naturale n si ha: (ab)n = an bn . Dimostrazione. 1) Dimostriamo dapprima che per ogni n N si ha an b = ban . Questo equivale a dimostrare che linsieme: U = {n N | an b = ban } coincide con linsieme di tutti i numeri naturali. Applichiamo dunque il principio di induzione: 0 U , poich` e a0 = e; se n U , cio` e se n n (n ) n n a b = ba , allora a b = a ab = a ba = ban a = ba(n) , dunque anche (n) U ; perci` o U = N. Per dimostrare che an bm = bm an per tutti i naurali m e n, basta dimostrare che, posto c = an , si ha cbm = bm c, per tutti gli m N; per quanto gi` a dimostrato, questo ` e vero se cb = bc, n n cio` e se a b = ba ; per quanto gi` a dimostrato, questo ` e vero perch` e ab = ba. 2) Procediamo per induzione. Per n = 0 la propriet` a` e vera perch` e 0 0 a = b = e; supponiamo che la propriet` a sia vera per un certo n e

54

CAPITOLO 2. NUMERI

dimostriamola per il successivo (n): (ab)(n) = (ab)(ab)n = aban bn = aan bbn = a(n) b(n) . q Si osservi che in particolare ogni elemento a ` e permutabile con se stesso; dunque per ogni n e m si ha: an am = am an . Lemma 2.2.2 . Per ogni coppia di naturali n e m e per ogni elemento a di un monoide si ha: (an )m = (am )n . Dimostrazione. Sia U = {n N | (an )m = (am )n , per tutti gli m N} . Si ha 0 U , perch` e per tutti gli m N vale (a0 ) = em = e = (am )0 . Se m U ,cio` e se n ` e tale che per tutti gli m N si ha (an )m = (am )n , allora: (am )(n) = (am )(am )n = am (an )m = (aan )m = (perch` e a e an sono permutabili) = (a (n))m per ogni m N; dunque (n) U , perci` o U = N. q Si presti attenzione al senso di ci` o che si sta facendo. Pu` o sembrare n m m n ovvio che (a ) = (a ) , perch` e lesperienza che abbiamo dei numeri naturali ci dice che entrambe tali quantit` a sono uguali ad anm . Ma procedendo da una denizione assiomatica dei numeri naturali, a questo punto non sappiamo ancora che cosa sono la somma ed il prodotto di numeri naturali. Tali operazioni non compaiono nella denizione dei numeri naturali che abbiamo dato, perci` o dobbiamo dedurre la loro esistenza (ci` o che abbiamo fatto) e le loro propriet` a che le qualicano come la somma ed il prodotto (ci` o che non abbiamo ancora fatto). Anzi, useremo le propriet` a delle potenze appena dimostrate proprio per dimostrare che le denizioni di somma e prodotto di numeri naturali che abbiamo dato soddisfano le propriet` a che ci aspettiamo debbano soddisfare. Teorema 2.2.1 . Linsieme N dei numeri naturali ` e un monoide commutativo per le operazioni di somma e prodotto precedentemente denite, per cui valgono le seguenti propriet` a: 1) (N, +, 0) e (N, , 1) hanno la propriet` a di cancellazione: se n +p = m + p, allora n = m e, se p = 0 e np = mp, allora n = m; inoltre, se m + n = 0, allora m = 0 e n = 0;
m

2.2. RICORSIVITA 2) vale lidentit` a: m(n + p) = mn + mp (propriet` a distributiva); 3) mn = 0 se e solo se m = 0 o n = 0; 4) per ogni monoide (M, , e) e per ogni elemento a M , si ha: an am = an+m , (am )n = amn .

55

Dimostrazione. A titolo di esempio dimostriamo solo alcune delle propriet` a enunciate. Dimostriamo che 0 ` e lelemento neutro per la somma, dunque che per ogni n N si ha n + 0 = n. Per induzione su n: la propriet` a` e vera per n = 0, perch` e 0 (0) = 1N (0) = 0; supponiamo che la propriet` a sia vera per n e dimostriamola per (n): (n ) n (0) = ( (0)) = (n). Dimostriamo la commutativit` a della somma, usando il primo dei due lemmi precedenti: n + m = n (m) = n ( m (0)) = ( n m )(0) = ( m n )(0) = m (n) = m + n. Dimostriamo la propriet` a di cancellazione per la somma: se m + n = p + n, allora m = p. Dimostriamo per induzione su n, per tutti gli m e p; se n = 0, la propriet` a` e vera; supponiamo che la propriet` a sia vera per un certo n e per tutti gli m ed i p, e dimostriamola per (n): se m + (n) = p + (n), allora (m + n) = (p + n); poich` e` e iniettiva, si ha m + n = p + n; per lipotesi di induzione si ha m = p. Dimostriamo la prima delle propriet` a 4). Dimostriamo per induzione su n che an+m = an am , per ogni m N. La propriet` a` e vera per n = 0; supponiamo che sia vera per un certo n e dimostriamola per il successivo (n): a(n) am = an a am = an am a = an+m a = a(n+m) = a(n)+m . In modo simile, sfruttando gli assiomi o i lemmi gi` a dimostrati, si dimostrano tutte le rimanenti propriet` a. q A partire dalla somma e dal prodotto si possono denire per induzione e composizione molte altre funzioni. Un esempio ` e la seguente funzione (detta successione di Fibonacci): f (0) = 1, f (1) = 1, f ( ( (n)) = f ( (n)) + f (n), cio` e, interpretando (n) come n + 1, f (0) = 1, f (1) = 1, f (n + 2) = f (n + 1) + f (n).

56

CAPITOLO 2. NUMERI

` I primi termini di questa successione sono: 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, . . .. E chiaro che tutte le funzioni denite in questo modo, che abbiamo convenuto di chiamare funzioni ricorsive primitive, hanno il requisito di essere eettivamente calcolabili, cio` e calcolabili con una procedura effettiva che pu` o in principio essere eseguita da qualsiasi macchina. Tuttavia si pu` o dimostrare che esistono altre funzioni che hanno questo requisito, ma che non sono ricorsive primitive. Ad esempio la funzione f : N N N denita secondo lo schema seguente: f (0, m) = (m); f (n, 0) = (n); f ( (n), (m)) = f (n, f ( (n), m)), ` e chiaramente una funzione che pu` o essere calcolata da una qualsiasi macchina (se ne calcolino alcuni valori o, meglio, si scriva un programma che la calcola). Tuttavia si pu` o dimostrare che non appartiene alla classe delle funzioni ricorsive primitive, ma ad una classe piu ampia chiamata classe delle funzioni ricorsive (generali). Tale classe ` e suscettibile di una denizione precisa ed il suo studio ` e il contenuto della teoria della ricorsivit` a. La tesi di Church aerma che la classe delle funzioni ricorsive coincide con la classe delle funzioni eettivamente calcolabili. Tale tesi non ` e dimostrabile poich` e da una parte si ha un concetto formale, come quello di funzione ricorsiva, mentre dallaltra si ha un concetto non formale, come quello di funzione effettivamente calcolabile. Tuttavia a tuttoggi non sono state trovate funzioni calcolabili con una procedura eettiva che non siano anche ricorsive.

2.3

Ordine e Divisione

Siamo ora in grado di descrivere la ulterire struttura di cui N ` e dotato e di provarne le propriet` a, sempre deducendole dagli assiomi di Peano o dalle loro conseguenze che abbiamo gi` a dimostrato. La relazione dordine di N si denisce nel modo seguente: n m se e solo se esiste k tale che n + k = m ; Scriveremo n < m per n m e n = m, dunque se esiste k = 0 tale ` immediato dimostrare che la relazione n m ` che n + k = m. E e una

2.3. ORDINE E DIVISIONE

57

relazione dordine (si veda il paragrafo 6 del capitolo 3 per la denzione precisa di relazione dordine). Le propriet` a particolari della relazione dordine su N sono espresse dal Teorema 2.3.1 i) legge di tricotomia: per ogni m, n N vale una sola delle seguenti possibilit` a: m < n, m = n, n < m. iii) N ` e bene ordinato: ogni sottoinsieme V N non vuoto ha un primo elemento, cio` e un elemento v V tale che v x, per ogni elemento x V . Dimostrazione. Dimostriamo iii) a titolo di esempio. Procediamo per assurdo; supponiamo che V N sia un sottoinsieme non vuoto che non abbia un primo elemento e dimostriamo che in tal caso ogni naturale ` e minore o uguale ad ogni elemento di V , cio` e che linsieme U = {n | x V n x} coincide con linsieme di tutti i naturali. Procediamo per induzione; 0 U ; se n U , allora n V , perch` e in caso contrario V avrebbe n come primo elemento; dunque se x V , allora n x e x = n; ma se n x e x = n, allora (n) x, dunque anche (n) U . Dunque U = N. Ma questa ` e una contraddizione, perch` e se V non ` e vuoto, sia k V ; allora n k , per ogni n, dunque anche per n = k + 1, assurdo. ii) se m n, allora m + k n + k e mk nk , per ogni k .

La prima importante applicazione dellordine sui naturali ` e il teorema sulla divisione di naturali. Teorema 2.3.2 . Per ogni coppia di naturali x e n, n = 0, esistono due naturali q (quoziente) e r (resto), tali che: x = qn + r e 0 r < n.

Inoltre, se q 0 e r0 sono altri due naturali per cui 0 r0 < n e x = q 0 n + r0 , allora q = q 0 e r = r0 (unicit` a del quoziente e del resto della divisione per n).

58

CAPITOLO 2. NUMERI

Dimostrazione. Consideriamo linsieme dei possibili resti: M = {m | esiste q tale che x = qn + m} . Deniamo r come il primo elemento di M ; bisogna per` o assicurarsi che M non sia vuoto; infatti, x stesso sta in M (basta prendere q = 0). Dunque esiste q tale che x = qn + r. Dobbiamo dimostrare che 0 r < n. Per assurdo, supponiamo n r; allora r = n + k , quindi x = qn + n + k = (q + 1)n + k e k < r; assurdo perch` er` e il primo elemento di M . Se x = q 0 n + r0 , con 0 r0 < n, dimostriamo che r0 deve essere un primo elemento di M. Infatti, se cos` non fosse, esisterebbe m M con 0 0 m < r ; dunque r = m + y ed esisterebbe q tale che x = qn + m = q 0 n + r0 = q 0 n + m + y ; quindi qn = q 0 n + y , perci` o y sarebbe un multiplo 0 di n, ci` o che ` e impossibile perch` e r < n. Dunque r = r0 , perci` o per la cancellazione della somma anche qn = q 0 n e, per la cancellazione del prodotto, poich` e n = 0, anche q = q 0 . q

2.4

Idempotenti ed involuzioni

Per ogni endofunzione f : X X su un insieme X possiamo denire il sottoinsieme di X F = F ix(f ) = {x X |f (x) = x} X dei punti ssi di f . Se f ` e un idempotente, cio` e ha la propriet a che 2 f f = f = f , dunque che f (f (x)) = f (x) per ogni x X , allora ogni elemento della forma f (x) ` e un punto sso, perch` e y = f (x) ha la propriet` a che f (y ) = y . Dunque denotando con e la funzione f stessa considerata per` o come funzione X F e denotando con i: F X linclusione di F in X considerata come una particolare funzione (la restrizione dellidentit` a su X ), si ha che lidempotente f si fattorizza come f e i X = X F X. X Cosa possiamo dire della composizione F

e F ?

2.4. IDEMPOTENTI ED INVOLUZIONI ` chiaro che E F

59

1F F ,

poich` e se y F , cio` e se y = f (y ), allora e(i(y )) = e(y ) = f (y ) = y . Diremo che la coppia e, i ` e uno spezzamento dellidempotente f . Diremo anche che i: F X ` e un retratto e che e ` e una sua retrazione quando la composizione ei ` e lidentit` a su F . Dunque ogni idempotente determina un retratto, prendendone lo spezzamento attraverso i punti ssi. Viceversa, dato un retratto i: F X , ogni sua retrazione e: X F determina un idempotente f = ie: X X (poich` e 2 f = (ie)(ie) = i(ei)e = ie = f ) che ha F come insieme dei punti ssi. Da questa discussione dovrebbe apparire chiaro che se i: F X , allora le sue retrazioni e: X F , quindi gli idempotenti che hanno F come insieme dei punti ssi, sono in corrispondenza biunivoca con le funzioni F c F dallinsieme complementare dellinsieme F dei punti ssi a F stesso. In particolare, se X ` e un insieme nito di cardinalit` a n, allora gli idempotenti che hanno un insieme di punti ssi di cardinalit` a i sono n ni i i e quindi il numero di tutti gli idempotenti su X ` e
n i=0

n ni i . i

Unaltra importante propriet` a che un endomorsmo f : X X pu` o avere ` e quella di essere una involuzione, cio` e f 2 = 1 e dunque f (f (x)) = x, per ogni x X . Si osservi che mentre lunico idempotente che sia anche invertibile ` e lidentit` a, invece ogni involuzione ` e invertiblie, essendo essa stessa il proprio inverso. Per capire meglio che cosa sia una involuzione cercheremo di contare il numero delle involuzioni In su un insieme nito di cardinalit` a n. Una formula induttiva per il numero delle involuzioni su un insieme nito di cardinalit` an` e In = In1 + (n 1)In2 e I0 = 1 = I1 . Infatti, se n 2, ripartiamo linsieme delle involuzioni f : [n] [n] in due classi disgiunte, quelle che lasciano sso 1 e quelle

60

CAPITOLO 2. NUMERI

che lo muovono. Il numero delle prime ` e chiaramente In1 , perch` e una tale involuzione consiste semplicemente nel dare una involuzione sui rimanenti n 1 elementi. Per determinare il numero delle seconde, si osservi che se f (1) = 1, allora f manda la coppia 1, f (1) nella coppia f (1), 1 , perch` ef ` e una involuzione; dunque f ` e completamente determinata da una involuzione sui rimanenti n 2 elementi. Poich` e f (1) pu` o assumere solo n 1 valori, per la clausola f (1) = 1, il numero delle seconde ` e (n 1)In2 .

2.5

Funzioni generatrici

Usiamo il problema di trovare una espressione esatta per il numero In delle involuzioni su un insieme con n elementi, per illustrare un metodo classico della combinatorica, il metodo delle funzioni generatrici, che consiste nel trovare una serie formale (di Taylor) I (t) =
n 0

In

tn n!

che abbia per coecienti proprio la successione dei numeri In , usando la formula induttiva appena stabilita. Nel caso in questione, per la (t) di forma della formula induttiva, tentiamo di trovare la derivata I I (t), supponendo che una tale funzione esista. Si ha: (t) = n1 In tn1 = 1 + n2 In tn1 = I
(n1)! (n1)!

=1+ =1+

tn1 n2 In1 (n1)! tn1 n2 In1 (n1)!

+ +t

n2 (n

t 1)In2 (n = 1)!

n1

tn2 n2 In2 (n2)!

I (t) Poich` eI = 1 + t si ha log I (t) = t + t2 ; dunque la funzione generatrice (t) del numero delle involuzioni ` e

= 1 + [I (t) 1] + tI (t) = I (t) + tI (t) = I (t)(1 + t).


2

I (t) = et+ 2 . Non rimane dunque che sviluppare in serie di Taylor questa funzione per trovare i valori esatti di In . Osserviamo dapprima che la propriet` a fondamentale dellesponenziale ` e che trasforma somme in prodotti, dunque

t2

2.6. ESERCIZI
t2 t2 i

61

che et+ 2 = et e 2 ; ricordiamo anche che ex = i0 x e che il prodotto i! i k e la serie n0 cn tn , dove il di Cauchy i0 ai t k0 bk t di due serie ` coeciente cn ` e dato dalla formula cn = i+k=n ai bk , ci` o che generalizza il prodotto di polinomi. Si ha dunque che
In n t n!

=
n 0 (

ti i0 i!

( t2 )k k 0 k ! 1 n i+2k=n i!k!2k ) t

ti i0 i!

t2k k0 k!2k

e quindi che In = n! . k i+2k=n i!k !2

2.6

Esercizi

1. I numeri di Fibonacci Fn sono deniti induttivamente da F0 = F1 = 1 e Fn = Fn1 + Fn2 , per n 2, ed hanno svariate interpretazioni combinatorie. Si provi che la funzione generatrice F (t) dei numeri di Fibonacci ` e 1 F (t) = . 1 t t2

(Suggerimento: si assuma che F (t) sia sviluppabile in serie di potenze, F (t) = n0 Fn tn ; allora
n 2

F (t) = 1 + t + .....)

Fn tn = 1 + t +

n2

Fn1 tn +

n 2

Fn2 tn =

1 ` e sviluppabile in serie tramite la 2. Ricordando che la funzione 1 x serie geometrica 1 = xk , 1 x k 0

si usi il precedente esercizio per mostrare che i numeri di Fibonacci sono dati dalla formula Fn =
i+k=n

k . i

(Suggerimento: sostituire t(1 + t) ad x nella serie geometrica ed usare la formula del binomio di Newton).

62

CAPITOLO 2. NUMERI 3. Ricordiamo che nellesercizio 1.13.6 abbiamo introdotto i numeri di Catalano an e che abbiamo proposto di provare che la loro 1 denizione induttiva ` e an = n k=1 ak ank , per n 2, convenendo che a1 = 1 = a2 ; conveniamo anche che a0 = 0 (trovare una giusticazione per tali convenzioni, anche sulla base di quanto segue). Deniamo albero binario un grafo con la propriet` a che da ogni nodo partono due rami o nessuno; ad esempio o
S S S

X1

o
S S S

o
S S S

X4

X2

X3

` e un albero binario con 4 foglie (= nodi terminali). Numerando le foglie in senso antiorario come nella gura e convenendo che un nodo non terminale ` e il prodotto dei due nodi immediatamente sottostanti, si puo associare ad ogni tale grafo una congurazione di parentesi; ad esempio, quella associata al grafo in gura ` e X1 ((X2 X3 )X4 ). Si dimostri che il numero di Catalano an ` e il numero degli alberi binari con n foglie, stabilendo una opportuna corrispondenza biunivoca. 4. Si dimostri che la funzione A(t) generatrice dei numeri di Catalano ` e 1 A(t) = (1 1 4t) . 2 (Suggerimento: A(t) =
n0

an tn = t +

n2

an tn =

1 n n = t + [ n2 ( n i=1 ani ai )t ] = t + [ n2 ( i+k=n ai ak )t ] = t + A2 (t), quindi... Inne si tenga conto della condizione iniziale A(0) = a0 = 0.)

2.7. I NUMERI INTERI

63

5. Si trovi lo sviluppo in serie di Taylor della funzione generatrice dei numeri di Catalano. (Suggerimento: si dimostri per induzione che per ogni n 2, la derivata n-esima di A(t) ` e A
(n )
2n1 1 n2 1 (t) = n [ (2k + 1)]( t) 2 2 k=0 4

).

Usando poi che n!an = A(n) (0) si deduca lespressione esatta an = 1 2n 2 , n n1


n 2 k=0

moltiplicando numeratore e denominatore di an = per la quantit` a 6. Se X f


n 1 k=1 (2k )

22n1 n!2n

(2k + 1)

= 2n1 (n 1)!). e p i j

= =

X X

X X

sono due spezzamenti dello stesso idempotente f su X , si provi che esiste un unico isomorsmo t: F G tale che jt = i (o equivalentemente, te = p).

2.7

I numeri interi

Vogliamo ora mostrare come le propriet` a dellinsieme N dei numeri naturali permettano di costruire linsieme Z degli interi, come soluzione al problema di aggiungere i numeri negativi, cio` e gli opposti di ogni numero naturale. Cercheremo anche di spiegare perch` e il prodotto di due negativi ` e positivo (meno per meno fa pi` u). Ricordiamo che lordine stretto su N ` e denito da n < m se esiste un d = 0 tale che

64

CAPITOLO 2. NUMERI

n + d = m; ricordiamo anche che un tale d ` e unico, per la propriet` a di cancellazione della somma, ed ` e da pensare come m n o, meglio, come lunica soluzione dellequazione n + x = m. Consideriamo ora il prodotto N N e la funzione NN denita da f (n1 , n2 ) = d, 0 0, 0
0, d

f-

NN

se n1 < n2 e se n1 + d = n2 se n2 < n1 e se n2 + d = n1 se n1 = n2

Tale funzione ` e ben denita per la propriet` a di tricotomia dellordine ` in N. E facile inoltre vericare che f ` e idempotente. Sia NN e
-

i-

NN

lo spezzamento di f attraverso linsieme Z dei suoi punti ssi. Dunque Z = { n1 , n2 | n1 = 0 o n2 = 0} . Possiamo convenire di denotare con n le coppie del tipo n, 0 , con n = 0 e semplicemente con n le coppie del tipo 0, n , con n N. Dunque come insieme, Z cos` denito coincide con linsieme dei numeri interi (relativi) che conosciamo da sempre. Il punto ` e di mostrare come questa descrizione implica lesistenza delle usuali operazioni sugli interi e delle loro usuali propriet` a. Osserviamo dapprima che le operazioni di somma e prodotto su N si possono estendere alle coppie ordinate N N denendole puntualmente, cio` e n1 , n2 + m1 , m2 = n1 + m1 , n2 + m2 n1 , n2 m1 , m2 = n1 m1 , n2 m2 . ` E facile vericare che in tal modo si ottengono due operazioni sul prodotto N N che soddisfano le stesse propriet` a formali delle analoghe operazioni su N, cio` e associativit` a, esistenza dellelemento neutro, commutativit` a. Ci` o si esprime dicendo che N N ha, come N, due strutture di monoide commutativo. Inoltre, le due operazioni di somma e prodotto soddisfano la stessa propriet` a di distributivit` a che vale in N:

2.7. I NUMERI INTERI x(y + z ) = xy + xz x0 = 0 .

65

Esprimiamo tutto ci` o dicendo che NN ha una struttura di semi-anello commutativo, denita puntualmente dalla struttura di semi-anello commutativo di N. Vedremo che tale struttura di semi-anello commutativo non ` e lunica possibile su N N, ma ne esiste unaltra che viene ereditata da Z (si veda lesercizio 2.13.1). Il fatto generale che governa questi fenomeni ` e descritto nel seguente Teorema 2.7.1 Sia (X, , u) un monoide e sia f : X X una funzione idempotente. Sia X f
-

lo spezzamento di f attraverso i punti ssi. Allora F ha una unica struttura di monoide (F, , u0 ) per cui la proiezione e: X F ` e un omomorsmo, se e solo se f soddisfa la seguente identit` a (che chiameremo propriet a di chiusura rispetto alloperazione ): f [f (x) f (y )] = f (x y ) . Inoltre, tutte le identit` a che sono soddisfatte dal monoide (X, , u) sono anche soddisfatte dal monoide (F, , u0 ) e, se X ha altre strutture di monoide per cui f soddisfa la propriet` a di chiusura, allora tutte le identit` a che sussistono tra le varie operazioni (ad esempio la distributivit` a), valgono anche in F per le operazioni indotte. Dimostrazione. La funzione e ` e ancora f stessa, perch` ef` e un idempotente e i ` e semplicemente linclusione di F in X . Dunque se vogliamo denire unoperazione x y su F in modo che e sia un omomorsmo, cio` e f (a b) = f (a) f (b), allora se x = f (x) e y = f (y ) sono due punti ssi si deve avere x y = f (x) f (y ) = f (x y )

66

CAPITOLO 2. NUMERI

e dunque loperazione su F deve essere denita cos` . Viceversa, denendo in tal modo loperazione su F , la propriet` a di chiusura assicura che la proiezione e: X F ` e un omomorsmo. Infatti, per ogni a, b X si ha: f (a b) = f [f (a) f (b)] = f (a) f (b). Inoltre si ha subito che u0 = f (u) ` e lelemento neutro per loperazione su F : se x = f (x) ` e un punto sso, allora u0 x = f (u) f (x) = f [f (u) f (x)] = f (u x) = f (x) = x; similmente si ha x u0 = x. Non rimane che provare lassociativit` a; se z = f (z ) ` e un altro punto sso, allora (x y ) z = f [(x y ) z ] = f [f (x y ) z ] = f [f (x y ) f (z )] = f [(x y ) z ] = f [x (y z )] = f [f (x) f (y z )] = x (y z ). Nello stesso modo si mostra che le ulteriori identit` a che possono essere soddisfatte dal monoide (X, , u) (ad esempio la commutativit` a), sono soddisfatte anche dal monoide (F, , u0 ). Viceversa, se su F esiste una operazione per cui e ` e un omomorsmo, cio` e f (a b) = f (a) f (b), allora f deve soddisfare la propriet` a di chiusura: f [f (a) f (b)] = f (f (a)) f (f (b)) = f (a) f (b) = f (a b). Inne, supponiamo che su X ci sia unaltra operazione di monoide - per cui f soddisfa la propriet` a di chiusura e chiamiamo loperazione indotta su F (cio` e x y = f (x - y )). Supponiamo che in X valga la distributivit` a a - (b c) = (a - b) (a - c); allora la stessa distributivit` a vale in F per le operazioni indotte: x (y z ) = f (x - (y z )) = f [f (x) - f (y z )] = f [x - (y z )] = f [(x - y ) (x - z )] = f [f (x - y ) f (x - z )] = (x y ) (x z ). q Applichiamo questo teorema allidempotente f su N N descritto ` facile vericare che f soddisfa la propriet` precedentemente. E a di chiusura rispetto alla somma puntuale su N N (esercizio che si svolge distinguendo i vari casi). Dunque, linsieme dei punti ssi Z ha ununica struttura di monoide commutativo per cui e ` e un omomorsmo, che tradizionalmente denotiamo ancora con il simbolo +, perch` e linclusione i: N Z denita da i(n) = 0, n ` e un omomorsmo (esercizio). Il fatto che la costruzione di Z risolve il problema di aggiungere i negativi al monoide (N, +) ` e di immediata verica: ogni elemento x Z ha un opposto x, cio` e un elemento x tale che x + (x) = 0. In altre parole, Z ` e un gruppo rispetto alla somma, e sappiamo che dunque lopposto ` e unico: lopposto di 0, d ` e d, 0 e viceversa.

2.8. DIVISIONE DI INTERI

67

La dicolt` a` e che lidempotente f non ` e un operatore di chiusura ` possibile rispetto al prodotto puntuale (si trovi un controesempio). E per` o trovare unaltro prodotto su N N per cui sia un monoide commutativo e che sia distributivo rispetto alla somma, rispetto al quale f ` e un operatore di chiusura (si veda lesercizio 2.13.1). Tuttavia ora preferiamo mostrare che il prodotto in Z ` e unicamente determinato dalle condizioni di essere conservato dallinclusione i: N Z e dalla richiesta di essere associativo e distributivo rispetto alla somma. Infatti, la richiesta che i conservi il prodotto equivale a richiedere che il prodotto di positivi, cio` e il prodotto di coppie 0, d , 0, e sia denito come la coppia 0, de . Poich` e in un semi-anello in cui la somma ` e un gruppo, cio` e in un anello, la distributivit` a implica la regola dei segni (lemma 1.16.1), si vede allora che gli altri possibili prodotti sono determinati come d, 0 0, e = de, 0 , 0, d e, 0 = de, 0 , d, 0 e, 0 = 0, de . Non resta che vericare che il prodotto cos` denito ` e in eetti associativo e distributivo rispetto alla somma. La commutativit` a di tale prodotto segue dalla commutativit` a del prodotto in N.

2.8

Divisione di interi

Poich` e nellanello degli interi Z esiste la divisione, si ottengono altri esempi di anelli commutativi nel modo seguente. Ricordiamo dapprima che lesistenza della divisione in Z signica che per ogni coppia di interi x e n, con n > 0, esiste ununica coppia di interi q e r, detti rispettivamente quoziente e resto, tali che x = qn + r e 0r<n.

Infatti, se x 0, allora siamo nel caso discusso per i naturali; se x < 0, allora 0 (x 1) e dunque esistono q e r tali che x 1 = nq + r e 0 r < n; dunque x = n(q 1) + (n r 1) e 0 (n r 1) < n. Lunicit` a del resto permette di denire, per ogni n > 0 ssato, una funzione rn Z Z

68 come:

CAPITOLO 2. NUMERI

rn (x) = lunico resto della divisione di x per n . ` immediato constatare che la funzione rn ` e idempotente; denotiamo E con Zn linsieme dei suoi punti ssi. Zn risulta essere linsieme dei possibili resti della divisione per n, cio` e ` naturale a questo punto chiedersi se rn soddisfa le propriet` E a di chiusura rispetto alla somma ed al prodotto in Z, cio` e se rn (rn (x) + rn (y )) = rn (x + y ) , rn (rn (x)rn (y )) = rn (xy ) . Zn = {0, 1, 2, . . . , n 1} .

La risposta ` e aermativa per entrambe. Dimostriamo la prima, lasciando al lettore la dimostrazione della seconda. Dividiamo x e y per n: x = q1 n + rn (x), y = q1 n + rn (y ); eseguiamo anche la divisione rn (x) + rn (y ) = q3 n + rn (rn (x) + rn (y )). Sommando e sostituendo si ha: x + y = (q1 + q2 )n + rn (x) + rn (y ) = (q1 + q2 + q3 )n + rn (rn (x) + rn (y )). Poich` e rn (rn (x) + rn (y )) < n, lunicit` a del resto garantisce che tale quantit` a` e il resto della divisone di x + y per n. Per il teorema sugli operatori di chiusura si ha che Zn ` e un anello commutativo e che la proiezione Z Zn data dal prendere il resto della divisione per n ` e un omomorsmo di anelli, per le operazioni su Zn che consistono nel prendere il resto della divisione per n delle operazioni omonime su Z. Per ogni n ssato, la relazione di equivalenza su Z data dal nucleo di equivalenza di rn (per una denizione precisa di tali concetti si veda il paragrafo 6 del capitolo 3) si chiama congruenza modulo n e la si indica con x y (mod n) . Dunque x y (mod n) se e solo se x y ` e un multiplo di n (esercizio).

2.9

Massimo Comun Divisore

Unaltra importante conseguenza della divisione tra interi ` e lesistenza del massimo comun divisore di due interi. Diciamo che un intero x

2.9. MASSIMO COMUN DIVISORE

69

divide un intero y (e scriviamo x|y ) se esiste un intero k tale che y = kx. Il massimo comun divisore (M.C.D.) di due interi x e y ` e un intero d = M.C.D.(x, y ) tale che d|x e d|y e tale che, per ogni altro intero ` chiaro che il M.C.D. ` k , se k |x e k |y , allora k |d. E e unico a meno del segno. Il seguente teorema dimostra lesistenza del M.C.D. mediante un algoritmo per determinarlo. Teorema 2.9.1 i) Se x e y sono due interi non nulli allora esiste il massimo comun divisore d = M.C.D.(x, y ). ii) Esistono due interi r e s tali che d = rx + sy . Dimostrazione. Dimostreremo lesistenza del massimo comun divisore fornendo un procedimento eettivo per calcolarlo, noto come algoritmo euclideo delle divisioni successive. Possiamo supporre, senza alterare la generalit` a della dimostrazione, che 0 y (perch` e?). Si consideri la catena delle divisioni: x = qy + r, 0 r < y; y = q1 r + r1 , 0 r1 < r; r = q2 r1 + r2 , 0 r2 < r1 ; ......... Poich` e ogni resto ` e maggiore o uguale a zero e minore del precedente, tale catena deve terminare: per un certo n si deve avere rn+1 = 0, dunque: ......... rn2 = qn rn1 + rn , 0 rn1 < rn ; rn1 = qn+1 rn . Questo fatto prova che il M.C.D. di x e y ` e proprio lultimo resto non nullo rn . Infatti, per lultima uguaglianza, si ha che rn divide rn1 , quindi per la penultima uguaglianza divide anche rn2 e, risalendo cos` la catena delle uguaglianze, si vede che divide anche y e x. Inoltre, se k divide x e y , allora divide anche r = x qy , dunque divide anche la catena delle uguaglianze, si vede che r1 = y q1 r e, discendendo cos` divide anche rn1 . Dunque rn ` e il M.C.D. di x e y . ii) Per dimostrare che esistono due numeri r e s tali che d = M.C.D.(x, y ) = rx + sy , esprimiamo il M.C.D. di x e y come ultimo resto non nullo nellalgoritmo euclideo delle divisioni successive. La penultima di tali uguaglianze fornisce:

70

CAPITOLO 2. NUMERI

rn = rn2 qn rn1 ; la precedente uguaglianza (rn3 = qn1 rn2 + rn1 ) fornisce rn1 come somma di prodotti (= combinazione lineare) di rn3 e rn2 che, sostituito nella precedente espressione per rn , fornisce, dopo aver sommato i termini simili, una espressione di rn come combinazione lineare di rn3 e rn2 ; cos` continuando a risalire la catena delle uguaglianze, si ottiene alla ne una espressione di rn come combinazione lineare di x e y . q Vediamo alcune applicazioni del precedente teorema sul M.C.D ai gruppi Zn . Ricordiamo che un numero intero p ` e primo se gli unici suoi divisori sono, a meno del segno, 1 e p; ricordiamo anche che due numeri interi x e y si dicono primi relativi se M.C.D.(x, y ) = 1. e invertibile se e solo Teorema 2.9.2 . Un elemento non nullo di Zn ` se M.C.D.(x, n) = 1. Dimostrazione. Se M.C.D.(x, n) = 1, allora per il teorema sul M.C.D., esistono due interi r e s tali che 1 = ax + bn. Dunque, prendendo i resti modulo n di entrambi i membri di tale uguaglianza e tenendo conto che la funzione rn prendere in resto modulo n ` e un operatore di chiusura rispetto alla somma e al prodotto, si ha: 1 = rn (1) = rn (ax + bn) = rn [rn (ax) + rn (bn)] = rn (ax) = = rn [rn (a)rn (x)] = rn [rn (a)x]. Dunque rn (a) ` e linverso di x in Zn . Viceversa, supponiamo che x Zn sia invertibile, cio` e che esista p Zn tale che px = 1 in Zn ; ci` o signica che il resto della divisione di px per n ` e 1, dunque che px = hn + 1; ma allora M.C.D.(x, n) = 1. q Come ulteriore applicazione del teorema sul M.C.D. diamo un metodo per trovare tutte le soluzioni intere di una equazione del tipo ax + by = c , dove a, b e c sono coecienti interi (equazione diofantea lineare). Cominiciamo con losservare che tale equazione ha una soluzione se e solo se d = M.C.D.(a, b) divide il termine noto c. Infatti, poich` e d divide a e d divide b, esistono h e k tali che a = hd e b = kd; dunque se lequazione ha una soluzione x, y , allora c = ax + by = hdx + kdy = (hx+ky )d; dunque d divide c. Viceversa, se d divide c, dunque c = dt, le

2.9. MASSIMO COMUN DIVISORE

71

soluzioni dellequazione sono le stesse di quella che si ottiene dividendo per d: hx + ky = t ; poich` e h e k sono primi relativi, il teorema sul M.C.D. assicura che esistono due interi r e s tali che hr + ks = 1; moltiplicando per t si ha: h(rt) + k (st) = t; dunque x = rt e y = st ` e una soluzione dellequazione ridotta, quindi anche di quella di partenza. Tutte le altre soluzioni si ottengono aggiungendo ad una soluzione particolare le soluzioni della equazione omogenea associata: hx + ky = 0 . Infatti, se x0 , y0 ` e una soluzione dellequazione omogenea, allora x + x0 , y + y0 ` e ancora una soluzione dellequazione (ridotta), poich` e h(x + 0 0 x0 )+k (y +y0 ) = (hx+ky )+(hx0 +ky0 ) = t+0 = t. Inoltre, se x , y ` e una soluzione dellequazione (ridotta), allora x x0 , y y 0 ` e una soluzione dellequazione omogenea. Poich` e tutte le soluzioni dellequazione omogenea sono evidentemente: x0 = mb, y0 = ma, per m Z, allora tutte le soluzioni della equazione data sono x = rt + mb, y = st ma, per m Z. Una applicazione della precedente discussione ` e il teorema cinese del resto: se p e q sono primi relativi, allora la coppia di congruenze: x a (mod p), x b (mod q ) ,

ha una sola soluzione (mod pq ). Infatti, i numeri x che soddisfano contemporaneamente le due congruenze date sono quelli per cui esistono h e k tali che x = hp + a = kq + b. Basta dunque risolvere lequazione hp kq = b a che, per quando discusso precedentemente ha sicuramente soluzioni, perch` e M.C.D.(p, q ) = 1. Se r e s sono due numeri per cui 1 = rp + sq , le soluzioni sono: h = r(b a) + mq, k = s(a b) + mp, per m Z; dunque le soluzioni delle congruenze date sono: x = r(b a)p + mpq + a = s(a b)q + mpq + b, per m Z cio` e deniscono un elemento di Zpq tale che rp (x) = a e rq (x) = b. Una conseguenza di tale fatto ` e la seguente. Sia : Zpq Zp Zq

72

CAPITOLO 2. NUMERI

la funzione che ad ogni intero 0 x < pq associa la coppia (x) = rp (x), rq (x) . Il teorema cinese del resto assicura che tale funzione ` e suriettiva e quindi una corrispondenza biunivoca, perch` e entrambi gli ` anche facile vedere direttamente insiemi hanno la stessa cardinalit` a. E che conserva la somma, il prodotto e 1 e dunque che ` e un ismomorsmo di anelli, pur di denire la struttura di anello sul prodotto Zp Zq componente per componente (prodotto di anelli). In particolare, questo fatto ci assicura che denisce un isomorsmo tra gli ` e un anelli Z pq e Zp Zq . E un fatto generale che se se f : A B ` isomorsmo di anelli, esso induce un isomorsmo tra i gruppi A e B degli elementi invertibili di A e B (esercizio). Per nire non possiamo a questo punto non menzionare una famosa funzione, la funzione : N {0} N {0} che ad ogni naturale n = 0 associa il numero (n) dei naturali minori di n e primi con n. Alcuni suoi valori sono perci` o:(1) = 1, (2) = 1, (3) = 2, (4) = 2, (5) = 4 e, in generale, se p ` e un numero primo, (p) = p 1. La funzione ` e detta funzione di Eulero e per il teorema precedente, il numero (n) coincide con lordine del gruppo Z n degli elementi invertibili di Zn . Il teorema cinese del resto garantisce che se p e q sono coprimi, allora (pq ) = (p)(q ). Quindi, il teorema fondamentale dellaritmetica, che dice che ogni naturale n > 1 si fattorizza in modo unico (a meno dellordine) come prodotto
k 1 2 n = p 1 p2 . . . pk ,

dove pi sono primi e i sono naturali non nulli, ci permette di dare una formula esplicita per (n), pur di conoscere una formula esplicita per (p ), dove p ` e un primo e ` e un naturale non nullo.

2.10

Esercizi

1. Si provi che se n e a sono coprimi e se n|ab, allora n|b. 2. Si provi che se p ` e primo e p|ab, allora p|a o p|b. 3. Se p ` e un primo, si provi che il numero dei numeri compresi tra 1 e p che non sono coprimi con p ` e p1 . Si deduca il valore di

2.11. NUMERI PRIMI

73

(p ) e, usando il teorema cinese del resto insieme al teorema fondamentale dellaritmetica, si dia una formula esplicita per (n).

2.11

Numeri Primi

Il teorema fondamentale dellaritmetica, noto gi` a ai Greci, ha numerose conseguenze oltre a quello del calcolo esplicito della funzione . Almeno due di queste sono argomenti noti no dalla antichit` a, che per la loro semplicit` a e universalit` a dovrebbero appartenere al bagaglio di conoscenze di ogni persona acculturata, anche se non ` e un matematico professionista. Teorema 2.11.1 (Innit` a dei primi (Euclide).) Esistono inniti numeri primi. Dimostrazione. Per assurdo: supponiamo che il loro numero sia nito e sia p lultimo numero primo. Consideriamo il numero p! + 1 . Poich` e p! + 1 ha una (unica) fattorizzazione in potenze di primi, sia q un suo fattore primo. Poich` ep` e lultimo primo, p! dovr` a contenere q come fattore, dunque il resto della divisione di p! + 1 per q ` e 1, dato che 1 < q . Daltra parte il resto della divisione di p! + 1 per q ` e 0, perch` eq ` e un suo fattore, ci` o che contraddice lunicit` a del resto della divisione. q. Unaltro semplicissimo argomento ancora basato sul teorema della fattorizzazione unica in primi ` e la non razionalit` a della radice quadrata di 2 e lo richiameremo in seguito. Questi esempi dovrebbero essere sufcienti a convincerci dellinteresse di dare una dimostrazione di tale teorema. Il lettore interessato pu` o trovare una dimostrazione elementare per induzione ad esempio nel libro di Herstein (Algebra, Editori Riuniti, 1982). Unaltra dimostrazione pi` u generale, ma non costruttiva, verr` a data in seguito nella teoria degli anelli ad ideali principali (si veda ad esempio il libro di Birkho - MacLane, Algebra, Editori Riuniti, Cap. IV, Teorema 26).

74

CAPITOLO 2. NUMERI

2.12

I Numeri Razionali

Lultimo esempio di costruzione della stessa natura delle precedenti che vogliamo esaminare ` e la costruzione dei numeri razionali Q. La costruzione di Q risponde al desiderio di aggiungere ai numeri interi non nulli linverso rispetto al prodotto, cio` e di aggiungere ad ogni intero 1 non nullo x un (unico) numero x tale che x1 x = 1 (ricordiamo che un anello commutativo con tale propriet` a` e detto campo). Lidea ` e che un mumero razionale ` e una espressione formale xy 1 , dove y ` e non nullo, che interpretiamo come soluzione dellequazione yz = x nellincognita z , che tradizionalmente si denota con la scrittura come frazione x . Essendo tale scrittura una scrittura formale, possiamo y considerarla semplicemente come una coppia di interi x, y , con y non nullo. Dunque, possiamo partire dallinsieme Z (Z {0}) delle coppie ordinate di interi la cui seconda componente ` e non nulla. Tuttavia, tra tutte tali coppie hanno un ruolo essenziale quelle che non hanno divisori comuni. Questo ci permette di descrivere Q come linsieme dei punti ssi di un idempotente su Z (Z {0}) nel modo seguente. Ricordiamo dapprima che la divisione in Z permette di dimostrare lesistenza del massimo comun divisore (x, y ) di ogni coppia di interi non entrambi nulli x e y (ad esempio mediante lalgoritmo euclideo delle divisioni successive), cio` e di un intero d che divide sia x sia y e tale che sia diviso da ogni divisore comune di x e y . Poich` e il massimo comun divisore ` e unico a meno del segno, conveniamo di scegliere quello positivo. Possiamo dunque denire una funzione d Z (Z {0}) - Z (Z {0}) mediante x y , (x, y ) (x, y ) dove il simbolo di frazione indica il quoziente in Z della divisione il ` immediato vedere che d ` cui resto, nelle nostre ipotesi, ` e nullo. E e un idempotente; deniamo Q come linsieme dei punti ssi di d. Q cos` d(x, y ) =

2.12. I NUMERI RAZIONALI

75

denito coincide con i numeri razionali come li conosciamo dalle scuole medie, poich` e` e isomorfo alle frazioni x ridotte ai minimi termini, cio` e y alle coppie di interi x, y con y non nullo e con (x, y ) = 1 (si dice che x e y sono coprimi; si osservi che lunico numero coprimo con 0 ` e 1, perch` e se y = 0, allora (0, y ) = y ). Rimane il problema di spiegare le usuali operazioni su Q. Ora, Z (Z {0}) ` e un monoide commutativo rispetto al prodotto puntuale, e non ` e dicile vedere che d soddisfa la propriet` a di chiusura rispetto al prodotto puntuale (si veda lesercizio 3). Dunque, per il teorema sugli operatori di chiusura, si ha che Q ` e un monoide commutativo rispetto al prodotto x, y r, s = d( x, y r, s ) = d( xr, ys ) , che ` e nientaltro che la denizione che si usa in pratica: si fa il prodotto dei numeratori e dei denominatori e poi si riduce ai minimi termini. Si osservi che la funzione i: Z Q denita da i(x) = x, 1 ` e un omomorsmo iniettivo di monoidi, cio` ei ` e iniettiva e x, 1 y, 1 = xy, 1 . Perci` o il prodotto in Q estende in prodotto in N e per questa ragione ometteremo la notazione per il prodotto in Q. La ragione per cui ` e legittima la convenzione di scrivere una coppia (x, y ) di interi coprimi con y non nullo nella forma di frazione x , ` e y la seguente: ogni razionale (x, y ) = 0, 1 ` e invertibile: x, y y, x = d(xy, xy ) = 1, 1 , che ` e lelemento neutro del prodotto in Q; dunque, x, y 1 = y, x . In particolare si ha x, y = x, 1 1, y = x, 1 y, 1 ci` o che giustica la notazione x, y = x . y
1

Inne osserviamo che lunico elemento non invertibile 0, 1 di Q, che denoteremo ancora con 0 perch` e` e i(0), ha la propriet` a 0 x, y = 0, per ogni x, y Q.

76

CAPITOLO 2. NUMERI

Rimane da spiegare la somma di razionali. Osserviamo che la somma puntuale su Z(Z{0}) ` e una operazione rispetto alla quale il prodotto puntuale ` e distributivo, ma che non ha elemento neutro, perch` e dovrebbe essere 0, 0 . Inoltre, lidempotente d non soddisfa la propriet` a di chiusura rispetto alla somma puntuale (si trovi un controesempio). Siamo in una situazione analoga ma opposta a quella descritta per la costruzione degli interi Z. Tuttavia vediamo che anche in tal caso la somma ` e determinata dalla richiesta che linclusione i: Z Q sia un omomorsmo di anelli e dalla richiesta che il prodotto sia distributivo rispetto a tale somma. Infatti, supponiamo che una tale somma esista e denotiamola semplicemente con +. La prima condizione equivale alla condizione x, 1 + y, 1 = x + y, 1 . Usando la seconda condizione, calcoliamo il prodotto: ( x, y + r, s ) ys, 1 = x, y ys, 1 + r, s ys, 1 = = d(xys, y ) + d(rys, s) = xs, 1 + ry, 1 = xs + ry, 1 . Dunque ( x, y + r, s ) ys, 1 = xs + ry, 1 . Moltiplicando entrambi i membri per linverso di ys, 1 che ` e 1, ys , si ottiene x, y + r, s = xs + ry, 1 1, ys = d(xs + ry, ys), che ` e la formula usuale per la somma di frazioni ridotte ai minimi termini. Dunque, se la somma con le propriet` a prescritte esiste, deve essere data dalla formula precedente. Si tratta di dimostrare che, denendo la somma come sopra, essa ha le propriet` a prescritte (si veda anche il seguente esercizio 4).

2.13

Esercizi
n, m - r, s = ns + mr, nr + ms

1. Dimostrare che loperazione - su N N denita da

` e una operazione associativa, commutativa, per cui 0, 1 ` e lelemento neutro e che ` e distributiva rispetto alla somma puntuale; dunque essa induce una struttura di semi-anello su N N diversa da quella in cui il prodotto di coppie ` e denito puntualmente. Dimostrare anche che lidempotente f denito allinizio del paragrafo ` e un omomorsmo rispetto a questa operazione e

2.13. ESERCIZI

77

che quindi in particolare soddisfa la propriet` a di chiusura rispetto a -. Mostrare inne che loperazione indotta sullinsieme Z dei punti ssi coincide con lusuale prodotto di interi. a di chiusura 2. Dimostrare che la funzione resto rn ha la propriet` rispetto al prodotto. 3. Dimostrare che lidempotente d su Z (Z {0}) denito precedentemente soddisfa la propriet` a di chiusura rispetto al prodotto puntuale. (Suggerimento: se h = (x, y ) ed e = (r, s), allora x = x1 h, y = y1 h, r = r1 e, s = s1 e; dunque ( x, y r, s ) = d(xr, ys) = =
x 1 r1 , y1 s1 (x1 r1 ,y1 s1 ) (x1 r1 ,y1 s1 ) xr , ys (xr,ys) (xr,ys)

perch` e (xr, ys) = (x1 r1 he, y1 s1 he) = he(x1 r1 , y1 s1 ); eseguendo calcoli analoghi sullaltro membro dellequazione che esprime la propriet` a di chiusura di d si arriva allo stesso risultato.) 4. Dimostrare che loperazione x, y + r, s = xs + yr, ys sullinsieme Z (Z {0}) ` e una operazione associativa, commutativa, con elemento neutro dato da 0, 1 e per cui il prodotto puntuale ` e distributivo. Dimostrare che d soddisfa la propriet` a di chiusura rispetto a tale somma e che loperazione perci` o indotta sui razionali coincide con la somma di razionali. 5. Dimostrare che le due costruzioni di Z e Q si possono eseguire nellordine opposto a quello presentato in questo paragrafo: partendo da N si pu` o prima considerare lidempotente d ma denito solo su N (N {0}), i cui punti ssi sono i razionali non negativi Q0 . Poi, osservando che lordine in Q0 ` e denibile come in N e che per esso vale la tricotomia, si pu` o denire su Q0 Q0 un idempotente f i cui punti ssi sono tutti i razionali Q in maniera analoga a quanto fatto per N N. 6. Si costruisca una corrispondenza biunivoca : Q1 W (N>0 )

78

CAPITOLO 2. NUMERI dallinsieme dei razionali maggiori o uguali a 1 al semigruppo delle parole sui naturali non nulli. (Suggerimento: se x = m, n ` e un razionale maggiore o uguale a 1, si consideri la sua parte intera [x], che altro non ` e che il quoziente della divisione m = n[x] + r1 (0 r1 < n); allora x1 = n, r1 ` e un razionale maggiore o uguale a 1 per cui 1 x = [x] + . x1 ` chiaro che questo processo pu` E o essere iterato un numero nito di volte, poich` e ad un certo punto si deve ottenere un resto nullo. Questa procedura denisce in modo univoco una parola di naturali non nulli w(x) = [x][x1 ] . . . [xk ] , che si deve mostrare essere una corrispondenza biunivoca. La funzione inversa ` e detta frazione continua nita). 7. Costruzione dei reali non negativi estesi come spezzamento di un e un sottoinsieme F Q0 di idempotente. Un ltro F su Q0 ` Q0 con la propriet` a xF exy Sia F (Q0 ) linsieme dei ltri su Q0 . Consideriamo la funzione F (Q0 ) denita da: Si provi che D ` e un idempotente su Q0 e che linsieme dei suoi punti ssi ` e linsieme R0 dei numeri reali non negativi con laggiunta del punto allinnito. Quali operazioni su Q0 si trasportano su F (Q0 ) e per quali di esse lidempotente D soddisfa la propriet` a di chiusura? 8. Si provi che la stessa funzione w denita nellesercizio 6 fornisce una corrispondeza biunivoca : I>1 N>0
N

y F.

D -

F (Q0 )

D(F ) = {q Q0 | x > q x F } .

2.13. ESERCIZI

79

dallinsieme I>1 = R>1 Q>1 degli irrazionali maggiori di 1 allinsieme delle successioni di naturali maggiori di 0. La funzione inversa ` e detta frazione continua.

80

CAPITOLO 2. NUMERI

Capitolo 3 Omomorsmi
3.1 Immagini dirette ed inverse

Sia f : X Y una funzione e sia V Y un sottoinsieme di Y . Linsieme: f (V ) = {x X |f (x) V } ` e un sottoinsieme di X detto immagine inversa di V nella funzione f . Se V ` e costituto da un solo elemento y Y , allora limmagine inversa f ({y }) di V viene denotata semplicemente con f (y ) e viene detta controimmagine di y ; dunque: f (y ) = {x X |f (x) = y }. Se U X ` e un sottoinsieme di X , linsieme f (U ) = {y Y |esiste x U : f (x) = y } ` e un sottoinsieme di Y detto immagine (diretta) di U nella funzione f . In particolare il sottoinsieme di Y dato da f (X ) = {y Y |esiste x X : f (x) = y } ` e detto immagine della funzione f e denotato con Im(f ). Ricordando che cosa si intende per funzione suriettiva, si vede che f ` e suriettiva se e solo se Im(f ) = Y . In particolare, ogni funzione f : X Y 81

82

CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

diventa una funzione suriettiva quando la si considera come funzione f : X Im(f ). Le precedenti denizioni di immagine inversa e di immagine diretta forniscono due funzioni f : PY PX , f : PX PY

che soddisfano le seguenti identit` a: 1. f (V1 V2 ) = f (V1 ) f (V2 ) 2. f (V1 V2 ) = f (V1 ) f (V2 ) 3. f (U1 U2 ) = f (U1 ) f (U2 ) 4. U f (f (U )) e f (f (V )) V , per ogni coppia di sottoinsiemi U1 , U2 di X e V1 , V2 di Y . A titolo di esempio dimostriamo la seconda uguaglianza. Poich` e dobbiamo dimostrare che due sottoinsiemi di X sono uguali, dobbiamo usare il principio di estensionalit` a, cio` e dobbiamo dimostrare che hanno gli stessi elementi: x f (V1 V2 ) se e solo se f (x) V1 V2 , cio` e se e solo se f (x) V1 e f (x) V2 ; daltra parte, x f (V1 ) f (V2 ) se e solo se x f (V1 ) e x f (V2 ), cio` e se e solo se f (x) V1 e f (x) V2 . Dunque i sottoinsiemi f (V1 V2 ) e f (V1 ) f (V2 ) hanno gli stessi elementi, perci` o sono uguali. Quando A e B sono dotati di una stessa struttura algebrica e f ` e un omomorsmo, ` e importante osservare che gli operatori f e f si restringono alle sottostrutture, cio` e se U X e V Y sono sottostrutture di quelle su X e Y , allora limmagine diretta f (V ) e limmagine inversa f (U ) sono ancora sottostrutture di quelle di Y e di X . Un caso particolare ` e in realt` a gi` a stato dimostrato alla ne del capitolo 1, quando si ` e parlato di immagine e di nucleo (questultimo nel caso dei monoidi). La dimostrazione generale non ` e molto diversa da quella data per limmagine ed il nucleo e la lasciamo per esercizio.

3.2. ESERCIZI

83

3.2

Esercizi

1. Si provi che se f : X Y ` e una funzione e se U1 e U2 sono due sottoinsiemi di X , allora f (U1 U2 ) f (U1 ) f (U2 ) e si mostri con un controesempio che in generale non si ha luguaglianza. 2. Si provi che una funzione f : X Y ` e iniettiva se e solo se per ogni sottoinsieme U X si ha f (f (U )) = U e che ` e suriettiva se e solo se per ogni sottoinsieme V Y si ha f (f (V )) = V . 3. Si provi che gli operatori f e f soddisfano la seguente propriet` a: se U X e V Y sono due sottoinsiemi di X e Y , allora f (U ) V se e solo se U f (V ). 4. Si provino le identit` a 1, 2, 3 e 4 solo a partire dalla precedente propriet` a degli operatori f e f e dal fatto che essi conservino lordine. 5. Se (X, , exp) e (Y, , u) sono monoidi e se f X : Y ` e un omomorsmo di monoidi, si provi che per ogni sottomonoide U X e V Y le immagini dirette e inverse f (U ) e f (V ) sono sottomonoidi rispettivamnete del codominio e del dominio di f . Si enunci e si dimostri lanalogo risultato per i gruppi e per gli anelli.

3.3

Funzioni suriettive

Mostriamo ora come si possa determinare il numero E (n, m) delle funzioni suriettive f : [n] [m] semplicemente usando il fatto che ogni funzione f : X Y si pu` o analizzare come composizione di una funzione suriettiva e di una iniettiva prima considerando f come funzione da X alla propria immagine Im(X ) e poi considerando linclusione di Im(X ) in Y . Osserviamo dapprima che 1. E (n, m) = 0, se n < m;

84

CAPITOLO 3. OMOMORFISMI 2. E (n, 0) = 0 e E (n, 1) = 1, se n > 0; 3. E (n, n) = n!.

Dato che una funzione f : [n] [m] pu` o essere considerata come una funzione suriettiva sulla propria immagine, si ha che il numero delle funzioni f : [n] [m] che hanno per immagine un sottoinsieme di [m] con k elementi ` e dato da m E (n, k ), k cio` e dal numero E (n, k ) delle funzioni suriettive f : [n] [k ] per il numero m dei sottoinsiemi di [m] con k elementi. Inne, linsieme delle k funzioni [n] [m] pu` o essere descritto come la somma dellinsieme delle funzioni [n] [m] che hanno per immagine un insieme con un elemento, pi` u quello delle funzioni [n] [m] che hanno per immagine un insieme con due elementi ecc., si ha che il numero mn di tutte le funzioni f : [n] [m] pu` o essere espresso come: mn =
m k=1 m k

E (n, k ) .

Fissato n, facendo variare m tra 1 e n si ottengono n equazioni lineari e un sistema di n equazioni in n nelle n incognite xi = E (n, i); si ha cio` incognite:

1 1 2 2n = 1 3 3n = 1 ... ... ... n nn = 1 1n =

x1 2 x2 2 3 3 x1 + x2 + x3 2 3 x1 + x1 + n n n x2 + x3 + . . . + xn 2 3 n

3.4. PARTIZIONI

85

i Si osservi che la matrice A = k di questo sistema ` e una matrice triangolare bassa i cui elementi sulla diagonale sono tutti 1; dunque A ha determinante 1. Perci` oA` e invertibile e non ` e dicile mostrare che la matrice inversa A1 di A ` e:

A1 = (1)i+k

i k

Infatti, detto crs il generico elemento della matrice prodotto A A1 , si ha: crs = = =
r s r s n s+i r i=1 (1) i r s+i rs i=s (1) is k i k i=0 (1) i i s

n s+i r i=1 (1) s

r s is

= (posto k = r s)

ora usando la formula del binomio di Newton si ha: 0 = (1 1)k =


k i k i=0 (1) i

, se k = 0, cio` e se r = s;

dunque crs = 0 se r = s, mentre crr = 1; perci` o A A1 ` e la ma1 trice identica. Moltiplicando A per il vettore colonna dei termini noti si ha che le soluzioni del sistema sono date dalla formula: xi = E (n, i) =
n i+k i k=1 (1) k

kn .

3.4

Partizioni

Ricordiamo che una partizione U = {Ui }i2I di un insieme X ` e una famiglia di sottoinsiemi non vuoti Ui di X tale che ogni elemento di X sta in uno ed un solo sottoinsieme della famiglia. Gli insiemi Ui sono detti classi o regioni della partizione. Poniamoci ora il problema di contare il numero delle partizioni di [n] in m classi e ragioniamo come segue. Osserviamo dapprima che se f : X I ` e una funzione suriettiva, allora la famiglia Uf = {Ui }i2I denita da Ui = f (i) = {x [n]|f (x) = i}

86

CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

` e una partizione di X e, se I ` e nito di cardinalit` a m, ` e costituita da m classi poich` ef ` e suriettiva e dunque ciscun insieme Ui non ` e vuoto. Viceversa, se U = {Ui }i2I ` e una partizione di X , si pu` o costruire una funzione suriettiva fU : X I denendo fU (x) = i se e solo se x Ui . Il fatto che U sia una partizione equivale al fatto che tale denizione d` a proprio una funzione suriettiva. Inoltre, ` e facile mostrare che data unaltra funzione suriettiva g : X J , si ha che Uf = Ug se e solo se esiste un (unico) isomorsmo : I J tale che f f = g . Nel caso di X = [n] e I = [m], poich` e partendo dalla stessa partizione di [n] si possono costruire in questo modo m! funzioni suriettive f : [n] [m] semplicemente permutando lordine degli indici i [m], si ha che il numero E (n, m) delle funzioni suriettive f : [n] [m] ed il numero S (n, m) delle partizioni di [n] in m classi sono legati dalla relazione: E (n, m) = m!S (n, m) . La formula per E (n, m) fornisce dunque:
m

S (n, m) =

k=1

(1)m+k

m kn . k m!

I numeri S (n, m) sono chiamati numeri di Stirling di seconda specie. Diamo ora un metodo induttivo per generare i numeri S (n, m). Lemma 3.4.1 I numeri S (n, m) soddisfano le seguenti relazioni: 1. S (n, n) = 1, se 0 n; 2. S (n, 0) = 0, se 0 < n; 3. S (n, m) = 0, se n < m; 4. S (n + 1, m) = S (n, m 1) + mS (n, m). Dimostrazione. Solo la propriet` a (4) richiede una dimostrazione. Sia U una partizione di [n + 1] in m classi; distinguiamo due casi: se la partizione contiene linsieme {n + 1} formato dal solo elemento

3.4. PARTIZIONI

87

n + 1 oppure no. Il numero delle partizioni di [n + 1] in m classi che contengono linsieme {n + 1} formato dal solo elemento n + 1 ` e chiaramente uguale al numero S (n, m 1) delle partizioni di [n] in m 1 classi. Daltra parte per ogni partizione di [n] in m classi si possono costruire m partizioni di [n +1] in m classi aggiungendo lelemento n +1 ad una delle classi della partizione negli m modi possibili. Dunque il numero delle partizioni di [n + 1] in m classi in modo che lelemento [n + 1] non formi da solo una delle classi ` e mS (n, m). q Mostriamo ora un altro esempio di denizione induttiva. Si denisce ln-esimo numero di Bell Bn come il numero di tutte le partizioni dellinsieme [n]; dunque Bn =
n i=0

S (n, i) .

Usando la formula esplicita per S (n, i) si pu` o ottenere quella per Bn ; tuttavia si pu` o dimostrare direttamente con un argomento di carattere combinatorio la seguente formula induttiva per Bn (si osservi che una dimostrazione diretta mediante la denizione esplicita sarebbe estremamente pi` u complicata): Lemma 3.4.2 I numeri di Bell Bn ammettono le seguente denizione induttiva: B0 = 1 e n n Bi . Bn+1 = i=0 i Dimostrazione. Sia U un sottoinsieme U [n + 1] di [n + 1] di cardinalit` a i e tale che (n + 1) / U . Se U ` e una partizione di U , 0 possiame denire una partizione U di [n + 1] aggiungendo ad U il complemento U c di U , cio` e U 0 = U {U c }. Dunque il numero delle partizioni di [n + 1] costruite in tal modo a partire dal sottoinsieme U ` e Bi . Poich` e il numero dei sottoinsiemi U [n + 1] di cardinalit` a i e tali n che (n + 1) /U ` e i , per 0 i n, si ha che in tal modo si possono costruire n n Bi i=0 i

88

CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

partizioni di [n + 1]. Daltra parte ogni partizione di [n + 1] ` e in modo unico di questa forma: se U 0 ` e una partizione di [n + 1], sia V lunico elemento di U 0 tale che (n + 1) V e sia U il complemento U = V c di V ; chiaramente (n + 1) / U e U 0 induce una partizione U di U tale che U 0 = U {U c }. q

3.5

Esercizi

1. Sia X un insieme nito e sia U = {Ui }i2I X una famiglia di sottoinsiemi non vuoti e disgiunti Ui di X . Si provi che U ` e una partizione di X se e solo se |X | =
i2I

|Ui | .

2. Si provi che i numeri S (i, k ) (per i, k = 1, . . . , m) costituiscono una matrice quadrata invertibile. Indicando gli elementi della matrice inversa con s(i, k ), si provi che essi sono numeri interi che soddisfano l identit` a:
n

m(n) =
k=1

s(n, k )mk .

(Suggerimento: si osservi che dalla formule precedenti si ottiene mn = m k=1 S (n, k )m(k) ; facendo variare n tra 1 e m, si ha un sistema di m equazioni in m incognite xn = m(n) ; i numeri s(i, k ) sono chiamati numeri di Stirling di prima specie). 3. Indicando con B (x) la funzione generatrice dei numeri di Bell, si provi che dalla loro denizione ricorsiva si ha che B (x) soddisfa lequazione dierenziale B 0 (x) = B (x) exp(x) e quindi che, tenendo conto della condizione iniziale B (0) = 1, la funzione B (x) ` e B (x) = exp(exp(x) 1).

3.6

Il Teorema di Lagrange

Un esempio classico di partizione su un insieme ` e nella teoria dei gruppi. Dora in poi, quando parliamo genericamente di gruppi, diremo semplicemente sia G un gruppo . . ., indicando semplicemente il nome G

3.6. IL TEOREMA DI LAGRANGE

89

dellinsieme su cui ` e data loperazione binaria che soddisfa le propriet` a espresse per una operazione di gruppo; non daremo neppure un simbolo particolare per loperazione, che denoteremo con la semplice giustapposizione; chiameremo prodotto loperazione generica e denoteremo con 1 la sua identit` a. Ci` o premesso, sia G un gruppo e sia H G un suo sottogruppo. Diremo laterale destro di H in G un insieme della forma gH = {gh | h H } cio` e un insieme costituito da tutti i prodotti di un elemento g G ssato per tutti gli elementi h H . Denoteremo con G/H linsieme di tutti i laterali destri. Teorema 3.6.1 Linsieme G/H di tutti i laterali destri di H in G ` e una partizione di G. Dimostrazione. Cominciamo con losservare che due laterali g1 H e 1 g2 H sono uguali (come sottoinsiemi di G!) se e solo se g2 g1 H . Infatti, se g1 H = g2 H , poich` e g1 g1 H dato che 1 H , allora g1 1 g2 H ; cio` e esiste h H tale che g1 = g2 h e dunque g2 g1 = h H . 1 1 Viceversa, sia g2 g1 = h H (e quindi anche g1 g2 H , perch` eH ` e sottogruppo). Allora se g1 h ` e un elemento del laterale g1 H , si ha: 1 1 1 g1 h = (g2 g2 )g1 h = g2 (g2 g1 )h e lelemento (g2 g1 )h ` e in H perch` eH ` e chiuso rispetto al prodotto; dunque g1 H g2 H . Similmente si prova g2 H g1 H e dunque che g1 H = g2 H . ` ora immediato provare che linsieme G/H di tutti i laterali destri E di H in G ` e una partizione di G: ogni elemento g di G appartiene al laterale gH , come gi` a osservato. Inoltre, se appartenesse anche ad altro 1 laterale g1 H , cio` e se esistesse h tale che g = g1 h, allora g1 g=hH e dunque per quanto dimostrato prima si avrebbe gH = g1 H . Dunque ogni elemento di G appartiene ad uno ed un solo laterale. q Il Teorema di Lagrange ` e una applicazione immediata del precedente teorema al caso in cui il gruppo G sia nito. Premettiamo che per un gruppo nito, la cardinalit` a dei suoi elementi ` e spesso chiamata anche ordine del gruppo. Teorema 3.6.2 (di Lagrange) Se G ` e un gruppo nito e H ` e un suo sottogruppo, allora lordine di H divide lordine di G.

90

CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

Dimostrazione. La dimostrazione ` e immediata per il precedente teorema. Per lesercizio 1 di 3.5, si ha che la cardinalit` a di G ` e uguale alla somma delle cardinalit` a dei laterali distinti, perch` e essi costituiscono una partizione di G. Ma ogni laterale gH ha la stessa cardinalit` a di H , perch` e la moltiplicazione per g denisce una funzione H gH che ` e ovviamente suriettiva e che ` e anche iniettiva, dato che in un gruppo lesistenza dellinverso garantisce la propriet` a di cancellazione. Dunque la cardinalt` a di G ` e la somma della cardinalit` a di H tante volte quanti sono i laterali distinti, cio` e |G| = |G/H ||H | . q Pi` u avanti daremo un esempio che il teorema di Lagrange non pu` o essere invertito: non ` e detto che per ogni divisore dellordine di un gruppo nito esista un sottogruppo di ordine il divisore. Una immediata conseguenza del teorema di Lagrange ` e losservazione che ogni elemento g di un gruppo nito G elevato allordine del gruppo ` e lelemento neutro. Infatti, basta osservare che le potenze di g costituiscono un sottogruppo di G (perch` e?) e dunque che il loro numero ` e un divisore dellordine di G. Questo fatto ` e alla base di un famoso teorema, il piccolo teorema di Fermat: Teorema 3.6.3 Siano a e n due naturali positivi coprimi con a < n. Allora a(n) ` e congruo a 1 modulo n, essendo la funzione di Eulero denita in 2.9. In particolare, per ogni primo p e per ogni naturale non nullo a < p, si ha ap1 = hp + 1. Dimostrazione. Infatti, il fatto che a e n siano coprimi signica che a ` e invertibile in Zn ; dunque a ` e un elemento del gruppo degli invertibili di Zn e dunque elevato allordine di tale gruppo, che ` e (n), ` e lelemento neutro 1, ci` o che signica che ` e congruo a 1 modulo n. q

3.7

Esercizi

1. Si dimostri che i gruppi niti privi di sottogruppi propri sono (a meno di isomorsmi) tutti e soli i gruppi Zp con p primo.

3.8. RELAZIONI

91

3.8

Relazioni

Una relazione (binaria) R tra un insieme X ed un insieme Y ` e un sottoinsieme R X Y del prodotto cartesiano X Y . Useremo anche la notazione xRy o anche R(x, y ) (che leggeremo x ` e in relazione R con y ) per indicare che x, y R. Se R X Y ` e una relazione tra X e Y , chiameremo matrice di R la sua funzione caratteristica (si veda il paragrafo 1.6) cR : X Y 2. La matrice di R ` e dunque una funzione che associa ad ogni coppia x, y X Y il valore di verit` a 0 se x non ` e in relazione R con y ed il valore di verit` a 1 se x ` e in relazione R con y . Se X e Y sono gli insiemi niti standard [n] ed [m], allora la matrice di una relazione R tra X e Y pu` o essere rappresentata con una matrice ad m righe ed n colonne in cui lelemento di posto (i, k ) ` e 0 o 1 secondo se il k -esimo elemento di [n] ` e o non ` e in relazione R con li-esimo elemento di [m]. Vediamo alcuni esempi: 1. Sia f : X Y una funzione; la relazione (f ) = { x, f (x) | x X } X Y ` e detta grafo della funzione f . Si osservi che (f ) altro non ` e che limmagine della funzione 1, f : X X Y . In particolare, il grafo della funzione identit` a 1X ` e la relazione { x, x | x X }; indicheremo tale relazione con IX e la chiameremo relazione identica su X; se X ` e linsieme nito [n], la matrice di I[n] ` e la matrice quadrata i cui elementi sulla diagonale principale sono tutti

92

CAPITOLO 3. OMOMORFISMI uguali a 1, mentre tutti gli altri elementi sono 0. In generale, se f : [n] [m] ` e una funzione tra insiemi niti standard, allora la matrice del suo grafo ha la propriet` a che ogni colonna ha uno ed un solo elemento diverso da 0. 2. Sia f : X Y una funzione; la relazione N (f ) = { x1 , x2 X X | f (x1 ) = f (x2 )} X X ` e detta nucleo di equivalenza di f . Ricordando cosa vuol dire che una funzione ` e iniettiva, si vede che la condizione di iniettivit` a di f equivale a N (f ) = IX . 3. La relazione D N N denita da D = { n, m N N| esiste k N: kn = m} N N ` e detta relazione di divisibilit` a. Se n, m divide m e scriveremo n|m. D, diremo che n

4. Se (PX, , ) ` e il reticolo dei sottoinsiemi di un insieme X , la relazione X = { U, V PX PX | U V } PX PX

` e la relazione dordine del reticolo. Si osservi che la relazione X ` e uguale alla relazione { U, V PX PX | U V = U } ed anche alla relazione { U, V PX PX | U V = V } . 5. Unaltra relazione che abbiamo gi` a incontrato ` e la relazione dordine su N; = { i, j N N| i j } N N.

3.8. RELAZIONI

93

6. Una relazione R X X ` e spesso chiamata un grafo (orientato) su X . Secondo questa terminologia gli elementi di X sono detti vertici del grafo, le coppie x, y R sono detti lati e, se X ` e linsieme nito standard [n], la matrice di R ` e chiamata matrice di incidenza del grafo. Spesso in tal caso pu` o essere utile rappresentare il grafo con una gura, disegnando gli elementi di X come punti del piano e tracciando una freccia da un vertice x ad un vertice y se xRy . le relazioni R X Y tra due insiemi ssati X e Y si possono fare Per le solite operazioni di intersezione, unione e complemento di sottoinsiemi. Ma per le relazioni esistono altre due operazioni fondamentali, per descrivere le quali ` e piu conveniente usare la notazione R: X Y per indicare una relazione R X Y ; diremo anche che X ` e il dominio della relazione R e che Y ` e il suo codominio: 1. per ogni relazione R: X Y diciamo relazione opposta la relazione R : Y X denta da: R = { y, x | x, y R} Y X ; 2. se R: X Y e S : Y Z sono due relazioni tali che il codominio di R ` e uguale al dominio di S , deniamo la composizione di R e S come la relazione SR: X Z data da: SR = { x, z X Z | esiste y Y tale che xRy e ySz }. Elenchiamo alcune propriet` a di queste operazioni che pu` o essere utile dimostrare come esercizio, sempre usando il principio di estensionalit` a per i sottoinsiemi: 1. (associativit` a della composizione di relazioni): siano R: X1 X2 , S : X2 X3 (T S )R = T (SR); , T : X3 X4

tre relazioni componibili; allora:

94

CAPITOLO 3. OMOMORFISMI 2. (identit` a): per ogni relazione R: X Y : RIX = R = IY R; 3. (distributivit` a): e se 0Y,Z denota la relazione vuota tra Y e Z , ecc., allora 0Y,Z R = 0X,Z . 4. (involuzione): (R ) = R, (SR) = R S , (R S ) = R S , (Rc ) = (R )c ; 5. (modularit` a): SR T (S T R )R. R(S T ) = RS RT

Un teorema (dovuto a P. Freyd) garantisce che tali propriet` a costituiscono una caratterizzazione elementare delle relazioni, nel senso ogni propriet` a elementare delle relazioni ` e conseguenza di questi cinque assiomi sulle operazioni precedentemente descritte. Nel caso delle relazioni tra gli insiemi niti standard [n], le operazioni opposta di una relazione e composizione di relazioni si interpretano sulle matrici corrispondenti, nelle operazioni di trasposta di una matrice e di prodotto di matrici. Tuttavia, trattandosi di matrici di valori di verit` a, lusuale prodotto di matrici (righe per colonne) ` e denito mediante le operazioni logiche sui valori di verit` a e non su quelle numeriche; dunque, il prodotto di valori di verit` a, che ` e la congiunzione logica , coincide con il prodotto numerico sugli interi 0 e 1, ma la somma di valori di verit` a, che ` e la disgiunzione logica , non coincide completamente con la somma numerica, perch` e 1 1 = 1. Dunque, se A = (ai,k ) e B = (bk,l ) sono due matrici di valori di verit` a di tipo (m, n) e (n, p) rispettivamente, lelemento ci,l di posto (i, l) nella matrice prodotto AB ` e dato da:
n

ci,l =
k=1

(ai,k bk,l ).

3.9. ESERCIZI

95

Il linguaggio delle relazioni permette di esprimere molti fatti sulle fun` senzaltro un utile esercizio dimostrare i seguenti fatti: zioni. E 1. Sia f : X Y una funzione e sia (f ): X Y il suo grafo; allora: (f )(f ) IY , (f ) (f ) IX . Viceversa, una relazione R: X Y ` e il grafo di un unica fun zione X Y se RR IY e R R IX . 2. La relazione N (f ) nucleo di equivalenza di una funzione f pu` o essere espressa come: N (f ) = (f ) (f ); Dunque f ` e iniettiva se e solo se (f ) (f ) = IX . 3. Una funzione f ` e suriettiva se e solo se (f )(f ) = IY .

3.9

Esercizi

1. Un grafo orientato G su un insieme X si dice riessivo quando contiene tutte le coppie x, x per x X e si dice irriessivo quando non ne contiene nessuna. In altre parole, G X X ` e riessivo quando IX G ed ` e irriessivo quando IX G = . Se |X | = [n], si conti il numero dei gra orientati riessivi e quello dei gra orientati irriessivi. 2. Sia R X X una endorelazione di X . R ` e detta simmetrica se R = R . In particolare, se X = [n], R ` e simmetrica se e solo se la sua matrice ` e una matrice simmetrica. Si provi che il numero delle endorelazioni simmetriche su [n] ` e 2
n(n+1) 2

96

CAPITOLO 3. OMOMORFISMI 3. Un grafo su un insieme X ` e un sottoinsieme delle coppie non ordinate di X che sia irriessivo. Si conti il numero dei gra su un insieme X di cardinalit` a n; (Suggerimento: un grafo su X ` e semplicemente un sottoinsieme dellinsieme dei sottoinsiemi di X con due elementi distinti, dunque ...). Si provi che i gra su X sono in corrispondenza biunivoca con le endorelazioni simmetriche di X che non intersecano IX . 4. Se X e Y sono monoidi (gruppi, anelli) e se f : X Y ` e un omomorsmo di monoidi (di gruppi, di anelli), si provi che N (f ) X X ` e un sottomonoide (sottogruppo, sottoanello) del monoide (gruppo, anello) prodotto.

3.10

Relazioni di Equivalenza

Una importante nozione ` e quella di relazione di equivalenza su un insieme X . Lidea ` e quella che in molte circostanze si ` e condotti naturalmente a denire su un insieme X una endorelazione E X X che ha le stesse propriet` a formali della relazione di uguaglianza (se x1 , x2 E , scriveremo x1 E x2 e diremo che x1 ` e E -equivalente a x2 ): 1. (riessivit` a): per ogni x X : x E x. 2. (simmetria): se x1 E x2 , allora x2 E x1 . 3. (transitivit` a): se x1 E x2 e x2 E x3 , allora x1 E x3 . Un esempio immediato ` e il nucleo di equivalenza N (f ) = { x1 , x2 X X | f (x1 ) = f (x2 )} X X di una funzione f : X Y . Possiamo dire che il dato della funzione f ci conduce a considerare una diversa nozione di uguaglianza sugli elementi di X : due elementi x1 e x2 vengono considerati uguali, non pi` u quando sono lo stesso elemento di X , ma quando diventano lo stesso elemento di Y dopo lapplicazione della funzione f .

3.10. RELAZIONI DI EQUIVALENZA

97

Un altro importante esempio ` e il seguente: se H ` e un sottogruppo di un gruppo G, deniamo la relazione H G G (che chiameremo congruenza modulo H ), nel modo seguente:
1 g1 H g2 se e solo se g1 g2 H .

` facile vericare che la congruenza modulo H ` E e una relazione di equivalenza su G le cui classi di equivalenza sono proprio i laterali destri di H in G. Infatti, x [g ]H se e solo se x1 g H , se e solo se g 1 x H , se e solo se esiste h H tale che g 1 x = h, se e solo se esiste h H tale che x = gh, se e solo se x gH . Gli esempi sono in realt` a moltissimi. Per convincerci, cerchiamo di contare quante sono le relazioni di equivalenza su un insieme nito. Come al solito, un conto diretto ` e assai dicile, ma un argomento basato sullidea che una relazione di equivalenza su un insieme X ` e in un certo senso come introdurre una nuova relazione di uguaglianza tra gli elementi di X , ci fornisce immediatamente la risposta. Infatti, se E XX ` e una relazione di equivalenza su X e se x X ` e un elemento di X , allora, pensando che E ` e una nuova uguaglianza su X , dobbiamo convenire che tutti gli elementi x0 tali che x E x0 devono essere identicati con x e che dunque il sottoinsieme [x]E = {x0 X | x x0 } X di X va considerato come un unico elemento di un insieme su cui E diventa la relazione di uguaglianza abituale, nel senso che per quanto riguarda la nuova uguaglianza E , essi non sono distinguibli. Linsieme [x]E viene detto classe di equivalenza di x ed il fatto cruciale ` e il seguente: Teorema 3.10.1 Se E ` e una relazione di equivalenza su X , allora linsieme X/E delle classi di equivalenza ` e una partizione di X , che viene detto insieme quoziente di X rispetto ad E .

98

CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

Dimostrazione. Per la propriet` a riessiva di E , ogni elemento x X appartiene a [x]E . Inoltre, se x [y ]E , allora [x]E = [y ]E . Infatti, se z [x]E , cio` e se x E z , allora poich` e x [y ]E , cio` e y E x, per la e z [y ]E ; dunque [x]E [y ]E ; similmente, transitivit` a si ha y E z , cio` usando anche la simmetria si dimostra che [y ]E [x]E : se z [y ]E , cio` e se y E z , allora poich` e y E x e dunque per la simmetria anche x E y , per la transitivit` a si ha x E z , cio` e z [x]E . Dunque [x]E = [y ]E . q La costruzione X/E delle classi di equivalenza di E denisce una funzione dallinsieme delle relazioni di equivalenza su X allinsieme delle partizioni di X . Il fatto essenziale ` e che tale funzione ` e biunivoca: se U = (Xi )i2I ` e una partizione di X , allora la relazione U denita da x1 U x2 se e solo se esiste i I tale che x1 Xi e x2 Xi ` facile ora mostrare che la ` e una relazione di equivalenza (esercizio). E funzione cos` denita dalle partizioni di X alle relazioni di equivalenza su X ` e la funzione inversa della precedente e che dunque tali funzioni stabliliscono una corrispondenza biunivoca tra le relazioni di equivalenza su X e le partizioni di X . In particolare, se X = [n], allora il numero delle relazioni di equivalenza su [n] ` e il numero di Bell Bn . La precedente discussione implica anche che lesempio di relazione di equivalenza dato dal nucleo di equivalenza di una funzione ` e in realt` a lunico esempio, nel senso che data una qualsiasi relazione di equivalenza E su un insieme X , esiste sempre una funzione il cui nucleo di equivalenza ` e la relazione E . Infatti, se E ` e una relazione di equivalenza su X , allora possiamo costruire linsieme quoziente X/E e possiamo considerare la funzione pE : X X/E denita da pE (x) = [x]E . Tale funzione ` e detta proiezione sul quoziente ed ` e facile vedere che il suo nucleo di equivalenza ` e proprio E : N (pE ) = { x, y | pE (x) = pE (y )} = { x, y | [x]E = [y ]E } = = { x, y | x E y } = E ,

3.10. RELAZIONI DI EQUIVALENZA

99

poich` e, per quanto dimostrato nel precedente teorema, [x]E = [y ]E se e solo se x E y . Tutto ci` o conduce a dimostrare la seguente propriet` a universale della costruzione dellinsieme quoziente: Teorema 3.10.2 Se E ` e una relazione di equivalenza su X , allora la proiezione pE : X X/E di X sullinsieme quoziente X/E ha la seguente propriet` a (universale): per ogni funzione f : X Y tale che E N (f ), cio` e tale che se x E y allora f (x) = f (y ), esiste ununica funzione f : X/E Y tale che f (pE (x)) = f (x) , ci` o che pu` o essere espresso dicendo che il seguente diagramma commuta: pE X X/E
@ @ @

f @

f
R @ ?

Y. Dimostrazione. Se vogliamo che la funzione f sia denita in modo che il diagramma commuti, lunica possibilit` a` e quella di denirla su ogni classe di equivalenza [x]E come: f ([x]E ) = f (x) . non rimane dunque che mostrare che la precedente denizione ` e ben posta, cio` e che non dipende dal rappresentante della classe di equivalenza: se y ` e un altro rappresentante della classe [x]E , cio` e se [x]E = [y ]E , allora f (x) = f (y ). Ricordando che [x]E = [y ]E se e solo se x E y , questa ` e proprio la condizione espressa nellenunciato. Questa condizione si esprime anche dicendo che f ` e costante sulle classi di equivalenza o anche che f ` e una funzione E -invariante. q Come esempio di applicazione di questo teorema, possiamo considerare una qualunque funzione f : X Y ed il suo nucleo di equivalenza

100

CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

E = N (f ). Poich` e E = N (f ), per il teorema precedente abbiamo una fattorizzazione di f pN (f ) - X/N (f ) X


@ @ @

f @

f
R @ ?

e si dimostra che ` e un isomorsmo: ` e suriettiva, perch` e dato y Im(f ), cio` e dato un y Y della forma f (x) per un qualche x X , allora f ([x]N (f ) ) = f (x) = y ; ` e iniettiva, perch` e se f ([x]N (f ) ) = f ([y ]N (f ) ), allora f (x) = f (y ), dunque x N (f ) y , ci` o che equivale a [x]N (f ) = [y ]N (f ) . Abbiamo cos` dimostrato il Teorema 3.10.3 Ogni funzione f : X Y induce un isomorsmo f : X/N (f ) Im(f ) tra linsieme quoziente del dominio con il nucleo di equivalenze N (f ) di f e limmagine Im(f ) di f .

Y. Per come ` e denita, la funzione f si fattorizza attraverso limmagine Im(f ) Y di f f : X/N (f ) Im(f )

3.11

Esercizi

1. Se X ` e un insieme e R X X ` e una relazione su X , si provi che a) la relazione ` e una relazione simmetrica ed ` e la pi` u piccola relazione simmetrica che contiene R; b) la relazione Rr = IX R ` e una relazione riessiva ed ` e la pi` u piccola relazione riessiva che contiene R; Rs = R R

3.11. ESERCIZI c) se R ` e una relazione riessiva e simmetrica, la relazione E (R ) =


n

101

Rn ,

dove Rn indica la composizione di R iterata n volte, ` e la pi` u piccola relazione di equivalenza che contiene R. 2. Se [4] denota linsieme standard con 4 elementi e se R ` e la relazione binaria su [4] rappresentata dalla matrice

0 1 1 0

1 0 0 1

1 1 0 0

0 0 0 1

si calcoli la matrice che rappresenta la pi` u piccola relazione di equivalenza che contiene R. 3. Se M ` e un monide commutativo con cancellazione, si consideri la relazione su X = M M denita da: x1 , y1 x2 , y2 se e solo se x1 y2 = x2 y1 . Si provi che a) la relazione ` e una relazione di equivalenza su X ; [x, y ] [u, v ] = [xu, yv ] non dipende dalla scelta dei rappresentanti e cos` i denisce una operazione binaria su X/ , che ` e associativa, commutativa e dotata di un elemento neutro; c) il monoide commutativo X/ ` e in realt` a un gruppo e la funzione : M X/ denita da (m) = [ m, 1 ] ` e un omomorsmo iniettivo.

b) loperazione denita sulle classi di equivalenza da

102

CAPITOLO 3. OMOMORFISMI d) vale la seguente propriet` a universale: se f : M G ` e un omomorsmo dal monoide M ad un gruppo commutativo G, allora esiste ununico omomorsmo di gruppi f : X/ G tale che il seguente diagramma commuti: M
@ @

X/ f
R @ ?

f @

G; ` Per questa ragione il gruppo X/ detto gruppo libero sul monoide commutativo cancellativo M . d) se M ` e il monoide commutativo (N, +) dei naturali rispetto alla somma, allora X/ ` e isomorfo all gruppo (Z, +) dei numeri interi e, se M ` e il monoide (N>0 , ) dei naturali non nulli rispetto al prodotto, allora X/ ` e isomorfo al gruppo moltiplicativo dei razionali positivi.

3.12

Congruenze e Strutture Quoziente

Poniamoci ora la questione di capire cosa succede quando applichiamo la precedente costruzione dellinsieme quoziente ad un insieme su cui ` e assegnata una struttura algebrica di monoide, di gruppo o altra ancora. Pi` u precisamente, limitandoci al caso dei monoidi per ssare le idee, il problema ` e il seguente: supponiamo che E M M sia una relazione di equivalenza e che su M sia assegnata una struttura di monoide (M, , 1); il problema ` e: determinare le condizioni necessarie e sucienti sulla relazione E afnch` e sullinsieme quoziente M/E sia denibile una struttura di monoide in modo che la proiezione pE : M M/E sia un omomorsmo. Ricordando che la proiezione pE ` e denita da pE (x) = [x]E e che N (pE ) = E , la condizione necessaria ` e evidente: se su M/E ` e denibile una struttura di monoide in modo che pE sia un omomorsmo, allora

3.12. CONGRUENZE E STRUTTURE QUOZIENTE

103

E = N (pE ) M M ` e un sottomonoide del monoide prodotto M M (si veda lesercizio 4 di 3.9). Viceversa, se E M M ` e una relazione di equivalenza su M che inoltre sia un sottomonoide del monoide prodotto M M , allora dato che questa condizione signica in particolare che x E x0 e y E y 0 xy E x0 y 0

si pu` o denire una operazione sulle classi di equivalenza come [x]E [y ]E = [xy ]E . Infatti, la condizione per E di essere sottomonoide del prodotto equivale alla condizione che la precedente denizione delloperazione sulle clssi di equivalenza sia ben posta, cio` e non dipenda dalla scelta dei reppresentanti: se [x]E = [x0 ]E e [y ]E = [y 0 ], allora [xy ]E = [x0 y 0 ]E , poich` e due classi di equivalenza sono uguali se e solo se i rappresen` ora immediato (esercizio) dimostrare che tale tanti sono equivalenti. E operazione ` e associativa, che ha un elemento neutro (la classe di equivalenza [1]E dellelemento neutro) e che la proiezione p( x) = [x]E ` e un omomorsmo. Osserviamo inne che se E M M ` e una relazione riessiva, allora la condizione di chiusura rispetto alla operazione binaria ` e suciente a garantire che E ` e un sottomonoide, poich` e la riessivit` a assicura che lelemento neutro 1, 1 ` e in E . In denitiva, possiamo riassumere e completare la precedente discussione nel seguente teorema: Teorema 3.12.1 i) Dato un monoide M ed una relazione di equivalenza E su M , condizione necessaria e suciente sulla relazione E anch` e sullinsieme quoziente M/E sia denibile una struttura di monoide in modo che la proiezione pE : M M/E sia un omomorsmo ` e che E sia un sottomonoide del monoide prodotto M M , ci` o che equivale a: x E x0 e y E y 0 xy E x0 y 0 .

Diremo in tal caso che la relazione di equivalenza ` e una congruenza sul monoide M .

104

CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

ii) Se E ` e una congruenza sul monoide M , allora la proiezione pE : M M/E di M sul monoide quoziente M/E ha la seguente propriet` a (universale): per ogni omomorsmo di monoidi f : M N tale che E N (f ), cio` e tale che se x E y allora f (x) = f (y ), esiste un unico omomorsmo f : M/E N tale che f (pE (x)) = f (x) , ci` o che pu` o essere espresso dicendo che il seguente diagramma commuta: pE M M/E
@ @ @

f @

f
R @ ?

N. Dimostrazione. Solo la seconda parte necessita di una dimostrazione, poich` e la prima parte ` e stata dimostrata nella discussione precedente il teorema. A questo scopo, basta dimostrare che nelle condizioni espresse dal teorema lunica funzione f : M/E N tale che f (pE (x)) = f (x), ` e in realt` a un omomorsmo, cio` e che f ([x]E [y ]E ) = f ([x]E )f ([y ]E ) , f ([1]E ) = 1 .

Ricordando la denizione di f data dal teorema precedente f ([x]E ) = f (x) e che [x]E [y ]E = [xy ]E , perch` eE` e una congruenza, per la denizione di f tali condizioni sono proprio le condizioni che f sia un omomorsmo di monoidi. q

3.13. ESERCIZI

105

3.13

Esercizi

1. Sia M un semigruppo commutativo e sia R M M la relazione binaria su M denta da xRy =df esiste t M tale che xt = yt . Si provi che a) la relazione R ` e una congruenza di semigruppi. b) il semigruppo quoziente M/R ` e un semigruppo in cui vale la propriet` a di cancellazione. c) La proiezione p: M M/R soddisfa la seguente propriet` a universale: se f : M S ` e un omomorsmo da M verso un semigruppo in cui vale la propriet` a di cancellazione, esiste p = f . Per un unico omomorsmo f : M/R S tale che f questa ragione il semigruppo M/R viene detto semigruppo cancellativo libero su M . d) Se M ` e un monoide commutativo, anche M/R ` e un monoide commutativo e la proiezione p ` e un omomorsmo di monoidi. 2. Sia M un monoide commutativo con cancellazione e si consideri la relazione X X sul prodotto X = M M denita nellesercizio 3.11.3. Si provi che a) Se ` e una congruenza sul monoide prodotto X = M M . b) Se M ` e un monoide commutativo, non necessariamente cancellativo, si possono eseguire in questo ordine le due costruzioni del monoide cancellativo libero su M e al riultato applicare la costruzione del gruppo libero sul monoide commutativo cancellativo M/R. Il risultato ` e un gruppo commutativo, denotato con k (M ) e detto gruppo di Grothendieck di M . Ricordando la propriet` a universale descritta nellesercizio 3.11.3 d), si enunci la propriet` a universale di k (M ).

106

CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

3.14

Sottogruppi normali

Se E G G ` e una congruenza su un monoide G e se G ` e in particolare un gruppo, allora anch` e il monoide quoziente G/E sia un gruppo (cio` e anch` e E sia una congruenza di gruppi) c` e da aspettarsi che E debba possedere ulteriori propriet` a. Infatti, se G/E ` e un gruppo, allora dato che la proiezione pE : G G/E ` e un omomorsmo di gruppi, allora E = N (pE ) ` e un sottogruppo del gruppo prodotto G G e dunque in particolare ` e chiuso rispetto allinverso: x E y x1 E y 1 . Tuttavia, ` e facile vedere che se E ` e una congruenza di monoide e se G ` e un gruppo, allora E ` e una congruenza di gruppo: se x E y , allora poich` e per la riessivit` a si ha y 1 E y 1 , segue che 1 1 y x E y y = 1 e dunque, ancora per la riessivit` a applicata a x1 , che y 1 E x1 ; inne, per la simmetria, si ha x1 E y 1 . Dunque, la nozione di congruenza per monoidi e per gruppi coincide e, sostituendo uniformemente gruppo a monoide e omomorsmo di gruppi a quello di omomorsmo di monoide, il teorema del paragrafo precedente pu` o essere dimostrato anche per i gruppi. C` e tuttavia una dierenza cruciale tra la nozione di congruenza per i monoidi e quella per i gruppi: il fatto che per i gruppi la nozione di congruenza ` e rappresentabile, nel senso seguente: Teorema 3.14.1 Dato un gruppo G, il prendere il nucleo ker(pE ) della proiezione sul quoziente di G per un congruenza E su G stabilisce una corrispondenza biunivoca tra linsieme delle congruenze su G e linsieme dei sottogruppi normali di G, cio` e di quei sottogruppi N di G con la propriet` a n N, g G g 1 ng N . Lelemento g 1 ng si chiama coniugato di n mediante g e dunque la propriet` a di un sottogruppo di essere normale si esprime a parole dicendo che il coniugato di ogni elemento di N mediante ogni elemento di G appartiene a N . Se N ` e un sottogruppo normale di G, scriveremo N G.

3.14. SOTTOGRUPPI NORMALI

107

Dimostrazione. Osserviamo subito che il nucleo di un qualunque omomorsmo di gruppi f : G H ` e un sottogruppo normale: infatti, se n ker(f ), cio` e se f (n) = 1, allora qualunque sia g G, si ha f (g 1 ng ) = f (g 1 )f (n)f (g ) = f (g 1 )f (g ) = f (1) = 1, cio` e g 1 ng ker(f ). Dunque prendere il nucleo della proiezione sul quoziente di G per una congruenza associa ad ogni congruenza su G un sottogruppo normale di G. Viceversa, abbiamo gi` a visto in un precedente esercizio che se N ` e un sottogruppo di un gruppo G, la relazione N G G (che abbiamo chiamato congruenza modulo N ), denita da
1 g1 N g2 se e solo se g1 g2 N ,

` e una relazione di equivalenza su G le cui classi di equivalenza sono proprio i laterali destri di N in G. Vediamo ora che tale relazione di equivalenza ` e una congruenza se e solo se N ` e un sottogruppo normale di G. Infatti, se la relazione di congruenza modulo N ` e una congruenza, allora la proiezione sul quoziente ` e un omomorsmo di gruppi e dunque il suo nucleo ` e un sottogruppo normale; ma ker(pN ) ` e proprio N . Viceversa, sia N un sottogruppo normale; mostriamo che la relazione di congruenza modulo N ` e una congruenza: se x1 N x2 e y1 N 1 1 1 1 y2 , cio` e se x x N e y e 2 1 1 y2 N , allora y1 x1 x2 y2 N , poich` 1 1 1 1 1 y1 x1 x2 y2 = [y1 (x1 x2 )y1 ]y1 y2 ; ma lespressione dentro la parentesi quadra ` e un elemento di N perch` e N ` e normale e per una delle due ipotesi, mentre laltro fattore ` e in N per laltra delle due ipotesi e, dato 1 1 che N ` e un sottogruppo, il loro prodotto ` e in N . Dunque y1 x1 x2 y2 N , ci` o che precisamente signica x1 y1 N x2 y2 , cio` e che la relazione di equivalenza congruenza modulo N ` e una congruenza. q. ` E chiaro che per i gruppi abeliani ogni sottogruppo ` e normale, ma si pu o mostrare che in generale non ` e vero per i gruppi non commutativi. Ad esempio, calcoliamo tutti i sottogruppi del gruppo 4 delle simmetrie del quadrato e poi ricerchiamo quali sono quelli normali. Per semplicare questi calcoli, vedremo che sar` a utile una caratterizzazione dei sottogruppi normali in termini di laterali:

108

CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

Teorema 3.14.2 Un sottogruppo N di un gruppo G ` e normale se e solo se ogni laterale destro ` e uguale al corrispondente laterale sinistro: per ogni g G, gN = N g . ` chiaro che se per ogni g G, gN = N g , allora Dimostrazione. E per ogni g G si ha g 1 N g = N e dunque per ogni n N , g 1 ng N , cio` eN ` e normale. Viceversa, se N ` e normale, e se gn gN , allora gn = (gng 1 )g ; ma 1 gng N , perch` e` e il coniugato di n mediante g 1 e N ` e normale; 1 dunque gn ` e della forma mg , con m = gng N , dunque gn N g ; perci` o gN N g . Similmente si prova N g gN e dunque gN = N g . q. A titolo di esemplicazione cerchiamo ra di determinare tutti i sottogruppi e tutti i sottogruppi normali di un gruppo particolare, 4 . Comiciamo con losservare che per il teorema di Lagrange, i sottogruppi possono avere come ordine solo un divisore dellordine di 4 , che ` e 8, dunque quelli propri solo 2 e 4. I sottogruppi di ordine 2 sono della forma H = {1, x}, dove x ` e un elemento per cui x2 = 1. Ora, in 4 tali elementi x sono solo R2 , D, RD, R2 D e R3 D. Per quanto riguarda i sottogruppi di ordine 4, il sottoinsieme delle rotazioni T = {1, R, R2 , R3 } ` e evidentemente un sottogruppo di ordine 4 isomorfo al gruppo Z4 . Per trovare gli altri eventuali sottogrupi di ordine 4, ragioniamo cos` : se X ` e un sottogruppo di ordine 4, allora XT ` e un sottogruppo di X e di T , dunque pu` o avere come ordine solo 1, 2 o 4, sempre per il teorema di Lagrange. Non pu` o essere 1, perch` e allora X dovrebbe contenere tre elementi di 4 che non sono in T , cio` e tre fra i quattro elementi {D, RD, R2 D, R3 D}; una semplice verica mostra che ogni possibile scelta (sono 4) non ` e chiusa rispetto al prodotto. Non pu` o essere 4, perch` e altrimenti X = T . Dunque pu` o essere solo 2. Poich` e X T ` e un sottogruppo di ordine 2 di T , pu` o essere solo {1, R2 }; dunque X deve avere la forma X = {1, R2 , x, y }, dove x e y sono due qualsiasi elementi di 4 . Ma possiamo subito escludere che x o y siano R o R3 , perch` e in tal caso per la chiusura di X rispetto al prodotto si avrebbe X = T . Dunque x e y possono essere solo uno dei rimanenti 4 elementi. Se x = D, deve per forza essere y = R2 D (perch` e X deve essere chiuso rispetto al prodotto) ed ` e facile vericare che il sottoinsieme U = {1, R2 , D, R2 D}

3.14. SOTTOGRUPPI NORMALI

109

` e chiuso rispetto al prodotto ed ` e perci` o un sottogruppo di 4 . Se x = RD, allora y deve essere per forza R3 D e si pu` o vericare che il sottoinsieme V = {1, R2 , RD, R3 D} ` e chiuso rspetto al prodotto, dunque ` e un sottogruppo di 4 . 2 Se x = R D, allora y deve essere D e si ricade perci` o nel caso di U . 3 Inne, se x = R D, allora y deve essere RD e si ricade ancora nel caso di U . Dunque non ci possono essere altri sottogruppi di 4 di ordine 4 oltre a quelli trovati: T , U e V . Riassumendo, 4 ha 8 sottogruppi non banali, 3 di ordine 4 e 5 di ordine 2. Resta da decidere quali di questi sottogruppi sono normali. Iniziamo da quelli di ordine 4. Un criterio per decidere se un sottogruppo ` e normale ` e quello di vericare se i laterali sinistri coincidono con i laterali destri. Per il teorema di Lagrange, poich` e lordine del gruppo ` e 8, i laterali di un sottogruppo di ordine 4 sono solo due: il sottogruppo stesso ed il laterale che si ottiene da un qualsiasi altro elemento che non appartenga al sottogruppo. Ma tale laterale deve per forza coincidere con il complemento insiemistico del sottogruppo e dunque laterali destri e sinistri coincidono. Perci` o ogni sottogruppo di ordine 4 ` e normale. Si osservi che tale ragionamento si pu` o generalizo dimostrare che il sottogruppo zare a n , per n qualsiasi e quindi si pu` delle rotazioni di un qualsiasi gruppo diedrico ` e normale. Consideriamo ora i sottogruppi di ordine 2. Cominciamo con il sottogruppo X = {1, R2 }. I quattro laterali sinistri di X sono: X 1 = X ; XR = {R, R3 }; XD = {D, R2 D}; X (RD) = {RD, R3 D}; i corrispondenti laterali destri sono: X ; RX = XR; DX = {D, DR2 } = {D, R2 D} = XD; (RD)X = {RD, RDR2 } = {RD, R3 D} = X (RD); dunque i laterali sinistri e destri coincidono, perci` oX` e normale. Vediamo che X ` e lunico sottogruppo normale di ordine 2. Infatti, il coniugato di D mediante R ` e RDR1 = RDR3 = RDRR2 = RR3 DR2 = DR2 = R2 D; dunque il sottogruppo {1, D} non ` e normale perch` e non contiene il coniugato di D mediante R. Similmente, il coniugato di RD mediante D = D1 ` e DRDD = DR = R3 D; dunque il sottogruppo {1, RD} non ` e normale perch` e non contiene il coniugato

110

CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

di RD mediante D. In modo simile si verica che anche gli altri due sottogruppi di ordine 2 non sono normali. Concludendo, degli otto sottogruppi propri di 4 , solo quattro sono normali: i tre sottogruppi di ordine 4 e il sottogruppo X = {1, R2 } di ordine 2. Rimangono da determinare i gruppi quoziente di 4 . Per quanto riguarda i sottogruppi normali di ordine 4, poich` e i laterali sono solo 2 ed esiste una sola struttura di gruppo su un insieme con due elementi, e chiaro i gruppi quoziente i gruppi quoziente sono tutti isomor a Z2 ; ` per` o che le tre proiezioni 4 Z2 sono tutte diverse. Consideriamo lunico sottogruppo normale X = {1, R2 } di ordine 2. Gli elementi del gruppo quoziente 4 /X sono i laterali X0 = X , X1 = XR, X2 = XD e X3 = X (RD). Calcoliamo la tavola di moltiplicazione di 4 /X : X0 X1 X2 X3 X0 X0 X1 X2 X3 X1 X1 X0 X3 X2 X2 X2 X3 X0 X1 X3 X3 X2 X1 X0 Ad esempio: X0 X0 = (XR)(XR) = XR2 = X = X0 , perch` e R2 X ; X3 X1 = (X (RD))(XR) = X (RDR) = XD = X2 , ecc. Possiamo identicare 4 /X ad un gruppo noto. Consideriamo il gruppo prodotto Z2 Z2 ; i suoi elementi sono 0 = 0, 0 , a = 1, 0 , b = 0, 1 e c = 1, 1 ; la tavola di moltiplicazione ` e 0 0 0 a a b b c c a a 0 c b b b c 0 a c c b a 0

Si vede immediatamente che ponendo X0 = 0, X1 = a, X2 = b e X3 = c, le tavole di mopltiplicazione di 4 /X e di Z2 Z2 coincidono; dunque la funzione f (X0 ) = 0, f (X1 ) = a, f (X2 ) = b, f (X3 ) = c ` e un isomorsmo di gruppi: f : 4 /X Z2 Z2 .

3.15. ESERCIZI

111

Il gruppo Z2 Z2 ` e detto gruppo trirettangolo e pu` o essere interpretato geometricamente come il gruppo delle simmetrie del rettangolo, cio` e lidentit` a, il ribaltamento intorno allasse a, quello intorno allasse b e la loro composizione (che ` e la rotazione di 180 gradi). Se chiamiamo rispettivamente 0, a, b e c queste quattro simmetrie e scriviamo la loro tavola di moltiplicazione, troviamo esattamente la tavola di moltiplicazione di Z2 Z2 . Si osservi che conoscendo il signicato geometrico del gruppo proe isomorfo dotto Z2 Z2 avremmo potuto aspettarci il fatto che 4 /X ` a Z2 Z2 . Infatti, la relazione di equivalenza associata al sottogruppo {1, R2 } consiste nel dichiarare equivalenti due simmetrie del quadrato quando o sono uguali o si ottengono una dallaltra attraverso una rotazione di 180 gradi. Ma esaminando le simmetrie del quadrato si pu` o vedere che ognuna di esse ` e una simmetria del quadrato considerato come rettangolo, oppure, se non lo ` e, lo ` e invece quella che si ottiene dopo una rotazione di 180 gradi. Per nire, si osservi che, sebbene il gruppo 4 non sia commutativo, lo sono invece tutti i suoi quozienti propri.

3.15

Esercizi

1. Si consideri il gruppo Q generato da due elementi i e j soddisfacenti le relazioni: i4 = 1 , i2 = j 2 , ji = i3 j . Si dimostri che Q ha 8 elementi e si scriva la tavola di moltiplicazione. Si determinino tutti i suoi sottogruppi e si dica quali di essi sono normali. Il gruppo Q ` e detto gruppo dei quaternioni. 2. Se N1 G1 e N2 G2 sono due sottogruppi normali di due gruppi G1 e G2 , si provi che il prodotto N1 N2 ` e un sottogruppo normale del prodotto G1 G2 e che esiste un isomorsmo canonico (G1 G2 )/(N1 N2 ) G1 /N1 G2 /N2 .

112

CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

3.16

Ideali

Rimane da capire che cosa ` e una congruenza per gli anelli. Poich` e un anello ` e un gruppo abeliano (A, +) dotato di un prodotto (A, ) distributivo rispetto alloperazione di somma del gruppo abeliano, una congruenza di anello ` e una congruenza di gruppo abeliano, quindi un sottogruppo I A del gruppo (A, +), tale che la congruenza che genera ` e anche una congruenza per il monoide (A, ). Teorema 3.16.1 Dato un anello (A, +, ), un sottogruppo I A del gruppo (A, +) ` e tale che la congruenza che genera ` e anche una congruenza per il monoide (A, ) se e solo se soddisfa la seguente condizione: per ogni a A e per ogni i I , ia I e ai I , ci` o che si esprime dicendo che I ` e un ideale (bilatero). Dimostrazione. Se la congruenza generata da I ` e anche una congruenza rispetto alla struttura di monoide, allora il gruppo quoziente A/I ` e anche un anello rispetto al prodotto di laterali (I + a)(I + b) =df I + ab e la proiezione pI : A A/I ` e un omomorsmo di anelli il cui nucleo ` e proprio il sottogruppo I . Ma ` e un fatto generale che se f : A B ` e un omomorsmo di anelli, allora ker(f ) ` e un ideale bilatero: Ker(f ) ` e un sottogruppo di (A, +) e se i ker(f ) e a A, allora f (ai) = f (a)f (i) = f (a)0 = 0, cio` e ai ker(f ) e similmente ia ker(f ). Viceversa, sia I un ideale dellanello A e mostriamo che la congruenza generata da I ` e una congruenza anche rispetto al monoide ` nita da (A, ). Ricordiamo che la conguenza generata da I de a b se e solo se (b a) I . Il fatto che tale relazione di equivalenza sia anche una congruenza rispetto al prodotto signica che se a b e c d, allora ac bd, cio` e se (b a) I e (d c) I , allora (bd ac) I . Questultima propriet` a si dimostra nel modo seguente: bd ac = bd + ad ad ac = (b a)d + a(d c),

3.16. IDEALI

113

che ` e un elemento di I , poich` e (b a) I , (d c) I e poich` e I, essendo un ideale bilatero, ` e chiuso rispetto al prodotto a sinistra e a destra con ogni elemento di A ed anche rispetto alla somma. q Dunque, se I ` e un ideale bilatero di un anello A, il gruppo quoziente ` A/I in realt` a un anello e la proiezione pI : A A/I ` e un omomorsmo di anelli, che soddisfa la propriet` a universale: per ogni anello B ed ogni omomorsmo di anelli f : A B tale che I ker(f ), esiste un unico omomorsmo f : A/I B tale che f (pI (x)) = f (x) , ci` o che pu` o essere espresso dicendo che il seguente diagramma commuta: A
@ @

pI A/I
@

f @

f
R @ ?

B. In seguito ci occuperemo prevalentemente di anelli commutativi; in tal caso la nozione di ideale si semplica poich` e basta richiedere solo una delle due condizioni di chiusura rispetto al prodotto per gli elementi dellanello. Moltissimi sono gli esempi di ideali: nel precedente teorema si prova che il nucleo di ogni omomoramo di anelli ` e un ideale; di pi` u, si prova che infatti ogni ideale appare in tal modo, ad esempio come nucleo dellomomorsmo dato dalla proiezione sul quoziente. Di particolare interesse sono gli ideali deniti nel modo seguente: sia A un anello commutativo e sia a A; si vede facilmente (esercizio) che linsieme (a) = {xa | x A} ` e un ideale di A, chiamato ideale principale generato da a.

114

CAPITOLO 3. OMOMORFISMI

Capitolo 4 Azioni
4.1 M-insiemi

Se M = End(X ) ` e il monoide delle endofunzioni di un insieme X , c` e un tipo di operazione evidente di M su X : End(X ) X X , la valutazione f x = f (x) , che evidentemente soddisfa le propriet` a M1 ) g (f x) = (gf ) x M2 ) 1X x = x. In generale chiameremo azione (sinistra) di un monoide M su un insieme X ogni operazione (azione) di tipo : M X X , il cui valore su una coppia m, x denoteremo con m x, che soddisfa M1 e M2 . Diremo che X ` e un M-insieme (sinistro) o anche che M opera (a sinistra) su X . Gli esempi sono moltissimi. Eccone solo alcuni: 1. Prendendo per X il monoide stesso M, loperazione di M ` e una azione M M M : le identit` a M1 e M2 sono semplicemente lassociativit` a e lunit` a sinistra. 115

116

CAPITOLO 4. AZIONI

2. Se N ` e un sottomonoide di M e : M X X ` e una azione di M su X , allora si ha per restrizione una azione N X X . Ci sono due esempi particolari di tale situazione: a) Se N ` e un sottomonoide di un monoide M e M M M ` e lazione dellesempio 1), allora essa induce per restrizione una azione N M M di N su M; quando M ` e un gruppo e N ` e un suo sottogruppo, questa azione ` e gi` a stata considerata nel Teorema di Lagrange (si veda 3.6). b) se Aut(X )` e il sottogruppo di End(X ) degli automorsmi di un insieme X, allora per restrizione dellazione considerata allinizio del paragrafo si ottiene una azione Aut(X ) X X . 3. Se X ` e un insieme e X n = X X ` e linsieme delle n-uple ordinate degli elementi di X , allora c` e una azione del gruppo S ([n]) = Sn delle permutazioni su [n] su X n : Sn X n X n denita da x1 , . . . , xn = x(1) , . . . , x(n) . 4. Se G ` e un gruppo, si pu` o denire una azione : G G G mediante la formula g x = gxg 1 . Tale azione ` e detta coniugio e si riduce alla proiezione G G G se e e solo se il gruppo G ` e abeliano.

4.1. M-INSIEMI

117

5. Il fatto che il monoide che agisce su un insieme X sia un gruppo ha diverse conseguenze non banali. Ad esempio, una ` e la seguente: se un monoide M agisce su un insieme X madiante una azione : M X X , allora agisce anche sullinsieme PX delle parti di X mediante la formula m U = {m x | x U } X , per ogni sottoinsieme U di X . Ora, se M ` e un gruppo, allora per ogni elemento m la funzione m () : X X ` e un isomorsmo, poich` e la funzione inversa ` e la funzione m1 (), ci` o che si dimostra dagli assiomi M1 e M2 ; dunque la funzione m induce un isomorsmo da U a m U . Pertanto, denotando con Pn X linsieme dei sottoinsiemi di X di cardinalit` a n, quando M ` e un gruppo, lazione sulle parti di X si restringe ad una azione sulle parti di cardinalit` a n. 6. Molti sono gli esempi di natura geometrica e qui ci limitiamo a citarne due. Se P denota linsieme dei punti del piano e T il gruppo delle traslazioni, c` e una azione evidente +: T P P che ha la propriet` a: per ogni coppia P1 e P2 di punti esiste ununica traslazione T , tale che T + P1 = P2 , ci` o che autorizza a denotare tale T con T = P2 P1 . A sua volta, il gruppo delle dilatazioni D agisce in modo naturale sul gruppo delle traslazioni (come?). 7. (Macchine di Turing) Se f : X X ` e una funzione, c` e una azione N X X

` spesso assai utile associare ad una azione un grafo che la arricchisce E di una intuizione geometrica, il suo diagramma. Se : M X X

del monoide (N, +, 0) denita da n x = f n (x). Inoltre, ogni azione : N X X del monoide dei naturali rispetto alla somma ` e di questo tipo per ununica funzione f : X X (esercizio; si denisca f (x) = 1 x...).

118

CAPITOLO 4. AZIONI

` e una azione, consideriamo il seguente grafo Diag( : M X X ): i vertici sono gli elementi di x, y, z, ... di X , che denoteremo con punti; i lati (che sono orientati e che dunque denoteremo con frecce)

sono gli elementi m tali che m x = y . Si osservi che tale grafo ha la seguente ulteriore struttura: se

sono due lati come descritti nella gura, allora mn ` e un lato

nm - z

che chiameremo composizione dei due lati e che per ogni elemento x lunit` a 1 del monoide M ` e un lato

Il lettore pu` o facilmente provare che gli assiomi di azione equivalgono al fatto che la composizione ` e associativa, quando ` e denita, e che ha identit` a. Diverse signicative propriet` a di una azione possono essere espresse mediante propriet` a (geometriche) del suo diagramma. Ad esmpio, il fatto che il diagramma sia un grafo connesso, cio` e che ogni coppia di vertici sia congiunta da almeno un lato, equivale alla propriet` a

4.1. M-INSIEMI

119

dellazione di essere transitiva, cio` e che per ogni coppia di elementi x, y X , esiste m M tale che m x = y . La costruzione del diagramma di una azione ha una conseguenza assai utile. Cominciamo con il precisare che cosa ` e un grafo (orientato), ci` o che no ad ora non abbiamo fatto, avendo preferito lasciare allintuizione del lettore immaginare la sua corretta denizione. Un grafo orientato ` e il dato di due insiemi, linsieme V dei vertici e quello L dei lati, e di due funzioni d0 , d1 : L V che assegnano ad ogni lato f due vertici d0 (f ) e d1 (f ), detti rispettivamente dominio e codominio di f . Per visualizzare un grafo, disegneremo i suoi vertici come punti e, se f ` e un lato di cui x = d0 (f ) e y = d1 (f ) sono il dominio ed il codominio, disegneremo f come freccia

Ad ogni grafo orientato G = (d0 , d1 : L V ) possiamo sempre associare una relazione binaria R(G) V V sullinsieme V dei suoi vertici semplicemente prendendo limmagine della funzione d0 , d1 : L V V . Dunque due vertici sono in relazione se e solo se esiste un lato che li congiunge. Un fatto assai utile ` e il seguente: Teorema 4.1.1 Se G ` e il grafo dato dal diagramma dellazione : G X X di un gruppo G su un insieme X , allora la relazione R(G) X X ` e una relazione di equivalenza. Denoteremo con X/G linsieme quoziente, con una notazione che sottointende lazione di G su X. La semplice dimostrazione ` e lasciata al lettore. Qui ci limitiamo a qualche esempio. Gli elementi dellinsieme quoziente X/G sono le classi di equivalenza della relazione di equivalenza R(G) X X e dunque sono gli insiemi G x = {g x | g G} ,

120

CAPITOLO 4. AZIONI

che vengono detti orbite di x. In particolare si osservi che nellesempio della restrizione ad un sottogruppo H di G dellazione data dalloperazione di G, le orbite sono proprio i laterali di H in G. In un certo senso, linsieme X/G ` e una misura dellazione: una prima rozza approssimazione del senso di tale aermazione ` e il seguente, di facile verica: una azione ` e transitiva se e solo se X/G ha un solo elemento, cio` e se e solo se esiste una sola orbita. Il lettore provi a mostrare che lesempio 2, b) ` e un esempio di azione transitiva. Concludiamo convenendo che se Mop denota il monoide opposto di M, cio` e il monoide sullo stesso insieme M , ma in cui loperazione ` e denita op da x y =def yx, allora una azione sinistra di M su un insieme X ` e detta azione destra di M su X . Dunque una azione destra di M su X ` e una funzione : M X X tale che Mop 1 ) m (n x) = (nm) x M2 ) 1 x = x.

4.2

Rappresentazioni, centro

Un monoide concreto ` e un monoide di endofunzioni, cio` e un monoide della forma End(X ) per un insieme X . Una rappresentazione di un monoide M ` e un qualsiasi modo di compararlo con un monoide concreto, dunque semplicemente un omomorsmo di monoidi M End(X ) ,

per un qualche insieme X . Quando ` e iniettiva, si dice che la rappresentazione ` e fedele e in tal caso si pu` o pensare ad una rappresentazione ` semplice ma assai utile osservare che come ad un modello di M. E il principio di -conversione (si veda 1.12) permette di dimostrare il seguente Teorema 4.2.1 Per ogni monoide M ed ogni insieme X , la -conversione induce una corrispondenza biunivoca tra le rappresentazioni M End(X ) ,

4.2. RAPPRESENTAZIONI, CENTRO e le azioni : M X X .

121

Dimostrazione. Basta mostrare che data una rappresentazione , la sua trasposta = t : M X X soddisfa gli assiomi di azione: (mn) x = t (mn, x) = (mn, x) = [m, (n, x)] = t [m, t (n, x] = = m (n x),

e che data una azione : M X X , la sua aggiunta esponenziale : M End(X ) ` e un omomorsmo, cio` e una rappresentazione di M: (mn)(x) = (mn) x = m (n x) = (m)[( (n)(x)] = = [ (m)][( (n)](x). q Osserviamo che se M ` e in particolare un gruppo G e ` e una rappresentazione, allora ogni valore di ` e un automorsmo di X e dunque una rappresentazione di un gruppo G ` e in realt` a un omomorsmo di gruppi G Aut(X ) di G al gruppo degli automorsmi di un insieme X . Il caso speciale della aggiunta esponenziale dellazione data dalla operazione stessa M M M ` e una rappresentazione canonica detta rappresentazione di Cayley di M. Se M ` e in particolare un gruppo G, allora la sua rappresentazione di Cayley G cAut(G)

` e sempre fedele (esercizio). In generale, non ` e detto che una rappresentazione sia fedele. Ad esempio, consideriamo la rappresentazione G Aut(G)

aggiunta esponenziale dellazione di coniugio (g )(x) = gxg 1 . Il suo nucleo, che sappiamo essere un sottogruppo normale di G, ` e: ker() = {g G | (g ) = 1G } =

122

CAPITOLO 4. AZIONI

= {g G | (g )(x) = x, per ogni x G} = = {g G | gxg 1 = x, per ogni x G} = = {g G | gx = xg, per ogni x G} = Z (G). Il sottogruppo normale Z (G) di G ` e detto centro di G e coincide con G se e solo se G ` e abeliano. Possiamo considerare il gruppo quoziente G/Z (G) che per il teorema di isomorsmo ` e un gruppo isomorfo allimmagine Im() e che pertanto ha una rappresentazione fedele nel gruppo Aut(G). Il sottogruppo Im() di Aut(G) ` e detto sottogruppo degli automorsmi interni di G, nome che trova la sua spiegazione in una altra importante propriet` a della rappresentazione di coniugio: per ogni elemento g G, lisomorsmo (g ) ` e un isomorsmo di gruppi, dunque un automorsmo di G come gruppo (esercizio). Una conseguenza importante della precedente osservazione ` e la seguente. Poich` e per ogni g G, lisomorsmo (g ): G G ` e un isomorsmo di gruppi, dunque porta sottogruppi in sottogruppi, lazione di coniugio si estende allinsieme Sub(G) dei sottogruppi di G denendo g H = gHg 1 ed ` e un semplice esercizio provare direttamente gli assiomi di azione. La precedente osservazione sulla reppresentazione data dal coniugio ` e di carattere generale: data ogni rappresentazione G Aut(X ) di un gruppo G, possiamo sempre prendere limmagine Im(), che ` e isomorfa al quoziente di G per il nucleo di e ottenere una rappresentazione fedele del quoziente nel gruppo degli automorsmi dello stesso insieme X . : G Sub(G) Sub(G)

4.3

Stabilizzatori

Se : M X X ` e una azione di un monoide M su un insieme X , allora per ogni x X il sottoinsieme di M St(x) = {m M | m x = x}

4.3. STABILIZZATORI

123

dato dagli elementi la cui azione lascia sso x ` e un sottomonoide di M e, quando M ` e un gruppo G, un sottogruppo di G (esercizio) detto stabilizzatore di x. Diremo che x ` e un invariante per lazione di G, o che ` e G-invariante, se St(x) = G, cio` e se lazione di ogni elemento di G lascia sso x. Ad esempio, se consideriamo lazione di coniugio, lo stabilizzatore St(x) ` e il sottogruppo di G St(x) = {g G | gxg 1 = x} = {g G | gx = xg } . Esso viene detto centralizzante di x e spesso viene denotato con C(x). Dunque x Z (G) se e solo se C(x)=G e perci` o gli elementi G-invarianti per lazione di coniugio sono proprio gli elementi del centro. Quando consideriamo lazione di coniugio estesa ai sottogruppi, gli elementi Ginvarianti sono precisamente i sottogruppi normali. Dora in poi per una azione G X X semplicheremo la notazione denotando il suo valore su una coppia g, x semplicemente con gx. Data dunque una azione di un gruppo G su un insieme X , consideriamo le due funzioni G
@ @ @

@ R @

Gx

G/St(x) ,

aventi lo stesso dominio G e aventi codominio rispettivamente lorbita Gx di x e linsieme quoziente di G per il sottogruppo stabilizzatore di x, denite da (g ) = gx e (g ) = g St(x). Entrambe sono suriettive e hanno inoltre lo stesso nucleo di equivalenza:
1 1 (g1 ) = (g2 ) g1 x = g2 x g2 g1 x = x g2 g1 St(x) g1 St(x) = g2 St(x) (g1 ) = (g2 ).

Per la propriet` a universale dei quozienti esiste un unico isomorsmo : Gx G/St(x) tale che = . In particolare, quando X e G sono niti, passando alle cardinalit` a si ottiene: |Gx| = |G/St(x)| = [G:St(x)] ,

124

CAPITOLO 4. AZIONI

da cui ricordando che le orbite sono una partizione di X si ha lequazione delle classi: |G| |X | = [G:St(x)] = , |St(x)| x2X/G x2X/G dove la notazione x X/G signica che la somma ` e estesa ad una scelta qualsiasi di x X , uno ed uno solo per ogni orbita. Illustriamo lequazione delle classi per lazione di coniugio di in gruppo nito G. Ricordiamo che in tal caso gli stabilizzatori St(x) sono i centralizzanti C(x), mentre le orbite, dette classi coniugate e spesso denotate con Cl(x), sono i sottoinsiemi Cl(x) = {gxg 1 | g G}. Lequazione delle classi in tal caso ` e: |G| |G| = , |C(x)| dove la somma ` e estesa ad una scelta arbitraria di elementi x G, uno ed uno solo per ogni classe coniugata. Vediamo ora alcune applicazioni della teoria n qui delineata. Teorema 4.3.1 Se G ` e un gruppo nito di ordine pn per un primo p, allora il centro di G contiene un elemento diverso dallunit` a. Dimostrazione. Per il teorema di Lagrange, lordine del centralizzante C(x) di ogni elemento x di G divide lordine di G, che ` e pn , dunque ` e una potenza pnx di p con nx n. Scriviamo lequazione delle classi per lazione di coniugio: pn pn pn = = | Z (G) | + , nx nx nx <n p nx n p dove la somma ` e estesa ad una scelta arbitraria di elementi x G, uno ed uno solo per ogni classe coniugata e si ` e usato che x Z (G) se e nx n solo se C(x) = G, se e solo se p = p , se e solo se nx = n. Dunque |Z (G)| = pn pnnx
nx <n

e pertanto p divide lordine del centro, che perci` o non pu` o essere ridotto alla sola unit` a. q

4.4. IL GRUPPO SIMMETRICO SN

125

Corollario 4.3.1 Ogni gruppo nito di ordine p2 per un primo p ` e abeliano. Dimostrazione. Per il teorema precedente, il centro non ` e ridotto alla 2 sola unit` a, dunque il suo ordine deve essere p o p . Se lordine ` e p2 il teorema ` e vero. Se lordine ` e p, sia a un elemento che non appartiene al centro e consideriamo il suo centralizzante C(a). Il centro ` e certamente un sottogruppo di C(a) e poich` e a ` e in C(a) e non nel centro, ` e un sottogruppo proprio. Ancora, lordine di C(a) pu` o essere solo p o p2 , ma non pu` o essere, perch` e in ogni caso contraddiremmo lipotesi che a non sia nel centro. Dunque G coincide con il suo centro e perci` o` e abeliano. q

4.4

Il gruppo simmetrico Sn

La struttura del gruppo degli automorsmi Aut(X ) di un insieme X ` e completamente determinata dalla cardinalit` a di X . Infatti un isomorsmo : X Y induce un isomorsmo di gruppi : Aut(X ) Aut(Y ) mediante () = 1 (esercizio). In particolare, se X ` e un insieme nito di cardinalt` a n, allora Aut(X ) ` e un gruppo isomorfo al gruppo Aut([n]) = Sn , detto anche gruppo simmetrico di [n]. Vogliamo ora determinare completamente la struttura di tale gruppo. Cosa questo signichi, risulter` a chiaro alla ne della discussione e pertanto non ci dilunghiamo a spiegarlo in anticipo. Dovr` a anche risultare chiaro da quanto esporremo la ragione del nome gruppo simmetrico. Il metodo che useremo sar` a essenzialmente basato sulle propriet` a della azione canonica Sn [n] [n] dellesempio 2, b) di 4.1, e delle sue restrizioni. Cominciamo con il ricordare una precedente osservazione secondo cui tale azione ` e transitiva; infatti, per ogni coppia di elementi i, j [n] esiste una permutazione i,j di Sn che manda i in j , la permutazione che scambia i con j e lascia ssi tutti gli altri elementi. Vedremo che alcuni di tali automorsmi elementari, che soddisfano a condizioni che mostreremo che li

126

CAPITOLO 4. AZIONI

autorizza a chiamare simmetrie, sono i mattoni con cui pu` o venire completamente descritto ogni automorsmo di [n]. Per ora osserviamo che essi soddisfano tutti ad una identit` a, quella che li qualica come involuzioni: 2 ij = 1[n] . Gli scambi, o trasposizioni, sono particolari permutazioni, dette cicli. Ricordando che in un gruppo nito G, come Sn , ogni elemento g ha un periodo nito o(g ), i cicli sono deniti come segue: Denizione 4.4.1 Un ciclo ` e una permutazione Sn tale che o( ) = |Fix( )c | , cio` e tale che il suo ordine ` e uguale al numero degli elementi di [n] non lasciati ssi, dunque mossi, da . Il valore comune k ` e chiamato lunghezza del ciclo. Cerchiamo ora di descrivere come ` e fatto un ciclo di lunghezza k . Sia i1 il primo elemento di [n] che ` e mosso da ; (i1 ) = i2 ` e a sua m volta mosso da , come pure ogni (i1 ) = im+1 ` e mosso da , per m < k 1, poich` e` e una funzione iniettiva. Quando m = k 1, ci sono k elementi mossi da e poich` ek ` e anche lordine di non pu` o che aversi k (i1 ) = i1 e si ricomincia da capo. Dunque, opera sul sottoinsieme {i1 , i2 , . . . , ik } di [n], in questo ordine, mandando ciascun elemento nel successivo e opera sul suo complemento come lidentit` a; viceversa, se {i1 , i2 , . . . , ik } ` e un sottoinsieme di [n] e lo ordiniamo con lordine indotto dallordine naturale sugli indici, esiste un solo ciclo di lunghezza k che opera su [n], mandando ogni elemento del sottoinsieme con lordine scelto sul successivo e lasciando ssi tutti gli altri elementi che non sono nel sottoinsieme. Di qui il nome di ciclo: un ciclo permuta ciclicamente gli elementi del sottoinsieme dato con lordine prescritto, mandando ciascuno nel successivo e lultimo nel primo e lascia ssi tutti gli altri elementi non nel sottoinsieme. Dunque il numero dei cicli di lunghezza k ` e il numero dei sottoinsiemi di cardinalit` a k per il numero degli ordini lineari su un insieme di cardinalit` a k , che altro non ` e che il numero n(k) delle funzioni iniettive [k ] [n]; tale numero deve essere diviso per k , poich` e su un sottoinsieme di [n] di cardinalit` a k esistono esattamente k ordini lineari che danno luogo allo stesso ciclo.

4.4. IL GRUPPO SIMMETRICO SN

127

Per facilitare la comprensione e per eseguire calcoli ` e certamente utile usare la notazione a due righe per le permutazioni = 1 2 ... n 1 2 . . . n

(dove per semplicare la notazione abbiamo consistentemente scritto i a posto di (i)) e ad ad una riga = i1 i2 . . . ik

per indicare un ciclo di lunghezza k con lordine prescritto. Abbiamo ora tutti gli elementi per dimostrare un primo teorema di struttura, salvo questa ultima osservazione. Due permutazioni e si dicono e se gli elementi mossi da una disgiunte se Fix( )c Fix( )c = , cio` ` facile (e lo lasciamo al lettore) dimostrare non sono mossi dallaltra. E il seguente Lemma 4.4.1 Se e sono disgiunte, allora = . Teorema 4.4.1 Ogni permutazione Sn si decompone in modo unico (a meno dellordine) nel prodotto = 1 2 . . . h dove le permutazioni i sono cicli disgiunti a due a due. Dimostrazione. Sia ( ) il sottogruppo ciclico di Sn generato da e consideriamo la restrizione a ( ) dellazione canonica su [n]. Sappiamo che le orbite ( )i = {i, (i), ( 2 )(i), . . . , ( k1 )(i)} dove k ` e lordine di , sono una partizione di [n]. Attenzione, la cardinalt` a di ( )i pu` o essere inferiore a k , poich` e sebbene lordine di sia k , per qualche particolare valore i si pu` o avere ( r )(i) = i, anche per un r minore di k ed in tal caso la cardinalit` a di ( )i ` e inferiore a k . Il lettore pu` o usare la formula di 4.3 per dare una formula per la cardinalit` a di ciascuna orbita (esercizio). A questo punto la parte

128

CAPITOLO 4. AZIONI

riguardante la decomposizione enunciata nel teorema ` e dimostrata: se ci sono h orbite, denotiamole con C1 , C2 , . . . , Ch , allora ad ogni orbita associamo il ciclo determinato dallordine delle potenze di e otteniamo cos` h cicli 1 , 2 , . . . , h che hanno la propriet` a enunciata dal teorema: se j [n], allora j sta in una e una sola orbita, diciamo Cs , e dunque (1 , 2 , . . . , h )(j ) = s )(j ) = (j ). Daltra parte, se = 1 2 . . . l ` e unaltra decomposizione di in cicli a due a due disgiunti, allora gli elementi mossi da ciascun ciclo e il ciclo r . Dunque le due r formano unorbita Cr di e quindi r ` decomposizioni dieriscono solo per lordine dei fattori. q Osservando che per due elementi permutabili e di periodo nito di un gruppo, lordine del prodotto ` e il ` e il minimo comune multiplo degli ordini dei fattori, si pu` o usare il precedente teorema per calcolare lordine di una permutazione qualsiasi: esso infatti risulta essere il minimo comune multiplo degli ordini dei cicli disgiunti in cui pu` o venire decomposto in modo unico, ricordando che per denizione lordine di un ciclo ` e semplicemente il numero degli elementi che sono mossi. Gli scambi, o trasposizioni, sono dunque cicli di lunghezza due. Di particolare interesse sono gli n 1 scambi i = (i, i + 1) , che chiameremo simmetrie, perch` e sono un sistema di generatori, per cui ` e possibile trovare un sistema di relazioni particolarmente signicative che giusticano tale nome, che forniscono una presentazione del gruppo simmetrico Sn . Teorema 4.4.2 Ogni permutazione di Sn si pu` o scrivere come prodotto di cicli della forma i e il prodotto in Sn ` e determinato completamente dalle relazioni se j = i 1 se j < i 1 i j = j i j i j i se j = i 1 .

` immediato dimostrare (esercizio per il lettore) che Dimostrazione. E tali relazioni valgono per le simmetrie in Sn . Per mostrare che le simmetrie e le relazioni date descrivono completamente Sn come gruppo, cominciamo con losservare che ogni scambio

4.4. IL GRUPPO SIMMETRICO SN

129

(i, j ), con j > i + 1, pu` o essere ottenuto come prodotto dei . Si ha infatti i+1 i i+1 = (i, i + 2) e iterando tale denizione un un numero opportuno di volte si ottiene lo scambio (i, j ) = i i+1 . . . j 2 j 1 j 2 j 3 . . . i . Osservando che (i, j ) = (j, i), si ha lasserto per ogni scambio con j = o essere i + 1. Si osservi a questo punto che ogni ciclo (i1 , i2 , . . . , ir ) pu` ottenuto come prodotto di (r 1) scambi nel modo seguente (i1 , i2 , . . . , ir ) = (i1 , ir )(i1 , ir1 ) . . . (i1 , i2 ) e dunque anche come prodotto dei . Usando inne il fatto che ogni permutazione ` e ottenibile come prodotto di cicli, si ottiene che ogni permutazione ` e ottenibile come prodotto = i1 i2 . . . ik dei generatori . Si osservi che la procedura sopra descritta per ottenere ogni permutazione come prodotto dei generatori non garantisce aatto lunicit` a di tale decomposizione (si trovi un esempio) e neppure il fatto che tale decomposizione sia di cicli a due a due disgiunti. Rimane dunque il problema di come determinare il prodotto di due permutazioni, solo sapendo come si comporta il prodotto sui generatori. A questo scopo, procediamo come segue. Consideriamo linsieme W di tutte le k -uple ordinate di generatori (parole di lunghezza k ; si veda lesempio 1.14.4) w = i1 , i2 , . . . , ik , dove gli indici i1 , . . . ik sono tutti compresi tra 1 e n 1, per qualsiasi naturale k . Introduciamo la seguente relazione: data una coppia di parole w e w0 , diciamo che w si riduce a w0 , e scriveremo w w0 , se w0 si ottiene da w applicando una delle seguenti regole (R1 ) (R2 ) (R3 ) i , i 1 i , j j , i , se j < i 1 i , i1 , . . . , j , i i1 , i , i1 , . . . , j , se j < i

130

CAPITOLO 4. AZIONI

alle sottoparole di w formate da lettere consecutive (segmenti di w). Diciamo che una parola w ` e in forma normale se non ` e possibile ridurla ulteriormente e osserviamo che per ogni parola w esiste una catena di riduzioni w w1 w2 . . . wh

tali che wh ` e in forma normale. Infatti, o w ` e gi` a in forma normale, o appaiono due indici consecutivi cui si pu` o applicare una delle regole R1 o R2 , oppure tre o pi` u indici consecutivi cui si pu` o applicare la R3 . Se applichiamo R1 la parola w1 che otteniamo diminuisce di lunghezza, mentre se applichiamo una delle altre due regole, la parola ` che otteniamo precede w nellordine lessicograco (si veda 1.13.6). E chiaro che possiamo continuare ad applicare tale procedimento solo un numero nito di volte, perch` e la lunghezza decresce e perch` e le parole della stessa lunghezza che precedono una parola data nellordine lessicograco sono un numero nito e dunque che in un numero nito di passi troviamo una forma normale. ` chiaro che il procedimento La questione cruciale ` e ora la seguente. E descritto per trovare una forma normale non ` e unico. Ad esempio posso cominciare ad esaminare le coppie o le terne di indici consecutivi cui applicare le regole a partire dallinizio della parola in esame, oppure a partire dal fondo. In generale si otterranno due catene diverse di riduzioni e a questo punto noi sappamo solo che entrambe devono condurre ad una forma normale. Il punto ` e ora di mostrare che due qualsiasi catene di riduzioni che partono dalla stessa parola, conducono sempre alla stessa forma normale o, in altre parole, che ogni parola pu` o essere ridotta ad una unica forma normale. Questa propriet` a` e una propriet` a assai forte sulle riduzioni, come mostra il seguente argomento. Sia la funzione che ad ogni parola w di generatori assegna il loro prodotto |w| in Sn . Poich` e, come abbiamo gi` a osservato, in Sn le relazioni date sui generatori sono vere, si ha che se w w0 , allora |w| = |w0 |. Questo ` e evidente per le riduzoni R1 e R2 , mentre per la R3 si ragiona per induzione sullindice j nel modo seguente. Lenuciato vale se j = i 1, perch` e` e la terza delle relazioni nellenunciato del teorema; supponiamo dimostrata lrelazione sui generatori corrispondente alla regola R3 e proviamo la corrispondente relazione per j 1: | |: W Sn

4.4. IL GRUPPO SIMMETRICO SN i i1 . . . j j 1 i = i i1 . . . j i j 1 = i1 i i1 . . . j j 1 ,

131

usando lipotesi di induzione e la seconda delle relazioni nellenunciato. Dunque, se una parola avesse due forme normali, si potrebbe dimostrare esistono altre relazioni sui generatori che sono valide in Sn , ma che non sono tra quelle elencate e si potrebbe cominciare a dubitare del fatto che le relazioni date siano sucienti a ricostruire il prodotto in Sn . Per raggiungere il nostro scopo sar` a suciente contare le forme normali e mostrare che esse sono proprio tante quanti gli elementi di Sn , cio` e n!. Infatti, poich` e ogni parola ha una forma normale, se una parola w avesse due forme normali, allora alla permutazione |w| corrisponderebbero due forme normali, e dunque la cardinalit` a dellinsieme Fn delle forme normali non potrebbe essere quella di Sn . Inoltre, il fatto che dimostriamo che ogni parola ha ununica forma normale solo usando le relazioni descritte nellenunciato del teorema, garantisce che possiamo ricostruire il prodotto in Sn solo conoscendo tali relazioni: date due permutazioni, consideriamo le forme normali associate ad una loro decomposizione come prodotto dei generatori e consideriamo la forma normale della loro concatenazione; questa ` e la forma normale del prodotto, che evidentemente si ottiene solo usando le relazioni descritte nel teorema. Cominciamo con il semplicare la notazione identicando una una parola w = i1 , i2 , . . . , ik semplicemente con la successione dei suoi indici i1 , i2 , . . . , ik , che altro non ` e che una funzione i: [k ] [n 1]. Cos` ad esempio per n = 5 la successione 2, 3, 1, 4, 2, 1, 3 denota la parola 2 , 3 , 1 , 4 , 2 , 1 , 3 di lunghezza 7 (quale ` e una sua forma normale?). Per contare le forme normali, usiamo la tecnica standard di metterle in corrispondenza biunivoca con un insieme di cui sappiamo contare la cardinalit` a. Dato un qualsiasi naturale non nullo m, poniamo [m] = {0, 1, 2, . . . , m} e sia Fn linsieme Fn = {: [n 1] [n 1] | (i) i, per ogni i [n 1]} . Vogliamo mostrare che ` e possibile porre linsieme Fn in corrispondenza biunivoca con linsieme delle forme normali. Data Fn , deniamo

132

CAPITOLO 4. AZIONI

una parola w() nel modo seguente: dapprima deniamo per ogni i [n 1] una parola w((i)) come w((i)) =
parola vuota

se (i) = 0

parola denita dalla successione i, i 1, . . . , i (i) + 1 se (i) = 0 .

Deniamo quindi w() come la parola che si ottiene concatenando le parole w((1)), w((2)), . . . , w((n 1)) in questo ordine. Ad esempio, e la funzione (1) = 0, (2) = 2, (3) = 3, (4) = 1, se : [4] [4] ` la parola w() ` e la parola associata alla successione 2, 1, 3, 2, 1, 4 . Si osservi che la funzione soddisfa la clausola richiesta per cui (i) i. Per raggiungere il nostro scopo dobbiamo mostrare tre fatti: 1. w() ` e in forma normale; 2. ogni parola in forma normale proviene da ununica Fn mediante il procedimento descritto (e dunque la denizione di w() fornisce una corrispondenza biunivoca w: Fn Fn tra linsieme delle forme normali e linsieme Fn ); 3. Fn ha cardinalit` a n! . Cominciamo con il primo. Basta esaminare i segmenti di w() che provengono da successioni della forma i r (i r), i, i 1, . . . , i (i) + 1, i + s , dove i r ` e il pi` u grande indice minore di i tale che (i r) = 0 e i + s ` e il pi` u piccolo indice maggiore di i tale che (i + s) = 0. Le possibili riduzioni possono comparire solo nel segmento iniziale e in quello nale. Sia d = i (i r (i r) + 1) = r + (i r) 1 r 1. Dunque, se r > 1, allora d > 0, mentre se r = 1, allora d = (i 1), che in ogni caso ` e non nullo, perch` e ir ` e il pi` u grande intero minore di i per cui (i r) ` e non nullo. Dunque il precedente di i ` e sempre minore di i e non si applicano le regole. Largomento riguardante il segmento nale ` e del tutto simmetrico. Dunque le parole denite dalle successioni del tipo w() sono in forma normale.

4.4. IL GRUPPO SIMMETRICO SN Per quanto riguarda il secondo fatto, sia

133

i1 , i2 , . . . , ir , . . . , ik

la successione degli indici di una parola w in forma normale e cerchiamo di capire come deve essere fatta o, meglio, come deve essere fatto il suo graco. Esaminando da questo punto di vista le regole, e traducendole in regole di trasformazione del graco di una spezzata che congiunge punti del piano a cocienti interi, si pu` o vedere che la successione degli indici i: [k ] [n 1] di una parola in forma normale denisce una spezzata congiungente punti a del piano a coordinate intere se e solo se ha le seguenti propriet` a:

1. la spezzata non ha tratti orizzontali;

2. i tratti discendenti sono paralleli alle bisettrice del primo e terzo quadrante;

3. la sottosuccessione dei valori assunti da i che maggiorano il valore che li precede ` e strettamente crescente.

Si osservi che in particolare la clausola 3 implica che i due segmenti uscenti da un punto di minimo relativo formano un angolo inferiore ad un angolo retto. Per meglio comprendere tale denizione, illustriamola con un esempio:

134
13

CAPITOLO 4. AZIONI

10 9 7

3 2

10

15

17

Certamente il graco di una parola w() ha queste propriet` a. Viceversa, se il graco di una parola i ha queste propriet` a, allora la parola ` e in forma normale (basta esprimere le regole come regole di trasformazione di graci di spezzate). In tal caso, se 1 ih1 < ih2 < . . . < ihr (n 1) ` e la sottosuccessione dei valori assunti da i che maggiorano il precedente valore (convenendo che h1 = 1), deniamo : [n 1] [n 1] come (j ) = 0 se j {ih1 , ih2 , . . . , iht } ihu ihu+1 1 + 1 se j = ihu , u = 1, . . . , t .

Con un po di pazienza il lettore pu` o vericare che per tale funzione si ha w() = i e che ` e lunica possibile con tale propriet` a. Inne, il fatto che la cardinalit` a di Fn ` e n! si prova con lusuale tecnica di conteggio delle funzioni tra insiemi niti, pur di tener conto della clausola (i) i. q

4.4. IL GRUPPO SIMMETRICO SN

135

Prima di procedere ` e opportuno qualche commento sulla dimostrazione del teorema, in realt` a alquanto laboriosa. La ragione di avere scelto questa dimostrazione (ne esistono di pi` u semplici) ` e quella di cogliere lopportunit` a di illustrare su un esempio concreto e rilevante alcune importanti idee che stanno alla base della Matematica Computazionale. Il problema ` e il seguente: esistono dimostrazioni di enunciati del tipo di quello del teorema precedente, che in principio possano essere automatizzate, cio` e eseguite da una macchina? La risposta ` e af` chiaro che a fermativa e la dimostrazione precedente ne ` e un esempio. E partire dalle regole di riduzione (chiamate anche regole di riscrittura), il procedimento di trovare una forma normale pu` o essere descritto da un algoritmo (cio` e da un programma eseguibile da una macchina), pur di operare una scelta arbitraria sullordine con cui applicare le regole di riduzione alle parole. Primo problema: cosa mi assicura che per qualsiasi scelta lalgoritmo termini sempre? Ancora, cosa mi assicura che, ammesso che termini, il risultato non dipenda da queste scelte arbitrarie? Evidentemente queste sono propriet` a dellordine indotto sullinsieme delle parole dalle regole di riduzione. Un altro problema cruciale ` e il seguente. Il lettore avr` a notato che le regole di riduzione non sono semplicemente le relazioni dellenunciato in cui si ` e sostituita luguaglianza con una freccia, ma comprendono anche altre conseguenze di quelle relazioni, in cui luguaglianza ` e sostituita con una freccia. La questione ` e dunque se, a partire da un certo numero nito di relazioni, ` e meccanizzabile il processo per trovare un insieme nito di regole di riduzione per cui i due problemi precedenti abbiano risposta aermativa. Ci limitiamo qui a queste prime considerazioni, perlatro basilari, rimandando ad un corso appropriato i lettori cui questa discussione abbia stimolato linteresse per tali argomenti. Appare tuttavia doveroso almeno citare i nomi degli algoritmi maggiormente noti per questi problemi, che sono lalgoritmo di Knuth-Bendix, quello di Todd-Coxeter e, nel caso lineare, quello delle basi di Gr obner. Un corollario immediato del teorema precedente ` e il seguente. Sia una permutazione qualsiasi e decomponiamola nel prodotto di simmetrie . Sappiamo che tale decomposizione non ` e unica, ma sappiamo anche che ogni due decomposizioni di si ottengono luna dallaltra mediante applicazioni delle relazioni enunciate nel teorema, poich` e hanno

136

CAPITOLO 4. AZIONI

la stessa forma normale. Ora, osservando la forma delle relazioni, si pu` o notare facilmente che ogni loro applicazione lascia invariato il numero delle occorrenze dei generatori o lo altera di due. Dunque, la parit` a del numero delle occorrenze dei generatori in ogni decomposizione di ` e sempre la stessa. Dunque la denizione sgn( ) = 0 se pu` o essere decomposto in un numero pari di 1 altrimenti

` e ben posta ed ` e immediato vedere che denisce un omomorsmo di gruppi sgn: Sn Z2 , il cui nucleo ` e il sottogruppo normale An = ker(sgn) formato dalle permutazioni pari, quelle cio` e che possono essere decomposte nel prodotto di un numero pari di generatori. Il gruppo ! An ` e detto gruppo alterno e ha ordine |An | = n . Conviene met2 tre in evidenza che componendo lomomorsmo sgn con lisomorsmo Z2 {1, 1} = Z si ottiene un omomorsmo : Sn Z , di uso frequente in molte parti della matematica. Per nire, si osservi che se assegnamo un elemento (i ) = gi G ad ognuno degli n 1 generatori di Sn , con la condizione che gli elementi gi soddisno in G le stesse relazioni cui soddisfano i generatori i in Sn , allora si pu` o estendere tale denizione ad un unico omomorsmo di gruppi : Sn G. Tale osservazione permette spesso facilitare la denizione di omomorsmi di dominio Sn ; ad esempio, la si pu` o usare per provare quanto asserito nellesempio 3 di 4.1.

4.5

Esercizi

1. Si provi che i cicli di lunghezza k di Sn sono precisamente le rappresentazioni fedeli del gruppo Zk in Sn .

4.6. I TEOREMI DI SYLOW 2. Si provi che due permutazioni sono disgiunte se e solo se [Fix( )]c Fix( )

137

(si ricordi che Ac denota il complemento di un sottoinsieme A X ). 3. Dimostrare che il coniugato 1 di un ciclo lunghezza k mediante una qualsiasi permutazione ` e ancora un ciclo di lunghezza k. 4. Dimostrare che un ciclo ` e pari se e solo se il suo ordine ` e dispari. Dedurre un metodo per calcolare la parit` a di ogni permutazione. 5. Per ogni insieme ordinato X esistono due sottoinsiemi canonici del monoide End(X ) delle endofunzioni di X : il sottogruppo Aut(X ) degli automorsmi dellinsieme X e linsieme X ! delle endofunzioni f di X con la propriet` a f (x) x, per ogni x X . Quando X` e lordinale [n], i due sottoinsiemi hanno la stessa cardinalit` a n! e dunque sono isomor. Si utilizzi il teorema 4.4.2 per descrivere un esplicito isomorsmo (ricorsivo) : [n]! Aut([n]) = Sn , osservando dapprima che la denzione (f )(i)) = f (i + 1) 1 fornisce un isomorsmo : [n]! Fn . 6. Si dimostri che per ogni permutazione di Sn diversa dallidentit` a, n > 2, esiste uno scambio tale che = . Dedurre che per n > 2, il centro di Sn ` e costituito dalla sola identit` a. 7. Si dimostri che in S4 ci sono esattamente 9 elementi di ordine 2, 8 di ordine 3 e 6 di ordine 4. Si deduca che S4 ha 4 sottogruppi di ordine 3 e che i sottogruppi di ordine 6 sono tutti isomor a S3 . 8. Si provi che il gruppo alterno A4 non ha sottogruppi di ordine 6.

4.6

I teoremi di Sylow

Lultimo esercizio della precedente sezione mostra che il Teorema di Lagrange non pu` o essere invertito: esiste un gruppo nito e un divisore dellordine del gruppo per cui non esistono sottogruppi aventi per ordine

138

CAPITOLO 4. AZIONI

quel divisore. I teoremi di Sylow si preoccupano di trovare condizioni su un divisore k dellordine n di un gruppo nito G per le quali ` e garantita lesistenza di un sottogruppo di quellordine. La risposta ` e alquanto sorprendente ed ` e legata in modo ancora un po misterioso al teorema fondamentale della aritmetica: basta che k sia della forma p , essendo p uno dei primi in cui n si decompone n in modo unico come prodotto di potenze di primi e un naturale non superiore alla potenza con cui p compare nella decomposizione di n. Esistono poi altri due teoremi che danno ulteriori informazioni sul loro numero e sulle loro relazioni, quando ` e la massima potenza di p per cui p divide n. Teorema 4.6.1 (Primo Teorema di Sylow) Se p ` e un primo e se p ` e un divisore dellordine n di un gruppo nito G, allora G ha un sottogruppo di ordine p . Dimostrazione. Posto n = p m, sia Pp G linsieme dei sottoinsiemi di G aventi p elementi e consideriamo lazione di G su Pp G indotta dal prodotto (si veda lesempio 4.1.5). Sia r lunico naturale tale che pr divide m, ma pr+1 non divide m e mostriamo che esiste unorbita di tale azione la cui cardinalit` a non ` e multipla di pr+1 . Infatti, osservando m r dapprima che p ` e un divisore della cardinalit` a pp di Pp G, ma r +1 1 r +1 che p non lo ` e , se p dividesse la cardinalit` a di ogni orbita, dato che le orbite sono una partizione di Pp G, dividerebbe anche la sua cardinalit` a, assurdo. Sia dunque S un sottoinsieme di G di cardinalit` a p la cui orbita ha una cardinalit` a k che non ` e un multiplo di pr+1 e sia H = st(S ) il sottogruppo di G dato dal suo stabilizzatore. Mostreremo che la cardinalit` a |H | di H ` e p . Sappiamo che la cardinalit` a di unorbita ` e
1

Infatti p m p p m(p m 1) : : : (p m (p 1)) = =m p (p 1)!


p 1 i=1

(p m i) p i

e se pt p , allora pt divide p i se e solo se divide p m (p i); dunque in p m tutte le potenze pt con t scompaiono, tranne quelle che dividono m. p

4.6. I TEOREMI DI SYLOW

139

e pr+1 non divide k e p+r divide p m = k |H |, cio` e k |H | = p m. Poich` si ha che p divide |H | e quindi anche p |H |. Infatti, poich` e p+r divide k |H |, per la unicit` a della decomposizione in prodotto di potenze di primi di k |H |, si ha che una potenza pt , con + r t, divide k |H |. Sia t = u + v , tali che pu divide k e pv divide |H |; poich` e pr+1 non divide k , deve essere u r, dunque + u + r u + v , dunque v ; perci` o p divide pv , che divide |H |. Daltra parte, ssato s S , per ogni elemento g H il prodotto sg ` e ancora un elemento di S , per come ` e denito H; dunque tale moltiplicazione denisce una funzione H S che ` e iniettiva (basta usare linverso s1 ) e quindi |H | |S | = p ; perci` o |H | = p . q Se p ` e la massima potenza di un primo p che divida lordine di un gruppo nito G, un sottogruppo di ordine p di G di cui abbiamo ` chiaro che appena mostrato lesistenza si dice p-gruppo (di Sylow). E il coniugato di ogni p-gruppo di Sylow di G ` e ancora tale. Il secondo teorema di Sylow inverte tale aermazione. Per la dimostrazione dobbiamo premettere alcune considerazioni:

lindice dello stabilizzatore di un qualsiasi suo elemento (si veda 4.3), dunque p m k= , |H |

1. Dati due gruppi G e H, chiameremo (G-H)-insieme una azione (GHop ) X X del gruppo GHop su un insieme X . Lesempio pi` u semplice si ottiene prendendo G = H = X e denendo lazione mediante a, b x = axb. Il lettore ` e invitato a vericare ` gli assiomi. E chiaro che se A e B sono sottogruppi di G, tale azione si restringe ad un (A-B)-insieme. Come per ogni azione, le orbite costituiscono una partizione, che nellesempio ora descritto di G come (A-B)-insieme si chiamano laterali doppi e vengono denotati con AxB . 2. Se A e B sono sottoinsiemi di un gruppo G, deniamo il prodotto AB come il sottoinsieme di G AB = {ab | a A e b B } .

140

CAPITOLO 4. AZIONI Anche se A e B sono sottogruppi, non ` e detto che AB lo sia: lo ` e se e solo se AB = BA e in tal caso ` e il pi` u piccolo sottogruppo che li contiene entrambi, che denoteremo con A B. La semplice dimostrazione ` e lasciata per esercizio al lettore. Inoltre, se A e B sono sottogruppi di un gruppo nito G, si ha la seguente formula sulla cardinalit` a del prodotto AB : |AB | = |A||B | . |A B |

Basta infatti mostrare che ogni elemento ab di AB ha |A B | scritture distinte. Se t A B , allora ab = (at)(t1 b), con at A e t1 b B ; se ab = uv , allora u1 a = vb1 = t A B . Teorema 4.6.2 (Secondo Teorema di Sylow) Due p-gruppi di Sylow di un gruppo nito G, relativi allo stesso primo p, sono coniugati. Dimostrazione. Osserviamo che se A e B sono sottogruppi di G, allora la moltiplicazione con x1 denisce una corrispondenza biunivoca AxB AxBx1 ; poich` e xBx1 ` e un sottogruppo di G isomorfo a B , per la precedente osservazione 2 si ha: |AxB | = |AxBx1 | = |A||xBx1 | |A||B | = . 1 |A xBx | |A xBx1 |

Siano ora A e B due p-gruppi di Sylow di G. Procediamo per assurdo. Se per ogni x G si avesse A = xBx1 , allora per ogni x si avrebbe |A xBx1 | = pm con m < n, dove n ` e il massimo naturale per cui pn divide lordine di G. Dunque |AxB | = p2n = p2nm pm

e 2nm n+1, poich` e 2n = n+n m+n+1. Di qui la contraddizione: se per ogni x G, pn+1 dividesse |AxB |, allora pn+1 dividerebbe |G|, perch` e i laterali doppi AxB sono una partizione di G. Dunque esiste x G tale che A = xBx1 . q

4.6. I TEOREMI DI SYLOW

141

Per quanto riguarda il terzo Teorema di Sylow, ricordiamo dapprima che per lazione di coniugio sui sottogruppi G Sub(G) Sub(G) lo stabilizzatore st(H) di un sottogruppo H di G st(H) = {g G | gHg 1 = H } ` e un sottogruppo di G che contiene H, detto normalizzante di H e denotato con N (H). Sappiamo che lindice di N (H) in G ` e il numero dei coniugati distinti, che ` e il numero degli elementi dellorbita di H nella azione di coniugio sui sottogruppi. Teorema 4.6.3 (Terzo Teorema di Sylow) Sia P un p-sottogruppo di jGj dei coniugati distinti di Sylow di un gruppo nito G. Il numero jN (P)j P, dunque il numero dei p-sottogruppi di Sylow di G, ` e della forma |G| = 1 + kp . |N (P)| Dimostrazione. Si ha |P xP | = |P |2 . |P xP x1 |

Dunque, se x N (P), cio` e se P xP x1 = P , allora pn+1 non divide |P xP |, per n tale che |P | = pn , poich` e |P xP x1 | = pm con m < n e quindi |P xP | = p2nm pn+1 . Se invece x N (P), cio` e P = 1 2 xP x , allora P x = xP e P xP = P x = P x e dunque |P xP | = pn . Riassumendo, x N (P) se e solo se |P xP | = pn . Consideriamo ora lequazione delle classi |G| =
x2N (P)

|P xP | +

x6 2N (P)

|P xP |

dove la somma ` e estesa ad una scelta arbitraria di elementi x G, uno ed uno solo per ogni laterale doppio. Se x N (P), allora P xP = P x e dunque la prima somma ` e |N (P)|, perch` e la somma ` e estesa ad una scelta di x, uno per ogni laterale di P in N (P). Ogni termine della seconda somma ` e divisibile per pn+1 , dunque pn+1 la divide e perci` o esiste un numero razionale u tale che
x6 2N (P)

|P xP | = upn+1 .

142 Perci` o

CAPITOLO 4. AZIONI

|G| = |N (P)| + upn+1 e dunque pn+1 |G| =1+u . |N (P)| |N (P)|

Ma |N (P)| divide |G|, poich` e N (P) ` e un sottogruppo di G. Dunque pn+1 n+1 u jN deve essere intero . Inoltre p non divide |N (P)|, perch` e se lo (P)j dividesse, allora dividerebbe |G|, dato che |N (P)| divide |G|. Dunque pn+1 deve essre divisibile per p, cio` e della forma kp, con k intero. q u jN (P)j

Appendice A Lalfabeto greco


Lalfabeto greco ` e una fonte consolidata di simboli estremamente utili nel linguaggio matematico. Anche alcune lettere di altri alfabeti hanno un uso ormai denitivamente consolidato, come ad esempio (alef) dallalfabeto ebraico o e da quello gotico. Nel seguito diamo un elenco delle sue lettere e dei loro nomi. alfabeto greco eta N ni theta xi iota o O omicron kappa pi lambda P rho mi sigma

A B E Z

alfa beta gamma delta epsilon zeta

H I K M

T X

tau ypsilon chi psi omega

143

RACCOLTA DI ESERCIZI PER IL CORSO DI ALGEBRA


ANDREA PREVITALI

A BSTRACT. Viene di seguito riportata una serie di esercizi con risoluzione per il corso di Algebra del primo anno.

linsieme delle funzioni da in , con linsieme i cui elementi vengono detti endofunzioni. Con e intendiamo le mappe iniettive e suriettive da a . Esercizio 1.1. Date e , dimostrare che implica iniettiva e suriettiva. Viceversa data una mappa suriettiva , esiste una mappa iniettiva tale che e analogamente data una mappa iniettiva , esiste una mappa suriettiva tale che . Svolgimento: Sia , applicando si ottiene e e ` e ` iniettiva. Inoltre dato , e e ` suriettiva. Sia ora iniettiva e si denisca come segue: se altrimenti dove e ` un qualsiasi elemento di . Si noti che e ` una funzione poich e dato ` esiste un unico tale che . E immediato provare che . Sia ora data suriettiva e si indichi con linsieme delle controimmagini di , ossia . Per ipotesi . Inoltre se , allora . Si scelga da ognuno di questi insiemi disgiunti uno ed un solo elemento. In tal modo si costruisce una funzione , ove e ` lunico elemento scelto di . Ovviamente . Resta da dimostrare che le due funzioni costruite sono rispettivamente suriettiva e iniettiva ma ci` o segue dallidentit` a . q.e.d.

Indichiamo con

1. F UNZIONI

0 1354 2 690A@B&C 4 0 61 ) 690E@F &G 01HH4 61 I 4 690)@2&G 4 0PRQS@T 0UQVC 6 QW@X690UQY@X690PRQ9VG@XQSV 0 QD1 QE@36`a0PRQSb 6 0c1H4 6 f dg@A0UQY " 6`Rde@ Qh h 6 d51i0P  Q dE@p0UQY 690q@p&C 4 6r1 6sUtuQY Q vwdx1 Xyb6`Rdg@Q 6 st QY$@ Q@ Q'V 6 sUt RQYr6 st QSV@ 0 0UQY 6 sUt QY 690)@T&G 4 690)@T&C 4 # e "b 1c , Esercizio 1.2. Provare che 61 ` iniettiva sse per ogni coppia di funzioni a sinistra). Analogamente 6c@6 implica D@ (si dice che 6 e 01 W e ` cancellabile ` " suriettiva sse per ogni coppia di funzioni 1W4 , 0@ 0 implica H@ (si dice che 0 e ` cancellabile a destra). "b 1F tali che 6F@d6 . Allora 6e h @f6 h  , per ogni Svolgimento: Siano h  e @ per il principio di estensionalit` h 17 . Se 6 e ` iniettiva, allora ` h @ a. 6 q d g @ u d 8 V 1 ` 6 R d W  g @ ` 6 R d C V  Viceversa sia non iniettiva, allora esistono tali che . Siano " 1h denite da $8@i vwdw e `$@j vw deV , cio` e e sono mappe costanti su . l 0 , per " 1 Per ipotesi 6@76 , ma k@ . Sia ora 0D1 suriettiva e sia 0 @ 4 . . Viceversa Siccome 0U)I@ , ne segue che `QYl@ QY per ogni Qi1 , cio` e k@ 6 0 1$4 D
Date: Mercoled` , 2 Ottobre 2001. Key words and phrases. Esercizi di Algebra. Supportato dai fondi di incentivazione per la Didattica.

8 6 1 7

 "$  ! #  %'&( " )



Esercizi di Algebra

supponiamo che non sia suriettiva, allora per ogni e , per ogni .

dA1p 90)@ 0 w

`QYh@rq  QYh@ts 

2m 0PR$#@7 . Si ponga 90URdn@ 0URden@o , Qg1j u 0PR$ . Allora d@ , mentre 631!a 6!v

q.e.d.

Esercizio 1.3. Dato un insieme nito , dimostrare che e ` iniettiva sse e ` per qualche intero positivo invertibile. Mostrare inoltre che la sua inversa e ` della forma . ` chiaro che linvertibilit` Svolgimento: E a implica liniettivit` a. Basta quindi mostrare che unendofunzione iniettiva su un insieme nito e ` suriettiva. Forniamo due prove: (1) Sia iniettiva, allora . Ma , allora ; e si consideri linsieme . Poich e e ` nito, devono (2) sia esistere due interi distinti tali che . Supponiamo che . Siccome e ` iniettiva si pu` o cancellare a sinistra e quindi da cui soddisfa . Siccome era arbitrario, ne segue che e ` suriettiva. Quindi esiste un intero positivo tale che . Sia il minimo comune multiplo di tutti questi interi al variare di in , allora

6 {r1c " 6 d$@p6P s sUt a{P

y 6`eyu@2

6`anxy |)@vw6}ba{Py~n1c 6Ua{@26P)a{ 6`Rdl@jQ {

e@7a{P 6e{g@{ {  6 a{@X6 s a 6 G {@F6 s a{P w i q Ripetendo questo passo otteniamo che 6z)a{P@{ , quindi basta prendere @

6`az@2   6 s $a{W@p{ 6

. q.e.d.

Esercizio 1.4. Mostrare con un controesempio che esistono endofunzioni su insiemi inniti che sono suriettive ma non iniettive e viceversa. Si mostri che esistono funzioni che ammettono inversa a destra ma non a sinistra. Svolgimento: Sia denita da , allora e ` iniettiva ma non suriettiva. Sia denita da:

6y1qUR 6y9{{EFq 6 01z f q se Fq " 0Ua!@ o altrimenti allora 0 e ` suriettiva ma non e ` iniettiva. Si noti che 0'6@2&G , mentre 690@2 &G , infatti 690PRoz@ q . Quindi 6 ammette inversa sinistra ma non destra, altrimenti sarebbe invertibile . q.e.d. 6 6 st @X 6P 61DA

6r1D 6`{@T{8iq 6 sUt QY@XQ q 6UQY@XQnr h1c 6X12|S |h@ o " q8x 6`a{8@7{ 6 a{P8@3{b 6 sUt a{Px@ { 6 @6 sUt { b @{ o q sono entrambe suriettive (iniettive), allora lo stesso Esercizio 1.6. Se 61W4 e 0D1h " vale per 0'6 . Se 0Y6 e ` suriettiva (iniettiva) cosa possiamo concludere su 6 0 ? " Svolgimento: Siano 6 0 suriettive, allora 0P6` H@0PR$H@t e 0Y6 e ` suriettiva. " Siano 6 0 iniettive, allora sono cancellabili a sinistra per cui da 0Y6`RQSW@0'6`Q V  segue

Esercizio 1.5. Determinare una funzione invertibile la cui inversa non si esprime come iterata di (ossia , per ogni intero ). Svolgimento: Mostriamo due esempi: denita da . Allora , mentre , (1) per ogni ; (2) sia , ove e ` lintervallo unitario dei numeri reali, denita da . Allora mentre . Se fosse , allora . Ma le uniche soluzioni della precedente equazione sono e . q.e.d.

AP

e , per cui e ` iniettiva. Se e ` iniettiva, allora e deve essere iniettiva. Altrimenti esisterebbero tali che , da cui , contro liniettivit` a di . Sia , , e . Allora e ` iniettiva mentre no. Analogamente suriettiva implica che debba essere suriettiva, mentre potrebbe non esserlo. Ad esempio siano , e si denisca , , , allora e ` suriettiva ma no . q.e.d. Esercizio 1.7. Siano , e tali che , . Si mostri che sono biezioni e determinarne le inverse. Svolgimento: Visto il ruolo simmetrico basta mostrare lasserto per . Ora implicano che linversa di e ` .

6`RQS$@B6`QSVG Qq@QSV 06 ' 0Y6 6 Q k @ Q V ` 6 R S Q 8  @ ` 6 R S Q C V  ' 0 6`QYx@0'6`Q'V @ij 0'6 @pvqu @pvq " sY 6`q8@pq 0Pqx@70Ps x@q 0'6 0 0'6 @7vq " s " 0 i@jvq 6 6`qwl@6`s l@Bq 6` l  @ps 0Pql@j0URsl@Bq 0Y6 6 631F5 4 " 01 " 6 0 0 F1

0'6U@&C 6U'0)@&C

6 '0

'0Y62@p&C 4 U 6 '0q@p&C e 6 0'6@2&G 4 , ' q.e.d. 690@X&C

. Mostrare che se Esercizio 1.8. Ricordiamo che e ` uninversa destra per se , allora e ` una biezione sse ammette una sola inversa a destra sse ammette una sola inversa sinistra. e ` una biezione, sia una sua inversa e una sua inversa Svolgimento: Se destra, allora , da cui ho unicit` a. Viceversa sia . Se non e ` biettiva, allora non e ` iniettiva, ossia esistono tali che . Si osservi che se appartenessero a , allora e , ne seguirebbe e , quindi . Si denisca come segue:

y x6zyPs

6313W4 0 0V 0E@T0UR690VG@ia0Y6U0SVP@T0YV 6905@F&C 6 6 y Q @ ! Q V q 1 ` 6 R S Q  i @ ` 6  Y Q G V  Q " QYV 0UR Qc@0URd QV!@0URdVG dg@F690Pd@F6`x QY  F @ ` 6  S Q G V  F @ 9 6 U 0 R d V  F @ d V 5 Q X @ ` 6 d @F6`RdVG@FQSV Q'Vn1c u 0PR$ 0'VU1 f a{ se {i@X d 0 V a{P@ 0U QSV se {@Xd Si noti che la denizione di 0V e ` consistente. Inoltre 690y@g690V@B&C e 0URdr@ 0YVRRd . 4 Sia inne 0Y6@&G , ma 6 non sia suriettiva, allora esiste d)1i7x6`  e si denisca 0 V tale che 0YVR Rd)@3 0P4 d e 0YVR{x@30P{ per {@ d . In particolare 0PVG6h@30'6@&C 4 essendo q.e.d. vdwnT6`  .
LEGGIO

` D IPARTIMENTO DI S CIENZE CC. FF. E MM., U NIVERSITA 10, 22100-C OMO , I TALY E-mail address: andrea.previtali@uninsubria.it

DEGLI

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DELLI NSUBRIA ,

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