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Anno LVII - n 1 Marzo 2011

FLAVIUS EDIZIONI - POMPEI


L A S E R P E
RIVISTA LETTERARIA
DELLASSOCIAZIONE DEI MEDICI SCRITTORI ITALIANI
LA SERPE
Rivista letteraria trimestrale dellAssociazione Medici Scrittori Italiani
fondata da Corrado Tumiati nel 1952
Il nostro sito Internet
www.amsiumanisti.it
Anno LVII - n 1 - Marzo 2011
Direttore responsabile: Mario Rosario Avellino - Tel. 081 859 91 56
Direttore editoriale: Nicola Avellino - Tel. 081 859 90 57
Comitato di redazione: lia Baldassarre, Carlo Cappelli, Cristina Negri,
Giuseppe Ruggeri
Direzione e redazione: Collina SantAbbondio, 53 - 80045 Pompei
Tel. 081 859 90 57 - nic.avellino@libero.it - nic.avellino@gmail.com
www.amsiumanisti.it
A.M.S.I. Associazione Medici Scrittori Italiani
Presidente onorario: Nora Rosanigo
Presidente: Nicola Avellino, Collina SantAbbondio, 53 - 80045 Pompei
Tel. 081 859 90 57 - nic.avellino@gmail.com - nic.avellino@libero.it
Vicepresidente: Fernando Petrone, Via Verdi, 1 - 04100 Latina
Tesoriera: Rosa Barbagallo, Via Mons. Arista, 5
95024 Acireale (Catania) - Tel. Fax 095 606978
E-mail: barbagallorosa@yahoo.it
COORDINATE BANCARIE:
A.M.S.I. Credito Siciliano S.p.A. - Agenzia n 2 di Acireale (CT)
Codice IBAN: IT 48 D 03019 26201 000000160860
La quota associativa di Euro 100 lanno.
CONSIGLIERI:
Gherardo Casaglia - Franco Brini, Segretario
Giuseppe Ruggeri, rapporti Stampa - Genno Pasquariello, Consigliere
REVISORI DEI CONTI:
[...] - Jos Peverati
PROGETTO GRAFICO: A M R - A N
Pompei - Flavius Edizioni - www.edizioniavius.it
3 - La Serpe
PATER, DIMITTE ILLIS: NON ENIM SCIUNT QUID FACIUNT.
(Lc. 23,34)
DE SIMONE Salvatore (Napoli 27 aprile 1867 - ?)
Scultore, allievo di MORELLI Domenico e PALIZZI Filippo
4 - La Serpe
testo DOUCET Jrme - acquarello LELOIR Maurice
5 - La Serpe
Colleghi carissimi,
con mia soddisfazione vi comunico che il 60 Congresso AMSI (Associazione Medi-
ci Scrittori Italiani) si terr a Giulianova.
Vi accoglier lHotel Europa, dove alloggeremo e consumeremo la prima colazione
e la cena della serata di arrivo. Lannesso parcheggio auto gratuito. I lavori congres-
suali si terranno nella Sala Convegni dellHotel in tutta tranquillit. Questanno ho
pensato di fare cosa gradita a tutti nel mettere a disposizione dellAMSI il VII Premio
Anosso con due sezioni di Poesia e Narrativa (inedite) e di cui vi accludo a parte il
Bando e la scheda dIscrizione.
Non potevano per mancare, le relazioni sul territorio del Congresso (Giulianova,
Ofda, Grottammare, San Benedetto del Tronto) che sono da sempre il sale dei nostri
annuali incontri, per cui vi prego caldamente di attivarvi e sicuramente ascolteremo
cose molto interessanti. Molti infatti sono i centri che ricadono in questarea. Abbon-
dante pertanto la materia dove spaziare per le vostre ricerche.
Oltre a ci sono gradite relazioni sulle gure di Gabriele DAnnunzio e Giacomo
Leopardi e dato la ricorrenza specialissima del 150, sul tema dellUnit dItalia. Una
raccomandazione: inviate tutto entro il 13 aprile 2011, per avere il materiale a disposi-
zione in tempo utile, anche se, fatta eccezione per il Premio Anosso, chi non riuscir
per qualsiasi imprevisto ad inviare lelaborato entro quella data pu sempre portarlo
con s e presentarlo, nella mattinata congressuale del 3 Giugno 2011.
Il nostro amato Presidente AMSI, Nicola Avellino vorrebbe avere al momento di
incontrarci, il CD o la pen drive con i testi delle relazioni in vista di uneventuale
pubblicazione degli atti. Vi prego caldamente di rispettare soprattutto i termini per le
prenotazioni 13 aprile 2011, per ovvi motivi organizzativi alberghieri e per predisporre
le cene ed il/i pullman per le gite.
Per qualsiasi chiarimento e necessit telefonatemi (347.83.35.411).
Vi aspetto numerosi con i vostri Amici.
Un abbraccio
Antonio Lera
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2-S GlUgH 2011


6 - La Serpe
LA.M.S.I. (Associazione Medici Scrittori Italiani) organizza il suo 60 Congresso
Nazionale Annuale a Giulianova (un tempo Castrum Novum), presso lHotel Eu-
ropa, dal 2 al 5 Giugno 2011, con il seguente programma:
2 Giugno, gioved
Nel pomeriggio accoglienza dei Congressisti e loro Accompagnatori (Hotel Europa)
ore 19:00 Cocktail di benvenuto
ore 20:00 Cena sociale
A seguire Riunione del Consiglio Direttivo dellAMSI
3 Giugno, venerd
ore 9:00 Apertura del Congresso
Interventi delle Autorit
Relazione del Presidente
ore 10:00 Inizio dei lavori e lettura delle relazioni degli iscritti al Congresso
ore 12:00 Tutti a spasso per Giulianova con capatina presso la Libreria Mon-
dadori di Giulianova dove vi saranno esposti i libri degli iscritti al
Congresso in vetrina allestita appositamente
ore 13:00 Lunch
ore 15:00 Visita al Centro Storico di Giulianova ed al MAS Museo dArte dello
Splendore
ore 18:00 Prosecuzione dei lavori con Cerimonia del Premio Letterario Anos-
so La parola che cura - Omaggio a Gabriele DAnnunzio ed inne
Assemblea dei Soci
ore 21:00 Cena sociale
Programma Denitivo
7 - La Serpe
4 Giugno, sabato
Percorso medioevale
ore 9:00 Visita ad Ofda: Ex convento di S. Francesco (Enoteca Regionale),
Chiesa di S. Maria della Rocca
Ore 13:30 Lunch
Ore 16:00 Visita a Grottammare Castello (Grottammare) e Torrione (San Bene-
detto)
Ore 17:30 Tutti a spasso per San Benedetto a partire dal Torrione con capatina
presso la Domus Bice Piacentini
Ore 20:00 Ritrovo presso la Piazza della Rotonda per il rientro a Giulianova
Ore 21:00 Cena sociale
5 Giugno, domenica
Saluti
Dopo la 1
a
colazione, passeggiata sul Lungomare Monumentale di Giulianova ed
inne les adieux, gli abbracci e i tanti arrivederci al rendez-vous del 2012
Per tutto il soggiorno in Hotel sono previsti:
Servizio Spiaggia (1 ombrellone con 2 sedie a sdraio per ogni camera)
Ingresso nella piscina privata direttamente sulla spiaggia con zona idromassaggio
ed utilizzo gratuito zona benessere con poltrona shiatsu
Animazione con serate danzanti e spettacoli di variet e cabaret
Connessione internet Wi-Fi gratuita in hotel ed in spiaggia
Noleggio gratuito di biciclette, canoe, pedaloni.
Dott Antonio Lera - Via Foscolo, 12 - 64021 Giulianova (Te)
Tel. 347.83.35.411 amarzial@libero.it
8 - La Serpe
S
econdo la mitologia greca, il caduceo un attributo del dio Hermes (Mercu-
rio per i Latini), il messaggero degli dei, il quale lavrebbe ottenuto in dono
da Apollo. Si tratta di un bastone dotato di due ali con due serpenti attorcigliati in
senso inverso no alla sommit. Con questo stesso termine gli antichi romani indi-
cavano la verga di ulivo che identicava gli araldi nellesercizio delle loro funzioni.
Nel tempo il caduceo, nella forma sopra descritta, diventato anche simbolo
dellattivit medica e farmaceuti-
ca, ma si tratta di unappropria-
zione indebita perch, pur por-
tando tradizionalmente lo stesso
nome, differente lattributo con
cui viene rappresentato Ascle-
pio (o Esculapio), glio pure lui
del prolico dio Apollo e uno
dei padri nobili della Medicina.
Anchesso costituito da un ba-
stone, ma attorno ad esso si attor-
ciglia un unico serpente e manca-
no le ali. Tuttavia il caduceo di
Hermes che ancora domina nel
logo di numerosissime organizza-
zioni sanitarie.
Esso un simbolo di potere
perch con esso Hermes com-
poneva disordini e liti, quindi lo
possiamo accomunare alla verga
punitiva del maestro, severo ma
giusto, alla bacchetta del direttore
dorchestra, al bastone da mare-
sciallo o allo scettro del monarca.
Vien da pensare che, nellattribu-
to di Hermes, i medici abbiano
visto simboleggiato il proprio po-
tere taumaturgico quando hanno
Il bastone e la serpe PIER LUIGI
CAVALLI
9 - La Serpe
cominciato a coltivare lutopia di sconggere in modo denitivo le malattie e, addi-
rittura, la morte.
Il caduceo di Asclepio ha invece un signicato diverso. Esso simboleggia il ba-
stone che sostiene il viandante o il vincastro del pastore conduttore di greggi. Da
questultimo deriva il pastorale del vescovo, quando si fa guida spirituale del popolo
di Dio. Non un simbolo di potere, dunque, ma uninsegna di riconoscimento e di
dignit.
Quel che accomuna i caducei di Hermes e di Asclepio la presenza del serpente,
che un animale molto rappresentato nella simbologia di tutti i tempi e di tutti i
luoghi. Infatti troviamo il serpente sotto forma di Ureus sulla corona dei faraoni,
come emblema di potenza; nello gnosticismo lUroboro, il serpente che si morde la
coda, rafgura leterno ritorno degli stadi dellesistenza; nel mito azteco il Serpente
Piumato padrone della forza vitale e simbolo di rigenerazione; nellEden biblico, il
serpente il Grande Tentatore, causa del peccato originale che ha portato il genere
umano alla perdizione. Straordinariamente suggestivo, per le afnit col caduceo
asclepieo, il serpente di bronzo allestito da Mos (Numeri 21, 4-9). Scoraggiati
a causa del lungo viag-
gio, i gli di Israele
parlarono contro Mos
e contro il Signore che,
per punizione, mand
fra il popolo dei ser-
penti velenosi i quali
mordevano la gente,
e un gran numero di
Israeliti mor. Allo-
ra il popolo si pent e
chiese a Mos che in-
tercedesse presso il Si-
gnore. La preghiera di
Mos fu ascoltata e, su
consiglio del Signore,
Mos fece allora un
serpente di bronzo e
lo mise sopra unasta;
e avveniva che, quan-
do un serpente morde-
va qualcuno, se questi
guardava il serpente
di bronzo, restava in
vita.
10 - La Serpe
La psicanalisi, considerandone laspet-
to esteriore, vede nel serpente un simbolo
fallico. Purtroppo non sono culturalmen-
te attrezzato per addentrarmi nei meandri
pi tenebrosi di questa disciplina e indi-
viduare le pulsioni dellinconscio, ma nel
mito i simboli sono spesso ambivalenti e,
nel caso del serpente, prevale non di rado
una simbologia femminile. Pensiamo,
per esempio, alla storia di Melusina o alla
singolare rappresentazione del serpente
biblico con fattezze di donna dipinta da
Michelangelo nella Cappella Sistina.
In italiano serpente (maschile) e serpe
(femminile) sono sinonimi e il termine
latino serpens sia maschile che femmi-
nile, quasi a sottolinearne con maggior
forza lambivalenza simbolica.
Il bastone , invece, indiscutibilmen-
te un simbolo maschile, e non avrebbe
senso lo stretto rapporto con la serpe
se questultima non avesse una valenza
simbolica femminile. Nel caduceo ascle-
pieo forse gli antichi intendevano rap-
presentare lequivalenza degli opposti
che si compensano a vicenda.
Il bastone (come simbolo maschile) traumatico, invasivo, penetrante.
La serpe (come simbolo femminile) avvolgente, carezzevole, lenitiva.
Accettando questa interpretazione, il bastone simboleggia il bisturi affondato
nella carne, lago introdotto nella vena, la sonda introdotta negli orizi naturali o
artefatti del corpo umano a scopo diagnostico o terapeutico.
La serpe, invece, simboleggia la mano posata sulla fronte febbricitante, il massag-
gio dei muscoli dolenti, il balsamo lenitivo spalmato sulle ferite, laffettuosa sculac-
ciatina data alla creatura appena estratta dalle viscere materne.
Ma come nasce il caduceo di Asclepio? Chi lo ha ideato? Al riguardo non cono-
sco notizie certe e, in assenza di interpretazioni contrarie, a me piace immaginare
che il caduceo sia stato consegnato ad Asclepio da Chirone, il saggio centauro a cui
era stato afdato subito dopo la nascita.
Pi o meno, la scena si sarebbe potuta svolgere in questo modo:
Quando la formazione di Asclepio si conclusa ed giunto il momento, per
Chirone, di congedare il suo allievo, lo fa con queste parole:
11 - La Serpe
Tu mi fosti afdato da tuo padre Apollo in circostanze per lui molto dolorose
e non mi diede disposizioni sulla tua educazione. Tu sei un dio e il tuo destino gi
allora era segnato per sempre. Fin dallinizio tu eri destinato ad essere un guaritore,
un taumaturgo, non un semplice terapeuta come me.
Ti domanderai: che differenza c?
La differenza grande, glio mio. La taumaturgia non si impara come succede
per larte medica. Innata o acquisita essa un dono degli dei e chi la possiede,
sempre per intervento divino, la elargisce a favore dei comuni mortali. Io non ho
questo dono e per questo motivo non ho potuto insegnarti nulla al riguardo. Il mio
compito si limitato alleducazione sica e morale e a donarti tutto il mio affetto.
Tu sai quanto mi sei caro.
Il compito che ti aspetta pi gravoso del mio. La mansione che stata afdata
a me e che ho liberamente accettato curare i malati, non le malattie, soccorrere i
sofferenti, tutti, anche i nemici, con ogni mezzo a mia disposizione e senza esprime-
re giudizi di nessun tipo. Tu, invece, sei chiamato a sconggere il Male, quello con
la emme maiuscola, e non puoi evitare di porti domande laceranti sulle sue cause. A
queste io non so trovare risposta, ma posso essere di aiuto anche ignorandole.
Non ti invidio perch, come sacerdote dispensatore di guarigioni e non di cure,
tu sei destinato ad essere circondato da accoliti e, diversamente da quanto succede a
me, ti saranno negati la gratitudine e laffetto degli allievi. Anche qualora essi doves-
sero dimenticarsi di me non pretendo riconoscenza eterna per il mio operato mi
rester la gioia derivante dallaver spartito il mio sapere e lo sguardo riconoscente
del malato, quando laccompagno allultimo passo della vita tenendolo per mano.
Nel congedarti ti consegno questo bastone, simile a quello che usano i viandanti
e i pastori, perch sia per te sostegno nel difcile cammino che stai per intrapren-
dere oltre che insegna di riconoscimento. Non fatto per colpire, perci, deve stare
appoggiato alla terra. Non sollevarlo mai contro il cielo: il gesto verrebbe interpre-
tato come segno di sda dagli dei che, come sai, sono vendicativi.
Mentre pronunciava queste parole una lunga serpe sbuc da una fessura del
terreno e strisci verso i due. Istintivamente Asclepio fece un passo indietro, ma il
maestro lo rassicur con queste parole:
Non aver paura, gliolo. una serpe gentile e molto timida.
Con movimenti lenti e precisi, il rettile avvolse nelle sue spire il bastone.
Da questo momento -prosegu Chirone,- non si allontaner pi da te.
Il Fato ti ha concesso poteri straordinari, ma questa serpe ti ricorder in ogni
momento che i tuoi miracoli comportano uninfrazione alle leggi della natura, per-
ci non abusarne mai. I mortali indicano col termine di hybris la violazione della
misura, cio dei limiti che luomo incontra nel suo mettersi in relazione con altri
uomini e con lordine delle cose. Questa serpe rappresenta anche la corporeit, che
la fonte della fragilit e delle malattie dei mortali. Tienine sempre conto.
Ed ora vai per la tua strada e che gli dei ti proteggano, ragazzo mio!.
12 - La Serpe

stato un evento quella sera, per le quattro amiche, uscire a cena assieme ai due
primari dellospedale, che, pur accompagnando le proprie mogli si erano offerti
anzi proposti di far salire in macchina anche le amiche.
Le quattro amiche frequentavano abitualmente i ristoranti e le pizzerie della loro pic-
cola citt, ma questa volta era diverso. Mary lo not n da subito, anzi, n dalle telefo-
nate che fece per organizzare la serata. Loro quattro erano senza uomini, diciamo uf-
cialmente..., perch nellintimo del cuore o della propria abitazione magari c sempre
qualcuno che ti aspetta o che aspetti. Ma questa ipotesi non valeva per tutte e quattro.
Matilde era vedova da tanti anni e quasi certamente, da crederci, era rimasta fedele
al marito per dedicarsi ai gli e al lavoro ed ora ai tanti nipotini che i gli le avevano
sfornato. Non cera posto per altri uomini, n ssi n volanti. Bella donna, intelligente,
con due penetranti occhi verdi si era ingrigita, ma a lei non lo si poteva dire, nel ruolo di
signora per bene, tutta di un pezzo, era e altezzosa al bisogno. Mary, che la conosceva
dallinfanzia, non le aveva pi visto gli occhi accendersi di quella luce intrigante e sedut-
tiva che emanava quando era giovane.
Ma quella sera tutto era diverso. Aveva posto le sue condizioni: vengo a cena se
mi si accompagna, io non intendo guidare la macchina di sera, verso un luogo che non
conosco!.
Ebbene non fu necessario porre questa condizione perch gli uomini disposti a fare
gli autisti erano stati ingaggiati! Prese posto sul sedile posteriore dellauto, mentre Mary
si sistem su quello anteriore. Al volante uno dei primari, che, Mary lo cap dopo, Matil-
de non conosceva. Mary sent come un vento leggero la vocetta di lei, la vocetta di tanti
anni prima, modulata, suadente, intrigante... ah come ci sapeva fare la vecchia signora!
Al tavolo del ristorante, un ristorante di una rafnatezza e sciccheria uniche, adot-
tando le schermaglie e le avances come ci sanno fare alcune, Matilde si accomod alla
destra del primario e con una disinvoltura nuova e subdola, continu la sua schermaglia
seduttrice.
Un uomo mai visto prima, primario, gran signore, fama di seduttore, una moglie
silenziosa e smorta. Basta questo per risvegliare una vecchia vedova con la vagina arrug-
ginita?
Mary accus un colpo basso e sent nella pelle le armi sferrate dallamica allorch,
ventenni, le fregava il ragazzo.
Rebecca, unaltra delle amiche, anche lei mise in atto le sue schermaglie. Aveva preso
posto un po pi lontano ma in piena vista del nostro primario. Non apr bocca tutta
A cena con le amiche SILENE
THIELLA
13 - La Serpe
la serata... mangi lentamente come era sua abitudine, si rilass languidamente sulla
spalliera della sedia lasciando intravedere la fenditura del piccolo seno sotto una collana
di perle blu, ritocc pi volte le labbra tumide e morbide nonostante let con il lucido
rosa e lasci il campo alla risvegliata Matilde sicura comunque della propria capacit di
ammaliare e sedurre gli uomini di tutte le et. Nel suo caso non fu una novit... Rebecca
bella e intelligente, vedova, separata, amata, lasciata, ripresa, non aveva di certo lasciata
arrugginire la sua vagina.
Aveva sempre qualcuno che laspettava o da aspettare.
Maddalena era la pi giovane delle quattro non era mai stata sposata. Alcuni amo-
razzi vuoti e inutili con uomini che non sanno amare e nemmeno scopare... Ha qualche
mezzo barlume negli occhi, graziosa, curata, trucco leggero, ben vestita, come dicesse
sono qui, sono pronta. Agita le piccole mani inanellate e parla del suo vecchio cagno-
lino, delle goccette per gli occhi, delle pomate per le zecche... non lascia capire dove
va a parare. Seduta allaltro capo del tavolo, si sforza di intrattenere e far parlare laltro
primario, riservato e per niente ciarliero... guardato a vista dalla giovane moglie.
Mary bella, elegante, rilassata, le piace stare con gli amici, mai sposata, single osti-
nata, alla resa dei conti, non ha bisogno di sedurre.
14 - La Serpe
GIUSEPPE
RESSA
P
rofessore, non uscite mai!, esclamai, con una certa enfasi, un giorno che
ero andato a trovare O professore.
Scapolo, insegnante di lettere al liceo, corporatura da glio della Magna Grecia,
occhiali spessi, abitazione al piano rialzato di uno stabile non di pregio, esposizione
a Nord.
Gli ho dato sempre del voi per rimarcare la distanza siderale tra un pozzo di
cultura come lui e un dilettante come me; i primi tempi mi dava del lei, poi, con
mio sommo gaudio, pass a Dottor Peppe, sempre dandomi del lei e, inne, in
tarda et passato al tu.
Caro dottor Peppe, mi rispose, Sto cercando di morire meno ignorante di come
sono nato!.
Qualche volta sono riuscito a stanarlo dalle sue pile di libri ammonticchiate ogni
dove, visto che gli scaffali a parete erano tutti stracolmi, con le assi piegate dal peso,
qualche pagina era stata anche intaccata dalla muffa che non mancava in quella dimo-
ra dimessa, con mobilio e supellettili anni 50, compresa una caffettiera napoletana
a due manici ed elettrodomestici da museo come il suo frigorifero con apertura a
pedale e le cromature a vista.
Non scorder mai la luce che gli si accendeva negli occhi quando, nelle librerie,
trovava un testo raro che cercava da anni, lo stringeva a se, lo annusava, lo accarez-
zava, nessuna donna avrebbe potuto suscitargli emozioni migliori, infatti era rimasto
solo.
Ogni uscita con lui era una vera e propria lezione di cultura umanistica a tutto
campo, osservava i particolari di palazzi o di monumenti e da l partiva con citazioni
su questo o quel personaggio che li aveva abitati o costruiti; proseguiva, a volo di
albatros, su collegamenti storici e losoci pertinenti, io rimanevo muto ma compia-
ciuto; in verit, ogni tanto, provavo ad annuire per non dimostrarmi completamente
ignorante, anche quando mi ero perso completamente nei gorghi delle sue parole,
sopratutto quando citava intere frasi di autori classici in latino.
Non cera autocompiacimento in questi discorsi de O professore: il tono era
sempre calmo, disteso, dimesso, quasi come se, ogni volta, si vergognasse facendomi
scoprire qualcosa a me ignoto.
E poi noi insegnanti siamo come voi medici, sposiamo il nostro prossimo!, al
sentire queste parole ho percepito lassoluto, lideale, il riferimento che troppo spesso
non rilevavo nel comportamento dei suoi e dei miei simili.
O Professore
15 - La Serpe
Mi dava molto fastidio che lincivilt del nostro Paese lo morticasse nel suo mi-
sero stipendio da insegnante perch ogni minuto passato ad ascoltarlo valeva oro,
ma non per lo Stato; dava anche delle ripetizioni, ad onorari ridicoli, erano persino
gratuite per i pi bisognosi.
Ho avuto la sensazione che la sua considerazione verso la mia persona fosse un po
aumentata quando mi sono messo a scrivere dei libri: un mese fa mi disse Sei spreca-
to a fare il medico!, non so perch ma ne fui orgoglioso, pur amando teneramente la
mia professione, lho sentito come il miglior complimento che mi sia stato fatto.
Gli piacque sopratutto il mio testo storico sul Regno delle Due Sicilie* che lesse
due volte: percepivo in lui lorgoglio di essere meridionale, nel bene e nel male di
quello che questo pu signicare, amava la sua gente che ritrovava in abbondante
quantit qui a Roma, citt del Sud.
Era stupefacente il modo in cui lui, pozzo di scienza, si rapportava con semplicit
anche con i pi umili, non era il ruolo ricoperto da ogni persona sul proprio lavoro
che lo condizionava, ma la sensibilit di ognuno di loro.
Salutava sempre per primo.
Destate non mancava la paglietta che io, stupidamente, consideravo buffa.
Il massimo fu quando me lo portai allAuditorium a sentire lEroica di Beetho-
ven: sapeva tutto del compositore e abbiamo fatto notte fonda parlando del periodo
storico del nobilissimo glio della Germania, di Napoleone, del romanticismo.
Ah, ore di massimo gaudio!
Poi ti ritrovi, improvvisamente, vicino a persone dagli hobby volgari che non han-
no la sensibilit giusta per godere il piacere della cultura, neanche ci provano, spesso
non colpa loro ma solo degli scherzi della natura, anche se non ho mai potuto giu-
sticare il collega che scambi il mio adorato poeta John Keats per il centravanti del
Chelsea.
La Rampa Paradiso calata anche per Lui: ho osservato, con sbigottimento, lo
stupefacente distacco con cui O professore osservava levolversi del male, non
si lamentava mai, chiedeva solo degli analgesici che non sedassero troppo il suo cer-
vello.
Quando cap che non cerano pi speranze ha avuto una accelerazione improvvisa
della sua voglia di sapere, divorava quelle pagine con voluttuoso piacere, con un gusto
aumentato dalla consapevolezza del distacco terreno, ha voluto fare lamore con la
sua amata Musa, la Cultura no alla ne quando era allettato e con un vecchio leggo
posato sulla coperta.
Sono stato al funerale, cera molta meno gente di quanta mi aspettassi, eppure tutti
lo conoscevano e tutti lo rimpiangono ancora, forse non lhanno saputo.
Perch non sono venuti?
* RESSA, Giuseppe. Il Sud e lunit dItalia. Ottobre 2009.
Edizione elettronica www.ilportaledelsud.org
16 - La Serpe
F
avole e lastrocche sono nate perch qualcuno, dei pi grandi, racconti e
altri, dei pi piccoli, ascoltino, perch siano narrate e cantate non spiegate e,
se si potesse, nemmeno scritte.
Scrivendo e spiegando si limita il loro potere magico ed evocativo, si indica solo
limpossibile.
Boschi e castelli, mage e sortilegi, diventano irreali e incredibili, mentre sono
solo metafore del nostro
possibile quotidiano alle
quali la narrazione e il
canto possono dare la
forza del meraviglioso.
Ed proprio dal quo-
tidiano della nostra espe-
rienza che abbiamo tratto
indicazione per accedere
al racconto senza la pre-
tesa di scriver favole, ma
quasi favole: storie im-
possibili per una vita pos-
sibile.
dalla presentazione
Questo libro, che sia
di favole di racconti o di
pensieri zen comunque
unecccellente riessione
su come imparare a pro-
cedere nella conoscenza
dallindistinto al distinto,
dalla persistenza al cam-
biamento.
a.b.
GIORGIO
RIFELLI
*
libri nostri
*
Quasi favole
17 - La Serpe
I
l Dottore aveva letto in collegio, alla ne degli anni 30, questo romanzo della
biblioteca della scuola pubblica, Il ore che non colsi. Laveva letto di sop-
piatto. Il Rettore del collegio, Monsignor Pacico, si sarebbe scandalizzato se glielo
avesse trovato. Quel ragazzino di buona famiglia non doveva essere esposto a 13
anni a pericolosi stimoli erotici.
Il Dottore aveva dimenticato quel che aveva letto nel libro. Solo il titolo gli era
rimasto a ricordo di una vicenda che aveva lasciato il segno nella sua vita.
Mara, una ragazza di campagna, non era un ore, un ore di campo che si alza
sul tappeto del prato e la corolla a ogni colpo daria si volta da una parte e dallaltra
sul lungo e sottile stelo e rispecchia la luce accesa dei suoi colori. Mara era forte, ro-
busta, tirava diritta per il suo lavoro, aveva la faccia cotta dal sole, gli occhi neri, e un
ciuffo di capelli corvini che sfuggivano sempre dalla pezzuola che portava in testa.
Era nata in un pugno di case sul limite di un bosco che non aveva ne. Il babbo
tagliava il bosco e lei andava ad aiutarlo. Sul mezzo del giorno gli preparava da man-
giare nel capanno, in una radura in mezzo alla macchia. Non mancava di arrivare
Renzo. Il babbo era ancora al lavoro nel querceto. Loro due ascoltavano il battito
dellaccetta e, prima di sentire lo scroscio dellalbero che cadeva, si chiudevano nel
capanno e cosa succedeva?
Da ragazzo, il Dottore si abbandonava alla fantasia per immaginarlo. Baci, ab-
bracci, sospiri, gemiti. Forse questi deliri di piacere avvenivano solo nella sua mente.
Il babbo di Mara faceva presto ad arrivare al capanno. Il taglio della pianta lo porta-
va in fondo ma poi, sbrato dalla fame e dalla fatica, correva subito al capanno.
Mara e Renzo si sposarono presto e andarono a Firenze. Renzo da pochi anni
aveva un lavoro di tappezziere da certi parenti che gi da tempo avevano un negozio
in citt. Mara non si fece sorprendere dalle novit. Impar subito ad aiutare Renzo
nel negozio. Impar le parole e i modi per mostrarsi gentile con i clienti. Impar a
vestirsi con quella semplice accuratezza che la distingueva da certe persone sciatte,
trasandate, che vedeva spesso passare su quella strada del quartiere di San Fredia-
no. Non rimpiangeva la campagna. Non sarebbe tornata pi nella solitudine dei
campi, dei boschi. E tutto per merito di Renzo che pur lavorando da alcuni anni in
citt non si era mai dimenticato della ragazza che soffriva per lui lass, sulla borgata
della collina. Ma la guerra glielo strapp dalle braccia. Mara lo strinse a s sulla
pensilina della stazione no a che non ci fu il segnale della partenza. Non lavrebbe
rivisto pi. Mai pi.
VALENTINO
VENTURI
Il ore che non colsi
18 - La Serpe
Ritorn da suo padre Mara, angosciata, ferita. Riutava ogni conforto, a ogni
aiuto che la gente della borgata voleva darle. Le bruciava nellanimo lodio contro
il potere, contro chi comanda, l nella campagna e nella citt, a Roma e nel mondo,
nella terra e nel cielo. Solo con le parole, le bestemmie, le grida si ribellava, ma non
cedette alla disperazione. Renzo laveva salvata dalla vita dura, dalle ristrettezze
della sua piccola casa, dai sacrici che sopportava la sua famiglia. Renzo gli aveva
fatto provare la felicit nella vita in citt. A lavorare nei boschi e nei campi non ci
sarebbe tornata pi.
Accett lofferta di andare a servizio nelle case delle persone benestanti, dei si-
gnorotti, dei padroni, di coloro che avevano ancora il potere. La voglia di ribellio-
ne la tratteneva nascosta nellanimo. Talvolta le traspariva in uno sguardo cattivo.
Talvolta alzava la voce, e subito si rabboniva. I padroni sopportavano per necessit,
senza batter ciglio, le sue uscite sgradite. Potevano ben comprendere che Mara,
dopo quello che aveva passato, non perdesse qualche occasione per sfogarsi.
Ma nella casa paterna del Dottore non cera mai stato motivo di lamentarsi di
lei. Si era dedicata con passione a fare tutti i mestieri che la casa richiedeva. Allenata,
quandera una ragazza, ai lavori pesanti del taglio del bosco, con soddisfazione faceva
vedere comera facile, e anche piacevole per lei, accendere il forno e cuocere il pane,
riempire la conca con la bian-
cheria da lavare e fare il bucato,
portare la legna dalla legnaia e
accendere nelle sere dinverno
le stufe in tutte le stanze, lavare
i pavimenti, i vetri e con la stes-
sa disinvoltura preparare il da
mangiare con quella ricercatez-
za che aveva imparato nei pochi
anni che era stata in citt.
Non si era ancora laureato il
Dottore, faceva luniversit a Fi-
renze. Tornava a casa ogni tanto.
Quando lo vedeva arrivare Mara
era tutta per lui. Spesso, e sem-
brava un puro caso, si trovavano
da soli in una stanza e mentre lei
cessava per un momento di fare
le faccende, parlavano, parlava-
no a bassa voce come se stessero
per condarsi i loro segreti. Ma
erano gli eventi quotidiani che
si raccontavano. Le parole per
19 - La Serpe
si perdevano nellaria. Mara era tesa da una passione che il suo sguardo non poteva
nascondere. Un tenue colore rosato riscaldava le sue guance. Aspettava una carezza.
Le sue mani soravano, toccavano, stringevano le mani di lui con dei gesti che vole-
vano confermare quegli inutili discorsi. Quelle mani invitavano ad un abbraccio. Le
sue labbra, dopo tante parole, restavano in attesa di un bacio.
Lui si crogiolava con i suoi desideri e non si muoveva, non si abbandonava al
sentimento che gli urgeva dentro. Gravava nel suo animo il dovere. Il dovere di
rispettare la propria famiglia, la religione, il buon senso. Un avvenire gli si apriva
davanti con gli studi alluniversit. Perdersi con Mara non sarebbe restato un fatto
occasionale, una sbandata, unavventura fugace. Lei non amava per interesse, per
soddisfazioni immediate. Se si fosse stretto a lei anche per un solo momento, non
sarebbe stato pi capace di staccarsi da lei. Non sarebbe stato pi capace di abban-
donarla. Se lo sentiva. Lei aveva qualche anno pi di lui. Era la glia di un boscaiolo
e lui il glio di un benestante, di un padrone. Quantera pesante per lui una decisio-
ne! Una decisione, s, una decisione ponderata e non uno slancio spontaneo quale
si aspettava lei. Lui rimase fermo, inerte anche quando Mara gli rivel, pi di una
volta, che non ce la faceva pi a passare le notti da sola nel letto matrimoniale. Un
desiderio la tormentava. Non aspettava che di metter ne a questa pena.
La sua attesa non and delusa. Mara incontr Giuseppe, un contadino un po
attempato che era rimasto scapolo in una famiglia numerosa di fratelli, di sorelle, di
nipoti. Una brava persona, con la voglia di lavorare, competente delle semine e dei
raccolti, capace di fare i conti e di tener di conto. Tante qualit che non avevano mai
interessato nessuna ragazza. Mara lo spos. Sarebbe stata capace di addolcirlo, di
ingentilirlo. Lo stimava. Con Giuseppe non avrebbe pi dormito da sola nel grande
letto matrimoniale. Era contenta. Ora sdava il destino che laveva gi colpita una
volta. Lei credeva nel destino, nelle forze del male che si annidano in questo mondo
e addentano i poveri, gli innocenti, e risparmiano i ricchi, i potenti. Lei aveva gi
pagato il conto. Ora poteva essere felice nella nuova casa in paese.
Illusione! Il destino malvagio non laveva dimenticata. Perse la bambina al set-
timo mese di gravidanza per un errore del chirurgo che interpret i dolori come
una minaccia di parto prematuro e invece era unappendicite che n in peritonite.
E Giuseppe si mise ad attraversare il viale alberato del paese senza pensare che lui
vedeva soltanto dallocchio destro e poteva non accorgersi che sopravveniva dalla
sua sinistra la macchina che lo travolse.
Il Dottore da molti anni viveva lontano da Mara. Ne aveva avuto ogni tanto noti-
zie da coloro che si erano ricordati di quale simpatia lei avesse avuta per lui. Notizie,
ricordi, immagini che gli svolazzavano per un giorno davanti agli occhi. Oberato
dalla sua attivit professionale, aveva ben altro a che pensare. Anche le notizie delle
tragedie mortali, a pochi anni luna dallaltra, non lo scossero dal suo lavoro. Non si
commosse. Non fu sorato dal rimpianto, tanto meno dal rimorso. Altro che desti-
no malvagio! La provvidenza provvede, appunto, a tutto, al bene e al male, e quello
20 - La Serpe
che a noi sembra un male potr diventare un bene negli insondabili disegni di Dio.
Erano le voci della sua casa paterna. Il Dottore le aveva ascoltate da giovane. Mara
non avrebbe certo trovato un conforto, una speranza se le avesse ripetute anche a
lei. Sarebbe stato inutile andare a trovarla, starle accano. Sarebbe stata una perdita
di tempo. La professione non lo permetteva.
Poi le notizie di Mara gli arrivarono a distanza di mesi e di anni. Inne in una
telefonata occasionale fu informato che Mara alla sua et, quasi novantanni, vi-
veva ancora da sola e ce la faceva bene a tenere linda la sua casetta e non voleva
nessunaltra persona che laiutasse. Guidava ancora la macchina per piccoli sposta-
menti. Andava nellorto, non si faceva mancare le verdure di stagione. Era contenta
di stare cos bene alla sua et. Si ricordava con precisione di tutto e di tutti e non si
lamentava di aver sofferto che quel che aveva sofferto. Quelli che gli stavano vicino
capivano, con una certa sorpresa, che ormai Mara si era afdata a qualcuno che sta
sopra le miserie della terra.
Il Dottore part subito. La voleva vedere per lultima volta. La incontr sulla
porta di casa. Venne lei stessa ad aprirgli e rimase davanti a lui, commossa ma senza
lacrime. Rideva. I suoi occhi neri brillavano con uno sguardo pi pungente di sem-
pre. Gli prese le mani nelle proprie mani e le stringeva con le sue dita ossute per
fargli provare la propria forza di vivere. Poi si sciolse in tante parole, in tanti com-
plimenti, e lo rimproverava di aver aspettato cos tanto a farsi vedere da lei.
Il Dottore si godeva la felicit di
Mara. Lui non si era mai mosso per
confortarla con le voci della sua vec-
chia casa paterna. Forse lui stesso non
ci credeva pi a quelle voci. Lei invece
aveva ascoltato leco di quegli anni lon-
tani ed ora aveva lanima in pace. Lui
poteva andarsene. Anzi aveva fretta di
partire. Ma nel salutarla, Mara, cos
rimpiccolita dagli anni, gli sembr ve-
ramente una pianticella selvatica, uno
di quei piccoli ciuf dalle foglioline
dure, aguzze, che non si lasciano sof-
focare dalle erbe pi alte di loro, che
sopportano il calpestio, sopportano il
sole dagosto e il ghiaccio dellinverno,
che crescono anche fra i sassi ed han-
no minuscole corolle rosse senza uno
stelo. E forse era sempre stata cos. Un
ore che lui non avrebbe mai potuto
cogliere.
21 - La Serpe
I
l dottor Giuliano Bramanti medico condotto di Vada ora in pensione, ha
coltivato da sempre due passioni: la barca a vela e la scrittura. Infatti ha
pubblicato vari libri che hanno ottenuto successi e premi. In questi giorni uscita
nelle librerie la sua decima produzione letteraria dal titolo Il vchero - vocabolo
derivante da una parola tedesca di cui il lettore scoprir il signicato leggendo il
libro - come sempre accolta con piacere dai suoi appassionati lettori. Il perno del
racconto un avvocato di provincia, dei dintorni di Pisa, dallinusuale nome di Gel-
falco: il quale, nonostante
il successo che sta ottenen-
do nella sua professione,
afitto da una terribile tir-
chieria, tanto da far vivere
la moglie e la glia Carlot-
ta, una vita grama al limite
della povert. La moglie lo
asseconda, la glia, che tra
laltro amoreggia con il bel
Ferdinando, glio di un
noto imprenditore locale,
non si piega e la notte esce
con il suo danzato per di-
vertirsi e stare insieme. Un
incidente stradale mette in
luce queste fughe notturne
e da qui iniziano le sventu-
rate vicissitudini delle due
famiglie, che si ritroveran-
no anche a dover lottare
contro una banda di crimi-
nali ricattatori. Tuttavia nel
suo racconto Giuliano Bra-
manti metter in evidenza
anche lanimo buono del
protagonista Golfalco.
ANGELO
MENGOZZI
da:
Il Tirreno
30 - 11 - 2010
*
libri nostri
*
Torna Bramanti con il Vchero
22 - La Serpe
D
alle sue molteplici pagine traspaiono puntuali una sobriet espositiva e una
uida scorrevolezza comunicativa, che non tradiscono mai lessenzialit
degli argomenti da affrontare n le nalit da rincorrere e da raggiungere positiva-
mente.
Nessuna verve improvvisata, dunque, poich - non guasta ribadirlo - le collaterali
costanti dellimpostazione metodologica e scientica assicurano al lettore suadenti
approcci dapprendimen-
to e invitanti stimoli di ri-
cerca, ponendolo a diretto
contatto con la fantasma-
gorica ricchezza del nostro
popolare lessico indigeno,
guidandolo alla scoperta di
sorprese, capricci e curiosi-
t inopinabili.
Con un giusto dosag-
gio delle argomentazioni
gustosamente affabulanti,
anche in grazia duno stile
agile e piano, lAutore valo-
rizza la fecondit delle sue
vaste ricognizioni, visualiz-
zate con un impegno mira-
to alla conoscenza sempre
pi approfondita delliden-
tit e specicit del dialetto
cittadino, affondando im-
plicitamente nella pluralit
degli esiti succedutisi lungo
il cammino della Storia,
priva di speciche aggetti-
vazioni e quindi intesa nella
limpida e ampia accezione
crociana.
*
libri nostri
*
Parlare a Napoli
CARLO
IANDOLO
23 - La Serpe
I
o sono glio dellalbero. Lui glio dellalbero. Di quello alto e sublime come un
canto di gloria, o di quello piccolo e ingobbito indegno di uno sguardo se non di
attenzione. Tutti siamo gli dellalbero: tutti, bianchi e negri, gialli e rossi, uomini e don-
ne, maschi e froci, belli e brutti, buoni e cattivi, intelligenti e un po di meno, Toni mone
o Einstein. Di tal genere, se non tali appunto, sono le parole di un valoroso giornalista e
acuto biologo, Vittorio G. Rossi; e si incarica di diffonderne il senso una multinazionale
petrolifera, la Shell, grazie alla quale riprodotta la didascalica guida microorganismo-
albero-uomo, in cui la funzione direzionale spetta allapicale albero con il trionfo nale
ossigeno glucosio, cio Vita.
Noi siamo gli dellalbero dunque, lalbero nostro padre e nostra madre. Il coman-
damento di amare e rispettare il padre e la madre, se no si vive poco sulla terra, e poi si
va in quel brutto posto chiamato linferno, quello un comandamento buono anche per
laltro padre e madre, ossia lalbero. Amare e rispettare lalbero, se no si muore presto, e
poi non si sa quello che succeder.
Luomo non vive soltanto di mangiare; luomo ha anche bisogno daltro, se no con-
tinua a vivere ma nisce di essere uomo. Per se luomo non mangia, luomo muore. E
cos luomo ha bisogno di respirare, respirare laria; se smette di respirare laria, luomo
muore. Respirano aria anche gli uccelli che volano, anche i pesci che nuotano nellac-
qua, anche nelle grandi profondit del mare; anchessi respirano la stessa cosa delluo-
mo, laria. Respirano aria anche i microbi, aerobi e anaerobi, quelli che stanno nelle
porcherie e quelli che stanno nelle belle cose. Tutti respirano aria, e tutti sono necessari
a tutti. Laria la vita.
Laria un gas fatto di vari gas: i principali di essi sono lazoto e lossigeno, lo sanno
tutti. Quando uno sta per morire, gli danno lossigeno; lossigeno gli prolunga la vita, n
che pu; vuol dire che nellaria che respiriamo da quando abbiamo fatto il primo strillo
e aperto gli occhi alla speranza di vivere, lossigeno ha un posto piuttosto importante.
Ora io dovrei dire alcune cose difcili, ma io non le so dire; io sono come uno che
pulisce il piatto con la mollica di pane. Quelle cose difcili, i competenti le diranno loro,
come vanno dette.
Ma anchio ne devo dire qualcosa; altrimenti come faccio a dimostrare che cos per
luomo sulla terra luccisione di un albero? Devo dire, per esempio, che nellaria c an-
che lanidride carbonica. Lossigeno il gas buono; lanidride carbonica il gas cattivo.
Nellaria che respiriamo normalmente, c solo una quantit molto piccola di anidride
carbonica; se quella quantit aumenta per una ragione o laltra, pu anche far morire.
PIERO
SANCHETTI
I gli dellalbero
24 - La Serpe
Forse la vita sulla terra cominciata senza ossigeno. La vita sulla terra ci ha messo
pi di un miliardo di anni a diventare com adesso. Forse quando la terra era ancora
nuova, latmosfera che avvolge la terra era come adesso latmosfera del grosso Giove:
unatmosfera con gas di metano e ammoniaca. Se un giorno o laltro luomo andr a
posarsi anche su Giove, luomo non potr respirare laria di Giove: dovr respirare laria
che si portata dietro dalla terra. Lossigeno sulla terra venuto molto tardi, cos si cre-
de, non cera nessuno a vedere, poi a raccontare; c voluto tempo per fabbricarlo, forse
lo hanno fabbricato le piante, specie le verdi.
Lossigeno che nellaria impedisce ai raggi ultravioletti pi energici e attivi di arri-
vare sulla terra, e colpire luomo e tutta la vita animale; per essi i raggi ultravioletti sono
raggi cattivi.
Ma gli uomini continuano a bruciare cose per fabbricarne altre; ogni cosa che brucia
fa anidride carbonica; anche il respiro degli animali e delle piante fa anidride carboni-
ca.
Le alacri fabbriche delluomo mettono nellaria che respiriamo pi di 10 miliardi di
tonnellate lanno di anidride carbonica; sono pi di 10 miliardi di tonnellate lanno di
veleno. Invece di respirare aria respirabile, buona come il pane di grano che esce dal
forno a fascine, buona come lacqua che sgorga da una roccia, respiriamo unaria cattiva,
satura di veleno. Lanidride carbonica fa anche un altro effetto maleco: fa diventare
laria pi trasparente ai raggi del sole; una cosa simile gi successa nella lunga storia
della terra, molto molto pi lunga della storia che sulla terra sta facendo quello strano
animale che luomo; c stato tempo che in Groenlandia cerano piante e animali (il
suo nome: terra verde) come ora nei tropici; e ora la Groenlandia coperta di ghiaccio
spesso chilometri.
Per via dellanidride carbonica la terra pu tornare calda come stata una volta;
allora i ghiacci dei poli diventeranno acqua, le acque del mare allagheranno i continenti.
Per questo non ci riguarder: se mai, ci vorranno secoli: stasera potremo guardare
tranquillamente la TV senza la paura di sentire lacqua di mare scorrerci sotto i piedi,
come in un incubo buzzatiano.
La quantit di ossigeno nellaria mantenuta dalle piante; tutta la vita animale, cio
quella delluomo e di tutti gli altri animali, dipende dai fabbricanti di ossigeno, cio dalle
piante.
Cos tutti viviamo dei raggi del sole; il sole il grande rifornitore di vita sulla terra.
Ci sono animali che vivono di piante, derba; ma tutti mangiano energia venuta dal sole;
quando noi mangiamo una bistecca, mangiamo lenergia del sole che diventata erba;
poi lerba diventata bistecca.
Se le piante morissero, in poche settimane morirebbero tutti gli animali, compreso
quel capolavoro che luomo.
Luomo andato sulla luna; stata unimpresa portentosa; tanto portentosa che
25 - La Serpe
luomo non riesce ancora a capire quanto portentosa. Ma la pi umile delle piante fa
un lavoro che nessun genio umano ancora riuscito a imitare, neanche a capire. Non
c al mondo un laboratorio di chimica che possa essere paragonato a quello che , per
esempio, nellumile muschio, e luomo lo calpesta con le sue scarpacce.
Con la beneca luce del sole o grande guaritrice (laveva gi detto Dante: Guarda
il calor del sol che si fa vino / giunto allumor che della vite cola); con lacqua che pren-
de dalla terra; con laria che respira; la pianta fabbrica zucchero come una fabbrica di
zucchero; e le sue macchine sono nelle foglie, nei li derba; e questo un prodigio, un
grande prodigio, forse il pi grande che nella natura piena di prodigi. Cos le piante
si fanno la loro sostanza, le loro ossa, la loro carne. Cos le piante tolgono allaria la cat-
tiva anidride carbonica, la adoperano come materia prima per fabbricare lo zucchero,
mandano nellaria i cascami della lavorazione, e questo il nuovo e buon ossigeno per
il nostro respiro, per la nostra vita. Ecco ora il semplice schema della vita: manca solo
il punto di partenza, ma questo il Mistero. E tale rimarr per omnia saecula saeculo-
rum, non c pi nulla da fare. Basta. Partiamo dunque dalla funzione della clorolla: le
piante verdi e questo colore dato dalla clorolla con laiuto della clorolla e in pre-
senza della luce, fotosintesi clorolliana, formano glucidi e ossigeno a partire dallacqua
e dallanidride carbonica ( elementare quindi che senza le piante non pu esistere la
Vita). Si osservi anche, dalla formula seguente, come la reazione inversa alla fotosintesi
clorolliana sia data dalla respirazione, per mezzo della quale lanimale vivente brucia i
glucidi con laiuto dellossigeno, onde produrre energia e calore vitali formando inne
acqua e anidride carbonica, risultato ultimo della funzione respiratoria e vitale.
Si noti inne che molto afne alla clorolla delle piante lemoglobina degli animali:
la prima d il colore verde (clors) alle piante, la seconda il colore rosso vivo al sangue
arterioso; la prima serve a formare ossigeno dalle piante, la seconda a trasportare ossige-
no dai polmoni ai tessuti.
A questo punto luomo, quasi a riprendere il vecchio frutto proibito, afferra lascia,
prende la sega, e butta gi un grande albero, pieno di rami di anni di foglie, e le foglie e
le radici e la linfa fanno per lui, per luomo, quel prodigioso lavoro di sublime chimica,
ma egli ha altro di ignoranza nella sua cortissima visione, egli uccide lalbero perch le
sue foglie da morte sporcano (ma, e la loro utilit da vive?) perch fa rallentare una fretta
che 8 volte su 100 fretta verso la tomba, o perch il guidatore non sa come altrimenti
riempire un tempo vuoto.
Questo uccisore dellalbero il pi dannoso, dietro di s lascia laria ancora pi am-
morbata di prima, pi tossica; e solo lalbero vivente, e solo lui, con le sue foglie, con il
suo essere, avrebbe potuto fare lunico modo al mondo per ripulirla.
26 - La Serpe
La storia delluomo piena di stragi; ma a lungo andare una strage dalberi fa pi
danno di una strage di uomini, salvo naturalmente per quelli che sono coinvolti nella
strage. Una strage dalberi una strage irreparabile, in s e per quel che ne segue. Una
strage dalberi distrugge una terra, le lascia solo lo scheletro, la pietra; ma tutto il resto
che la vita della terra, se ne va, sfuma, muore; ora la terra ha sete da morire, lacqua si
dispersa, nita, la buona terra diventata polvere, polvere di cadavere.
Dice limmenso Leonardo in una sua vericabile massima: chi taglia una pianta, quel-
la si vendica colla sua ruina chi uccide un albero, uccide la terra; chi uccide la terra,
uccide se stesso.
Nel tempo di Augusto la Spagna era tutta una foresta; allombra di quella sterminata
foresta vivevano 70 milioni di iberici; ora la terra spagnola non produce tanto da man-
tenere 30 milioni di spagnoli. Lantica foresta sparita, andata in fumo, diventata la
meseta, larida steppa buona per farci raspare lasino di Sancio Panza.
Qualcosa di simile successo in Italia; nel resto dellEuropa, in Asia, in America; in
qualche splendida villa veneta palladiana, ove in unestate passata stata fatta la festa
agli alberi, distruggendo decine di meravigliosi esemplari, resto dellantichissima selva
tra lIsonzo e il Brenta, dicendo che potevano cadere sulla testa di chissach; sulle rive del
Mincio rari e splendidi allori, forse quelli gi visti da Virgilio; in molti cronicari del Vene-
to, infermerie resti della guerra 15-18, abbattuto ogni residuo arboreo apposta piantato
allora per rimediare con unaria pura a quei t.b.c. residui di trincea. Ora studi attua-
li ci confermano che nei
tempi antichi nove de-
cimi della terra europea
erano coperti di foreste;
ora un terzo di essa an-
dato. NellAmerica del
Nord i tre quarti del suo
stupendo verde sparito
negli ultimi 50 anni; e gi
la met della terra ameri-
cana diventata arida pol-
vere. In Africa bruciano
la foresta per fare terra da
coltivare; poi lanno dopo
cambiano di posto, bru-
ciano altra foresta, sco-
prono e denudano altre
terre, poi lumore nutrien-
te della terra spazzato
dalle piogge, la terra secca La vite maritata ai pioppi
27 - La Serpe
diventa polvere. Fame e sete. E malattie ignote scendono a terra con latterramento della
foresta amazzonica.
Gli alberi ogni autunno si spogliano, danno alla terra le loro foglie (e l ramo
vede a la terra tutte le sue spoglie dice Dante), poi le foglie morte concimano la terra, la
morte si trasforma in vita. Altro che foglie morte. Ma da feuilles mortes avevano dato vita
a una dolcissima poesia danzata. E poi da vive, oltre che elementi indispensabili dellal-
bero, avevano donato alla terra lombra, la famosa ombra di Titiro, le avevano conser-
vato lumore, larborea vita de La Pioggia nel pineto, temperato gli effetti dei salti del
caldo e del freddo, la avevano protetta dallimpeto del vento, il vento che la asciuga e la
disperde a nuvole nellaria. Le radici principali degli alberi si spingono a vari metri di
profondit, poi ci sono le ramicazioni delle radici principali, sono centinaia migliaia di
altre radici, esse formano sottoterra una robustissima rete, esse ancorano solidamente
lalbero alla terra; trattengono lacqua, un albero pu trattenere 2000 tonnellate dacqua
nello spazio di un ettaro.
Gi sulla terra c pi steppa e deserto che non bosco; ogni anno un miliardo di
metri cubi di bosco diventano carta da giornali e altro. Su posti dove non cerano mai
state inondazioni, ora lacqua travolge tutto; hanno ucciso gli alberi, i buoni alberi che
trattenevano la furia dellacqua, la rompevano e disperdevano; e ora la terra, le case che
ci sono sopra, gli uomini che sono dentro le case, ogni tanto sono travolti come spaz-
zatura. Le frane. Prima delle crociate, il Libano era coperto di cedri, i grandi ramosi
splendidi cedri del Libano; quando la Bibbia vuole dire qualcosa di magnico, essa dice
che orir come la palma, crescer come il cedro del Libano (et elevatum sicut cedros
Libani); dice che la gloria di Dio anche nei cedri del Libano che lui ha piantato; ma ora
sui monti del Libano rimasto un gruppetto di cedri, di quei cedri gloriosi, in recinto
di lo spinato, come un gruppo di prigionieri; e i cedri superstiti hanno unaria fossile,
e qui la terra stata spogliata e dispersa dalle piogge, dai venti, dal calore del sole, e qui
la gente vi sopporta una vita miserabile.
Nella foresta di Castel Porziano vi mostrano una quercia che ha 800 anni: essa era viva
quando era vivo San Francesco e lui diceva il suo Cantico delle Creature anche per lei, ed
era vivo Dante, e questo ve lo dicono guardandola con gli occhi lucidi; sotto i suoi rami ci
pu stare uno squadrone di cavalleggeri; tempeste di ogni sorta erano passate in quasi 2000
anni su di lei, e lei era rimasta viva, e fulmini, e lei era rimasta viva. Era uscita viva anche
dalle micidiali mani delluomo, e in questi pensieri faceva pi commozione del Colosseo.
Luomo un costruttore di strumenti, questa la vera dote che lo fa uomo, homo
sapiens. Ma luomo anche avvelena laria, la vita, con le sue macchine. Allora luomo per
essere tale, cio uomo completo, homo sapiens, ha bisogno di puricare la stessa aria
che pur aveva avvelenato con le sue stesse macchine. Ma a tanto egli non ci ancora
arrivato, sapiens a met. A tanto egli pu arrivarci in un modo solo, egli lo sa, ma non
lo applica, anzi fa il contrario. Il modo glielo fornisce la semplice natura, ed che solo
gli alberi possono puricare laria, con quel gioco di fotosintesi clorolliana, che abbia-
mo visto in sintesi. Purtroppo luomo fa invece il controgioco. E uccide gli alberi. Cos
28 - La Serpe
luomo respira veleno, ogni giorno di pi; e isterilisce la terra che gli d il cibo, distrugge
i corsi dacqua; conturba e corrompe i climi; e poi c chi dice che luomo un sole.
E potrebbe anche essere; ma allora perch non pianta neanche gli alberi che possono
sostituire quelli che lui ha distrutto? Perch non mette gli alberi accanto alle case e casa-
menti che costruisce, e cos si d la gioia incomparabile dellalbero, la pi grande delle
cose vive, dopo la luce e il mare?
In questo tempo macchinale, arido, privo di poesia, perch luomo non si arricchisce
la vita con la poesia dellalbero? E lalbero poesia; poesia a vederlo, a toccarlo, a sen-
tirselo vivere accanto; se lo abitano le creature del volo, allora anche il cantico vivente
delle creature. Un poeta nostro ha cantato la vita delluomo come quella delle foglie:
Si sta come/dautunno /sugli alberi le foglie, facendo eco allomerico Diomede in quel
potente ritmo alterno di generazioni in generazioni, uomini e foglie. Ed pure certo che
gli alberi non possono non pensare. Sum, ergo cogito: perch non evrtere anche qui?
Quercia pensosa che cedesti il ramo agli insani eversor di cittadi E poi quantaltro ci
viene in mente, eccetera eccetera: Oh lunghe al vento sussurranti le di pioppi I cipressi
che, alti e schietti, mi balzarono incontro e mi guardar Lalbero a cui tendevi la pargo-
letta mano. E, nel pi bellangolo di Roma, il gioiello di Piazza Venezia, i cinque storici
pini attendono la scure. Si sta dibattendo il conitto tra natura e archeologia, tra lasma
dellauto e i pini di Respighi e lacero bianco per i violini di Guarneri del Ges, e il caro
pino scomparso dallalto di Posillipo.
Negli anni passati le Nazioni Unite hanno fatto la prova della Risurrezione degli
Alberi in Europa. Vedremo come risponderanno gli Europei, ormai abituati a trattare
lalbero come una bestia da macello.
Chi uccide un albero non fa soltanto legno; fa anche un cadavere.
Chi pianta un albero, fa il suo vantaggio: aumenta la quantit di vita e la gioia di
vivere sulla terra. I viaggiatori pi spinti hanno testimoniato che la terra in cui viviamo
si trova in un cattivo stato di salute: Rapa Nui, lisola di Pasqua, ne il termometro pau-
roso: la deforestazione completa ne ha gi distrutto ogni vita: i geniali Moai ci stavano
dicendo che luomo gi pensava da prima dei secoli.
In un ospedale qui vicino stata piantata una la di 70 pioppi italici (populus nigra
piramidalis) stupendissime creature e potentissimi costruttori di O
2
e depuratori di aria.
Ma alcuni li hanno trovati non decorosi allIstituto, e volgari, perch contadini. Ci
non ha senso, o peggio, ha senso comune. In realt, il pioppo italico il corteo regale
della Villa Veneta Palladiana, la presenza classica alle Fonti del Clitumno, lo strug-
gente ricordo dellIdillio Maremmano. E offre una ulteriore patente di insipienza a chi
aggiunse che quei pioppi fanno i pechi e li hanno perci confusi con il pioppo bianco.
In ogni caso i pechi sono innitamente meno dannosi dei gas delle auto. E in proposito,
almeno quando si entra in un ospedale, si cerchi di tenere il motore il meno acceso pos-
sibile: stato calcolato che unauto consuma in quattro ore daccensione pi ossigeno
che un uomo in 70 anni di vita.
29 - La Serpe
Liriche ed acrilici
da: La polvere sullo specchio, immagini e versi - 1999
PASQUALE
BOSSA
Calata a mare
Chiss
Chiss dove si posa
il lento volo
di quello stormo
che arabesca il cielo,
nella luce ferrigna
del tramonto,
mentre la sera cala
come un velo.
E dove andr a posare
lala stanca,
che ha varcato labisso,
vinto lira del vento
e, aspro, il tormento
della bufera.
E dove poser
la foglia spenta,
che lascia il ramo
e, dopo, il frutto, greve
daltra efmera vita,
nel suo oscuro destino.
E dove si fermer
nel suo cammino,
anelante e accecata,
ogni creatura,
dopo che ha vissuto,
senza sapere il perch,
senza intendere
niente di s,
della sua ne
e del suo primo avvio.
E chiss dove, alne,
andr a posare anchio.
Un momento
Che pace che mi reca
il tuo respiro,
quando mi giaci accanto,
dopo lebrezza.
Che carezza
la luce del tuo sguardo,
quando sollevi
di sotto in su
le palpebre sottili
come ali di farfalla.
Batte piano il tuo cuore
di contro al mio
e sacquieta,
per un momento,
il sottile tormento
della vita.
30 - La Serpe
N
ovembre 1951. Questanno stato per me e per la mia famiglia ricco di
eventi. In luglio a La Spezia ho conseguito la Maturit Classica. In ottobre
pap ha ottenuto la sospirata nomina a prefetto e come prima sede stato destinato
a Campobasso. Campobasso, nonostante il nome, non affatto bassa poich situa-
ta a 750 metri sul livello del mare, fra i monti del Molise. una graziosa cittadina
abitata da gente mite e civile, ma ha il difetto di essere ubicata ad oltre 100 chilome-
tri di distanza da qualsiasi altro centro cittadino importante. Si subito presentato
il problema dei miei studi universitari. Pap ha escluso subito Napoli, vicina ma
troppo grande, dalla vita movimentata e troppo piena di distrazioni per un ragazzo
di appena 18 anni. A me sarebbe piaciuto Genova, dove avrei ritrovato parecchi
miei compagni di Liceo di La Spezia, ma pap ha sentenziato: Pisa. una citt non
molto grande, raccolta, senza molte distrazioni, con unottima Universit, nella qua-
le si pu studiare con tranquillit e protto. Lui la conosce poich vi ha frequentato
il I anno di Legge nel 1920-21 insieme al cugino Enrico Venditti (anche se se ne
scocci subito e se ne scapp a Napoli). E poi, ha la segreta speranza di ottenerla fra
qualche anno come seconda sede dopo la modesta Campobasso.
Ed eccoci cos alla ne di novembre, alla vigilia del mio diciottesimo complean-
no, imbarcati in uno scompartimento di seconda classe sul treno diretto a Roma e
poi alla sconosciuta citt di Pisa.
Non che Pisa mi abbia fatto subito una gran bella impressione. Bella, suggestiva
la Piazza dei Miracoli, maestosi i Lungarni ma io giudicai subito la citt, forse anche
per la stagione autunnale, troppo silenziosa, solitaria e melanconica. Prima di ripartire
pap cerc di sistemarmi in un pensionato retto da religiosi, il don Bosco, ma io mi
ribellai: non volevo stare in un collegio di preti, soggetto ad orari e controlli. Non era
cos che avevo immaginato la mia vita universitaria! E pap, forse ricordando la sua
educazione laica e la sua giovinezza libera ed estrosa, non insistette.
Cominciammo cos a girare per la citt ed a visitare numerose camere ammobi-
liate, con risultati in genere deludenti: stanze poco luminose, fredde, impregnate da
un caratteristico odore di naftalina; padrone di casa anziane, sciatte e melanconiche.
Finch ne trovammo una che poteva andare, in via Santa Maria, la strada che con
larghe curve congiunge Piazza dei Miracoli ai Lungarni, a un terzo piano, ariosa,
con vista sulla piazza
La mattina seguente accompagnai mio padre alla Stazione. Abbracci, baci, le
ultime raccomandazioni Pap part ed io rimasi solo sotto la pensilina. Fui preso
Camere ammobiliate DINO
LA SELVA
31 - La Serpe
subito da un incontenibile senso di angoscia. Che ci faccio qui, solo, in questa citt
sconosciuta? Ma io prendo il primo treno diretto a Sud e me ne torno a casa!
Resistetti a stento a questo primo impulso istintivo e mi avviai lentamente, sotto il
grigio cielo di dicembre, verso la mia fredda camera ammobiliata. Fu cos che inizi
a Pisa la mia vita universitaria.
La mattina seguente mi recai alla mia prima lezione, in via Bonanno Pisano, alla
Scuola Medica, nellaula dAnatomia dove era gi iniziato il Corso dIstologia ed
Embriologia. A febbraio avremmo dovuto affrontare il Colloquio delle ossa. Era-
no gli studi che avevo sempre sognato. Incontrai qualche compagno di liceo di La
Spezia che si era iscritto a Pisa. Cominci ad andare un po meglio, anche se i miei
nuovi compagni dUniversit toscani, specialmente i pisani, mi sembrarono poco
cordiali, altezzosi e sprezzanti.
E poi cera la caccia alle matricole! Che ero una matricola lo si vedeva lontano
un miglio. I pi accaniti nella caccia erano i fagioli, quelli del secondo anno. Fer-
mo tu! Sei una matricola! Ce lhai il papiro? No Ehi! Questo non ha il papiro!
Gli va fatto il papiro! Frattanto attorno a noi si era formato un capannello. Per
il papiro devi darci 1500 lire! Non le ho! Va bene; mille lire e due pacchetti di
sigarette! Domattina porta due pacchetti di sigarette e mille lire, e ti si da il papiro:
Senza papiro non puoi andare allUniversit La mattina dopo il papiro era pronto:
un foglio di carta da disegno con donnine nude e frasi sconce in latino maccheroni-
co. Avveniva il pagamento, ma non era mica nita l! Al papiro mancava sempre
qualcosa: il lasciapassare di non so chi, il timbro del sarchiapone, la marca da bollo
da una lira bucata dalla sigaretta accesa Dacci due pacchetti di sigarette e ti si fa
la correzione! Ma dopo la prima volta mangiai la foglia. I soldi non ce li ho Al-
lora ti si ritira il papiro! Ritiratemi il papiro! Ma se non hai il papiro ti si mette
in mutande! Mettetemi in mutande, ma i soldi non ce li ho Cos ero diventato
popolare a Pisa perch ero sempre in mutande, ma soldi da me non ne videro pi,
e nirono per stancarsi.
La mattina appena uscito di casa, prima che iniziassero le lezioni, andavo a far
colazione in una piccola latteria distante da casa un centinaio di metri. La padrona
si chiamava Dese Palla ed era una vecchina che somigliava molto a mia nonna, pic-
colina, garbata, con un grembialone nero che le arrivava quasi ai piedi. Lungo una
parete del locale cerano due o tre tavolini con sedie; in fondo, dietro il banco, in
una nicchia del muro, cera un fornello a pibigas che serviva a preparare il caff e a
riscaldare il latte. Mamma mia, m gnorante l latte! -esclamava spesso Dese-
Appena ti giri va di fori! Il che le accadeva abbastanza spesso. Cerano poi dei
cestini di plastica rossa per prendere delle grosse brioches fatte a cornetto che credo
si chiamassero con vocabolo tedesco kiffele che lei, italianizzandone anzi pisaniz-
zandone il nome, chiamava chfele. Un tazzone di caffelatte costava trenta lire,
un chfele quindici lire; il tutto per quarantacinque lire. Se ero particolarmente
affamato prendevo un secondo chfele: sessanta lire.
32 - La Serpe
A pranzo e spesso a cena andavo alla Mensa dello studente, in Piazza dei Cavalieri.
Il prezzo era modesto ma ci si mangiava veramente male. Se non mi sono ammalato di
gastrite, colite od altra patologia gastrointestinale in quel periodo son sicuro che non
ne soffrir pi per il resto della vita. Il menu-base era costituito da un piatto di spa-
ghetti scotti conditi con un sugo denso e aspro, due fettine di pseudo-vitella arrosto
solcata da strie brose dai riessi iridescenti, un quartino di vino bianco, una piccola
mela, pera o arancia a seconda della stagione. Come alternativa, come primo si pote-
vano scegliere anche tortellini in brodo e come secondo spezzatino di carne; ma i tor-
tellini erano spessi e sapevano solo di pepe e il brodo era stato pi volte ribattezzato;
e nello spezzatino erano riconoscibili diversi avanzi di carne di varia provenienza: lar-
rosto, la cotoletta, il lesso, lo stracotto. Per la verit venivamo serviti ai nostri tavolini
da camerieri in giacca bianca, ragazzotti alle prime armi, affannati e subissati dalla gra-
gnola delle ordinazioni, che arrivavano di corsa reggendo su ogni braccio in precario
equilibrio sei piatti disposti a piramide, urlando: Chi ha chiesto la pastasciutta!... Chi
il brodo!... Chi lo spezzatino!... Una volta, si era destate ed io indossavo un vestito
di lino bianco, il cameriere inciamp e mi vers addosso tutto il piatto di tortellini in
brodo. Alle mie proteste rispose candidamente: S. Ma non si preoccupi! Tanto non
macchia! Ed ebbe ragione lui: del brodo non ci rimase neanche lalone.
Un giorno, avevo abbandonato da tempo la Mensa dello studente, ci ritornai con
un mio collega per incontrare il Bianchi e farmi prestare gli appunti di Ostetricia. Il
Bianchi era un fuori-corso che aveva gi fatto il servizio militare e sostenuto lesame
dostetricia, un tipo tranquillo e metodico. Lo trovammo seduto a un tavolino da
solo che aspettava di essere servito. Ma tu hai ancora il coraggio di mangiare qui?
gli chiedemmo stupiti. S, ma non ci si mangia mica male! -ci rispose convinto-
Basta farsi amico il cameriere Una piccola mancia ogni tanto! Ed ecco in quel
momento arriva il cameriere in questione con un piatto di minestrone fumante. Il
Bianchi abbozza un mezzo sorriso dintesa, gli strizza locchio e affonda il cucchiaio
nel piatto. Dopo qualche cucchiaiata si ferma Toh! Una mosca! Afferra de-
licatamente la mosca morta, la posa sullorlo del piatto e con una risata doccasione
continua tranquillamente a mangiare.
Nellottobre 1956 mio padre venne trasferito a Cuneo e vi si rec, al solito, se-
guito da tutta la famiglia. Mio fratello Sergio, di tre anni pi piccolo di me, che pro-
prio quellanno aveva conseguito la Maturit, si iscrisse in Legge a Pisa, ed insieme
prendemmo una camera ammobiliata dai signori Santei, marito e moglie, al n. 82
di via Santa Maria, nel punto in cui la strada, incontrando la traversa che viene da
Piazza dei Cavalieri, forma una piazzetta alberata, se non sbaglio Piazza Cavallotti.
La camera aveva due nestre che guardavano sulla strada, il pavimento di mattoni
ed il softto a travicelli. Dato che era priva di persiane, per non essere svegliati trop-
po presto dalla luce del mattino, avevamo chiesto ai padroni di casa di mettere alle
nestre degli stoini, delle stuoie avvolgibili che potessero essere alzate di giorno
e abbassate e ssate di notte. Una notte, durante unimprovvisa burrasca con forte
33 - La Serpe
vento, fummo svegliati dai famigerati stoini che si erano sganciati dai loro appigli
e sbattevano violentemente contro le nestre. Ci pens mio fratello, con una buona
dose dincoscienza, a salire sul davanzale, acchiappare a volo gli stoini e ssarli di
nuovo ai loro ganci.
Per poterci dare in aftto la stanza migliore della casa i due vecchietti si erano
accomodati a dormire in una stanzetta adiacente alla nostra, senza nestre, che dalla
nostra prendeva luce e aria attraverso unapertura rettangolare nella parte alta della
parete divisoria. Per riscaldarci durante linverno dopo un po dinsistenza ci aveva-
no fornito una stufetta a gas liquido piuttosto primitiva che tenevamo accesa nelle
ore pi fredde. Una notte il gas della bombola n improvvisamente e la stufetta si
spense disperdendo nellambiente qualche traccia di gas residuo. Mi svegliai nel
cuore della notte sentendo del movimento nella stanza accanto. O Maurizio, un la
senti questa puzza di gasse!? Uddio! I signorini averanno lasciato la stuna acce-
sa?! O signorini! Avete lasciato la stuna accesa?!?! Non nulla, signora!
-cercai di tranquillizzarla- nita la bombola e la stufetta si spenta. Forse uscita
qualche traccia di gas residuo e si sente un po di odore ma non nulla! Uddio!
Esce il gasse! Voi ci fate mor! Mi alzo e chiudo la bombola. Ecco, ora la
bombola chiusa! State tranquilli! Ma la vecchia agitata. Uddio, signorini! Voi
ci fate mor! E la mattina dopo, rientrando dopo le lezioni, troviamo in bella
vista un cartello scritto a stampatello: SIGNORINI, NON LA CENDETE LA STUFINA! E ci
volle del bello e del buono per tranquillizzarla e persuaderla che la stuna quando
era freddo bisognava accenderla.
Maurizio, il marito, era una persona tranquilla. Era un vecchione alto e ossuto e
passava quasi tutto il tempo in cucina seduto su un seggiolone impagliato, immobi-
le, col cappello calato sugli occhi e un sorriso sso, enigmatico stampato sul volto.
Sembrava perduto in chiss quali ricordi. Era vedovo, ed aveva sposato la signora
Cesira in seconde nozze, anche lei vedova. Era un ferroviere in pensione che per
tutta la vita aveva fatto il casellante, il guardalinee o qualcosaltro del genere. Tutte
le mattine -raccontava- indavo in Stazione a Pisa, prendevo il treno e scendevo a Mi-
gliarino. Poi me ne tornavo a Pisa a piedi lungo la linea ferroviaria badando che le
rotaie fossero a posto e libere da ostacoli, e me ne tornavo a casa, Tutti i giorni cos,
no a sessantanni che sono indato in pensione! Ora ho 78 anni. Da quanti anni
sono in pensione? Diciotto! da diciotto anni che mangio il pane dello Stato
senza f nulla! Ah! Ah! Ah! (Risata). Lunica azione importante, quasi eroica della
sua vita era stata quando, casellante a un passaggio a livello, aveva riutato di alzare
le sbarre a unautomobile di fascisti che tornavano, inseguiti, da unazione punitiva.
Urlavano, dicevano di aprire e di lasciarli passare perch erano amici del Questore
e se non lo avessi fatto avrei passato dei guai. Io gli spiegavo che non potevo farlo,
loro urlavano e minacciavano Ma io non gli aprii.
Fumava il mezzo toscano. Il vizio del fumo me lo ha attaccato il prete di Navac-
chio. Da ragazzino ero chierichetto. Il vecchio prete fumava il sigaro e buttava la cicca
34 - La Serpe
spenta sullarmadio in sacrestia. Noi chierichetti lo scoprimmo, andavamo a fregare le
cicche e le fumavamo. E cos ho preso il vizio! Aveva daltra parte, come in genere gli
anziani, delle convinzioni precise ed incrollabili. Erano gli anni 50 e si erano diffusi
in Italia i dadi da brodo svizzeri Knorr. Il vecchio Santei era diventato un assertore
sfegatato, un fedele fanatico dei dadi Knorr. O ci crede, signorino?! -proclamava con
entusiasmo e convinzione tutte le volte che poteva- Io il brodo lo preferisco sul dado
anzich sulla carne!, stupito egli stesso da tale ardita asserzione.
La signora Cesira, di qualche anno pi giovane, era di unaltra pasta, pi colta
e rafnata, e cercava di dirozzare, senza molto successo, quello zotico di marito.
Cera la radio accesa, e una cantante, con voce appassionata e un po sdolcinata
e accompagnamento di violino, cantava lAve Maria, credo di Gounod. Maurizio
era sul solito seggiolone impagliato con stampato in faccia il suo sorriso eginetico.
Maurizio! Senti com bella! lAve Maria! Toh!.. Maurizio!! Un dici
nulla??!! Senti m bella! Co la musica! Toh! Artra usanza moderna questa,
de di le preghiere cor stio! (Il stio era il suono del violino). Ma non sempre
la cosa niva l, con uno scambio verbale di contrastanti opinioni. Se la signora insi-
steva in nome della musica e dellarte e tacciava il marito di zotico e dignorante a un
certo punto provocava la reazione risentita e manesca del sor Maurizio. Bada!
-cominciava a brontolare lui, sempre seduto sul suo trono impagliato.- E se le pro-
teste della donna aumentavano di altezza e di petulanza Maurizio perdeva del tutto
la pazienza e si metteva a menar le mani, che aveva grandi e ossute. E la signora
Cesira, strepitando e frignacchiando sotto la gragnola dei colpi, scappava via di casa
sbattendo la porta.
Una mattina, mentre i padroni erano entrambi usciti di casa, venne a trovarmi il
Pagni, un ragazzone un palmo pi alto di me, di corporatura atletica. Stavamo pre-
parando lesame di Medicina Legale e ci mettemmo a studiare in tinello. Studiando
e ripetendo la materia egli puntava i piedi a terra premendo la schiena indietro sulla
spalliera e facendo oscillare la sedia sulle gambe posteriori. La seggiolina, di costi-
tuzione delicata, non grad molto tale burbero trattamento e allimprovviso cedette
mandando il Pagni a gambe allaria in un rovinio di pezzi e di asticciole di legno. Mi
affrettai a rimettere insieme alla meglio i pezzi della povera sedia ed attesi gli eventi.
La signora Cesira, di ritorno dalla spesa, si accorse subito dellaccaduto: Oh, signo-
rino!! O che avete fatto! Mavete sciupato una seggiola! O come mai! Enno
seggioline bone! Ed io, cercando di minimizzare laccaduto: Non si preoccupi,
signora, non successo niente di grave! La sedia era vecchia ed i pezzi si sono scol-
lati e sconccati Ma riconccandoli insieme e con qualche chiodino ben messo la
sedia ritorna come nuova, anzi pi robusta di prima! Al signor Maurizio che, an-
che se sembrava distratto, stava ascoltando con molta attenzione, piacque molto il
discorso dei chiodini. Prottando di una nuova assenza della moglie and a prende-
re il martello e una manciata di chiodi lunghi 6-7 centimetri e cominci a smartellare
a dritto e a rovescio su quella malcapitata seggiola con risultati disastrosi. Chiodi
35 - La Serpe
storti, chiodi mal conccati, sporgenti, legni rotti uno spettacolo orrendo. Torn
la moglie e vide lo scempio Strida, accuse Non ricordo se anche quella volta
n a mazzate ma mi pare di s.
Dalla nuova sede di Cuneo pap e mamma presero la buona abitudine di spe-
dirci periodicamente un pacco di cibarie: orecchiette fatte in casa dalla mamma,
un barattolo di sugo di pomodoro per condirle, salame e formaggio piemontese e
una damigianetta di barbera o di dolcetto. Naturalmente larrivo del pacco era per
noi una festa: invitavamo due nostri amici anchessi studenti fuori casa, Ninuccio
Cipriani di Sammarco e Maurizio Toso di La Spezia e, usufruendo della cucina dei
nostri padroni di casa, organizzavamo una cenetta coi occhi. Poi, ringalluzziti da
qualche buon bicchiere di vino, uscivamo ridendo e cantando per le solitarie strade
di Pisa.
Da qualche mese mi ero laureato ed ero diventato, assieme a qualche altro com-
pagno di corso, assistente volontario nella Clinica Medica dellUniversit sotto il
professor Monasterio. Pieni di orgoglio e di sacro zelo per essere stati introdotti
nel venerato regno di Esculapio, in realt eravamo divenuti solamente gli schiavetti
non pagati dei mal pagati assistenti effettivi. Ma non ci badavamo, ormai presi dal
sacro fuoco della medicina, paghi di sentirci chiamare dottore dallinformatore
scientico di turno che ci regalava il nostro primo ricettario e ci riempiva la borsa di
campioni medicinali gratuiti. In mancanza di guadagni professionali io mi divertivo
a calcolare quanto avessi ricevuto quel giorno in medicinali, e dopo un breve calcolo
potevo esclamare: oggi ho guadagnato quattro, cinque, seimila lire!
Fu cos che praticai la mia prima visita alla padrona di casa che una mattina mi
fece vedere una gamba rossa, inammata per una ferita infetta. Le prescrissi subito
un antibiotico ma vidi, da come mi guard, che non mi prese molto sul serio e che
non avrebbe mai praticato la mia terapia. Il giorno dopo per aveva una gamba gon-
a e rossa come unaragosta e la febbre a 39. Glielavevo detto di prendere subito
lantibiotico! -esclamai- Ora non so come andr a nire! Uddio, dottorino!
Morir? singhiozz disperata. Cominciai subito a praticarle delle iniezioni di
penicillina dei miei campioni gratuiti e fu come mette lolio nel lume. La signora
Cesira guar ed io passai da signorino a dottorino.
Non per che la mia reputazione di buon inquilino ne uscisse molto accresciu-
ta. Nel mese di ottobre di quellanno (quello era in genere il mese del movimento
dei Prefetti) pap venne trasferito a Lucca; avevo ricevuto in regalo la mia prima
automobile e non cera pi necessit che abitassi a Pisa. Fu cos che dissi addio alla
stanza ammobiliata dei signori Santei e alla mia vita di boheme studentesca pisana.
Prima di andarmene volli per curiosit chiedere ai miei padroni di casa: Che ne
pensate, siamo stati dei buoni inquilini?, credendo di sentirmi rispondere afferma-
tivamente. Rimasi invece un po deluso sentendo la signora Cesira dire: Mia tanto!
Ce n stati di peggio, ma anco di meglio! E riandando con la mente al periodo
trascorso in casa loro dovetti convenire che forse avevano ragione.
36 - La Serpe
N
arra unantica leggenda lombarda, tramandata oralmente nelle campagne,
che negli ultimissimi giorni del mese di gennaio di un anno ormai molto
lontano nel tempo i merli, riparati nei loro nidi invernali dal rigore del freddo, im-
provvisamente ripresero a volare.
Un sole apparentemente caldo li ingann. Infatti ben presto il cielo si fece scuro,
il sole sbiad, e laria divenne particolarmente ghiacciata.
Per ripararsi, i merli, allora bianchi e candidi come le nevi di montagna, dovette-
ro trovare rifugio nei vari camini dei focolari accessi un po ovunque. Per riscaldar-
si, per sopravvivere, per
rimediare allo sbaglio
commesso.
I merli sopravvisse-
ro cos al gran freddo di
quegli ultimi giorni di
gennaio di quellanno
ormai dimenticato. Ma
la fuliggine dei camini li
trasform in neri uccel-
li, ma proprio neri, neri
neri; soltanto il becco
rimase delloriginario co-
lore giallo-arancio.
Da allora gli ultimi tre
giorni del mese di gennaio
vennero tramandati come
i tre giorni della merla, i
tre giorni pi freddi dellan-
no, a ricordare quellevento
memorabile per tutti gli es-
seri viventi. (Questo quan-
to mi raccont mia mamma
tanto tempo fa; poi la storia
lho sentita o letta attraver-
so altre memorie).
I giorni della merla DANIELE
CROTTI
37 - La Serpe
GIULIO
STRAMIGNONI
1 movimento
Sommessa, la voce del auto,
tenera allorecchio vorace,
nellaria che non si muove.
Dolce il violino risponde,
partorito lamento di note vagabonde
e subito si accende
un ordinato concerto.
Iniziano gravi i tromboni
con ritmo imperioso,
rumore galleggiante fuso di accordi.
Via via si espandono
gli antichi legni
al serpeggiare del canto
e il coro si fa muto.
2 movimento
Ora un tripudio di suoni
forti, modulati e solenni,
un misto di tempesta,
mentre un vento impertinente
irrompe tra le corde vibranti.
Guizzante la bacchetta accenna,
con modi maestri, allinizio
dei movimenti e gioiosa si avvita
e si acqueta.
3 movimento
Un rombo inquietante,
un rullio convulso batte il tamburo
come cardiopalmo.
Melodia armonica
di sinfonico coro, angelico e mistico.
Sussulto: tutti accaniti
sugli strumenti divini,
sembrano colti da improvviso furore.
Il suono si fa ritmo incalzante, tuono,
immenso turbine di arie antiche.
Scendono solenni dallalto
delle acustiche vlte,
si sviluppano e di colpo si arrestano.
Lasciano una gioia solare
sullo scroscio di mani
di un pubblico sazio.
Una sera al concerto
38 - La Serpe
F
rancesco Bruno uno dei personaggi pi presenti e attivi nella vita culturale
palermitana, non solo perch sensibile ai richiami delle varie organizzazioni
che la animano, ma perch un instancabile produttore di pubblicazioni che spa-
ziano dal campo scientico-lologico, alcune di assai notevole interesse, a quello
letterario, che forse quello che lo intriga di pi, rivelatore di unindole creativa che
merita rispetto.
Egli ancora esem-
plare di quella genia di
medici umanisti, assai
frequente, e di mitiche
tradizioni in Sicilia, per
lo pi caratterizzata
dalla curiosit dellos-
servare, dal gusto del
dettaglio e soprattutto
dalla verve ironico-co-
municativa con la quale
viene loro di tradurre in
pagine e cos smussare
ogni aspetto, anche do-
loroso, dellesistenza. E
in ragione di tale verve
accade che spesso in essi
il linguaggio suole ap-
pianarsi alla franchezza
e alla facilit quasi po-
polare.
E perci, ove si tratti
di versi, in essi non va
cerata tanto la omoge-
neit del suono o delle
forme quanto il bisogno
del dire e del farsi inten-
dere.
ELIO
GIUNTA
*
libri nostri
*
Undici personaggi e un solo autore
Quaderni del
Giornale di Poesia Siciliana
2011
39 - La Serpe
Tali considerazioni ci
vengono subito in mente
nello scorrere le pagine di
questa sua ultima fatica.
Undici personaggi e un
solo autore, sorta certo da
unidea piuttosto geniale,
quella di tentare una libera
trasposizione poetico-anali-
tica del celebre testo piran-
delliano: provare a utilizzare
le forti nozioni esistenziali
su cui si mosse Pirandello,
per contraccambiarli con la
bonoma degli affetti fami-
liari con cui si fanno i conti
ogni giorno e a tondo dei
quali la vita non pare offrire
altra arcana realt. Sar cos
che i personaggi possono
anche diventare undici, se
undici sono quelli da cui si
vede circondato.
Dunque Bruno inizia col celebrare il noto dramma in oggetto e ne nge un rifa-
cimento per mescolare a suo modo meditazione e celia. La meditazione muove dal
soggetto Pirandello che colloca gli attori sulla scena a dover costruire una trama,
oscillando tra i termini esistenziali destino, disagio, umore tetro dellanimo, casua-
lit, tra i quali le sei ben note gure fanno capolino a rappresentare, come sappia-
mo, limpossibilit di essere accolti nella vita vera, essendo come ombre senza un
fu damore, e quindi a ribadire la funzione della vita stessa che non pu essere altro
che teatro, commedia o dramma, alquanto problematica.
Dietro tale complessa revisione dellopera del grande agrigentino, in Bruno per
pi che la tristezza, si fa strada, specie a partire dal quarto atto, linventiva catartica.
Pu essere celia, se si vuole, e tutto sommato un modo di proporre come per celia
il singolare commento a quel che Pirandello gli ha suggerito. Bruno confessa insom-
ma il pudore di chi presume servirsi di un oggetto che ama e venera per apporvi la
sua chiosa, personalissima: allontanarsi dal soffocante palcoscenico pirandelliano
per avvertire di trovarsi pure a recitare una propria parte nella commedia della vita,
ma quella normale, tra personaggi attori della propria famiglia, dove pure c stupo-
re ma anche vero amore. Il che dunque per una visione rassicurante dellesistenza.
Come un conto che vuoi chiudersi in positivo.
40 - La Serpe
S
e farai il Chirurgo ti renderai conto di quanto bella questa professione;
purtroppo per quando, nonostante la lotta e limpegno, succederanno cose
come questa, ti prender lo sconforto e ti chiederai se non sarebbe stato meglio fare un
altro lavoro.
Carla era la prima paziente che il giovane Neri Mantovani vedeva morire. La
ragazza aveva 17 anni, pochi meno del futuro dottore, ancora studente, chiamato a por-
gere i ferri per una appendicite acuta. Neri Mantovani ha ripensato spesso a quelle
parole, ma per trentacinque anni non si mai pentito della sua scelta professionale.
Ha sofferto, pianto, gioito sapendo comunque di aver fatto sempre il proprio dovere.
Ed ogni lacrima, come ogni sorriso, ha contribuito a rafforzare la sua convinzione di
aver scelto la strada giusta, che ha continuato a percorrere con umilt e tanta umanit
no a quando non ha deciso di diventare scrittore. E lo ha fatto con lentusiasmo che
ha sempre messo nel suo lavoro, anche con la stessa umilt, privilegiando il linguaggio
semplice di chi non deve sfoggiare la sua cultura o il suo stile ma solo contagiare il
lettore, raccontandosi attraverso pagine di vita vissuta con intensit ed amore, dalle quali
ognuno ricava sicuramente stimoli per amare di pi il suo lavoro, per essere grato a chi,
in famiglia, tra gli amici o i colleghi, lo sostiene e lo capisce. Anche nei momenti difci-
li. Ma Neri Mantovani, al quale mi lega una
amicizia ormai antica e che quindi conosco
bene, so che diventato scrittore soprattutto
per se stesso: per continuare, ne siamo certi, a
vivere la sua professione e per la sua professio-
ne, a ricordare i momenti della sua vita profes-
sionale da dottorino a chirurgo apprezzato,
dalla bambina che aveva inghiottito gli spilli
ed al fabbro ustionato, alle operazioni che gli
hanno dato sicuramente pi prestigio e forse
soddisfazione ma che non gli hanno fatto cer-
to dimenticare quelle sensazioni che lo hanno
accompagnato e graticato per tutta la vita. A
Neri che mi ha dato questa opportunit, il
grazie degli amici maremmani, e che sono tan-
ti, al neo scrittore al quale vanno complimenti
non formali.
GIANCARLO
CAPECCHI
*
libri nostri
*
Secondo scienza e coscienza e...
un po di fortuna
41 - La Serpe
L
i vedo in treno, in aereo, in coda alle poste. Sono milioni gli italiani che, con-
centrandosi nella soluzione di un rebus o un cruciverba, isolano il cervello
per un po dal desolante panorama nazionale (forse le riviste del genere dovrebbe
passarle la mutua come antidepressivi). Lenigmistica ha migliaia di anni: i primi re-
bus si chiamavano oracoli. Anche Cicerone si divert in una lettera: Ti mando una
nave senza prua e senza poppa (togliendo la prima e lultima lettera di navem,
resta un saluto: AVE). Anche se il salto da Cicerone a Gherardo Casaglia temerario
mi avventuro. Conoscevo questo bolognese ora trapiantato a Parigi, come medico
di mia moglie ( ginecologo) e pensai a una omonimia quando lessi un delizioso li-
bretto con quella rma. Lautore si immagina direttore di unagenzia specializzata in
viaggi nel tempo e offre un week-end nella Parigi del 1793 dove sar ghigliottinata
Maria Antonietta; o una settimana a Balaclava nel 1854 per assistere alla Carica dei
600; o cinque giorni a Londra nel 1601 per la prima dellAmleto, alla presenza di
Shakespeare.
Una delizia, dicevo, anche per la minuziosa ricerca storica. Ad esempio sapevo
che ghigliottina prendeva il nome dal suo inventore, Guillotin, ma ignoravo la nez-
za con cui la pubblicizz: nessun dolore, solo un po di fresco sul collo. Mi affascin
il giovane poeta che si avviava al patibolo leggendo Sofocle e quando consegn al
boia il libro, fece unorecchietta alla pagina. Una sera a un concerto jazz, scoprii il
ginecologo Gherardo Casaglia impegnato in un eccellente assolo di batteria: erava-
mo nella cantina di Bologna dove da 50 anni si esibisce la Doctor dixie jazz band
fondata dallostetrico Nardo Giardina insieme a Casaglia (misterioso connubio fra
blues e ginecologia) e nella quale suonarono Pupi Avati, Lucio Dalla, Hengel Gual-
di e anche il divino Satchmo.
Gli chiesi se aveva un omonimo che scriveva libri e mi disse che era lui. Da allora
Gherardo Casaglia divenuto una specie di gradevole ossessione. Mi spedisce pon-
derosi saggi su Mozart o Walt Disney, analisi su Napoleone che a Tilsit si divide con
lo zar la torta del mondo, e poi cronologie musicali, cataloghi, circoli viziosi tipo il
celeberrimo paradosso di Epimenide di Creta: Tutti i cretesi sono bugiardi.
Dunque anchio. Allora, se dico il falso, i cretesi sono sinceri. In tal caso sono
sincero anchio.
Quindi i cretesi... e cos via, scardinando il cervello nei secoli dei secoli, amen.
Ora ha riunito la sua summa in un volume grosso come un vocabolario. Un gran
gioco pirotecnico: curiose ricerche sui palindromi, cio le parole leggibili nei due
Quel pirotecnico Gherardo
Medico, jazzista e scrittore
da: Il Resto del Carlino del 24 gennaio 2010
LUCA
GOLDONI
42 - La Serpe
sensi: il capolavoro RADAR,
acronimo di Radio Detec-
ting And Ranging (dove la
duplice lettura simile alla
riessione delle onde radio;
stravaganti esercizi sui fal-
signicati (Cannibale = ge-
nerale cartaginese ghiotto di
braciole umane. Interprete
= confessore di una famosa
squadra. Traghetto = bat-
tello per ebrei); saggi sulla
genialit asociale (Proust
chiuso in una camera im-
bottita di sughero. Emily
Dickinson isolata in casa
per tutta la vita. Salinger
barricato nel suo cottage dal
1959).
Insaziabile topo di bi-
blioteca, scova gli 89 suici-
di nella storia della musica
specicandone motivi e
modi. Dal trombettista Chet
Baker (salto nel vuoto per
overdose) a ajkovskij (veleno, ricatto per omosessualit), Ludwig II, re di Baviera
e protettore di Wagner (annegamento per schizofrenia), Luigi Tenco (pistola, per
depressione). Tre pagine tte e tetre. Segue un giallo concentrato su una cartolina
postale. E un altro lunghissimo col furto di un tesoro. Per non manca nulla. Eppu-
re qualcosa scomparso. Capovolgete la pagina: al racconto manca la vocale i. Il
libro una slavina di saggi e stranezze: mi chiedo che origini abbia questa bulimia
mentale. Prima ipotesi: il ginecologo, saggista, batterista ecc. non eccelle in statu-
ra e, come tanti piccoletti - Napoleone, Toulouse Lautrec, Maccari, Longanesi, il
ministro Brunetta - si autorisarcito ponendosi traguardi ambiziosi. Altra ipotesi:
Casaglia ha una sovrapproduzione intellettuale e ha bisogno di salassi. I suoi esercizi
sono le sue sanguisughe. In ogni caso lennesimo enigma glielo pongo io. Perch
il mio computer si riuta di scrivere Casaglia e il correttore automatico modica
sempre in Canaglia?
Suggerisco anche la chiave: il computer ce lha con te e con tutti i giocolieri che
violano lintegrit della parola, anagrammandola, schematizzandola e rovesciandola
come un calzino. Capito lantifona, caro Gherardo Canaglia?
43 - La Serpe
A
breve distanza da Vite presunte, recensito nel 3 numero de La Serpe dello
scorso anno, compare questo nuovo volume che porta in prima pagina di coper-
tina il ritratto di una bella ragazza in costume ciociaro ed in quarta pagina un elenco di
sedici opere dellautore (in prosa ed in poesia) ad iniziare dal 1973.
Il libro descrive luoghi, paesi, storia, leggende e costumi ciociari, ma, soprattutto,
paesaggi, nel fare la quale cosa lautore ha modo di esplicare la sua vena poetica, se
vero che poesia vuol dire anche ispirazione e suggestione. Egli parla, oltretutto, in prima
persona ed al passato remoto, cos che il lettore non sa quando ha avuto luogo il viaggio,
ed ha modo, pertanto, di poterlo disperdere in una dimensione collocata tra favola e re-
alt; e di favola, infatti, sembra che si parli quando lautore descrive paesi collocati sulla
cima di ripide colline, con minuscole strade e piccoli portoni e nestre adornate di vasi
oriti, in luoghi privi di automobili e di modernit; e, soprattutto, quando egli descrive le
relative vallate con una profusione di immagini campestri o boschive, illuminate da una
luce particolare che tramuta e fa brillare i colori; mentre nel verde delle valli si aprono i
portoni dei conventi e delle chiese campestri, tutti accuratamente illustrati negli esterni e
negli interni, abitate da monaci oppure da Madonne e da Santi cui vengono dedicati i riti
e le feste, anchessi dettagliatamente motivati e descritti; con in pi alcune leggende che
si dilungano nei secoli, mentre non mancano i fantasmi (come il cos detto fantasmino
di Fumone, ucciso per gelosia dalle sue sette sorel-
le nate prima di lui); come non mancano note di
realismo sotto forma di frasi dialettali che aforano
dalle labbra degli abitanti del luogo, oppure dalla
descrizione della loro maniera di confezionare vini
ed alimenti; e neppure mancano storie di briganti
e fatti storici realmente accaduti, tanto vero che
con uno di essi si conclude il volume: ovvero con
la trafugazione del corpo di Celestino V e con il
suo rocambolesco trasferimento da Ferentino a
LAquila, avvenuti nel 1327 (31 anni dopo la sua
morte), con la partecipazione, anche, di una ignara
contadina che supponeva di trasportare sul pro-
prio capo non pi che un materasso, entro il quale
erano invece contenute le spoglie del Papa.
*
libri nostri
*
Viaggio in Ciociaria
LIA
BALDASSARRE
44 - La Serpe
U
n romanzo dellepoca scorsa (1851 da Melville trentaduenne), scritto con
perizia di studioso del mare, fantasia grandiosa, complessit psicologica e
ricchezza epica, nello oscuro ed insidioso tragitto della Pequod, cos acutamen-
te legato alla nostra storia presente, potremmo motivare che il permanere di senti-
menti di impotenza di fronte alla scontta generano ancora desideri di vendetta.
Nel caso di Melville conosciamo il potere enorme del mare sullanimo dellauto-
re, le sue multiformi scenograe, le probabili suggestioni di uno spazio vasto e pro-
fondo, che pu incutere terrore per limpotenza di dominarlo; senza sapere quanto
potr chiederti e che cosa potr offrirti.
La storia inizia dal mare e si consuma lungo una vicenda che tutti conosciamo,
di vendetta estrema che ho creduto
di denire simbolo delle umane
scontte.
Ma Achab aveva staccato il
cuore dal corpo dice Melville e
dato alla Balena Bianca una piega
messianica e punitrice che dalla
scontta porta allunica soluzione,
la vendetta. Tuttavia la scontta
pu avere due modalit di recupe-
ro: accettare il dolore, la passione
del vivere, cercando una risposta
riparatrice diversa, percorrendo
fasi di recupero meno angosciose,
oppure pu dare respiro alla pro-
pria creativit.
Nella speranza di una proba-
bile vita dove si trova un diverso
linguaggio in quelluniverso sco-
nosciuto di cui a volte percepiamo
lesistenza e la verit.
Anche se lorizzonte ancora
lontano e ci sentiamo disorientati
nella impossibilit di oltrepassare
RINA
MUSCIA
Intervento nale
Simbolo delle umane scontte
45 - La Serpe
limiti misteriosi che sono soprattutto dentro di noi, il nostro cuore di pietra, i nostri
gesti quotidiani assumono un ne preciso.
Urge se necessario, a volte, ribaltare i piani del nostro consueto modello di vita,
spesso egocentrico, per non restare isolati, ricominciando la risalita della nostra
identit di individui capaci di un amore condiviso con laltro e con gli altri (Mito-
logia dellaltro un capitolo che tende a chiarire limportanza che laltro assume
dentro di noi). Uscire dunque dal tempio del nostro universo e donare parti di noi
in uno scambio reciproco nella vita intesa, arte dellincontro.
Per me stato tutto questo, ma principalmente il beneco uso del linguaggio
poetico, inteso come essenziale per bruciare parole, pensieri e paure vane. Melville,
che soprattutto considerato poeta, evita una concettuale determinazione del suo
messaggio poetico. Diciamo per che tuttavia si arresta al simbolo e alla fantasia nel-
la magica atmosfera di allusioni e di riscontri, in un alone di mistero in cui si esprime
la crudele tensione della lotta. Metaforicamente linconoscibile e lirraggiungibile
rappresentati dalla Balena Bianca.
Purtroppo Moby Dick non stata la sua Musa beneca, ma la dea vendicatrice
coltivata da uno stato di evidente paranoia del protagonista.
Alla ne per chi la cerchi, la Musa creativa potenzialmente viva in noi: ognuno
ha le proprie Muse, le proprie leggende, le proprie trascendentali creativit, che
portano a credere di seguire un possibile destino di bellezza e di eternit e non di
vendetta e di lotta degli opposti.
Cambiando linguaggio, trasformandolo in un linguaggio poetico si riesce a
dare speranza e verit alla mitologia dellaltro, inteso come parte della nostra uma-
nit e completamento del nostro essere nel mondo.
Riscattiamo cos anche le nostre scontte riconducendole allamore e non allodio
in uno scambio di valori e di speranza crescenti e nel perdono, che nel tempo ar-
chivia crepe e silenzi.
46 - La Serpe
Liriche LUIGI
GASPARRONI
La prima neve
Mi sorprende
lesteso imbiancamento
del mattino
e lo strano silenzio delle strade.
Lenti passanti vanno alla deriva,
cani randagi vagano guardinghi.
giunta furtiva la prima neve
sulla citt tuttora addormentata.
Mi sorprende,
nel languido chiarore della luce,
questa danza di magiche farfalle
ed i tuoi occhi fermi alle nestre.
Mi sorprende
memoria daltri giorni tutti presi
da battaglie gioiose sulla neve
con lanima innocente
e spensierata
rivolta ad altri cieli senza ne.
Con te
Con te e con il sole andremo lontano.
Non dobbiamo salire su quel carro
dellindifferenza e dellegoismo,
ma camminare sereni
sulla strada dellumilt e dellamore
e quando verr quel giorno
sar lieto il momento dellapprodo.
47 - La Serpe
C
hi sa come mai ora, quasi novantenne, mi viene in mente questo titolo di un
libro che mi prest mia cugina Silvia quando ero ventenne.
Gli ultimi raggi del sole di ne autunno sorano le querce di villa Aprile e traduco-
no in notte un protratto crepuscolo. Ricordo che il libro era bello e che la sua trama
trattava di una giovane coppia della piccola borghesia con la sua passione, le sue dif-
colt, il suo amore. Ero giovane e non mi sentivo lontano sul piano umano dai pro-
tagonisti del romanzo, tanto che lo lessi e lo rilessi. Ora io, che oggi trascorro giornate
e nottate in compagnia di trattati umanistici o scientici, vivo una tardiva atmosfera
nostalgica in una societ ormai quasi solo edonistica, consumistica, positivistica. Alle
volte penso: di che ti lagni? Malgra-
do le difcolt, gli accidenti, i momen-
ti di nervosismo giusticabili o no, ti
andata fortunatamente bene; ricordati
che sei partito dallo zero e adesso,
pover uomo?
Se intorno a te il mondo compie
dalla sua origine il suo giro inarresta-
bile tu seguilo come ogni esistente fa
da ogni alba a ogni tramonto senza
desiderare di pi Si parva licet
componere magnis e a te, piccolo
essere, non deve essere lecito com-
ponere magnis Memento homo,
quia pulvis es.
Cos lormai vecchio Giuseppe Pa-
rini, dolorante e infangato per la sua
caduta nella ghiacciata neve urbana,
pur non abbassandosi per duolo n
alzandosi per orgoglio, se ne torna
al suo tetto, forse brontolando, ma
senza n rimorsi n morticazioni da
parte di chi ride vedendolo cadere;
magari come un pover uomo o, me-
glio, come un galantuomo.
E adesso, pover uomo? PEPPINO
PALESCANDOLO
48 - La Serpe
L
anfranco Luzi, medico, scrittore e poeta, ricostruisce dalle origini la storia
delle Ancelle dellIncarnazione. Si tratta del primo studio su questa Con-
gregazione che arriva no ai nostri giorni. Lautore passa in rassegna molteplici gu-
re, ma indubbiamente al centro dellintero studio spiccano due personaggi: Padre
Primo Fiocchi, fondatore delle Ancelle, e Madre Annunziata Montereali.
Sensibilit, amore, professionalit fanno s che le doti di Luzi conuiscano in una
ricerca che travalica ogni aridit storica: i dati, le testimonianze, le fonti tutte docu-
mentate (basti citare i Diari e gli Epistolari, le Regole, oltre laccattivante corredo
fotograco), sono ltrati attraverso la passionalit e labnegazione che contraddi-
stinguono il medico-scrittore. un percorso cronologico, al cui interno si aprono
luminosi squarci sul presente. Lautore spesso ci parla dei suoi incontri, del ruolo
preziosissimo delle Ancelle al suo anco nelle corsie dospedale (presso il presidio
Salus Inrmorum dellA.C.O.
San Filippo Neri di Roma), di
quel torrido 2009 (cos crucia-
le per le ricerche sulla storia del-
la Congregazione), dei suoi paesi
(lAbruzzo, lalto Lazio). Ma il
principale riferimento alla quoti-
dianit sta nel soffermarsi su tutto
ci che di straordinario ed unico
presente in ogni essere umano.
Lincontro con il dolore diviene
per Luzi momento di riessione,
mai di angoscia, piuttosto sempre
di visione positiva, dove la forza
della Fede pone in unottica tra-
sversale alla mediocrit umana.
Ne consegue che, paradossalmen-
te, lelemento teologico (e questo
il bello!) nisce per diventare se-
condario, nel senso che Luzi mette
in primo piano lUomo, con le sue
debolezze siche, sulle quali si sta-
Congregazione ancelle dellincarnazione
le origini, la storia
ROSARIO
MANFREDI
49 - La Serpe
glia la sua grandezza dani-
mo; in altri termini, Luzi
vede nellIncarnazione
e nel Vangelo non tanto
Dio in s, quanto lUomo
come immagine di Dio; il
medico-scrittore fa sua la
pragmaticit dellinsegna-
mento evangelico, laddo-
ve ci narra una storia che
tanto pi divina quanto
pi umana. Luzi oltre-
passa il credere in Dio
lo vede! ed a proposito
di Camillo De Lellis scrive: professionalit e cuore insieme, rivolti alle cure delles-
sere umano inteso come tuttuno, un corpo ed unanima (p.18). Ogni passo in-
nervato nella concretezza delluomo, non in contrapposizione alla spiritualit, anzi,
parte integrante di essa, manifestandosi negli occhi dellUomo-paziente che egli,
giorno per giorno, incrocia nei letti dospedale. Una lezione derivata direttamente
dal camilliano Padre Fiocchi, che d vita alle Ancelle dellIncarnazione proprio
per rimediare a ci che ai suoi occhi appariva come qualcosa di tanto ingiusto quan-
to incomprensibile, un vero e proprio oltraggio dellanima: siamo negli anni trenta,
dilaga la tubercolosi, alle giovani destinate alla vita religiosa, ma colpite dalla ma-
lattia, viene imposto di lasciare il convento. Si chiede Padre Fiocchi: perch non
donare loro, una volta guarite, la possibilit di consacrarsi a Dio vivendo in pienezza
lamore al Mistero dellIncarnazione? (p. 25). La risposta non si far attendere ed
avr il volto inconsapevole di Annunziata Montereale, condannata allesclusione
dai primi cenni della malattia (1943), ma che rivestir un ruolo determinante nel-
la storia della Congregazione, divenendo la prima Madre Generale della Famiglia
religiosa e guidandola per ben ventiquattro anni, no alla morte (1973). Cos, dal
primo gruppo romano ed abruzzese, via via no alla prima Casa a Chieti nel 1949,
alla prima vestizione delle Ancelle (1956), alla Casa romana, al riconoscimento
della Congregazione (marzo 1957), per poi rompere gli orizzonti, varcare loceano e
realizzare il sogno delle missioni con le case in Bolivia (1987) e Colombia (2007), il
tutto attraverso sofferenze e separazioni dolorose, dubbi e speranze tutte umane
e tutte divine Tra gli anni 1951 e 53 ecco poi le Regole e le Costituzioni, che an-
cora una volta vedono Padre Fiocchi principale artece; egli sar anche tra i primi
a proporre alla Congregazione di leggere e vivere gli Atti del Vaticano II, lavoran-
do sui documenti no ai suoi ultimi giorni (settembre 1984). Arrivano, cos, gli
anni di Madre Teresa Tomassini, nuova Superiora Generale (1974), che dar lavvio
allevangelizzazione in sud America.
Suor Luciana, missionaria in Bolivia, Osp. di Santa Cruz
50 - La Serpe
Altre gure, inoltre, sincastonano in un percorso che, dunque, sfugge ad una rigida
struttura cronologica, offrendo moltissimi excursus ed emozionanti parentesi, dove
lautore si lascia andare a riessioni, testimonianze personali; basti pensare allincontro
con suor Gemma (ultima ad essere ancora viva del gruppo di postulanti e novizie che
conobbe Madre Annunziata tra il 1940 e il 1943) oppure al Santo Camillo De Lellis (a
cui dedica un intero capitolo) o ancora a Livia Pierantoni (santa, che il 13 novembre del
1984 immoler la sua vita in una corsia dospedale) ed inne, per gettare uno sguardo
alla storia che si fa attualit, a Madre Mercedes Belpasso (attuale Superiora Generale)
e suor Enrichetta Reginelli (attualmente Economa della Congregazione, che, infatica-
bilmente, dedica ogni giorno della sua vita allassistenza degli anziani).
Incontri vicini nellanima,
ma talvolta lontani nel tem-
po: strane coincidenze, in
un viaggio tra cielo e terra,
dove spesso cielo e terra si
toccano, dove paesi come
Pozzaglia Sabina, divengono
crocevia di anime
Sembra giocarci il poeta-
Luzi, sapendo bene che non
c niente di pi serio del gio-
co quando si sta Dalla parte
di Dio. Il medico - scrittore
- poeta ci propone una nuo-
va geograa e prospettiva
E la sintonia di Luzi con Padre Fiocchi totale, principalmente per lafatus poetico:
la poesia del Fondatore delle Ancelle fotograca, per conservare nella memo-
ria immagini, idee e riessioni su persone care (p. 87). Egli sta, appunto, Dalla parte
di Dio, proprio quando afora la fugacit del tempo, la presenza della paura, del do-
lore, della morte; una poesia catartica, che funge da strumento dindagine per lanima,
alla ricerca dei pi nobili sentimenti umani: lamicizia e la carit. Anzi proprio nella
lirica Ad un poeta, Padre Fiocchi si rivolge ad un lettore-poeta e, da poeta a poeta, lo
invita a prestargli il suo cuore e i suoi pensieri per leggere la sua pena. Solo partendo
da un tale l rouge, che supera ogni distanza temporale, si pu capire no a che punto
Luzi ci presenti una ricostruzione pervasa, capitolo dopo capitolo, da un fervore che
contagia ed entusiasma.
Cosa ha spinto Padre Fiocchi, Madre Annunziata ieri e Madre Mercedes oggi?
Cosa spinge il nostro poeta-medico ogni giorno ad unabnegazione totale? Qual il
motore di questa enorme giostra di gioie, dolori, ansie, speranze, illusioni, di morte,
vita e rinascite? Verrebbe da rispondere nel modo pi semplice, che poi anche il
pi giusto: lAmor che move il sole e laltre stelle. Da poeta a Poeta.
Madre Mercedes Belpasso in terra di missione
51 - La Serpe
Quello strano intreccio
tra medicina e scrittura
N
ella ricca kermesse della Notte della cultura si anche parlato di libri. Il
CIRS ha organizzato lincontro dibattito sul tema Perch il medico scrive
con tre medici che coltivano la passione. Alfredo Buttafarro*, cardiologo, che ha
presentato il racconto La casa di Natale Urd; Giuseppe Ruggeri*, medico legale
e giornalista, che ha parlato del suo giallo Per dovere di cronaca; Pasquale Rus-
so*, neurologo, che ha commentato il suo diario intitolato Dal camice al pigiama
e la giornalista Letizia Lucca che ha moderato il dibattito.
Ma da dove nasce il connubio medicina scrittura?
Apparentemente sembrano due mondi distanti ma gi in epoca ellenistica molti
medici si occupavano pure di letteratura e losoa. Anton Cechov scriveva: La
medicina la mia sposa, ma il vero amore lo faccio con la letteratura. Partendo
da questa citazione sono emerse tutta una serie di teorie sul perch il medico o lo
scienziato provi questa forte attrazione per la letteratura e per larte in genere. Che
la letteratura da sempre abbia attinto alla malattia e alla sofferenza cosa risaputa,
basti pensare alla peste ampiamente descritta da Manzoni ne I promessi sposi,
al mal sottile come veniva denita la tubercolosi in certe opere di ne ottocento
oppure alla malaria e al colera ampiamente trattati in buona parte della letteratura
dellottocento e del novecento.
Gi da questo si evince il sottile legame che corre tra larte e la medicina.
Ma perch lo scienziato attratto dalle humanae litterae?
Una delle spiegazioni emerse nel corso dellincontro sottolinea linterfacciarsi
con la malattia, la sofferenza e il dolore con la necessit di trovare uno sfogo, cos
come gi sosteneva Carlo Cattaneo. Per lui larte rappresentava la necessit del me-
dico di difendersi dalla monotonia e dalla tristezza della professione, un mondo
privo di amarezza in cui rifugiarsi. Daltronde pur vero che la malattia e il dolore
offrono parecchi spunti narrativi. Quante storie si potrebbero scrivere tratte da vi-
cende vissute nei reparti dospedale? Altra tesi su cui ci si soffermati vede nel me-
dico un profondo conoscitore delluomo. Egli scandaglia nel profondo dellessere
umano, relazionandosi con il paziente e la sua umanit.
Dalle pagine dei libri dei tre medici emerge, infatti, una grande conoscenza
dellintimo umano e della sua psiche.
* Complimenti ai nostri soci Buttafarro, Ruggeri, Russo. (n.d.r.)
C.I.R.S. Comitato Italiano Reinserimento Sociale
da:
GAZZETTA
DEL SUD
del
25-2-2011
52 - La Serpe
U
n giorno, di un mese, di un anno che non ricordo, vivevo in una citt stretta da
mura molto alte, tanto alte che non si scorgeva il sorgere del sole, il suo calare
lento e la oca luce della luna, quando appariva non mascherata nel buio delle nuvole.
Quel giorno lontano presi il mio primo autobus in partenza per lavvenire e, con un
balzo, legai la mia mano al maniglione di plastica bianca e mi portai davanti, con la ferma
intenzione di parlare al conducente; costui aveva un viso rugoso, vissuto e con qualcosa
di logoro intorno alle tempie, una faccia consunta ed a tratti scolorita, ma che si accese al
momento di raccontare la sua storia.
Prima di andare avanti e indietro, sempre sulla stessa via, lautista di nome Mos fa-
ceva il pastore nelle vicine Murge: il cappello sempre calato sugli occhi destate come
dinverno, con il solito lo di fumo del sigaro che usciva lento e appena accennato span-
dendo quel tipico aroma di legna bruciata e di vecchi portoni tarlati. Ed era lungo, il suo
segreto e sommesso parlare con animali sonnacchiosi che, per ore, stavano a capo chino
guardandolo appena, ogni tanto.
Dopo molti anni e un evento (non del tutto chiarito) di rapimenti spirituali e di folgo-
razioni di campagna, Mos decise di abbandonare la sua vita solitaria e pensosa, segu un
corso di abilitazione alla guida e compr, con il modesto ricavato della vendita del gregge,
un autobus quasi dismesso, con la scaletta scorticata che saliva sul tetto, i nestrini ridotti
ad un obl da un tenace strato di polvere ed i sedili di nta pelle marrone con larghe ferite
da cui sgorgava una spugna ingiallita.
Il vecchio pastore non scelse per un percorso del tutto usuale. Infatti la strada che
era tenacemente coperta ogni giorno dal traballante mezzo, portava in un lungo ed ampio
viale, con ai margini alti platani dalla chioma odorosa. Ogni fermata portava dei nomi, a
volte a coppie: Francesco, Giovanna ed Andrea, Abdel, Fausto, Giorgio.
Ecco la fermata Francesco disse lautista, frenando con largo anticipo e con un suo-
no lungo e doloroso. Francesco era un manager affermato e dirigeva una grande industria
produttrice di armi delle quali non si chiedeva mai la destinazione. Non aveva importan-
za, insomma, a che cosa sarebbe servito il fucile, il pugnale o la granata, ma quanto pote-
vano rendere e quanto il graco del fatturato, sempre in salita, poteva illuminargli il volto
dallo schermo del computer. Finch un giorno, entrando in ufcio, la vetrata incomincio
a girare intorno come una giostra sempre pi veloce e gli sembr che una palla di fuoco
lo colpisse giusto in mezzo alla sua liscia fronte, riempiendola di rughe profonde come
crepacci. Cos, Francesco, il guerrafondaio, sal sullautobus di Mos, sedendosi sempre
allo stesso posto, sulla sinistra del lunotto posteriore.
Le fermate dellautobus NICOLA
SIMINI
53 - La Serpe
Ecco la fermata Giovanna e Andrea. Giovanna e Andrea si erano sposati in un caldo e
terso giorno di agosto. I rami dei salici si piegavano sulle loro teste, inarcati come braccia
in una danza, appena mosse da un vento africano e i loro giovani corpi erano come senza
peso. I due guardavano lontano verso una piccola casa che li aspettava: forchette, piatti,
le sedie scelte insieme tra un bacio e laltro, un grande portaori e i molti quadri dipinti
da Andrea: paesaggi dei loro viaggi insieme, volti e strade talvolta deserte, ma nelle quali
mai si erano sentiti soli. Giovanna era una sportiva di gare di fondo e la sua specialit era
la maratona: quando correva, non pensava e, passo dopo passo, indirizzava avanti il suo
deciso sguardo felino; come una regina, la gente le faceva ala, mentre la sua persona vi-
brava ad ogni metro superato. Quando partor, nessun dubbio la sor: la sua maratona
sarebbe stata il far orire sua glia come un bocciolo di rosa. Smise di correre, ma la sua
gura rimase come sempre leggera, no al giorno in cui quel bocciolo di rosa cominci
ad avvizzire. Anche i due giovani sposi salirono dunque sul vecchio torpedone ansimante,
sedendosi sulle poltrone a destra del conducente, con il loro fagottino in braccio.
E lautobus and verso la fermata Abdel. Abdel era un nordafricano, un tuareg. Il co-
lore giallo del deserto lo avvolgeva, con le sue sferzate di vento e le sue solitudini di silen-
zio; Abdel si sentiva a casa sua nelle situazioni climatiche pi estreme, trovando sempre il
modo di uscirne, come quelle lucertole che sollevano a turno gli arti per non bruciarseli e
come gli avevano insegnato gli avi. Il ricordo struggente dei racconti serali, vicino ai fal,
lo aggrediva spesso durante il lavoro alla catena di montaggio, lasciandolo senza ato a
chiedersi perch mai avesse lasciato la sua terra, con i suoi fantasiosi e misteriosi manufat-
ti, per un lavoro ripetitivo e vuoto. Un lavoro la cui perdita costrinse quelluomo libero,
ad una delle forme pi umilianti di servit: laccattonaggio. E fu proprio uno di quei tanti
giorni, uno uguale allaltro, trascorsi con il cappello teso, che il berbero letteralmente si
accartocci su se stesso, con le monetine a rotolargli sul marciapiede. Allora, nellautobus
di Mos prese posto anche lui, seduto dietro di me.
Alla fermata successiva, Fausto, il professore di losoa, apparve insieme al ricordo di
uno scampanellio: quello che segnava lentrata o luscita dalle aule oppure linizio della
ricreazione o il momento di entrare nel grande refettorio dalle ampie volte. Il professore
parlava spesso ai suoi ragazzi di Epicuro e delle sue considerazioni sullesistenza di Dio:
molto difcile credere che un Essere di immensa bont e onnipotenza, possa permet-
tere lesistenza del male, per quei miserabili che egli stesso ha creato, come per un capric-
cio. Nello stesso tempo, per, Fausto sentiva un senso di gratitudine verso una direzione
non ben denita, nei momenti in cui si dedicava al suo sport preferito: il surf. sul liquido
in movimento e sul suo grande respiro che lagnostico realizzava la sua losoca felicit:
la linea dellorizzonte si inclinava, poi si riaggiustava e un immenso sipario di gocce gli oc-
cupava la visuale, schiaffeggiandolo, no a che lacqua profonda lo accoglieva come in un
grembo, rimandandolo su verso un benevolo e caldo sole. Steso poi sulla battigia e con gli
occhi chiusi, latleta-losofo sentiva il cervello svuotato di ogni pensiero. Le malattie sono
indifferenti anche ai pensatori, per cui Fausto sal volando nel corridoio, strizzandomi il
suo occhio bruno.
54 - La Serpe
Ed eccoci a Giorgio, il medico. Cosa voleva dire essere medico allora? Signicava ag-
girarsi in un territorio di vittorie e scontte, sempre alla difcile ricerca della guarigione,
unico vero onorario dei cerusici. La messe di dati e informazioni sulla salute era come
una inondazione, nei cui pantani non sempre si riusciva a distinguere il vero dal falso.
E in questo confuso panorama spesso si perdeva quel rapporto del tempo in cui la perso-
na malata si afdava amorevolmente alle cure e a quella attenzione e dedizione autentica
di chi affondava le mani nelle piaghe, per ritirarle poi pulite sentendosi soddisfatto del
suo giusto operato.
Negli anni, Giorgio confrontava sempre pi spesso la sua solitudine con quella della
persona che aveva di fronte, persona spesso cadente e disillusa, ma anche piena di lampi
di saggezza intrisa di ricordi; di fronte ai racconti il vestito del dottore cadeva, i numeri di-
ventavano un fatto relativo ed anche le funzioni organiche di chi gli parlava, sembravano
rinvigorite e non pi racchiudibili negli schemi rigidi di una dottrina. E venne il giorno in
cui quello che era il tenace studente della facolt di medicina, si trov ad oltrepassare, il
conne oltre il quale il disturbo sico non pi nellelenco di una pagina di carta patinata,
ma qualcosa di vero, che ci riguarda nel profondo delle viscere e che ci viene spiattellato
tra le pause del caff, lasciandoci inermi. Senza pi camice da tempo, Giorgio si sedette
accanto a Mos e prese il microfono in mano.
Lautobus era percorso da quel ume continuo che formano le parole, da cui emergono
a tratti frasi riconoscibili che, come pesci, si rituffano nel brusio informe, per riprendere
il loro corso. Dopo che Giorgio ebbe ottenuto il silenzio, sottolineato solo da rumore del
motore, disse, con il pi dolce sorriso del mondo: Andiamo, raccontatemi e raccontatevi
cosa sono diventate le vostre vite dopo la malattia ed i lunghi anni bui che sono seguiti.
Chi vuole cominciare?.
Francesco scosse il suo caschetto di capelli biondi come loro e si appollai sul brac-
ciolo del suo solito posto.
Il trafcante di armi, preso come da una febbre, per molti mesi e di continuo, aveva
percorso le vallate tropicali della Sierra Leone sul suo fuoristrada, cercando i bambini-
soldato; e ogni volta che ne incontrava uno, sprofondando in quegli occhi scuri come la
notte, lo caricava su; poi prendeva il Kalashnikov e lo sbatteva come una furia sulle pietre,
no a renderlo inservibile, irriconoscibile e frantumato in tutte le sue parti: lotturatore, il
grilletto, il calcio ed il mirino volavano per aria, sparsi contro lazzurro del cielo, persi per
sempre nello spazio. Quindi, ripreso il meditabondo andare con la jeep, cominciava a rac-
contare una aba, sempre diversa e non pensata: la favola veniva su da sola, viveva di una
vita propria e parlava di compiti in classe, di deschi familiari, di preghiere e di canti antichi,
di suoni lontani di tamburi. E il bambino-soldato lo guardava assorto cingendogli la vita.
Giovanna e Andrea, nel tempo lasciato libero dalle cure della bambina, frequentavano
una comunit di handicappati; tante e diverse erano le storie, tutte concluse in quella se-
dia a rotelle, pronta e ripiegata, in fondo ad un corridoio. Ma Giovanna non si limitava ad
imboccare, a parlare, a cambiare di posizione e somministrare farmaci; il momento pi en-
tusiasmante del giorno era quando, facendo forza sui suoi lunghi e nervosi muscoli, spin-
55 - La Serpe
geva correndo i suoi sfortunati passeggeri e li vedeva nalmente ridere: su e gi per salite
e discese, senza sapere neanche dove andare, non avendo il percorso nessuna importanza;
salutando a destra e sinistra e guardando su lo sgranarsi delle cime degli alberi come gi
le le di formiche in processione, Giovanna, con la sua carrozzella, si lasciava indietro i
mali del mondo, insieme ai propri mali. In genere queste bizzarre corse, si concludevano
in un bar di campagna, dove li accoglieva un oste con i mustaches, che sembrava uscito
da una vecchia stampa e che offriva quanto di meglio aveva, offendendosi al tentativo di
pagamento. Quando poi, snita, la maratoneta tornava al suo bocciolo di rosa, questa
sembrava pi orita, con le braccia che, come petali, si aprivano verso il sole.
Abdel, dopo la malattia, torn al deserto. E si mise a cercare lacqua. Quante volte ave-
va visto stagliarsi sullorizzonte, reso incerto dal calore, quelle sensuali gure di donna che,
camminando come danzando, portavano i loro otri sulla testa, per chilometri. E quante
volte aveva penato per le sorelle e le madri cadute su quelle strade dellacqua, dopo lincon-
tro con bestie feroci o uomini ancora pi feroci. Lo scavo dei pozzi iniziava allalba, quan-
do il sole decideva ad ardere sul lo delle dune e non prometteva niente di buono. Solo un
cappello slacciato di paglia proteggeva la testa ricciuta di color bronzo, dalle grosse orec-
chie pendevano degli orecchini luccicanti ad anello e la fronte era una cascata di sudore,
ogni tanto detersa da una manica di camicia altrettanto slacciata. Abdel sembrava uno di
quei schiavi della Martinica ormai affrancati, e scavava, scavava con la vecchia trivella, con
la pala, con le mani, con le unghie nch il geyser prorompeva e lacqua sembrava liberarsi
dalla prigionia della terra, per poi ricadere con i suoi spruzzi sul berbero ritrovato. Ma il
lavoro non niva l: occorreva portare al villaggio ci che il deserto aveva per tanto tempo
nascosto; in quel momento il tuareg ritrovava il suo istinto, balzava a cavallo e srotolava
al galoppo dei tubi di gomma nera, no allo spiazzo in mezzo alle capanne, dove veniva
portato in trionfo, in mezzo a bambini che si disperdevano in tutte le direzioni.
Fausto lasci linsegnamento della losoa, per dedicarsi ad una forma ancora pi
avvincente di riessione: lastronomia. Si trasfer allora nellosservatorio cileno di La Silla
e fece non poca fatica a convincere i responsabili della struttura ad accoglierlo nei ranghi.
Dopo il superamento delle barriere burocratiche, incominci i suoi instancabili studi: di
notte e di giorno, con il naso allins, regolando le viti micrometriche dei telescopi, tra-
slava e manovrava con manovelle gli apparati, come se fossero dei cavalli meccanici; e le
lenti diventavano linnita estensione robotica dei suoi occhi. Sfogliando testi e proiettan-
do mappe digitalizzate arriv ad elaborare una singolare teoria sullorigine delluniverso:
allinizio cera solo un magma informe, senza inizio e senza ne, senza forma e senza
odore, senza colore e senza luce; il magma era percorso da una grande, irrefrenabile e
indenita energia, il cui disordine era pari solo alla sua ostile e arida potenza. Ad un certo
punto, per ragioni inspiegabili, quel vortice incomprensibile divent brezza e, percorren-
do limmensit, si distese e compose in una linea, prima retta, poi circolare e ancora ellit-
tica: orbite si disegnarono con lentezza e su di esse si adagiarono pianeti, galassie e soli,
cominciando un movimento di danza ad incastro. Tutto trov il suo posto e alcune stelle
avevano unatmosfera azzurra, dove ogni forma di vita pot tuffarsi. Allosservatorio tutti,
56 - La Serpe
ormai, avevano adottato Fausto, scherzando bonariamente sulla sua fantasia, ma nello
stesso tempo, trovando in essa uno stimolo continuo allo studio matematico e sico.
Giorgio rifer nel microfono di non fare pi il medico, almeno nel senso comune del
termine. Infatti aveva scoperto la possibilit di esercitare una sua qualit rimasta sepolta
sotto le ore e ore di grigio studio: un effetto terapeutico empatico, dovuto alla sua parola,
alla capacit di raccontare e a quella di ascoltare; una taumaturgia che pareva sempre
avere il suo effetto e che prescindeva da qualsiasi titolo accademico, la stessa dellamante
del dottor Zivago, improvvisata e dolente infermiera di guerra che, con il suo intenso
sguardo, ammirava il suo indomito e fragile poeta.
Quando si trovava davanti ad un malato, dopo i primi convenevoli e gli atti strettamen-
te professionali, si poneva in una condizione di vigile attesa e, immancabilmente, il malato
gli riferiva quel particolare disturbo, quel fatto accaduto, quel medicamento assunto che
innescavano un processo intuitivo; si realizzava quella osservazione rispettosa ed umile
della mirabile e insondabile complessit biologica; perch mille sono i circuiti del corpo
e mille i cortocircuiti possibili e ogni giorno, quando ci alziamo al mattino, ci laviamo i
denti, facciamo ginnastica o solleviamo la cornetta del telefono, quando camminiamo e
beviamo lacqua limpida di un ume, la nostra vita un miracolo e unininterrotta catena
di armonie. Cos Giorgio salutava il suo malato, che varcava la soglia dopo aver preso la
sua gentile stretta di mano e la ricetta telegrafata.
Ora lautobus fermo ai margini della strada e la voce del suo motore un borbottio;
dal tubo di scappamento fuoriesce a tratti un fumo nero e Mos rovista allinterno del
cofano aperto, mettendosi a volte due dita sul labbro inferiore per riettere. Le cicale
friniscono, molti sono i passeri che frullano tra i rovi e i papaveri ondeggiano lievemente,
facendo da altalena a farfalle variopinte. I passeggeri sono sparsi nei campi e aspettano,
sereni, sotto querce maestose: parlano tra di loro, ridono e si rincorrono, cogliendo qual-
che co maturo. Non sapendo che fare, prendo lo straccio nel cruscotto, salgo sul paraur-
ti anteriore e, mantenendomi allo specchio retrovisore, pulisco dalla polvere lindicatore
di destinazione e leggo Terra Promessa.
Finalmente si riparte ed uno ad uno, Francesco, Giovanna ed Andrea, Abdel, Fausto e
Giorgio risalgono sul loro torpedone, sapientemente resuscitato dal suo autista.
Ora che siamo di nuovo in viaggio non posso resistere alla tentazione di chiedere a
Mos cosa facciano quelle persone nel suo veicolo e che scopo abbia quel viaggio e la
nostra guida risponde: La malattia stata per loro un motore di trasformazione, uno
stadio della vita e una forma di riscatto. Ora che sono tutti insieme, con la consapevolez-
za del loro comune destino, sono solo uomini, senza veli, senza avidit, senza rancore; e
sono uniti in un progetto in cui possono credere: quello dellingegno e della capacit della
mente delluomo di superare il male e la stessa morte.
Sto per ricominciare a parlare di Epicuro, ma Mos d una rabbiosa spinta sul pedale
dellacceleratore e si riavvia i lunghi capelli bianchi, divenuti ormai tuttuno con la barba.
Lautobus ora si allontana e le pozze dellultimo temporale estivo hanno un impercettibile
movimento ondoso ai lati della strada.
57 - La Serpe
*
concorsi
*
Premio Letterario Nazionale Citt di Arona
Gian Vincenzo Omodei Zorini medico-scrittore
XIII EDIZIONE - 2011
Lattivit dellassociazione raccolta e presentata nel sito
http://premiogvoz.altervista.org
Informazioni:
cell. 340.77.43.137 - premiogvoz@gmail.com
LILT
Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori
sezione provinciale di Parma
Premio Letterario Nazionale Flaminio Musa
XXXII EDIZIONE - 2011
Informazioni:
tel. e fax 0521.98.88.86 - parma@lilt.it
Premio Pavese 2011
letterario, di pittura e di scultura
Per informazioni e richieste del bando:
Cepam, via C. Pavese, 20 - 12058 Santo Stefano Belbo
Tel. 333.93.79.857 - 014.18.44.942 - 014.18.40.990
www.centropavesiano-cepam.it
info@centropavesiano-cepam.it
58 - La Serpe
P
rego vivamente i soci che inviano testi per La Serpe di attenersi scrupolosa-
mente a quanto segue:
inviare gli elaborati solo tramite e-mail
(nic.avellino@gmail.com - nic.avellino@libero.it);
gli elaborati dovranno pervenire gi corretti dallautore;
fare attenzione a: accenti, apostro, corsivi;
fare attenzione a: virgolette (apertura e chiusura);
limitare lestensione dei testi al ne di poter inserire pi lavori.
Vi comunico che sar costretto, mio malgrado, ad inserire i testi cos come li
ricevo, senza dovervi apportare correzioni di stampa.
Non me ne vogliate: la lettura per le correzioni degli errori di stampa faticosa,
ardua e perno sterile.
Considerate con benevolenza le mie minacce e promettete di adeguarvi alle
prescrizioni come costume dei galantuomini umanisti come voi.
Per la Pasqua vi ricordo tutti e vi auguro la pace, la prosperit ed ogni bene.
Un abbraccio corale
Per la redazione
Nicola Avellino
Prescrizioni LA
REDAZIONE
Pompei,
1 marzo 2011
59 - La Serpe
Cognome Nome Titolo genere n pag
Amoroso Santi Versi afdati al vento R 4 14
Anonimo Attivit assistita dallasino (onoterapia) S 4 42
Arcioni Alberto Vite presunte R 3 26
Ascoli Riccardo Lusso e lussuria S 2 7
Baldassarre lia Carlo Cappelli: Magnamaru R 1 43
Carlo Cappelli: La civilt egeo-appenninica R 3 29
Carlo Cappelli: Nesso e Zigan R 4 24
Ios Peverati: Su la scia dla cumeta R 4 59
Baldassarre Luigi La rimonta del cardinale S 1 29
Barbagallo Rosa Quinto Ennio, lAlter Homerus di Rudiae S 2 14
Battigalli Oreste Il belvedere delle rimembranze N 4 17
Benatti Mario Due Parole R 1 38
Bramanti Giuliano Pollicino palla di fuoco N 3 43
Brini Gianfranco Valentino Venturi: Il ragazzo che perse la guerra R 3 16
Brischi Gino Accadde in inverno R 3 39
Bruno Francesco Poeticando R 1 20
Tra scienza e utopia S 4 49
Buttafarro Alfredo Parole senza musica R 3 14
Angeli tristi R 4 27
Camerani Carlo Poesia delle foglie secche P 1 19
Il numero verde N 3 55
Casaglia Gherardo Un disastro navale e uno musicale S 2 20
Cavalli Pier Luigi Capretti alla sinistra di Dio R 1 48
Crotti Daniele Organo gerosolimitano N 1 7
Il gallo di Pietro N 4 12
De Leonardis Elisa Chi Chi N 3 31
A chi mi legge N 4 29
Dionigi Franco Comicit o ironia... A 1 44
Satura quidem tota nostra est A 4 33
Indice per Autori anno 2010
N narrativa, P poesia, S saggistica, R recensione, A altro
n numero del fascicolo anno 2010, pag. pagina
a cura di
CARLO
CAPPELLI
60 - La Serpe
Fiorato Silviano Liriche P 3 40
Corrado Tumiati: scrivere e curare S 4 9
Zibaldino secondo S 4 45
Finocchiaro Natale Antonio Lera: LAquila bella mia R 3 33
Forleo Romano Luomo che curava le donne R 3 15
Gasparroni Luigi Premio Nazionale Mario Gori P 1 3
Poesie Haiku P 3 37
Luigi e Alessandra Figure e simboli della ceramica popolare S 2 26
Imperatore Alfredo Perch non possiamo non dirci cristiani S 1 17
Pulcinella. Pulecenella S 3 51
La Selva Dino Uno scherzetto del caso N 1 10
Uno strano caso. Gli ebrei di Sannicandro Garganico S 2 32
Brevi soste R 3 36
Laudieri Edme Liriche P 4 58
Laurora Antonio Il suonatore di auto R 1 28
Lera Antonio LAquila bella mia P 1 36
Agape R 4 7
Luzi Lanfranco La cima pi bella N 4 25
Maiello Francesco La regina dellanima P 1 45
Il genetliaco P 3 27
Manfredi Rosario Fernando Petrone: La leggenda di Falanto R 4 21
Mantovani Ranieri Brunetta Scotti, primo medico condotto della Toscana S 3 19
Marchetti Ivana Il segreto della vittoria R 3 42
Marchetto Marco Alprazolam. Storie di killer, precari e sognatori R 3 41
Marigliano Giovanni Tot A 1 57
Ancipiti miranda imagine A 4 57
Mazzilli Gaetano Benvenuto ai Congressisti A 2 5
Le battaglie del Mediterraneo S 2 38
Melas Silvana Il monile doro e altri racconti R 4 8
Moressa Pierluigi La poesia del mistero. Giovanni Pascoli R 3 38
Un cuore di rondine R 4 48
Muscia Rina Perizie del tempo R 1 40
La scontta di Achab R 3 10
Psicologia femminile e creativit S 4 51
Negri Cristina Premio Letterario G.V. Omodei-Zorini A 3 17
Palescandolo Peppino Brava gente N 4 31
Cognome Nome Titolo genere n pag
61 - La Serpe
Pascarella Serana La Tela P 3 60
Bimba pensosa A 3 61
Pasquariello Genno Un napoletano di Taranto S 2 48
Persiani Cesare Se lha detto lui... S 4 15
Petrini Maria Teresa Un ore per Rina N 1 24
Petrone Fernando La leggenda di Falanto S 2 52
Diario del 59 congresso AMSI A 3 3
Peverati Ios Ludovico Schirano, artista tarantino S 2 58
Prati Matteo Psicologia cacopedica R 1 23
Ressa Giuseppe Quella atavica vendetta N 1 14
Quadretti di vita professionale N 3 58
Quello spilorcio petroliere N 4 5
Romani Giannermete Daniele Crotti: Le tre valli umbre R 3 18
Ruggeri Giuseppe Dal sintomo al simbolo. La malattia in letteratura S 2 62
Russo Pasquale Dal camice al pigiama R 1 9
Salzano Giuseppe Frammenti R 1 12
Tra i li dellordito R 3 47
Simini Nicola Liriche P 3 11
Sindoni Francesco Lossimoro S 3 35
Stramignoni Giulio Lombra (tra la solitudine e il cielo) P 3 28
Tango Adriano La baia R 3 50
Thiella Silene K del... S 1 22
Ugolini Daniele I racconti di Samaar R 4 28
Valpiani Patrizia In cantina N 3 12
Ventura Mario Un amore sfortunato N 1 53
Le quattro stagioni P 3 48
Quando la vita sogno N 4 46
Venturi Valentino Ma gli animali sono davvero intelligenti? S 1 3
La notte di Taranto S 2 65
Vittici Camillo Giuseppe Ressa: Quel timido sognatore R 1 46
Zucchini Ernesto Aforismi e paradossi S 1 51
Due silenzi, due fratelli N 3 22
Diversamente S 4 36
Cognome Nome Titolo genere n pag
62 - La Serpe
pag. 8. Mercurio
da: ZEVI, Fausto. Pompei. Foto di IODICE, Mimmo. Banco di Napoli, 1992; vol II.
pag. 9. Ercole che strozza i serpenti
da: ZEVI, Fausto. Pompei. Foto di IODICE, Mimmo. Banco di Napoli, 1992; vol II.
pag. 10. Donna con bastone
da: REA, Domenico. Pompei e la sua pittura. Novara, De Agostini, 1981.
pag. 13. La bella paesana - VITALE, Gaetano
da: AA.VV. Dizionario Biograco dei Meridionali. Napoli, Istituto Graco Edito-
riale Italiano, 1974-75; vol III.
pag. 18. Primo amore
da: AA.VV. Dino Buzzati - Parole e colori. Comune di Cernobbio, 2001.
pag. 20. Vecchia
da: DON PINUZZO. Asturi, mezzo secolo di pittura. Graca Meridionale, 1974.
pag. 26. La vite maritata ai pioppi
da: PANE, Roberto. Napoli, Montanino, 1961.
pag. 36. La merla
da: AA.VV. Gli uccelli. Firenze, Editoriale Olimpia, 1980; vol II.
pag. 37. Flauto
da: BONANNI, Filippo. Gabinetto armonico. Roma, Giorgio Placho, 1722.
pag. 39. Luigi Pirandello studente a Bonn, 1890
da: GIUDICE, Gaspare. Pirandello. Torino, Utet, 1963.
pag. 44. Luomo solo - BERT, Antonio
da: AA.VV. Dizionario Biograco dei Meridionali. Napoli, Istituto Graco Edito-
riale Italiano, 1974-75; vol I.
pag. 45. La balena
da: AA.VV. Nuova Encoclopedia Popolare. Torino, G. Palomba e Comp. Editori,
1846-49.
pag. 46. Omino con la lanterna
da: GALLI, Giovanni, 1978.
Referenze iconograche
63 - La Serpe
Indice
Lera 60 Congresso AMSI 5
Cavalli Il bastone e la serpe 8
Thiella A cena con le amiche 12
Ressa O Professore 14
Rifelli Quasi favole R 16
Venturi Il ore che non colsi 17
Mengozzi Torna Bramanti con il Vchero R 21
Iandolo Parlare a Napoli R 22
Sanchetti I gli dellalbero 23
Bossa Liriche ed acrilici 29
La Selva Camere ammobiliate 30
Crotti I giorni della merla 36
Stramignoni Una sera al concerto 37
Giunta Undici personaggi e un solo autore R 38
Capecchi Secondo scienza e coscienza e... R 40
Goldoni Quel pirotecnico Gherardo 41
Baldassarre Viaggio in Ciociaria R 43
Muscia Intervento nale 44
Gasparroni Liriche 46
Palescandolo ...E adesso, poveruomo? 47
Manfredi Congregazione ancelle dellincarnazione 48
Gazzetta del Sud Quello strano intreccio 51
Simini Le fermate dellautobus 52
Redazione Concorsi 57
Redazione Prescrizioni 58
Cappelli Indice per Autori anno 2010 59
Redazione Referenze iconograche 62
Il nostro sito Internet
www.amsiumanisti.it
da: G. C. CAPACCIO. Trattato delle Imprese. Napoli, G. Carlino e A. Pace, 1592.
In prima di copertina:
La Margherita. da: FAVOLE DI TRILUSSA.
Disegni e fregi di Duilio Cambellotti. Milano, Longanesi, 1980. 2 ed.
Per gentile concessione degli eredi Cambellotti
Sul frontespizio:
Pompei, Domus Vettiorum, Amorini Medici. Immagine a stampa inizi 1900
La Rivista viene inviata gratuitamente ai Soci A.M.S.I., agli Ordini
provinciali dei Medici, alle Biblioteche ed agli Amici dei Medici Scrittori
Stampa:
CSD sas di Somma Giovanni Battista
Torre Annunziata (Napoli) - Marzo 2011
Autorizzazione:
Tribunale di Torre Annunziata n 6/2007 del 2 aprile 2007
Autorizzazione:
Poste Italiane S.p.A.
Spedizione in abbonamento postale 70% CNS-CBPA/S/07

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