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Tendere allautorealizzazione

Introduzione Spesso si legge, quasi esclusivamente in rete, di come l'individuo sia soggetto al dominio di un elite di persone, un oligarchia, che tenta in tutti i modi di controllare l'uomo per renderlo un individuo passivo, concentrato a seguire squalificanti programmi televisivi e sport in modo da distrarsi dai problemi reali. Addirittura si ipotizza come una razza o pi razze aliene controllino l'essere umano per i pi svariati interessi. Non voglio negare come alcune di esse siano teorie affascinanti e valide, che seguo tra l'altro con un partecipato interesse senza negarmi per, un minimo senso critico in modo da potermi districare ed orientare nel magma delle informazioni incontrollate e talvolta poco serie. Temo che tali considerazioni, seppure propedeutiche ad acquisire maggior consapevolezza e punti di vista diversi e divergenti, tendano a dequalificarci come esseri umani in modo che, se la colpa fuori di noi, possiamo liberarci delle nostre personali responsabilit e puntare il dito su qualcun'altro al motto "i mostri sono loro", potendo cos rimanere sostanzialmente uguali, senza tentare minimamente un cambiamento delle nostre abitudini. Siamo tutti propensi a cambiare la societ, gli altri, i governi ma difficilmente sentiamo una responsabilit personale sulla nostro situazione. Oppure, spesso si fanno denunce senza proporre qualche soluzione efficace come se, la semplice consapevolezza sia in grado, da sola, di cambiare qualcosa. E' mia opinione che un cambiamento seppur minimo possa avvenire attraverso un lavoro su noi stessi e in quei contesti, come la scuola, che possono permettere di portare a compimento la "chiamata personale" degli individui, facendosi promotrice di una societ pi sana e democratica. Per questo credo sia importante concentrarsi non tanto sull'aspetto esclusivamente razionale o nozionistico, ma sulla possibilit che ogni soggetto possa divenire ci che , in modo da tendere ad uno dei bisogni fondamentali dell'uomo: la propria autorealizzazione.

Motivazioni e attribuzioni del s Uno dei presupposti fondamentali di ogni sistema educativo, ci che dovrebbe stare a cuore ad ogni insegnante, rendere le persone in grado di utilizzare le proprie capacit al meglio, e capire di quali potenzialit siano dotate. Al di l delle retoriche, dovremmo chiederci se il compito del sistema educativo sia quello di riempire di concetti gli studenti, di renderli funzionali esclusivamente al mondo del lavoro, come se fossero automi senza emozioni, aspirazioni e sentimenti. Lo scopo dell'educazione non pu quindi prescindere dalle esigenze di autonomia, benessere, dagli interessi personali, dai desideri, dalle aspirazioni e dai bisogni del soggetto. Una struttura scolastica pi umana non pu prescindere da tali importanti variabili, e una societ consapevole e pi funzionale dovrebbe favorire, a mio avviso, l'auto-realizzazione delle persone. All'interno del sistema scolastico si tende generalmente sostenere miglioramenti di tipo quantitativo usando strumenti come i giochi educativi e i modelli didattici. Senza tenere conto che tali strumenti, da soli, non possano garantire un adeguato apprendimento. La visione che accomuna la mente dell'uomo ad un semplice elaboratore di informazioni, non contempla gli aspetti motivazionali del soggetto e non tiene nella giusta considerazione l'esistenza di un comportamento motivato e di un comportamento passivo. Per capire meglio ci, si pu fare riferimento alla teoria dell'autodeterminazione di Deci e Ryan (1985) basata su una scala motivazionale che va dal gradino pi basso a quello pi alto. Nel primo scalino abbiamo il livello pi basso di motivazione, quello meno sentito, rappresentato dal senso di dovere, caratterizzato da un comportamento di tipo obbligatorio, in cui la motivazione avvertita come determinata dall'esterno (motivazione estrinseca). In questo caso il soggetto agisce ed regolato in base ad un sistema di premi e punizioni tipica impostazione delle teorie comportamentistiche, di cui Skinner ne il rappresentante pi emblematico. All'altro polo invece abbiamo la massima motivazione, ovvero l'obbiettivo viene percepito come parte di s ed importante per la propria formazione (motivazione intrinseca), (Mo, 2010). Molto spesso l'istruzione sembra associarsi alla motivazione e viene subita piuttosto che essere percepita come fonte di crescita e di miglioramento del s. Il sistema educativo privilegia, come fu rilevato da Rogers , l'adeguamento degli studenti alle richieste dell'istituzione piuttosto che la promozione del pensiero autonomo, critico e divergente. L'identificazione tra educazione e valutazione e la concentrazione eccessiva e ossessiva sugli aspetti nozionistici (come se questi da soli esaurissero il compito educativo) diverge da ci che Rogers ad esempio propone, ossia di focalizzare le risorse formative sulle tecniche di appropriazione di adeguati strumenti euristici e procedurali (Bruzzone, 2007). Questi strumenti permettono di giungere alla scoperta di nuove teorie, alla risoluzione di problemi, grazie all'uso dell'intuito e alla capacit prettamente umana di utilizzare scorciatoie che permettono di immaginare situazioni nuove e giungere a soluzione creative. E' interessante evidenziare, a questo proposito, l'importante contributo di Gardner (1987) che fornisce una visione meno monolitica dell'intelligenza. Egli critica la visione classica dell'intelligenza come immutabile e unipolare, dove i test del QI la fanno da padrone, individuando sette talenti differenti. Lo studioso, opponendosi alla mentalit che divide le persone in due categorie distinte (intelligenti e non), estende la classica concezione dell'intelligenza, quella verbale e quella logico-matematiche, aggiungendo altri cinque attitudini. Tra queste egli include la capacit spaziale, ossia l'abilit di percepire e rappresentare gli oggetti visivi anche in loro assenza, tipica degli artisti; le abilit interpersonali tipiche di coloro che sono capaci di comprendere gli altri, di entrare in empatia e di percepire gli stati d'animo altrui; l'intelligenza intrapersonale ovvero quell'abilit che permette di conoscere se stessi, utile ad avere una crescente autoconsapevolezza; quella cinestesica rilevabile principalmente nella padronanza e coordinazione dei movimenti del corpo e infine l'abilit musicale consistente nel riconoscere variazioni di tempi, timbri e toni. L'importante distinzione di Gardner permette di focalizzare meglio uno dei compiti formativi di maggior rilevanza. Un evento formativo che possa ritenersi significativo non pu prescindere dal dedicare forze e impegno alla comprensione delle attitudini che ogni individuo possiede. Non pu esimersi perch, capire l'insieme dei talenti propri di una persona, essenziale per favorire lo sviluppo soggettivo e la capacit di esprimersi in base alle proprie caratteristiche. Si assistito, con l'avvento della tecnica, ad uno sviluppo inimmaginabile della tecnologia che ha inevitabilmente posto in secondo piano le capacit interiori in quanto difficilmente misurabili. Oggi in realt si rileva un nuovo interesse per tutto ci che riguarda genericamente l'anima, i sentimenti e le emozioni, anche se utile scorgere in tali aspetti una valorizzazione di stampo prevalentemente consumistico. Se abbiamo incrementato la scienza fino a spingerci a livelli impensabili per l'uomo pre-moderno, per quanto riguarda la formazione umana e la sua personalit egual sviluppo non avvenuto. La personalit, che si forma necessariamente nell'interazione sociale, subisce di conseguenza l'imperante l'influenza della sofisticazione tecnologica. Il mancato progredire di queste due polarit non pu che creare degli squilibri nell'integrit umana. Come rileva Rogers: lavoriamo assiduamente per liberare l'enorme energia dell'atomo e il nucleo dell'atomo. Se non dedichiamo altrettanta passione- e anche altrettanto denaro- alla liberazione delle potenziali capacit individuali, la grande discrepanza fra il livello delle nostre risorse fisiche e quello delle nostre risorse umane ci destiner a una distruzione meritata e universale (Bruzzone 2007). Capire e incentivare l'autonomia realizzativa permette l'affrancarsi dalla necessit di essere guidati (eterodiretti) e consente di prendere coscienza delle proprie possibilit e di sviluppare la necessaria padronanza per essere liberi dai condizionamenti che operano come pressioni esterne. Non un caso che l'opinione altrui abbia cos forza sull'uomo sociale e che le varie manipolazioni a cui siamo soggetti con i mass media condizionino in modo significativo il nostro comportamento. Questa vera e propria manipolazione viene chiamata da David Riesman (1950) eterodirezione che definisce: un atteggiamento attivo nella ricerca della conformit. L'insegnamento scolastico non pu prescindere dalla formazione umana intesa nel suo complesso e da un educazione che permetta e incoraggi la presa di coscienza delle peculiarit personali. La consapevolezza del proprio s consentirebbe (ipoteticamente) autonomia dal giudizio altrui e renderebbe possibile concentrare le energie sulle modalit d'apprendimento e non solo su contenuti e nozioni, fornendo agli individui l'opportunit di imparare ad imparare. Questo approccio suggerisce di adottare e di utilizzare tecniche diverse d'apprendimento a seconda degli stili cognitivi, delle abilit possedute e dalle

specifiche modalit d'apprendimento degli alunni, riportando il soggetto discente al centro del percorso educativo. In quest'ottica l'aspetto valutativo ha la sua importanza ma solo come strumento utile a misurare un percorso di crescita. Occorre sottolineare a questo proposito, che la percezione del voto scolastico ha un importanza particolare. E' importante evidenziare come gli studenti avvertano questo feedback in maniera diversa; alcuni, ad esempio, percepiscono il voto come una valutazione sulla persona e vivono il compito come una conferma della loro intelligenza o della loro inettitudine. Carol Dweck (2007; p. 19) definisce questo stile: la teoria dell'intelligenza come entit, ovvero il percepire le proprie capacit cognitive similmente ad un tratto fisso che non pu cambiare perch giudicato immodificabile. La studiosa definisce invece coloro che possiedono una visione meno stereotipata dell'intelligenza come orientati alla padronanza. Per questi soggetti l'intelligenza tutt'altro che un tratto fisso ma qualcosa che possibile modificare e incrementare nel tempo. Essi focalizzano gli sforzi sul lavoro, sull'uso di strategie diverse, sull'impegno e sulla conseguente previsione d'imparare qualcosa che li far crescere. Un insegnante funzionale dovrebbe necessariamente fornire una prospettiva di miglioramento e sviluppo delle abilit preesistenti. Ci si configura come un compito gravoso per il fatto che comunemente si abituati a concepire l'intelligenza come un tratto fisso e poco modificabile. Naturalmente questo dipende dal tipo d'educazione impartito dai genitori e ritengo che l'immaginario comune sia sostenuto da credenze che concedano troppa fiducia ai test che misurano il QI. Carol Dweck (2007) come abbiamo visto, ha individuato due teorie del s, relative a come gli studenti percepiscono la propria intelligenza: la teoria dell'entit e quella incrementale. La prima categoria si limita generalmente a dimostrare agli altri e a se stessi, di essere capaci impegnandosi in compiti che (per predisposizione) confermino le abilit possedute. Ci presuppone che difficilmente, la persona con tale concezione, si impegner in compiti complessi o ritenuti tali perch le sfide sono ritenute una minaccia all'autostima. La seconda categoria percepisce la propria intelligenza sostanzialmente flessibile perch non avvertita come un tratto fisso pertanto, grazie all'impegno, possibile incrementarla e raggiungere gli obiettivi agognati. Essi risultano meno preoccupati nel risultare intelligenti e capaci e si concentrano maggiormente sull'obbiettivo d'imparare qualcosa di nuovo in funzione di un aumento della loro padronanza. Sotto l'impulso della padronanza le persone raccolgono le energie nel cercare strategie capaci di superare le difficolt, aumentare le competenze e padroneggiare compiti ogni volta pi complessi. Per questi individui perci l'eventuale insuccesso rappresenta una sfida che pu, se superata, condurre ad una grande gratificazione. I possessori di una teoria dell'entit, per l'autrice maturano quella che definisce un impotenza appresa ossia un tipico atteggiamento che un nutrito numero di studenti hanno verso le difficolt e gli insuccessi. In questi casi un compito complesso richiama reazioni votate a sminuire le proprie capacit intellettive. I soggetti di questa categoria tendono a denigrarsi o autosabotarsi per conservare la propria autostima. Per loro gli obiettivi preminenti sono quelli che permettono di ottenere giudizi positivi sul proprio operato evitando, se possibile, quelli negativi. Da queste considerazione si pu dedurre che la differenza tra i due stili dettata da ci che gratifica maggiormente: se la gratificazione estrinseca e contrassegnata dall'importanza data al giudizio altrui o dalla possibilit di ricevere dei premi, si ha uno stile entitario. Nell'altro caso la soddisfazione nasce da un bisogno interiore, contrassegnato dal sentirsi in grado di superare gli ostacoli, acquisire sempre maggior capacit e sono definibili come possessori di uno stile orientato alla padronanza. La psicologa, attraverso le sue ricerche, ha constatato che la differenza tra i due stili sia da imputare al significato che le due diverse categorie assegnano all'impegno. Per gli entitari l'impegno sintomo di mancanza di abilit e l'intelligenza si dimostra quando i problemi e i compiti vengono risolti nel pi breve tempo possibile. Per gli incrementali invece l'impegno la condizione necessaria per ottenere dei successi e la consapevolezza di come solo attraverso di esso si possa crescere. Dweck dimostr in classe questa ipotesi per mezzo di test matematici. Individu un sufficiente numero di studenti che provenivano da ripetuti insuccessi scolastici e che svilupparono una risposta d'impotenza di fronte alle difficolt. Suddivise gli alunni in due gruppi uguali. Al primo, fu assegnato un docente che focalizzasse maggiormente l'attenzione sui successi favorendone l'ottenimento. Invece il secondo gruppo ricevette un insegnamento definito attributivo. I professori spingevano i loro studenti a capire le cause dei successi o degli insuccessi e veniva premiata la profusione dedicata all'impegno. Dweck constat in poche sessioni che i soggetti indirizzati ad attribuire le cause all'impegno, potevano concentrarsi maggiormente sul compito ottenendo risultati di volta in volta migliori. Al contrario i componenti del gruppo orientato alla prestazione continuava a dedicare un attenzione maggiore ai successi e agli insuccessi,come conferma o meno della propria intelligenza, in questo caso quello che pi importava loro era dimostrare le abilit possedute, palesando come la motivazione che li spingeva dipendesse pi da fattori esterni. La cosa sorprendente era la constatazione di come gli studenti del secondo gruppo, anche dopo l'esperimento, dimostravano in classe un desiderio d'imparare maggiore rispetto a prima, addirittura richiedendo pi compiti. Invece gli alunni del primo gruppo, anche se abituati al raggiungimento dei successi, dimostravano una persistenza di risposte negative quando affrontavano delle difficolt, nonostante l'entusiasmo nel superare certi compiti mediamente difficili doveva in teoria indurli ad una maggior fiducia. Il fatto sconfortante di questo modello la constatazione di come il comportamento di questi soggetti non venga minimamente intaccato, rimanendo sostanzialmente uguale a prima. Nel sistema educativo, sia genitoriale che scolastico, purtroppo prevalente la tendenza ad assegnare un gran valore al successo ed a mistificare l'insuccesso. Tale comportamento, generalmente in buona fede, tenuto spesso a fin di bene. Molti genitori, nel sostenere i loro figli, tendono a lodare l'intelligenza perch il senso comune ripercorre strategie che consentano di salvaguardare la fiducia nelle loro capacit credendo che un complimento, a differenza di una critica, possa infondere una miglior difesa al s della persona. Questo probabilmente dovuto ad una concezione stereotipata delle lodi che vengono concepite come un rinforzo atto a superare le difficolt. Ma come provano gli studi succitati, le lodi alla persona tendono a renderlo dipendente dall'approvazione esterna, perch percepite come una conferma o meno del proprio valore. A mio parere la loro azione inficia l'autonomia del giudizio personale poich, dipendendo da una fonte esterna, diventa impossibile maturare una stima di s indipendente. Invero, come afferma la Dweck, il desiderio di confermare la propria intelligenza non crea le condizioni ideali per imparare qualcosa. Anzi probabilmente tende a favorire l'emergere di sintomi negativi (quali l'ansia), che possono risultare un ostacolo al raggiungimento di certi obiettivi, siccome possono condizionare l'individuo ad agire in maniera sufficientemente funzionale. Tale dinamica si ripresenta anche nelle aule scolastiche e riflette un modo di intendere l'educazione occupata a perseguire prevalentemente i risultati. L'individuo valutato quasi esclusivamente in base alle prestazioni senza prevedere un percorso che lo conduca verso l'autonomia e lo sviluppo delle sue abilit. Questa considerazione avvalorata dalle ricerche svolte da Dweck sui due stili differenti e in proposito sembra che l'ambiente eserciti un ruolo fondamentale nel delineare un tipo di attribuzione rispetto all'altra. E' doveroso introdurre altri studi come quelli condotti da Kagan e Snidman (citato in Dweck 2000) che hanno tentato di dimostrare, come possa il temperamento influenzare l'atteggiamento adottato nelle circostanze problematiche, infatti possibile che una determinata indole dia risposte improntate al coraggio o alla timidezza ma non sembrano essere cos importanti nel contrastare un cambiamento. Infatti queste caratteristiche innate, seppur influenti, non dovrebbero diventare determinanti come dimostrano gli esperimenti svolti successivamente della Dweck e i suoi collaboratori.

Essi dimostrano come critiche e lodi da parte dei soggetti educativi, condizionino pesantemente la tipologia di stile adottata, invece una critica rivolta all'impegno pi che alla persona, permetteva di attendersi risposte da parte dei bambini pi orientate alla padronanza. Non solo, esse confermavano la teoria sull'inefficacia di un uso scorretto della lode. Infatti la lode ritenuta comunemente un incentivo positivo per rinforzare la volont, eppure sembrerebbe rappresentare un serio ostacolo nel processo formativo dei giovani. Questo perch tenderebbe a giudicare pi il complesso della persona piuttosto che l'impegno. La ricerca condotta da Dweck e Kamins (citato in Dweck,2000) in una scuola materna tesa a dimostrare tre scuole di pensiero in rapporto al modo d'educare con tre tipologie di feedback diversi utilizzati. Ella divisero i bambini in tre gruppi. Nel primo gruppo la maestra esprimeva un feedback che indirizzava gli scolari all'uso di strategie differenti. Nel secondo gruppo l'attenzione era rivolta a rilevare un comportamento adatto, chiamato feedback sul risultato. Infine col terzo gruppo si voleva constatare in che modo una critica sul complesso della persona (feedback sulla persona) influisse sul comportamento successivo. I risultati hanno confermato sostanzialmente le scoperte precedenti, che confermavano quanto la critica incentrata sulle strategie producesse risultati pi soddisfacenti. Quest'ultima tecnica infatti tende a favorire maggiormente un'emancipazione dei bambini perch permette di usare metodi di risoluzione dei problemi in maniera pi profonda ed elaborata. In tal ambito veniva dato maggior risalto all'impegno e al lavoro come mezzi indispensabili ad acquisire padronanza. Per quanto riguarda il terzo gruppo viceversa si rilevavano le risposte peggiori rispetto agli altri due: si evidenzi come gli allievi conseguirono una maggior sfiducia nelle proprie capacit allorquando si palesavano delle difficolt e manifestando risposte di impotenza e sentimenti fortemente negativi. Il feedback sulla persona sembra pertanto annoverare risultati negativi in quanto agisce come un giudizio sulla persona. Gli individui che sviluppano una teoria dell'entit sembrerebbero, visti questi risultati, quelli pi fragili. Questa tipologia di persone, interiorizzerebbero dai genitori che il loro valore sotteso da un buon comportamento oppure dall'ottenimento di buoni risultati scolastici. Per ottenere il loro amore per rinuncerebbero alla specificit che li caratterizza, con la conseguenza a conformarsi ai desideri dei genitori compiacendoli con comportamenti desiderabili. Le istituzioni scolastiche forse dovrebbero tenere in dovuta considerazione questi aspetti. Un progetto educativo dovrebbe occuparsi innanzitutto di modificare le false credenze degli individui, le loro convinzioni demotivanti e utilizzare strategie in grado di far acquisire la necessaria padronanza delle loro abilit agli studenti. Personalmente sono sostenuto dal convincimento che ogni persona sia una combinazione inimitabile di ricchezze, abilit e capacit e credo nella necessit di concepire un educazione interessata a riconsegnare all'individuo la possibilit di compiere la sua chiamata. La conseguenza di ci l'affiorare di un essere umano pi soddisfatto di s e forse potrebbe ottimisticamente contribuire al miglioramento della convivenza sociale dal momento che, la sua partecipazione al bene comune, contribuirebbe verosimilmente a trovare un senso alla sua vita. Probabilmente mai come oggi l'uomo, inserito in un sistema spersonalizzante, sente pi forte questa esigenza, tuttavia esprimere se stessi e partecipare attivamente alla vita comunitaria, sentendosi utili, darebbe un maggior significato all'esistenza umana. I programmi scolastici a mio avviso dovrebbero contemplare una formazione dei professionisti aggiornati sulle nuove ricerche e in grado d'indirizzare gli studenti verso gli obiettivi pi utili per loro. Cos come ha dimostrato Dweck possibile ottenere risultati migliori per gli studenti, contemplando modalit educative alternative ai modelli che vanno per la maggiore, ella infatti ipotizza che gli studenti orientati alla padronanza e quelli orientati all'impotenza abbiano sostanzialmente obiettivi differenti. Ci pu prevedere un risalto maggiore alle motivazioni, come costrutto fondamentale indispensabile all'apprendimento. Far nascere una motivazione sentitamente intrinseca, risulta quindi premessa indispensabile per favorire un orientamento alla padronanza. La prassi potrebbe essere quello di riportare ( nei casi dei soggetti con motivazione estrinseca) il controllo decisionale dall'esterno verso l'interno consentendo perci di creare le condizioni affinch un soggetto possa autodirigersi efficacemente. La distinzione tra motivazione estrinseca ed intrinseca importante sotto quest'ottica ma non completamente esaustiva. White (citato in De Beni, Mo, 2000) infatti estende il concetto di motivazione intrinseca, dimostrando in quale modo la curiosit e il bisogno di esplorazione non siano semplicemente la soddisfazione di un desiderio, bens la volont di padroneggiare e controllare l'ambiente per sentirsi efficaci e competenti. Tale esigenza viene nominata effectance, un bisogno che convalida la tesi della motivazione intrinseca, in quanto si manifesta spontaneamente anche in assenza di rinforzi, addirittura nel caso in cui il comportamento venga punito. Conseguentemente la bassa percezione di sentirsi capaci pu far sentire il bambino come controllato dall'esterno facendo diminuire la motivazione all'effectance. In proposito Harter (citato in De Beni, Mo, 2000) ha proposto una teoria interessante ipotizzando che qualora il bambino venga sostenuto gi ai primi tentativi di padronanza ottenendo rinforzi positivi, tende a sviluppare una maggiore emancipazione in proiezione futura da questi feedback esterni. Esso infatti tende ad interiorizzarli, diventando autonomo dall'approvazione altrui. Al contrario se il bambino viene scoraggiato o non sostenuto in questi primi tentativi di competenza, egli sentir il bisogno di continue approvazioni esterne, sviluppando in questo caso, un tipico atteggiamento che Dweck definirebbe entitario. Conclusioni Queste riflessioni sullo sviluppo della motivazione intrinseca possono risultare fondamentali per un insegnante. Ma un ruolo fondamentale lo svolgono i genitori rimasti in gran parte ancorati ad un sistema di stampo pavloviano che prevede sostanzialmente i classici premi e punizioni per regolare il comportamento. Il sistema scolastico forse, dovrebbe farsi portavoce e tramite di un educazione pi consapevole dove gli insegnanti, in sinergia con i genitori, si occupassero di questi aspetti, visto che la responsabilit educativa non pu esaurirsi esclusivamente negli edifici scolastici. Di conseguenza se venissero concentrate pi energie verso un emancipazione vera, i futuri adulti avrebbero maggiori possibilit di cercarsi un benessere duraturo non solo materiale ma anche psicologico e spirituale. Una motivazione interiorizzata pu essere ottenuta nell'eventualit che l'ambiente sociale favorisse la giusta indipendenza e un rinforzo dell'autonomia. Essa sarebbe inizialmente sostenuta con rinforzi adeguati da parte dei soggetti educativi e una volta appresi farebbero parte del bagaglio di conoscenze dell'individuo, finalmente indipendente da sostegni esterni perch comprenderebbe come premiarsi e punirsi. Wiggins (1990) infine invita ed auspica ad un cambio di prospettiva: Si tratta di accertare non ci che lo studente sa, ma ci che sa fare con ci che sa. Queste prospettive possono gettare le basi per un processo educativo pi centrato sulle abilit e caratteristiche dell'allievo. Sentendosi al centro dell'interesse e maggiormente responsabilizzato, l'individuo pu essere pi motivato a seguire un percorso di crescita, se percepisce l'insegnante come un sostegno capace di guidarlo alla sua "individuazione". Oltre ad essere meno assoggettato alla pervasivit di una valutazione fine a se stessa, l'allievo accettato per quello che per le peculiarit e potenzialit, in un processo che ha come scopo finale il disvelamento della sua identit.

Bibliografia

Bruzzone D. (2007). Carl Rogers. La relazione efficace nella psicoterapia e nel lavoro educativo. Roma: Carocci.

Deci, E.l. Ryan R.M. (1985). Intrinsec motivation and self determination in human behavior New York: Plenum Press. De Beni R., Mo A. (2000). Motivazione e apprendimento. Trento:Il mulino Dweck C. S. (2007). Teoria del s. Intelligenza, motivazione, personalit e sviluppo. Trento: Erikson. Gardner H. (1987). Formae Mentis. Saggio sulla pluralit dell'intelligenza. Milano: Feltrinelli. Mo A. (2010). la motivazione. Bologna: Il Mulino. Riesman, D. (1950). La follia solitaria. Bologna. Il Mulino.

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