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04/03/13

Il mio '68 di Marina Piazza | Noi Donne .org


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1968/2008

Il mio '68 di Marina Piazza


Ma io cero dentro questa ventata, proprio dentro questo vento di libert: la passione per la politica che prima era pi ideologica e in un certo senso lontana, in altre parti del mondo - si trasformava nella legittimazione sociale a
Marina Piazza

Io appartengo a quella generazione - che aveva ventanni negli anni sessanta - che Chiara Saraceno ha definito della socializzazione ambivalente, connotata da discontinuit per il sovrapporsi e il mutare dei modelli di normalit femminile. Laccesso consentito allistruzione non comportava di per s nessun progetto emancipazionista forte da parte delle famiglie nei confronti delle ragazze: il pezzo di carta conquistato poteva tranquillamente essere messo nel cassetto o al massimo servire per una professione compatibile con il ruolo di moglie e madre. Si trattava quindi di fare un passo pi in l per sfuggire allideale inoffensivo di emancipata che assicurava il miracolo della compatibilit. Cosa che ho fatto laureandomi prestissimo, andandomene dalla citt di provincia veneta dove vivevo, approdando a Milano per seguire la scuola del Piccolo Teatro. Perch il teatro era la mia passione, ma, come risult abbastanza presto, era solo un travestimento, un alibi, basato su quel desiderio del nuovo, spasmodico, divorante, illegittimo che Simonetta Piccone Stella considera lelemento forte di questa generazione di donne, un po pi grandi dei/delle protagoniste del 68, ma gi trasgressive rispetto ai modelli di normalit. Io volevo essere nel mondo, quindi il passo fu dal teatro al sostegno ai movimenti terzomondisti e guerriglieri. Per la Spagna stata la mia prima manifestazione a Milano: ricordo ancora le cariche della polizia e le ginocchia che mi tremavano. E la politica, il marxismo-leninismo nella versione cinese e maoista, stata la passione che in quel tempo mi ha catturato. Non cera spazio ne per me n per il femminile. I compagni erano davvero neutri, erano persone con cui facevo un pezzo di strada. Anche perch nel frattempo, forse per non saper reggere la trasgressione su tutti i fronti, mi ero sposata e avevo un bambino e facevo quel lavoro da donne linsegnamento - che non avevo cercato, ma che mi consentiva di dedicarmi anche ad altro. Laver fatto tutto prestissimo comportava anche una dissonanza tra quello che esteriormente ero (una donna che lavorava, sposata, con un figlio) e ci che vivevo interiormente: una grande passione, quasi adolescenziale, per i fatti del mondo, della politica, delle trasformazioni sociali. Cos sono arrivata al 68, che ho vissuto a Roma, alla Sapienza, perch nel frattempo avevo seguito mio marito, trasferito per il suo lavoro. Cos andavo alle manifestazioni, cercando di mettermi in posizioni strategiche per evitare le cariche di polizia perch comunque alle quattro e mezzo dovevo andare a prendere mio figlio al nido e non cera nessuno che potesse farlo per me. Cos, dopo la prima manifestazione di Villa Giulia a Roma, arrivai alla scuola dove insegnavo nel turno pomeridiano, alle due del pomeriggio tutta stracciata e con le calze rotte per la gran fuga che avevo fatto gi per la collina, imbastendo improbabili scuse su cadute dallautobus, perch l, pur essendo una scuola superiore, la ventata del Sessantotto non era ancora arrivata. Ma io cero dentro questa ventata, proprio dentro questo vento di libert: la passione per la politica che prima era pi ideologica e in un certo senso lontana, in altre parti del mondo - si trasformava nella legittimazione sociale a vivere, a pensare, ad amare in un altro modo. Gi alcune di noi avevano cominciato a pensarlo, a immaginarlo, a desiderarlo, senza trovare il contesto favorevole. Una ribellione contro le stupidaggini, contro le restrizioni, contro la libert di scelta. E la sensazione di poter appropriarsi delle cose,
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04/03/13

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anche la presunzione. Ricordo che, portandomi dietro il mio tesoro maoista, mi avevano proposto di tenere lezioni alternative sulla Cina, con la presenza come allievi anche dei professori pi aperti. Dopo la prima lezione, ero molto incerta su come continuare e, arrivando di corsa alluniversit, ho provato un certo sollievo nel vedere le camionette della polizia schierate di fronte e quindi non pi la necessit di dire, ma quella di fare : resistenza, strategie ecc. ecc. Dunque la Sapienza era il mio territorio, magari non in primo piano non ci sono state molte leader donne nel sessantotto romano come io lho vissuto -, ma certamente nelle assemblee di base, negli incontri, nelle discussioni, nei gruppi di lavoro che tenevo con gli studenti medi. Nel settembre, sempre per i miei trascorsi terzomondisti, sono stata designata ad andare in Venezuela, come rappresentante del movimento studentesco italiano, al grande incontro degli studenti rivoluzionari latino americani. L ho capito che cosa significa dissonanza: mentre sapevamo che nei monti sopra Merida era in atto la guerriglia e che tra gli studenti vi erano molti giovani guerriglieri, contemporaneamente alle discussioni politiche e alle assemblee (e l, sotto il ritratto di Che Guevara, avevo fatto il mio primo discorso in spagnolo) si svolgeva anche il concorso per Miss rivoluzione studentesca. Ero strabiliata e disgustata. Forse da l, da lontano, ho cominciato a pensare che se la rivoluzione comportava anche lelezione di una miss, cera qualcosa che non funzionava, che forse ci aspettavano altre battaglie, ancora pi coinvolgenti. E per la prima volta ho capito che cera una distanza, che allora non riuscivo a decifrare e che solo pi tardi sarei riuscita a interpretare. E che la propria vita, non lideologia, non la politica in senso stretto, era messa in gioco. (26 febbraio 2008) (26 Febbraio 2008)
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