Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
SEZIONE MONOCRATICA
DOTT. ALESSANDRO NENCINI Giudice
“E IL FATTO CHE IL SUBAPPALTATORE SE NE VADA SIGNIFICA MOLTE COSE. VUOL DIRE CHE È
EVIDENTE CHE IL PROGETTO NON FUNZIONAVA. VUOL DIRE CHE È EVIDENTE CHE NON CI SI
RIENTRAVA NEI COSTI PREFISSATI. VUOL DIRE CHE È EVIDENTE CHE NON CI STAVA NEI TEMPI
PREVISTI. VUOL DIRE CHE SI STAVA REALIZZANDO QUALCOSA DI DIVERSO DI QUELLO CHE SI
ERA DETTO SI SAREBBE FATTO E – ANCHE A VOLER TUTTO CONCEDERE – CERTAMENTE
QUALCOSA DI DIVERSO DA QUELLO CUI SI ERA STATI AUTORIZZATI”.
Quindi, abbiamo detto, Castelvecchio e San Giorgio. E siamo già a due eventi che dir significativi
pare riduttivo.
Questa volta è interessato il cantiere di Osteto (Comune di Firenzuola), dove si era verificata a partire
dal 9 giugno '99 una rilevante intercettazione della falda acquifera. [...] Ci dirà il teste di Italstrade (1):
questa venuta fa una cosa molto semplice, riempie la galleria. Ma non riempie tipo acqua alta a
Venezia, due metri. Hanno fatto una galleria, si riempie il cavo della galleria fino in cima, [ ...] è un
tubo d’acqua grosso come una galleria. [...] Tant’è vero che sbaraccano tutto e vengono via. Non ci
rimettono più piede.
Nella relazione dell'ARPAT si legge che la fuoriuscita d'acqua a Osteto è stata valutata dell'ordine dei
250/300 metri cubi l'ora (il che vorrebbe dire oltre 6 milioni e mezzo di litri al giorno!). "In un successivo
sopralluogo del giorno 11 giugno - si legge nella relazione - è stato constatato che la parte terminale della
galleria era allagata fino in calotta in quanto il giorno precedente l'allontanamento delle acque era stato
interrotto e quindi non è stato possibile verificare le caratteristiche (portata, posizione) della venuta. Alla data
odierna (15 giugno) il pompaggio risulta essere in corso ed è presumibile che l'acqua venga completamente
allontanata dalla galleria nei prossimi giorni, permettendo una verifica della situazione". L'ARPAT riconosce
"la necessità che i lavori siano riattivati solo quando saranno stati effettuati approfondimenti idrogeologici con
una più precisa identificazione delle discontinuità". [...] Nella nota si legge ancora che "dall'esame della
documentazione in nostro possesso la galleria (scavata per circa 900 m) sta drenando una quantità di acqua
decisamente superiore a quanto ipotizzato in sede di studio di impatto ambientale". L'ARPAT aggiunge che
"sono state verificate delle semplificazioni nello studio idrogeologico della galleria". Si arriva da parte
dell'ARPAT a rivalutare persino le tecniche di scavo adottate sotto l'Appennino. Col Presidente
dell'Osservatorio Ambientale l'Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana ha concordato
la necessità che gli approfondimenti idrogeologici ritenuti necessari e propedeutici alla riattivazione dei lavori
siano accompagnati dalla definizione di un nuovo codice di scavo che elimini il drenaggio "incontrollato".
Lo stesso Osservatorio Ambientale nazionale istituito presso il Ministero dell'Ambiente adotta il 17 giugno '99
un provvedimento nel quale sostiene di ritenere che "i lavori di scavo, che attualmente risultano sospesi,
possano riprendere solo sulla base di attendibili approfondimenti tecnici in merito alle previsioni
relative ad eventuali ulteriori interferenze con le risorse idriche e solo in presenza di adeguate misure
preventive relative alle modalità di avanzamento e di impermeabilizzazione, al fine di limitare al
massimo i danni al sistema idrogeologico e al sistema ecologico nel suo complesso" (Ministero
dell'Ambiente, Provvedimento del 17 giugno '99, con oggetto "Emergenze idrogeologiche causate dallo
scavo delle gallerie nella tratta Bologna-Firenze").
A questo punto ci sarebbe sembrato normale che qualcuno di CAVET potesse aver anche pensato
che stavano diventando ormai troppo evidenti i danni ambientali che si andavano procurando visto
peraltro che ARPAT considerava che "la galleria Firenzuola Nord insiste in prossimità (e per alcuni tratti
all'interno) di un sito di interesse comunitario, e quindi l'eccessivo drenaggio potrebbe comportare eventuali
danni ai corsi d'acqua superficiali con ripercussioni negative sull'ecosistema".
E invece si va avanti come se finora non fosse successo nulla.
E siamo a tre eventi eclatanti: Castelvecchio, San Giorgio, Osteto.
Marzano. Ce lo ricordiamo Marzano. Marzano, altro punto d’acqua. Quindi non è il pozzo del tizietto che ci
sta dal 1800, di cui non ci importa, considerato meno che nulla. No, quello che [...] la Conferenza dei Servizi
ha detto: perlomeno all’acqua potabile stiamo attenti! Insomma, si cominciano tutti a preoccupare [...].
Nel dibattimento scopriamo una cosa carina: non è che non si sapesse, ma si pensava che ci volesse un
anno e mezzo. [...] Ci avrebbe messo tanto tempo: cioè il tempo di chiudere i lavori ed andare via. Hanno
avuto sfortuna. Perché in due ore si è seccato tutto. E’ stato un problema anche per loro, perché gli ha
invaso la galleria e quindi i lavori si sono fermati. Quindi non è che non si sapesse. E CONSIAG (2) diceva:
non solo succederà, ma poi sarà un problema anche andare a trovare l’acqua intorno, perché con quella se
la portano via tutta.
Sempre nel 1999, ARPAT prevede la possibilità di intercettazione di falde idriche significative connesse con
le sorgenti Casa d’Erci. In questo periodo ARPAT ipotizza anche altri possibili impatti sull’area circostante
(fosso Cannaticce, approvvigionamenti idrici di Scarperia ecc.). Con nota del 15.2.2000 Italferr dà conto di
aver rilevato la fascia fratturata ma sbaglia la previsione sui tempi dell’impatto. Con nota del 15.03.2000
ARPAT comunica all’Osservatorio Ambientale che sul lato nord della galleria di Marzano, alla progressiva km
54+120 e 54+116, nelle giornate di sabato 11 e di domenica 12 marzo 2000 è stata intercettata una venuta
d'acqua stimata in 5 Litri/secondo; le venute d'acqua sono risultate attive anche sui fronti di scavo del 14 e
15 marzo (rispettivamente km 54+112 e 54+108): la portata complessiva è di 11 Litri/secondo. In particolare
in data 11.03.2000, durante i lavori di scavo della galleria Firenzuola da Marzano, cantiere T 11, si verificò
quanto paventato e previsto da ARPAT già dal novembre 1999, ossia che a cominciare dalla progressiva
54+100 lo scavo avrebbe attraversato una zona molto fratturata e, quindi, intercettato una importante falda
acquifera, con probabili influenze negative sull'acquifero alimentante le sorgenti Case d'Erci (in altre parole
si è verificata la temuta interferenza fra lo scavo della galleria e le sorgenti di Case d'Erci ).
Il 15.03.2000 l’Osservatorio Ambientale raccomanda a TAV la sospensione dei lavori di scavo della galleria
di Firenzuola alla progressiva 54+100.
Con nota n. 3724 del 22.03.2000 il CONSIAG comunica al Ministero Ambiente, all’Osservatorio Ambientale,
all'ARPAT, al Sindaco di Borgo San Lorenzo, a TAV ed altri che le sorgenti di Case d'Erci, che alimentano gli
acquedotti di Luco di Mugello, Grezzano e frazioni limitrofe, mostrano una diminuzione della portata sin dallo
scorso 16 marzo e che tale portata ha raggiunto livelli preoccupanti negli ultimi 3 giorni. La sorgente di
Frassineta non mostrava il medesimo fenomeno. A parere del CONSIAG il fenomeno non poteva che
derivare direttamente dall'interferenza idrogeologica dello scavo della galleria di Firenzuola: "il fenomeno ha
evidenziato una rapidità di interferenza tra il drenaggio della galleria e il regime delle sorgenti di alcuni ordini
di grandezza superiore a quella ipotizzata da CAVET e dai suoi consulenti in ogni sede”.
Dalle "Relazioni di sopralluogo" eseguiti da tecnici ARPAT fra il 23 e il 30.03.2000 al cantiere della galleria
ed alle sorgenti Case d'Erci, risulta che sono stati eseguiti i due sondaggi orizzontali richiesti con nota
ARPAT del 09/03/2000, che le portate delle sorgenti Case d'Erci (1 e 2) continuavano a diminuire,
nonostante le piogge copiose, che la quantità d'acqua intercettata in galleria alla progressiva 54+102
continuava ad essere sensibile: la portata di acqua media trattata dall'impianto di depurazione era di circa 50
litri/secondo.
Alla fine le sorgenti di Case d’Erci si seccano definitivamente.
E’ la cronaca di una morte annunciata. L’ennesima.
E nel 2000, insomma. Ricordiamoci che tutte queste cose le diciamo perché qualcuno avrà
cominciato a pensare che forse andando avanti a quel modo si facevano danni, o no? Tant’è vero
che addirittura si muove la Regione, insomma, con quell’inerzia, nel 2000.
Castelvecchio, S. Giorgio, Osteto, Case d’Erci. Ognuno di questi singoli eventi poteva e doveva
bastare per una riflessione su cosa si stava facendo. Per riconsiderare il tutto. Ed invece non sono
bastati quattro rilevanti impatti con gravi conseguenze ambientali per fermarsi. Ed eppure ormai
l’allarme era scoppiato e l’impatto emergenza evidente.
Se si muove addirittura la VI Commissione della Regione Toscana per ricevere tutti i Sindaci interessati vuol
dire che era non solo evidente, ma addirittura conclamato, che si fosse oltrepassato il limite giungendo ad un
punto di non ritorno.
Riassuntivo l’intervento di Margheri, Sindaco di Borgo S. Lorenzo davanti alla VI Commissione.
ANTONIO MARGHERI - Sindaco di Borgo San Lorenzo.
"(…) circa un anno fa quando dopo un bilancio e dopo anche il verificarsi di eventi che si erano
manifestati, soprattutto riguardanti le risorse idriche in maniera o inaspettata o comunque in
maniera più pesante di quella che era stata prevista, avvertimmo tutti la necessità di richiedere
approfondimenti, studi più seri e meglio impostati rispetto a quelli che avevano accompagnato il
progetto esecutivo dell'opera. (…) ormai è dato per acquisito che il modello idrogeologico che era
stato redatto e che accompagnava il progetto esecutivo dell'opera si è dimostrato, soprattutto per
alcuni tratti, in maniera particolare i tratti di galleria che attraversano l'Appennino, inadeguato. (…)
Nella fattispecie noi abbiamo parlato anche di comportamento irresponsabile da parte di CAVET in
quanto dopo la realizzazione di un tratto di galleria che non aveva avuto intercettazione di
acquiferi, i lavori sono continuati per due o tre giorni prima che ci fosse la sospensione nonostante
che l'intercettazione sia avvenuta 13-14 metri prima del punto stabilito come inizio del rischio.
Il passaggio della tratta nell'Appennino è cosa molto complicata e molto delicata in quanto si
incontrano strati di roccia fratturati e attraverso le fratture della roccia la galleria drena le risorse
idriche. Questa situazione era stata parzialmente prevista ma si sta manifestando in modi e in
quantità che non erano stati previsti in quanto il modello idrogeologico adottato faceva riferimento
ad uno strato molto più compatto dell'ammasso roccioso, cosa che non c'è. (…) Potrei leggere
questi passaggi degli accordi procedimentali testualmente però ne faccio a meno, ci sono
passaggi che consentono di rivedere anche il progetto qualora ce ne sia la necessità, però ancora
questi approfondimenti tecnici e queste proposte non hanno raggiunto un livello tale da poter
ancora oggi essere valutato attentamente. (…) Noi vogliamo uscire da questa situazione, non
siamo interessati a tenerci a vita questa servitù di cantieri che ci sono nel nostro territori
però la ripresa dei lavori deve avvenire all'interno di un quadro di certezze e di valutazioni
attente, di assoluta non sottovalutazione dei problemi da tutti i punti di vista della
salvaguardia delle acque superficiali perché i fossi e i torrenti devono rimanere, da un
punto di vista igienico sanitario perché per esempio a Luco e a Grezzano ci sono 2.000
abitanti che non hanno al momento un servizio di depurazione e, quindi, se l'acqua nei
fossi manca ci sono poi anche emergenze di carattere igienico sanitario".
E qui è bellino un po’ alleggerire, perché questo processo ha avuto anche effetti stupendi, esilaranti. Qui
arriviamo al paradossale. Sapete qual è la risposta di CAVET al Sindaco Margheri che denuncia
l’emergenza di carattere igienico-sanitario per i duemila abitanti di Luco?
Non è quella che si uno si potrebbe aspettare, ovvero un risposta nello stesso anno 2000 per cui CAVET
avrebbe dovuto prender atto del fallimento nel progetto e attivarsi di conseguenza.
No, la risposta di CAVET è datata 2007 ed è quella che dà tramite il CT Celico a pg. 445 della sua
consulenza nel commentare il teste Piera Ballabio.
La Ballabio conferma ciò che aveva già detto Margheri. Ha testimoniato in aula che “noi abbiamo avuto, per
interi periodi, cittadini di Luco che andavano a vedere ……se erano aperte le pompe” di CAVET che
consentivano di “far defluire meglio i reflui del Bosso”; e ciò perché “le case di Luco buttavano tutti i reflui nel
Bosso; quindi, non essendo più l’acqua presente ... diventava una cloaca a cielo aperto”; infatti, “per mesi,
qualcuno passava tutti i giorni …, qualcuno del nostro comitato, … per vedere se le pompe funzionavano”, e,
“quando non funzionavano, o si chiamava ARPAT o si chiamava il Comune” (cfr. pag. 2945 del verbale
dell’udienza del 12 maggio 2006).
Ci pare una dichiarazione lineare di denuncia di un fatto, grave, subito dalla popolazione di Luco, guarda
caso un danno provocato proprio da CAVET.
E’ invece ecco cosa ne deduce, inopinatamente, il CT Celico.
Testuale:
“In altri termini, il Presidente del Circolo del Mugello di Lega Ambiente, nonché Responsabile dell’Ufficio
Turismo della Comunità Montana del Mugello, nonché Consigliere di maggioranza del Comune di Borgo S.
Lorenzo, ha detto che, pur essendo a conoscenza dell’esistenza di un importante inquinamento nel Bosso
(“cloaca a cielo aperto”) e pur conoscendone la provenienza (“le case di Luco”), non ha sporto denuncia. Si è
invece preoccupato che le acque inquinate fossero costantemente diluite (operazione, questa, vietata dalla
legislazione vigente) dallo scarico della galleria TAV e, per raggiungere questo scopo, ha fatto controllare,
“tutti i giorni”, “per mesi”, attraverso persone di propria fiducia (“qualcuno del nostro comitato”) e attingendo
notizie dagli stessi inquinatori (i “cittadini di Luco”), che CAVET scaricasse le acque della galleria nel Bosso.
E, per conseguire fino in fondo il suo disegno, non ha esitato a denunciare l’inconscio “diluitore” (CAVET) ad
ARPAT (“si chiamava ARPAT”) ed al Comune (“si chiamava il Comune”). Se ora si considera che la stessa
notizia di reato è stata data, sia dai CTP del PM Gisotti, Sanna e Riva (cfr. par. 5.1.1.3) sia dall’altro CTP del
PM Rodolfi (cfr. par. 5.2.2.26) sia dal teste Dario Collini (3) (cfr. par. 5.5.10), è evidente che debba trattarsi di
un fatto noto a cittadini ed Autorità. Quindi, è quanto meno strano che nessuno sia intervenuto sugli
inquinatori di monte e si sia ritenuto che la colpa di un presunto inquinamento fosse di chi, magari per un
guasto alla pompa, non avrebbe consentito, per qualche giorno, la diluizione (peraltro vietata dalla
legislazione vigente) dell’inquinamento a valle”.
Forse non capiamo o leggiamo male.
Per il CT di CAVET, prof. Celico, la Procura avrebbe dovuto indagare i cittadini di Luco? Ci mancava
anche questa.
Comunque questa è la risposta di CAVET al Sindaco Margheri per i disagi di Luco. Si secca Case
d’Erci, metto in ginocchio una frazione, non faccio nulla. Nel 2007 dico che i cittadini di Luco sono
inquinatori. La Procura non ha mandato a giudizio i cittadini di Luco. Non so se siamo in tempo,
duemila persone, li manderemo a un processetto, vediamo che fine fa. Questa è la risposta di CAVET
al Margheri, che diceva: abbiamo problemi anche igienico-sanitari.
Moscheta. Anche Moscheta è stata impattata. Era stata dichiarata Sito di Interesse Comunitario.
Bazzecole. Erano stati investiti denari della Regione, Consiglio Comunale, 6 mila ettari. Mascherini
era andato nel 2000 a dire... Insomma, non ce ne importa: tanto si facevano i parcheggi! TAV ha detto
che gli faceva i parcheggi, il sentierino. E quindi si è seccata. Se ci vogliamo divertire, ci ricordiamo
che la gente andava ancora a prendere l’acqua pensando fosse l’acqua della sorgente, invece era
arrivato l’acquedotto dell’AMI. Per cui uno andava a Moscheta, e prendeva le taniche...
dell’acquedotto dell’AMI.
Per Moscheta rimandiamo a Mascherini, il Sindaco di Firenzuola. “...Per quanto riguarda il Comune di
Firenzuola da indagini che loro hanno affinato in questi 5 anni, viene fuori non solo che si è seccata la
sorgente di Castelvecchio, quindi è andata a secco e hanno costruito l'acquedotto alternativo, ma che tra
due anni si impatteranno le sorgenti di tutta la vallata di Moscheta. Ora il Mugello, il Consiglio Comunale
di Firenzuola, ha fatto una battaglia aspra per evitare di toccare quella valle dove ci sono 6.000 ettari
di demanio accorpato della Regione dove la Regione ci ha investito tanti soldi, è di fatto un parco
naturale dove c'è una azienda agrituristica della Regione gestita da una cooperativa, è una zona di
grande pregio ambientale, un patrimonio pubblico. Avevamo cercato di evitare di costruire li una
finestra, ci è stato detto che non era possibile rispetto ai tempi, è stata iniziata la costruzione di una
finestra, questa finestra era lunga un chilometro e 200 metri, a 900 metri hanno imbattuto in una
puntuale venuta d'acqua di 70 litri al secondo, si è allagata la galleria e hanno abbandonato la
finestra. Quindi probabilmente quella finestra non si finirà più, si dovrà costruirla partendo dalla galleria
sotto, quindi la galleria principale ricostruire la finestra perché dovrà servire sempre come entrata di
emergenza per la sicurezza in galleria ma sarà realizzata solo alla fine, quindi non diminuirà minimamente i
tempi dì costruzione della galleria, si è voluta fare lo stesso ma è stato annunciato da studi più precisi che le
sorgenti di quella valle saranno seccate e quindi si sta verificando la possibilità di portare in quella valle
risorse idriche da Firenzuola, quindi dovremmo costruire diversi chilometri di acquedotto per portare l'acqua
eccetera. Per realizzare questa opera ci vorrà più di un anno e quindi il Consiglio Comunale di Firenzuola ha
detto: non riprendete i lavori di quella finestra, costruiamo altri acquedotti, portiamo l'acqua da fuori e poi
seguitiamo a costruire questa galleria in maniera che quando si arriva sotto la valle di Moscheta già la valle
sia già approvvigionata da acqua portata da fuori”.