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SEZIONE MONOCRATICA
DOTT. ALESSANDRO NENCINI Giudice
[ ...] QUESTO PER DIRE DA SUBITO QUALE POSSA ESSERE IL VALORE CHE SI PUÒ DARE AD
AFFERMAZIONI LETTE NEI DOCUMENTI E RISUONATE IN QUESTA AULA, ANCHE DA PUBBLICI
AMMINISTRATORI, QUALI “OPERA GRANDIOSA REALIZZATA DAI MIGLIORI SPECIALISTI E
TECNICI”, “TECNICHE INNOVATIVE A LIVELLO MONDALE”, “UN’OPERA DI PRIMARIA
IMPORTANZA”, “ABBIAMO LE MIGLIORI PROFESSIONALITÀ”. ANCHE DA PUBBLICI
AMMINISTRATORI. CHIUNQUE VORRÀ USARE QUESTI ARGOMENTI DOVREBBE PRIMA SPIEGARE
PERCHÉ IN QUESTA OPERA PUBBLICA (PURTROPPO CERTO NON L’UNICA) L’INDICAZIONE E
FISSAZIONE DEI TEMPI E DEI COSTI DI REALIZZAZIONE ABBIANO AVUTO UNA AFFIDABILITÀ PARI
A QUELLA DELLA LETTURA DI UN MAZZO DI TAROCCHI DA PARTE DI UNA CARTOMANTE.
L’opera pubblica relativa al quadruplicamento ferroviario veloce della tratta Bologna-Firenze è stata
approvata in conferenza dei servizi in data 28.7.’95.
Però si parte nel ’92.
Nel ’92 cominciano a girare questi fogli, perché sono poco più che fogli, ed approdano ad uno Studio di
Impatto Ambientale. [...] Già nel 1992 si rilevano i prodromi di quella che sarà la caratteristica degli
studi e degli elaborati di quest’opera o, meglio degli studi che alla fine saranno destinati ad avere la
meglio su altri. Vinceranno sempre e comunque i peggiori, quelli più tirati via, quelli tendenti a
minimizzare i danni, gli impatti, a nascondere quella che risulterà invece la vera realtà dei fatti.
E non si pensi che sia una valutazione: è un fatto circostanziato.
Questa storia infatti, come detto, comincia nel 1992 con il SIA, Studio di impatto ambientale [...]. Siamo nel
2008. Dopo sedici anni deve essere finita, figuriamoci! Però ha una caratteristica: nasce subito da una
logica vecchia, nel ’92 (e poi vedremo come la cosa purtroppo non è migliorata): si limita ad una
valutazione del paesaggio come “paesaggio cartolina”. Esteriore aspetto dell’ambiente. [...] Ecco
perché sembrava una grande idea fare quasi tutto il tracciato in galleria.
Con questo non si vuol dire che ora si vuol disconoscere la rilevanza di salvaguardare l’esteriore aspetto
del territorio perché ci interessa l’acqua. Diciamo ovviamente una cosa diversa. Diciamo che il rispetto del
paesaggio come immagine, come tutela del panorama, lo vorremmo ormai poter dare come concetto
pacifico ed acquisito, anche se acquisito non è, visto quante e tante volte viene leso. Riteniamo però che
dovrebbe essere solo una prima approssimazione al risultato finale, se l’obiettivo è quello di conseguire il
risultato migliore possibile. In altre parole: va benissimo che una ferrovia passi in galleria per
salvaguardare il paesaggio, ma subito dopo ci saremmo aspettati che chi è preposto a decidere si
ponga poi la domanda di cosa succede, e di quali possano essere i problemi che possono sorgere,
nel fare un buco lungo 70 chilometri nella montagna.
Così non fu. O lo fu solo in parte. E comunque non è stato mai esplicitato nella sua pienezza.
Il progetto che venne presentato agli uffici regionali diretti dalla dr.ssa Sargentini per il parere necessario al
SIA (Studio di Impatto Ambientale) era caratterizzato soprattutto da genericità.
Lo dice la teste dr.ssa Sargentini della Regione Toscana.
Sargentini: “Cosa intendo con questo? La genericità era data dal fatto che venivano riportate per
alcuni aspetti valutazioni assolutamente... come dire, di principio, che non erano poi
contestualizzate, rispetto al territorio. Dove venivano riportati i dati - e questo è riferibile in
particolare alla questione pozzi, sorgenti, eccetera - c'era una sorta d'inventario, ma, come dire,
erano i dati più o meno conosciuti per qualche motivo, rimessi insieme. E non c'era, a nostro
avviso, uno sforzo di omogeneizzazione di questi dati e quindi poi di interpretazione e valutazione
complessiva. [...] Noi si riteneva che non fosse assolutamente da sottovalutare la possibile
interferenza con acquiferi anche profondi e che nessuno di noi ovviamente poteva dare una
certezza di questo, ma che comunque dovevano essere approfondite le indagini, dovevano
essere previste analisi specifiche per rendere, per contestualizzare una serie di affermazioni che
prese da sole...”.
Quindi non solo necessità sin da subito di approfondimenti, ma subito con la tendenza - che rimarrà una
ostante - alla minimizzazione degli impatti e dei danni.
Prosegue infatti la Sargentini: “Io ho un ricordo, ora non saprei se preciso su tutto, ma che in
generale si tendeva a dire che gli eventuali impatti, laddove ci fossero stati, sarebbero stati
reversibili”
Pubblico Ministero: "Quindi, mi corregga... Allora, reversibili?”.
Teste Sargentini Maria: “Reversibili. Cioè, è chiaro che se io faccio un intervento in un territorio e
c'ho comunque un impatto momentaneo, è possibile che a seguito della realizzazione di un
manufatto o di un'opera, come dire, passato un certo tempo, si ripristini la condizione pre... ante
operam”.
Pubblico Ministero: “Quindi, praticamente collegato all'esecuzione di lavoro: ho un rubinetto, lo
chiudo perché devo passare, come sono passato lo posso riaprire?”.
Teste Sargentini Maria: “Sì. Ecco, un po' era questa la sensazione che veniva, che tutto è
reversibile. L'altro aspetto che secondo noi era rilevante (questo me lo ricordo molto bene,
perché è stato uno dei primi progetti complessi che si sono analizzati) è che tutte le valutazioni
che c'erano nel SIA tendevano a dare risposte nella fase a regime, cioè a cantieri finiti. Ora qui si
era di fronte ad un'opera in cui la cantierizzazione sarebbe stata lunga e imponente in termini di
territorio. Perché non era una cantierizzazione del tipo “faccio passare un piccolo mezzo”. Ci
sono campi base, ci sono le viabilità d'accesso, ci sono tutta una serie di questioni tecniche
connesse alla complessità dell'opera principale. Ma la stessa opera [...] ha i cunicoli d'accesso,
per esempio. Per cui una cosa che si evidenziava è che per la fase di cantiere non si diceva
niente. Mentre, a detta mia e del mio ufficio, la fase di cantiere [...] poteva presentare e avrebbe
presentato sicuramente una serie di impatti anche sul versante della risorsa idrica,
assolutamente da non sottovalutare”. [...]
Un’altra cosa si ricorda la Sargentini, il difetto di individuazione di opere di mitigazione.
Teste Sargentini Maria: “Uno ragiona sulla base dei dati che ha. Quindi, reversibile o non
reversibile, il dato di fatto era: l'impatto ci può essere e ci può essere anche in fase di cantiere. E
l'altro aspetto è: se impatto ci può essere, è necessario prevedere gli interventi di mitigazione
anche... cioè, sotto vari profili. Ma in particolare, per esempio, si sta ragionando di risorsa idrica:
se viene impattata una risorsa che è anche fonte di alimentazione per un acquedotto, che questo
avvenga a regime, o che avvenga in fase di cantiere, è assolutamente indifferente rispetto
all'esigenza di garantire comunque fornitura idrica”. [...]
In conclusione, progetti ed elaborati [ ...] generici, superficiali.
Pubblico Ministero: “Ho capito. Però, mi corregga se sbaglio. Se ho capito bene lei dice: una
parte generale quasi sovrammettibile a una parte specifica”.
Teste Sargentini Maria: “Sì. Non c'era differenza, sostanzialmente.... Il fatto che fossero dati
conosciuti, di per sé, qualitativamente non dà risposte... Il problema è che non c'era una
contestualizzazione. Cioè, io posso prendere i dati che conosco, poi rielaborarli e motivare
perché quel dato, rispetto a quel territorio, lo interpreto in un certo modo. Quindi, secondo noi,
mancava la fase di interpretazione. E ovviamente anche di implementazione di questi dati”. [...]
Ricordiamocelo. Elaborati generici rispetto alla realtà del territorio, mancata esecuzione di un
adeguato monitoraggio ante operam, mancata previsione di opere di mitigazione.
Quindi, per quello che ci interessa ora: superficialità. Ma c’è un elemento in più. Questa volta nel ’95
alla superficialità si accompagna un elemento nuovo, che è quello della fretta. C’è una scadenza: 27
luglio 1995. Bisogna approvare questo progetto. Senza dilungarci in commenti o valutazioni, e
rimanendo solo su una base rigorosamente oggettiva, ciò che si può rilevare è come nella primavera-
estate del 1995 siano maturate le condizioni politico-economiche per cui si è ritenuto di dover
chiudere in tempi rapidissimi la conferenza dei servizi per l’approvazione dell’opera.
Lo testimoniano tutti i tecnici che sono stati chiamati ad esprimere i pareri per le loro Amministrazioni. Basta
andare a rileggersi le testimonianze di Micheli e della Sargentini che affermano come, a ridosso della
conferenza dei servizi già fissata, la documentazione arrivasse a getto continuo e come i tempi loro
assegnati per l’esame della stessa fossero ristrettissimi.
La Sargentini esprime il suo parere in data 13 luglio ‘95 e dice: “Mah, insomma, i documenti
arrivavano, addirittura il 13 luglio non erano ancora arrivati tutti, perché fra l’altro c’era scritto nella
lettera di trasmissione...”.
Per cui lei si cautela e fa una postilla, dice: “Io faccio il parere il 13 luglio, ma mi hanno detto che
mi devono portare ancora dei fogli, ma siccome bisogna chiudere...”.
Pubblico Ministero: ”Ma c’era un po’ di pressione?”
Sargentini: “C’era una Conferenza convocata e quindi c’era da mandare un parere”..
Pubblico Ministero: “Bene, chi c'è c'è, bisogna per il 28...”.
Teste Sargentini Maria: “Sì, per quello che c'era, si rimetteva un parere”.
Gli uffici regionali sono stati messi in queste condizioni di lavorare. [ ...] C’è la Conferenza il 28,
bastava che ci fosse un parere, pare a questo punto più o meno qualunque. Cosa dicessero questi
pareri, si guarderà, bisognava chiudere.
Conferma di ciò la dà anche chi ha partecipato personalmente e fisicamente alla conferenza dei servizi.
È sufficiente riandare a ciò che ha detto il sindaco Mascherini di Firenzuola davanti alla VI Commissione
Regionale nel 2000. Concetti che, di fatto, ha ribadito in quest’aula: "In conferenza dei servizi nel luglio del
1995 a me è sembrato che il comportamento della Regione fosse più teso a sbloccare e a iniziare i lavori
più che a verificare e a chiedere che cosa la realizzazione di quest’opera avrebbe comportato in riferimento
all'impatto ambientale e sociale che questa opera avrebbe portato nel territorio rispetto alla qualità del
progetto che lì andavamo ad approvare, rispetto alla qualità degli studi di impatto ambientale che in quella
sede furono portati ed approvati”.
E questo qui è un dato che poi abbiamo riscontrato nel processo. Da una lettura degli atti, dire
‘impressione’ è minimizzante, perché, direi, è un fatto. Quello che si comprende è che viene approvata
la volontà di realizzare questo opera e non il dettaglio. Si approva una tratta di 78 chilometri di cui 70 in
galleria, ma il dettaglio di essa si rimanda. Perché dico questo? Lo dicono quegli stessi che lo approvano.
Già da una mera delibazione degli atti era possibile rilevare eclatanti insufficienze nel procedimento
di valutazione degli impatti ambientali, in particolare di quello idrogeologico. Abbiamo un progetto
esecutivo che però di fatto è poco esecutivo. I tecnici della Regione ci dicono che nel ’95 siamo ancora
a livello del ’92. Praticamente nel ’95 eravamo ancora al livello del 1992 e di fatto nulla era stato fatto per
ottemperare alla prescrizioni imposte dal SIA di quell’anno. Che il progetto esecutivo portato in Conferenza
dei Servizi fosse di fatto “poco esecutivo” è evidente sol che si pensi che erano esclusi alcuni “piccoli
dettagli” quali i nodi di Bologna e di Firenze ed il tracciato finale della linea verso Firenze non essendo
stato ancora deciso se passare per la valle del Terzolle o da Castello.
Le circostanze che hanno accompagnato, nei mesi successivi alla chiusura della Conferenza dei
servizi, l'avanzamento dell'opera ivi approvata suffragano ampiamente le valutazioni negative di
quelli che già ritenevano inidonei gli elaborati a suo tempo esaminati.
L'attraversamento del nodo ferroviario fiorentino è stato approvato solo successivamente e parzialmente,
ed è ancora oggi oggetto di trattative sia per le modalità esecutive che per l’individuazione dei
finanziamenti, e ciò nonostante il patto siglato tra Regione Toscana, Provincia di Firenze, Ferrovie dello
Stato e TAV S.p.A. il 27.7.'95 prevedesse l'impegno da parte dell'Amministrazione Comunale di Firenze "a
comunicare, congiuntamente all'Ente Regione, entro l'inizio di ottobre" (del 1995: ndr) "la propria scelta di
massima" e nonostante che al punto 9) del citato "Accordo preliminare" i soggetti che lo siglarono
concordassero (in data 27.7.'95) "su una precisa, sollecita e garantita definizione di tutti i tempi del
complesso degli interventi sul nodo fiorentino, modulata sull'urgenza della razionalizzazione di tutte le
infrastrutture cittadine in vista del Giubileo del 2000".
Siamo nel 2008. Il Giubileo è stato otto anni fa.
Quindi abbiamo una fretta, vogliamo dire col senno di poi (ma col senno di poi sono tutti bravi),
degna di miglior causa? Non c’era tempo? Forse questa fretta ha portato risultati? No. Quindi, patto
clamorosamente sconfessato dagli stessi soggetti che l’hanno sottoscritto.
E per capire quanto sia vero tutto questo oggi sfido a trovare chi ci possa dire con certezza come e quando
questa opera sarà completata e funzionante.
Se solo si pensa che ancora oggi non è cominciato né il sottoattraversamento di Firenze, né la nuova
stazione ... Stiamo ancora discutendo di dove il tracciato passerà, di quali immobili corrono rischi di stabilità
e quali no. [...] E i soldi? Ci sono? Sì, no, forse…
E qui abbiamo sentito l’ingegner Polazzo, TAV. Al quale abbiamo fatto alcune domandine. [...] Gli abbiamo
chiesto se si sa quanto costerà questa opera, e quando l’opera sarà davvero e, ripetiamo, davvero
funzionante. E soprattutto se qualcuno crede alle date indicate. Prima si è detto 2003, poi 2006, poi 2009,
ora siamo al 2010 al netto del sottoattraversamento di Firenze. In concreto chissà quando. Costi?
Originariamente 5.800 miliardi di lire senza il nodo di Firenze, ed ora siamo già a 4,8 miliardi di euro
con le riserve da definire, di cui una cosiddetta “cautelativa” di uno o due miliardi di euro, secondo
come va questo processo.
Allora, perché dico questi fatti? Non sono numeri e dati fine a se stessi. Questo per dire da subito quale
possa essere il valore che si può dare ad affermazioni lette nei documenti e risuonate in questa aula,
anche da pubblici amministratori, quali “opera grandiosa realizzata dai migliori specialisti e tecnici”,
“tecniche innovative a livello mondale”, “un’opera di primaria importanza”, “abbiamo le migliori
professionalità”. Anche da pubblici amministratori. Chiunque vorrà usare questi argomenti dovrebbe
prima spiegare perché in questa opera pubblica (purtroppo certo non l’unica) l’indicazione e
fissazione dei tempi e dei costi di realizzazione abbiano avuto una affidabilità pari a quella della
lettura di un mazzo di tarocchi da parte di una cartomante.
Mi sbaglierò, ma se qualcuno mi dice che quest’opera è stata fatta al più alto livello possibile delle capacità
tecniche e professionali disponibili in Italia, mi aspetto che si cominci a rispettare l’ABC di ogni opera,
l’ABC di quanto ogni committente avveduto chiede al suo artigiano, fosse anche per ristrutturare il
bagno di casa. All’idraulico si chiede quanto costa e quanto tempo ci mette. E se l’idraulico non rispetta né
l’uno, né l’altro, sono litigi e discussioni a non finire e, soprattutto, non lo si paga subito e per l’intero come se
nulla fosse successo o, addirittura, gli si anticipano al suo posto i pagamenti per i danni commessi a terzi.
Non si fanno “addendum” in favore degli altri condomini per i danni prodotti dal nostro idraulico.
Nel nostro caso è successo anche di questo. Con l’addendum TAV [ ...] e Ministero dell’Ambiente senza
batter ciglio tirano fuori 52 milioni di euro per riparare ai danni dell’opera. Sentito il dr. Ingravalle,
responsabile TAV, sul perché TAV, che è il committente, si sia assunta tale onere invece che scaricare le
responsabilità e caricare le spese o sul progettista, se il progetto era stato fatto male, o sull’esecutore, se
era sbagliata l’esecuzione, dice: “Per un impegno morale”. Si diventa signori. Con i soldi pubblici si
diventa signori. Vorremmo vedere quale privato, quale società, quale multinazionale, sentisse di
avere impegni morali con eventuali terzi danneggiati da opere progettate da asseriti illustri
professionisti ed eseguite da imprese di assoluto rilievo nazionale. Solo quando i soldi sono
pubblici, si diventa signorili e ci si assumono spontaneamente onerosi “impegni morali”.
Ma torniamo a noi.
Quindi, nel luglio 1995, in conferenza dei servizi si approva perché si doveva approvare. Ma cosa si
approva? Tutto e nulla, a seconda da che parte la si voglia guardare. Tutto, se si pensa alla volontà di
realizzare a qualsiasi costo la tratta Firenze-Bologna. Poco o nulla, se si va al particolare.
Ripetiamo: qui non si intende assolutamente sindacare la decisione di realizzare l’opera (...). Il problema
non è “cosa si è deciso di fare”, ma “come è stato fatto ciò che si è deciso di fare” e, soprattutto, se
poteva essere fatto così.