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IL FIDEISMO

DEI

WITTGENSTEINIANI

Tra le varie correnti presenti nella riflessione filosofica di lingua inglese sulla religione, i fideisti wittgensteiniani hanno, pi di altri, sottolineato la relativit delle credenze e il legame che hanno con le forme di vita da cui sorgono. Il termine fideismo wittgensteiniano appartiene a Kai Nielsen, che ha attribuito una posizione fideista inizialmente a filosofi allievi o seguaci di Wittgenstein quali Winch, Hughes, Malcolm, Cavell, Phillips e successivamente allo stesso Wittgenstein. Comune a questi pensatori lidea che il discorso teologico sui generis e che pertanto pu essere compreso e valutato solo nei termini che gli sono propri; la verit ed il significato di una visione del mondo religiosa non vanno comprese a partire dalloggetto che ritiene di rappresentare, ruolo. Esamineremo le posizioni di Norman Malcolm e D. Z. Phillips, le pi rappresentative di questo indirizzo di pensiero, la critica che fa loro Kai Nielsen e la proposta di Yong Huang. La credenza religiosa come gioco di linguaggio Norman Malcolm sostiene che le idee di Wittgenstein sui giochi di linguaggio contenute in ber Gewissheit-On Certainty, in particolare quelle che insistono sulla loro infondatezza, valgono specialmente per il linguaggio con cui vengono espresse le credenze religiose. Per credenza religiosa Malcolm intende non laspetto ma dalla tradizione o dalla comunit allinterno della quale emersa e nella quale svolge il suo

dottrinale del credere in Dio, ma latteggiamento delluomo religioso in genere, anche, ad esempio, quello del buddista, che non sostiene di credere in Dio. Egli ritiene che la filosofia della religione sia interessante perch uno degli ambiti dove, se da un lato intensa la preoccupazione a fornire prove e preminente il desiderio di offrire una fondazione razionale ad una forma di vita, dallaltro pi evidente il fallimento di ogni tentativo in tal senso. La religione una forma di vita impiantata, incastonata nellazione come la scienza, e luna non ha bisogno di giustificazione pi dellaltra. Se molti filosofi accademici preferiscono la scienza alla religione solo perch non partecipano a questa forma di vita e non capiscono ci che la riguarda, anche perch c uninclinazione a supporre che il loro impegno come studiosi richieda severa oggettivit e spassionatezza. E forte lavversione di Malcolm, condivisa da tutti i fideisti, nei confronti di ogni tentativo di elaborare una teologia che, partendo dallosservazione del mondo della natura, attraverso il ragionamento arrivi a definire le caratteristiche di Dio o, in base agli stessi criteri, miri ad una valutazione delle dottrine religiose. Non si pu teorizzare un unico approccio epistemologico per conoscere materie diverse ma opportuno che sia di volta in volta appropriato alloggetto investigato, riconoscendo cos il limite ed il fallimento di ogni tentativo di studiare il fenomeno religioso in termini riduzionistici e con metodi prestati da altre discipline. Il tipico errore riduzionista voler giocare il gioco della

religione con le regole della scienza, della psicoanalisi o della filosofia. Ci sono vari differenti Sprachspiele, e mentre possiamo sollevare questioni sulla garanzia allinterno di un gioco, un errore chiedere garanzie sul giocare, anzi lidea che dobbiamo giustificare i nostri giochi linguistici una delle prime patologie del linguaggio. Le ipotesi e le verifiche occorrono allinterno di un sistema che ha dei limiti; il desiderio di esaminare, di trovare giustificazioni deve arrivare ad una conclusione e ci non attribuibile alla debolezza umana, anzi non accettare alcuni limiti significherebbe non aver imparato il gioco linguistico. Noi non scegliamo di vivere sulla terra, n di imparare la nostra lingua nativa; allo stesso modo cresciamo in una cornice di credenze e di modi di vedere il mondo che di fatto non poniamo in questione. La credenza religiosa un gioco di linguaggio, una forma di vita che stabilisce i propri criteri interni di significato e di razionalit. Lo stesso vale per la Chimica dove latteggiamento verso la legge dellinduzione una credenza religiosa, unaccettazione senza fondamento. Luomo religioso tratta le sue credenze come assolutamente certe, non perch la loro verit stata stabilita bene ma perch formano il terreno per ci che pu essere detto, pensato e fatto allinterno di una vita religiosa. Questo atteggiamento, che molti filosofi moderni taccerebbero come dogmatico e superstizioso, presente in tutte le attivit umane, manifestandosi in modo pi evidente in quelle di carattere religioso o anche solo rituale.

Malcolm utilizza il cosiddetto argomento tu quoque, cio mostra linfondatezza presente anche nei critici delle credenze, che basano le loro argomentazioni su una intelaiatura (framework) di principi infondati. Qualcuno potrebbe esigere una dimostrazione di queste affermazioni, ma Malcolm risponde che non sa cosa possa significare una dimostrazione in simili casi. Egli ritiene che avvenimenti come miracoli, prodigi, resurrezioni, hanno una valenza religiosa perch sono visti da un punto di vista religioso, allinterno di una Weltbild, di una concezione del mondo che non pu essere compresa da chi non abbia almeno uninclinazione in tale senso. Solo allinterno di unatmosfera religiosa levidenza pu avere un significato, richiesta la condivisione minima di unesperienza. Lateo che argomenta contro lesistenza di Dio, non riesce a comprendere la questione in modo da esprimersi adeguatamente; gli estranei al gioco del linguaggio religioso non possono capirlo. Autonomia ed incommensurabilit Phillips concorda con Malcolm, sostenendo lautonomia delle espressioni religiose, che possono essere giudicate come garantite attraverso gli standard impliciti, cio interni alla vita religiosa. A suo avviso un grande limite di quanti criticano i credenti nel fatto che non esaminano i concetti nei contesti dai quali traggono il loro significato. Manca in costoro la componente della esistenziale; non c infatti e comprensione religione senza passione

partecipazione se il filosofo arrivasse a capirlo non sarebbe pi scettico. Non bisogna chiedere al linguaggio religioso di soddisfare dei criteri di significanza che gli sono alieni, poich non c un paradigma di razionalit al quale si possano conformare tutti i modi di discorso ma anzi una premessa necessaria alla filosofia della religione accettare la diversit dei criteri di razionalit. Il significato delle espressioni religiose va colto nel ruolo che queste giocano nelle vite dei credenti. A differenza di quello scientifico, il linguaggio religioso ha una funzione regolativa, guida la comunit dei credenti e non come le scienze, esplicativa. Ogni linguaggio ristruttura il suo mondo di discorso, infatti parlare della morte religiosamente non come parlarne da medici. Rifacendosi ad un celebre esempio di Wittgenstein, Phillips sostiene che se lidea del Giudizio universale non gioca nessun ruolo nella mia vita, non posso partecipare dello stesso gioco linguistico di chi crede nel Giudizio universale; pertanto sarebbe sbagliato dire che il non credente contraddice il credente poich essi si trovano allinterno di due diverse forme di vita e danno alle loro espressioni significati diversi. Il credente quando parla, pur utilizzando termini che appartengono al linguaggio comune, d a questi significati differenti. Basta pensare allespressione Dio esiste in cui il verbo esistere usato in un modo molto diverso rispetto allesistenza di oggetti quotidiani. Il linguaggio religioso possiede dei propri concetti di verit e realt. La relativit

delle forme di linguaggio la manifestazione della diversit delle forme di vita. La critica di Nielsen Non difficile evidenziare i limiti di un simile approccio nei confronti del problema religioso. Nielsen oltre a dubitare, giustamente, della legittimit della ricostruzione del pensiero di Wittgenstein, che qui non discuteremo, contro i fideisti argomenta che, se il discorso appartiene unicamente al credente, da considerarsi privato e pu essere compreso solo da chi lo usa, destinando al fallimento ogni tentativo di dialogo, di stabilire confronti, di esprimere giudizi. Il fideismo la prospettiva dei credenti stanchi di discutere. Inoltre nelle Philosophische Untersuchungen Wittgenstein sostiene Il filosofo che la filosofia non interferisce sulluso del linguaggio, lo pu descrivere solo. wittgensteiniano, secondo Nielsen, non pu legittimamente criticare il discorso religioso o sostenere che sia incoerente o inintelligibile, ma solo mostrare la sua funzione nella nostra forma di vita. Se non c una disciplina che stabilisca i criteri di razionalit, la filosofia pu al massimo delineare nel modo pi accurato possibile la grammatica delle differenti discipline, tollerando una infinit di ontologie. Questa secondo Nielsen una posizione estremamente conservatrice, poco feconda se non inutile, unicamente descrittiva, o almeno, fingendosi descrittiva, nasconde una

sua etica della credenza. Ed poco utile in quanto non ci permette di distinguere ci che un errore da ci che una verit religiosa. Egli inoltre obietta che una singola struttura concettuale pu includere sia la scienza che la religione, e in casi simili i concetti di verit, evidenza e conoscenza ci permettono di criticare e di abbandonare delle forme di vita, come ad esempio avvenuto con la stregoneria. La proposta di Huang Huang tenendo conto delle critiche di Nielsen, che tuttavia spesso non condivide, si pone in una posizione vicina a quella di Malcolm e Phillips, proponendo una sua lettura delle idee di Wittgenstein in materia religiosa. Egli sostiene che diversi linguaggi possano avere diverse logiche senza che questo significhi che la stessa persona non possa conoscerle e sapere quando e come usarle; che siano differenti non toglie che possano essere diversi aspetti di ununica forma di vita. Ribadisce comunque che le credenze religiose sono salde come lo sono le leggi matematiche o scientifiche o quelle del senso comune, cio per il loro ruolo e non per la loro natura. Dietro ogni nostro discorso ci sono delle credenze che non vengono messe in dubbio, non perch le conosciamo per certe ma perch sono lo sfondo indiscusso entro il quale pu avvenire il nostro gioco linguistico. Huang concorda con Phillips con il fatto che, a differenza dei quello scientifico, il linguaggio religioso determina cosa sono

le cose per i credenti; ma, egli aggiunge, la credenza religiosa, oltre a regolare la vita, anche una interpretazione del mondo, anche se differente da quella scientifica. Come il mondo influenza le nostre convinzioni religiose, cos le nostre convinzioni religiose influenzano il nostro comprendere il mondo. Egli riconosce non solo gli aspetti espressivi e regolativi ma anche quelli cognitivi della credenza. Nella teoria esposta da Huang, Wittgenstein sosterrebbe che le credenze formino un sistema, dove niente pu essere compreso se non in relazione con le altre parti e con il tutto. Possiamo tutto. Se non possiamo giustificare il nostro sistema non vuol dire che per possiamo sostenere qualsiasi sistema di credenze purch soddisfi alcuni criteri minimi, come ad esempio la non contraddizione (coerentismo ingenuo). Che cosa dunque potrebbe valere come un esame, un riscontro in situazioni simili? La giustificazione delle credenze si trova nellagire infondato che giace alla base del gioco linguistico. La pratica guidata da regole e lesercizio mostra cosa un errore nel suo impiego e quindi la verit o la falsit delle credenze. Dire che la pratica sia un terreno non fondato non significa che non possa essere legittimo, ma che non si fonda su proposizioni, bisogna piuttosto guardare alle conseguenze pratiche dei sistemi di credenze. Non questa una forma inusuale di fondazionalismo: il mettere in dubbio o giustificare qualsiasi proposizione alla luce delle altre ma non il sistema come un

fondazionalismo della pratica, in cui si cerca una fondazione non epistemica, non cognitiva, ma attiva? Huang risponde di no in quanto la pratica fondata a sua volta nella credenza. Hanno la loro comune fondazione nel loro mutuo fondarsi; come lagire giace alla base delle nostre credenze, cos la credenza giace alla base delle nostre azioni. Una comunit che si esprime in una pratica collettiva ci che garantisce e rende possibile un sistema di credenze, e il linguaggio lo strumento del modo di vivere di una comunit. Che noi siamo perfettamente sicuri di questa cosa, non vuol dire soltanto che ciascun individuo sicuro di quella cosa, ma che apparteniamo ad una comunit che tenuta insieme dalla scienza e dalleducazione. Quindi, contro Nielsen, Huang sostiene che la religione non pu essere privata ma sempre comunitaria. Ma Wittgenstein parla di una singola o di differenti comunit umane? Come risolvere i conflitti che nascono tra le comunit se non possibile una comunicazione? Considerazioni finali Si pu riconoscere al fideismo wittgensteiniano alcuni meriti ma anche grandi limiti, derivanti in parte dalle stesse idee di Wittgenstein, che per qui non verranno discusse. Il prezzo pagato dal fideista per assicurare lautonomia del linguaggio religioso la perdita di commensurabilit, che poi alla base di ogni possibilit di discorso, di comunicazione. Se da un lato apprezzabile la tendenza anti-riduzionista,

che porta alla valorizzazione di modi di discorso altri da quelli che rientrano dallaltro nei la canoni verificazionisti dei o fondazionalisti, prospettiva fideisti

wittgensteiniani contiene alcune ambiguit, come quella ad esempio di parlare di dentro e fuori dal gioco linguistico. Lerrore dei fideisti, a mio avviso, di utilizzare le nozioni di gioco linguistico e di forma di vita, che sono concetti aperti, senza limiti precisi, per stabilire confini, differenziare, cosa che Wittgenstein non fa mai. Poich non esistono criteri che permettono di stabilire i limiti dei giochi di linguaggio, non ha nessun senso parlare di dentro e fuori, di criteri interni; si ha limpressione che si usino queste espressioni come fa comodo ma impropriamente. Lo stesso discorso vale per le forme di vita, concetto che si pu allargare e restringere a piacere, per cui non avendo pi nessun valore distintivo, tutto pu vi rientrare o pu starvi fuori. Si dice che il linguaggio religioso deve essere giudicato con criteri interni, ma allora il linguaggio cristiano ha criteri diversi da quello induista, e quello cattolico da quello riformato, quello cattolico del XX secolo da quello del XV secolo, quello cattolico preconciliare da quello cattolico postconciliare, etc. Il che certamente vero ma si scoprir che ogni comunit ha il suo linguaggio, fino ad arrivare allidea che ogni credente ha la sua grammatica. Questo processo di particolarizzazione pu essere unutile precauzione metodologica contro la tendenza neopositivista, che torna in tutte le forme di fondazionalismo, alla iperassimilizzazione e alla generalizzazione dei linguaggi, ma certamente non pu valere come massima epistemologica in

quanto non ci consente di dire quando siamo giustificati nel tracciare confini. Se lidentit si d per differenze, i concetti di gioco di linguaggio e di forma di vita non consentono di stabilire identit perch non sono criteri utili a differenziare, non si pu dire cosa vi stia dentro o fuori. Il linguaggio religioso un unico gioco linguistico o consiste di vari giochi linguistici? La preghiera un gioco linguistico ed il ringraziare, il lodare il Signore un altro? Lidea che di un gioco linguistico che possa parla aver di luogo attivit isolatamente rispetto a tutti gli altri non trova fondamento nellopera Wittgenstein, anzi interconnesse, che spesso vengono in conflitto. I conflitti vengono superati anche facendo appello alle capacit riflessive delluomo (cosa che difficilmente ammetterebbero i fideisti, che temono ogni sistematizzazione teologica), infatti si pu decidere di abbandonare o di abbracciare una fede, dopo averla valutata; altrimenti sorgerebbe il paradosso per cui il convertito non possa capire ci che intende credere, prima che abbia fornito il suo assenso. Se i criteri fossero interni non sarebbero intelligibili a chi ne fuori e quindi non ci sarebbe possibilit di conversione, se non per motivi estranei alle proprie capacit valutative. Lappello alla comunit non funziona per le stesse ragioni visto che non si capisce quali possano essere i limiti di una comunit. Ogni credente parte di moltissime comunit: il cattolico ad esempio di quella parrocchiale, quella diocesana, quella della sua terra, del suo popolo, degli uomini del suo tempo, di quelli che si trovano nelle sue stesse condizioni sociali, ecc.

Cosa dentro e cosa fuori? Qual il limite di una comunit? Si pu allargare questa a piacimento fino a comprendere tutti gli uomini ed anche quelli del passato? Ma cos viene meno lutilit del concetto, che diviene il contenitore di qualsiasi cosa, tanto esteso quanto poco intenso. E importante riconoscere le diversit degli usi del linguaggio, il ruolo del contesto ed il coinvolgimento di criteri di comportamento; apprezzabile linvito a guardare dove la credenza nasce e cresce; infatti lattenzione alla pratica pu significare interesse per gli aspetti simbolici, mitici, per i riti, la liturgia, le celebrazioni, contro quelle concezioni intellettualistiche che riducono la religiosit allassenso ad una serie di dottrine ma ci non pu cancellare gli aspetti anche razionali e cognitivi che ci fanno preferire una dottrina rispetto ad unaltra. E vero che come non accettiamo di vivere sulla terra, n di imparare la nostra lingua nativa, allo stesso modo cresciamo in una cornice di credenze e di modi di vedere il mondo, ma falso che luomo non abbia la capacit di porre tutto ci in questione. Capire la genesi dei nostri comportamenti non significa giustificarne laccettazione, almeno fino a quando ci sar ancora la capacit di cambiare, di decidere e nella misura in cui c nella credenza anche una componente legata alla volont ed alla scelta. Leffetto apprezzabile degli argomenti dei fideisti di enfatizzare il fatto che alcune pratiche ed espressioni religiose non saranno completamente intelligibili se non si considera il loro valore espressivo e comportamentale ma,

questo

lontano

dal

ritenere

il

linguaggio

religioso

unicamente espressivo. Infatti si pu perdere la fede per fattori legati allesercizio della ragione, come lincapacit di risolvere il problema del male. Inoltre la dicotomia religione regolativa contro religione esplicativa falsa: qualcosa pu essere una guida per la vita perch ha anche valore esplicativo, come nota giustamente Huang. Ogni forma religiosa presuppone almeno unidea delluomo, delle sue capacit, del mondo in cui vive, ecc. che si esprime in un dottrina. Daltronde in ogni religione esiste unortodossia, un canone, una tradizione, leresia connessa a queste e Malcolm stesso concede che la credenza debba essere espressa in qualche forma specifica elaborata teologicamente. Il gioco dei fideisti pare quello di chi teme di confrontarsi e cerca di eliminare il terreno comune tra i linguaggi, che permette il dialogo tra le forme di vita. Per combattere una pericolosa tendenza alluniformit degli stili espressivi, i fideisti non riescono ad evitare lerrore opposto, quello per cui tutto va bene, ha senso. Il limite del fideismo wittgensteiniano, che poi una forma di relativismo religioso, che non pu pretendere di valere universalmente ma, eventualmente, per quella particolare forma di vita che la religiosit dei wittgensteiniani.

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