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La sovranit fra governo, eccezione e governance


09 / 02 / 2011 di ANTONIO NEGRI Riflessioni sul potere costituente e il costituzionalismo sociale 1. Allinterno della riflessione postmoderna, il concetto di sovranit (quale era stato configurato nella tarda modernit) pu essere considerato in crisi da almeno tre punti di vista. Innanzitutto nella prospettiva della trasformazione biopolitica del concetto di sovranit: come Foucault ci ha insegnato, dobbiamo riconcettualizzare la figura del governo, spostando la considerazione dellagire sovrano da un contesto di produzione di leggi/regole ad un contesto di produzione di norme/dispositivi. Sintende che limmersione del diritto nella vita, degli agencementes politico-giuridici in quelli del bios comune non totalitario, non puramente coercitivo e neppure ci dice Foucault semplicemente disciplinare. Si tratta di una nuova dinamica di dispositivi che intervengono sul tessuto singolare della realt sociale e trasformano il diritto da macchina disciplinare in apparato di controllo e di governance (NOTA 1). In secondo luogo, il potere sovrano (meglio, il tendenziale esaurimento del suo concetto) pu essere analizzato sulla base degli schemi offerti da Niklas Luhmann e dai suoi epigoni: essi hanno insistito nellanalisi della frammentazione del diritto, sulla crisi della sua figura normativa ed hanno cominciato ad analizzare (talora anche a ricostruire) processi di funzionamento di strutture giuridiche fuori dalla normativit statale. Procedendo in questi termini, essi hanno potuto notare come ogni sistema autopoietico (era allautopoiesi che avevano affidato la critica) fosse solo illusoriamente collegato alla normativit statale, mentre invece esso diveniva attivo sul terreno dellautonomia sociale (NOTA 2). In terzo luogo (ed anche questo sembra un dato ormai largamente acquisito) il concetto di sovranit sindebolisce quando sia considerato nella prospettiva del diritto internazionale. In questo caso, il concetto di sovranit

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(tradizionalmente legato alla determinazione nazionale) era stato dai giuristi onusiani gi profondamente modificato; poi, nella fase pi recente, lesclusivit del concetto di sovranit nazionale e delle sue articolazioni nel contesto del diritto internazionale, stata profondamente destrutturata (NOTA 3). Anche questa, come le altre due posizioni che abbiamo ricordato, conducono dunque alla conclusione che il concetto classico di sovranit nazionale sia stato, quandanche non lo si voglia considerare superato, almeno cos profondamente destrutturato da non essere ormai pi definibile in un linguaggio westfalliano. Tuttavia, qui di seguito, ci si potrebbe porre la seguente questione: che cosa sintende esattamente quando si parla di superamento della sovranit? Innanzitutto si pu notare che le esperienze teoriche che hanno cercato di verificare questa ipotesi non possono essere ricondotte ad un solo paradigma. Vediamole dunque una ad una, queste esperienze. Nella prima (e cio nella trasfigurazione biopolitica della sovranit e del governo sovrano) assistiamo, come abbiamo detto, allo scivolare della forma del comando dalle leggi/regole alle norme/dispositivi. Che cosa significa questo passaggio? Significa che linsieme strutturale dello Stato di diritto non riesce pi ad attenersi alle prescrizioni concrete dellorganizzazione normativa (e delle sue trafile legali) del governo secondo la legge. Secondo gli autori ai quali qui ci riferiamo, il carattere deduttivo delle leggi/regole non riesce pi ad integrare il caso concreto, a regolare il conflitto nella sua singolarit, a costruire strumenti ai quali affidarsi (con continuit e ripetitivamente) nellapplicazione del diritto vigente. Norme concrete, dispositivi singolari vengono dunque messi in gioco allinterno di processi di governance, cio di un management puntuale e specifico dellequilibrio sociale, adeguato al caso concreto. Leffettivit della norma assume una certa prevalenza rispetto alla legalit (NOTA 4). Nella seconda esperienza cui abbiamo accennato (e cio a quella che considera la possibilit di superare la frammentazione normativa attraverso il riferimento alternativo al costituzionalismo sociale) (NOTA 5), il problema della ridefinizione della sovranit diventa ancora pi cruciale e la sua difficolt ancora pi esplicita. Il costituzionalismo sociale vuole operare autonomamente al di fuori dallo Stato. Esso si riferisce a dinamiche materiali che in maniera continua incarnano i processi innovativi, basici, della produzione del diritto. Se (riguardata dal punto di vista della teoria delle forme del potere) la governabilit (gouvernamentalit) di Foucault ancora un tentativo di sviluppare una sintesi democratica dal basso verso lalto del processo di costituzione delluniverso della legalit, se dunque la governabilit introduce un dispositivo soggettivo (che potrebbe in qualche modo corrispondere ai processi dellistituzionalismo giuridico moderno) di contro, la posizione dei filosofi luhmaniani del diritto pubblico tedesco lascia cadere ogni coerenza soggettiva dei processi illustrati. Il costituirsi della legalit si d ormai solo, in questa teoria germanica (ma si tratta di unesperienza legata anche al nuovo costituzionalismo europeo) (NOTA 6), su una dimensione orizzontale. Alla tradizionale continuit del sistema legale (in regime di sovranit) si oppone la discontinuit dei processi costitutivi del diritto, alla coerenza il paradosso. Particolarmente interessante , in questo

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quadro, la tendenziale dissoluzione delle categorie del pubblico e del privato. Pubblico e privato, piuttosto che essere originari, si instaurano aleatoriamente nel comune. chiaro che, dietro questa concezione del processo giuridico, sta una sorta di anarchia: non una forza che vuol distruggere linsieme ma semplicemente unazione plurale, irriducibile allunit, non propriamente anarchica, dunque, ma autonoma. In terzo luogo avevamo ricordato come il concetto di sovranit nazionale venisse meno sul terreno teorico e pratico del diritto internazionale. Gi a partire dallanalisi dei teorici onusiani si poteva infatti dire che i limiti posti alla sovranit nazionale e le eccedenze che il potere onusiamo proponeva sul livello globale, erano diventate pi importanti dellazione richiesta alle nazioni per contribuire allunit dellordinamento internazionale (NOTA 7). Oggi questo punto di vista stato largamente oltrepassato: sono la potenza delle resistenze singolari, la rottura asimmetrica delle relazioni internazionali, le continue accelerate forme di coordinazione territoriale e/o continentale, le nuove scale di valori, ecc. ecc., che diventano primarie nella fissazione (sempre nuovamente aperta) dei principi del potere globale. La Carta di San Francisco largamente superata, non perch la pretesa ad essere universale della legislazione e del potere di intervento onusiani sia stata liquidata ma perch linterdipendenza globale degli Stati-nazione diventata talmente importante da essere continuamente riconosciuta ed integrata da accordi parziali, da nuove iniziative cooperative, insomma da nuove figure intensive dellistituzionalit nellorganizzazione globale (NOTA 8). La recente crisi finanziaria mostra fino a che punto lintegrazione del mercato globale obblighi gli Stati alla collaborazione nella regolazione economica e nellintervento contro gli effetti della crisi ben oltre ogni presunzione di sovranit. Si potrebbe qui porre unaltra domanda: se il principio della sovranit viene dissolvendosi nellattualit postmoderna, si potr comunque ricostruirlo ripulito da ogni caratteristica spuria astraendolo in una determinazione univoca di eccezionalit? Si potr ricondurre il concetto di sovranit a quello di comando dentro quelleccezione che comunque permette ai governi di governare, alla sovranit di ricomporre lazione politica sopra ed oltre il caos possibile nel quadro nazionale ed internazionale? quanto assai astrattamente alcune posizioni filosofiche-giuridiche ambiguamente propongono, talora pretendendo che la forza delleccezione restauri lintero processo della produzione del diritto sotto la categoria della sovranit, altre volte riconoscendo invece nellemergere delleccezione una nuova figura del comando sovrano (NOTA 9). Ora, nella filosofia del diritto pubblico, Carl Schmitt era gi proceduto su questa via in maniera esemplare. Una volta fondato il concetto di sovranit sul concetto di decisione, il diritto pubblico e/o statuale egli argomentava pu benissimo articolarsi fra lesercizio costante della volont normativa e lesercizio eccezionale della decisione: la natura dei due processi la medesima (NOTA 10). Ma un processo talmente astratto (e teologico o come diceva Kant terroristico, cio armato da un radicale pessimismo etico, fondato su una metafisica della trascendenza) da risultare strumentale in troppe posizioni teoriche ed indifferente a troppe prese di posizioni ideologiche. Quando una chiave apre troppe porte non pu che essere una chiave falsa (NOTA 11).

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La critica (in questo caso si tratta di un processo di comprensione che va al di l degli irrigiditi parametri della tradizione) la critica dovr allora riarticolare le questioni qui poste, sia quella riguardante il senso del cosiddetto superamento del concetto di sovranit nella governance, sia quella che pone lipotesi della ricomposizione univoca di questo cosiddetto superamento sotto la categoria delleccezione. A noi sembra che la soluzione del problema stia nello spiazzare la questione. Vale a dire che, se lesercizio del potere sovrano, per quanto intimidito, non sindebolisce nel rapporto fra decisione e contesto frammentato, disarticolato e problematico della realt normativa, ricorrendo alla governance per ricomporre comunque la propria efficacia; se daltra parte il concetto di sovranit non va definitivamente in crisi nel confrontarsi alla frammentazione normativa ma pu ancora proporsi un alibi nelleccezione si dovr allora ammettere che, quando la crisi del concetto (come sembra) continua a proporsi, la sua origine pi profonda. Che come dire: il concetto di sovranit va in crisi perch non pi egemone rispetto ad altre legittimazioni sociali, ad altri processi e potenze costituenti. In effetti, quella che in discussione (non solo perch la teoria insoddisfatta ma anche soprattutto perch la storia e lalterit collettiva urgono), la concezione moderna della sovranit come affermazione dellUno nel comando politico e nellorganizzazione della societ. La figura del Leviatano non riesce pi a definire una funzione unitaria (quale che sia lorigine, contrattuale o istituzionale, di questa unit) rispetto allanarchia sociale ed alla moltitudine dei soggetti (NOTA 12). Spiazzare dunque il problema, uscire dal feticcio della sovranit come concetto di governo nella modernit: questo il tema da discutere. Probabilmente, come spesso gli storici hanno fatto (con operazioni che i giuristi sono riluttanti a ripetere), il concetto di sovranit va qui ricondotto a quello di crisi (NOTA 13). Siamo oltre il moderno. La crisi penetra e disgiunge le polarit che nel moderno la sovranit aveva congiunte. Molte sono le piste che si possono seguire quando si approfondisca questa linea di ricerca. Sono infatti in causa, in questa contingenza, sia un principio di organizzazione sociale, sia un valore di giustizia, sia un dispositivo di potere. Essi, nel contesto del normativo frammentato, risultano spesso contradditori, luno con laltro; altre volte indipendenti e non riconducibili ad unit; altre volte, ancora, si presentano in forma paradossale (NOTA 14). Ora, il punto di vista che noi assumiamo nel costruire la nostra ipotesi critica, che nessuno di questi principi possa essere fondato sulla sostanza unitaria del Leviatano ma che ciascuno di essi debba piuttosto essere ricondotto ad una particolare genesi costituente, a figure genealogiche indipendenti e ci disintegra il concetto di sovranit. Che come dire: dobbiamo riconoscere che lattuale concetto di sovranit il risultato di una lotta, che la sua definizione astratta ha rappresentato il momento pi alto e pi rappresentativo della vittoria riportata da una parte sulle altre. Determinando storicamente laffermazione: la sovranit il prodotto della vittoria della borghesia come classe. Che cosa significa allora riportare il concetto di sovranit a quello di crisi? Significher riconoscere che quella vittoria (una volta ottenuta) ora contestata, quando non sia gi stata effettualmente rovesciata (NOTA 15). questo un punto di vista machiavellico, probabilmente capace di penetrare in maniera

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realistica la crisi attuale di quel concetto di sovranit di cui Machiavelli ha descritto la genesi. infatti, secondo Machiavelli, nella lotta tra ricchi e poveri, nello scontro, prima, fra una nascente borghesia imprenditoriale e laristocrazia fondiaria, e poi nello scontro fra quelle due potenze riunificate dalle necessit di potere ed il proletariato produttivo, che si forma il concetto di sovranit. Non come trasferimento del potere dal popolo al principe ma come affermazione del principe sul popolo. Questa stessa concezione machiavellica della sovranit ripresa e sviluppata da Baruch Spinoza quando si propone di definire la democrazia. Ora, in Spinoza, la democrazia si presenta due volte, e secondo due prospettive diverse. La prima definizione di democrazia sta allinterno della tradizione classica della teoria delle forme del governo: come la monarchia il governo delluno, cos laristocrazia il governo di pochi, mentre la democrazia il governo dei molti ma che cosa governano i molti? Essi continuano in questo primo caso a governare lUno. Non casualmente, nella teoria tradizionale delle forme di governo, il potere sempre considerato espressione dellUno, e correttamente Bodin ricordava che ogni forma di governo sempre una monarchia. Anche la prima definizione che Spinoza d della democrazia, sta dentro questo quadro. C un contratto che trasferisce la potenza della moltitudine nel governo dellUno. Ma poi c una seconda definizione spinozista della democrazia: la democrazia assoluta. Essa non pi il governo dellUno ma linsieme dei processi multipli che costituiscono il comune. La democrazia del comune si oppone cos assolutamente alla democrazia come gestione dellUno perch lo riconosce come una sostanza trascendentale, quindi un potere indiscriminato, una decisione sempre totalizzante; e lo rifiuta in nome della libert. Conseguentemente, la democrazia assoluta, secondo Spinoza, diventa un processo immanente, una costruzione che le singolarit operano dal basso ed una soluzione sempre aperta dei conflitti nei quali si oppongono le passioni: la democrazia dunque il dispositivo che, attraverso i conflitti, costituisce un progetto comune (NOTA 16). Ecco un primo forte attacco alla definizione della sovranit come decisione e come eccezione! Vale a dire che se stiamo alla costruzione spinozista della democrazia assoluta la natura del potere non riconducibile linearmente al concetto di sovranit. Il potere infatti sempre una relazione: questo rapporto pu essere concluso e ricondotto ad unit, ma si tratter sempre di una unit aleatoria. La crisi, la separazione, la disgiunzione, la rottura del rapporto costituiscono, per cos dire, la struttura ontologica di ogni espressione del potere, di cui lunit eventuale costituisce la rappresentazione, meglio, levento ontico Accennavamo prima alla difficolt di ricondurre ad unit i principi dellorganizzazione sociale, quelli della giustizia e quelli del potere. Non vorremmo che qui questa nostra prospettiva di crisi e separazione potesse essere considerata alla maniera di quel realismo politico di cui spesso la filosofia politica indossa le armi. Si tratta, in generale, di puro e semplice cinismo politico, di una sorta di libertinage che unisce, al nihilism o dei valori, un funzionalismo giuridico e politico, compatibile con il potere esistente (NOTA 17). No, qui non si tratta di condividere questo punto di vista. Quando si dice crisi, nella nostra prospettiva, si parla di forze reali che si oppongono lun laltra. Il realismo politico pu benissimo presentarsi come arma di una delle parti in lotta o anche di tutte le parti: ma si

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tratta di unarma indifferente ai contenuti particolari che, soli, possono determinare le figure del potere. Non allora interpretando la forma del conflitto che potremo definire il risultato dello scontro, vale a dire leventuale costruzione di un soggetto. Di contro, essere dentro, prendere parte (essere partigiani) e cos seguire il processo costitutivo di un soggetto attraverso la lotta, significher cogliere e sviluppare in maniera singolare e distinta i principi dellorganizzazione sociale, di giustizia e la concezione del potere che animano ciascuna delle parti in lotta (NOTA 18). Nella genesi dello Stato e del capitalismo moderni, le parti in lotta ebbero identit precise e furono portatrici di principi diversi di giustizia, conflittuali e talora antagonisti, e di diverse immagini del governo della citt. Non si deve dimenticare che anche il capitale, come la sovranit, sempre costituito da un rapporto. Come, perch esista un sovrano, occorre un soggetto sul quale imporre un comando, cos perch esista un capitalista, deve esserci un lavoratore cui imporre lo sfruttamento. Inutile qui aggiungere che, seguendo le articolazioni dello sviluppo capitalistico (e dei conflitti che lo configurano), si pu probabilmente, meglio che in qualsiasi altro modo, studiare lanatomia del politico e dello Stato sovrano (NOTA 19). 2. Ci detto, torniamo indietro e, cio, di nuovo al concetto di eccezione sovrana. Noi sosteniamo che esso un principio puramente quantitativo, che corrisponde cio al tentativo di massimizzare la forza per eliminare lavversario dal processo costitutivo della societ politica. Esso serve a rinnovare le gesta di Attila e di Gengis Khan. Bisogna dunque strappare i filosofi allillusione metafisica del potere di eccezione! Ripetiamolo: esso non ha quelle qualit che taluni vogliono riconoscergli: vale a dire che leccezione non rappresenta lessenza ontologica del potere ma semplicemente le eventuale brutalit della decisione sovrana, il suo terrorismo come Kant voleva. Essa ripete Attila e Gengis Khan ma siffatte scope di Dio (come le chiamava Hegel) possono ancora proporsi, o solo essere immaginate, nelle societ complesse del capitalismo maturo? Gi gli epigoni di Carl Schmitt, i vari Forsthoff e Mortati, riconobbero questa impossibilit, e cos come abbiamo visto Gehlen si oppose a Max Weber (NOTA 20). Nellarcheologia delleccezione, potranno allora riconoscersi ancora lo spogliarsi e lastrarsi assoluto del concetto di potere sovrano, la sua efficace ed essenziale nudit? No. Si deve piuttosto riconoscere in luogo della nudit del concetto la semplice brutalit dellatto di forza, la violenza elementare, mai nuda, sempre incarnata, invece, per esempio dalle passioni violente dellodio razziale, della sopraffazione di genere e del privilegio economico, ma soprattutto, quasi sempre, dallorganizzarsi di un nucleo forte di interessi pi o meno economici (NOTA 21). Ma, come si diceva, ancor pi che nellarcheologia, queste caratteristiche rozze del potere deccezione si trovano illustrate nella genealogia di questa figura del potere, quandessa pretenda di funzionare nellattualit. Nellattualit infatti, leccezione si confronta al tessuto del biopolitico, si presenta cio come esasperazione dei biopoteri che si oppongono alla costituzione democratica di una societ investita dallorganizzazione biopolitica. Leccezione si configura oggi come forza riduttiva e totalizzante, che tenta di eliminare, di schiacciare, ogni complessit sociale ed ogni resistenza che emergono nel contesto biopolitico. E ci diventa tanto pi violento e feroce quanto pi, nello sviluppo della modernizzazione capitalistica, lazione dello Stato penetra nei nodi dello sviluppo sociale ed

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integra, in forma politica, levoluzione delle forze produttive sociali trasformando la produzione in attivit vitale, reticolare, cooperativa. Quando lopposizione machiavellica fra i ricchi e i poveri si presenta di nuovo nella societ capitalistica sviluppata, si distende ovunque. Marx parlava di sussunzione reale della societ nel capitale, per descrivere la maturazione dello sviluppo capitalistico e la sua capacit di investire la vita intera. In conseguenza di questa sussunzione, lantagonismo del rapporto di sfruttamento si esercita ovunque, vale a dire che esso si ritrova non solo nei luoghi di produzione ma su ogni punto della complessa relazione sociale che la cooperazione produttiva ha costruito (NOTA 22). Traducendo ora questo diagramma economico nella grammatica della sovranit statuale, non possiamo non riconoscere la potente estensione del conflitto e la drammatica emergenza delle resistenze in ogni angolo della societ, su ogni snodo delle reti che organizzano e configurano la produzione sociale. Questultima ormai, nello sviluppo capitalistico maturo, integrata alla maniera biopolitica nelle filiere del potere sovrano ed in questo ambito che le resistenze si rivelano ovunque (NOTA 23). Il postmoderno ha avuto il grande merito di aver sottolineato lesaurimento del concetto moderno di sovranit. Esso ha riconosciuto quel che venivamo dicendo sopra e cio che, nella sussunzione reale della societ nel capitale, quando cio il comando politico diviene esso stesso articolazione produttiva allinterno delle reti sociali, anche le resistenze emergeranno su ogni snodo della societ. Ma, a questo punto, i filosofi del postmoderno approfondiscono la loro analisi, sottolineando che allinterno dello sviluppo totalizzante del comando capitalistico a fronte delle resistenze sociali, quindi dentro i rapporti antagonistici che ovunque si determinano leffettualit della crisi si accentua in maniera radicale perch la totalizzazione del rapporto ha levato di mezzo ogni misura, ha sbiadito ogni proporzione, ha reso difficile ogni espressione certa (NOTA 24). Di conseguenza, sul terreno politico, ha eliminato ogni possibilit di confrontare la sovranit alla realt, di commisurare il comando allobbedienza, il salario (e lo Welfare) al lavoro. Non sar allora un caso che la critica del concetto di sovranit (e della prosopopea dei suoi attori nel pretendere di riunire i principi di giustizia e di organizzazione sociale) sar qui condotta dalle stesse classi dirigenti del capitalismo maturo. Queste classi dirigenti sceglieranno, nella crisi, di governare attraverso le mille figure e le mille varianti del potere di eccezione (NOTA 25). Giungiamo ad una conclusione sul terreno fin qui lavorato. Come le pi recenti vicende politiche (dalla caduta dei totalitarismi alle guerre imperiali) hanno dimostrato, la via delleccezionalit sovrana difficilmente percorribile. Linsistenza sul potere di eccezione viene utilizzata come minaccia, come epouvantail, pi che costituire una pratica efficace. Ci si permetta comunque di notare qui come troppo spesso il potere di eccezione venga esemplificato attraverso il ricordo di quella terribile esperienza storica che furono i campi di sterminio nazisti. Lo ricordiamo per sottolineare ancora una volta il carattere mistificatorio del concetto di eccezione, legato allanalisi degli effetti delle tecnologie sovrane. La parabola industriale di Auschwitz non pu giustificarlo. La dignit dei giudei consistette non gi nel subire inevitabilmente lo sterminio ma nel reagirvi, nellinsurrezione del ghetto di Varsavia, nella solidariet della resistenza nei campi e la Shoa, come male

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assoluto, saggio considerarla solo in termini teologici. Hannah Arendt lo ha giustamente sostenuto (NOTA 26). A questo punto cerchiamo di comprendere (ed eventualmente di sviluppare) quelloperazione teorica di spiazzamento del problema della sovranit cui abbiamo sopra abbiamo accennato. I criteri sui quali questoperazione pu essere condotta, li conosciamo: consistono nello sviluppare lipotesi che ogni forma di comando sociale la risultante dello scontro fra due (o varie) forze. Ogni forma di comando sar dunque riconosciuta come gestione di crisi e la sovranit non potr essere definita, ab origine, che come superamento (determinato) di una crisi. Come possibile procedere in questa direzione? sufficiente assumere la crisi nella sua attualit ed osservare come la sovranit si eserciti sempre nel tentativo di esorcizzarla di negarne la consistenza sociale, di ridurla ad elemento sistemico necessario ma aleatorio Ma (noi lo verifichiamo ancora di nuovo nella crisi attuale), la crisi della sovranit non sta in altro, n da altro prodotta, se non dalla resistenza dei soggetti. Il risultato nullo (cio impossibile da raggiungere) di ogni operazione intesa a determinare in epoca di crisi la sintesi tra potere e diritti, fra governo ed esperienza civile dei soggetticittadinilavoratori (equazione che un tempo, nella modernit, nellepoca dellegemonia borghese, si voleva come identit) riconducibile alla resistenza dei soggetti. Ne viene una conseguenza: se la sovranit come Leviatano non pu funzionare, ti accorgi tuttavia che qui non c vuoto, che non c mai nudit del rapporto di potere perch pi svuoti la sovranit pi la resistenza riempie il quadrante, pi neghi la sovranit pi i principi e le potenze di democrazia emergono. Sicch quando sembra esserci un vuoto di sovranit, solo una proiezione spettrale quella nella quale siamo coinvolti e la nostra percezione ne turbata e mistificata. Di contro, la crisi della sovranit (si definisca essa come eccezione oppure, come vedremo, come governance) si riempie piuttosto sempre di nuova costituenza, di capacit sempre rinnovata di pretese, di esprimere pretese di nuovi diritti e potenza dei desideri, proprio quando ogni misura del potere, ogni relazione fra sovranit e principi siano percepite in via di essere dissolte. Osserviamo che qui, dal punto di vista dei ceti dirigenti, spesso trionfa a contrastare la potenza delle resistenze lenfasi reazionaria sulloriginariet del potere e sulla forza della tradizione: da Burke ai neoconservatori, il pensiero reazionario si sempre espresso in questi termini. Ma questo punto di vista va rovesciato, perch qui invece risalta la resistenza, espressa proprio su quel luogo che la sovranit vorrebbe svuotare la resistenza emerge dentro quel vuoto/crisi di sovranit/potere di cui leccezione vuole in definitiva essere lalibi violento e del quale come vedremo la governance vuol essere la supplenza. Foucault si posto su questo bordo, laddove la sovranit non sapeva pi disciplinare la societ ed i dispositivi di controllo non potevano ormai che concludersi nelleccezione. il punto sul quale la sua ricerca si scontra con il nichilismo cio il punto dove tutti noi ci scontriamo con il nihilismo. Quale risposta propone Foucault? E noi, quale proposta decidiamo? Un primo approccio consiste nellaccettare di collocarsi su quel vuoto di origine e di principii che, pur spettrale, non meno reale e di procedere da qui. Riflettendo su questa condizione e commentando il gesto foucaultiano, Deleuze si chiede (NOTA 27): si

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dovr forse accettare (a fronte del vuoto, nella condizione nihilista) che tutte le scelte, che tutti i principii si equivalgano? Risponde: no. Quel nulla dellorigine sovrana comunque segnato su una scena dellessere della quale non c fuori. Ci sono, di contro, almeno un dentro ontologico e un punto basso nella geometria del potere. di qui che noi e Deleuze scegliamo di ricominciare. la nozione di dispositivo che qui sorge. Dispositivo: cio un meccanismo materiale, sociale, affettivo e cognitivo di produzione di soggettivit, ovvero lorigine di ogni movimento verso i principii. Unorigine che non pu che essere politica. Infatti Deleuze qui aggiunge: Noi apparteniamo ai dispositivi ed agiamo dentro di essi. Agire dentro di essi: vuol dire riorientare la conoscenza dallorigine al divenire, dalla crisi della sovranit al divenire-democrazia. Una seconda determinazione viene fuori dentro questo stesso proporsi del dispositivo: il fine del nostro agire, dentro il dispositivo, non quello di riaffermare ci che siamo, non di ripetere lidentico, ma quello di affermare lAltro, il nostro divenire-altro. Ma vi un terzo punto che qui si propone. Quando avanziamo in questa direzione noi scopriamo (con Foucault) la nuova natura della potenza politica il suo farsi attiva produzione del reale, potenza costituente, movimento costitutivo di principii che orientano nel divenire. La qualit performativa del dispositivo si organizza inizialmente in contro-condotte e in sistemi di resistenza, ma poi sempre di pi, organizza nuovi orizzonti ontologicamente determinati. Non questa la sigla di quel processo di costruzione del sociale dal cui questionamento eravamo partiti? Non questo il vero e proprio rovescio delleccezione? (NOTA 28) Una volta riconosciuto ci, dobbiamo respingere unultima obbiezione. quella di chi sostiene che il potere costituente (perch di questo che si tratta ormai dentro il quadro delineato) (NOTA 29) agisce in una sorta di omologia (inversa ma equivalente) con il potere di eccezione. Anche il potere costituente sarebbe o una forza extragiuridica, irrazionale e arbitraria o una decisione adeguata e funzionale al diritto che esso costruisce. Per rispondere a questa obbiezione, ci sembra necessario, ancora una volta, ritornare al metodo. Ora, quando nella discussione che precede, abbiamo insistito sul fatto che davanti alla crisi si d possibilit di costruzione solo a partire dal basso, solo costruendo diritto a partire dalla resistenza e dal riconoscimento dellAltro, l la definizione del metodo divenuta anche elemento materiale della ricerca. Di fatto, attraversando questo terreno (che il metodo ci indica) che il riconoscimento del comune dato. Ringraziamo di nuovo Foucault e Deleuze per averci indicato quella linea che, attraverso la differenza ed il desiderio, le resistenze e la produzione collettiva di soggettivit, scopre il comune come costruzione di una potenza politica che si fonda sulle singolarit e ne esprime la forza produttiva. Questo il pieno del potere costituente. Il metodo del dispositivo apre sempre allAltro, altro luogo e altro tempo, sequenze di costruzione del comune degli uomini. Dallo svelamento (parziale e per certi versi vizioso) del comune come origine, dalla Umwelt ecologica al fare-comune, dal riconoscimento degli elementi naturali della comune esistenza alla affermazione della comune figura (tecnologica ed ontologica) delle metamorfosi del nostro essere nella contemporaneit ecco la via maestra. La performance metodica diventa dunque qui una sorta di potere costituente non come i giuristi ce lo hanno consegnato (e cio come un atto originario ma extragiuridico) ma come una produzione immanente, permanente, basica, che sempre si rinnova e che inesauribile. (NOTA 30)

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Non pi da un punto di vista metodico ma sostanziale, non pi da un punto di vista ipotetico ma costruttivo, assumiamo dunque che la resistenza, in quanto potere costituente (sempre rinnovato), crea le istituzioni, nella loro forma e nei contenuti che esprimono, nella loro funzione. Che la resistenza determina dunque il contenuto delle norme, la loro interpretazione e di conseguenza la capacit di intenderne (secondo regole che sempre si modificano), la diversit. Il potere costituente altra cosa, piena e forte, davanti alla riduzione eccezionale della sovranit. 3. Quando ci si muove sul terreno della critica del concetto di potere di eccezione, si rischia tuttavia di lasciare a lato laltro punto sul quale si presenta oggi la crisi del concetto di sovranit: la governance. E questa dimenticanza pu condurre ad un punto morto del ragionamento perch cos facendo si sottovaluta (quando non si metta da parte) la determinazione essenziale che la critica del concetto di sovranit ci aveva offerto: il dualismo insopprimibile che gli implicito. La governance ci permette di trasferire la critica su questo terreno, di incalzare la difesa del concetto di sovranit nel suo ultimo recesso. La governance diviene dunque, su questo snodo, non solo oggetto ma passaggio necessario della critica. Essa lultima traduzione del concetto di governo sovrano e si presenta nella figura della sua supplenza. Ci permettiamo dunque di avanzare alcune critiche del concetto di governance. Che cos precisamente la governance? Assumiamo che (come fin qui abbiamo visto nellidentificare e nel criticare lo Stato deccezione) frammentazioni ed eccedenze siano ormai centrali nella fenomenologia dello Stato sovrano. tanto vero che le teorie sistemiche, ad esempio, hanno cominciato (a partire dalla considerazione dei fenomeni della mondializzazione) a parlare di un processo di costituzionalizzazione senza Stato; ed hanno identificato nel trasferimento dei poteri di decisione dal governo alla governance la costituzione di un governo aleatorio della contingenza. (NOTA 31) In effetti, lo sviluppo frammentario delle funzioni giuridiche a livello interno come al livello internazionale, sul terreno amministrativo come sul terreno politico (ed importante qui ricordare che il rapporto locale/globale, micro/macro possono essere ritenuti nella loro immanenza) non pu pi essere trattenuto in un quadro sistemico. (NOTA 32) Riconoscere questa incontinenza sistemica non significa rivalutare o rinventare una linea istituzionalista che metterebbe in opera la costruzione dal basso delle funzioni del comando, ma piuttosto riconoscere il sorgere ed il prosperare di una situazione caotica nella quale si duplicano e/o si moltiplicano istanze di governance. Tutto questo libera uneccedenza fuori dal sistema, allinterno della sua frammentazione: nei suoi interstizi, tra conflitti e shock di diverse razionalit, tra differenti architetture e geneologie delle norme. (NOTA 33) Il passaggio dal governo alla governance infrange la regolazione unitaria dei sistemi del diritto pubblico. Quando noi consideriamo questo tournant, dobbiamo analizzarlo in tutta la sua estensione: esso rappresenta il passaggio dalla regola unitaria e deduttiva ad una norma plastica e pluralista. Non bisogna stupirsi se, allinterno di questa sistema, nel flusso dinamico e multiplo delle produzioni normative, si faccia di tanto in tanto ricorso alleccezione. Ma non occorre esagerare limportanza di questi ricorsi. Ci che

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invece davvero importante in questo processo, limpossibilit di bloccare le resistenze che si oppongono allo sviluppo lineare di una volont giuridica centralizzata. Questo conferma la percezione della rottura che abbiamo gi sottolineato. A questo punto dellargomentazione, bisogna riconoscere che (per esempio) il sistemismo giuridico di Luhmann ha anticipato la descrizione delle dinamiche di questa frammentazione che ne ha, in qualche modo, sollecitato lanalisi con un gesto forte, a partire dalla coscienza della compresenza a-simmetrica e critica dei flussi normativi e delle istanze di auto-organizzazione. Di nuovo, tuttavia, riconosciuto quel forte gesto, occorre aggiungere che quella operazione teorica ha nascosto un atteggiamento quasi scettico, libertino (una specie di bisogna che tutto cambi perch nulla cambi). Insomma: unopzione veramente cinica nel senso abusato del machiavellismo, piuttosto di unapertura alla potenza dellinorganizzato, dellasimmetrico e dellautonomia. Questo atteggiamento teorico (che qui abbiamo assunto come tipico e che consideriamo come una regola generale nelle posizioni post-strutturaliste) sembra effettivamente costituire la base di ogni teoria della governance. Sarebbe importante tuttavia chiedersi se questi elementi innovativi non debbano essere considerati, piuttosto che come effetti marginali prodotti dalla decostruzione, al contrario, come delle tensioni ricostruttive e costituenti che possono giungere al cuore di unontologia del presente. (NOTA 34) Con ci arriviamo al punto finale del nostro ragionamento. Una volta infatti cos determinata e descritta la governance, chiaro che il rapporto sociale (e giuridico) da essa costruito del tutto orizzontale: forza contro forza. La teoria della sovranit riconosce qui, per cos dire, dessere stata riportata a quel rapporto di forza dalla cui sintesi era stata originata. Tuttavia, di nuovo, a questo punto, a proposito della governance, ci accade di dover precisare i concetti come abbiamo fatto per il potere di eccezione: nellun caso come nellaltro, non possiamo infatti definire astrattamente il rapporto forza contro forza. La forza vale sempre per qualcosa. Non c esercizio della forza che non sia in qualche modo teleologico, che non voglia cio qualche cosa. Potrebbe sorgere il sospetto che qui, evocando orizzonti finalistici, si vogliano di nuovo produrre mosse dialettiche. Nulla di ci. ben vero che quando forze antagoniste si scontrano e raggiungono nello scontro risultati che spesso scontano una mediazione, questo processo scimmiotta la dialettica. Ma le forze antagoniste che qui confliggono sono sempre e solo affermative, il confronto non mai un superamento, unAufhebung non c. La storia delle istituzioni sempre storia di confronti. Il processo di istituzionalizzazione si d per recepire una resistenza presente, altre volte per anticipare una nuova resistenza prevista Spesso non si riesce n nella prima operazione n nella seconda: di conseguenza nascono mostri istituzionali e/o normativi. La condizione storica (e giuridica) attuale caratterizzata appunto da questa frammentazione, talora paradossale e/o mostruosa, dellorizzonte normativo Allinterno e a fronte di queste contingenze si presenta come un frutto maturo la governance. Tutto sembra pi facile e liscio e rapido con la governance! Non ci sar pi government: la governance lo supplisce perfettamente! Ma c un ma, un grande ma! Ed che la governance rivela sempre e comunque un processo dualistico, un rapporto

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inconcluso di forze, unazione ed una reazione. Il suo carattere paradossale consiste nel fatto che essa pu funzionare solo quando uno dei poli pi forte dellaltro. Ma nella dimensione biopolitica, su quegli scorci di processi conoscitivi e pratici che conducono (come abbiamo visto) alla costruzione del comune, il riapparire di una forza egemone , per certi versi, scandaloso Certo, la governance resiste ma fino a quando? Forza contro forza: cerchiamo di considerare questo rapporto, ora, non pi su un terreno formale ma su un terreno materiale. Ecco allora che il rapporto di forze diverse e contrastanti si qualifica in maniera vera: da un lato talune forze insisteranno sulla consistenza dei processi, mentre altre forze si presenteranno come progetto di innovazione. Reazione contro progresso? Altre volte si sarebbe detto questo, mettendo in prima linea ad esempio il duro affrontarsi del potere e dei contropoteri, attorno alla conquista ed al management dellamministrazione. Ma ora non lo si pu pi dire, per un certo verso la situazione si sdrammatizzata e la governance si stabilizzata. La rivelazione del dualismo di potere che attraversa la governance, non sembra esser pi scandalosa. La rottura definitiva e universalmente assunta. E tuttavia resta la domanda: quali sono le condizioni in cui si svolge la governance? Chi vince nel rapporto di forze che la governance delinea? Ora, se nellinterpretazione borghese e capitalista la governance si presenta (senza alternative n residui) come volont di ricomposizione statale e/o autoritaria nei confronti della potenza dellavversario, della sua resistenza, si deve tuttavia riconoscere che il rapporto giuridico continua a manifestare una certa dualit. Che come dire: lequilibrio tra il tentativo di chiudere la relazione della governance e la potenza della resistenza nel tenerla aperta risulta straordinariamente difficile da raggiungere. Perch? La risposta non pu essere rivelata che nellontologia del rapporto. Torniamo dunque ai contenuti. Da un lato abbiamo una governance che esprime la necessit del comando, dallaltra abbiamo un potere costituente (diffuso ed irriducibile) che si muove come volont di resistenza e di innovazione comune. Quando il rapporto diventa troppo violento la governance subisce la tentazione di trasformarsi in potere di eccezione; di contro, il potere costituente si presenta in maniera ancor pi evidente e forte come resistenza. C uno squilibrio ontologico fra governance e potere costituente. A fronte della governance il potere costituente si pone in maniera permanente e comune e deve esser qui riconosciuto come forza non pi extragiuridica ma legittimata a muoversi, a riunificare le resistenze come unopposizione tanto dinamica quanto innovativa. Chiamiamo comune linsieme delle forze resistenti/costituenti che si costruiscono come innovazione ontologica del legame sociale. Al contrario del potere di eccezione dunque la governance riconosce di fatto il potere costituente come lelemento attivo nella costruzione dei processi istituzionali e giuridici. Ma la governance pu vivere solo quando pi forte del processo costituente. Se la governance comanda ancora, comander solo fin che il potere costituente non diventer, esso, egemonico. Come potr realizzarsi questo rovesciamento? Chiedersi questo chiedersi come lesperienza comune della libert possa diventare centrale nellinnervare e nel realizzare

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nellattualit il potere costituente? Unosservazione esemplare (e pedagogica) a proposito del formarsi del comune: ci riferiamo allesperienza che si realizza sul terreno delle lotte attorno agli equilibri ecologici del divenire sociale. In che cosa consiste qui il comune ecologico? Consiste nella comprensione che attraverso la moltitudine delle singolarit si d un elemento fondamentale, comune, e cio la necessit di mantenere le condizioni di riproduzione della vita (non soffocare per i miasmi industriali, poter bere e nutrirsi di sostanze sane, non ammalarsi per epidemie pi o meno artificiosamente prodotte, ecc. ecc.). C dunque un comune biologico, ecologico che riconosciuto dalle singolarit e che le unifica in un insieme. Passiamo ora dallesempio e dalla pedagogia ecologiche alla realt ed allattivit sociale. Abbiamo detto che non c comune se non c un accordo dinamico delle singolarit: lesperienza ecologica ce ne offre il motivo sul terreno della difesa della vita e della riproduzione umana. Ma noi dobbiamo avanzare oltre allesempio ecologico ed affermare che non c comune se non c potere costituente. Meglio, che c comune (anche naturale, anche ecologico) (NOTA 35) solo quando c potenza costituente. Luomo non solo natura, il cittadino gi oltre la natura (senza negarla ma trasformandola), luomo produttivo in gran parte artificiale (ma questa artificialit divenuta una nuova potente natura). La tecnologia costituisce il nostro essere cooperanti, il sapere e il linguaggio esistono solo quando stiamo insieme, quando ci mettiamo in comune. Quando noi costituiamo il comune, noi costruiamo il mondo. Ecco dunque il punto dove legemonia del comune rompe la governance per proporre istituzioni del comune. Esse hanno la stessa insistenza sulla singolarit (sulla singolarit delluomo che lavora, che comunica, che soffre e gioisce) che hanno le condizioni ecologiche della vita, ma la loro forza sta nel fatto che il mondo viene cos ricostruito, che la natura stessa rovesciata (come un calzino!) dalla capacit di ciascuno di muoversi insieme, di camminare con lAltro, di costruire in comune. Il diritto non pu essere che il dispositivo normativo di questo costruirsi insieme la vita comune. Le norme non possono nascere che dalla decisione comune (non generale n astratta ma singolare e concreta) sulle condizioni della produzione della vita. Oltre la sovranit (e leccezione come suo alibi, oltre la governance come supplenza della sovranit) esiste la potenza comune delle singolarit nel determinare le forme del vivere insieme. (NOTA 36) NOTE (NOTA 1) Per i riferimenti alle opere di Foucault, vedi J. REVEL, Dictionnaire Foucault, Ellipses, Paris 2007, pp. 67 sgg. e passim (NOTA 2) N. LUHMANN, Legitimation durch Verfahren, Frankfurt, Suhrkamp, 1969; A. FEBBRAIO-G. TEUBNER, State, Law, and Economy as Autopoietic Systems, Milano, Giuffr, 1994, G. TEUBNER, Global Law without State, Aldershot, 1997 (NOTA 3) Il riferimento essenzialmente alle opere di Richard Falk e di Danilo Zolo.

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(NOTA 4) Vedi A. ARIENZO, Dalla corporate governance alla categoria politica di governance, in G. BORRELLI, Governance, Napoli, Libreria Dante e Descartes, 2004; U. BRCKLING S. KRASMANN TH. LEMKE, Gouvermentalitt der Gegenwart. Studien zur konomisierung des Sozialen, Frankfurt 2000; R. MAYNTZ, La teoria della governance: sfide e prospettive, Rivista italiana di scienza politica, 1, pp. 3-21, 1999 (NOTA 5) Vedi D. SCIULLI, Corporate Power in Civil Society: An Application of Societal Constitutionalism, New York, New York University Press, 2001 e G. TEUBNER, Societal Constitutionalism: Alternative to State-Centered Theory, in C. JOERGES, I-J SAND and G. TEUBNER (eds.), Transnational Governance & Constitutionalism, Oxford, Hart, 2004; importante , a questo proposito, il recente volume di E. DE CRISTOFARO, Sovranit in frammenti: La semantica del potere in Michel Foucault e Niklas Luhmann, Ombre corte, Verona, 2007 (NOTA 6) K.H. LADEUR, Post-Modern Constitutional Theory: A Prospective for the Self-Organising Society, in Modern Law Review, vol. 60, n. 5, 1997; C. SABEL, J. ZEITLIN, Learning Difference: The New Architecture of Experamentalist Governance in the European Union, in Eurogovernance Paper, 2007 (NOTA 7) Hans Kelsen si pi volte espresso in questo senso. (NOTA Mi permetto di rinviare in questo caso a G. COCCO, A. NEGRI, GlobAL, biopotere e lotte in America Latina, Il Manifesto, Roma, 2006, in particolare parte V. (NOTA 9) In questa direzione si sono succeduti gli interventi di Walter Benjamin, di Jacques Derrida e di Giorgio Agamben. (NOTA 10) G. GALLI, Genealogia della politica: Carl Schmitt e la crisi del pensiero politico moderno, Mulino, Bologna, 1996 (NOTA 11) quanto ha notato, con grande efficacia, H. PLESSNER, Macht und menschliche Natur, Berlino 1931, nella polemica che lo ha opposto a Schmitt. Per quanto riguarda la definizione kantiana che sopra ricordavamo, vedi la seconda parte della Conflitto delle Facolt, in AK, vol. VII, pp. 81 segg. (NOTA 12) Le basi di questa affermazione sembrano essere state poste, nelle discussioni iniziate negli anni Settanta, da A. NEGRI, La forma-Stato, Feltrinelli, Milano, 1977; C. OFFE, New Social Moviments, in Social Research, vol. 52, n. 4, 1985 (NOTA 13) Il nostro riferimento allopera di R. Koselleck. (NOTA 14) M. BLECHER, Law in Movement. Paradoxontology, Law and Social Movements, in J. DINE, A. FAGAN (eds), Human Rights and Capitalism, Elgar, Cheltenham, 2006; G. TEUBNER, Der Umgang mit Rechtparadoxien: Derrida, Luhmann, Wiethlter, in C. JEORGES, G. TEUBNER (ed.), Rechtsverfassungrecht, Baden Baden, Nomos, 2003

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(NOTA 15) Sia chiaro che qui, pur nella ripresa di un punto di vista del materialismo storico (relativamente alla equazione di sovranit e classe borghese), si va oltre quel punto di vista. Il marxismo si infatti mosso, attorno a questa tema, in maniera ambigua: da un lato, i dispositivi di presa di potere (e la correlativa teoria della dittatura del proletariato) ripetevano il concetto di potere sovrano come Leviatano; dallaltro lato, la teoria dellestinzione dello Stato, era invece presentata come ipotesi di rottura e come superamento dialettico di ogni concezione del potere. Per la critica di questa ambiguit del materialismo storico, si veda A. NEGRI, Books for Burning, Verso, London 2005 (NOTA 16) Vedi A. NEGRI, The Savage Autonomy: The Power of Spinozas Metaphysics and Politics, Minneapolis, University of Minnesota Press, 1991 (NOTA 17) Sul rapporto tra realismo politico e cinismo etico, vedi A. NEGRI, Political Descartes, Verso, London, 2006 (NOTA 18) Nella sua recensione al libro di J. Winkelmann sul concetto di legittimit e legalit in Max Weber (Tbingen 1952), Arnold Gehlen ha espresso, in maniera ancora oggi valida, il punto di vista che il progressivo aumento del livello di vita sia diventata una vera e propria pretesa giuridica, opponendosi cos sia ai concetti funzionali della teoria del diritto weberiana sia al Legalitt unt Legitimitt del 1932 di C. Schmitt. (NOTA 19) Su questo terreno non possiamo non ricordare le varie metodologie che nellambito del marxismo critico si sono sviluppate nel secondo dopoguerra, fra Castoriadis e Lefort di socialisme ou barbarie, loperaismo italiano di Mario Tronti, il nuovo storicismo di Thompson, ed oggi gli studi postcoloniali. (NOTA 20) Vedi A. NEGRI, La forma-Stato, cit. e M. HARDT, A. NEGRI, Labor of Dionysus: A critique of the State-Form, University of Minnestora Press, Minneapolis, 1994 (NOTA 21) Per la critica della teoria della sovranit espressa da G. Agamben nel suo Homo Sacer, vedi L. FERRARI BRAVO, Homo Sacer, in Dal fordismo alla globalizzazione, Il Manifesto, Roma, 2001 pp. 279-286; A. NEGRI, The Political Monster: Power and Naked Life in C. CASARINO, A. NEGRI, In Praise of the Common, Minneapolis, University of Minnestora Press, 2008 pp. 193 segg. (NOTA 22) Vedi A. NEGRI, Marx Beyond Marx. Lessons on the Grundrisse, Autonomedia Pluto, New York/London, 1991. (NOTA 23) Sono queste le tesi che sono state sostenute da M. Hardt e A. Negri in Empire ed in Multitude. (NOTA 24) Ci riferiamo qui essenzialmente alle narrazioni postmoderne di Baudrillard e di Lyotard. (NOTA 25) I documenti della Trilateral Commission, dagli anni Settanta in poi e le posizioni politiche neoconservatrici americane, soprattutto attraverso lopera di Huntington,

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dimostrano questo nuovo dispositivo del potere. (NOTA 26) A. ARENDT, Eichmann in Jerusalem: A Report on the Banality of Evil, The Viking Press, New York, 1963 (NOTA 27) G. DELEUZE, What is a dipositif? in T. ARMSTRONG, ed., Michel Foucault, Philosopher, Routledge, New York, 1992, pp. 159-168 (NOTA 28) Il rinvio nuovamente a M. Foucault che si esprime a proposito del concetto di dispositivo per la prima volta nella Prface a G. DELEUZE, F. GUATTARI, Anti-udipus: Capitalism and Schizophrenia, Viking Press, New York, 1977. (NOTA 29) A. NEGRI, Insurgencies: Constituent Power and the Modern State, University of Minnestora Press, Minneapolis, 1999 (NOTA 30) Vedi in proposito M. HARDT, A. NEGRI, Commonwealth, Harvard University Press, forthcoming (NOTA 31) G. TEUBNER, La cultura del diritto nellepoca della globalizzazione. Lemergere delle costituzioni civili, Armando, Roma, 2005 (NOTA 32) A. FISCHER-LESCANO, G. TEUBNER, Regime-Collisions: The Vain Search for Legal Unity in the Fragmentation of Global Law, in Michigan Journal of International Law, 2004 (NOTA 33) G. TEUBNER, The Anonymous Matrix: Human Rights Violations by Private Transnational Actors, in Modern Law Review, 2006, vol. 69, n. 3 (NOTA 34) Mi si permesso, in proposito, un accenno al formidabile sforzo filosofico di R. SCHRMANN (Des Hgmonies Brises, Trans-Europ-Repress, Toulose, 1996) per identificare il concetto di eccezione creativa, dentro lannullamento delle alternative teoriche della filosofia moderna. Non andrebbe sviluppato unalternativa analoga anche dentro la crisi delle teorie giuridiche moderne? (NOTA 35) Su queste tematiche, vedi A. NEGRI, Time for Revolution, Continuum, New York/London, 2003 e M. HARDT, A. NEGRI, Commonwealth, Harvard University Press, forthcoming (NOTA 36) Sulla spazialit del vivere insieme vedi, in generale, lopera di Saskia Sassen.

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