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I SEPOLCRI

Strutturalmente il carme, che consiste in 295 endecasillabi sciolti, è suddiviso dallo stesso autore in quattro
parti:

I) Fino al verso 90, argomentazione dell’utilità delle tombe, che, seppur materialisticamente inutili,
assumono importanza nella funzione di tramandare il ricordo del defunto, e dovranno dunque giustamente
essere adeguate a distinguere coloro che in vita sono stati onesti da coloro che non lo sono stati.

II) Fino al verso 150, analisi dei riti funebri nelle varie civiltà storiche, riconoscendo nei culti propri di un
popolo la sua identità, e portando esempi quali la concezione cattolica medievale della morte quale motivo
di ansia e terrore, e quella delle culture classiche con rituali più rasserenanti, che ricordano quelli
dell’Inghilterra contemporanea a Foscolo: è appunto la mancanza di valori comuni che porta ad identificare
nelle tombe l’angosciosa presenza della morte.

III) Fino al verso 212, considerazione dell’influenza positiva che può avere sui vivi la tomba e quindi il
ricordo di defunti personaggi illustri, trasformati ad esempio per i posteri: nell’esperienza di Foscolo ciò
accade nella Chiesa di Santa Croce a Firenze, assunta a tal motivo come simbolo dell’identità e della
memoria storica italiane.

IV) Fino al verso 295, attraverso un esempio tratto dalla cultura classica, Foscolo intende riflettere sulla
necessità di ricompensare i meriti dei morti garantendoli un posto nella memoria collettiva popolare, e
riconoscendo tale funzione alla Poesia, che fin dai tempi di Omero, può immortalare le gesta di singoli
individui o di interi popoli nella bellezza propria di tale arte.

Riguardo lo stile i Sepolcri uniscono all'impeto, alla passione e alla romantica ricerca dei sublime, di una
poesia, cioè che esprima in immagini lampeggianti e in intuizioni grandiose la drammatica realtà del vivere,
una rigorosa architettura classica, che giova alla concentrazione altissima di immagini, sentimenti, pensieri.
Questo avviene soprattutto all'inizio (vv. 1-22) e dopo il v. 150, quando il poeta abbandona il procedimento
didascalico, prevalente nella prima parte del carme e ancora legato a modelli settecenteschi, per creare
nuovi grandi miti, immaginazioni potenti e conclusive. I Sepolcri diventano allora come una grande sinfonia
della vita e della morte, ed esprimono nel ritmo del verso, nella sua musica mesta e solenne, l'epopea
dell'eroismo inscindibilmente unita alla tragedia del destino. L'ampiezza dei periodi poetici, le loro lente
volute, la solennità austera e appassionata dei ritmi e dei suoni fanno veramente pensare a un severo canto
religioso, nel quale tutte le voci sono presenti, da quelle meste ed elegiache a quelle magnanime ed
eroiche.
Diceva il Foscolo stesso nel Saggio sulla letteratura contemporanea in Italia: "Ciascun verso ha pause
peculiari e accenti convenienti all'argomento, onde i sentimenti melanconici procedono con ritmo lento e
misurato, e le immagini vivaci balzano avanti con il rapido passo della gioia; il poeta è riuscito a dare una
diversa melodia a ciascun verso e varia armonia ad ogni periodo".
Ugo Foscolo
I Sepolcri

L’occasione del carme, fu, come noto, l’editto napoleonico di St. Cloud del 1804 di cui il Foscolo aveva
discusso con l’amico Pindemonte, che attendeva allora ad un suo poemetto “I Cimiteri” . In seguito a queste
sollecitazioni il Foscolo compose “I Sepolcri”.

Struttura:

 La struttura di questa composizione è piuttosto complessa, manca di coerenza. Infati Foscolo passa
da un argomento all’altro senza esplicitare i nessi logici.
 Linguaggio molto lirico di difficile comprensione.
 Difficoltà comprensiva.
 L’abate Buillon in un suo intervento criticava l’oscurità dei sepolcri.
 Nella lettera al Buillon, Foscolo conferma l’oscurità della composizione, dicendo di aver mirato a
colpire i sentimenti del lettore.
 Per fare ciò ha imitato l’ode pindarica (à volo di Pindaro) e di aver attuato il “ trapasso sulle
intermedie idee” cioè il collegamento tra le parti strutturali.
 Foscolo affida al lettore il compito del collegamento tra le parti. Blocchi collegati con forme
retoriche in chiave.
 L’ordine logico va ricercato.
 Stile : à presenza di enjambements, inversioni , con valore fortemente connotativo.

vv. 1-90

Le tombe in negativo e in positivo, come vincolo d’affetti familiari e amicali.

E’ purtroppo evidente l’inutilità delle tombe, per chi ascolti la voce della ragione – dal momento in cui il
mondo è materia e la morte è totale disfacimento, annullamento anche dell’anima: ma perché il mortale
dovrà rinnegare la persuasione del cuore, la feconda consolatrice “illusione” del sepolcro, che ingenera tra i
morti e i vivi una “celeste corrispondenza d’amorosi sensi? Deprecabile l’editto di St.Cloud che distrugge la
pia religione del sepolcro: cosicché le ossa del Parini giacciono forse nella fossa comune accanto alla testa
insanguinata di un ladro.

vv. 1-23 : Ma perché…….? è formula retorica di passaggio

 Rappresenta chiara visione meccanicista, perché afferma inutilità della tomba a causa della visione
meccanicista dell’autore.

Vv 23-50 : è  apparente superamento della posizione meccanicista in nome delle illusioni, la prima
affermazione viene confutata. La critica ha osservato che anche nella parte negativa sono presenti le
illusioni.

v. 23: è superamento del meccanicismo in nome della corrispondenza di amorosi sensi, che fa si che i
parenti del morto si comportino con lui come se fosse vivo, creando l’illusione  che egli sia ancora in vita.

Si innalza quindi il senso della tombaà sepolcro

è appare il tema della naturaà nel sepolcro c’è anche la natura. La corrispondenza degli amorosi sensi è
anche corrispondenza tra natura/morto.

è concetto della natura romantico à attrazione, unione io / mondo.


La natura si rapporta al morto come il vivo si rapporta al morto. Nella tomba di chi non lascia rapporti
cresceranno solo erbe ed ortiche.

v.51 : pur nova legge… à nesso logico, introduce al III parte.

VV.51-90 : ( influenza preromantica). Si parla del Parini e della sua sepoltura in una fossa comune e si
descrive il Parini sepolto insieme ai briganti. Ricorrono immagini tipiche della natura preromantica, come
l’upupa, la cagna famelica, e , molto importate, il dolore della musa che vede il poeta in una fossa comune à
a causa dell’editto di St. Cloud.

 I sepolcri no servono. MA si può vivere attraverso i sepolcri è se il sepolcro è tanto importante tuttavia
Parini , figura tanto importante, non ha un sepolcro.

VV. 90-150

Le sepolture nei tempi: loro culto come inizio della civiltà ( Vico: da religione, matrimoni e funerali
“incominciò l’umanità”) .

Il culto pietoso dei morti, insieme con l’istituzione della famiglia , della giustizia e della religione, segnò la
fine della ferina barbarie e l’inizio della civiltà. Non sempre i riti funerari furono consuetudine superstiziosa
e orrida nel medioevo; nell’antichità classica “ le fontane versando acque lustrali/ amaranti educavano e
viole / su la funebre zolla…” ; anche oggi i sereni giardini dei cimiteri suburbani inglesi sono cari alle
britanne vergini che lì si recano a pregare per il ritorno di Nelson..  Inutili ( “ inutil pompa…”)  sono invece le
tombe dove domini solo , come accade nel Regno Italico, la viltà dei costumi  e dei cuori,  e dove gli stemmi
siano l’ unica laude . Per sé il poeta spera solo un “riposato albergo” da cui gli amici traggano l’esempio di
caldi sentimenti e di una poesia libera.

90-135 : si parla della storia dei Sepolcri:

1_ sepolcro classico contrapposto a quello medievale.

2_ sepolcro moderno inglese.

Dalla storia dei sepolcri si vuol ricavare l’importanza del sepolcro , che non ha solo valore affettivo, ma
anche valore religioso, valore civile, valore politico, valore sociale. Si ripetono tutti i valori.

Nei sepolcri inglesi si prega Nelson ( valore civile)

Donne che pregano la madre ( affettivo)

Concezione vichiana della storia.

vv. 151-212

Funzione politica e civile delle tombe, sacrario delgi ideali di tutto un popolo. Santa Croce e Maratona.

Agli spiriti magnanimi “ l’urne de’ forti” , ispirano azioni generose. Quando il poeta visitò Santa Croce,
sacrario dei grandi della patria ( Machiavelli, Michelangelo, Galilei) disse “beata” Firenze, non solo per la
dolcezza ei suoi colli, delle sue valli delle sue auree “ piene di vita” , non solo per i Natali concessi a Dante e
la lingua a Tetrarca, ma soprattutto perchè sembrava “in un tempio accolte” le glorie ormai tramontate
d’Italia. Da luoghi come questi gli italiani trarranno ispirazioni ad agire, e a queste tombe venne spesso
l’Alfieri, combattuto tra speranza e angoscia per le sorti della patria. Infatti “da quella / religiosa paca un
nume parla”; il nume della patria quello stesso che alimentò contro i Persianoi invasori l’eroismo dei Greci a
Maratona, dove Atene consacrò poi le tombe dei suoi eroi. E la visione e il suono di quella battaglia, il
bagliore delle ignee prie e il canto delle Parche, si rinnovarono ogni notte agli occhi del navigante “che
veleggiò quel mare sotto l’Eubea”.

Vv 212-225

La tomba  ( la morte) dispensiera di giustizia e di gloria.

Felice il pindemonte, che forse nel corso dei suoi viaggi udì dai lidi dell’Ellesponto l’eco delgi antichi fatti, e
la marea mugghiare, trasportando sul sepolcro di Aiace le armi di Achille, ingiustamente sottrategli da
Ulisse “ a’ generosi / giusta di glorie dispensiera è morte”   

vv. 226 / 295.

Perennità ideale dei sepolcri attraverso la poesia.

Il poeta spera che lui, che peregrina esule per altri luoghi, le muse “custodi de’ sepolcri” concedano di
“evocar gli eroi”, perché solo le Muse “custodi de’ sepolcri” concedano di “evocar gli eroi”,perché solo le
muse, la cui armonia “vince di mille secoli i silenzio”, possono eternare le glorie di un popolo, anche quando
il tempio abbia distrutto fin le ultime vestigia dei monumenti funebri. A Troia, sacre erano le tombe dei
grandi della patria. Presso queste tombe Cassandra cantò il suo “amoroso lamento”: e, come ella predisse,
un giorno “cieco un mendico” si aggirò tra i sepolcri, che gli narrarono le glorie e le rovine di Troia. Così , ad
opera del “sacro vate”, durerà in eterno la fama dei guerrieri greci, ma anche quella del vinto Ettore,
“finche il sole / risplenderà su le sciagure umane”.

I personaggi presentati sono:

 Machiavelli: chiaro riferimento al Principe ("quel grande / che temprando lo scettro a' regnatori /
gli allor ne sfronda");

 Michelangelo: "colui che nuovo Olimpo / alzò in Roma a' Celesti";

 Galileo: con la teoria eliocentrica aprì la strada agli studi di Newton (l'Anglo)

 Dante: definito il "ghibellin fuggiasco";

 Petrarca: poeta dell'amore

 Alfieri: ultimo personaggio della sezione, che racchiude in sé il valore politico della poesia, appunto
tema centrale.
Dei sepolcri, o I sepolcri come più comunemente lo si chiama, è un carme scritto da Ugo Foscolo tra il 1806
e il 1807.

L'ispirazione politico-culturale

L'idea per la composizione del carme venne al Foscolo dall'estensione all'Italia, avvenuta il 5 settembre del
1806, dell'editto napoleonico di Saint-Cloud (1804), che aveva imposto di seppellire i morti al di fuori delle
mura cittadine e aveva inoltre regolamentato, per ragioni democratiche, che le lapidi dovessero essere
tutte della stessa grandezza e le iscrizioni controllate da una commissione apposita. L'editto offre al poeta
l'occasione per svolgere una densa meditazione filosofica sulla morte e sul significato dell'agire umano.

L'estensione del decreto all'Italia aveva acceso vivaci discussioni sulla legittimità di questa legislazione di
impronta illuministica che era contraria alle tradizioni radicate nel nostro paese. Il Foscolo si era trovato
presente ad una di queste discussioni nel maggio del 1806 nel salotto di Isabella Teotochi Albrizzi che
risiedeva nella stupenda Villa Franchetti e aveva affrontato il problema con Ippolito Pindemonte, che stava
lavorando ad un poemetto, I cimiteri, con il quale intendeva riaffermare i valori del culto cristiano. Proprio
nel parco secolare di Villa Franchetti, ancor oggi molto suggestivo, dove riposò persino Napoleone, Foscolo
trovò l'ispirazione per comporre questo poema, che chiamò "I Sepolcri". Fu così che con Ippolito
Pindemonte era nata una disputa perché il Foscolo, in quell'occasione, lo aveva contraddetto con
considerazioni scettiche e materialistiche. Più tardi, riesaminando la questione da un altro punto di vista,
era nata in lui l'idea del carme che aveva voluto indirizzare «per fare ammenda del mio sdegno un po'
troppo politico» al suo interlocutore di una volta. Da ciò nasce la forma esterna del carme che si presenta
come un'epistola poetica al Pindemonte.

Durante la permanenza in Francia il Foscolo aveva infatti avuto occasione di seguire tutto un filone di
discussioni che si erano sviluppate sull'argomento tra il 1795 e il 1804 e che tendevano alla rivalutazione
dei riti e delle tradizioni funerarie, del culto dei morti e del ricordo perpetuo delle loro virtù.

L'ispirazione letteraria e le motivazioni interiori [modifica]

Foscolo, nel riprendere il discorso interrotto con Pindemonte, si sofferma sul significato e la funzione che la
tomba viene ad assumere per i vivi impostando il carme come una celebrazione di quei valori e di quegli
ideali che possono dare un significato alla vita umana.

Questo non significa che il Foscolo abbia mutato le sue convinzioni materialistiche che sono sempre
presenti, perché la morte non è altro che il disfacimento totale. Ma se il Foscolo accetta con la ragione
questa legge ineluttabile egli la respinge con il sentimento e cerca di superarla stabilendo tra i vivi e i
defunti una corrispondenza di sentimenti amorosi.

Dal concetto materialistico al concetto di "illusione" [modifica]

Il carme si apre infatti con la negazione di ogni trascendenza riaffermando la validità del pensiero
materialistico e, se inizia con l'asserire l'inutilità delle tombe per i morti, ne afferma l'utilità per i vivi
procedendo verso affermazioni sempre più alte che vanno dal loro valore civile e patriottico fino ad esaltare
le tombe come ispiratrici della poesia che è, per il Foscolo, la scuola più alta dell'umanità.

Al centro di queste meditazioni vi è il concetto di "illusione" che riafferma sul piano del sentimento quanto
viene negato dall'intelletto che può negare l'immortalità dell'anima ma non quegli affetti ai quali tutti gli
uomini, per vivere, devono credere. Così, anche se la vita dell'individuo ha fine nella materia, le illusioni, gli
ideali, i valori e le tradizioni dell'uomo vanno oltre la morte perché rimangono nella memoria dei vivi
consentendo a chi ha lasciato eredità d'affetti una sopravvivenza dopo la morte.

Il Foscolo svolge nel carme questo concetto seguendo una linea ascendente che va dalla tomba come
centro sul quale si uniscono la pietà e il culto degli amici e dei parenti, alla tomba come simbolo delle
memorie di tutta una famiglia attraverso i secoli realizzando una continuità di valori da padre in figlio, dalla
tomba come segno di civiltà dell'uomo stesso, alla tomba che porta in sé i valori ideali e civili di tutto un
popolo e, infine, alla tomba i cui valori sono resi eterni dal canto dei poeti; quando il tempo fa scomparire le
tombe dei grandi, resta dunque a preservarne la memoria la poesia "eternatrice".

La poetica e l'arte [modifica]

Attraverso il susseguirsi di esempi opportunamente scelti, che esprimono in un concetto quanto prima il
poeta ha enunciato in forma epigrammatica, le tesi del Foscolo si chiariscono in veri e propri miti. Alla tesi
che «Sol chi non lascia eredità d'affetti / poca gioia ha dell'urna» segue il caso del Parini la cui tomba ignota
ne confonde forse l'ossa con qualche ladro; alla tesi che con il nascere degli affetti è nata la santità delle
tombe, segue l'immagine poetica dei cimiteri inglesi; la tesi che «A egregie cose il forte animo accendono /
l'urne de' forti» ispira il passo sulle tombe di Santa Croce; dall'elogio di Firenze nasce la descrizione di
Vittorio Alfieri e a legare queste immagini vi è la descrizione del campo di Maratona che rafforza, con il suo
mito, la convinzione che nella religiosa pace delle tombe dei grandi parli un Nume. E ancora, nella tesi che
la morte è «giusta di glorie dispensiera» per le anime nobili, si ritrova il mito di Aiace che, pur essendo stato
privato delle armi di Achille da Ulisse le riceve, portate dal mare, sulla sua tomba. E infine la tesi conclusiva,
che la grande poesia sia ispirata dalle tombe dei grandi, genera il mito della predizione di Cassandra, della
tomba di Elettra, della distruzione di Troia, di Omero.

Il Foscolo riprende tutti questi simboli dagli scrittori o dalla mitologia classica o li inventa traendo lo spunto
da materiale classico o moderno e li presenta al lettore in modo che essi possano rimanere impressi
profondamente nel loro animo, diventando in certo modo "nuovi miti". Scrisse infatti, nelle Note che
accompagnano il Carme: "Ho desunto questo modo di poesia da' Greci, i quali dalle antiche tradizioni
traevano sentenze morali e politiche, presentandole non al sillogismo de' lettori, ma alla fantasia ed al
cuore".

Lo stile [modifica]

Il carme è strutturato per episodi e non per concetti che si susseguono logicamente perché il poeta, che
intende cantare gli eroi, procede con la logica della fantasia. Il Foscolo concentra un intero mondo di
pensieri, sentimenti, immaginazioni e miti in modo stringato senza eccedere in parole non necessarie e
riuscendo, in 295 endecasillabi sciolti, a passare dalle tombe senza nome ai cimiteri medievali e quelli
inglesi, dalle tombe di Santa Croce al campo di battaglia di Maratona, da Parini e Alfieri a Omero, da Nelson
ad Aiace, dal mondo di Vico all'Italia di oggi e a Troia distrutta, con il medesimo impeto di affetti e di tesi
che aveva adoperato nei Sonetti e che conferisce al suo stile quell'impronta originale che è connaturata alla
forza della sua personalità. Hanno perciò un'importanza particolare - e lo segnalò lo stesso Foscolo - le
transizioni, ovvero i passaggi, a volte fortemente ellittici, tra i momenti successivi dell'articolazione
tematica.

La lingua e lo stile di cui si serve il Foscolo nei Sepolcri sono personali: lo stile è lapidario ed energico e
tende ad imprimere le sentenze nella mente e nel cuore di chi legge; la lingua, anch'essa improntata a una
concisione energica e vibrante, si avvale della esperta conoscenza dei classici antichi e italiani
permettendosi di utilizzare modi di dire nuovi.

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