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La pubblicazione della SL avver in concomitanza con i primi fuochi di quello che per Fichte sar il
suo periodo filosoficamente e umanamente forse pi difficile: l'Atheismusstreit.
Rispondendo sul ''philosophisches journal'' ad un articolo di Forberg che era stato tacciato di
ateismo, con un articolo intitolato ''sul fondamento della nostra fede in un governo divino del
mondo'' F. presenter la sua teoria di Dio come ordine morale del mondo.
Se ci si limitasse a cercare nel sensibile un fondamento della moralit, non lo si troverebbe. L'ordine
morale del mondo come ralt sovrasensibile, ci che secondo il filosofo della WL dovrebbe
giutificare la nostra fede in Dio, che sarebbe il garante di questo ordine.
Soprattutto su frasi come:'' l'ordine vivente ed operante esso stesso Dio'' si baser l'accusa di
ateismo che causer il licenziamento di Fichte dall'universit di Jena ed il suo isolamento filosofico.
L'ultima opera che prender in esame la ''Destinazione dell'uomo'' del 1800. opera particolare sia
per la sua struttura (c' chi vi ha visto una somiglianza con la divina commedia e chi con la PhdG)
sia per il suo carattere ''popolare''.
Nonostante F. dichiari nella prefazione che non dir niente di nuovo che gi non si trovi nelle sue
opere, in particolare il terzo libro, chiamato Fede, pieno di novit e riformulazioni. Il tema della
fede era stato trattato da Fichte brevemente in altre opere: le gi citate SL e soprattutto il saggio.
In quest'ultimo in particolare era stato affrontato il tema della fede come ''destinazione morale'', che
ritorna gi nel titolo nell'opera del 1800.Questa urgenza di chiarire il suo pensiero a riguardo gli
venne probabilmente dall polemica epistolare con Jacobi, che tacci la filosofia fichtiana di
nichilismo e per vie traverse di ateismo.
Dopo un itinerario filosofico che attraversa il Dubbio (1o capitolo) e il Sapere(2o capitolo), Fichte
arriva a parlare espressamente del suo concetto di Fede: essa viene definita ''l'organo col quale
affero [] ogni [] realt''. una decisione volontaria di dare validit alla mia voce interiore (la
voce della coscienza di cui Fichte parla e che lo porta alla moralit) e di riconoscere la mia
destinazione in questa obbedienza morale.
Il tema dell'intersoggettivit entra in campo una volta che le rappresentazioni vengono rese reali
dalla scoperto dell'organo della fede: ''Mi compaiono innanzi fenomeni nello spazio, ai quali io
trasferisco il concetto che ho di me stesso; io li penso come esseri simili a me. [] ma questa voce
della mia coscienza mi avverte: qualunque cosa in s e per s questi esseri siano, tu devi trattarli
come esseri che sussistono per s, liberi, autonomi, completamente indipendenti da te''.
Quindi ''Ci che fonda ogni coscienza di una realt esistente fuori di noi, non l'influenza delle cose
fuori di noi, [], ma la fede necessaria nella nostra libert e forza, nel nostro reale agire e in
determinate leggi del nostro agire.
Il ruolo della fede ovviamente diviene il cardine sul quale far ruotare tutto il discorso della moralit,
e come vedremo anche dell'intersoggettivit; Fichte infatti pone obiettivo della razza umana il
continuo miglioramento della propria condizione attraverso la collaborazione reciproca. Ma se la
destinazione dell'uomo si limitasse alla sfera sensibile, la nostra libert sarebbe addirittura nociva
dice il nostro autore.
Fichte allora parler di due mondi, uno dell'azione (ossia il mondo sensibile e finito) e uno delle
volont (ossia sovrasensibile ed infinito). Non siamo difronte ad una successione temporale; F. ci
dice che quando noi ci saremo accorti della nostra destinazione morale, entreremo a far parte
immediatamente del mondo sovrasensibile ''afferrando l'eternit''.
La volont quindi, ancora pi dell'azione diviene il centro della speculazione fichtiana, facendo essa
parte ontologicamente del mondo sovrasensibile ed essendo equiparata alla ragione.
Ma il mondo sovrasensibile deve avere una legge, che unifichi tutte le volont e le renda possibili:
una legge siffatta deve essere essa stessa una volont viva ed agente:
''questa volont mi collega con se stessa; essa stessa mi collega con tutti gli esseri finiti simili a
me,ed la matrice generale tra tutti noi. [..]. io rimango qui sempre soltanto in me stesso []. ma in
questo mondo io ammetto nello stesso tempo l'operare di altri esseri, che devono essere autonomi
ed indipendenti da me, proprio come lo sono io stesso''
Siamo quindi difronte alla descrizione di Dio come Volont: ''questa volont eterna quindi