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Capitolo I

INSIEMI - APPLICAZIONI - RELAZIONI - OPERAZIONI INSIEMI NUMERICI - CARDINALITA


1. Generalit`
a sugli insiemi
Il concetto di insieme `e primitivo. Dire un insieme `e una collezione di oggetti `e una tautologia
[infatti cos`e una collezione, se non un insieme di oggetti ?].
Diremo che un insieme A `e assegnato quando `e possibile stabilire se un oggetto x `e elemento di
A [e si scrive x A] o non `e elemento di A [e si scrive x  A].
Esiste un solo insieme privo di elementi: `e linsieme vuoto, denotato . Assumiamo inoltre
provvisoriamente noti gli insiemi numerici pi`
u importanti: N , Z , Q , R , C (cio`e linsieme dei naturali,
degli interi, dei razionali, dei reali e dei complessi); ma su essi torneremo nel paragrafo 5.
Per descrivere un insieme A:
- se ne possono scrivere gli elementi, elencandoli tra parentesi grae e separandoli con virgole: ad
esempio A = {a, b, c, ... }.
- si pu`
o descrivere (sempre tra parentesi grae) la legge di appartenenza dei suoi elementi. A tale
scopo si fa uso di alcuni ben noti simboli logici:
- quanticatori:

, , !,  [cio`e per ogni, esiste, esiste un unico, non esiste];

= , =, , =

[cio`e implica, `e implicato, equivale, non implica];


- congiunzioni: , , , , ,
[cio`e virgola (o separatore), e, oppure, non, tale che].
La congiunzione non
`e talvolta indicata con / (invece di ), mentre tale che `e spesso indicata

con : (invece di  ).
Ad esempio, linsieme P dei numeri naturali pari pu`
o essere cos` descritto:


P = {0, 2, 4, 6, 8, .... }, oppure P = {n N n = 2x, x N } = {2n, n N }.
- implicazioni:

Denizione 1. Siano A, B due insiemi. A `e detto sottoinsieme di B se, a A, a B. Si


scrive in tal caso A B [oppure B A] e si dice che A `e contenuto in B [o che B contiene A].
Si dice poi che A `e contenuto propriamente
in B o che B contiene propriamente A [e si scrive

A B o B A] se A B ed b B  b  A.
Ogni insieme A ammette sempre i due sottoinsiemi , A, detti sottoinsiemi banali di A. Gli altri
(eventuali) sottoinsiemi di A sono detti sottoinsiemi propri.
Osservazione 1. Una proposizione P `e un enunciato, per il quale si pu`
o stabilire se `e vero o falso.
(i) Ad ogni
 proposizione P resta associata la sua negazione non P [che si denota usualmente P
oppure P ]. Ovviamente P `e vera P `e falsa.
Ad esempio, assegnata la proposizione A B, la sua negazione A  B , `e cos` denita:

A  B a A  a  B.
Pi`
u in generale, per scrivere la negazione di P, si procede in questo modo:
- si sostituisce con [e viceversa];
- si sostituisce con [e viceversa];

- si sostituisce , con  [e viceversa];
- si sostituisce ogni aermazione contenuta in P con la sua opposta.
A titolo di esempio, vogliamo negare la seguente ben nota denizione di limite di una successione:

G. CAMPANELLA

APPUNTI DI ALGEBRA 1


{an} > 0 , m (dipendente da )  n m , |an | < .


{an}

> 0  m [non dipend. da ] , n m  |an | .
(ii) Assegnate due proposizioni P, Q, si consideri la proposizione P = Q [vera o falsa che sia] e
si provi a dimostrarla. Tale proposizione pu`
o anche essere dimostrata nella sua forma contrappositiva
o per assurdo [nel seguito spesso abbeviato con P A]: Q = P .
Ci`
o dipende dal fatto che le due proposizioni P = Q e Q = P sono logicamente
equivalenti, cio`e hanno la stessa tavola di verit`
a. Per denizione, la tavola di verit`
a di P = Q
`e la seguente:

P = Q

Ne segue, tenuto conto che la tavola di verit`


a di P `e opposta a quella di P (e lo stesso vale per
Q):

Q = P

Confrontando le due ultime colonne delle due tavole, segue che le due proposizioni sono logicamente
equivalenti.
Utilizzando le circonlocuzioni condizione necessaria anche ... o condizione suciente anche ... [abbreviate rispettivamente CN e CS], limplicazione P = Q si pu`
o anche leggere
nella forma:
CN anche valga P `e che valga Q [ovvero Q `e necessario per P];
CS anche valga Q `e che valga P [ovvero P `e suciente per Q].
Denizione 2. Due insiemi A, B sono detti uguali [e si scrive A = B] se hanno gli stessi elementi.
Si ha quindi:
A = B A B e B A.
A, B sono detti diversi se non sono uguali [e si scrive A = B].
Osservazione 2. (i) Dalla denizione precedente segue, ad esempio, che {a, a} = {a}.
(ii) Sia n N . Se un insieme A `e formato da n elementi (a due a due distinti), si scrive |A| = n,
oppure #(A) = n e si dice che A ha cardinalit`
a n. In particolare, || = 0. Un insieme A `e detto
nito se ha cardinalit`
a n (per qualche n N ); altrimenti `e detto innito.
(iii) Si noti che abbiamo gi`
a utilizzato il simbolo = per denire un insieme. In eetti, scrivendo
P = {0, 2, 4, ...} abbiamo assegnato il nome P allinsieme {0, 2, 4, ...}. In tal caso `e molto frequente
sostituire = con :=, scrivendo quindi P := {0, 2, 4, ...}.
In modo analogo, il simbolo pu`
o essere anche usato per denire un concetto. In tal caso
def
sarebbe preferibile sostituirlo con : ovvero con . Ad esempio, avremmo potuto scrivere
def
{an} > 0 .... .
Denizione 3. Sia X un insieme e siano A, B sottoinsiemi di X. Sono deniti i seguenti insiemi:
A B = {x X : x A e x B}, detto intersezione di A e B;

CAP. 1.1

` SUGLI INSIEMI
GENERALITA

A B = {x X : x A oppure x B}, detto unione di A e B;


A B = {x X : x A e x  B}, detto dierenza di A con B;
CX(A) = {x X : x  A}, detto complementare di A in X.
Osservazione 2. (i) Valgono le seguenti ovvie inclusioni:
AB

A
A B.
B

Se A B = , A, B sono detti insiemi disgiunti.


(ii) Lintersezione e lunione si generalizzano in questo modo: se {Ai}iI `e una famiglia di sottoinsiemi di X,


Ai = {x X : x Ai, i I},
Ai = {x X : x Ai, i I}
iI

iI

(iii) Ovviamente A B = A CX(B) e si verica subito che A B2 A B1, se B1 B2.


(iv) Valgono le seguenti uguaglianze tra sottoinsiemi A, B, C di un insieme X [note come formule
di De Morgan]:
(A B) C = (A C) (B C);

(A B) C = (A C) (B C);

A (B C) = (A B) (A C);

A (B C) = (A B) (A C).

Le prime due formule sono conseguenza del fatto che, assegnate tre proposizioni P, Q, R, la
proposizione (P Q) R `e logicamente equivalente a (P R) (Q R), mentre la proposizione
(P Q) R `e logicamente equivalente a (P R) (Q R). Le ultime due formule discendono dalle
prime due e dal fatto che (P Q) `e logicamente equivalente a (P) (Q), mentre (P Q) `e
logicamente equivalente a (P) (Q).
Denizione 4. Sia X un insieme. Linsieme dei sottoinsiemi di X `e detto insieme delle parti di
` denotato P (X).
X. E


Osservazione 3. (i) Se ad esempio A = {1, 2}, risulta P (A) = , {1}, {2}, A .
(ii) Si noti che:
P () = {} ha cardinalit`
a 1;

 

P P () = , {} ha cardinalit`
a 2;




P P P () = , {}, {{}}, {, {}} ha cardinalit`
a 4, ecc..
P (A)| = 2 .
Proveremo in seguito (cfr. Prop. 5.6) che se |A| = n, allora |P
n

Denizione 5. Sia X 
un insieme e sia U = {Ai}iI una famiglia di suoi sottoinsiemi. U `e detta
ricoprimento di X se
Ai = X. U `e detta partizione di X se `e un ricoprimento di X e se
Ai Aj = , se i = j.

iI

Esempi 1. (i) In N consideriamo i sottoinsiemi


N := {2n, n N }, 3N
N := {3n, n N }, 1 + 2N
N = {1 + 2n, n N }.
P = 2N



N , 3N
N non `e un ricoprimento di N [infatti ad esempio 5  2N
N 3N
N ]. Invece 2N
N , 1 + 2N
N
2N
`e una partizione di N [la partizione dei pari e dei dispari].


N , p numero primo `e un ricoprimento di N [infatti ogni naturale
(ii) La famiglia U = {1}, pN
2 `e prodotto di primi], ma non `e una partizione di N [infatti p1p2 p1N p2N , se p1, p2 sono
primi distinti].


(iii) Ogni insieme X ammette le due seguenti partizioni banali:

G. CAMPANELLA

U=

APPUNTI DI ALGEBRA 1


{x}, x X ,

V = {X}.

Denizione 6. Dati due insiemi A, B, si chiama prodotto cartesiano di A e B linsieme




AB = (a, b), a A, b B .
Lelemento (a, b) AB `e detto coppia (ordinata) formata da a, b.
Osservazione 4. Le seguenti considerazioni sono pressoche ovvie e la loro verica `e lasciata al
lettore.
` evidente che (a, b) = (b, a), se a = b. Risulta inoltre: (a, b) = (c, d) a = c e b = d.
(i) E
(ii) Ovviamente A = B = . Inoltre:
AB = = A = oppure B = .
(iii) Se |A| = m e |B| = n, allora |AB| = mn.
(iv) Risulta:
(AB) (AC) = A(B C),

(AB) (AC) = A(B C).

(v) Se A X e B Y , allora AB X Y e si ha:



 

CXY (AB) = CX(A)Y X CY (B) .
(vi) Assegnati n insiemi A1, A2, ... , An, si denisce loro prodotto cartesiano linsieme


A1 A2 ... An = (a1, a2, ... , an), ai Ai .
(vii) Se A `e un insieme e n 2, si scrive A in luogo di AA ... A.



n

n volte

Denizione 7. Dati due insiemi A, B, si chiama unione disgiunta di A e B linsieme



 

A  B = A{1} B {2} .
Ad esempio, se A = {a, b, c} e B = {c, d}, allora


A  B = (a, 1), (b, 1), (c, 1), (c, 2), (d, 2)
[mentre A B = {a, b, c, d}]. Si noti che A{1} e B{2} sono in ogni caso disgiunti (indipendentemente da A e B). Se in particolare |A| = m e |B| = n, allora |A  B| = m + n.
Nota. Se A B = , A B viene (impropriamente) identicato con A  B.

CAP. 1.2

APPLICAZIONI TRA INSIEMI

Applicazioni tra insiemi

Denizione 1. Siano A, B due insiemi. Unapplicazione f : A B `e una legge che ad ogni


elemento a A associa uno ed un solo elemento b B, che `e detto immagine di a ed `e usualmente
denotato f (a).
Osservazione 1. (i) La precedente denizione `e ovviamente tautologica. In eetti non abbiamo
detto che cosa sia una legge. Si noti che potremmo facilmente denire il concetto di applicazione
ricorrendo a quello di insieme, ma non insistiamo su tale fatto.
(ii) Siano A = {a, b, c} e B = {1, 2, 3, 4} due insiemi. In base alla precedente denizione, le due
seguenti leggi f, g non sono applicazioni.

a 1
a 1

b 2
a 2
f:
g:

c
3
b 3

c 4
4
[Infatti nella prima lelemento c non ha alcuna immagine, mentre nella seconda lelemento a ha due
immagini]. Se chiamiamo corrispondenza da A a B ogni applicazione da A a P (B), le due leggi
sopra denite rientrano nel concetto di corrispondenza. Risulta infatti:
f (a) = {1}, f (b) = {2}, f (c) = ;

g(a) = {1, 2}, g(b) = {3}, g(c) = {4}.

(iii) Ovviamente due applicazioni f : A B, g : A B sono dette uguali [si scrive f = g] se


risulta f (a) = g(a), a A. Sono quindi diverse [si scrive f = g] se a A  f (a) = g(a).
Denizione 2. Sia f : A B unapplicazione. Per ogni A A, linsieme
f (A ) = {f (a), a A }
`e detto immagine di A tramite f . In particolare, linsieme f (A) =: Im f [ovvero Im(f )] `e detto
immagine di f . Per ogni b B, linsieme

1
f (b) = {a A  f (a) = b}
`e detto controimmagine di b tramite f . Sono sinonimi di controimmagine: bra, antiimmagine o
preimmagine. Pi`
u generalmente, per ogni B  B, linsieme

1
f (B  ) = {a A  f (a) B  }
`e detto controimmagine di B  tramite f . Ovviamente risulta f (Im f ) = f (B) = A. Si noti poi
1
1
che, se A1 A2 A, allora f (A1) f (A2) Im f ; se B1 B2 B, allora f (B1) f (B2) A.
1

Denizione 3. Sia f : A B unapplicazione. f `e detta iniettiva se risulta, a1, a2 A,


f (a1) = f (a2) = a1 = a2
[ovvero se: a1 = a2 = f (a1) = f (a2), cio`e se elementi distinti hanno immagini distinte].
f : A B `e detta suriettiva se


b B, a A  f (a) = b

[ovvero se Im f = B].
Inne f : A B `e detta biiettiva se `e iniettiva e suriettiva. In tal caso diciamo che A, B sono in
biiezione o in corrispndenza biunivoca tramite f .
Notazioni. Talvolta unapplicazione suriettiva potr`
a essere indicata utilizzando una freccia a due
punte
, mentre per unapplicazione iniettiva potr`
a essere utilizzata una freccia della forma .
Dunque una biiezione potr`
a essere denotata con una freccia 
.
Osservazione 2. Si vericano con facilit`
a le seguenti caratterizzazioni [in termini di controimmagine]. Sia f : A B unapplicazione.

G. CAMPANELLA

APPUNTI DI ALGEBRA 1

(i) f `e iniettiva f (b) ha al pi`


u un elemento, b B.
1

(ii) f `e suriettiva f (b) = , b B.


1

(iii) f `e biiettiva f (b) ha esattamente un elemento, b B.


Osservazione 3. Illustriamo alcune applicazioni standard.
` denita lapplicazione
(1) Applicazione dinclusione. Sia A A. E
i : A  A tale che i(a) = a, a A .
i `e detta applicazione canonica dinclusione (del sottoinsieme A di A) ed `e ovviamente iniettiva.
` sempre denita lapplicazione
(2) Applicazione identica. Sia A un insieme. E
1 A : A A tale che 1 A (a) = a, a A.
` ovviamente biiettiva.
Lapplicazione 1 A `e detta applicazione identica o identit`
a di A. E
(3) Restrizione di unapplicazione. Sia f : A B unapplicazione e sia A A. Lapplicazione
f|

A

: A B tale che f|  (a ) = f (a ), a A


A

`e detta restrizione di f ad A .
(4) Surietticazione di unapplicazione. Sia f : A B unapplicazione. Lapplicazione
fsu : A Im f tale che fsu(a) = f (a), a A
` ovviamente suriettiva.
`e detta surietticazione di f . E
(5) Funzione caratteristica di un sottoinsieme. Sia A A. Lapplicazione

0, se a  A
A : A {0, 1} tale che A (a) =
a A,
1, se a A ,
`e detta funzione caratteristica di A in A.
(6) Proiezioni canoniche. Siano A, B due insiemi. Le due applicazioni
p1 : AB A : p1(a, b) = a,

p2 : AB B : p2(a, b) = b, (a, b) AB,

sono dette rispettivamente prima e seconda proiezione canonica (dal prodotto cartesiano AB). Sono
ovviamente suriettive.
Osservazione 4. (i) Sia f : A B unapplicazione e siano B1, B2 B. Si verica facilmente
che
1

f (B1 B2) = f (B1) f (B2);

f (B1 B2) = f (B1) f (B2).

(ii) Sia f : A B unapplicazione e siano A1, A2 A. Si verica facilmente che


f (A1 A2) = f (A1) f (A2);

f (A1 A2) f (A1) f (A2).

Lultima inclusione pu`


o essere stretta, come nel seguente esempio:
sia A = {a1, a2}, B = {1}, f : A B tale che f (a1) = f (a2) = 1. Posto A1 = {a1}, A2 = {a2},
allora f (A1 A2) = f () = , mentre f (A1) f (A2) = {1}.
(iii) Le formule (i) e (ii) si generalizzano ad un numero arbitrario di sottoinsiemi:




 1
 1
1 
1 
f
Bi =
f (Bi ),
f
Bi =
f (Bi );
iI


iI

iI

Ai =

iI

f (Ai ),

iI



iI

Ai

iI

f (Ai ).

iI

Proposizione 1. Sia f : A B unapplicazione. Risulta:






1
1
(i) Per ogni A A, f f (A ) A . Se poi f `e iniettiva, risulta sempre f f (A ) = A .
 1

 1

(ii) Per ogni B  B, f f (B  ) B  . Se poi f `e suriettiva, risulta sempre f f (B  ) = B  .
  1
 1


1
1
(iii) Per ogni A A, f f f (A ) = f (A ); per ogni B  B, f f f (B  ) = f (B  ).
Dim. (i) Risulta, a A: a f
1
f (a) f (A ) e quindi a f f (A ).

f (A ) f (a) f (A ).

Se quindi a A , allora

CAP. 1.2

APPLICAZIONI TRA INSIEMI



1
Se poi f `e iniettiva, basta vericare che f f (A ) A .
f (a) = f (a ), a A . Ma poiche f `e iniettiva, a = a A .

Se infatti a f


f (A ) , allora



1
Nota. Diamo un esempio di applicazione f : A B non iniettiva tale che f f (A ) A . Si
ponga: A = {1, 2, 3}, B = {a, b, c}, f : A B tale che f (1) = f (2) = a, f (3) = c. Posto ora
1
A = {1, 3}, risulta: f (A ) = {a, c} e f f (A ) = {1, 2, 3} A .
 1
 

(ii) Risulta: f f (B  ) = f (a), a A : f (a) B  = Im f B  B  . Se poi f `e suriettiva,
1
allora Im f = B e quindi f f (B  ) = B B  = B  .
 1

Nota. Diamo un esempio di applicazione f : A B non suriettiva tale che f f (B  ) B  . Si
1
consideri la stessa applicazione
della nota precedente. Posto B  = {a, b}, risulta: f (B  ) = {1, 2}

1


e quindi f f (B ) = {a} B .
 1



1

(iii) Sia A A. Da (ii), f f  f (A
) f (A ). Viceversa, da (i), f f (A ) A e, applicando

1
f a tale inclusione, segue che f f f (A ) f (A ).

 1  

 1
1
1

Sia ora B  B. Da (i), f f f (B  )
f
(B
).
Viceversa,
da
(ii),
f
f (B ) B  e,
  1  
1
1
1

applicando f a tale inclusione, segue che f f f (B ) f (B ).
Denizione 4. Siano f : A B e g : B C due applicazioni. Si chiama composizione di f e
g o prodotto operatorio di f e g lapplicazione


g f : A C tale che (g f )(a) = g f (a) , a A.

Osservazione 5. (i) Date le tre applicazioni f : A B, g : B C e h : C D, si verica


facilmente che vale la propriet`
a associativa, cio`e: h (g f ) = (h g) f .



 

Infatti, a A: h (g f ) (a) = h g(f (a)) = (h g) f (a).
(ii) Data f : A B, risulta: f 1 A = f,

1B f = f .

Infatti, a A: (f 1 A )(a) = f (11A (a)) = f (a),

(11B f )(a) = 1 B (f (a)) = f (a).




2
f : R R  f (x) = x , x R ,

(iii) In generale, f g =
risulta:
 g f . Ad esempio, posto
g : R R  f (x) = x + 1, x R ,
2

(g f )(x) = x + 1,

(f g)(x) = (x + 1) , x R , e dunque f g = g f .
2

(iv) Se f : A B e g : B C sono iniettive [rispett. suriettive], anche g f : A C `e iniettiva


[rispett. suriettiva]. La verica `e lasciata per esercizio.
(v) Si noti che ogni applicazione f : A B si fattorizza nella forma f = i fsu , con fsu : A Im f
suriettivizzazione di f ed i : Im f  B inclusione canonica (cfr. Osserv. 3). Si noti inne, che se
f `e iniettiva, allora fsu `e biiettiva.
Proposizione 2. Sia f : A B unapplicazione. Risulta:
f `e biiettiva g : B A tale che g f = 1 A e f g = 1 B .
1

Se tale g esiste, allora `e unica ed `e detta applicazione inversa di f , denotata f .


Dim. ( = ). Essendo f biiettiva, b B, ! a A : f (a) = b. Si denisce allora
g : B A tale che g(b) = a, se f (a) = b.
Risulta:
-

a A : (g f )(a) = g(f (a)) = g(b) = a = 1 A (a), e dunque g f = 1 A .

b B : (f g)(b) = f (g(b)) = f (a) = b = 1 B (b), e dunque f g = 1 B .

(=). Assumiamo che esista g. Verichiamo che f `e iniettiva. Sia f (a1) = f (a2). Allora
g(f (a1)) = g(f (a2)), cio`e 1A (a1) = 1A (a2) ovvero a1 = a2. Verichiamo ora che f `e suriettiva. Per
ogni b B risulta: b = 1B (b) = (f g)(b) = f (g(b)) e quindi b Im f . Dunque Im f = B.

G. CAMPANELLA

APPUNTI DI ALGEBRA 1

Ora verichiamo lunicit`


a di g. Sia g1 : B A tale che g1 f = 1 A e f g1 = 1 B . Si
tratta di vericare che g1 = g. Si ha, b B: b = 1B (b) = (f g)(b) = (f g1)(b) e dunque
f (g(b)) = f (g1(b)). Essendo f iniettiva, allora g(b) = g1(b), da cui g = g1.
Osservazione 6. Si osserva subito che:
(i) 1 A `e biiettiva, con inversa se stessa.
(ii) Se f : A B `e biiettiva, anche f

: B A lo `e ed ha inversa f .

(iii) Se f : A B e g : B C sono applicazioni biiettive, anche g f : C A `e biiettiva e risulta


1
1
1
1
1
1
1
(g f ) = f g . Infatti si verica facilmente che (g f ) (f g ) = 1 C e (f g ) (g f ) = 1 A .
Notazioni. Dati due insiemi A, B,



B A := f : A B

denota linsieme di tutte le possibili applicazioni da A a B. Si noti in particolare che:


- B ha un solo elemento [cio`e linclusione canonica i :  B];


- A = f : > A = , se A = [in quanto non esistono applicazioni prive di immagini].
Si noti inne che conviene lasciare indeterminato [infatti contrastano tra loro due fatti: esiste
linclusione canonica i :  , ma non esistono applicazioni prive di immagini].
Ci poniamo ora il problema di contare le applicazioni tra due insiemi niti.
 
m
Proposizione 3. Siano A, B due insiemi niti tali che |A| = m e |B| = n. Allora B A  = n .
Dim. Sia f B A . f `e completamente individuata se sono assegnati gli elementi f (a), a A.
Si noti che un elemento a A pu`
o essere scelto in m = |A| modi, mentre lelemento f (a) B pu`
o
m
essere scelto in n = |B| modi. Si hanno complessivamente nn
...
n
=
n
possibili
scelte
per
f
.



Si conclude che esistono n

 m m
applicazioni da A a B, cio`e B A  = n .

Esempio 1. Sia A = {1, 2}, B = {a, b, c}. Ogni f : A B `e completamente individuata dalla
coppia (f (1), f (2)) B B. Gli elementi f (1), f (2) possono essere scelti ciascuno in tre modi
2
diversi. Dunque B A `e formato da 9 = 3 applicazioni, associate alle nove coppie:
(a, a), (a, b), (a, c), (b, a), (b, b), (b, c), (c, a), (c, b), (c, c).
3

Si noti invece che AB `e formato da 8 = 2 applicazioni, associate alle otto terne:


(1, 1, 1), (1, 1, 2), (1, 2, 1), (1, 2, 2), (2, 1, 1), (2, 1, 2), (2, 2, 1), (2, 2, 2).
Proposizione 4. Siano A, B due insiemi niti.
(i) Se |A| > |B|, non esistono applicazioni iniettive da A a B.
(ii) Se |A| < |B|, non esistono applicazioni suriettive da A a B.
(iii) Se |A| = |B|, ogni applicazione iniettiva da A a B `e anche suriettiva e ogni applicazione
suriettiva da A a B `e anche iniettiva.
Dim. Se A, B sono insiemi niti, valgono i seguenti fatti, intuitivamente ovvi [e su cui torneremo
nel paragrafo 6]:
- se A B, |A| |B|;
- se A B e |A| = |B|, allora A = B.
Sia ora f : A B unapplicazione [tra insiemi niti]. In base alle precedenti osservazioni, si ha:
- |Im f | |B| [perche Im f B];
- |Im f | |A| [perche Im f = {f (a1), ... , f (am )}, se A = {a1, ... , am }];
- f : A B `e iniettiva |Im f | = |A|;

CAP. 1.2

APPLICAZIONI TRA INSIEMI

- f : A B `e suriettiva |Im f | = |B|.


Si ha quindi:
(i) Se f : A B `e iniettiva, allora |A| = |Im f | |B|.
applicazioni iniettive da A a B.

Se quindi |A| > |B|, non esistono

(ii) Se f : A B `e suriettiva, allora |B| = |Im f | |A|.


applicazioni suriettive da A a B.

Se quindi |A| < |B|, non esistono

(iii) Sia |A| = |B|. Si ha: f `e iniettiva |Im f | = |A| |Im f | = |B| f `e suriettiva.
Proposizione 5. Siano A, B insiemi niti (non vuoti), con |A| = m, |B| = n. Sia 1 m n.
Il numero delle applicazioni iniettive da A a B `e n(n 1) ... (n m + 1).
Dim. Sia A = {a1, ... , am } e sia f : A B unapplicazione iniettiva. Lelemento f (a1) pu`
o essere


scelto in B in n modi distinti. Per ogni k = 2, ... m, risulta che f (ak ) B f (a1), ... , f (ak1 ) .
Dunque f (ak ) pu`
o essere scelto in n (k 1) modi distinti. Ne segue che le applicazioni iniettive
da A a B sono n(n 1) ... (n m + 1).
Corollario 1. Siano A, B insiemi niti (non vuoti), con la stessa cardinalit`
a n 1. Il numero
delle applicazioni biettive da A a B `e n(n 1) ... 21.
Dim. Segue dalla Prop. 5 e dalla Prop. 4(iii).
Denizione 5. Per ogni n N , n 1, il numero n(n 1) ... 21 `e chiamato n fattoriale ed `e
denotato n!. Si denisce poi 0! = 1.
In base al Cor. 1, se A `e un insieme nito (non vuoto) formato da n 1 elementi, le applicazioni
biiettive di A in A [usualmente dette permutazioni di A] sono n!.
Dopo aver arontato il problema di contare le applicazioni tra insiemi niti, arontiamo il problema
di contare i sottoinsiemi di una data cardinalit`
a di un insieme nito. Introduciamo la seguente
denizione.
Denizione 6. Sia A un insieme nito con n elementi. Per ogni k N , tale che 0 k n,
si chiama coeciente binomiale
di n su k il numero dei sottoinsiemi di A formati da k elementi.
 
Tale numero `e denotato nk .
 
Osservazione 7. Allo scopo di ottenere una formula che calcoli nk [in funzione di n e k],
premettiamo le seguenti elementari osservazioni:
n
= 1 [infatti `e lunico sottoinsieme di A con 0 elementi];
n0 
= 1 [infatti A `e lunico sottoinsieme di A con n elementi];
nn
= n [infatti {a1}, ... , {an} sono tutti e soli i sottoinsiemi di A con 1 elemento];
1 n 
n1 = n [infatti A {a1}, ... , A {an} sono tutti e soli i sottoinsiemi di A con n 1 elementi].
Proposizione 6. Per ogni n, k N , tali che 1 k n, risulta:
n n1 n1
k = k1 +
k .
Dim. Si ssi in A un arbitrario elemento a1. Per ogni sottoinsieme B di A formato da k elementi,
si hanno due possibili casi: a1 B oppure a1  B.
Se a1 B, gli altri k 1 elementi di B sono scelti nellinsieme A {a1}, che ha n 1 elementi.


Dunque si hanno n1
k1 possibili sottoinsiemi B.


Se a1  B, i k elementi di B vanno scelti in A {a1}. Dunque si hanno n1
possibili
k
sottoinsiemi B.

10

G. CAMPANELLA

APPUNTI DI ALGEBRA 1

Complessivamente i possibili sottoinsiemi B sono quindi

n1
k1

n1
k

 
Osservazione 8. La proposizione precedente aerma che `e possibile calcolare nk conoscendo i


binomiali n1
... . Se ordiniamo su righe i binomiali con lo stesso coeciente alto n e su colonne
i binomiali con lo stesso coeciente basso k, otteniamo il seguente triangolo, detto triangolo di
Tartaglia:
0
0

1

 1

2

 2

3

 3

 3

 3

k 

k 

...

...

...

...

 2

...

k 
k

Tenuto conto di Osserv. 7 e di Prop. 6, i valori numerici delle prime righe del triangolo sono
1
1
1
1
1
1
1
1
...

1
2 1
3 3
4 6
5 10
6 15
7 21
...

1
4
10
20
35

1
5
15
35

1
6
21

1
7 1

Proposizione 7. (Formula del binomiale). Per ogni n, k N , tali che 1 k n, risulta:


n
n(n1) ... (nk+1)
.
k!
k =
Dim. Sia A un insieme con n elementi e sia B un insieme con k elementi (con 1 k n).
Conteremo in due modi diversi le applicazioni iniettive da B ad A.
(a) Dalla Prop. 5, la cardinalit`
a delle applicazioni iniettive da B ad A `e n(n 1) ... (n k + 1).
(b) Ogni applicazione iniettiva f : B A si fattorizza nella forma
f = i fsu : B Im f  A [cfr. Osserv. 5(v)].
 
Im f `e un sottoinsieme di k elementi di A: dunque pu`
o essere scelto in nk modi. fsu `e una

biiezione tra B e Im f : dunque pu`
o essere scelta in k! modi. Per f si hanno quindi nk k!
possibili scelte.
 
Dunque si ha: nk k! = n(n 1) ... (n k + 1), da cui segue la formula cercata.
 
 n 
n!
Osservazione 9. (i) Risulta: nk = k! (nk)!
= nk
.
 n
 n 
n(n1) ... (nk+1) (nk)!
n!
n!
n!
Infatti: k =
(nk)! = k! (nk)!
. Inoltre: nk
= (nk)!
= (nk)! (n(nk))!
k!
k! =
n 
.
k
 
(ii) Il motivo per cui nk `e chiamato coeciente binomiale sta nel fatto che vale la seguente formula
[che verr`
a dimostrata per induzione, cfr. Prop. 5.7]:
n  

n
n nk k
(x + y) =
y .
k x
k=0

Dunque i coecienti binomiali sono i coecienti dello sviluppo della potenza n-sima del binomio
x + y.

CAP. 1.3

RELAZIONI SU UN INSIEME

11

Relazioni su un insieme

Denizione 1. Sia A un insieme non vuoto. Si chiama relazione su A ogni sottoinsieme AA.
Se (a1, a2) , si scrive a1 a2; se invece (a1, a2)  , si scrive a1  a2.
Osservazione 1. Una relazione su A si identica ad una corrispondenza di A in A [cio`e ad
unapplicazione A P (A)].
Infatti, ad ogni AA si associa lapplicazione F : A P (A) tale che


F(a) = b A : ab P (A), a A.
Viceversa, ad ogni F : A P (A) si associa la relazione


F = (a, b) AA : b F (a), a A .
Si tratta di vericare che queste due costruzioni sono inverse luna dellaltra e cio`e che:
(i) FF = F, F : A P (A);

(ii) F = , AA.

Infatti:
(i) FF (a) = {b A : aF b} = {b A : (a, b) F } = {b A : b F (a)} = F (a).
(ii) aF b b F(a) ab. Dunque F = .
Osservazione 2. Su ogni insieme non vuoto sono sempre denite le tre seguenti relazioni:
(i) la relazione identica: a b a = b, a, b A [cio`e = {(a, a), a A} =: A , detta
diagonale di A].
(ii) la relazione caotica: a b a, b A [cio`e = AA].
(iii) la relazione vuota: a  b, a, b A [cio`e = ].
Osservazione 3. (i) Se A = {a1, a2, ... , an} `e un insieme nito, una relazione su A pu`
o essere
rappresentata in forma cartesiana (o matriciale), ponendo

0, se ai  aj
ai aj =
1, se ai aj .
Ad esempio, se A = {a, b, c, d} e = {(a, a), (b, b), (c, c), (a, d), (c, d)}, allora `e rappresentata
con la seguente tavola di 0, 1:
a b c d

0 0

0
2

Si noti che le relazioni su un insieme A di cardinalit`


a n sono 2 n : infatti sono in corrispondenza
biunivoca con le matrici quadrate di ordine n formate da soli 0, 1.
(ii) Se A1 `e un sottoinsieme di A e `e una relazione su A, resta denita su A1 la relazione 1
indotta da su A1, ponendo 1 := (A1 A1). Dunque: a1b a b, a, b A1.
Denizione 2. Una relazione su A `e detta:
- riessiva, se a a, a A;
- simmetrica, se a b = b a, a, b A;
- transitiva, se a b e b c = a c, a, b, c A;
- antisimmetrica, se a b e b a = a = b, a, b A

12

G. CAMPANELLA

APPUNTI DI ALGEBRA 1

- totale, se risulta a b oppure b a, a, b A.


Una relazione riessiva, simmetrica e transitiva `e detta relazione di equivalenza. Una relazione
riessiva e transitiva `e detta relazione di pre-ordine. Una relazione riessiva, antisimmetrica e transitiva `e detta relazione di ordine. Inne una relazione di ordine che `e anche totale `e detta relazione
di ordine totale.
Esempi 1. (i) La relazione identica `e riessiva, simmetrica, transitiva, antisimmetrica, ma non
totale. Dunque `e una relazione di equivalenza e di ordine (non totale).
(ii) La relazione caotica `e riessiva, simmetrica, transitiva, totale, ma non antisimmetrica. La
relazione vuota `e simmetrica, antisimmetrica, transitiva [in modo banale], ma non `e riessiva ne
totale.
(iii) La relazione denita in Osserv. 3 non ha alcuna di queste propriet`
a.
(iv) In N introduciamo la seguente relazione di divisibilit`
a: a, b N :

a  b b = at, t N ,

[a  b si legge: a divide b, oppure a `e un divisore di b, oppure anche b `e un multiplo di a]. Risulta:

(a) a  a [infatti a = a1];



(b) a  b, b  c = a  c [infatti b = at, c = bs = c = ats];


(c) a  b, b  a = a = b [infatti b = at, a = bs = b = bst = st = 1 = s = 1 = b = a];




(d) a  b =

b  a [ad esempio 2  4 ma 4   2];


(e) ad esempio 2   3 e 3   2.
Dunque la relazione di divisibilit`
a in N `e una relazione di ordine (non totale).
Se `e una relazione riessiva su A, allora A . Se `e una relazione

a b = b a,
simmetrica ed antisimmetrica, allora A . Infatti, per ipotesi
Ne
a b, b a = a = b.
segue: a b = a = b, cio`e A .

Osservazione 4.

A) RELAZIONI DI EQUIVALENZA
(A
Ci occuperemo ora delle relazioni di equivalenza, cio`e delle relazioni riessive, simmetriche e transitive.
Denizione 3. Sia una relazione di equivalenza su A. Per ogni a A, il sottoinsieme di A
[a] = [a] := {x A : a x}
`e detto classe di equivalenza di a modulo .
x a}.

Ovviamente, per la simmetria di , [a] = {x A :

Proposizione 1. Sia una relazione di equivalenza su A. Si ha:


(i) a [a], a A.
(ii) [a] = [b] a b.
(iii) [a] [b] = a  b.
(iv) Le classi di equivalenza modulo (a due a due distinte) formano una partizione di A.
Dim. (i) Da a a segue che a [a].
(ii) ( = ). Poiche b [b] = [a], allora a b.
(=). Sia x [a]. Si ha: x a, a b e quindi, per transitivit`
a, x b, cio`e x [b].
[a] [b]. In modo analogo si verica che [b] [a].

Dunque

CAP. 1.3

RELAZIONI SU UN INSIEME

13

(iii) Dimostreremo che [a] [b] = a b.


( = ). Se x [a] [b], allora a x, x b e quindi (per transitivit`
a) a b.
(=). Segue da (ii) e (i).
(iv) La famiglia

U =U



= [a], a A ,

formata da tutte le classi di equivalenza a due a due distinte di A (modulo ), `e un ricoprimento di


A [in base a (i)]; inoltre due classi distinte sono disgiunte [in base a (ii) e (iii)]. Ne segue che U `e
una partizione di A (cfr. Def. 1.5).
Osservazione 5. Dalla proposizione precedente segue che ogni relazione di equivalenza induce
una partizione U .

Vale anche il viceversa. Sia infatti U = {Ai , i I} una partizione di A formata da sottoinsiemi
non vuoti; possiamo denire su A la seguente relazione = U :
a b a, b Ai , i I.
Si verica subito che `e una relazione di equivalenza su A. Le classi di equivalenza modulo sono
gli insiemi Ai U. Si verichi poi che UU = U e che U = .

Denizione 
4. Sia una relazione di equivalenza su A. Si chiama insieme quoziente di A modulo
linsieme A formato dalle classi di equivalenza (a due a due distinte) di A modulo , cio`e



A = [a], a A .
Lapplicazione


: A A , tale che (a) = [a], a A,

`e ovviamente suriettiva ed `e chiamata proiezione canonica di A su A .
Denizione 5. Ad ogni applicazione f : A B resta canonicamente associata una relazione
f su A, cos` denita:
a1 f a2 f (a1) = f (a2), a1, a2 A.
Si verica subito che f `e una relazione di equivalenza su A, detta relazione di equivalenza associata
ad f .
Si noti che se f `e iniettiva f `e la relazione identica su A (e viceversa).
1
[a]f = f (f (a)), a A, risulta subito che

 1

A = f (b), b Im(f ) .

Inoltre, essendo

Proposizione 2. Sia f : A B unapplicazione e sia f la relazione di equivalenza associata ad


` ben denita la seguente applicazione
f. E


F : A B tale che F ([a]) = f (a), [a] A .
f

Inoltre F `e iniettiva.
Dim. Dimostrare che F `e ben denita, signica dimostrare che la denizione di F non dipende
dal rappresentante scelto in ogni classe, cio`e che
[a] = [a1] = F ([a]) = F ([a1]).
Infatti: [a] = [a1] a f a1 f (a) = f (a1) F ([a]) = F ([a1]).
Dalle precedenti implicazioni (lette da destra a sinistra) segue che F ([a]) = F ([a1]) = [a] = [a1],
cio`e che F `e iniettiva.
Osservazione 6.

(i) Si noti che F `e lunica applicazione tale che F = f , cio`e tale che il

14

G. CAMPANELLA

APPUNTI DI ALGEBRA 1

seguente diagramma (di insiemi e applicazioni)


f


A f

`e commutativo [nel senso che il passaggio da un insieme ad un altro


 `e indipendente da ogni possibile
percorso (che usi le applicazioni assegnate)]. Infatti, se F : A B verica F = f , allora
f

F ([a]) = (F )(a) = f (a) = F ([a]), [a] A . Dunque F = F .
f

(ii) Si noti che F agisce come f e che F `e iniettiva. Dunque F risolve il problema di rendere
iniettiva o iniettivizzare f [modicandone per`
o linsieme di denizione].
(iii) Risulta: F `e suriettiva f `e suriettiva. Infatti:

F `e suriettiva b B, [a] A tale che F ([a]) = b
f

b B, a A tale che f (a) = b f `e suriettiva.


Proposizione 3. (Teorema di decomposizione
 delle applicazioni). Sia f : A B unapplicazione
tra insiemi. Esiste ununica biiezione : A Im(f ) tale che f = i , cio`e tale che rende
f

commutativo il diagramma:


A f

B
i
Im(f)

[Dunque ogni applicazione si decompone in maniera standard nel prodotto operatorio di tre applicazioni: una suriettiva, una biiettiva ed una iniettiva].

Dim. Dalla Prop. 2, `e ben denita ed iniettiva unapplicazione F : A B tale che F = f .
f

Si osservi che Im f = Im F . Pertanto := Fsu : A Im f `e biiettiva. Si ha poi, a A:
f

(i )(a) = (i )([a]) = i(([a])) = i(F ([a])) = i(f (a)) = f (a).


Quindi f = i .
Lunicit`
a di `e evidente [si verichi che se i = i , allora = ].
Vogliamo ora generalizzare la precedente costruzione. Sono assegnati: unapplicazione f : A B
ed unarbitraria relazione di equivalenza su A. Vogliamo
 determinare in quali ipotesi f si fattorizza
tramite , cio`e quando `e denita unapplicazione F : A B tale che F = f , ovvero tale che
il diagramma


A

`e commutativo. La risposta al problema `e fornita dal teorema che segue.


Teorema 1. (Teorema fondamentale delle applicazioni). Sia f : A B unapplicazione e sia
una relazione di equivalenza su A. Risulta:


F : A/ B tale che F = f f
Se una siatta applicazione F esiste, essa `e unica. Inoltre:
(a) F `e iniettiva = f ;
(b) F `e suriettiva f `e suriettiva.

CAP. 1.3

RELAZIONI SU UN INSIEME

15

Dim. Si noti che, dovendo essere commutativo il diagramma sopra indicato, F `e necessariamente
cos` denita:
F ([a]) = f (a), [a] A/ .
Ne segue:
F esiste la precedente denizione `e ben posta


[a1] = [a2] = F ([a1]) = F ([a2])




a1 a2 = f (a1) = f (a2) a1 a2 = a1f a2 f .
Lunicit`
a di F `e evidente: se F = f , allora
F ([a]) = (F )(a) = f (a) = (F )(a) = F ([a]), [a] A/ .


(a) F `e iniettiva F ([a1]) = F ([a2]) = [a1]) = [a2]




f (a1) = f (a2) = a1 a2 a1f a2 = a1 a2 f .
Poiche, in ogni caso, f , allora F `e iniettiva = f .

(b) F `e suriettiva b B, [a] A tale che F ([a]) = b
b B, a A tale che f (a) = b f `e suriettiva.
Osservazione 7. Per valutare lutilit`
a e limportanza dei risultati precedenti, osserviamo quanto
segue.
Assegnata una relazione di equivalenza su A, le classi di equivalenza modulo , nate come
sottoinsiemi di A, vengono poi pensate come elementi di A/ . Lesigenza di dover interpretare come
elementi dei sottoinsiemi pu`
o provocare qualche dicolt`
a, soprattutto quando occorra eseguire calcoli
su A/ . Per tale motivo `e senzaltro utile poter identicare A/ con un insieme B, i cui elementi
siano meglio individuabili, cio`e pi`
u concreti. Dal Teor. 1 e dalla Prop. 2 segue immediatamente
che basta cercare unapplicazione f denita su A e tale che f = , perche allora Im(f ) `e
identicabile (cio`e in biiezione) con A/ .
La dicolt`
a nella individuazione di un siatto modello concreto Im(f ) di A/ sta nel fatto che
lapplicazione f cercata non `e assegnata ma va inventata!
Vericheremo tali considerazioni su alcuni esempi.
Esempio 1. In Z si introduce la seguente relazione :
a b |a| = |b|, a, b Z .
Si verica facilmente che `e una relazione di equivalenza su A e si ha:
[a] = {a, a}, a Z .
Vogliamo descrivere Z / . Deniamo f : Z N tale che f (a) = |a|, a Z . Ovviamente f `e
suriettiva. Inoltre a f b |a| = |b| a b. Dunque f = . Pertanto
F : Z / N tale che F ([a]) = |a|, [a] Z / ,
`e una biiezione e Z / pu`
o essere identicato con N .
Esempio 2. In Z consideriamo la seguente partizione


U = {2n, 2n + 1}, n Z .
Sia la relazione di equivalenza associata ad

U. Si ha:

a b n Z : a, b {2n, 2n + 1}.
Vogliamo descrivere Z / . Sia P = {2n, n Z } linsieme dei relativi pari. Sia

a, se a `e pari,
f : Z P tale che, a Z , f (a) =
a 1, se a `e dispari.
Ovviamente f `e suriettiva. Se verichiamo che f = , allora f induce una biiezione tra Z / e P
e quindi P `e un modello concreto di Z / . Si ha infatti: a f b f (a) = f (b)

16

G. CAMPANELLA

a = b, se a, b sono pari

a 1 = b 1, se a, b sono dispari

a = b 1, se a `e pari e b `e dispari

a 1 = b, se a `e dispari e b `e pari,
a, b {2n, 2n + 1}, n Z a b.

APPUNTI DI ALGEBRA 1

a = b, se a, b hanno la stessa parit`

b = a + 1, se a `e pari

b = a 1, se a `e dispari

2
Esempio 3. Per ogni t R , t 0, sia C t la circonferenza del piano R di centro O = (0, 0) e
2
C t , t 0} `e una partizione di R . Denotata con la relazione di
raggio t. La famiglia U = {C

2
equivalenza associata ad U , vogliamo determinare un modello concreto di R .

2
Si osservi che (x, y) C t x2 + y 2 = t. Ne segue che, (x, y), (x1, y1) R ,
(x, y)(x1, y1) (x, y), (x1, y1) C t , t 0



x2 + y 2 = t = x12 + y12 , t 0 x2 + y 2 = x12 + y12 .

Sia quindi f : R R
2

la seguente applicazione:

2
f (x, y) = x2 + y 2 , (x, y) R .

f `e certamente suriettiva. Infatti, a 0, f (a, 0) = a. Inoltre f = . Si conclude che linsieme



0
2
quoziente R pu`
o essere identicato con la semiretta R , tramite la biiezione



0
2
2
F : R R , tale che F ([(x, y)] ) = x2 + y 2 , [(x, y)] R .

B ) RELAZIONI DI ORDINE
(B
Nella parte restante di questo paragrafo ci occuperemo di insiemi ordinati. Introduciamo la
seguente terminologia. Una relazione di ordine (cio`e riessiva, antisimmetrica e transitiva) su un
insieme A sar`a denotata con [in luogo di ]. Ad essa `e naturalmente associata la corrispondente
relazione di ordine stretta <, cos` denita:
a < b a b e a = b.
La coppia (A, ) `e detta insieme ordinato (o parzialmente ordinato). Se `e una relazione di
ordine totale, (A, ) `e detto insieme totalmente ordinato. [Si osservi che, se (A, ) `e totalmente
ordinato, si ha: a  b b < a ].
Z , ) `e totamente ordinato [rispetto alla relazione: a b b a N ]. Anche
Ad esempio, (Z
R, ) `e totamente ordinato [rispetto alla relazione: a b b a 0]. Invece, se A `e un
(R
P (A), ) `e un insieme ordinato ma non totamente ordinato. Si
insieme con almeno due elementi, (P
verica subito che una relazione dordine su A induce una relazione dordine su ogni sottoinsieme
non vuoto B A. Si noti inne che, tramite , `e possibile denire su A la relazione , detta
relazione opposta di , in questo modo: a b b a. Si verica subito che verica le
stesse propriet`a di .
Denizione 6. Sia (A, ) un insieme ordinato e sia S A, S = . Un elemento s0 S `e
detto minimo di S se s0 s, s S. Se un tale elemento esiste, `e unico ed `e denotato min(S).
Analogamente, un elemento s1 S `e detto massimo di S se s s1, s S. Se esiste, `e unico ed `e
denotato max(S). In particolare, se S = A, min(A) e max(A) (se esistono) sono rispettivamente
detti primo elemento e ultimo elemento di A. Inne, (A, ) `e detto insieme bene ordinato se ogni
sottoinsieme non vuoto di A ammette minimo.
Ovviamente, ogni insieme bene ordinato `e totalmente ordinato [infatti ogni sottoinsieme {a, b} A
Z , ) non `e bene ordinato].
ammette minimo], mentre il viceversa `e falso [ad esempio (Z
Denizione 7. Sia (A, ) un insieme ordinato e sia S A, S = . Un elemento a A `e detto
minorante di S se a s, s S; un elemento a A `e detto maggiorante di S se s a, s S.
Denoteremo con M inor(S) [rispett. M aggior(S)] linsieme dei minoranti [rispett. maggioranti] di
S. Inne, S `e detto limitato inferiormente se M inor(S) = [cio`e se S ha almeno un minorante],

CAP. 1.3

RELAZIONI SU UN INSIEME

17

mentre `e detto limitato superiormente se M aggior(S) = [cio`e se S ha almeno un maggiorante].


Denizione 8. Sia (A, ) un insieme ordinato e sia S A, S = . Se S `e limitato inferiormente,
` denotato inf (S).
si chiama estremo inferiore di S (se esiste) il massimo dei minoranti di S. E
Analogamente, se S `e limitato superiormente, si chiama estremo superiore di S (se esiste) il minimo
` denotato sup(S).
dei maggioranti di S. E
Osservazione 8. Poiche inf (S) = max(M inor(S)), si ha:


x0 M inor(S)
x0 s, s S
x0 = inf (S)

y M inor(S) = y x0
y
 x0 = y  M inor(S)

x0 s, s S

y  x0 = s0 S : y  s0.

Se ora (A, ) `e totalmente ordinato, dal fatto (gi`


a osservato) che a  b b < a, segue che

x0 s, s S
x0 = inf (S)
x0 < y = s0 S : s0 < y.
In modo analogo, si verica che

s x1, s S
x1 = sup(S)
x1  z = s1 S : s1
 z.
Se poi (A, ) `e totalmente ordinato, si ha:

s x1, s S
x1 = sup(S)
z < x1 = s1 S : z < s1.
R, ) `e totalmente ordinato. Se denotiamo con x0 + un arbitrario numero reale
Ad esempio, (R
y > x0 e con x1 un arbitrario numero reale z < x1 [avendo assunto R , > 0], si ottengono
le ben note denizioni di inf e sup in R :

x0 s, s S
x0 = inf (S)
> 0, s0 S : s0 < x0 + ,

s x1, s S
x1 = sup(S)
> 0, s1 S : x1 < s1.
Osservazione 9. Sia (A, ) un insieme ordinato e sia S A, S = . Si osserva subito che, se
min(S), allora inf (S) = min(S). Infatti, posto s0 = min(S), si ha:
- s0 M inor(S) [infatti s0 s, s S];
- se a M inor(S), allora a s0; dunque s0 = max(M inor(S)) = inf (S).
Analogamente, se max(S), allora sup(S) = max(S).
R, ), denotato con
Viceversa, pu`
o esistere inf (S) senza che esista min(S). Ad esempio, in (R
+
R +) = 0, mentre min(R
R +) non esiste.
R linsieme dei reali strettamente positivi, risulta: inf (R
P (A), ) [con A insieme avente almeno
Come altro esempio, consideriamo linsieme ordinato (P
due elementi]. Ogni sottoinsieme S di P (A) ammette inf e sup: se infatti S = {Ai }iI , allora


inf (S) =
Ai ,
sup(S) =
Ai .
iI

Invece, scelti a1, a2 A, a1 = a2, linsieme S = {a1}, {a2}

iI

non ha ne massimo ne minimo.

Denizione 9. Sia (A, ) un insieme ordinato. Per ogni a A, ovviamente a M inor({a}) e


a M aggior({a}). Se M inor({a}) = {a} [cio`e x a = x = a], si dice che a `e un elemento
minimale di A. Analogamente, se M aggior({a}) = {a} [cio`e x a = x = a], si dice che a `e
un elemento massimale di A.
Osservazione 10. Se A ha il primo elemento [cio`e il minimo] a0, allora A non ha altri elementi
minimali (oltre a0); analogamente, se A ha lultimo elemento [cio`e il massimo] a1, allora A non

18

G. CAMPANELLA

APPUNTI DI ALGEBRA 1

P (A), ) ha il primo elemento [ ] e lultimo


ha altri elementi massimali (oltre a1). Ad esempio (P
elemento [ A ]: dunque non ha altri elementi minimali o massimali.
Quando un insieme ordinato ammette elementi massimali ? Unimportante condizione suciente
per tale esistenza `e il seguente risultato (noto come Lemma di Zorn), che ci limitiamo qui ad enunciare.
Premettiamo una denizione.
Denizione 10. Sia (A, ) un insieme ordinato. Un sottoinsieme non vuoto S di A `e detto
catena di A se x, y S risulta x y oppure y x [cio`e se S `e totalmente ordinato].
Teorema 2 (Lemma di Zorn). Sia (A, ) un insieme ordinato. Se ogni catena di A ammette un
maggiorante, allora A ha almeno un elemento massimale.
Osservazione 11. Per dimostrare il Lemma di Zorn si fa ricorso ad una funzione di scelta. Per
denizione, una funzione di scelta relativa ad una famiglia {Ai}iI di sottoinsiemi non vuoti di A `e
una funzione : I A tale che (i) Ai , i I. Lesistenza di una siatta funzione non `e un
fatto ovvio (a dispetto dellapparenza). Per denizione, accettarne lesistenza signica accettare, nella
teoria degli insiemi, lAssioma della Scelta. Si dimostra anzi che lassioma della scelta `e equivalente
al Lemma di Zorn, cos` come al Teorema di Zermelo [detto anche Principio del Buon Ordinamento:
ogni insieme pu`
o essere dotato di una relazione dordine, rispetto a cui `e bene ordinato].
A chi voglia approfondire tali questioni segnaliamo il testo di Fontana-Gabelli (citato in Bibliograa).
Una semplice applicazione del Lemma di Zorn `e il seguente importante teorema, probabilmente
noto dal corso di Algebra Lineare: ogni K-spazio vettoriale ammette una base. Dimostreremo tale
risultato alla ne del prossimo paragrafo.

CAP. 1.4

OPERAZIONI E STRUTTURE ALGEBRICHE

19

Operazioni e strutture algebriche

Denizione 1. Sia A un insieme non vuoto. Ogni applicazione : A A A `e chiamata


operazione (binaria) su A. Per ogni a1, a2 A, si scrive a1 a2 in luogo di (a1, a2).
Sono ben noti vari esempi di operazioni tra insiemi:
- laddizione e la moltiplicazione sugli insiemi numerici N , Z , Q , R .
R ) delle matrici quadrate di ordine n, a
- la moltiplicazione righe per colonne sullinsieme Mn(R
valori in R .
R ) delle matrici ad m righe ed n colonne, a valori in R .
- laddizione sullinsieme Mm,n(R
Molte operazioni vericano le propriet`
a indicate nella denizione che segue.
Denizione 2. Unoperazione su A `e:
(1) associativa se (a b) c = a (b c), a, b, c A;
(2) dotata di elemento neutro e se e A tale che a e = a = e a, a A;
(3) dotata di reciproco di ogni elemento se a A, a A tale che a a = e = a a, a A;
(4) commutativa se a b = b a, a, b A.
Esempi 1. (i) Laddizione + su N verica le propriet`
a (1), (2), (4) ma non (3).
(ii) La moltiplicazione su N verica le propriet`
a (1), (2), (4) ma non (3).
(iii) Laddizione + su Z (e su Q ed R ) verica le propriet`
a (1), (2), (3) e (4).
(iv) La moltiplicazione su Z verica le propriet`
a (1), (2), (4) ma non (3).
(v) La moltiplicazione su Q := Q {0} e su R := R {0} verica le propriet`
a (1), (2), (3) e (4).
Nota. Negli esempi precedenti relativi alladdizione, lelemento neutro `e 0 ed il reciproco `e detto
opposto; relativamente alla moltiplicazione, lelemento neutro `e 1 ed il reciproco `e detto inverso.
(vi) Laddizione + su

R ) verica le propriet`
(R
a (1), (2), (3) e (4).

m,n

R ) linsieme delle matrici quadrate invertibili di ordine n 2 (ed a valori in


(vii) Indicato con GLn(R
R ) verica le propriet`
a (1), (2), (3) ma non (4). Infatti si
R ), il prodotto righe per colonne su GLn(R
ha:
R );
- (AB)C = (AB)C, A, B, C GLn(R
R ), con In matrice unit`
- AIn = InA = A, A GLn(R
a;
1

R ), con A matrice inversa di A.


= A A = In, A GLn(R


 

1 1
1 0
1 0
1
- in generale AB = BA; ad esempio
=
1 0
1 1
1 1
1

- AA


1
.
0

(viii) Per ogni insieme non vuoto X, il prodotto operatorio sullinsieme X X [delle applicazioni
di X in se] verica le propriet`
a (1) e (2), ma non (3) e (4). Se indichiamo con S (X) linsieme delle
biiezioni di X in se, il prodotto operatorio [ristretto ad S (X), cfr. Osserv. 2.6] verica anche
la propriet`
a (3) [cfr. Prop. 2.2].
Denizione 3. Si chiama gruppo ogni coppia (A, ) tale che A `e un insieme non vuoto (detto
sostegno del gruppo) ed `e unoperazione su A vericante le propriet`
a (1), (2), (3), cio`e associativa, dotata di elemento neutro e dotata di reciproco di ogni elemento. Un gruppo (A, ) `e detto
commutativo (o abeliano) se verica (4), cio`e `e commutativa.
Z , +), (Q
Q, +),
R, +) ed (Mm,n(R
R ), +) sono gruppi commutativi. (Q
Q , ) e (R
R , )
Esempi 2. (i) (Z
 (R
R ), `e un gruppo non commutativo, se n 2, detto gruppo
sono gruppi commutativi.
GLn(R

20

G. CAMPANELLA

APPUNTI DI ALGEBRA 1

S (X), ) `e un gruppo, detto gruppo delle biiezioni di X.


generale lineare di ordine n su R . Anche (S
N , +), (N
N , ) e (Z
Z , ) non sono gruppi.
(ii) (N
(iii) Sia X un insieme non vuoto. Su P (X) sono denite le operazioni , [unione ed intersezione
di sottoinsiemi di X]. Entrambe sono associative, commutative e dotate di elemento neutro, ma non
P (X), ) e (P
P (X), ) non sono gruppi.
sono dotate di reciproco. Dunque (P
Introduciamo su P (X) la seguente operazione , detta dierenza simmetrica:
AB = (A B) (B A).
Per ogni A, B, C P (X), risulta:
-

AA = ;
A = A = A;
A(BC) = (AB)C;
AB = BA.



[Solo la terza propriet`
a non `e banalissima]. Si conclude che P (X), `e un gruppo commutativo
[con neutro e reciproco di ogni elemento coincidente con lelemento stesso].
(iv) Siano (A, ) e (B, ) due gruppi. Sul prodotto cartesiano AB `e denita loperazione :


(a1, b1) (a2, b2) = a1 a2, b1 b2 , (a1, b1), (a2, b2) AB.
Si verica facilmente che (AB, ) `e un gruppo, detto prodotto diretto di (A, ) e (B, ).
Proposizione 1. In ogni gruppo (A, ):
(1) Lelemento neutro e `e unico.
(2) Il reciproco di ogni elemento a `e unico.

a sinistra: a b = a c = b = c
(3) Vale la legge di cancellazione
a destra: a b = c b = a = c.
(4) Il reciproco di un prodotto `e il prodotto dei reciproci, in ordine inverso.
Dim. (1) Siano e, e due elementi neutri di (A, ). Allora

e e = e e = e essendo e elemento neutro,
e e = e e = e essendo e elemento neutro.
Dunque e = e .

a a = a a = e
(2) Siano a , a due reciproci di a. Allora
Dunque, utilizzando la propriet`
a
a a = a a = e.
associativa ed il fatto che e `e elemento neutro:
a = a e = a (a a ) = (a a) a = e a = a .
(3) Verichiamo la legge di cancellazione a sinistra [per quella a destra si procede in modo analogo].
Moltiplicando luguaglianza a b = a c a sinistra per a [reciproco di a], si ottiene:
a (a b) = a (a c) = (a a) b = (a a) c = e b = e c = b = c.
a del reciproco, basta vericare che:
(4) Dimostriamo che (a b) = b a , a, b A. Per lunicit`
(a b) (b a ) = e = (b a ) (a b).
Verichiamo la prima uguaglianza [per laltra si procede in modo analogo]. Si ha:




(a b) (b a ) = (a b) b a = a (b b ) a = (a e) a = a a = e.
In modo analogo si verica che (a1 a2 ... an) = an ... a2 a1, a1, a2, ... , an A.
Denizione 4. Si chiama sottogruppo di un gruppo (A, ) ogni sottoinsieme non vuoto B A
tale che (B, ) `e un gruppo (rispetto alla stessa operazione di A, opportunamente ristretta agli
elementi di B).
Q, +), Z e Q sono sottogruppi di (R
R, +).
Esempi 3. (i) Ad esempio, Z `e un sottogruppo di (Q

CAP. 1.4

OPERAZIONI E STRUTTURE ALGEBRICHE

21

R ) linsieme delle matrici reali quadrate di ordine n, con determinante = 1,


(ii) Indicato con SLn(R
R ) `e un sottogruppo di GLn(R
R ).
si pu`
o vericare, utilizzando le propriet`
a dei determinanti, che SLn(R
Denizione 5. Siano (A, ) e (B, ) due gruppi. Unapplicazione f : A B `e detta omomorsmo
(di gruppi) se risulta:
f (a1 a2) = f (a1) f (a2), a1, a2 A.
In particolare, un omomorsmo biiettivo `e detto isomorsmo. Se esiste un isomorsmo tra (A, ) e
(B, ), si dice che (A, ) e (B, ) sono isomor e scrive (A, )
= (B, ). Un isomorsmo di (A, ) in
se `e detto automorsmo.
+
R +, ) `e un gruppo
Esempi 4. (i) Si osservi che, indicato con R linsieme dei reali positivi, (R
+

R , )]. Lapplicazione logaritmo (naturale)


[ovvero R e un sottogruppo di (R

R , ) (R
R , +)
lg : (R
+

[che associa ad ogni a > 0 il suo logaritmo naturale lg(a)] `e un isomorsmo di gruppi.
a, b > 0, lg(ab) = lg(a) + lg(b).

Infatti,

(ii) Se X `e un insieme nito formato da n elementi (che possiamo identicare con {1, 2, ... , n}),
S n, ) `e un gruppo,
linsieme S (X) delle biiezioni di X in se viene usualmente denotato con S n e (S
detto gruppo delle permutazioni su n elementi. Ha n! elementi.
Ogni permutazione f S n invece di essere indicata nella forma
1 f (1) =: f1
2 f (2) =: f2
f:
:
n f (n) =: fn
`e preferibilmente indicata nella forma


f=

Se quindi f, g S n, allora


g f =

1 2 ...
f1 f2 ...


... n
... gfn .
1
2

2 3 4
S 4, allora
4 1 3
 

2 3 4
1 2 3 4
=
.
3 4 1
4 1 3 2

1
gf



2 3 4
1
Se ad esempio f =
, g=
3 4 1
2

 
1
1 2 3 4

g f =
2
2 4 1 3
1
2


n
.
fn

2
gf

Nel seguito (cfr. Cap. IV.3) troveremo un modo pi`


u economico per scrivere le permutazioni e
calcolarne la composizione.
Osserviamo poi che, nel calcolare g f , prima agisce f e poi g. Dunque occorre seguire a ritroso
lazione di g f sugli elementi 1, 2, ... , n. Poich`e ci`o `e in contrasto con la nostra abitudine a leggere
da sinistra verso destra, scriveremo f g in luogo di g f . Dunque


fg =

1 2 3 4
2 3 4 1



1 2 3 4
2 4 1 3


=


1 2 3 4
.
4 1 3 2

Tale convenzione sar`a adottata nel seguito.


Osservazione 1. Nello studio astratto dei gruppi si usa per lo pi`
u la notazione moltiplicativa. Un
gruppo viene indicato con (G, ), il suo elemento neutro con 1 (o 1G ) ed il reciproco di un elemento
1
g G con g (ed `e detto inverso di g).
Talvolta per`
o viene anche usata la notazione additiva (G, +) [e ci`o avviene soprattutto nello studio
dei gruppi commutativi]. In tal caso si indica lelemento neutro con 0 (o 0G ) ed il reciproco di un

22

G. CAMPANELLA

APPUNTI DI ALGEBRA 1

elemento g G con g (ed `e detto opposto di g).

Si osserva facilmente che spesso in uno stesso insieme coesistono almeno due operazioni. Ad esemR ) sono
pio, in Z , Q , R (ed anche in N ) sono denite sia laddizione che la moltiplicazione; in Mn (R
denite laddizione e la moltiplicazione righe per colonne. Le due operazioni non sono indipendenti,
ma sono legate dalle leggi distributive.
Denizione 6. Si chiama anello ogni terna (A, +, ) tale che: A `e un insieme non vuoto (detto
sostegno dellanello); + e sono due operazioni su A (dette somma e prodotto di A), vericanti i
seguenti assiomi:
- (A, +) `e un gruppo commutativo;
- `e associativa: (ab)c = a(bc), a, b, c A ;
- valgono le due leggi distributive tra somma e prodotto
a(b + c) = ab + ac, (a + b)c = ac + bc, a, b, c A.

Denizione 7. Un anello (A, +, ) `e detto unitario se la moltiplicazione ha elemento neutro


(detto unit`
a di A e denotato 1 o 1A ), cio`e a1 = 1a = a, a A. Si noti che lunit`
a, se esiste, `e
unica (cfr. Prop. 1(1)).
Lanello A `e detto commutativo se la moltiplicazione `e commutativa, cio`e ab = ba, a, b A.
Lanello A `e detto campo se (A , ) `e un gruppo commutativo. Dunque un campo `e un anello
1
commutativo unitario tale che ogni a A ammette inverso a A; i campi sono spesso denotati con
la lettera K (o lettere contigue). Inne, un campo non commutativo (rispetto alla moltiplicazione)
`e detto corpo.
Z , +, ) `e un anello commutativo unitario [abbr. c.u.], ma non `e un campo.
Osservazione 2. (i) (Z
Z , ) non `e un gruppo [soltanto 1, 1 ammettono inverso in Z ]. Invece (Q
Q, +, ) e (R
R, +, )
Infatti (Z
R ), +, ) `e un anello unitario, non commutativo e non corpo se n 2.
sono campi. Inne (Mn(R
(ii) In ogni anello (A, +, ) risulta:
a0 = 0a = 0, a A.
Infatti a0 = a(0 + 0) = a0 + a0. Dunque a0 + 0 = a0 + a0 e, dalla legge di cancellazione (per
la somma), segue che a0 = 0. Analogamente si verica che 0a = 0.
(iii) In ogni anello (A, +, ) valgono le tre seguenti regole di calcolo:
a(b) = (ab) = (a)b;

(a)(b) = ab;

a(b c) = ab ac, a, b, c A.

Per vericare la prima regola, basta osservare che




a(b) + ab = a (b) + b = a0 = 0;



(a)b + ab = (a) + a b = 0b = 0.




Per la seconda [applicando la prima]: (a)(b) = (a)b = (ab) = ab. Per la terza inne
[tenuto conto che si pone, per denizione: x y := x + (y)], si ha:




a(b c) = a b + (c) = ab + a(c) = ab + (ac) = ab ac.
(iv) In un anello (A, 
+, ) lacondizione

 ab
 = 0 non implica necessariamente a = 0 o b = 0. Ad
0 1
0 1
0 0
R ):
esempio, in M2(R
=
. Tale fatto conduce alla prossima denizione.
0 0
0 0
0 0
Denizione 8. Un anello (A, +, ) `e detto integro se risulta, a, b A:
ab = 0 = a = 0 oppure b = 0.
Ne segue che (A, +, ) `e non integro se a, b =
 0 tali che ab = 0. Un elemento a A `e detto
divisore dello zero o 0-divisore di A se b A, b = 0, tale che ab = 0. Ovviamente 0 `e uno
zero-divisore, detto zero divisore banale di A. Inne, un anello commutativo unitario ed integro `e

CAP. 1.4

OPERAZIONI E STRUTTURE ALGEBRICHE

23

detto dominio dintegrit`


a.
Z , +, ) `e un dominio dintegrit`
Lanello (Z
a [ma una dimostrazione pi`
u precisa verr`
a dato nel
prossimo paragrafo]. Ogni campo (K, +, ) `e un dominio dintegrit`
a [se infatti a, b K e ab =
1
1
1
R ), +, ) `e un
0, a = 0, allora b = b1 = (a a)b = a (ab) = a 0 = 0, cio`e b = 0. Invece (Mn (R
anello non integro, come gi`
a osservato (per n = 2).
Osservazione 3. Sia (A, +, ) un anello unitario. Linsieme degli elementi invertibili


U(A) = a A : aa = 1 = a a, a A
`e un gruppo rispetto al prodotto [vericarlo], detto gruppo delle unit`
a o gruppo degli elementi invertibili di A.
Z ) = {1}, U(K) = K , K campo, U(Mn(R
R )) = GLn(R
R ).
Ad esempio, U(Z

Denizione 9. Si chiama sottoanello di (A, +, ) ogni sottoinsieme non vuoto B A tale che
(B, +, ) `e un anello, rispetto alle stesse operazioni di A (ristrette agli elementi di B).
Denizione 10. Siano (A, +, ) e (B, +, ) due anelli.
omomorsmo (di anelli) se risulta:
f (a1 + a2) = f (a1) + f (a2),

Unapplicazione f : A B `e detta

f (a1 a2) = f (a1)f (a2), a1, a2 A.

In particolare, un omomorsmo biiettivo di anelli `e detto isomorsmo ed un isomorsmo dellanello


(A, +, ) in se `e detto automorsmo.
Si pu`
o facilmente vericare che se f : A B `e un omomorsmo iniettivo di anelli, limmagine
f (A) `e un sottoanello di B isomorfo ad A. Si usa dire in tal caso che f immerge A in B.
Si pu`
o inoltre facilmente vericare (cfr. Cap. IV, Prop. 6.1) che se f : A B `e un isomorsmo
1
di anelli [o di gruppi], anche f : B A `e un isomorsmo di anelli [o di gruppi].
Osservazione 4. In Z (come in Q ed R ) la relazione dordine totale `e compatibile con le due
operazioni +, , nel senso che, a, b, c Z :
a < b = a + c < b + c;

a < b, c > 0 = ac < bc.

Tale fatto motiva la seguente denizione: un anello (A, +, ) `e detto anello totalmente ordinato
rispetto ad una relazione dordine totale su A, se a, b, c A:
(i) a < b = a + c < b + c;
(ii) a < b, 0 < c = ac < bc.
Si osserva subito che in un anello totalmente ordinato A risulta:
a > 0, a A, a = 0.
2

Infatti, se a > 0, allora a > 0; se invece a < 0, allora a > 0 e quindi a = (a)(a) > 0.
2

Concludiamo il paragrafo richiamando la denizione di K-spazio vettoriale (che presumiamo nota


al lettore).
Denizione 11. Sia (K, +, ) un campo. Un insieme non vuoto V `e detto K-spazio vettoriale
se `e dotato di unoperazione + [detta somma], rispetto a cui (V, +) `e un gruppo commutativo e se
`e denita unapplicazione K V V [detta moltiplicazione per uno scalare], tale che:
- (c + d)v = cv + dv, c, d K, v V ;
- c(v 1 + v 2) = cv 1 + cv 2, c K, v 1, v 2 V ;
- (cd)v = c(dv), c, d K, v V ;
- 1v = v, v V .

24

G. CAMPANELLA

APPUNTI DI ALGEBRA 1

Gli elementi di V sono detti vettori mentre gli elementi di K sono detti scalari.
` certamente noto al lettore che una base B di un K-spazio vettoriale V `e un insieme di vettori
E
n

linearmente indipendenti [cio`e tali che: v 1, ... , v n B,
ci v i = 0 = c1 = ... = cn = 0 ] e

generato da B coincide con V [L(B) `e linsieme di tutti i vettori che si


n

possono scrivere nella forma
ci v i , per opportuni v 1, ... , v n B, c1, ... , cn K].

tali che il sottospazio

L(B)

i=1

i=1

Dimostreremo ora, come applicazione del Lemma di Zorn (cfr. Teor. 3.2), il seguente importante
risultato.
Teorema 1. Ogni K-spazio vettoriale V (non nullo) ammette una base.
Dim. Sia A linsieme di tutti i sottoinsiemi di V formati da vettori linearmente indipendenti.
Certamente A = [infatti {v} A, v V, v = 0] e dunque, poiche A P (V ), (A, ) `e un
insieme ordinato.

Sia ora S = {Si , i I} una catena in A (cfr. Def. 3.10) e sia BS =
Si . Risulta subito
iI

che BS A (e dunque BS `e un maggiorante di S). Se infatti v 1, ... , v t BS , j I tale che


v 1, ... , v t Sj : dunque v 1, ... , v t sono linearmente indipendenti.
In base al Lemma di Zorn, A possiede almeno un elemento massimale, che denotiamo B. Ovviamente B `e formato da elementi linearmente indipendenti. Se per assurdo L(B) = V , v 0 V L(B).
Allora B {v 0} A e B B {v 0}: ci`
o contraddice la massimalit`a di B. Si conclude allora che B
`e una base di V .

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