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Poste Italiane Spa Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art.

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Dei Verbum:
una rilettura
nel cinquantenario
di Michelangelo Tbet

Papa Francesco:
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Lettera da Gerusalemme
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Gedda, Cossiga,
i giornali, la Rai...
Colloquio di Nicola Guiso
con Dino Basili

Bambini assemblati
& gigantismo
di Pier Giorgio Liverani

Europa tedesca
o Germania europea?
di Pietro Sormani

640
Giugno
2014

Elizabeth & Cal,


il romanzo dellassenza
di Alessandro Rivali

RIVISTE & RIVISTE

Storia del concetto di tempo


V una pagina, splendida, forse
irripetibile, in cui DAnnunzio
coglie perfettamente il senso del
tempo, di quel tempo che sfugge, come egli scrive ne Il Fuoco, della lampadina che si consuma, del corpo che appassisce,
delle infinite cose che si corrompono e periscono. La vita del
protagonista del romanzo sembra dissolversi e condensarsi per
intervalli. A questa felice formula DAnnunzio affida il carattere discontinuo del tempo, o meglio, della sensazione soggettiva
dello scorrere del tempo per
istanti successivi. Tempo che
noi misuriamo sempre a spanne,
a intervalli, in base a unit di misura che variano di volta in volta
e la cui ipoteca metodologica
fornita dallo sbilancio umorale,
delle secrezioni e increzioni
ghiandolari, dellipotalamo soprattutto e dellipofisi. opportuno distinguere il tempo astratto dellorologio, quello che scorre, per cos dire, fuori di noi dal
tempo vissuto, che inscindibile dallesperienza che se ne ha.
Lo esorta a fare il musicologo e
studioso Antonio Grande, autore
del saggio Il moto e la quiete. Dinamica delle strutture musicali
in et tonale (Aracne, Roma
2011). Il primo caso quello per
il quale noi affermiamo che la
musica occupa un tempo, prende
del tempo (ivi, p. 151). Il secondo, conclude Grande, quella
particolare esperienza che si avverte quando, sperimentando un
evento musicale, ci sentiamo partecipi di un contesto temporale di
cui siamo protagonisti e che ci
vede come attori. Il questo secondo caso, argomenta il musico-

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logo e studioso, la musica non


tanto occupa un tempo quanto lo
costituisce (ivi). Occupare il
tempo cos come si occupa indebitamente uno spazio ostile? Costituire il tempo cos come si d
vita a una creatura, cos come
lartigiano crea un oggetto, un arredo, una suppellettile? Il paragone risulta non poco seducente.
Lo meno allorch ci si rende
conto del fatto che lOccidente
colto e civilizzato, lOccidente
della moderna societ del terziario
avanzato, si crede padrona del
tempo. Reputa di averlo soggiogato, sottomesso, domato cos come si fa coi puledri o con i torelli.

Dal Medioevo
alla Modernit
Eppure, quando noi ascoltiamo
un certo tipo di musica noi ci lasciamo andare cos come ci si
abbandona fra le braccia dellamato, dellamata. Non ci importa

pi di tutto il resto, del mondo


l fuori, di ci che accade a nostra insaputa mentre siamo intenti a coltivare il pensiero dominante. un altro tempo, un altro io che prende il posto del nostro. Padroneggiare la durata e
dotarsi, attraverso questo, dei
mezzi per lespressione soggettiva. Lo afferma, riferito al tempo
e alluso che ne fanno i musicisti
in Occidente, il filosofo e compositore parigino Hugues Dufourt. Il contributo figura allinterno dellultimo numero del
quadrimestrale Musica/Realt,
diretto da Luigi Pestalozza (H.
Dufourt, La costituzione del
tempo musicale in Occidente, in
Musica/Realt, n. 103, marzo
2014, pp. 131-140). La rivoluzione della percezione del tempo
intesa in senso moderno, spiega
Dufourt, ha inizio nel 1321 con il
Compendium musicae praticae
di Johannes de Muris, in cui si
teorizza una sorta di principio di
proporzionalit grazie al quale
non solo il compositore sarebbe
in grado di regolare le durate,
ma anche di applicare queste ultime alle velocit di movimento
delle singole parti, o degli strati
separati e diversamente implicati
tra loro di un mottetto dellArs
nova, la tipica forma per la quale
lascoltatore deve far conto con
dei processi di crescita o di decrescita di un grado di intensit
(H. Dufourt, art. cit., p. 137). Occorrer attendere la prima Wiener
Schule, ossia laffermarsi di un
ideale musicale classico, europeo
e sprovincializzato, per poter assistere alla formazione di un
tempo dialettico, ovvero unicamente definito dal regime delle

sue tensioni interne (ivi, p. 140).


vero: tra santAgostino, il quale afferma di sapere benissimo
che cosa sia il tempo ma che, ove
richiestone, non sa definirne a
parole la natura (Quid est ergo
tempus? Si nemo ex me quaerat,
scio; si quaerenti explicare velim, nescio, Confessiones, XI,
14) un modo senza dubbio originale di definire a contrario la
percezione della durata interiore
, e Kant, il quale assolutizza il
tempo e lo antepone, insieme allo spazio, a qualunque percezione possibile (Kritik der reinen
Vernunft, Transzendentale sthetik, 4), v un percorso di appropriazione del tempo che ne fa
un oggetto da consumare o, come
Dufourt scrive, da matriser, da
padroneggiare (ivi). V poi, nel
corso dei secoli, il graduale passaggio da unidea di tempo discreto (valga per tutti il paradosso di Zenone e della freccia ferma), la cui divisione operata a
piacere dal compositore, a un
tempo continuo e indiviso (Kant:
Die Zeit an sich ist etwas Ungeteiltes, e.l.), o che tale si suppone. Per Aristotele il tempo ancora il numero del movimento
secondo il prima e il poi (Fisica,
IV 11, 219b), mentre per i grandi
autori di fine Ottocento (si pensi
solamente al tempo di Wagner o
a quello della Recherche) esso diviene qualcosa di fluido, di sfuggente e di incommensurabile. Insomma, da un tempo metafisico,
mentale, teologico, manipolabile
a piacere, si passa a uno fisico,
reale e antropologico dal quale si
facilmente manipolati ( questa
una delle implicazioni dellUnschrfeprinzip, il principio di
indeterminazione formulato dal
fisico Heisenberg nel 1927). Dal
tempo del Medioevo, governato
dalla fantasia e dallenumerazione casuale e posticcia (lelenco,
laffabulazione), allinsegna cio
del freudiano principio di piacere, si passa a quello moderno,
ordinato, dellet dei Lumi e della fisica quantistica, tempo governato dal freudiano principio

di realt. Allinterno del panorama colto del canone musicale


occidentale si riflettono le opposte posizioni. Se, come Carlo Piccardi ha osservato, un autore intransigente come Luigi Nono si fa
paladino, specie nelle opere ultime come Prometeo, di una concezione ancora metafisica della musica (quella della cosiddetta absolute Musik), un compositore coevo, Niccol Castiglioni, rompe
lordine temporale consueto,
prescritto dalla logica aristotelica
dellazione teatrale, per proiettarsi negli spazi della fantasia
(C. Piccardi, Didascalicit del
moderno. Attraverso lo specchio
di Niccol Castiglioni, in Musica/Realt, num. cit., p. 93).

Il tempo nella societ


dei servizi
Proprio da qui si pu trarre lo
spunto per riflettere sul tempo
della Modernit, tempo diffratto,
ipotecato dal sociale, ossia dalla
rappresentazione che del tempo
si d lodierna civilt del terziario avanzato. Se in una societ la
logica dei servizi (del loisir, un
termine che ingloba il piacere
dellascolto musicale, o quello di
recarsi a visitare un museo) prevale su quella della produzione,
si ha allora uneccedenza di senso sul proprium delloggetto: un
donum superadditum naturae,
per adoperare e far nostre le parole con cui il francescano Alessandro di Hales definiva, nella
Summa (II, 91, 1, art. 3), la grazia. Il tempo riceve allora un plusvalore (se toccasse a Marx di
definirlo) o valore aggiunto (se
toccasse a Keynes) non molto diverso dallincremento del valore
che si ottiene, per un determinato
prodotto, dal processo che lo
conduce attraverso la filiera della
progettazione, della produzione,
della distribuzione e del consumo. Se si affermasse che non solo il tempo del moderno consumo
di musica e dellarte, tempo introdotto dalla Modernit, tem-

po tesaurizzato, tempo capitalizzato, tempo di cui lascoltatore e


lamante dellarte fanno tesoro,
capitale; ma che tale lo statuto
di un tempo che lutente pu oggid ritagliarsi per ascoltare tranquillitate animi, con agio, il proprio brano preferito, si peccherebbe di leggerezza. Perch il
paradosso sta proprio qui: quanto
pi tempo il lavoratore ha oggi a
propria disposizione, ossia quanto pi diminuisce la quantit di
ore dallo stesso dedicate al lavoro retribuito, tanto pi andranno
scemando sia la sua capacit di
godere realmente del proprio
tempo sia linteresse che questi
sar disposto ad accordare allarte, alle attivit creative e ricreative, al linguaggio che le descrive
(ne prova lampante il tempo
stenico, fortemente contratto,
quasi imploso, di cui Ungaretti e
i poeti ermetici, Webern e i compositori della seconda Wiener
Schule, Mondrian e i pittori e architetti funzionalisti fanno largo
uso nelle loro opere). Lesotismo
musicale tardo-settecentesco e
romantico, per esempio quello di
Meyerbeer e di Berlioz, come Olga Visentini spiega nel suo saggio (Causa senza effetti. Lesotismo musicale ne LAfricaine di
Meyerbeer, in Musica/Realt,
num. cit., pp. 37-71), ancora si
affida alla vecchia e desueta idea
di un tempo del sogno, di un
assaggio dalterit voluttuosa,
tempo dellinfanzia, tempo ineffabile come lo era stato quello di
santAgostino. A esso subentrer
ben presto il tempo dei futuristi e
quello della civilt delle macchine, quello di Fernand Lger e dei
suoi stralunati orologi. Sar questo il tempo della realt, dellet
adulta, della presa datto di un
mondo ormai divenuto incomputabile (e perci ingovernabile).
Carlo Alessandro Landini
Un numero di Musica/Realt costa euro
13, labbonamento annuo euro 31. Limporto va versato sul c.c.p n. 11748555 intestato a LIM Editrice srl.

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