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La logica originaria in Heidegger

di Massimo Vignola
Facolt di Filosofia
Universit di Roma "La Sapienza"
Relatore: Paolo Vinci
Correlatore: Edoardo Ferrario
Anno accademico: 2004-2005

La logica originaria in Heidegger

Indice:

1 - Introduzione .................................................................................................................. 2
2 - Il nella filosofia di Heidegger ............................................................................. 7
3 - Ordine e dovere ........................................................................................................... 27
3.1

Il problema della regola....................................................................................... 27

3.2

La mancanza dellessenza del regolare nella filosofia occidentale ..................... 36

4 - Il progetto di una ridefinizione del pensiero rigoroso ed il confronto con il


ragionamento normativo................................................................................................... 53
5 - Logica originaria ......................................................................................................... 81
5.1

Apollineo ............................................................................................................. 82

5.2

Configurazione naturale - cosmica dellordine ................................................... 88

5.3

Ordine logico ....................................................................................................... 99

6 Conclusione .............................................................................................................. 111


Necessit..................................................................................................................... 112
Bibliografia..................................................................................................................... 121

1 - Introduzione

A partire dalle opere giovanili, fino alle ultime conferenze, nel pensiero di Heidegger
emerge unistanza fortemente strutturante.
La questione di un ordine o di una regolarit si attesta con continuit, sia in modo diretto
come nellanalisi del , sia implicitamente nellarchitettura delle argomentazioni, nelle
scelte lessicali e negli ambiti semantici richiamati. Viene delineato un ordine determinante,
la cui stringenza per non risulta facilmente riconoscibile, e, comunque, non nella modalit
pi consueta di una causa efficiente: a suo riguardo una estensione generale pu essere
fraintesa con una sostanziale indifferenza, la sua preminenza e non deducibilit pu evocare
impropriamente lidea di assoluto.
Questa tesi si assume il compito di individuare ci che proprio di tale ordine, il suo tratto
caratterizzante e il senso del suo manifestarsi. Il tema della nostra analisi sar dunque la
configurazione originaria in cui lessere ed il pensiero si dispongono in base ad una
cogenza. Lattenzione verr cos rivolta alle dinamiche insite in quella nozione di
medesimo che il filosofo reputa massimamente degna di indagine nella quale, a
partire dallidealismo, non viene pi indicata la mera coincidenza delluguale ma si apre la
strada allinterpretazione di una coappartenenza, cui non sono estranee una contesa ed un
accordo.
2

In virt del livello originario del tema, il significato di parole quali legge, ordine o regola
non pu essere semplicemente applicato a ci che esse devono descrivere. Di pari passo
con la chiarificazione della logica di Heidegger, infatti, i termini impiegati per definire il
tema saranno a loro volta pensati e parzialmente ridefiniti in base al loro oggetto. Gi a
livello procedurale si ha quindi a che fare con una petitio principi che segna
inequivocabilmente lo scarto rispetto al pensiero rigoroso tradizionale.
Lo stesso argomento che si intende affrontare, sebbene ad esso siano dedicati molti scritti,
e, in particolare, lilluminante corso del 44 sulla dottrina eraclitea del , non
preliminarmente del tutto acquisito. Infatti, uno studio che, come il presente, approfondisca
un aspetto allinterno di unampia impostazione di pensiero, e che quindi debba isolare una
questione nei limiti necessari ad unanalisi critica, ha bisogno di ribadire in modo esplicito i
propri presupposti. Ad imporre questa esigenza il passaggio dalla speculazione e dal
linguaggio heideggeriano ad un qualsiasi punto di vista che non si annulli nelladesione
completa alla prospettiva del filosofo. Pertanto, prima di considerare il senso della logica
originaria, bisogna comprendere in che modo si mostri un rapporto possibile tra
loriginariet da una parte ed il dover-essere che un ordine esprime dallaltra.
Il rapporto in questione sar pensato attraverso il concetto di regola o, meglio, attraverso
il regolare che rende il valore attivo del nel quale si verifica un ambiguo contatto

tra senso e alterit. Il luogo teoretico della regola, in cui si dispiega loriginariet, si
riveler quindi essere la nozione di limite, intesa al modo greco come .
Si parla qui volutamente di luogo, seguendo la consuetudine di un tipo di pensiero
rappresentabile, nonostante Heidegger abbia scelto di percorrere con una drasticit ben nota
le vie rischiose dellimpensato, dove le etimologie alludono e danno segni incerti, e dove
frecce e grafici, che saprebbero dar conto perfino dellautorevole parola di Kant, si
dimostrano del tutto inutili. Nel pensiero del filosofo, infatti, lapprofondimento del
si rapporta alla riflessione sullo spazio, colto per a partire dal concetto di luogo che si
dischiude al soggiornare umano presso le cose. Per quanto concerne il , quindi,
avviene una localizzazione gi a livello antepredicativo, nel colpo docchio della
comprensione che pone luomo in un mondo oltre la geografia dello spazio oggettivo,
nellimplicita consapevolezza di una proggettualit in cui possibile muoversi. Il
viene pertanto interpretato, in primis, come struttura della comprensione.
Il dispiegamento del senso nella comprensione risulta tuttavia possibile solo in virt di una
disposizione strutturante che sia orientata dalla trasparenza della verit che si delinea nel
destino dellessere. Il viene quindi pensato come lordine originario dellessere stesso
e, di conseguenza, del modo in cui lessere si dona storicamente nelle varie epoche e del
rapporto tra uomo ed essere. In breve, il proprium del si raccoglie intorno al senso

del destino: la Moira, rispetto al , esprime un condizionamento simile a


quellobbligo, a quel dover-essere, senza il quale una regola non sarebbe tale.
Nella logica originaria si radica cos un carattere di comando, nonostante valga una
reciprocit nel rapporto tra uomo ed essere nellEreignis, e nonostante lessere si dia.
Nelle stesse parole impiegate da Heidegger nellanalisi del si registra uninsistenza
su verbi quali governare ed ubbidire, nelle loro varie forme e declinazioni, e su
concetti quali legge, ordine e misura. La premessa allo studio sui pensatori aurorali,
il richiamo allapollineo, conferma, poi, ancora pi decisamente questinterpretazione.
Heidegger ha sempre manifestato lesigenza di una stringenza che orientasse il pensiero in
modo rigoroso, a partire dal progetto di unermeneutica della fatticit, quando, sulle orme
di Husserl, ha tentato di sviluppare un pensiero che fosse cogente senza essere incluso nel
modello logico scientifico e sottoposto quindi ai suoi assiomi.
Nella ricostruzione della storia del pensiero occidentale la legittimazione di una stringenza,
di un obbligo, che si distingua da quello inessenziale che vige nel paradigma onto-teologico, si annuncia nellautonomia che permette al sia di provocare limposizione
della tecnica sia di portar fuori lessenziale al modo della poiesis greca. Nel modo pi
chiaro questo obbligo necessario cio radicato nella necessit dellessere viene

tematizzato nelle ultime pagine di Introduzione alla metafisica, laddove la parabola della
metafisica viene letta in base alla delimitazione dellessere rispetto al dovere.
In conclusione, ci che si oppone alla logica tradizionale, ossia il pensiero definito dalla
logica originaria, risulter pi stringente in quanto orientato dal destino. Ed il tipo di
cogenza che si impone sar pi determinante poich, al contrario di un obbligo generico,
ininfluente come pu essere quello dellinevitabilit di un ordine pregresso essa
dipender dalla necessit dellessere.
Tale pensiero, pur rimanendo ad uno stadio preparatorio, pu essere presentato, in concreto,
attraverso i propri tratti fondamentali: in primo luogo esso non deve essere separato o
indifferente rispetto a ci che pensa, e la sua essenza deve essere poietica anzich tecnica;
viene cos ricercato un pensiero che sia rigoroso ma non oggettivo, che sia riflettente ma
non deduttivo e che sia in grado di affrontare il negativo senza superarlo, senza essere
dialettico. Un tale pensiero deve seguire un cammino senza per questo andare avanti e,
soprattutto, deve essere capace di pensare la propria origine ed il proprio altro.

2 - Il nella filosofia di Heidegger

Nellavvicinamento preliminare alla filosofia heideggeriana, si vuole evitare di


decontestualizzare il dallinsieme dei motivi ai quali legato, e pertanto, se possibile,
si lascer che il nostro tema dispieghi il proprio senso in base allintima necessit con la
quale viene incontrato.
Come si affaccia dunque il al pensiero della differenza?
La parola guida compare in riferimento alla comprensione, allinterpretazione e al
fondamento, ed da queste nozioni che, di conseguenza, prende lavvio il lavoro della
nostra tesi.
Il confronto con i termini chiave della filosofia presocratica, in primis la , il , il
, l e la , in un certo senso pi denso di implicazioni, ma il legame
del con il fondamento e la comprensione non verr meno neanche di fronte agli
sviluppi ultimi della domanda sullessere e allapprofondirsi della riflessione sullEreignis.
Tale riferimento pu essere, pertanto, preso come punto di partenza.
In realt linizio di unanalisi del possiede quella stessa componente di arbitrariet
insita nel voler accedere a un tutto strutturato, poich a tutto che il si collega porre
in rapporto, collegare, riferire sono infatti le sue accezioni originarie. In tale essere sotteso

ad ogni relazione, il collegare autentico arretra sbiadendo apparentemente indifferente


alle differenze e si afferma un collegare a cui sono riconducibili sia il punto di vista
filologico che lo traduce discorso sia linterpretazione, che la logica formale ne fa,
intendendolo come lorigine ininfluente di un ramo della scienza che mira alla correttezza
formale.
A partire da queste premesse viene posta ora la domanda: cos il per Heidegger?
Come viene indicato nella conferenza omonima, in Saggi e discorsi, non si pu dire cosa
esso sia, giusto solo affermare che o , per parlarne bisogna riferirsi alla sua
attivit e non a delle eventuali propriet. Non ci si riferisce, infatti, ad una cosa, fosse
anche intangibile o generale.
Nella parola , il senso richiamato a proposito del il raccogliere.

Lego, , in latino legere, corrisponde, come parola, al nostro cogliere (lesen), cogliere delle spighe,
della legna, delluva, o anche scernere (auslese) [] Questa parola significa: porre una cosa vicino
allaltra, metterle insieme, in breve: raccogliere (sammeln); con ci le cose vengono contemporaneamente
distinte luna dallaltra. 1

Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.

133

Limpiego possibile, ladattabilit a pi contesti delle diverse eppure strettamente


collegate accezioni ampia. Nella lingua greca antica il termine compare in situazioni
relativamente eterogenee, se si tiene presente il significato specifico che oggi viene ad esso
attribuito. Nonostante ci si tende, in generale, ad associare alla grecit luso che della
parola si fatto nella teologia e nella filosofia successive, dando per scontata una
coincidenza nella comprensione delle diverse epoche.
In realt, piuttosto che con una coincidenza, si ha a che fare con uno sviluppo problematico,
che suscita il bisogno di capire come lantico significato abbia una continuit rispetto al
nuovo o, inversamente, in che modo sia giusto riconoscere nellinizio la premessa di quel
carattere individuabile alla fine della storia della metafisica.
Lessenza

fondamentale

del

quindi

posta

in

questione

ripensando,

nellimpostazione invalsa, il senso dalla sua prima, decisiva manifestazione nella chiarit
del mattino.
Come si mostra il raccogliere allinterno del paradigma di pensiero occidentale? Quale
ruolo gioca nel sistema della metafisica?

Il raccoglie ogni cosa in ci che generalmente fondato [grnded] e raccoglie ogni cosa a partire da
ci che unico giustificando la fondazione [begrndend]. 2

In base a questa indicazione che compare ne La costituzione onto-teo-logica della


metafisica, si pu guardare alla prima determinazione del problema, in Essere e Tempo:
qui il viene preso a tema nel suo rapporto con le nozioni, sopra presentate, di
giustificazione e fondazione.
La prospettiva da cui prende le mosse largomentazione heideggeriana quella della logica
tradizionale, ampiamente accettata ed applicata dalla filosofia. In essa, un giudizio
giustificato se formulato in conformit ad un processo corretto. Quando si ha conoscenza
di qualcosa, si asserisce, in modo giustificato, un giudizio vero, e quindi alla nostra
rappresentazione mentale corrisponde esattamente qualcosa di reale nel mondo esterno.
Ci che riceve giustificazione, in questo modo, la verit intesa come adequatio
dellintelletto alla cosa.
Contestando il presupposto della conoscenza tradizionale, vale a dire della verit come
adeguazione, Heidegger riferisce la giustificazione ad un altro modo di esprimere la verit
dellasserzione:

Identit e differenza, trad. di U.M. Ugazio, in aut aut, 1982, nn. 187-188, pp. 2-37, p. 34

10

Ci che viene giustificato lessere scoprente dellasserzione. 3

Non lesser vero tradizionale. daltronde estraneo allindagine fenomenologica,


particolarmente sentita in essere e tempo, un dualismo del tipo body/mind, cui il concetto di
verit come copia richiama. A garantire la conoscenza di qualcosa non pu essere una
corrispondenza rispetto ad una rappresentazione nel senso di unimmagine mentale o di un
processo psichico.
Il discorso del filosofo si trova gi in partenza al di qua di un dualismo, presso lente, e
nella giustificazione si deve mostrare il mostrarsi dellente, ossia lente nel come della sua
manifestazione, lente in quanto tale, lente come lo stesso di s, il medesimo. Tale
mostrare lo scoprire che giustificato in contrapposizione allesser vero scolastico metafisico.

Essa [lasserzione] trova la sua verifica nel fatto che lasserito, cio lente stesso, si manifesta come il
medesimo. Verifica significa: manifestarsi dellente nella sua identit. La verifica ha luogo sul fondamento
dellautomanifestarsi dellente. 4

Laltro aspetto del , il fondamento, cui si allude brevemente, precede la


giustificazione: la base su cui essa viene compiuta.

Essere e tempo, a cura di P. Chiodi, Longanesi, Milano 1970 (XIV ristampa), p. 269
Ibidem

11

Il fondamento si collega alla manifestazione dellente, fonda perch d lappartenenza


dellente ad una comprensibilit, permette cio un riconoscimento in una coerenza, in una
dipendenza, gi al livello pre-predicativo dellin quanto apofantico non fonda nel senso
di istituire, di imporre una certezza positiva.
Non possibile un fuori del : la sua totalit coincide con lorizzonte umano;
unalogicit impossibile perfino nel caso in cui un Esserci rifiuti scetticamente la
conoscenza. Nella misura in cui fondare e giustificare fanno parte del modo involontario di
interpretare lessere-nel-mondo, luomo gi sempre governato dal .
Si pu indicare la necessit di appartenere alla struttura del con il Wittgenstein delle
Ricerche filosofiche, riconoscendo che il meccanismo che cerca un ordine , per cos dire,
sempre acceso. Sarebbe tuttavia un errore pensare che linvolontariet del ed il suo
essere una totalit includente definiscano o dicano molto a suo proposito: unampia
genericit potrebbe implicare unindifferenza, potrebbe essere un nome possibile dato ad un
limite mai esperito, ma il fatto che lappartenere al non inteso come un essere
incluso in un insieme geometrico, designa bens il modo pi decisivo in cui lessere-nelmondo articolato.

12

Lasserzione, la sua struttura, lin-quanto apofantico, sono fondati nellinterpretazione e nella struttura, cio
nellin-quanto ermeneutico e, pi originariamente ancora, nella comprensione e nellapertura
dellEsserci. 5

Il fondare appartiene allinterpretazione delle cose, al vederle come ci che sono e quindi,
primariamente a chi rende possibile questo processo: luomo. Vale a dire che lapertura
dellEsserci il fondamento della struttura dellasserzione.
Unapertura pu gi dare lidea di quale diverso significato di fondamento si abbia in vista,
pi simile forse ad un pericoloso essere sfondato.
Ci che nella gerarchia dei rimandi delle giustificazioni si trova al punto originario, non
quello stesso fondare a cui generalmente si lega la stabilit. Risalendo un meccanismo
stringente di deduzione, ci dovremmo arrestare nel momento in cui questo fondamento
sfondato fosse raggiunto. Laspetto pi rassicurante nella logica, il poter contare su una
certezza infrangibile, che pu sopravvivere agli uomini e che ha ricevuto una
legittimazione dai propri risultati quando stata usata dal sapere scientifico, qui affronta un
abisso. Cosa pu allora assicurare la verit, quando il modo di raggiungerla non pi un
calcolo, una deduzione o un processo esatto?

Ivi, p. 274 (Corsivo mio)

13

In realt niente pu fornirla a buon mercato ed assicurarla, nel senso della certitudo propria
di un metodo: luomo, come sostiene Nietzsche, fa un tentativo con la verit. Si tratta di
una scommessa, in cui la posta in gioco lo stesso scommettitore, il quale garantisce in
base alla propria esistenza, nello strano modo in cui unapertura pu essere un fondamento
su cui basarsi. Il salto di cui Heidegger parla racchiude uninsicurezza fondamentale,
legata alla possibilit, tuttaltro che remota, del fallimento.

Questo coraggio dellerrore [] cio quello dellintimo sacrificio del proprio se stesso nella capacit di
ascoltare e di imparare. 6

Il fatto che luomo, che non pu estraniarsi dal , possa perdersi nellerrore indica che
il stesso pu essere fallace.
Nel momento in cui il tradizionale luogo della verit appare tanto vero quanto falso, si
impone, prima di tutto, lurgenza di chiarire come bisogna intendere lesser vero e lesser
falso.

I nostri termini vero e falso, verit e falsit non coincidono con il senso che i Greci davano alle
loro espressioni - . Con queste espressioni i Greci intendono piuttosto qualcosa come: verit
uguale scoprimento o essere scoperto, e , falsit, uguale coprimento o simulazione. 7

Logica, il problema della verit, trad. di U.M. Ugazio, Mursia, Milano 1986, p. 82

14

La verit presupposta. Lesserci gi nella verit perch aperto e interpreta, non deve
ricomporre un dualismo ma la dimensione in cui si trova gi vera in quanto orizzonte o
sostrato, in un senso che non esclude paradossalmente la falsit di ci che vi si manifesta.
Il modo di essere vero degli enti in partenza anche falso, perch la verit, in cui ci si
muove, non trasparente: una apparenza ingannevole la dissimula senza nasconderla
completamente, rendendola del tutto separata, e la mostra nella maniera contraffatta della
parvenza.
Dunque la verit c, ma in modo travisato. Primariamente gli enti con cui si ha a che fare
si mostrano nel modo del coprimento. Ci che disponibile a portata di mano nasconde
tenacemente il proprio senso autentico e, di conseguenza, anche se si vive gi sempre nella
verit, per poterla raggiungere si impone uno sforzo, che si traduce in un sovvertimento
aggressivo del modo di interpretare ci che dato, lazione con cui ci si volge al
raggiungimento del senso autentico pu essere associata ad un furto, come Heidegger
sottolinea in riferimento allalfa privativo dell -. 8

Ivi, p. 109
Fink mostra questa idea radicalizzandola nella lettura del il frammento 26 di Eraclito (Luomo si accende

una luce nella notte, quando spento nelle sue possibilit di vedere): Il frammento allude allinstabile
posto delluomo fra notte e luce. E questo si rivela quando capace di schiarire [lichten] la notte. Luomo

15

Linterpretazione degli enti non pu quindi fare a meno di un continuo scavo che
nellinterpretare traccia un percorso completamente legato allio che lo compie (pu essere
un uomo come anche un popolo) e che nel fare questo conquista comunque un senso per la
prima volta, al modo di una creazione. La ricerca profonda, diretta alle cose stesse,
quando attenta alla manifestazione effettiva degli enti, scoprente.
C coprimento, invece, nel momento in cui il legame diretto con il senso si allontana, fino
a perdersi del tutto. Nellovviet generata dalla sicurezza, dal non bisogno di interrogare,
linterpretazione si cristallizza, mantenendo solo un collegamento apparente con la propria
origine.
Il mettere insieme dunque potenzialmente coprente.
Heidegger prova a chiarire la configurazione di un tale essere falso tramite lesplicitazione
di alcuni pronunciamenti aristotelici che compaiono nel De interpretazione, ricavandone
uno schema che si rivela come egli ammette ancora inadatto a cogliere la complessa
articolazione del fenomeno.

una sorta di prometeico ladro del fuoco. Dialogo intorno ad Eraclito, trad. di M. Nobile, a cura di M.
Ruggerini, Coliseum, Milano 1992, p. 229

16

Il filosofo riassume quindi tre opposizioni: sintetico-diairetico, scoprente-coprente,


affermativo-negativo.
La capacit denotativa delle distinzioni si rivela limitata perch esse non sono esclusive e
quindi non permettono di spiegare in base ad una suddivisione quello a cui sono riferite.
Ci nonostante esse evidenziano alcune caratteristiche che contribuiscono a chiarire il
nostro tema nella sua generalit. I tratti della prima opposizione, in particolare,
soggiacciono alla base di tutte le altre e possono essere riscontrati tanto nella negazione e
nellaffermazione quanto nello scoprimento e nel coprimento. Viene infatti alla luce che la
e la non sono due forme ripartibili dellasserzione, ma sono
riconducibili ad ogni enunciazione, e quindi appartengono ad uno stesso ambito
[Zusammengehren] che unifica il fenomeno dellasserire.
Il mettere insieme del viene pensato attraverso il raccogliere della e
attraverso il separare del suo opposto, la , nel modo in cui Sammeln ed auslese
rientrano nel lesen.
In virt dellapprofondimento di tale dinamica interna si pu riflettere adesso sulla
apparente anomalia che si incontra nel riconoscere che c anche nella maniera del
coprimento:

17

Il coprimento infatti (in quanto tale) sempre un mettere insieme (De anima, 6, 430 b 1). 9

Si , tuttavia, sottolineato che

Il coprimento altrettanto quanto lo scoprimento avviene (sempre) nellambito del mettere insieme e del
separare (De interpretazione,1, 16a 12). 10

Qual , dunque, il fenomeno unificante a cui lopposizione si riferisce? E come si configura


il mettere insieme unente separante rispetto a allessere vero o falso?
Si gi notato che la pienezza del mostrare nel consentita dalla contestualizzazione
dellintorno-a-che che circonda, accoglie e fonda linterpretazione; la sintesi e la
vanno allora riferite allin-quanto.
Nel comprendere siamo gi sempre oltre le cose circostanti, il coglierle quindi un
retrocedere che mette in rapporto con enti determinati nellin-quanto di ci che sono.
Riformulando allora gli interrogativi, ci chiediamo in che modo lopposizione interna al
mettere insieme possa e, ancora prima, debba riferirsi a questo comportamento
fondamentale dellesserci, definito come un retrocedere verso quel che viene in contro
trattenendosi gi sempre nel punto da cui provengono il significare ed il comprendere:

Logica, il problema della verit, trad. di U.M. Ugazio, Mursia, Milano 1986, p. 91

10

Ibidem

18

Ci da cui proviene il significato devessere condotto al che-cosa della significazione e collegato con esso
(), condurre e collegare in cui nel contempo incluso che la provenienza del significare e la cosa da
significare siano presi separatamente e debbano restare separati nel compimento della significazione. Questo
collegare [Zusammensetzen] e questo condurre [Zusammenbringen] sono possibili solo nel tener-separati
[Auseinanderhalten], e, allinverso, il tener-separati stesso a sua volta possibile solo come questo
determinato tener-separati in un inafferrabile tener-insieme [Zusammenhalten]. Si vede quindi come il
significare di fatto si possa cogliere grazie alla struttura di in-quanto con laiuto delle determinazioni formali
della e della . 11

Gli enti possono non essere interpretati nel modo giusto quando si contravviene allordine
di aggregazione in cui compaiono, in base alla loro natura, un modo, questo, di chiudersi,
rifiutandone losservazione. 12 Ma gi il pi semplice comprendere, pu essere vittima di un
errore, fraintendendo, in accordo con la coerenza dellin-quanto, lapparire di un ente con
un altro, dato che si comprende sempre, in un modo o nellaltro, perfino quando si
comprende di non aver compreso.

11

12

Ivi, p. 100
(Met. 10, 1051 b 2-5) Questo per, ossia lo scoprimento e il coprimento, consiste in riferimento alle

cose essenti nel fatto che tali cose giacciano (gi) insieme o che siano prese nella loro contrapposizione,
cosicch scopre chi prende le cose contrapposte nel loro essere contrapposte e le cose che giacciono insieme
nel loro giacere insieme; mentre copre chi nel considerare qualcosa in quanto qualcosa, nel farla cio vedere
parlandone, si comporta in modo opposto rispetto allente. Tradotto da Heidegger in Logica, il problema
della verit, trad. di U.M. Ugazio, Mursia, Milano 1986, p. 111

19

Lavventura dellinterpretazione allora, il salto, non del tutto disorientato, si deve


strutturare altres come una scelta, nel raccogliere, diretta verso lessere e la difesa
dallapparenza.
Il problema si configura in una dicotomia, una scelta esclusiva tra le due possibili vie
percorribili dalluomo: Heidegger rivolge il pensiero al poema di Parmenide, nel quale si
colloca la scelta obbligata tra la via dellessere, scoprimento, e quella del non essere,
nascondimento.

La via dello scoprire raggiunta solo nel , nella distinzione consapevole delle due possibilit e
nella decisione per la prima. 13

Il decidersi per luna o per laltra appare come una scelta riguardo al ( ),
ma lespressione parmenidea si avvicina ad una tautologia, poich il significato dello
scegliere stesso si avvicina qui alla determinazione del che distingue dando un ordine
gerarchico.

E affatto non deve labitudine assai cattivante costringerti in questa direzione,/ sicch tu ti perda in un
guardare a bocca aperta, senza vedere, e in un ascoltare frastornante,/ in un parlare facondo; ma tu risolviti

13

Essere e tempo, a cura di P. Chiodi, Longanesi, Milano 1970 (XIV ristampa), p. 274

20

distinguendo, raccogliendo insieme, e prospettandoti la rappresentazione del molteplice conflitto da me


offerta. 14

Questa la via aperta sulla precariet dellessenza umana, la via cio che si fonda
nellapertura, e che diventa un percorso e non solamente uno spazio, solo nel momento in
cui raggiunge chiarezza, nella scelta, appunto, del modo fondamentale di essere dello
svelamento. Per poter dire tale chiarezza si deve essere giunti a vedere il rischio della
precariet da cos vicino che solo i pi arrischiati possono essere dicenti, ci spetta pertanto
ai poeti che hanno saputo cogliere il velamento dellessere nella sua forma pi radicale e lo
hanno riconosciuto come il senso profondo della nostra epoca: Heidegger risponde alla
domanda che Hlderlin pone nellelegia Pane e vino (perch i poeti nel tempo della
povert?) investendo chi pensa essenzialmente, in poesia, del compito di trasmettere agli
uomini un monito di salvezza che sorge dal fondo stesso del pericolo.
Heidegger lascia perci che siano i versi di un poeta, Rilke, ad esprimere linsicurezza
dellesistenza delluomo:

Come la natura abbandona gli esseri/ al rischio della loro sorda brama, e nessuno/ particolarmente protegge
nei solchi e sui rami,/ cos anche noi siamo, nel fondamento primo del nostro essere,/ non particolarmente

14

(Traduzione heideggeriana di Parmenide) Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi,

presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p. 180

21

diletti. Siamo arrischiati. Soltanto che noi,/ pi ancora che pianta o animale/ su questo rischio andiamo, lo
vogliamo talvolta anche/ siamo pi arrischiati (non per nostro vantaggio)/ della vita stessa;

ci che, infine, ci custodisce/ il nostro essere senza protezione, e che noi/ ci siamo rivoltati
nellAperto,. 15

Luomo si trova di fronte ad un ente che si rifiuta, si ritrae. Egli si mantiene, in quanto
esser-ci, innanzi alla rinuncia allente ed esperisce, nel rifiutarsi dellente in mezzo alla
manifestativit, il rapporto al non dellessere. Le-sistere necessita luomo a non essere
lente che , per tanto la scelta tra la via dellessere e quella del non essere ha il carattere di
una de-cisione, della quale abbiamo evidenziato il modo non procedurale del suo
dispiegarsi, ossia il salto. 16
Possiamo adesso, considerando la poesia di Rilke, determinare pi a fondo il passaggio che
avviene nello sprung: lassicurazione dello slancio e lindicazione della direzione da
prendere.

15

Sentieri interrotti, a cura di P. Chiodi, La nuova Italia, Firenze 1997, p. 255

16

Laccesso allessenza ha sempre qualcosa di immediato e ricorda sempre il momento creativo, liberamente

scaturito. Per questa ragione parliamo di un balzo, anzi di un balzo preliminare nel farsi-essenza della verit.
Domande fondamentali della filosofia, Selezione di problemi della logica, Mursia, Milano 2003, p. 144

22

Tale movimento si svolge tra due inizi. Il primo, da cui trae lo slancio, quello in cui
laccesso originario alla verit stato concepito come correttezza. L, la verit copia, la correttezza non solo una degenerazione nellinterpretazione dell ma
gi presente presso i Greci, sebbene nellantichit essa fosse ancora ambiguamente
affiancata al suo fenomeno pi originario, come si riscontra, ad esempio, nel libro 10
della Metafisica. Il momento attuale, nel quale la tecnica domina, si raccoglie
completamente nella forza dellinizio, che ha inteso la verit come correttezza, limitandosi
a portare alle estreme conseguenze quel primo fondamentale passo: non c stato alcun
progresso, o evoluzione, a livello essenziale, si pu parlare piuttosto di una riaffermazione
radicale della profonda appartenenza metafisica dellet delle macchine alla propria antica
origine. La mancanza dellessere, nel tempo della povert, legata infatti a quelloblio
iniziale che avvenne gi necessariamente in Platone ed Aristotele. Di pi: solo adesso
che dellessere non ne pi niente, che stata cio dimenticata la mancanza dellessere
in quanto mancanza, si pu cogliere, nella risonanza di ci che nellinizio rimasto
impensato, quello che degno di essere domandato (Fragwrdigste).
La nostra epoca storica ha il compito di porre la domanda sullessere perch, nelloblio che
dimentica se stesso, il senso delloblio si dispiegato in modo completo, e dunque stato
guadagnato il punto pi perspicuo sulla perdita. Allo stesso tempo, per, questa postazione

23

anche la pi necessaria nel porre la Seinsfrage: poich il negarsi dellessere si presenta


ora quanto mai lontano dallillusione di un sua possibile soluzione, si ha lopportunit di
pensare lessere in base alla necessit del suo abbandonare, senza riconoscere
nellabbandono il carattere difettivo di uno o pi impianti di pensiero affermatisi nella
storia della metafisica, bens cogliendo il bisogno nellessere, in s, di andare via da s.
Il salto che parte dallimpostazione dellinizio greco non si allontana nellignoto ma si
dirige verso quello stesso momento in cui lessere ha fatto la sua pi fulgida comparsa
nascondendosi; si volge al primo inizio, eppure ci a cui tende non potrebbe in alcun modo
essere una semplice ripetizione di quanto gi stato. Ci che si ha di mira , infatti, il nonaccaduto, ossia la ricerca, oltre la manifestativit dellente, dellintima connessione dello
svelamento con il velamento.
La meta dunque un altro inizio, il quale coincide con lappartenenza allaperto cantato
da Rilke.
La misura del salto viene data dallobiettivo, lapprodo il riferimento ma anche,
paradossalmente, la base, perch si ha in vista lappartenenza allorigine (Ur-sprung). Di
conseguenza, avere nella meta il principio autentico fa s che si prenda fondo in qualcosa
che ancora non c, che pu essere in qualche modo individuata sebbene manchi. Il
movimento assume cos un sviluppo circolare mostrando una dinamica sottesa al passaggio

24

tra i due inizi, insita tanto nel fondare quanto, primariamente, nel modo in cui il nostro ci
corrisponde allevento dellessere: muoversi a partire dallassicurazione di un terreno
significa primariamente andare via da essa
Il compito richiesto a chi si trova nellavvento di una scaturigine quello di sopportare
linizialit. Di fronte al rischio preteso lardire di fondare il fondamento, il che
comporta

il consentire alla filosofia di seguire il proprio corso; nellisolamento del

principio non vi nessun sostegno, se non in un senso particolare il destino, cio la


conformit alla natura, allordine intrinseco, alla necessit, in base alla quale si lascia che la
filosofia sia fondante. Obbedire al destino rende il fondare, nel suo dispiegarsi,
completamente estraneo allarbitrio di una mancanza di giustificazione, anche quando,
nellassenza di un appiglio, si afferra solo a se stesso. Pertanto il salto che sopporta
laperto, pur essendo compiuto nella distanza rispetto a ci che primo, in questa distanza
anche, tramite la costrizione del Geshick, nella prossimit dellinizio.
stato gi riconosciuto il fondamento ultimo nell apertura dellesser-ci, laperto che viene
ora nominato, come suggerisce facilmente la parola, da un lato ci che viene dischiuso
allapertura ma al contempo aggiunge qualcosa di non implicito nella forma verbale del
participio: Heidegger pone in secondo piano la deiezione e la trascendenza, per designare
con la parola il non oggetivizzabile per eccellenza nonch lappartenere allevento del

25

dileguare indugiante dellessere. Linsieme che prima si poteva cogliere nellordine di un


orizzonte, ora delineato nei propri contorni dallaccecante bagliore di un fulmine e
dalloscurit che ne segue. Heidegger si orienta infatti verso levento come parola chiave
del proprio pensiero.
Nella posizione della coappartenenza delluomo allessere dellevento-appropriazione, il
fondamento si mostra in una determinazione ulteriore.
Heidegger collega, infatti, allEreignis un tratto dellenergheia, tradotto stare-in-opera, e
dellentelechia, aversi nella fine. Eignung, per il filosofo tedesco, dice la dynamis
aristotelica, attitudine come un modo di venire alla presenza, quindi Er-eignis/Ereignung rendere possibile che solo in virt del proprio divenire, solo in quanto non
ancora gi.
Si pu affermare quindi che il fondamento in ultima analisi il rifiutarsi dellessere e la
possibilit suprema.
Con lanalisi dei concetti heideggeriani di comprensione e di fondamento stato dunque
delineato il contesto problematico a partire dal quale il viene pensato: Il
raccoglie ogni cosa in ci che generalmente fondato [grnded] e raccoglie ogni cosa a
partire da ci che unico giustificando la fondazione [begrndend].

26

3 - Ordine e dovere

3.1

Il problema della regola

La comprensione si fonda nellunione separante e nella separazione unificante dellin


quanto apofantico. il colpo docchio.
Al sorgere del significare noi ci troviamo per cos dire a casa nel mondo: nellinsieme dei
collegamenti, dei rimandi che si mostrano gi nel vedere senza guardare, viene affermato il
senso come sfondo, si cammina in esso come in un luogo, il mondo, appunto. Cogliendo il
mondeggiare si riuniscono le cose in un raccoglimento, il quale, a sua volta, praticabile
solo ammettendo una differenza, tra le stesse cose, tale che la loro molteplicit non possa
essere mai del tutto perduta in ununificazione.
Chiarificando la dinamica del

Heidegger delinea un ordine. Ci non avviene

semplicemente perch lesplorazione filosofica di qualsiasi tema imponga inevitabilmente


di comporre una questione nella purezza di schemi teorici, ma ha una valenza ulteriore, non
scontata. Si tratta anzi di ordine nel modo pi estremo, la cui costituzione implica forse la
distanza del filosofo rispetto agli scritti giovanili di Nietzsche e al suo Dioniso.
Nel comprendere emerge la mondit, cio lassetto del mondo, la comprensibilit quindi
il riconoscimento di una regolarit: attraverso lordine, il mondo chiarisce il proprio

27

movimento, diventa ci che perch viene compreso in quanto ci che , ha una forma ed
un limite perch, anche se appena accennata, una regolarit lo pervade.
Parlare di regola, tuttavia, particolarmente ambiguo. Sia linterpretazione tradizionale
del , sia quella originaria Heideggeriana potrebbero infatti essere espresse tramite
questa stessa parola, se le sue diverse accezioni non venissero esplicitate.
Cosa si comunica, dunque, nella comprensibilit, circa la configurazione di una legge o
regola?
Viene colta generalmente una distinzione tra un regolatore ed un regolato, rispetto ai quali
si pu intendere come regola tanto linsieme di entrambi, considerati come esempio,
modello, quindi norma e perci regola, quanto il rapporto che tra i due poli intercorre,
cio il regolare. Regola pu essere quindi limposizione di un ordine a qualcosa; la
descrizione di tale comando, cio una formula; oppure lo scaturire, lessere in atto,
efficiente dellordinare (nel duplice significato di configurare e di governare).
Del , come abbiamo precedentemente accennato, Heidegger non dice cosa
propriamente sia, ma sostiene che

28

Alla domanda che chiede che cosa sia il , c solo una risposta adeguata. Per noi essa suona: o
. 17

Similmente, per una regola che fosse al punto estesa da coincidere con il tutto (al pari del
v) non sarebbe giusto dire cosa essa sia ma, per coglierne lessenza, bisognerebbe dire
che essa regola.18

17

Saggi e discorsi, a cura di G. Vattimo, Mursia, Milano 1976, p. 150

18

Useremo, dopo le dovute spiegazioni, regola e legge come sinonimi. Heidegger, nel rivolgersi ad un ordine

originario, impiega in genere la parola legge (Gesetz), mentre con regola (Regel) si riferisce ad un ordine
positivo, come, ad esempio, quello scientifico. (Linizio viene raggiunto solo quando noi facciamo
esperienza della sua legge, che non pu diventare una regola, ma rimane unicamente di volta in volta lunicit
del necessario. [Domande fondamentali della filosofia, Selezione di problemi della logica, Mursia,
Milano 2003, p 38] o la disciplina ha il sopravvento sulla cosa di cui la disciplina tratta. Ci che proprio
della cosa non lo stabilisce pi la cosa stessa, la sua legge essenziale o il suo fondamento essenziale ancora
nascosto. [Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, p. 154]). Della legge il filosofo parla anche a
proposito del principi del pensiero (Conferenze di Brema e Friburgo, Adelphi, Milano 2002, p. 151) dove
essa legge in quanto Ge-setz, insieme di ci che posto.
In Italiano, tuttavia, non possibile una traduzione della forma verbale di legge: essa suonerebbe legiferare
o legalizzare. Pertanto, quando spesso si vorr significare il movimento ordinante, si user il verbo
regolare o ordinare.

29

Non si vuole banalmente sancire linsufficienza di ogni possibile descrizione riguardo ad un


oggetto eccelso, a cui si addica solo lauto-predicazione, si mira bens ad evitare il
laborioso affaccendarsi tipico proprio di un soggetto che la seconda accezione di regola
chiama in causa formalizzando la comprensione di un ordine. La formula che ne deriva
infatti una struttura operazionale vuota riferibile ad un contenuto: tra la formula ed il suo
possibile materiale presente una distanza perch si presuppone uno scarto tra un soggetto
che attribuisce la legge e un oggetto che la riceve.
chiaro che lo stile di pensiero che qui gioca quello della scienza moderna, e della logica
formale nella misura in cui le due dottrine condividono la loro impostazione. Ed
altrettanto ovvio che il problema della legge cos intesa, a seguito dalla separazione
rispetto alloggetto, non sostanzialmente quello di una eventuale arbitrariet nel compiere
il riferimento, giacch nessuno mette davvero in dubbio, ad esempio, che la gravitazione
universale si applichi alle masse. Il concetto di formula in realt inadeguato ad esprimere
il regolare nella sua vicinanza semantica al perch il che cosa, anzich essere
colto, viene appunto attribuito. In atri termini, attraverso la manipolazione operata dal
linguaggio della scienza la cosa viene resa comprensibile e quindi piegata alluomo, o

30

meglio alla volont delluomo la stessa volont che, ad un livello pi profondo, per
mezzo delluomo, si vuole. 19
Il legame tra il senso di regola che abbiamo menzionato per secondo e quello che si mostra
nellimporre un ordine piuttosto stretto.
Infatti cifre, quantit nel loro rapporto, valori possono apparire come uno scheletro da
infilare nella materia inerte al fine di articolarla e conferirle un comportamento osservabile,
ma ci che garantisce la funzionalit del processo una necessit attiva "per costruzione".
Si delinea, quindi, limposizione di un dovere al modo di unintrusione.
Rivolgersi invece a ci che nella regola il puro regolare esclude in partenza un ruolo per
elementi positivi o estranei allessenza, ma si pone il dubbio della effettiva percorribilit di
questa via, se cio in un certo modo lordinare sia impensabile senza una costruzione che lo
sostenga. Una risposta pu essere trovata nella trattazione heideggeriana del fondamento e
della giustificazione, i quali, in un certo senso liberano il per il suo raccogliere. La

19

La tecnica al tempo stesso lorganizzazione e lorgano che vuole il volere per il volere [Willen zum

Willen]. Le stirpi umane, i popoli e le nazioni, i gruppi e i singoli sono dappertutto soltanto voluti da questa
volont e non certo di loro iniziativa, vale a dire non traggono da se stessi lorigine e il centro di questo
volere, bens sono solo i suoi esecutori spesso perfino riluttanti. Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano
1993, p. 127

31

possibilit della terza accezione di regola per sancita, ancora prima di ricorrere al
paragone con il che non vogliamo presupporre , se ad essere in questione una
regola totale: lordine articolato non deve ricercare la propria origine in un soggetto
osservatore che istituisce un dovere poich la legge cos estesa che cade essa stessa sotto
il proprio governare.
In tal senso si pu spiegare il capovolgimento/riappropriazione compiuto da Heidegger
rispetto alla definizione aristotelica di uomo, da = a =
. 20 La struttura della comprensibilit del mondo comprende
anticipatamente ogni possesso umano. La legge il mondo stesso colto nel proprio
automovimento "vincolato".
Interpretando la regola nel suo vigere non si aggiunge nulla che non sia gi parte del
regolare stesso. dunque ugualmente sbagliato rappresentarla, ad esempio, come un
qualcosa che unifica, o -per cos dire- attraverso un filtro negativo, come lessere unificato
di ci che unificato: il regolare avviene nel margine di ci che qualcosa. Il limite che

20

Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.

181

32

cos viene costituito non un semplice irrigidimento nella immobilit della sicurezza, ma
nella sua linea di confine si avvicina al senso greco di :

il fisso ha qui il significato del delimitare, del lasciar essere nei propri limiti (), del tracciare un
contorno. Nel senso greco, il limite non imprigiona, ma, nel suo esser-prodotto, immette lesser presente nella
sua apparizione. 21

Il regolare dunque ci che nella differenza tra le cose che regola, originando allo stesso
tempo tale differenza. E altrettanto viene delineato a proposito del :

Il suo posare stesso , nella dia-ferenza, ci che regge. 22

Osservando, tuttavia, la questione concretamente come se la regola sparisse dentro alle


cose, senza lasciare traccia, oppure, il che paradossalmente lo stesso, sembra che siano le
cose a sparire, lasciando emergere solo il loro senso ossia la coerenza, la regolarit che la
legge esprime. Se, dunque, per limite si intende una separazione, essa non pu essere
situata tra la regola e le cose: la regola in un certo senso sola, essendo le cose gi regola
poich il loro essere posto dal senso che essa determina. Il significato di una legge,

21

Sentieri interrotti, a cura di P. Chiodi, La nuova Italia, Firenze 1997, p. 66

22

Saggi e discorsi, a cura di G. Vattimo, Mursia, Milano 1976, p. 151

33

quindi, non va inteso come il limite nel modo di un confine esterno, un contenimento, ma
come il tratto fondamentale del modo di essere, dellarticolazione.
Se si ricerca invece un confine, lo si pu trovare rispetto allessere-completamente-estraneo
al senso della regola. Questa totale alterit non esperibile in s, altrimenti sarebbe
compresa, ma viene ammessa nella maniera di un prima nella domanda riguardo
allinspiegabile origine del darsi di un senso. Il significare non infatti linsieme di un
percorso graduale, ma c un primo momento in cui il senso si da, per cos dire, dal nulla.
Nellinquietante contiguit di ci che separato da un confine abissale avviene dunque un
passaggio, sebbene laldiqu di questo passaggio sia, fin dallinizio, governato da un
ordine. Capire cosa sia lAltro pertanto precluso, ma il fatto che lordine e lAltro
condividano il proprio margine permette di cogliere lalterit dal punto di vista del per noi.
Ci che quindi misterioso e Fragwrdigste, nellorigine, riguardo alla legge, proprio la
necessit che la fa essere tale legge. Questa costrizione per noi il darsi dellalterit e, al
contempo, lessenza del regolare.
Nellanalisi del , il dovere in questione sar, allora, il criterio selettivo con cui leggere
la ricostruzione della storia della logica, e quindi della filosofia in toto, operata da
Heidegger.

34

Non ignoriamo che, nel raggiungere questo punto di vista, venga compiuta una
semplificazione rispetto allinsieme delle determinazioni del : il da noi
chiarito, infatti, a partire da una delle diverse accezioni del regolare. Tale scelta, tuttavia,
non dettata dal bisogno di cercare un sinonimo che sostituisca la nostra parola guida,
sebbene anche una traduzione qualora possibile potrebbe essere utile a spiegarne il
significato; ma si fonda sulla convinzione che la restrizione del campo semantico compiuta
con lordinare, il regolare, comunichi lessenziale.
Non ignoriamo neanche che il filosofo rifiuta linterpretazione del come legge
universale, ma non a tale concezione che ci si riallaccia. Riferendoci al regolare nella sua
purezza, il concetto di legge viene inteso tramite una precisazione, una correzione: (1) la
legge non costruita, non positiva; (2) lapparire del suo ordinare dal nulla, senza un
appiglio a qualcosa che la preceda; (3) non usata, perch non applicabile n nel senso di
, n nel senso strumentale del paradigma scientifico, che la impiega per penetrare
manipolativamente la Terra o per fornire giustificazione.
Nellinsieme delle connessioni evocate dalla legge, ha cittadinanza tanto il pensiero
normativo, quanto quello originario; per mezzo di essa il viene posto in prossimit
dellambigua origine da cui si sviluppato, nella storia della filosofia, anche lorientamento
che ha condotto alla chiusura del linguaggio logico-scientifico.

35

3.2

La mancanza dellessenza del regolare nella filosofia occidentale

Il nellantica Grecia aveva una gamma di significati molto vasta, alla cui radice
comune, come abbiamo segnalato precedentemente, 23 Heidegger pone il mettere insieme.
Ma di primaria importanza anche il suo valore di linguaggio (per cui non esiste alcuna
altra parola sostitutiva) nonch limpiego come discorso e, conseguentemente, come
enunciato.
Insieme, poi, alla designazione di questo o quel singolo significato, nelluso del termine si
prevede un riferimento a qualcosa rispetto a cui il termine agisca, in virt della costruzione
. Viene cos richiamato il carattere ostensivo legato allispirazione profonda
del v.
Allinterno della filosofia, il indica specificamente uno dei tre ambiti in cui si
struttura la conoscenza: , accanto alla ed .
La tripartizione, secondo Sesto Empirico (Adv. Mathematicos VII, 16), fu esplicitata per
la prima volta da Senocrate, sebbene, di fatto, essa veniva rispettata gi a partire da
Platone. 24

23

Cfr tesi, II.

24

Logica, il problema della verit, trad. di U.M. Ugazio, Mursia, Milano 1986, p. 5

36

Fino ad oggi questa suddivisione rimane generalmente valida, tuttavia lampiezza e la


profondit che si dischiudono alle attuali dottrine della fisica, delletica e del
rispecchiano la codificazione, in senso riduttivo, di cui le parole greche di riferimento
(, , ) sono state oggetto nel corso della storia.
Allo scarto generato dalla differente interpretazione dei nomi delle varie scienze, va poi
aggiunto lulteriore mutamento di prospettiva che investe anche il loro stesso essere
scienze, cio :

Che cosa significa ? Il verbo corrispondente , vale a dire porsi qualcosa di fronte,
trattenersi presso di esso e stargli davanti affinch si possa mostrare. [] Traduciamo quindi con
avere un sapere di qualcosa [Sich-auf-etwas-verstehen] . 25

lessenza tecnica della scienza moderna a segnare notoriamente, per il filosofo, la


differenza fondamentale rispetto alla conoscenza antica, nonostante tra le due concezioni ci
sia anche un nesso di derivazione.
In un modo che bisogna approfondire c infatti ancora un nucleo di nella
Wissenschaft, anzi, lo sviluppo sproporzionato della tecnica porta a maturazione una
connessione originaria rispetto alla .

25

Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, pp. 126-7

37

Nelletimo di risuona il verbo (generare), il quale pone in risalto laspetto del


portare fuori proprio di una generazione (ci si rileva, ad esempio, nella parola
architetto: da questultimo, in quanto l di un , nasce qualcosa come un
progetto 26 ).
A differenza del generare naturale, per, usato in Greco per indicare unattivit
creatrice tipicamente umana, per mezzo della quale qualcosa viene posta nel non
nascondimento, e non scaturisce unicamente da s, nella maniera della natura. Essendo
questo immettere, la tecnica lorientamento che lo dispone e che, come proprio
carattere fondamentale, sa gestire il rapporto con il non nascondimento. Si mostra cos un
una capacit, simile ad una astuzia, che non ha nulla a che vedere con la moderna
mobilitazione totale (Ernst Jnger). 27

26

Ivi, p. 133

27

Nel sapere della rientrano contemporaneamente arte, mestiere, abilit e furbizia, come avviene, ad

esempio, per linglese craft.


Nellattuale comprensione della tecnica, sono ancora mantenute alcune di queste sfumature, tuttavia si pu
cogliere una opposizione totale tra antico e moderno laddove nel primo si indica una manualit, mentre nel
secondo un impiego impersonale.

38

Come si posta allora, alla luce del senso greco di scienza, l ?


La filosofia ha elevato a sistema una dinamica gi presente nellesperienza generale del
, anche ad un livello comune ed immediato.
In base alla struttura del -, nello stabilire, nel contrapporre, nel misurare
quotidiano, un ordine sensato appare sempre riferito a qualcosa e, pertanto, individuare
lente con ragionevolezza al contempo far vedere ci a cui ci si riferisce, nel suo essere
compreso.
Il carattere apofantico poi, il mostrare, subisce dispiegandosi un lieve, eppur importante,
mutamento: diventa il dimostrare. Un ragionamento, e quindi il discorso in cui si esprime,
devono poter dare prova del proprio fondamento.
In egual modo, nella scienza logica, si manifesta una necessit di fornire ragione,
.
Il corrispettivo filosofico del comune bisogno di giustificazione per, molto di pi di una
semplice versione teorica di un uso della lingua. Piuttosto limpostazione data dal pensiero
platonico-aristotelico rappresenta quellinizio rivoluzionario, il primo inizio, che sancisce la

La tecnica alla greca anche, pi in generale, uno dei tratti dello stile di pensiero heideggeriano, riconosciuto
da Derrida nell artigianalit, del tutto particolare, con cui si dispiega. (Confronta La mano di Heidegger, J.
Derrida, Laterza, Bari 1991.)

39

fine della filosofia greca e linizio della metafisica. Il senso del dare ragione dunque
dipeso da tale determinazione, e pi in particolare dal modo in cui stata posta la domanda
metafisica fondamentale sulla verit: non stata interrogata lessenza della verit, bens

il vero sul quale sono posti il nostro agire ed il nostro essere. 28

Lorizzonte della domanda quindi lessere dellente. La verit di un ente la sua


ostensione, lessente gi la pi semplice e forte dimostrazione di s.
In questo contesto la verit come adeguatio prende forma, ma non viene per fondata, non
ve ne bisogno proprio per la particolare posizione dellinizio: Aristotele non doveva
dimostrare lesser vero dell , poich egli viveva dentro alla verit in cui tale
evidenza si disvelata, cio la verit come disvelamento, l -.
La risposta alla domanda che chiede il fondamento dellessere dellente la ricerca
dellessenza.
Aristotele determina lessenzialit in quattro modi: il generale, la provenienza, ci che
rispetto alla cosa precedente e ci che le soggiace in quanto fondamunto; ma la risposta

28

Domande fondamentali della filosofia, Selezione di problemi della logica, Mursia, Milano 2003, p. 35

40

pi propria al cos, nonch la formulazione pi carica di conseguenze per la storia della


metafisica in cui i quattro modi si unificano , lidea.

Lessenza quel qualcosa che . E quel che il caso di volta in volta singolo lo incontriamo come quel che,
nel rapportarci a questo singolo caso, di volta in volta abbiamo nello sguardo. [] Una cosa vista quando si
vede cosa essa sia, il che cos, lessenza. Lessenza di una cosa quindi lidea, e inversamente: lidea,
ossia la cosa quando vista in questo determinato senso, laspetto offerto dalla cosa in quel che essa ,
lessenza della cosa. 29

chiaro che, in conseguenza di queste premesse, una fondazione nel senso consolidato non
esiste:

Fornire [] la prova, mostrando nella sua essenza la cosa stessa nominata, ovviamente il modo pi sicuro
ed immediato di procurare allenunciazione il fondamento su cui poggia quel che essa dice, coincidendo quel
che essa dice con quel che si anticipatamente mostrato. 30

Per provare ci che ai Greci era gi chiaro, si ricorre quindi allidea, cercando in essa una
base per il fondare che originariamente volto allaperto, ma il dare fondo consisteva

29

Ivi, p. 52

30

Ivi, p. 59

41

appunto, in quanto idea, nel condurre anticipatamente allo sguardo lessenza, portandola
fuori dal suo essere nascosto. 31
Si pu ora cogliere come il a cui Heidegger collega l abbia, nel processo
del giustificare, uninfluenza decisiva, poich la giustificazione pro-duce la cosa a partire
dal velamento.
A causa della propria particolare posizione nel-mezzo dellente, come il custode del nonnascondimento, luomo non si pu adeguare alla misura della con lessere
semplicemente egli stesso. Per commisurarsi alla natura e comprenderla si
presuppone un distacco nei suoi confronti, sebbene, attraverso di esso, sia alla natura stessa
che ci si volge.
La tecnica quindi il sapere che comprende la cosa nel suo manifestarsi a partire dal
velamento, vale a dire, il sapere che coglie laspetto, l, lidea, tramite un produrre ed
un approntare, in corrispondenza alla totalit dellente nella quale luomo insediato.
Il modo di procedere di questo sapere per pu non dirigersi solo verso la comprensione
della :

31

Heidegger riassume in una sentenza il proprium dellapproccio greco: Gli antichi greci pensano con gli

occhi, ossia con gli sguardi. Conferenze di Brema e Friburgo, Adelphi, Milano 2002, pp. 141-2

42

Nellessenza della come lavanzante ed allestente lasciar-imporsi il non-nascondimento dellente,


essenza richiesta dalla stessa, c la possibilit dellautonomia, della posizione di fini diversi e quindi
delluscita della svolta necessaria della necessit iniziale. 32

La perdita della necessit iniziale coincide con la trasformazione dellidea in semplice


criterio e con loblio della verit come -, della quale si perde sia la tonalit emotiva
fondamentale sia la sua traccia nel linguaggio (si pensi alla veritas latina e alla Wahrheit
tedesca).
Lautonomia della tecnica, rispetto a ci a partire da cui, in precedenza, riceveva la misura,
investe lidea del compito di fornire la misura a sua volta e di essere quindi un modello, un
metro. Ma assumendo preliminarmente che sia ora un criterio in quanto tale a dare
levidenza, la giustificazione di questo procedimento pu essere trovata solo in base
allevidenza prodotta da un altro criterio; ed il canone dei canoni, lidea delle idee a cui in
questa maniera si giunge lidea del bene.
Il modo in cui Heidegger interpreta tale nozione si discosta dallesegesi platonica
tradizionale:

32

Domande fondamentali della filosofia, Selezione di problemi della logica, Mursia, Milano 2003, p.

127

43

Il significato autentico di : ci che idoneo a qualcosa e rende idoneo qualcosaltro con cui si possa
iniziare qualcosa [] non ha niente a che vedere con il significato del bene morale. 33

Nella filosofia platonica, dunque.

L il normativo come tale, ci che conferisce allessere la potenza di essere (wesen) come idea
come modello. 34

Nel criterio, che ha cos perduto il legame rispetto alla necessit iniziale, non si verifica
per unassenza di necessit, ma una diversa disposizione di essa: il modello impone infatti
il bisogno di essere corrisposto nel modo pi vincolante e rigoroso.
Tale mutamento risulta quindi in un rovesciamento rispetto al pensiero originario in cui si
fatta esperienza dell -: lidea non pi la suprema ostensione dellessere, nella cui
verit luomo si trova preliminarmente, ma il criterio a cui lessere deve ognora innalzarsi
per ottenere una legittimit che, invece, non gli pi riconosciuta.
Finalmente il ribaltamento compiuto dall ci pone di fronte alla comparsa
di quel dovere tratto originario del regolare che abbiamo posto come criterio selettivo
per ripercorrere linterpretazione heideggeriana della storia della metafisica. 35

33

Lessenza della verit, a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano 1997, p. 133

34

Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.

201

44

La limitazione dellessere rispetto al dovere, per il filosofo, appartiene interamente allet


moderna; 36 nella caratterizzazione greca dell come possibile individuarne
solo una lontana prefigurazione. A differenza delle altre tre limitazioni 37 , che furono
riconoscibili gi a partire dallaurora del pensiero occidentale, questa prese piede
storicamente pi tardi, eppure anchessa, come le altre, appartiene in modo insolito
allessere:

Avvertiamo in queste formule qualcosa di pertinente in certo modo allessere, proprio in quanto da lui
differente, perlomeno come suo altro. 38

Infatti, anche nellautonomia di una impostazione capovolta, nella quale il fondamento


ultimo sia posto in alto, oltre lessere,

lessere stesso che, proprio per via della sua specifica interpretazione come idea implica il riferimento a
qualcosa di esemplare, di dovuto. 39

35

Cfr. tesi, III, 1, p. 33.

36

Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.

105
37

Essere e divenire, essere e apparenza, essere e pensiero.

38

Ivi, p. 103

45

Lobbligo percepito dalluomo viene giustamente esperito, per la prima volta, solo quando
la verit non pi presupposto ma risultato, e ci avviene perch quello che si esperisce
non un semplice dovere, invece un dovere estraneo rispetto allessere/natura dellente.
Ci nondimeno una coniugazione di obbligo va ammessa come pertinente in certo modo
allessere, fin dallinizio, in quanto possibilit della propria estraneit, nello stesso modo
in cui la negazione dellessere implica la propria donazione epocale.
Anche nellessere-nel-mondo greco si attestava, dunque, un senso di dovere e si pu
supporre che fosse egualmente efficace ma non emergeva, poich era inevitabilit, stato
di cose. Il vincolo di ci che semplicemente si d non pu essere percepito come dovere:
non c obbligo, n costrizione. Per incontrare fenomenologicamente unimposizione
ignota bisogna trovarsi (involontariamente) a contravvenire al suo ordine, suscitando cos
una opposizione, una resistenza, un no insomma, solo a seguito del quale diviene
possibile interrogarsi sul senso della negazione ricevuta, e quindi sulla necessit del suo
prodursi.

39

Ivi, p. 201

46

Quando qui parliamo della necessit come di quel che rende necessario quel che dotato, nella sua necessit,
della struttura pi alta, non intendiamo parlare di miseria e di carenza. Tuttavia pensiamo a un non, a qualcosa
che contiene una negazione. 40

Per luomo moderno, nel tempo dellabbandono dellessere, il non il presupposto di un


dover-essere, non semplicemente il segno di una mancanza. Qui la negazione dellessere
ordina e determina, imponendosi perentoriamente come necessit (della mancanza di
necessit).
Il punto di vista che ha guidato lanalisi si trova ora di fronte a un ostacolo.
Abbiamo iniziato a interrogare la ricostruzione heideggeriana della filosofia occidentale
alla ricerca di un carattere di dovere, che appartiene allessere del . Come risultato,
per, il carattere in questione apparso, fin dallinizio, in una forma derivata, positiva,
separato ed estraneo rispetto alla legge essenziale della cosa.
La prima conseguente considerazione che dovere non la parola con cui il filosofo
designa quello che cerchiamo ammesso che egli dia a ci una parola, e che quindi essa
non diventi necessaria solo in una tesi su Heidegger (una interpretazione potrebbe infatti

40

Domande fondamentali della filosofia, Selezione di problemi della logica, Mursia, Milano 2003, p.

108

47

scuotere, 41 per comprendere, il linguaggio heideggeriano, il quale si riassesterebbe, per


forza, in maniera minimamente sfalsata).
Non infatti nostra intenzione ignorare le diverse prospettive, i diversi interessi alla base
della sproporzione che in Introduzione alla metafisica, ad esempio, oppone le quattro
pagine della limitazione essere-dovere alle settantacinque di essere-pensare. Non
intendiamo pertanto scegliere luna strada anzich laltra. Ci non sarebbe neanche
possibile, poich

tali diversi punti di vista non sono contraddittori ma coesistono

corrispondendosi.
Per di pi, oltre a non poter trovare una formulazione originaria della cogenza
dellordinare, riscontriamo anche che il dovere estrinseco, dopo la prima attestazione, si
afferma sempre pi saldamente.
Il momento chiave per lo sviluppo di questo obbligo nella metafisica rappresentato da
Kant. Limpronta del XVIII secolo incide infatti profondamente tanto sul percorso della
filosofia in generale, quanto sulla logica nel suo rapporto con la metafisica. 42 Cos il

41

Cfr. Gesamtausgabe LXV, Beitrge zur Philosophie (Vom Ereignis), Klostermann, Frankfurt am Main,

1989
42

La rivoluzione del modo di pensare operata da Kant in filosofia, ha trovato il suo compimento proprio

nellambito della logica. Il passo decisivo [] il passaggio dalla logica tradizionale ad una nuova

48

dovere, sebbene non sempre esplicitamente, risulta definito nel sistema della conoscenza ed
ottiene una collocazione ancora parzialmente valida.
Rivolgiamo dunque lattenzione al modo in cui Heidegger situa Kant allinterno del
paradigma platonico aristotelico (prefigurazione della limitazione essere dovere).
Linterprete parte dal respectus logicus, l posta tra soggetto e oggetto, e osserva un
iniziale appiattimento della copula sul senso di relazione. Successivamente, per, individua
nella la prima critica, in risposta alla problematicit delle proposizioni assolute (del tipo
Dio ), una nuova determinazione dellessere, riferita significativamente ad una unit
logica:

la particella copulativa mira appunto a distinguere lunit oggettiva di rappresentazioni date, dallunit
soggettiva. 43

In La tesi di Kant sullessere, alllunit originariamente sintetica dellappercezione viene


attribuito il collegare e raccogliere del greco:

logica, a cui Kant assegna il nome di logica trascendentale. Esplicitamente o implicitamente essa [la
logica] soprattutto la via e la dimensione del pensiero metafisico. Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia,
Milano 1993, pp.152- 153
43

Segnavia, a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano 1987, p. 407.

49

[Lappercezione] contiene il fondamento stesso dellunit di diversi concetti in giudizi, e perci [il
fondamento] della possibilit dellintelletto, persino nel suo uso logico. 44 (Critica della ragion pura)

Heidegger ne riassume il significato in questo modo:

Appercezione significa: 1. Essere anticipatamente presente, in quanto elemento unificante, in ogni


rappresentazione. 2. In tale anticipazione dunit, essere ad un tempo legati allaffezione. Lappercezione cos
intesa il punto pi alto nel quale (an dem) si deve fissare lintera logica. 45

Nel a priori, a cui si allude nel punto 1, sentiamo risuonare il vedere-di-vedere proprio
dell greco, nel quale si arroccato il senso di criterio, mentre nel punto 2 viene
chiaramente richiamata lidea del bene come fondamento ultimo.
Il fondare dellappercezione trae i suoi contenuti da un noumeno in senso negativo, ossia
la x che solo pensato come ci che sta a fondamento delloggetto fenomenico. Lessere
cos separato dalla ragione e per essere esperito, conoscibile, per avere alcun valore, deveessere sempre altro, e cio pensiero:

Lessere e le sue modalit devono potere essere determinati a partire dal loro rapporto con lintelletto. 46

44

Ivi, p. 408

45

Ivi, p. 409

46

Ibidem (corsivo mio)

50

Pi in generale, tuttavia, questa determinazione dellessere si verifica sullo sfondo di quella


comprensione metafisica che oppone un essere degradato, visto come natura appetitiva, al
dovere (Sollen) dellimperativo categorico.
Heidegger, analizza i postulati del pensiero empirico in generale di Kant per spiegare
propriamente le modalit dellessere nel pensiero critico. Egli considera tali postulati
come principi, Grund Satz (proposizioni fondamentali), fondamenti, e quindi come il
punto pi alto del pensiero. 47

Tralasciando il chiarimento del titolo postulati, ricordando per che questo titolo si ritrova nel punto pi
alto della metafisica kantiana vera e propria, l dove si tratta dei postulati della ragione pratica. 48

Ossia nel punto in cui viene posto al vertice della filosofia una nozione di libert
inseparabile dalla stretta necessit di attenersi ad una legge. Vedremo in seguito che questa
idea si riveler utile a fare chiarezza sulle nozioni heideggeriane di necessit e di libert.
Il passo successivo, ed ultimo, viene compiuto nel XIX secolo: lessere inteso al modo della
filosofia critica, ossia loggetto sperimentabile per le scienze, viene interpretato come
valore.

47

Ivi, p. 412

48

Ivi, p. 413

51

Si ribadisce quindi pi direttamente il ruolo del dovere in quanto criterio base :

Il dovere deve sostenere la sua pretesa. Deve tentare di fondarsi in se stesso. [] Qualcosa come un dovere
non pu che emanare da ci che in se stesso in grado di avanzare una tale pretesa, da ci che ha in s un
valore, che esso stesso un valore. 49

Il valore nasce in opposizione allessere, poich esso non propriamente, ma vale,


tuttavia si finisce proprio con lidentificare i due opposti. Platone intese lessere come idea,
lidea come modello ed il modello come ci che d la misura; il valore cos, dal momento
che d una misura, viene equiparato allessere. In realt per esso esprime solo una vaga
forma di sussistenza, e pertanto

quando si arriva a parlare di un essere dei valori si arriva al colmo dellinconsistenza. 50

In Nietzsche, infine, il filosofo in cui si mostra il compimento della metafisica, la suddetta


confusione ontologica ormai radicata gi il sottotitolo del suo progettato opus magnus,
La volont di potenza, suona infatti, significativamente, saggio di un rovesciamento di
tutti i valori.

49

Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.

202
50

Ivi, p. 203

52

4 - Il progetto di una ridefinizione del pensiero rigoroso ed il confronto con il ragionamento


normativo
Nel primo paragrafo abbiamo equiparato il mettere insieme ad un ordinare, la cui necessit
si mostrata degna di essere domandata. Nel secondo abbiamo osservato che la necessit
del v viene posta in modo autonomo dalla componente tecnica del sapere filosofico.
Esaminiamo ora le conseguenze concrete di questa posizione nel tipo di ragionamento che
ne risulta determinato.
Dallinterpretazione platonica del alla volont di volont nietzscheana la filosofia
occidentale ha rivelato una specificit, che la ha distinta rispetto allo stile di pensiero delle
altre civilt, nonch rispetto agli stessi pensatori greci dellorigine; e ha avuto anche
ununit, che ha accomunato tutte le sue tappe interne, mostrandosi in pensatori e stili di
pensiero apparentemente inconciliabili tra loro, da Tommaso dAquino a Hegel, da Cartesio
a Nietzsche. Heidegger riconosce o pone, a seconda dei punti di vista questo carattere
fondamentale, e lo indica con la parola metafisica.
Limpiego ampliato del nome della filosofia prima lascia gi intendere che il filosofo
ripudia il suo significato consueto.
Per le esigenze del nostro lavoro siamo costretti a rinunciare in partenza ad un
approfondimento esaustivo di cosa sia metafisica per Heidegger. Ci limiteremo a

53

considerare il modo essenziale in cui essa determina il dispiegarsi del pensiero occidentale,
ci rivolgiamo quindi al suo essere fondativa vale a dire, al suo rapporto con il .
Il fondamento la base su cui possibile costruire una conoscenza certa. Il bisogno di
certezza muove lattivit della fondazione.
In quella che si pu interpretare come una semplice fuga dallarbitrio, o come la pi folle
aspirazione a una correttezza assoluta, si manifesta il bisogno di poter riconoscere il vero
dal falso, di distinguere il discorso, . La metafisica, ricorrendo al fondamento,
aspira a padroneggiare il tipo di pensiero pi rigoroso.
Abbiamo visto, nel paragrafo precedente, come linterpretazione del subisca un
cambiamento quando il dimostrare prende il sopravvento sul mostrare. Il fornire
giustificazione ( ) si adegua infatti allidea secondo il dovere che da essa
emana in quanto modello, un dovere estraneo. Il pensiero cos determinato il normativo
per eccellenza, ossia la logica, una costruzione formale perfetta che serve ad ottenere la
verit, la cui strumentalit viene ritenuta neutralit.

54

proprio a tale disciplina che la metafisica legata indissolubilmente fin dallinizio, 51 ed


tramite essa che la metafisica si muove nella dimensione della certezza.
Heidegger tuttavia nega che la certezza raggiunta comporti un maggior rigore e, al
contrario, la dottrina del corretto pensare segna, a suo parere, una decadenza rispetto al
originario.
Anch'egli afferma (1) il bisogno di un pensiero opposto nel modo pi netto all'arbitrio, e (2)
che questo pensiero per essere tale debba essere necessario, dovuto, sia soggetto quindi a
una coazione rispetto ad una legge inaggirabile. Lambito a cui si volge per un punto di
confine, che pu dialogare ma non si identifica propriamente con la metafisica: il di
Eraclito.
Ci chiediamo dunque: in cosa viene alla luce linsufficienza della logica? E quindi quali
dovrebbero essere invece le sue caratteristiche?
La questione non si riduce ad un discorso sul metodo ma gli esiti di tali domande
coinvolgono la filosofia nel suo insieme. Daltronde stabilire concretamente il modo in cui
una logica possa configurarsi in un pensiero stringente ma aperto, in opposizione e ai

51

Si pu dire che cos la metafisica solo chiarificando lessenza della logica. Ma nello stesso tempo

vero anche lopposto: che cos la logica si chiarisce solo a partire dallessenza della metafisica. Eraclito,
trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, p. 166

55

margini rispetto alla metafisica, un tema fortemente sentito da Heidegger, come


testimonia la ripetizione della domanda:

Comment sauver llment daventure que comporte toute recherche sans faire de la philosophie une simple
aventurire?. 52

Vogliamo qui analizzare la logica heideggeriana in rapporto alla logica formale.


Ovviamente non ci riferiamo a un presunto organon di un presunto sistema questa
possibilit viene rifiutata dallo stesso filosofo ma ci rivolgiamo soprattutto al tentativo
compiuto, nei semestri estivi 43 44, di giungere ad una logica originaria attraverso
linterpretazione di Eraclito. La breve nota introduttiva alle lezioni suona infatti:

Il semplice intento di questo corso di lezioni quello di raggiungere la logica originaria. La logica
per originariamente il pensiero del , se ad essere pensato il originario e se questultimo nel
pensiero presente per il pensiero stesso. 53

52

Domanda rivolta ad Heidegger da J. Beaufret, riportata in Lettera sullumanismo, M. Heidegger,

Adelphi, Milano 1995, p. 101


53

Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, p. 122

56

Prima di poter entrare nel merito dei frammenti eraclitei necessario presentare la
distinzione tra le due dottrine, ma spingeremo lesame solo fin dove ci richiesto dal
confronto, senza tentare qui un chiarimento definitivo.
Prenderemo quindi le distanze dalla logica usando il suo stesso stile: formalizzando in una
lista di punti e in un linguaggio non completamente heideggeriano le differenze tra il
pensiero del filosofo e lo studio dei metodi e dei principi per distinguere il ragionamento
corretto da quello scorretto. 54 Solo a partire da questa analisi sar possibile, nei capitoli
successivi, orientarci verso un pensiero determinato da una necessit originaria.

1 - Un pensiero non indifferente e separato da ci che pensa


La logica, allinterno della filosofia, ha tradizionalmente problematizzato aspetti metodici.
Pi precisamente, lanalisi logica, si rivolta e si rivolge ai meccanismi strutturali del
corretto pensiero, prima ed indifferentemente da una sua eventuale applicazione alle cose.
Una premessa dellapproccio logico dunque il distacco di ci che pensato da ci che .

54

(Manuale di logica): Introduzione alla logica, Irving M. Copi e Carl Cohen, Il Mulino, Bologna, 1999, p.

19

57

La logica, come enucleazione delle leggi del pensare e come istituzione delle sue regole, non ha potuto
nascere se non dopo che la separazione fra essere e pensare si era gi compiuta 55

Tale distacco a livello storico, si pu far risalire allorganizzazione del sapere nella scuole
platonica ed aristotelica. La logica ha d'altronde ancora un grande peso ed unampia
diffusione soprattutto nelle scuole, poich, non essendo collegata direttamente ai
contenuti delle questioni filosofiche, viene ritenuta propedeutica allesercizio del
ragionamento.
Heidegger, che ha spesso insistito sulla necessit di imparare a pensare, nel corso del
1925/26 ha distinto una logica scolastica tradizionale da una logica filosofante, 56
mantenendo comunque, per la logica, il compito di custodire il rigore del pensiero.
Per raggiungere il senso autentico della logica e criticare la concezione invalsa, egli
riconduce la dottrina del al stesso e quindi allo stadio del pensiero occidentale
in cui

la sola ed unica parola per essere e pensiero. 57

55

Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.

130
56

Logica, il problema della verit, trad. di U.M. Ugazio, Mursia, Milano 1986, p. 10

58

La fenomenologia si candidata a diventare una strada percorribile per fornire una visione
in grado di dare conto della compenetrazione dei due livelli ontologici, mostrando tanto i
contenuti noematici e le oggettualit in cui questi ultimi vengono costituiti, quanto gli atti
noetici costituenti.
Per allontanarsi dallarbitrio che appartiene tanto ad una normativit positiva quanto ad una
semplice descrittivit che presuppone delle norme anche quando si vuole attenere al dato
oggettivo Heidegger progetta negli anni venti di portare la fenomenologia alla vita. Il
motivo di una ermeneutica della fatticit la persuasione che il rigore del pensare sia
fornito dal riconoscimento della necessit che collega essere e pensiero.
La maggiore prossimit tra i due piani ontologici viene riscontrata nella grecit: allora la
loro interpretazione convergeva verso ununione

Di fatto ci imbattiamo in unoriginaria appartenenza di essere, e . 58

57

Conferenze di Brema e Friburgo, Adelphi, Milano 2002, p. 189

58

Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.

132

59

, per Heidegger, la parola con cui i Greci dicono lessere. Per gli antichi lessere ed
il sono il medesimo, come Parmenide afferma nel frammento V (
).
La coappartenenza dei termini nel medesimo, per, non si esaurisce nella mera uniformit
delleguale, la loro unione non semplice coincidenza ma turbamento. Essi corrispondono,
eppure devono differire.

La logica nomina in questo caso il luogo in cui di volta in volta si accende la contesa originaria tra pensiero
ed essere. 59

viene significativamente tradotto apprendere. Viene cos sottolineato un aspetto di


de-cisione che nel deve dare, in qualche modo, prova di s.

non pu qui ora significare linsieme raccolto (die Gesammeltheit), come connessione dellessere,
ma, in quanto tuttuno con lapprensione, deve indicare quellatto di violenza (umano) in forza del quale
lessere viene raccolto nel suo insieme. 60

Si ha, da una parte, lonnicomprensivo, inevitabile raccoglimento che forma il pensiero e,


dallaltra, il discernimento. Entrambi sono la , ma la contraddicono anche, come

59

Conferenze di Brema e Friburgo, Adelphi, Milano 2002, p. 189

60

Introduzione alla metafisica, traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000, p.

175 (qui ora si riferisce al primo verso del sesto frammento di Parmenide)

60

diventa palese quando un atto umano si procura lordine, sebbene esso non faccia altro che
approfittare della possibilit insita, fin dallinizio, nella libert di riconoscere e scoprire il
senso, ossia di ubbidirgli. Latto umano che si rappresenta una logica ha il fondamento
nellautonomia per il lasciar-imporre il non-nascondimento dellente, che si mostra
completamente nella tecnica, e che gi si manifesta gi in quellordine (della
comprensione) che lascia riconoscere lordine stesso.
Per violenza intende solo la forza del distacco, il modo autentico di praticarla consiste
infatti in un lasciare stare la coappartenenza dellessere e del pensiero. Il che lo
esprime infatti dice la loro medesimezza: .
In conclusione

Il pensiero non mai anzitutto logico perch segue le leggi del pensiero, bens queste leggi esistono come
principi perch il pensiero per natura logico, cio ponente fondamento (Grund-setzend), ed cos rinviato
al fondamento, vale a dire al inteso come lessere dellente. 61

Per il pensare, dunque, lessere logico non listituzione di una struttura migliorativa, ma ,
in realt, losservanza del , vale a dire il riscontro della medesimezza di essere e
pensare (che comunque rimane vero anche quando non la si riconosce).

61

Conferenze di Brema e Friburgo, Adelphi, Milano 2002, p. 189

61

2 - Un pensiero riflettente, non deduttivo


Il riflettere appartiene al pensiero in quanto tale, ed quindi comune tanto alla filosofia
della differenza quanto alla tecnica moderna.
Secondo Heidegger, ogni genere di pensiero non si limita ad autorispecchiarsi ma ruota
intorno a se stesso, ora in senso alto ora basso. 62 Egli ricorre allimmagine di un rilucere
reciproco del pensato sul pensiero e del pensiero sul pensato.
Nello specifico, per il ragionamento dellet moderna, che si preannuncia nell e che
entra completamente in gioco nellidealismo speculativo, si ha a che fare con un ripiegarsi
allindietro:

Da un lato ci [la riflessione] significa ripiegamento (Rchbeugung) su se stesso. Nella misura in cui il
pensiero, in quanto rappresentare, rappresenta qualcosa, in un certo modo appare a se stesso in ci che da
esso rappresentato e vi trova loccasione per ripiegarsi allindietro (sich zurchbeugungen), cio riflettersi sul
suo stesso rappresentare. 63

Con un lieve eppure decisivo cambiamento di prospettiva, viene opposto a questo un


diverso senso di riflessione che immette il pensiero nella relazione al proprio riflettere
(ripiegarsi):

62

Ivi, p. 178

63

Ivi, p. 176

62

Viceversa, nella misura in cui il pensiero esperito in quanto rappresentare che pone innanzi a s e porta
verso di s ci che presente, al pensiero appartiene la relazione riflessiva (Rckbeziehung) con se stesso,
vale a dire la riflessione. 64

Dunque lalternativa al primo tipo di riflessione unaltra riflessione, non un semplice


innalzamento o abbassamento del suo livello di profondit, bens una reinterpretazione
della profondit stessa come suo elemento. Die Tiefe infatti non viene pensata in
opposizione allaltezza ma relativamente allidea di una vastit che si apre occultandosi,
come pu essere quella di un bosco profondo.

Se per esiste qualcosa come un superamento della forma moderna della riflessione, ossia della riflessione
della soggettivit, questo superamento diventa possibile solo mediante unaltra riflessione. 65

Questa riflessione si dirige a ci per cui luomo ha una inclinazione e da cui egli amato ed
attratto. Ci rivolge alluomo un appello che lo richiama allamore per la propria essenza
(nel senso che chiede che essa sia mantenuta). Lorigine del richiamo tenuta e tiene
nellessenza solo se luomo la ri-tiene, non la lascia cadere dalla propria memoria.
Quello che nel pi profondo si ama quello che deve essere considerato (das zuBedenkende) e ri-tenuto, ossia raccolto nella memoria.

64

Ivi, p. 177

65

Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993. p. 139

63

Il pensiero rammemorante (Andenken) schiude laccesso al pensiero profondo.

Se per pensiamo agli oggetti nominati in quanto cose, cio li esperiamo rammemorando, essi non ci
rinviano alle nostre prospettive e rappresentazioni, bens accennano a un mondo in base al quale sono ci che
sono. 66

Il pensiero rammemorante, altrettanto quanto lorigine disconosciuta della logica segnano il


continuo sforzo di mantenere lessenziale, mentre la dottrina logica, e quindi tutto il
pensiero metafisico, ha preliminarmente individuato le proprie premesse, stabilendone in
anticipo il significato. Di conseguenza la garanzia del modo in cui si dispiega la correttezza,
cio linferenza, conduce efficacemente alla verit solo se quanto conclude gi implicito
nelle sue premesse. La verit suprema cos lautocoincidenza di una tautologia in senso
tradizionale (non un v ), ossia una chiusura e una ripetizione.

3 - Un pensiero che affronti il negativo ma non sia dialettico.


Per Heidegger la riflessione e la dialettica sono strettamente collegate:

Solo nella dimensione della dialettica vengono completamente alla luce il perch e il modo in cui il pensiero
riflessione. 67

66

Conferenze di Brema e Friburgo, Adelphi, Milano 2002, p. 177

67

Ivi, p. 116

64

La dialettica si affiancata alla logica fin dallinizio, in modo tale che anche a livello
linguistico, come ricorda il filosofo, il greco v rimane presente nel nome
dialettica 68 . Alla luce di questa presenza, il senso di viene indicato come:

Percorrere qualcosa mettendo insieme. Questo legen che percorre tutto, si dice in tedesco berlegen, che
significa: meditare su qualcosa e in tal modo attestare (belegen) ci che pensato. 69

Avviene cos un ripiegamento tra lattivit pensante di un io ed il suo prodotto, si delinea


un ambito in cui il pensiero raggiunge se stesso: il cogito ergo sum, con il quale, secondo
Hegel la filosofia pu finalmente dire terra!.
Heidegger tuttavia vede in questa delimitazione, che si verifica nel ripiegamento, la
parzializzazione a cui la dialettica non riesce a reagire.

Ogni dialettica il tentativo di integrare questa limitatezza del pensiero [], vale a dire di determinare il
pensiero in base a un intero della sua essenza razionalmente intesa. Tuttavia tale intero rimane pur sempre in
ultima analisi la luce senzombra della ragione e della soggettivit assolutamente certa di se stessa. 70

Il merito pi grande della dialettica, riscontrabile in un certo senso gi in Platone, quando


viene contravvenuto il divieto parmenideo di pensare il non essere, quello di affrontare il

68

69

70

Ivi, p. 138
Ibidem
Ivi, p. 175

65

negativo. alla forza del negativo che Hegel imputa il movimento del proprio pensiero,
il quale ne intriso cos profondamente da portare allabbandono, nella Scienza della
logica, del principio di non contraddizione.
La logica originaria condivide lesigenza di affrontare il negativo, ma non il modo in cui
tale bisogno viene interpretato dalla dialettica.
Come gi emerge in Essere e tempo, la negazione non si radica al livello di un rapporto
difettivo tra gli enti, ma il no che arriva allesserci dal proprio silenzioso e angosciato
essere colpevole, vale a dire:

Essere fondamento di un essere che determinato da un non, cio essere fondamento di una nullit. 71

C dunque una negazione, la pi fondamentale e spaesante, nello stesso abbandono


dellessere.
Ci segna la lontananza di Heidegger dal superamento del negativo che si verifica quando,
nella dialettica, la negazione viene compresa nel sistema. 72
Per cogliere il senso dellineliminabile immanenza del no illuminante linterpretazione
della tragedia in Nietzsche, la critica mossa dal maestro delleterno ritorno alla catarsi

71

Essere e tempo, a cura di P. Chiodi, Longanesi, Milano 1970 (XIV ristampa), p. 343

72

Cfr. punto 6

66

aristotelica: in essa manca un avvicendamento delle passioni volto alla soluzione finale, ma,
al contrario, viene affermata lappartenenza del terribile al bello. 73 Il pensiero tragico viene
cos opposto allottimismo dialettico di Socrate. In questo passaggio il corretto approccio
del pensiero non si radica per Nietzsche nella pace della chiarezza ma nella massima
inquietudine, sotteso alla differenza tra le forze. 74 Similmente per Heidegger il pensiero
ha il suo elemento nella 75 , e non tende a una possibile conciliazione ma mantiene il suo
insuperabile legame al negativo. Lultima citazione che chiude il discorso di rettorato pu
essere ascoltata in tal senso:

Tutto ci che grande nella tempesta. 76 (Platone, Politeia 497 d,9)

73

74

Nietzsche, a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano 2000, p. 237


Sappiamo gi che la vita psichica non la trasparenza del senso n lopacit della forza, ma la differenza

nel lavoro delle forze. Nietzsche diceva questo. J. Derrida, La scrittura e la differenza, Einaudi, Venezia
1999, p. 260
75

La lotta il cangiante e consapevole auto-esporsi dellessenziale []. Lautoaffermazione delluniversit

tedesca, il melangolo, Genova 2001, p. 54


76

Lautoaffermazione delluniversit tedesca, il melangolo, Genova 2001, p. 45

67

La logica e la dialettica componendo lopposizione, linstabilit, la contraddizione,


lantitesi in una forma razionale e poi, eventualmente risolvendole, distolgono, in realt, la
loro attenzione dallesperienza autentica del non. In questo modo alla razionalit
preclusa, ad esempio, la comprensione dellimmanente, incomponibile contraddizione
delleterno sorgere tramontante della . La mancanza del bisogno di superamento viene
dunque sancita con la massima decisione, come testimonia anche il paradosso che vede la
circolarit logica diventare addirittura, per il filosofo, il segno che si raggiunto il punto in
cui inizia ad esserci qualcosa degno di essere pensato.

4 - Un pensiero non tecnico ma poietico


Questa antitesi ripropone la differenza tra tecnica moderna e poesia: da una parte si soliti
vedere laffidabilit dello strumento e dellaltra lazzardo del soggettivo. In realt per
una simile impostazione nasconde, secondo Heidegger, il rischio insito nella tecnica, il
pericolo per eccellenza, che consiste nel fraintenderne il significato essenziale. Lessenza
della tecnica infatti non n meramente strumentale, n neutra, ma al contrario impone il
suo ordine al mondo e alluomo, invertendo i ruoli di comando. Attraverso di essa tutto
viene incontrato come un fondo, 77 e luomo stesso diventa una risorsa umana 78 .

77

Saggi e discorsi, a cura di G. Vattimo, Mursia, Milano 1976, p. 12

68

Per quanto riguarda il significato della poesia, invece, non ci si rif allaccezione letteraria
(Poesie) della parola, ma al poetare (dichten) che intende quel modo in cui per un popolo si
apre storicamente il suo mondo nello storicizzarsi del linguaggio.

La Poesia [Dichtung] qui pensata in un senso cos ampio e, ad un tempo, in cos intima ed essenziale unit
col linguaggio e la parola, da lasciare aperta la questione se larte, in tutte le sue maniere, dallarchitettura alla
poesia [Poesie], esaurisca veramente lessenza della Poesia [Dichtung]. 79

Poeticamente, abita luomo il verso Hlderliniano con cui il filosofo pensa il


senso dellethos. Luomo gi sempre legato immediatamente alla poesia, ma rimane da
individuare cosa essa nomini a livello originario. Heidegger lo indica citando Platone:

Ogni far avvenire di ci che qualunque cosa sia dalla non-presenza passa e si avanza nella presenza
, produzione (Her-vor-bringen). 80

78

A tal proposito viene detto: Luomo limpiegato (der Angestelle) dellordinare [] Luomo ora colui

che ordinato nellordinare in base a esso e per esso. Conferenze di Brema e Friburgo, Adelphi, Milano
2002, p. 53
79

Sentieri interrotti, a cura di P. Chiodi, La nuova Italia, Firenze 1997, p. 58

80

Platone, Simposio (205 b), tradotto da Heidegger in: Saggi e discorsi, a cura di G. Vattimo, Mursia, Milano

1976, p. 9

69

Abbiamo gi incontrato il pro-durre a proposito della greca. Tentiamo quindi di


riportare queste nozioni al discorso precedentemente svolto.
La e la greche sono quasi sinonimi quando si riferiscono alloperare
dellartigiano o dellartista. Eppure:

Il disvelamento che governa la tecnica moderna [] non si dispiega in un produrre nel senso della .
Il disvelamento che vige nella tecnica moderna una pro-vocazione (Herausfordern). 81

Lo scarto presente tra la tecnica quale la esperiamo noi oggi e la sua versione antica pu
apparire incolmabile, ma per il filosofo, stante il cambiamento, in entrambi i casi ci che
appare un modo del disvelamento.

Ora, quellappello provocante che riunisce luomo nellimpiegare come fondo ci che si disvela noi lo
chiameremo il Ge-stell. 82

Questa parola indica lessenza non posta in questione.

Il Ge-stell come essenza della tecnica moderna deriva dal lasciare l dinnanzi () come lo intesero i
Greci, dalla a dalla greche. Nel porre [stellen] di questo secondo Ge-stell, cio, ora, nella
richiesta di porre ogni cosa in uno stato di sicurezza, si annuncia lesigenza della ratio reddenda, cio del
; di modo che tale richiesta assume, nel Gestell, la potenza dellincondizionato e il rappresentare

81

Ivi, p. 11

82

Ivi, p. 14

70

[Vor-stellen = porre-innanzi] trapassa dal percepire in senso greco, al porre-innanzi in modo sicuro e
garantito. 83

Dunque un pensiero, un linguaggio, tecnico non viene rifiutato perch lo si voglia sostituire
a vantaggio di un altro tipo di strumento filosofico (ad esempio la ), poich
lappartenenza alla tecnica inevitabile. Tuttavia possibile prenderne le distanze in virt
del modo in cui si compresi al suo interno: riconoscendo linessenzialit che lo interpreta
come strumento ed orientandosi verso il suo fondamento originario nella , appunto.

5 - Un pensiero rigoroso non oggettivo


Dal punto di vista della scienza, in tutte le sue -logie particolari, loggettivo il dato, la
realt, il fondamento certo. Loggettivo ritenuto ci che massimamente certo,
indipendente da pregiudizi, ci che separato dal soggetto, un stato di cose, ma anche ci
che unito indissolubilmente al soggetto per mezzo di un stile di pensiero adeguato (il
pensiero che si adegua alla forma soggetto oggetto).
A partire dallepoca moderna quello oggettivo stato uno stile con delle caratteristiche
ben precise: quantitativo in quanto legato a valori , legittimato dal ricorso a delle sue

83

Sentieri interrotti, a cura di P. Chiodi, La nuova Italia, Firenze 1997, p. 67

71

proprie

leggi

fondamentali,

consequenziale

metodico,

nonch

dimostrabile,

rappresentabile e rappresentativo; equiparabile, in breve, al calcolo.


Contro questo paradigma teorico Heidegger rivolge le stesse critiche che dirige alla pretesa
del calcolo di applicare un metodo che conduca alla verit: abbiamo gi visto che non un
metodo, ma un saltus pu portare luomo nellessenza del fondamento; la verit in
questione, poi, la correttezza del riferimento tra lintelletto e la cosa, e non dice nulla
circa lente nel suo essere non-nascosto.
Il pensiero che ora domina si imposto come lunico strumento valido per la conoscenza.
La visione che ha di s dipende dal proprio modo oggettivo di vedersi, cos come il proprio
essere strumento interpretato in modo strumentale. 84
Tale prospettiva viene messa in discussione, prima di tutto, partendo dal punto di vista della
scienza storica, la quale, secondo il filosofo, non permette di accedere a quel significato
proprio delle epoche che, solo, pu configurare un ordine. In essa c gi, infatti, un criterio
ordinatore che consiste nella successione cronologica, e nella traduzione unilaterale del
passato nella comprensione della modernit. Heidegger chiama la storia intesa in questo
modo Historie, storiografia, e da essa distingue la storia (Geshichte) nella quale egli

84

Cfr. punto 4

72

sottolinea il peso della dipendenza etimologica da destino (Geshick). Una traduzione in


italiano, quindi, oltre al significato storia, richiamerebbe anche al senso di una
destinazione. Ci che viene destinato, il senso proprio di ogni epoca, la donazione privazione dellessere.
Loggettivit viene criticata partendo dalla sua storia, incontrata per in base alla
concezione di Geshichte sopra presentata.
In questo caso, la ricostruzione dello sviluppo di un paradigma, non preordinato
dallosservanza dei suoi stessi principi, ma esposto in base allaffermazione dei suoi
momenti decisivi cos

come, senza garanzie, con il rischio dellerrore, sono stati

individuati da uno sforzo di comprensione originaria , ha come risultato lindividuazione


di un fallimento.
Linsuccesso, in cui la razionalit incorsa, consiste nellessersi allontanata dalla propria
meta: il rigore.
questo un tema molto presente nelle opere heideggeriane, talvolta sotto forma di
considerazioni incidentali, tal altra in maniera pi estesa.
La nascita di un problema del rigore ha, inoltre, anche una attestazione molto precoce e
determinante che risale ai primi passi compiuti verso la rielaborazione della fenomenologia.

73

Si pensi, in particolare, al rifiuto husserliano di attribuire alla filosofia la funzione di fornire


una visione del mondo (Weltanschauung). 85 La mancanza di rigore di cui questa
interpretazione del mondo sintomo viene ricondotta da Heidegger al pensiero
rappresentativo proprio dellet moderna, e quindi alloggettivazione che permette ai
soggetti di fare i loro calcoli. Loggettivo si esperisce, infatti, in base al modo di incontrare
lente come oggetto, il che presuppone lattivit di un soggetto, che lo ponga dinnanzi ma
che ad esso rimanga anche vincolato.

Loggetto (Gegenstand) nel senso di ob-ietto si d solo quando luomo diventa soggetto, quando il soggetto
diventa io e lio diventa ego cogito, solo quando questo cogitare viene concepito nella sua essenza come
unit originariamente sintetica dellappercezione trascendentale, solo quando il punto supremo della
logica raggiunto (nella verit come certezza dellio penso). 86

Il fondamento ultimo della razionalit e quindi la cogenza del ragionamento scientifico


consiste nel ritrovarsi anticipatamente delluomo nellessente, attraverso la forma del
soggetto.

Lente in quanto ente un sub-jectum (-), qualcosa che pre-st in base a se stesso, qualcosa che
come tale sta anche alla base delle sue propriet costanti e dei suoi stati mutevoli. Il predominio di un
particolare sub-jectum (come fondamento di ci che fondamentale), la cui particolarit sta nellessere sub-

85

Cfr. E. Husserl, La filosofia come scienza rigorosa, laterza, Bari 2000, pp. 71-106

86

Saggi e discorsi, a cura di G. Vattimo, Mursia, Milano 1976, p. 55

74

jectum in modo essenzialmente incondizionato, deriva dalla pretesa umana ad un fondamentum inconcussum
veritatis (di un fondamento autonomo e indubitabile della verit intesa come certezza) . 87

Per mezzo della rappresentazione, dunque, luomo calcolatore diviene sicuro dellente e,
contemporaneamente, la sicurezza di s e dellente viene fatta dipendere dal tipo di
rapporto soggetto-oggetto.
In conclusione, quindi, il genere di pensiero in questione considerato non rigoroso perch
non segue o ricerca la verit () e la sua legge, bens attribuisce indiscriminatamente
a tutto la rappresentazione di s. Un simile comprendere, porre trappole coprente
perch sordo allessere dellente che si manifesta nella storia (si tratta, d'altronde, di un
pensiero storiografico).
Pertanto, sebbene nella filosofia della differenza non sia contemplata la possibilit di
negare o ignorare il paradigma teorico moderno, comunque lecito porlo in questione e
non abbandonarsi ad esso incondizionatamente, cosicch nella logica originaria la necessit
di rigore non sia declinata nella maniera delloggettivo.

87

Sentieri interrotti, a cura di P. Chiodi, La nuova Italia, Firenze 1997, p. 94

75

6 - Un pensiero che segua un cammino, ma non vada avanti.


Alla logica vengono estese alcune caratteristiche fondamentali della scienza moderna:
anchessa viene considerata perfettibile, cumulativa e progressiva. Si tende a interpretarla
nellottica di unevoluzione, non solo per quanto concerne il ramo induttivo (al quale il
metodo scientifico appartiene), ma anche rispetto alla totalit del suo impianto. Viene
infatti riconosciuta una linea storica di cambiamento composta da teorie sempre pi efficaci
in risposta ai vari problemi sorti nel tempo.
La logica del filosofo, al contrario, non procedere ma si muove, per cos dire, spinta da una
forza centripeta.

Stando infatti [un pensatore] con le sue domande nel suo pensiero, questi gi da sempre pi avanti di
quanto sappia [] Le espressioni avanti e non avanti sono proprie dellambito della scienza e della tecnica,
nel quale il progresso necessario e dove soltanto possono essere calcolati avanti e non avanti. In filosofia
non c progresso, quindi nemmeno regresso. Qui come nellarte rimane da chiedersi solo se essa sia o non
sia se stessa. 88

Heidegger, muovendo questa obiezione a chi considerava la fedelt di Nietzsche al tema


delleterno ritorno come una incapacit di sviluppare una filosofia, risponde, in realt,
anche allinsuperato legame del proprio pensiero rispetto alla domanda sullessere. Come

88

Nietzsche, a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano 2000, p. 269

76

ribadisce nel confronto con Hegel, il bisogno di andare avanti non attiene alla filosofia, e
anzi contraddice linterrogazione autentica circa la verit. In modo diametralmente opposto
alla Darstellung, la Darlegung 89 heideggeriana, qualora le si dovesse attribuire una
direzione, andrebbe allindietro, verso ci che non stato pensato in quello che avvenuto.

Per noi il carattere del colloquio con la storia del pensiero non pi il superamento [Aufhebung], ma il passo
indietro [] Il passo indietro indica nella direzione dellambito, trascurato fino ad oggi, a partire da cui
lessenza della verit diventa, pi di ogni altra cosa, degna di essere pensata [denkwrdig]. 90

Il passo indietro, come viene dichiarato nello stesso luogo, non indica un passo isolato del
pensiero ma il modo di incamminarsi del pensiero [die Art der Bewegung] e un lungo
cammino [Weg].
Il passo indietro ci immette nella metafora viatica che accompagna tutta la sua filosofia da
In cammino verso il linguaggio, a Segnavia, a Sentieri interrotti. Il filosofo d, dunque,
coscientemente al percorso e al camminare il compito di simboleggiare il proprio lavoro,
come testimonia il motto in esergo allopera omnia: Wege nicht Werke.

89

Presentazione, in cui udiamo nel contempo il senso greco del v come far stare dinanzi ci che

appare. Conferenze di Brema e Friburgo, Adelphi, Milano 2002, p. 141


90

Identit e differenza, trad. di U.M. Ugazio, in aut aut, 1982, nn. 187-188, p. 22

77

7 - Un pensiero che possa pensare la propria origine ed il proprio altro


La domanda circa lorigine delle leggi fondamentali della logica non segue i criteri in base
ai quali si pu ottenere una risposta logicamente valida. E questo vige pi in generale per
tutto il pensiero che si vuole ritenere corretto: si riconosce tradizionalmente un
cambiamento, un innalzamento di rango, tra il ragionamento comune e quello rigoroso. C
una diversit tra i due, luno interno e laltro esterno ad un ordine, eppure entrambi sono
oggetto dello stesso tipo di sguardo ordinatore (lillogico, ad esempio, deve essere
comunque almeno psico-logico o antropo-logico).
A monte delle varie dottrine viene attuato un approccio logico-scientifico che ha
anticipatamente stabilito il modo in cui qualcosa possa avere senso. Cogliere alcunch,
quindi, significa ridurre un x ad una spiegazione in base ad una comprensibilit.
Tale maniera di incontrare le cose una modalit della riflessione (chiamata da Heidegger
ripiegamento 91 ) che richiama, nella cosa di volta in volta rappresentata, latto con il quale
un soggetto la rappresenta, e quindi il soggetto stesso.
facile notare che, in una simile impostazione, un completamente altro sarebbe
impensabile o assurdo a priori.

91

Cfr. punto 2

78

Nel considerare un determinato ragionamento non logico, lo si incontra per mezzo degli
stessi criteri di una logia, salvo poi considerarli, nel singolo caso, inapplicabili, riducendo
cos il grado di certezza cui si ambisce. Il modo di rivolgersi a qualcosa non posto in
questione, proprio perch in esso che si riconosce lunico elemento stabile e unificante.
Il pregiudizio che consente questo comportamento assume che tutto sia osservabile
razionalmente, anche lassenza della razionalit, poich lo stile di pensiero di oggi non solo
viene visto come uno tra i tanti che si sono succeduti e sviluppati ma prima di tutto, esso
stesso, il metro dellessente.
Una giustificazione per limpiego generalizzato del punto di vista della ragione la sua
neutralit dovuta allessere una struttura vuota, uno strumento, dotato di una correttezza
oggettiva, impiegabile seguendo un metodo corretto (che ambisce ad avvicinare il suo
grado di certezza a quello della deduzione). Le critiche heideggeriane a tali determinazioni
sono gi state presentate nei punti precedenti.
Al ragionamento calcolante, tuttavia, il filosofo non contrappone semplicemente
lalternativa di un nuovo pensiero.
Le aspirazioni del suo percorso filosofico sono, in un certo senso, pi limitate e partono
dalla consapevolezza di un condizionamento metafisico inevitabile per tutta la storia

79

delloccidente, tanto nella violenza del suo inizio quanto nella forma estrema del suo
compimento. La ragione nellevo tecnico si chiusa in un cerchio

che, in quanto cerchio, s chiuso, ma in quanto chiuso conserva tuttintorno un rado ed un aperto entro cui,
forse, chiama un non detto, senza di per s mostrarsi. 92

Heidegger assume quindi il pensiero metafisico ma con la ricchezza dellimpensato che gli
propria. a partire dalla sua storia che diventa praticabile il passo indietro 93 con il
quale egli definisce il modo di dispiegarsi della filosofia della differenza.
Tale atteggiamento, da cui si sviluppato il decostruttivismo, non pretende di poter
demolire la struttura dellinterpretazione in cui si compresi.
La reazione heideggeriana al pensiero calcolante simile a quella nietzscheana contro il
nichilismo: come il serpente-nichilismo, in Zarathustra, pu essere ucciso dal pastore
unicamente quando egli abbia rinunciato a strapparlo dallesterno, cos luomo
contemporaneo deve assimilare lultima forma in cui si manifestato il sapere della
metafisica, la volont di volont della tecnica, per poter sperare in un nuovo inizio.
Heidegger ricerca per lessere una parola

92

Conferenze di Brema e Friburgo, Adelphi, Milano 2002, p. 119

93

Cfr. punto 6

80

Perci per dire lessenza dellessere la lingua dovrebbe trovare un'unica parola, la parola unica. 94

Ci nondimeno, il suo pensiero si raccoglie nel silenzio, ove unicamente possibile


ascoltare, in Essere e tempo, il no del pi proprio angosciato essere-colpevole, ed autoprogettarsi nellessere-per-la-morte; e donde unicamente possibile, negli scritti pi tardi,
ascoltare il richiamo dellamore per il pi profondo, lAndenken.
La sua riflessione limitata dalla stessa presupposizione dellaltro: non indaga o
rappresenta, ma ascolta, eventualmente anche senza successo, qualora laltro non si
manifesti.
Allilluminazione totale dell oppone una reciprocit tra luomo e lessere, in
cui il pensiero non solo, non autosufficiente e non d la misura di un rapporto
allalterit.
La logica originaria, non essendo compresa in una totalit includente, pu anche risalire
allorigine del , non interpretandola per come levidenza dellassioma ma come la
fonte di un mistero, la cui conoscenza si traduce nella sua preservazione in quanto mistero.

94

Sentieri interrotti, a cura di P. Chiodi, La nuova Italia, Firenze 1997, p. 342

81

5 - Logica originaria

5.1

Apollineo

Il bisogno di un punto di vista che possa permettere ad Heidegger di criticare in toto


limpostazione onto-logica porta il filosofo ad interrogarsi sul senso a partire dal
momento storico che offre langolo pi ampio nellosservazione della parabola della
metafisica.
La ricerca del originario si struttura attraverso il confronto con il filosofo del
per antonomasia, Eraclito.
Come si accosta Heidegger al presocratico?
Alcune costanti interpretative vengono capovolte, come, ad esempio, lidea di
incompletezza dovuta allesiguit e frammentariet dei brani eraclitei giunti fino a noi. Non
disporre di unintera opera viene considerato, al contrario, come un occasione per dedicarsi
con maggior attenzione e pi approfondimento allo studio delle frasi rimaste. Una
attenzione che possa salvare i frammenti dai giudizi semplicisti che hanno associato le
questioni dei pensatori iniziali ai problemi della metafisica e che li hanno ridotti a sentenze
generalmente condivisibili anche se spesso ambigue o primitive.

82

Lintervento ermeneutico sul presocratico viene prefigurato dalla riflessione sugli stessi
aneddoti greci che lo riguardano: la sua importanza che si accorda ad una apparente
semplicit (aneddoto del forno); lessenzialit, in virt della quale disdegna le questioni
politiche (aneddoto del fanciullo).
Soprattutto, per, Heidegger premette a tutto il suo studio il richiamo al forte legame del
pensatore antico, Efesino, al culto della dea Diana e quindi a suo fratello Apollo. Non si
tratta di una nota prettamente biografica ma, come viene fortemente ribadito, 95 di un
elemento condizionante per la filosofia.
Nella pubblicazione del corso del 1943, 96 infatti, il richiamo al dio quasi fosse una
rielaborazione del dellinvocazione appare allinizio e alla fine, nelle posizioni
chiave che raccolgono linsieme del cammino interpretativo percorso. Il viene cos
posto sotto gli auspici di Apollo.
Il gesto fornisce un aiuto importante alla chiarificazione del inteso come regolare:
lanalisi viene orientata pi precisamente alla regola, alla legge e allordine attraverso
lambito semantico che si raccoglie intorno al dio delfico.

95

Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, p. 16

96

Linizio del pensiero occidentale, in Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993.

83

La regola si applica infatti a ci che ha misura, proporzione, nel dominio di ci che


chiaro, che ha forma e limite. Vengono richiamate la coerenza, la comprensibilit, la
consequenzialit e quindi una struttura e una parola rigorosa. Si delinea il mondo olimpico
della luce, che garantisce il rapporto tra gli uomini. La legge, come , legata al loro
accordo ordine, gerarchia al discorso, al parlare in pubblico per annunciare () e quindi anche allasserzione.
Larmonia, il limite, la forza governata Heidegger ne parla in toni pressoch neoclassici
offrono lorientamento per accostarsi al .

in virt del suo contorno che nella luce greca la montagna si staglia nella sua quiete. Il limite fissato la
sorgente del riposo e proprio nella pienezza della mobilit. 97

Sarebbe facile qui pensare che, ad essere introdotto, sia uno dei due principi dellarte
allorigine della tragedia attica. Non cos:

Il pensiero di Eraclito [] diventa un pensiero apollineo. Noi usiamo questa denominazione in un senso
ancora da chiarire e che si distingue tanto dal concetto di apollineo elaborato da Nietzsche, quanto dai
rimanenti concetti in uso nella cerchia dellumanesimo e di ogni forma di classicit. 98

97

Sentieri interrotti, a cura di P. Chiodi, La nuova Italia, Firenze 1997, (aggiunta apparsa nel 1961), p. 66

98

Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, p. 17

84

Il punto in cui viene chiarito il senso filosofico della devozione eraclitea ad Apollo
lanalisi del frammento 93, nelle ultime pagine.

Il signore il cui luogo della profezia che d indicazioni si trova a Delfi, non disvela (soltanto), n nasconde
(soltanto), bens d segni. 99

Il non pienezza, travaglio, differenza. La traccia che il dio lascia si protende


oltre la comprensibilit precostituita del pensiero metafisico, poich allude, fa cenno al
contrasto originario presente nella . Disvelando e nascondendo allo stesso tempo,
lindicare viene corrispondere al darsi dellessere.
Dal punto di vista di Heidegger, la diversit del proprio apollineo rispetto al concetto
nietzscheano inevitabile, data linterpretazione in senso metafisico del maestro delleterno
ritorno. Ma, proprio per questo, si pu cogliere una singolare somiglianza tra i due
rivolgendo lattenzione alla lettura che Derrida fa di Dioniso:

Se con Schelling necessario dire che tutto non che Dioniso, anche necessario sapere che come la
forza pura, Dioniso travagliato dalla differenza. 100

99

Ibidem

100

J. Derrida, La scrittura e la differenza, trad. di G. Pozzi, Torino, Einaudi, 1971, p. 36

85

la figura di Dioniso per il francese rammemora la differenza nel suo essere in atto, non la
rappresentazione oggettivante di un soggetto. in tal senso che il di Apollo
accomunato ad una lettura non heideggeriana del dionisiaco nietzscheano.
Il presupposto per questa associazione la retroazione sul linguaggio di una contesa
originaria, il cui non detto increspando la parola d una traccia di s non solo in quello che
la parola dice ma anche nella parola stessa. come se il linguaggio, di fronte alla propria
insufficienza ad esprimere ed esporre, faccia un passo avanti, tentando di somigliare e di
trasformarsi in quello che il detto vorrebbe ma non pu dire. Non si ha a che fare con
unadequatio ma, in un certo senso, con qualcosa di meno: un indicare della traccia che, a
differenza della cifra del calcolo, necessita di uno sforzo per essere compreso (anche
rispetto alla possibilit di essere riconosciuto, esso stesso, come traccia).
In breve, nellinterpretazione di Eraclito, lapollineo significa molto di pi di uno stile del
pensiero, il modo di aprire, di volgere la comprensione alla natura dellordine.
Nellabissale distanza tra lordine ed il totalmente altro ci che si mostra degno di essere
domandato lorigine e lessenza dellordinare. 101 Questa paragonabile ad un dovere
intrinseco, che per nella storia del pensiero si sempre manifestato in forma derivata,

101

Cfr. tesi, III, 1

86

imposto dalla preponderante componente tecnica del . Ora, indipendentemente


dallappartenenza o meno del presocratico al metro metafisico giudizio su cui Heidegger
muta opinione nel tempo , la riflessione delloscuro fornisce il contesto nel quale
rintracciare il dovere essenziale.
Il luogo in cui si dispiega la filosofia di Eraclito infatti il margine tra il regolare e
lalterit.
Attraverso quattro parole guida: il , l, la ed il , il senso del
regolare viene determinato a livello originario.

Il una parola fondamentale di Eraclito, che per lui non significa dottrina, discorso o senso, bens la
riunificazione che disvela, nel senso dellunit armonica e dellinappariscente accordo.
dicono la stessa cosa, ma ogni volta esprimono una diversa determinazione originaria
dellessere. 102

Tra i quattro, il ha per un ruolo pi importante: si trova affiancato agli altri termini,
ma permette anche la loro comprensione:

Il dire stesso deve essere compreso come un rapportarsi allunit dellaccordo che dischiude per al tempo
stesso questa stessa unit. 103

102

Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, p., p. 118

103

Ivi, p 117

87

Dopo aver riconosciuto nelle parole chiave della filosofia di Eraclito lespressione di una
determinazione originaria dellessere pertanto necessario ora chiarire in che modo essa
si configuri primariamente come ordine, e non ad esempio come una energia o una volont
che attraverso un ordine possano essere spiegate.

5.2

Configurazione naturale - cosmica dellordine

Il mutamento della logica voluto da Heidegger viene sviluppato in base alla concezione
eraclitea di ordine, ossia in base ad un ordine essente.
La meditazione del filosofo inizia prendendo in esame la , infatti a partire da essa
che si dispiega unalternativa al pensiero della correttezza. Tuttavia questa stessa alternativa
viene anticipatamente richiesta ed accettata nellanalisi della la quale designa, in
contrasto con la logica tradizionale, tanto uno degli elementi di unopposizione quanto
lessenza del loro rapporto. Nel caso in cui si voglia prendere seriamente in considerazione
la meditazione sullorigine, si deve quindi abbandonare il tipo di ragione che riduce la
dinamica della ad unasserzione irrazionale del genere A e nonA = A
labbandono comunque non implica gi lacquisizione completa della logica originaria. 104

104

Ci muoviamo quindi in un circolo: presupponiamo che il detto sia un detto del pensatore e sulla base di

questo presupposto mostriamo che il detto, pensato essenzialmente, dice qualcosa di diverso da ci che

88

Lindagine prende lavvio da due frammenti (il numero 16 ed il numero 123) che per livello
di importanza vengono riclassificati come primo e secondo, e che rispettivamente recitano:
come potrebbe qualcuno nascondersi di fronte a ci che non tramonta mai? (n16) e il
sorgere dona il favore al nascondersi (n123).
Il non tramontare mai viene equiparato ad un eterno sorgere, e ci che sorge da se stesso e
quindi si manifesta e si fa presente, si chiama , oppure . 105
Il participio tradotto ci che tramonta () viene inteso in senso verbale, come il
tramontare, nello stesso modo in cui si intende la domanda sullente di Aristotele (
?), nel cui participio si lascia risuonare anche la domanda sullessere (
?). Nel senso verbale viene pensato anche lessere: verbale in tedesco Zeit-wort
parola che esprime un tempo 106 e quindi primariamente la parola essere, in virt della
cooriginariet di essere e tempo.
Nella per lessere pensato in modo pi diretto di quanto avvenga per il semplice
impiego di una forma verbale, come viene affermato attraverso la domanda retorica:

intende il pensare comune. Se per questa via mostriamo che il presupposto esatto, ci avviene perch in
questo mostrare facciamo ricorso al presupposto stesso. Lintero procedimento illogico. Ivi, pp. 80-81
105

Ivi, p. 42

106

Ivi, p. 42

89

Il non tramontare mai solo un modo dellessere insieme ad altri, oppure lessenza nascosta di ci che viene
chiamato essere si trova forse racchiusa nel non tramontare mai? 107

Nelleterno sorgere, il senso della viene associato alla vita ()

La radice in relazione a qualcosa di simile al dio che mostrandosi si manifesta, a qualcosa di simile alla
tempesta che si manifesta scoppiando improvvisamente, a qualcosa di simile al fuoco che accendendosi fa la
sua comparsa, a qualcosa di ben nutrito che nasce, si differenzia e si manifesta crescendo. 108

Detto questo si sono poste le premesse per riconoscere nel frammento 123 una
contraddizione fondamentale tra il sorgere ed il nascondersi (che si deve intendere come un
tramontare).
Il rapporto tra sorgere e tramontare il tratto fondamentale della , della lotta 109 , come
si evince chiaramente dalla loro opposizione, ma ci nondimeno la parola con cui si nomina
il rapporto , cio amicizia, amore o favore. Il problema non si trova al livello di una
traduzione greco-tedesco o tedesco-italiano, giacch luso di amore per descrivere una
contesa viene determinato dal modo in cui il sorgere dispiega in s la propria essenza in

107

Ivi, p. 57

108

Ivi, p. 74

109

Ivi, p. 89

90

quanto nascondersi. 110 Il un modo di proteggere, che garantisce il sorgere


mettendolo al riparo nel nascondimento.
Come facile notare, il discorso sulla corre parallelo a quello sull anzi,
secondo Heidegger, nella natura greca, prima che il suo senso si esaurisse nellidea
platonica, veniva pensata anche la verit. Questa osservazione pu aiutare a capire come il
non-nascondimento, ed insieme ad esso il sorgere, non sarebbero ammissibili senza la loro
reciproca negazione. Largomentazione viene riassunta tramite una similitudine con larte
che avrebbe potuto facilmente pronunciare anche Merleau-Ponty:

Che cosa infatti riuscirebbe a dipingere un pittore che non vede oltre e al di l di ci che possono offrire
colori e linee? Tutto il visibile, senza linvisibile che deve darlo a vedere, sarebbe una mera fantasia
visiva. 111

Pertanto:

Nel sorgere, il sorgere stesso, proprio in quanto apertura, non si sottrae affatto al chiudersi, bens lo esige per
s come ci che accorda il sorgere e d sempre al sorgere la sola ed unica garanzia. 112

110

Ivi, p. 91

111

Ivi, p. 92

112

Ivi, p. 89

91

La descrizione delle dinamiche della natura ha trovato dei canali, delle limitazioni e una
direzione. In chi pensa la , lapprofondimento dellindagine comporta una coscienza
nuova e diversa di ci che viene pensato. Avvicinarsi alla sua essenza coincide con il suo
graduale riconoscimento, non primariamente come sorgere, come vita o come contrasto e
associazione di due principi ma come accordo.
Fin qui nulla impedisce di ritenere che lindividuazione di un ordine sia assolutamente
scontata e necessaria, poich in tale riconoscimento si comunica che qualcosa diventa
rilevante, che qualcosa viene riconosciuto come quella cosa che proprio per mezzo di una
forma di ordine che la determina. Per quanto concerne la natura, per, noi non abbiamo
colto un ordine ma il tramontare ed il sorgere che hanno fatto un accordo. Questa non
una semplice forma retorica volta ad umanizzare due processi non in grado, propriamente,
di agire (nel senso di regolare), perch tale punto di vista si fonda gi sullassunto non
posto in questione che ad agire ponendo un ordine sia solo luomo, e quindi presuppone la
negazione di unalterit irriducibile. Si sottintende che la scoperta di un ordine efficace, che
cio garantisce una certa preveggenza nellanalisi del mondo, corrisponda al reale e sia
lunico modo in cui un ordine possa esistere a tal proposito sar successivamente
necessario capire che tipo di libert luomo abbia nel riconoscere un ordine.

92

La stessa, che si d a vedere nel dispiegamento essenziale nominato dal frammento 123, laccordo
[Fgung], in cui il sorgere si accorda [sich fght] col nascondersi e questultimo col sorgere. La parola greca
per accordo armonia. 113

La infatti non mostra o esprime, ma laccordo.


Lessenzialit di questo accordo sancita proprio dalla non separabilit tra la regola e
regolato, dalla loro unicit, che fa s che lordine venga assorbito e scompaia quasi
nellordinato. Il senso dellordine, infatti, in questo modo non dilegua ma ancora pi
potente ().
Larmonia unarmonia inappariscente. Heidegger lo asserisce traducendo quello che
ritiene il terzo frammento per importanza, cio il numero 54:

laccordo inappariscente superiore alla connessione che si introduce nellapparire. 114

infatti laccordo che permette lapparizione di ci che viene in chiaro. Esso simile alla
luminosit nella quale gli oggetti vengono visti, quella stessa luminosit che non viene
colta in quanto tale poich la trasparenza del chiaro.
Larmonia della non diventa mai presente non a causa del coprimento originario che
le si oppone (esso, al contrario, la garantisce) ma perch il suo sorgere pi aperto di ogni

113

114

Ivi, p. 94
Ibidem

93

cosa manifesta, e cio pi di quanto luomo possa involontariamente ordinare con la


comprensione o volontariamente con linterpretazione. Cos lordine che essa , superiore
nei confronti di ogni ordine riscontrabile poich non formato da ci che costruito
artificialmente allinterno di un ambito, ma coestensivo e cooriginario alla totalit di ci
di cui si pu fare esperienza.
Ecco che allo scacco del pensiero logico tradizionale subentra la luce e larmonia di Apollo.
O meglio abbandonando il linguaggio figurato dove il pensiero non pi in grado di
districarsi seguendo il significato degli oggetti, si rivolge ad una rischiosa ambigua
interpretazione del segno: il apollineo. In tal modo, per mezzo degli attributi di
Diana (e di Apollo), larco e la cetra, ci si rivolge allaccordo armonico inappariscente della
natura (fr. 51). 115
Nellarco, il contrasto tra le forze divergenti coincide con la loro collaborazione: esse non si
associano in base ad un obbligo esteriore. Il impiegato permette di anticipare
una riflessione sul riunire (), da cui dipende almeno etimologicamente la logica.

115

Essi non concordano su come ci che discorde, pur essendo discorde (nellessere in se stesso discorde)

debba essere concorde; tenendosi allindietro (distendendosi) (ci che discorde) dispiega laccordo come si
(lessenza) mostra nella vista dellarco e della lira. Ivi, p. 98

94

Riunire [Sammeln] significa: rendere visibile lunit, che dispiega gi la propria essenza a partire da se
stessa; riunire significa infatti anche: mettersi insieme inserendosi in una determinata unione che non stata
prodotta da noi e che si offre a noi anticipatamente. 116

Nella versione di Diels, viene significativamente riportato al posto di


.
La parola guida con cui viene pensata, infine, larmonia della il cosmo.
Anche in questo caso la traduzione filosofica si discosta da quella filologica:

Il termine indica lornamento [die Zier], che si presenta in un ordine; il termine significa anche
onore, onorificenza, ossia pensato in modo greco: lapparire nella luminosit, lo stare nellaperto, in cui
riluce gloria e splendore. 117

Il cosmo non intende lessente nella sua totalit ma laccordo della compagine strutturata
dellessente, lordinamento nel quale e a partire dal quale lessente appare nel proprio
splendore. La misura, la struttura la regolarit si offrono nel modo pi estremo e pi
elevato: allinvadenza della forma circoscritta si associa la rarefazione del senso della luce.
La luminosit si dirige sulle cose, le mostra e cos le individua definendole, si oppone a e si
compone di oscurit, ed estendendosi d misura.

116

Ivi, p. 98

117

Ivi, p. 108

95

Il fuoco del carro del Sole, il fuoco delle stelle o delle torce rimanda allilluminare, ma
anche allaccendersi, al consumarsi e allo spegnersi. Il fuoco, soprattutto in virt del suo
divampare, se associato alla rende lidea delleterna forza sorgente della vita in tal
senso sinonimo di natura.
Il momento pi significativo, da cui lordine dipende come la cenere rispetto alla fiamma,
lordinare. Non esiste infatti un ordine nel senso indicato dalle parole guida eraclitee
distaccato da unattivit regolatrice, poich esso questa stessa attivit. Il momento che
racchiude il senso profondo della luce del fuoco che misura limita e dispone, il breve
istante in cui si abbatte la saetta: 118

Questo adornare non il risultato dellaggiunta secondaria di un ornamento particolare, bens proprio in
quanto originario lasciar risplendere nello splendore del sorgere in modo unico e improvviso
quellordinamento che irrompe in un ambito privo di ordine simile allabbattersi del bagliore di un
fulmine. 119

Il fulmine che governa, epiteto di Zeus, libera dal superfluo di ci che riguarda
lilluminare e ci pone di fronte allessenziale.

118

Cfr. Fr. 64: Il fulmine governa lessente nella sua totalit; e Fr. 66: Il fuoco, costantemente in attivit,

mette in risalto ed allontana tutte le cose (congiungendosi ad esse). Ivi, pp. 108-9
119

Ibidem, p. 109

96

Prima conseguenza lo stupore, il senso di stranezza che si collega inevitabilmente


allessenziale e alliniziale: si impone un avvenimento per nulla graduale, una irruzione,
attraverso la quale si verifica un cambiamento.
Il regolare si d in un ambito privo di ordine e governando limita, ossia fa esistere
sensatamente la pi intima identit unente separante di regolato e regolatore. Tuttavia
questo comando, questo ordine diretto (non costruito o riconosciuto da qualcuno 120 ), nella
totale differenza tra ordine e mancanza di ordine, riporta ad un confine assoluto: il mistero
della sua origine. Anche lessere-fondante del pensiero, che abita la compagine strutturata
dellessente non la semplice dipendenza logica dal fondamento orienta verso la propria
origine e da essa dipende in senso non meramente causativo, eppure lorigine dellordine
rimane il totalmente altro.

120

Frammento 30: Questo ordinamento, che ora abbiamo appena nominato, e che lo stesso in ogni cosa che

risulta ordinata, non lo ha prodotto nessuno degli dei o degli uomini (qualcuno), bens esso fu sempre ed
(sempre) e sar (sempre): (cio) il fuoco che sorge eternamente e che, accendendosi, [dispiega] le distese
(radure luminose), spegnendosi (chiudendosi) [ritrae] le distese (ritirandosi in ci che privo di radura
luminosa). Ibidem, p. 109

97

Seconda conseguenza che del regolare fulmineo non rimane un ordine inerte che possa
essere davvero ricollegato al dovere originario che si espresso nellattivit illuminantelimitante, ma solo una traccia che indica verso lo stesso governare.
Rimane quindi sconosciuta proprio loriginariet del regolare, rispetto alla quale il pensiero
una domanda posta, ma si comunque potuta fare chiarezza in merito a tale originariet
intesa nel senso della sua inizialit e della sua preminenza rispetto a tutti i tipi di formule e
spiegazioni. Ci che tramite il cosmo viene detto riguarda infatti lessere stesso:

Il verbo adornare e il termine ornamento vanno intesi rispettivamente nel


significato di mettersi in ordine e di ordinamento e saranno detti dellessere stesso. 121

Per lultima e pi importante parola guida di questa analisi occorrono delle precisazioni
preliminari: il eracliteo pu essere considerato un sinonimo del , dellarmonia
e della nel pensare lessere in modo conforme allessere stesso, eppure esso non
una parola semplicemente affiancata alle altre in modo sinonimico, ma quellunica parola
in cui tutto viene collegato.
Con laccenno finale al si sono poste le premesse per affrontare la discussione sul
.

121

Ivi, p. 108

98

Dobbiamo pensare il e lessenza del se non proprio come luce, perlomeno nella luce dellessere
esperito grecamente in modo iniziale. Da questa comprensione del inteso in questi termini si genera la
logica originaria, da cui possiamo apprendere nel modo pi originario lessenza del pensiero. 122

5.3

Ordine logico

Se non avete ascoltato soltanto me, ma avete prestato ascolto al (disposti verso di lui, a lui attenti), il
sapere (consiste in questo), nel dire dicendo la stessa cosa che dice il che tutto uno. 123

Il uno tutto.
Questa definizione, nella sua sintesi, sia il punto di partenza che il punto di arrivo della
meditazione di Heidegger sulla , se ovviamente si considera il passaggio dalla
comprensione comune del frammento allinterpretazione del filosofo.
Nel detto, il prestare ascolto non viene colto come lascoltare sensibile, ma come il
fenomeno dal quale dipende la possibilit di udire; un far anticipatamente parte di ci
verso cui si rivolge lattenzione.
Per udire qualcosa in generale infatti necessario essere coinvolti in un contesto che
permetta di ricondurre un suono a ci che lo ha prodotto, e cos sentire di volta in volta una

122

Ivi, p. 233

123

Ivi, p. 160

99

determinata cosa che produce il suono, e non un suono cui attribuire successivamente una
causa.
Affinch ludire non passi inosservato, sullo sfondo, bisogna disporsi in modo recettivo
verso ci che viene detto, mettersi in ascolto.
Il modo pi profondo di concentrare lattenzione pertanto in un certo senso un
appartenere: abbiamo udito (gehrt) quando apparteniamo (gehren) a ci che viene
detto 124 . Se quindi ad essere ascoltato il ci avviene quando si diventa parte del
suo stesso raccogliere.
Lascoltare autentico quindi un raccogliere lo stesso, un -: con questo termine si
annuncia il modo umano di corrispondere al , il quale consiste appunto in un ascolto.
Il regolare che abbiamo precedentemente individuato, mostra nei frammenti una doppia
declinazione: da una parte si scorge luno unificante del tutto con il quale si pensa lessere,
dallaltra emerge un prettamente umano, che designa lattivit umana del parlare, del
raccogliere, dellordinare e, primariamente, dellascolto e dellobbedienza alla legge
delluno. Eraclito sostiene, infatti, che il appartiene allanima umana (frammento 45)
in un senso apparentemente inconciliabile con il frammento 50, nel quale esso lordine

124

Saggi e discorsi, a cura di G. Vattimo, Mursia, Milano 1976, p. 145

100

cosmico a cui bisogna rivolgere lattenzione e rivolgerla per di pi inutilmente, dato che
esso, nello stesso frammento, viene dichiarato inconoscibile, poich i suoi limiti, nella
psuke, non possono essere raggiunti:

Per quanto tu percorra fino in fondo ogni via, non potresti mai trovare sulla tua via i confini estremi
dellanima; tanto vasta la sua raccolta (riunione). 125

La questione centrale diventa allora il senso del rapporto tra umano ed oltre-umano,
tenendo presente che entrambi sono a loro volta dei rapporti e che quindi ci che si vuole
stabilire un rapporto tra rapporti, cio un rapporto puro, che non stato originato da
qualcosaltro. 126 Di conseguenza il discorso volger necessariamente al problema del
rapporto tra uomo ed essere.
Il modo pi immediato di vedere la questione, che deriva dallapproccio comune, quello
di unalternativa estrema tra una logica naturalizzata, e la logica come strumento di una
appropriazione umana assoluta, di un umanismo tout court.
Il riconoscimento del originario come attivit, in coerenza con il senso attivo del
regolare (), non ci permette di escludere una o entrambe le possibilit presentate. Nel

125

Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, p. 185

126

Ivi, p. 215

101

primo caso infatti il fare sarebbe semplicemente inclusa nella naturalizzazione, anche se, ad
un livello pi profondo, dipenderebbe comunque dal soggetto metafisico che ne avrebbe
anticipatamente definito il valore; nel secondo il potrebbe arrivare a coincidere con il
concetto hegeliano di azione, 127 ed essere lelemento che permette lauto-riconoscimento di
quella che Heidegger interpreta come lautocoscienza di un soggetto.
Tuttavia, mentre il pensiero logico fa calcolando, misurando, per il umano lessere
attivo non implica manipolativit, un ascoltare: sebbene sia un Tun in gioco una forte
componente di passivit. Ci non sorprende, dopo la discussione dellordine vivente
() della e del : come daltronde possibile, che sia il pensiero, a
costruire, stabilire, distinguere se lunica legge autentica dellente nel suo insieme precede e
determina le norme umane? Non sarebbe la legge stessa a dispiegarsi per mezzo del
pensiero?

127

Lazione la forma pura della volont, la semplice conversione della realt essente in realt agita: la

conversione della mera modalit del sapere oggettivo nella modalit del sapere che sa la realt come un
prodotto della coscienza Hegel, Fenomenologia dello spirito, A cura di Vincenzo Cicero, Bompiani, Milano
2000, p. 845

102

In parte cos. Se, infatti, il viene inteso come luno tutto allora non pu essere
qualcosa che sta accanto alluno e accanto al tutto 128 , ed il raccogliere umano non
potrebbe non essere definito dalla limitante luminosit cosmica. Se, per, il ragionamento
fosse sempre e comunque sottoposto al non si vedrebbe neppure la ragione di
criticare la logica: anchessa avrebbe lo stesso grado di rigore del pensiero della differenza.
In aggiunta, la semplice inclusione nel raccogliere rende superflua la presenza di una sua
versione umana.
Il problema, in realt, insito nella stessa idea di attivit ricondotta al raccogliere, che pu
tanto collegare dando origine ad una propria regola, quanto seguire il richiamo della legge
che gi sempre la governa. Qui in gioco quel carattere fondamentale della logica preso in
considerazione al punto 4 del precedente capitolo (un pensiero non tecnico ma poietico).
La , al pari della greca, non riguarda primariamente un ambito pratico ma
teoretico: denomina il sapere in grado di trattenere limporsi della nel nonnascondimento.
Il fare, pensato come un comportamento umano visto pi facilmente come il contrario
della natura, dato che questa il sorgere a partire da se stesso. Tuttavia, esplicitando il

128

Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, p. 187

103

senso della parola greca, quello che essa esprime tanto nel designare il lavoro artigianale
quanto nel costruire, fino allarte e alla poesia un portar fuori.

Il non un fare che produce effetti, ma letteralmente un portar fuori, un produrre, un collocare e un
presentare, vale a dire un riunire il non nascosto in quanto tale. 129

Per mezzo della vicinanza semantica tra il fare ed il raccogliere del , si pu capire
quale sia il tipo di attivit della logica che si conf alla meditazione heideggeriana. Il
frammento 112 ne fornisce una sintesi chiarificatrice, che pu valere da manifesto per la
dottrina del originario:

Il sapere autentico consiste nel dire e nel fare ci che non nascosto, a partire dal raccolto ascoltare
[Hinhorchen] che conforme e commisurato a ci che si mostra da se stesso. 130

I termini fondamentali di cui si parlato nelle pagine precedenti compaiono insieme, nella
seconda parte del detto ( ), in una simmetria
esplicativa dellagire logico: , il custodire che riunisce dal non nascosto, e ,
il produrre e riunire il non nascosto in quanto tale. Le parole significano la stessa cosa,
esprimono la medesimezza unificando nella legge unificante del .

129

Ivi, p. 240

130

Ivi, p. 164

104

Il riunire cos non si dissolve nellindeterminato dellessere ma porta lessere stesso nel non
nascondimento e cos lo raccoglie nellente che di volta in volta sorge allinterno del suo
limite. Il portare fuori non mai produrre (macht).
Il detto completamente esplicitato suona cos:

il pensiero meditante la cosa pi nobile, e questo perch il sapere riunire il non nascosto (a partire dal suo
nascondimento), portandolo fuori da se stesso in modo adeguato al sorgere; (tutto questo per) prestando
ascolto alla riunificazione originaria. 131

Il frammento lultima frase del corso sulla logica, lo conclude.


Lindividuazione dellunico tipo di attivit confacente ad una dottrina della logica soddisfa
gli intenti dichiarati della meditazione heideggeriana: viene conservata la denominazione
logica, ma attraverso la meditazione sul ci che si nomina qualcosa di meno
definito, che si raccoglie nel pensiero mosso dalla propria legge essenziale.
Tuttavia, se ci chiediamo in che modo il movimento sia possibile, cosa attivi lattivit che
viene descritta, troviamo, nelle argomentazioni del filosofo, delle prospettive che
travalicano in parte le conclusioni.

131

Ivi, p. 243

105

necessario vedere cosa di importante emerge nel rapporto , se e come il


regolare mostri la sua cogenza. Forse essa prima di emergere del tutto si annuncia nei toni
ed in alcune sfumature lessicali: Heidegger parla, da un lato, di una ubbidiente docilit, 132
di una docile disposizione, 133 e dallaltro di un governare.

Ludire, lo stare in ascolto, lessere attenti ad una cosa alla quale noi gi apparteniamo, alluderebbe ad una
concezione di soggezione [Hrigkeit] che non ha niente a che fare con la schiavit, perch tale soggezione
originaria, che equivale allessere aperti verso laperto, sarebbe la libert stessa.

Limpressione che la coerenza con il senso dellordinare venga assunta in modo


completo, fino a sfociare nel comando.
Il dare ordine sicuramente il tratto pi riconoscibile del pensiero normativo il quale
scandisce con le sue regole lobbligo di essere preso a misura nella sua forma esemplare e
nei suoi fondamenti indubitabili. Ciononostante il governare anche una possibilit propria
forse la pi propria dello stesso Gefge apollineo, nel quale larmonia della luminosit
non esclude anzi presuppone (pratica) un vincolo.
Nel rapporto tra uomo ed essere si riconosce lequilibrio della reciprocit: lessere si d, e
luomo lo salvaguarda. Eppure la relazione viene anche connotata come una severa forma

132

Ivi, p. 172

133

Ivi, p. 212

106

di dominio, conciliabile con la libert solo a patto che questa sia intesa come libert per
qualcosa. La subordinazione di chi ascolta ovvia, e se non la si vuole chiamare schiavit
si deve comunque riconoscere che, nellapertura allaperto, il livello dellautonomia umana
non pu che ridursi ad un amor fati. 134
Luomo non un semplice ente in mezzo agli enti ma e-siste, e quindi decide se e come
accettare di essere determinato da quella legge essenziale che in ogni caso, anche per suo
mezzo, gi si estende su di lui. Ci non influisce per sul senso della legge vigente che,
rispetto al dichten poietico, si impone come un Diktat.
quindi possibile, come viene riconosciuto nel frammento numero 72, 135 che il sia
per la maggior parte del tempo ignorato dalluomo.

134

la volont trasfiguratrice di appartenere a ci che dellente massimamente ente. Il fatum desolato e

intricato e opprimente per chi si limita a starsene l e da esso si lascia sopraffare. Il fatum invece sublime ed
il sommo piacere per colui che sa e capisce di appartenervi in quanto creativo, cio, sempre deciso. Questo
sapere non altro che il sapere che necessariamente palpita in quellamore. Nietzsche, a cura di F. Volpi,
Adelphi, Milano 2000, p. 390
135

Nei confronti di questo , verso il quale sono sommamente ed ininterrottamente rivolti, proprio con

esso sono in disaccordo [e si allontanano] anche da ci (dalle molte cose) che incontrano ogni giorno.
Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, pp. 222-3

107

Il linappariscente, larmonia che sottende il presentarsi degli enti senza venire di


per s individuata, poich troppo vicina e troppo luminosa per essere vista.
In tal senso capiamo perch nel detto 45 i confini dellanima non possono venire conosciuti
a causa della vastit del suo raccogliere: lanima che corrisponde al non pu essere
conosciuta alla maniera di una cosa perch ci che d i limiti e sebbene si possa
presupporre solo considerando il limitato, non si pu identificare con esso.
Questo essere inarginabile in un certo senso il tratto dellassolutezza che storicamente
stato identificato con il e che ha avuto una straordinaria fortuna dal Vangelo di
Giovanni alla Scienza della logica.
Ma in Eraclito il assoluto, quello che separato da tutto (Diels), la traduzione
sbagliata secondo Heidegger del che appare nel frammento 108.
Lintero frammento suona:

Di tutti i molti che io ho gi ascoltato, nessuno arriva al punto di riconoscere che quel che veramente
va saputo dispiega la propria essenza in rapporto con ogni ente a partire dalla sua (propria) regione. 136

136

Ivi, p. 216

108

Quello che va saputo, ci il cui sapere quindi si impone e domina in base ad un dovere,
dispiega lessenza a partire da una regione. Nella regione come concetto per spiegare il
si manifesta il dominare del pensiero originario.
deriva da , che significa separare e distinguere. Nel verbo presente
la parola , , che significa appunto territorio o regione.
La regione di cui il filosofo parla non , naturalmente, uno spazio oggettivo,

Laspetto strutturante e caratterizzante che si nasconde nella regione, senza che essa diventi propriamente un
oggetto. 137

Dal momento che la regione consente di localizzare e contenere in una coerenza ogni cosa,
potrebbe essere immaginata come lin quanto della comprensione: nel principio della
separazione () cooriginario allunione () si pu riconoscere il
collegamento che ha portato il verbo , attraverso letimologia , a significare
una distinzione.
Un simile approccio per, secondo Heidegger, non arriva a cogliere la regione.
La rappresentazione ermeneutica si riferisce al umano, e si verificherebbe
uninversione se si volesse pensare il , sovrano, in funzione del modo di obbedirgli.

137

Ivi, p. 219

109

Tra i due, in realt, si presenta una forte analogia, ed il sarebbe comunque


inaccessibile senza la comprensione, tali osservazioni per non autorizzano ad attribuire la
forma della comprensione allessenza di ci da cui essa dipende. infatti necessario, al
contrario, far dipendere il modo di pensare la e la dal modo di pensare la
.
Affinch questo avvenga il deve essere condotto innanzi al suo perch: bisogna
trovare, allinterno della comprensione, ci che permette di riconoscere la legge in quanto
tale, ossia il dovere che, attivandola, la mostri nel suo regolare, e non come una regola
positiva.
La necessit, riconosciuta come dovere allinterno del raccogliere, sar il stesso, a
cui il raccogliere deve obbedire.
Lindividuazione della regione, nel inteso in senso mediale, risponde alla
ricerca del governare, quindi, dal punto di vista del filosofo, non alla ricerca del senso del
governare ma in primo luogo del governare del senso.

Qui [nella regione] domina (waltet) la differenza originaria tra lente e lessere. 138

138

Ivi, p. 221

110

Il umano dipende quindi dal inteso come dominio della differenza, che
designa il modo in cui lessere si destina nelle diverse epoche storiche.
Il senso della logica originaria, quindi, prima di essere il pensiero del , il pensiero
di questo destino.

Che tipo di necessit determina qui il nostro pensiero in modo tale che senza questa determinazione da parte
della cosa il pensiero non sarebbe pensiero? [] Pensare necessario per poter rispondere [entsprechen] ad
una destinazione ancora completamente nascosta delluomo autenticamente storico [geschichtlich]. []
Lespressione uomo storico indica quellumanit alla quale assegnato un destino nella forma di ci che
da pensare. 139

139

Ivi, p. 125

111

6 Conclusione

Necessit
Al fine di stabilire un senso del che si radicalizzi coerentemente in unidea di
comando anche al di l delle conclusioni esplicite di Heidegger la cogenza stata
ricondotta ad uno spazio strutturante, la regione, attraverso la quale il filosofo introduce la
parola chiave del suo pensiero: la differenza.
Il fatto che in tale , a cui si giunti meditando sul eracliteo, domini
la differenza originaria tra essere ed ente chiarisce la dichiarazione secondo la quale ,
, e dicano la stessa cosa 140 : tutte e quattro le parole guida
esprimono infatti diverse determinazioni di quello stesso contrasto nel medesimo con cui si
attesta il differire dellessere dagli enti; tutte esprimono lordine dellessere. Il genitivo, con
il quale i due termini si relazionano, non sta per a significare lappartenere dellordine
bens la soggezione e quindi un limite dellessere.
La nozione di assoluto con cui alcuni filologi traducono il del
frammento 108, pertanto inadeguato a descrivere quel , che designa il suddetto
ordine, proprio a causa della necessit che si antepone allessere.

140

Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, p. 118

112

Nel pensiero della differenza lessere non assoluto. Non lo al modo della
rappresentazione teologica di un uno in s conchiuso ed autosufficiente, indifferente al
mutare del mondo, n al modo della coincidenza finale tra lessere delloggetto e la
soggettivit del soggetto in una completezza totalizzante che compendia il senso della
storia. Al pari delluomo che, coinvolto nel destino, ha la necessit di custodire la memoria
dellessere assente e di attendere lessere a venire, cos anche lessere, a sua volta, ha
bisogno dellesistenza affinch la sua verit venga testimoniata.
Lessere della differenza si configura dunque come relazione, come apertura della
molteplicit degli enti, del gioco incalcolabile delle differenze, che si fa evento
nellesistenza. Abbiamo gi visto, per, attraverso lanalisi del e dei frammenti di
Eraclito, che il nome per la relazione che regola il tutto altro non che , ci che
nella diaferenza regge. 141
Se si volesse rappresentare la necessit, con lo stesso procedimento con cui si rappresenta
una cosa, delineandone cio la forma, la struttura, si dovrebbe allora tracciare un limite che
mostri il senso dellinsieme dellente, che lo raffiguri nella mutevolezza dei suoi rapporti.
Ma una simile struttura intangibile, confinata al margine di tutto ci che qualcosa, e che,

141

cfr. tesi p. 32. da Saggi e discorsi, a cura di G. Vattimo, Mursia, Milano 1976, p. 151

113

nondimeno, dispone ogni cosa nella sua presenza il regolare del . Se il muoversi,
laccadere che riguarda linsieme strutturato dellessere potesse venire posto su un enorme
pezzo di carta forse disegnerebbe il volto ignoto della necessit.
Il tuttavia non rappresenta, e conseguentemente la necessit che lo governa pi
effettiva di una semplice rappresentazione.
Nellidea stessa di regola presupposta una cogenza, sarebbe lecito, quindi, ipotizzare che
il collegamento tra i due sia una coincidenza. Heidegger sostiene, invece, che

[il ] non egli stesso lEv, bench, come folgore, egli governando compia i decreti del
destino. 142

Il governare del al contempo un eseguire. La sua attivit, costringendo, lascia che


il necessario si compia.
Il senso di questo rapporto pu essere inteso in pi modi diversi: vi si pu riconoscere il
compiersi nella realt di un piano preordinato, o unattivit gi racchiusa in una immobilit
o, ancora, lindividuazione a posteriori di una possibile arci-struttura, ma lorientamento
adeguato per la nostra interpretazione va cercato nel significato della necessit.

142

Saggi e discorsi, a cura di G. Vattimo, Mursia, Milano 1976, p. 153

114

Heidegger la intende in modo inusuale. Nel pensatore, infatti, il senso filosofico di


necessit, cio obbligo assoluto, che e non pu non essere, inaggirabile si
sovrappone al senso comune che la intende come bisogno, povert (Not des Seins).
La coesistenza di entrambe le accezioni prefigura e rende inevitabile la messa in questione
del senso della regola, poich una regola necessaria, che contiene quindi in base al metro
heideggeriano una componente di mancanza, non pu avere la stessa pienezza, la stessa
evidenza di una formula logica. Al contempo, per, questo suo carattere il presupposto
o la conseguenza del suo diritto di mostrare quellordine dellessere che, similmente,
appare negandosi.
Lessere infatti

necessitante in questo senso doppiamente unitario: ci che non-lascia-perdere (das Un-ab-lssige) e ci


che ha bisogno (das Brauchende) in riferimento alloccupazione (im Bezug) dellasilo, e come tale asilo
essenzialmente presente (west) lessenza a cui luomo, come colui di cui c bisogno (der Gebrauchte),
appartiene. 143

Inoltre, la coincidenza della massima determinazione con il senso di indigenza giustifica


anche il mostrarsi della cogenza, alluomo moderno, come un no: 144 la stringenza

143

Nietzsche, a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano 2000, p. 855

144

Cfr. tesi, p. 45

115

dellordine di cui si ha bisogno non consente un appagamento, poich il bisogno fa parte di


quello stesso ordine, e quindi la mancanza che si prova gi un urto contro limporsi
della necessit; lunico modo per ignorarla, giacch non la si pu annullare, consisterebbe
quindi nellabbandono alla sicurezza che deriva dalla negazione di questa mancanza della
mancanza.
La necessit, che porta lessere e luomo a relazionarsi nel destino, imponendosi in questo
duplice senso, una nozione assai diversa dallidea della giustificazione teleologica
comunemente equiparata allimmutabilit indifferente delle cose, non un ininfluente
ordine pregresso ma qualcosa che esprime un carattere forte, condizionante.
Nel modo pi impreciso e pi evocativo la si pu intuire nel fascino dellapollineo.
Larmonia, il ritmo delle forme, laggressione strutturante del chiaro, estende le sue linee
pure definendo il come un giudizio inappellabile. La regolarit che allora risalta
quasi con invadenza, leccesso di donazione, 145 richiama, con la sua stessa potenza, al
bisogno del suo imporsi.

145

Domande fondamentali della filosofia, Selezione di problemi della logica, Mursia, Milano 2003, p.

109

116

Se fosse lecito osservare con una semplificazione di tipo strutturale le dinamiche descritte
dalle parole fondamentali del pensiero di Heidegger potremmo scorgere un gioco calibrato
di opposizioni. Questultimo non si estende, per, alla necessit.
La , infatti, leterno sorgere, in rapporto al tramontare, ma , allo stesso tempo, il
rapporto tra sorgere e tramontare; similmente il , che viene pensato come un
raccoglimento, anche il sostrato comprendente associazione e separazione; ed anche per
quanto riguarda la verit si pu individuare un simile movimento. La necessit, invece, si
dispiega senza mediazioni: la possibilit non le si oppone, ma la accoglie, e larbitrio risulta
semplicemente annullato. Essa non ha, cos, nessun ostacolo, ha, al massimo, chi la segue e
chi la ignora seguendola suo malgrado.
Tale potenza tuttavia non pu essere conosciuta come una qualit del destino, poich non
possibile risalire alla sostanza cui essa debba essere eventualmente attribuita.
La possibilit pi coerente prospettata da questa inconoscibilit che la potenza non sia
una veste per qualcosaltro ma il modo pi proprio in cui vada pensata lorigine
dellordine logico.
Il destino incomprensibile, vale a dire che non consentito, in base alla comprensibilit
che ha aperto, dirigere spiegazioni verso di esso nel tentativo di appropriarlo. Eppure

117

proprio la forza del destino che delimita originariamente il senso ad essere primariamente
evidente.

Nella conferenza Il principio di ragione citato il detto di Goethe:


Come? Quando? E dove? Gli dei restano muti!
Tu tieniti al poich (Weil) e non chiedere: perch? (Warum?)
Il poich nella conferenza citata il permanere (Waren), ci che perdura in quanto destino. Allinterno del che
e nel senso che esso delimita il pensiero pu anche stabilire qualcosa come una necessit nella successione,
qualcosa come una legalit e una logica. 146

Il destino determina storicamente il pensiero per mezzo di epoche a cui fa capo una diversa
interpretazione dellessere. Il tentativo di capire il motivo di questo processo si infrange
semplicemente contro la perversa necessit con cui lessere si dona, in virt della quale
lessere si rende bisognoso delluomo e, ci nondimeno, rimane per luomo inaggirabile.
Quella stessa necessit per anche lorigine e lessenza del pensiero che, nel caso della
metafisica, cerca la sua via attraverso la certezza del fondamento e della giustificazione.
Lattivit del pensiero quindi sempre subordinata allimposizione perentoria di quelle
coordinate iniziali che la dirigono.

146

Protocollo di un seminario sulla conferenza Tempo ed essere, in Tempo ed essere, trad. di E. Mazzarella,

Guida,Napoli 1998. p. 165

118

Ogni sapere intorno alle cose innanzitutto alla merc della tracotante ultra-potenza del destino, e votato a
fallire di fronte ad essa. 147

Anche la filosofia di Heidegger sarebbe votata al fallimento se si limitasse ad esporre una


dottrina, ma egli non intende proporne una. Nella storia del pensiero, infatti, ogni momento,
ogni punto di vista, stato irrimediabilmente coinvolto nella propria particolarit,
venendone limitato in modo tale da veder compromessa la trasparenza del proprio senso
autentico; ed il filosofo sa che il tecnoevo non fa eccezione. Perfino Eraclito, i cui detti
hanno guidato la riflessione heideggeriana, ha permesso di individuare la radice della
questione del pensiero, ma non ha dato egli stesso una risposta ad essa, non ha saputo, per
cos dire, saltare oltre la propria ombra.
La logica originaria, dunque, si deve muovere ancora in una dimensione preparatoria. Il suo
rigore per viene gi dichiarato maggiore di quanto sia riscontrabile nel pensiero oggettivo.
Ci che garantisce la superiore stringenza proprio il modo in cui la logica originaria
prende fondo consapevolmente nel destino, il che si traduce in una tensione del pensiero
verso lessenza della suo ordine e cio verso la determinazione generata dalla semplice e
necessaria immanenza del senso.

147

Lautoaffermazione delluniversit tedesca, il melangolo, Genova 2001, p. 37

119

Viene cos rifiutata ogni legge estrinseca, ogni modo di indirizzare la riflessione che non sia
direttamente dipendente dallimporsi dellessenziale ma si organizzi in base a ragioni
metodologiche e sistematiche.
In ultima analisi il rigore il modo dellapertura attento alleventuarsi della verit, ed
quindi il raccoglimento nellarrecare che insieme libera e cela del tempo autentico: in ci si
palesa la superiorit rispetto al pensiero logico-metafisico e si mostra il carattere
determinante e cogente del destino per la logica originaria.
In base allo studio affrontato, pertanto, la dottrina heideggeriana del pensiero non trae
primariamente determinazione del , come viene dichiarato nellavvertenza
preliminare del corso del 44:

Il semplice intento [] quello di raggiungere la logica originaria. La logica per originariamente il


pensiero del , se ad essere pensato il originario e se questultimo nel pensiero presente per
il pensiero stesso. 148

La logica si caratterizza, invece, nel modo pi proprio come il pensiero del destino.

148

Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993, p. 122

120

Bibliografia

Opere heideggeriane:
Ordinate in base al numero di volume della raccolta delle opere complete (Gesamtausgabe),
per i caratteri di V. Klostermann, Frankfurt am Main. Seguono: il titolo originale, la data di
stesura, lanno di pubblicazione e la relativa traduzione italiana.
- II Sein und Zeit, (1927) 1977. Trad.it.: Essere e tempo, a cura di P. Chiodi, Longanesi,
Milano 1970 (XIV ristampa).
- V Holzwege (1935-1946) 1977. Trad. it.: Sentieri interrotti, a cura di P. Chiodi, La nuova
Italia, Firenze 1997.
- VI Nietzsche I (1936-1939), 1996; Nietzsche II (1939-1946), 1997. Trad it.: Nietzsche, a
cura di F. Volpi, Adelphi, Milano 2000.
- VII Vortrge und Aufstze (1936-1953), in prep. Trad it.: Saggi e discorsi, a cura di G.
Vattimo, Mursia, Milano 1976
- IX Wegmarken (1919-1961) 1976. Trad. it.: Segnavia, a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano
1987.
- X, Der Satz vom Grund, (1955-1956) 1997.

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- XI Identit und Differenz (1955-1957) in prep, Trad it.: Identit e differenza, trad. di U.M.
Ugazio, in aut aut, 1982, nn. 187-188.
- XIV Zur Sache des Denkens (1962-1964) in prep. Trad. it.: Tempo ed essere, trad. di E.
Mazzarella, Guida,Napoli 1998.
- XV Seminare (1951-1973), 1986. Trad it.: Seminari, a cura di F. Volpi, adelphi, Milano
1992.
- XXI Logik. Die Frage nach der Warheit (1925-1926) 1976. Trad. it.: Logica, il problema
della verit, trad. di U.M. Ugazio, Mursia, Milano 1986.
- XXXIV Vom Wesen der Warhait. Zu Platons Hhlengleichnis und Thetet (1931-1932)
1988. Trad it.: Lessenza della verit, a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano 1997.
- XL Einfrung in die Methaphysik (1935) 1983. Trad it.: Introduzione alla metafisica,
traduzione di G. Masi, presentazione di G. Vattimo, Mursia, Milano 2000.
- XLII Schelling. Vom Wesen der menschlichen Freiheit (1936) 1988. Trad it.: Schelling. Il
trattato del 1809 sullessenza della libert umana, a cura di E. Mazzarella - C. Tatasciore,
Guida, Napoli 1994.
- XLV, Grundfragen der Philosophie. Ausgewhlte Probleme der Logik (1937-1938)
1984. Trad it.: Domande fondamentali della filosofia, Selezione di problemi della
logica, Mursia, Milano 2003.

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- LV Eraklit. 1: Der Anfang des abendlndischen Denkens (1943). Logik. Eraklits Lehre
vom Logos (1944) 1979. Trad it.:Eraclito, trad. di F. Camera, Mursia, Milano 1993.
- LXV Beitrge zur Philosophie (Vom Ereignis)(1936-1938) 1989.
- LXXIX Bemer und Freiburger Vortrge, 1994. Trad it.: Conferenze di Brema e Friburgo,
Adelphi, Milano 2002.
- (Non ancora pubblicato nella Gesamtausgabe) Die Selbstbehauptung der deutschen
Universitt. Das Rektorat 1933/34. Tatsachen und Gedanken, a cura di H. Heidegger,
Klosterman, Frankfurt am Main 1983. Trad. it.: Lautoaffermazione delluniversit tedesca,
il melangolo, Genova 2001.
- Dialogo intorno ad Eraclito, trad. di M. Nobile, a cura di M. Ruggerini, Coliseum,
Milano 1992.

Opere filosofiche di altri autori:


- Aristotele, Metafisica, Laterza, Bari 2002.
- Jacques Derrida, La mano di Heidegger, a cura di Maurizio Ferraris, Laterza, Bari 1991.
- Jacques Derrida, La scrittura e la differenza, Einaudi, Torino 1999.
- Jacques Derrida, Ousia e Gramm. Nota su una nota di Sein und Zeit, in Id., Margini
della filosofia, Einaudi, Torino1997, pp. 57-104.

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- Jacques Derrida, Dello spirito: Heidegger e la questione, curato da G. Zaccaria,


Feltrinelli, Milano 1989.
- Eraclito, Dellorigine. Testo greco a fronte, Feltrinelli, Milano 1993.
- Edmund Husserl, La filosofia come scienza rigorosa, Laterza, Bari 2000.
- Edmund Husserl, Ricerche logiche, Est, Padova 2001.
- G. W. F. Hegel, Fenomenologia dello spirito, A cura di Vincenzo Cicero, Bompiani,
Milano 2000.
- Immanuel Kant, Critica della facolt di giudizio, A cura di Emilio Garroni e Hansmichael
Hoenegger, Einaudi, Torino 1999.
- Maurice Merleau-Ponty, Il visibile e linvisibile, Bompiani, Milano 1999.
- Maurice Merleau-Ponty, Locchio e lo spirito, SE, Milano 1989.
- Friedrich Nietzsche, La nascita della tragedia (1872), trad. it. di P. Chiarini, Laterza, Bari
1995.
- Friedrich Nietzsche, La filosofia nellepoca tragica dei Greci, pp. 135-223, Adelphi,
Milano 2000.
- Parmenide, Poema sulla natura. I frammenti e le testimonianze indirette. Testo greco a
fronte, trad. It. Giovanni Reale, Bompiani, 2003.
- Platone, Cratilo, Laterza, Bari 1996.

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- Platone, Parmenide, BUR, Torino 2004.


- Platone, Teeteto, Feltrinelli, Milano 2000.
- Ludwig Wittgenstein, Ricerche filosofiche, Einaudi, Venezia 2003.

Saggi ed opere critiche


- Francesco Aronadio, Un colloquio di Heidegger con Eraclito. . Testo tedesco a
fronte, Bibliopolis, Napoli 2004.
- Anna Cazzullo, Il problema del logos nel primo Heidegger, Unicopli, Milano 1987.
- Caterina Resta, La terra del mattino. Ethos, logos e physis nel pensiero di Martin
Heidegger, Franco Angeli, Milano 1998.
- Bruno Romano, Critica della ragione procedurale. Logos e nomos. Teubner, Luhmann,
Habermas discussi con Heidegger e Lacan. Lezioni A. a. 1994-1995, Bulloni, Roma 1995
- David Schur, A phenomenal hiding place: Homer, Heraclitus, Heidegger, Analecta
Husserliana XLIV, 213-220, Kluwer Academic Publishers, printed in Netherlands 1995.
- Paolo Vinci, Coscienza infelice e anima bella, commentario della Fenomenologia
dello spirito di Hegel, Guerini e associati, Milano 1999.
- Paolo Vinci, Il rifiuto del tempo. Heidegger critico di Hegel, in Id., Laltro e il tempo, a
cura di Edoardo Ferrario, Guerini scientifica, Milano 2004.
- Marcello Zanatta, Identit, logos e verit in Heidegger, Japadre, lAquila 1990.
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Altri testi consultati


- Irving M. Copi e Carl Cohen, Introduzione alla logica, Il Mulino, Bologna, 1999.
- Sofocle, Antigone, BUR, Torino 2000.

Siti web consultati


- www.klostermann.de

(25/02/2005)

- www.heidegger.org

(10/04/2005)

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